11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 4 agosto 2008

207


S
econdo la mappa approssimativamente disegnata con la collaborazione di Sa-Chi e Jodh’Wa, al calare del sole Midda aveva percorso metà del tragitto utile a condurla fino alla propria destinazione. Sebbene il paesaggio inizialmente potesse apparire assolutamente piatto e monotono, con il passare delle ore la mercenaria aveva imparato a distinguere un elevato numero di dettagli utili a caratterizzare con maggiore dettaglio la propria posizione secondo quanto riferitole da coloro che lì erano abituati a vivere fin dalla nascita: le piccole variazioni di pendenza nel terreno, le diverse basse conformazioni laviche, gli impercettibili mutamenti nella parete di confine del Cratere erano alcuni fra i principali indizi che al di lei sguardo divennero sempre più chiari, più leggibili. Il terreno sotto di lei, in particolare, risultava estremamente utile per comprendere la direzione tangente alla radiale da lei mantenuta, ritrovandosi più freddo verso l’esterno e via via più caldo laddove ella variasse il proprio cammino a spingersi nelle zone più centrali. Tale sensibile mutazione di temperatura ella non riusciva ad associarla unicamente al sole proveniente dal lontano cielo sopra di lei, che nella parte interna del carcere riusciva a battere con maggiore intensità rispetto all’esterno: dal di lei punto di vista, quel vulcano risultava tutt’altro che inattivo ed, anzi, il suo cuore di fuoco, pulsante vita e distruzione allo stesso tempo, un giorno inatteso avrebbe spazzato via qualsiasi forma di vita che lì avesse posto dimora, volutamente o forzatamente.

« C’è solo da sperare che il gran momento non giunga proprio in mia presenza… » commentò, preparando il proprio piccolo campo per la notte.

