11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 3 marzo 2008

053


L
a donna guerriero restò interdetta di fronte a tanta arrendevolezza: aveva già immaginato di doversi scontrare con i piani di qualche esaltato, deciso a legare il proprio nome a quella giornata, alla battaglia che presto li avrebbe visti coinvolti. Era certa che nessuno di loro combattesse per qualche ideale, ma era anche consapevole di quanto poter far risaltare il proprio nome in un’impresa fosse importante anche per un mercenario, a rafforzare la propria fama, a permettersi un migliore confronto con il proprio mecenate sotto il profilo economico. Nulla di diverso da ciò che anche lei, del resto, faceva spingendosi ogni volta oltre i propri limiti.

« Dov’è il trucco? » domandò ella, realista e disillusa come sempre, non potendo accettare una situazione così proficua senza alcun pegno da pagare.
« Nessun inganno. » rispose l’ultimo ad aver parlato « Siamo tutti mercenari e ragioniamo seguendo lo stesso concetto di convenienza che guida normalmente anche le tue azioni. »
« Per quanto spiacevole sia ammetterlo, la Confraternita ha il vantaggio di addestrare i propri uomini alle azioni di gruppo: la maggior parte di noi è forse imbattibile nello scontro diretto, ma in questo caso non possiamo permetterci di prescindere da un coordinamento strategico. » riprese un altro degli undici.
« E perché vorreste fidarvi di me? Delle mie scelte? » chiese la donna, sorridendo sorniona « Vi prego di non giudicare l’acume della mia mente come inversamente proporzionale alle dimensioni del mio seno… la fama a cui avete accennato è conseguenza delle mie azioni, non delle mie curve. »

Un lungo momento di silenzio calò fra il gruppo, mentre ognuno degli undici responsabili osservava i propri compagni, come a cercare una risposta da offrire alla domanda della donna, una spiegazione che potesse essere ben accetta da colei che, evidentemente, non poteva essere facilmente tratta in trappola: tutti loro conoscevano certamente il di lei nome, ma pochi avevano avuto mai occasione di confrontarsi direttamente con ella e, per tale ragione, tentare di raggirare l’intelligenza di una figura tanto esaltata facendo leva sulla superbia era sembrato per un momento possibile, se non addirittura scontato. Nessuno di essi aveva però previsto che in Midda nessuna superbia fosse presente per ingannare la di lei lucidità di pensiero.
Solo il tranitha non offrì quindi imbarazzo alle parole della donna ed, anzi, propose un ampio sorriso di soddisfazione, forse conseguente ad un preventivo tentativo di dissuasione da egli compiuto per cercare di evitare una tanto patetica sceneggiata.

« In caso di vittoria, il tuo nome troverà l’ennesima conferma alla propria gloria. E sicuramente una simile fama potrebbe fare gola a chiunque fra noi. » ammise il primo degli undici aver parlato precedentemente « Ma in caso di sconfitta… »

In caso di sconfitta, chiunque fosse stato indicato come responsabile per la disfatta avrebbe dovuto presentar conto delle proprie scelte, del proprio operato davanti a tutti i signori di Kriarya, i quali non solo avrebbero rinnegato qualsiasi loro coinvolgimento in tale azione bellica ma avrebbero anche preteso la vita di tale scellerato capro espiatorio a compenso di tanta stolidità. E per tale ragione nessuno fra i presenti desiderava rischiare di legare il proprio nome a quella battaglia, a quella giornata: nessuno, invero, aveva il coraggio di compiere un azzardo simile con il proprio futuro, ammesso di avere un futuro dopo quella battaglia.

« Sciocchi. » scosse il capo la donna di fronte a quella loro ammissione « Smidollati figli d’un cane. » inveì con violenza verbale contro di loro « Se già sottovalutate colei che dovrebbe essere una vostra alleata, cosa farete con i vostri avversari? »
Di fronte a tanta enfasi, il gruppo restò completamente spiazzato, non riuscendo a trovare parole per replicare.
« Voi dovreste rappresentare il futuro di Kriarya nella lotta alla Confraternita? » li derise lei, con disprezzo « Idioti! I vostri mecenati vi hanno mandato qui a morire per liberarsi di voi, della vostra inutile presenza! »
« Cagna! » gridò a quel punto uno degli undici, mentre tutti gli altri guerrieri restavano attoniti davanti a quel comportamento.

