11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 29 agosto 2008

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« T
hyres… » commentò la mercenaria, storcendo le labbra e riprendendo rapidamente il controllo della propria spada, laddove ormai le fiere non sarebbero più state per lei un problema « Fenici, cerberi, tifoni: se continua così penseranno che ho dichiarato guerra a tutti figli di Gorl! »

Nelle credenze comuni, infatti, il tifone, non diversamente dalle altre creature nominate da ella ed affrontate in tempi recenti, trovava la propria origine nella mano creatrice del dio Gorl, il dio Unico, come era altrimenti chiamato in Gorthia: nella sua forza, nel suo intelletto, simili meraviglie avevano trovato ragion d’essere e si contraddistinguevano da ogni altra creatura esistente al mondo per il proprio intrinseco rapporto con le fiamme, quel Fuoco Eterno a cui tanto offrivano devozione gli abitanti di quelle terre, riferendosi ad esso come alla stessa scintilla vitale di tutte le cose. E nell'Arena, senza perdere un solo istante di tempo, esso dimostrò subito questo potere, questo suo rapporto con il fuoco, vedendolo generato dai propri polsi, o per lo meno ciò che similmente si poteva considerare, per dirigersi in direzione della stessa mercenaria e dei nove felini, in guardia, in allarme non diversamente da ella.
La potenza distruttiva di quella fiamma fu impressionante, vedendo bruciare la stessa sabbia su cui l'incontro stava avendo luogo, al punto tale da portarla a cristallizzarsi e trasformarsi in una liscia lamina di vetro: in un rapido scatto il gruppo di attaccati riuscì quasi per intero ad evitare gli effetti non gradevoli di una simile forza, muovendosi abbastanza velocemente da portarsi al di fuori dalla linea di fuoco demarcata dal tifone. Purtroppo, però, alcune vittime si presentarono già in soluzione a quella prima offesa, nella violenza di quel mostro innaturale e incontrollabile: un leone ed una pantera non riuscirono a muoversi con sufficiente prontezza di riflessi, forse colti emotivamente in contropiede dall'orrenda apparizione loro proposta, ritrovando nella fiamma una morte pressoché istantanea ed indolore, venendo inceneriti in un istante, trasformati in polvere nel tempo di un battito di ciglia.

« Maledizione... questa gente è folle! » sussurrò la donna guerriero, rialzandosi rapidamente dalla scivolata appena compita per essere pronta ad un nuovo scatto, ad una nuova evasione dall'avversario « Ed io sono più folle di loro per aver accettato questo incarico! »