Minimale, in realtà, fu il di lei allestimento in previsione di un necessario momento di riposo, che questa volta non voleva assolutamente saltare per non porre in inutile affaticamento il proprio organismo: una coperta, fornitale dalla cittadella, fu il di lei giaciglio; una sorsata d’acqua dalla propria borraccia, il carico più prezioso che in quel momento possedesse, fu la di lei cena; il nero pugnale di pietra, sciolto dalla cintola e posto accanto ad ella una volta sdraiatasi, fu il di lei compagno. Nessun fuoco si poteva permettere di accendere al fine di non essere individuata, ma, invero, alcun fuoco occorreva fosse acceso, laddove il calore che esso avrebbe potuto offrire stava già venendo concesso dal suolo ed alcuna bestia da tenere alla larga era presente in quelle mortali lande.
Il sonno che dopo poco già era calato sulla di lei mente, non fu profondo, non si propose come intenso, nell’esigenza di mantenere all’erta i propri sensi per poter prevenire eventuali attacchi notturni: nel mondo da cui ella giungeva, infatti, concedersi un riposo eccessivamente ricco avrebbe potuto anche significare veder tale momento di requie esteso fino all’eternità, per mano del primo tagliaborse di passaggio desideroso di impossessarsi di poche once d’oro, di un’arma o, più banalmente, di un po’ di cibo caldo, considerando il tutto di maggior valore rispetto alla vita del proprietario. Nonostante la realtà che la circondasse fosse diversa da quella consueta, quel suo modo di agire si rivelò estremamente utile nel momento in cui ella si riprese dal sonno, avvertendo del movimento attorno a sé. Almeno quattro erano le persone nell’oscurità a lei circostante, in quanto di tale numero ella avvertiva chiaramente vibrazioni nel terreno ad ogni loro singolo passo, condotto in con assoluta discrezione, con incedere delicato e silenzioso, che non sfuggì comunque ai di lei allenati sensi. Come già era stato per le due guardie che nel sonno avevano tentato di attaccarla, complottando ai di lei danni, anche in questo caso giudicò mossa migliore continuare a simulare il proprio sonno, per invitare gli avversari ad avvicinarsi a lei, ad osare spingersi fino ad ella, prima di porre rapidamente fine alle loro esistenze non senza riservarsi il diritto di saperne di più in merito alla rispettiva origine, al gruppo al quale essi facevano riferimento.
L’evolversi degli eventi fu rapido, quasi immediato, vedendo quattro uomini muoversi contemporaneamente dai quattro punti cardinali contro di ella, nel tentare di afferrarla, nel desiderio di immobilizzarla: a tale azione, però, la reazione fu altrettanto subitanea, vedendo ella ergersi dal terreno armata del proprio pugnale, pronta ad offrire morte a chiunque l’avesse richiesta. E la nera lama di pietra per prima si avventò nella tempia di un aggressore, che alle di lei spalle aveva osato porre le proprie mani, lasciandole una sensazione di disagio, di viscido addosso, come se a toccarla fosse stato una specie di rospo o altro animale simile. Un grido soffocato segnò l’istantanea conclusione di quella vita, mentre altre voci di stupore reagirono a tale atto con portandosi in chiaro dubbio, incerti su come proseguire. Il primo a sciogliersi da simile blocco fu l’uomo in posizione opposta a quello morto, che avventò le proprie mani al collo della donna guerriero, ritrovandosi altresì il pugnale infilato da sotto il mento a salire fino al cervello, stroncato non diversamente dal primo in maniera estremamente fredda ma pietosa, in una velocità e precisione tale da non poter neanche comprendere di essere giunto alla fine dei propri giorni. Posti di fronte ai cadaveri dei due compagni, i superstiti esitarono nuovamente, prima di iniziare a cercare in maniera del tutto spontanea, del tutto ovvia, del tutto naturale fuga da colei che, evidentemente, era stata scelta molto male nei loro scopi, nei loro desideri. Ma la Figlia di Marr’Mahew non concesse loro questa evasione, avventandosi rapida come un predatore felino all’inseguimento della coppia per raggiungerne il primo e colpirlo con forza controllata alla base del cranio con il proprio pugno destro, inducendogli in tal modo una violenta perdita dei sensi, e proseguendo poi verso il secondo, bloccandolo al suolo con facilità, sotto il proprio peso, nell’imporgli una larga posizione a mani e braccia a prevenire eventuali reazioni.
Solo a quel punto, posto quale si ritrovò ad essere immobile sotto la luce flebile della luna e delle stelle, l’aggressore rivelò il proprio volto, lasciando per un istante sorpresa la donna di fronte ad un simile aspetto: non un normale uomo era quello che le si poneva di fronte, ma quasi la caricatura di un essere umano. Bianca era la di lui pelle, albina come molti abitanti di quel carcere, come molti figli del Cratere, ma tutt’altro che gradevoli le di lui forme, in opposizione alla perfezione quasi eterea di persone come Sa-Chi o Jodh’Wa, esemplari assolutamente perfetti, anche più della stessa mercenaria. Irregolare era quel viso, con una fronte spropositatamente sporgente verso l’esterno, con arcate sopraccigliari poste in tale evidenza da coprire quasi interamente i di lui occhi: questi, ovviamente rossi, non si posizionavano simmetricamente da un lato all’altro del di lui viso, proponendosi altresì uno più in basso ed un più in alto, il primo più centrato ed il secondo più esterno, imponendogli in ciò un tremendo strabismo. Il naso, piccolo e tozzo, si offriva sopra ad un ampio solco naso-orale, che lungo scendeva fino a labbra sottili e storte, ripiegate in maniera naturale verso il basso, quasi a chiudersi attorno al piccolo ed adunco mento. Prominenti poi gli zigomi verso l’esterno, accanto ad orecchie piccole, quasi simili a quelle di un bambino, scoperte nell’assenza di qualsiasi capigliatura sopra ad un cranio assolutamente liscio, naturalmente calvo. Per quanto le fosse dato di vedere, anche il resto del di lui corpo appariva sproporzionato come quella testa: un collo tanto sottile che ella avrebbe potuto circondarlo con una propria mano senza fatica; spalle storte segno della presenza di una gobba lungo la schiena; braccia più lunghe del dovuto ed una stretta cassa toracica. Un uomo, sicuramente, ma al tempo stesso una versione grottesca di umanità, nel cui sguardo solo paura, terrore poteva intuire verso di lei, che tanto lo dominava in quel momento, si imponeva su di egli con forza che probabilmente lui non avrebbe mai potuto conoscere.

« Prego… » sussurrò, muovendo con evidente difficoltà la bocca nel pronunciare quelle parole « Prego… no male… prego… »

E Midda, osservandolo, non poté evitare di provare pietà per egli, che pur insieme ai propri compagni aveva attentato alla di lei vita, aveva cercato di aggredirla nel sonno senza volerle concedere alcuna possibilità di difesa, azione che, probabilmente, contro un’altra donna, contro un’altra fanciulla, avrebbe anche potuto avere successo, ma che in opposizione ad ella aveva visto una rapida disfatta per quel piccolo contingente.

« Chi siete? Da dove venite? Cosa volete? » domandò con tono alto ed imperativo su di egli, senza ancora liberarlo, per quanto dentro di sé ormai sentisse che non avrebbe potuto levare ancora la propria arma contro una simile creatura se non fosse stata provocata in ciò.
« Reiet… reiet… reietti… » pronunciò in maniera scoordinata, evidentemente non abituato a servirsi della parola per comunicare « Noi… reietti… po… po… po… ponente viviamo… »

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ed ecco la comunità occidentale. Non monaci, ma reietti.. gli scarti genetici.

Uhm, albini... scarti genetici... per caso c'è il dottor Essex nel vulcano?

Sean MacMalcom ha detto...

LoL!!!! :D