L’uomo che aveva parlato, un guerriero dalla folta barba e dal fisico muscoloso seppur tarchiato, levò la propria ascia bipenne alla volta di Midda, non volendo sopportare per un ulteriore istante la presenza di tanta insolenza verso di loro, verso se stesso: la donna, però, non si fece assolutamente cogliere impreparata ed, anzi, sollevando con una velocità straordinaria la propria mano destra da sotto il proprio manto rosso, intercetto l’arma diretta contro di lei per afferrarla con fermezza, facendosi contemporaneamente da parte e sbilanciando, conseguentemente, l’avversario che non poté quindi evitare di ruzzolare fragorosamente a terra, disarmato. La mercenaria, prima ancora che egli potesse cercare di comprendere cosa fosse successo, si presentò sopra di lui, calciandolo su un fianco per costringerlo a girarsi e puntando la pesante arma verso il di lui collo: in quella posizione non sarebbe stato necessario impiegare alcun movimento per ucciderlo, ritrovando sufficiente liberare il peso dell’ascia stessa e lasciare alla gravità l’onere di compiere quell’esecuzione.
Un altro mercenario, forse legato da qualche rapporto di stima verso l’uomo atterrato, accennò un movimento in avanti, verso la donna, ma prima ancora che tale gesto potesse essere portato a termine egli si ritrovò con la midrath del guercio appoggiata delicatamente davanti al proprio collo, in un silenzioso invito a restare fuori dalla questione.

« E’ in questo modo che pensate di poter battere la Confraternita? » domandò la donna guerriero con una voce tornata improvvisamente calma e misurata nel proprio tono, verso l’avversario a terra e verso tutti gli altri mercenari alle di lei spalle « Sottovalutando la loro intelligenza? Conducendo attacchi del tutto privi di controllo nell’enfasi di un momento? »

Improvvisamente a tutti fu ben chiaro ciò che ella stava cercando di spiegare ed un istintivo senso di ammirazione non poté evitare di sorgere in ognuno di loro, osservando la figura ammantata di quella quasi leggenda vivente, affascinante e tremenda come una forza della natura.
La donna, gettando l’ascia accanto all’avversario, si voltò liberandolo dalla propria presenza per concedergli la possibilità di rialzarsi, certa che egli non avrebbe più cercato di ripetere quanto compiuto. Anche il tranitha, sorridendo, riabbassò la propria arma, incrociando per un istante il proprio sguardo con quello di lei.

« Io non intendo guidarvi. » dichiarò ella, sollevando appena la voce per farsi sentire da tutti i presenti « Non sono un comandante, non sono un generale, e sinceramente non intendo esserlo: quel genere di persone si diverte a giocare con le vite dei guerrieri come noi, mandandoci a combattere ed a morire per i loro capricci mentre essi restano al sicuro nelle proprie tende, nei propri palazzi. »

La donna si girò verso la piana di Kruth per osservare l’accampamento in lontananza, quell’obiettivo distante verso il quale sarebbero confluiti i destini di cento guerrieri, nel quale era celato il fato della giovane fanciulla che ella aveva deciso di proteggere, di riaccompagnare a casa. Camne le era stata strappata di mano nella violenza di un rapimento e, presto, sarebbe da lei stata liberata rispondendo al sangue con il sangue, al ferro con il ferro, al fuoco con il fuoco.

« Io non intendo guidarvi. » ripeté, verso i mercenari di Kriarya « Voi tutti avete ricevuto un incarico, per il quale se sopravvivrete sarete pagati. Io sto per andare verso quelle tende, verso quegli uomini e quelle donne, per lottare contro di essi, per liberare una persona da loro tenuta prigioniera: se riterrete che accompagnarmi nel mio percorso possa coincidere con i vostri interessi, io non ve lo impedirò. Ma dovrete essere voi, ognuno di voi, a decidere della vostra vita e della vostra morte… non io. »

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