Purtroppo per lei ormai era in gioco e non si proponeva come parte del suo carattere rinunciare alla partita, tirarsi indietro da una sfida soprattutto laddove essa avrebbe potuto darle nuova prova del proprio valore, della propria forza, del proprio coraggio: roteando la spada attorno a sé a ricercarne l'equilibrio, la Figlia di Marr'Mahew analizzò con attenzione il nemico che le era stato proposto, cercando di comprenderne i gesti, di seguirne la natura per scoprirne le debolezze ed i difetti, i vantaggi che ella avrebbe potuto ritrovare in un confronto con esso. Il tifone, consumata la prima scarica infuocata, si mosse con passo pesante, con gesti lenti goffi, ad avanzare verso di lei e verso i felini, tutti decisi a non impegnarsi in un confronto diretto con esso, tutti consci dell'impossibilità di ingaggiare una lotta equa con un simile colosso. Le sue lunghe braccia, così sproporzionate nel confronto con il corpo ed un'ideale anatomico umano, si mossero una alla volta nell’evidente necessità di non lasciare gravare l’intero proprio peso solo sulle gambe, a spazzare l'area davanti a sé, cercando in quei gesti sicuramente forti di una potenza incomparabile, di giungere a colpire un avversario, di spingersi ad afferrare un nemico, per violarne l'integrità, distruggerne le membra, le ossa.
Tutt'altro che strano apparve quel comportamento agli occhi della sua spettatrice, laddove ella, sebbene in assenza di uno specifico ed edotto studio a tal riguardo, fosse consapevole che tanto i tifoni quanto altre creature simili ottenessero il proprio fuoco non in virtù di una strana stregoneria, come la maggior parte delle persone riteneva, ma in conseguenza di una reazione fra due diversi elementi presenti nei loro corpi, prodotti dai loro stessi organismi, in grado di dare vita ad un effetto incendiario. Tale conoscenza, in Midda, non era conseguenza di nulla di più della propria personale esperienza, derivante da antichi contrasti con un drago di fiume ucciso dopo un'aspra lotta proprio sfruttando contro egli il suo stesso potere, nel recidere, non senza un'alta percentuale di fortuna, i condotti attraverso cui i liquidi reagenti venivano incanalati fino alla sua gola. Trattandosi di una capacità naturale e non di un potere sovrannaturale, la generazione del fuoco non si concedeva mai in quegli esseri come inesauribile e costante: al contrario, momenti di attesa più o meno lunghi erano sempre da essi richiesti fra una fiammata e la successiva, in diretta proporzionalità anche della potenza espressa all'ultimo attacco. Per tale ragione, per quanto tutt'altro che sciolto o flessibile nei propri movimenti, il tifone era costretto ad un'offesa fisica nei loro confronti, in attesa del ritorno della possibilità di incenerirli. Dove tutto ciò era chiaro per Midda, dove simili conoscenze la rendevano assolutamente non inerme, non incerta di fronte ad egli, la donna guerriero non avrebbe mai potuto conoscere le effettive capacità, i reali tempi di recupero dell’avversario fino a quando egli non si fosse espresso con un nuovo attacco incendiario al quale, se fosse sopravvissuta, avrebbe potuto replicare con un reale controllo della situazione tale da poter sperare di abbatterlo.

« Attacca, razza di bestione senza cervello! » ringhiò a denti stretti, mantenendo i sensi all'erta per rispondere ad ogni minimo segnale di pericolo.

Alcuni fra i felini, per quanto impegnati come lei a non ingaggiare un confronto diretto, non riuscirono ad evitare i movimenti violenti del tifone, venendo sbatacchiati da un lato all'altro dell'Arena, morendo sul colpo per la forza dello stesso o, comunque, sopravvivendo temporaneamente con lesioni tali da non permettere più a loro di muoversi, di sfuggire all'ira della creatura. Anche Midda, più spesso di quanto non avrebbe preferito, si ritrovò a dover scartare con agilità, con destrezza, i colpi nemici, venendo solo sfiorata dallo spostamento d'aria causato da egli ed, in ciò, sospinta all'indietro ogni volta al punto tale da rischiare di perdere l'equilibrio.
La pelle dell'avversario, nei momenti in cui ebbe occasione di analizzarlo da vicino, richiamò alla sua memoria quella di un ippocampo, lasciandole temere in questo che potesse godere di una simile invicibilità epidermica, che quelle scaglie potessero contrapporsi anche al filo ineguagliabile della sua spada forgiata secondo antiche e perfette tecniche. Nella reazione di una tigre, però, catturata ed uccisa con violenza dal mostro, ella poté intravedere gli artigli della stessa solcare la di lui pelle, quella superficie argentata, danneggiandola: nulla di mortale, certo, nulla di grave per esso, che probabilmente lo avvertì allo stesso modo in cui ella avrebbe avvertito il graffio di un gattino, ma chiara evidenza di una vulnerabilità, di una possibilità di essere sconfitto.

« Attacca! » insistette la donna, sempre mantenendo assoluta calma, assoluto controllo.

L’unica ragione che la spingeva a desiderare al più presto l’attacco del proprio avversario era il timore che la creatura, pur avendone la possibilità, potesse trattenere le fiamme, offrendole così una falsa informazione in merito ai tempi ad esso necessari per tornare ad essere letale, per riprendere controllo del proprio fuoco, così da porre a rischio qualsiasi azione nei suoi confronti, a suo discapito: se, infatti, contro quel genere di mostri vi poteva essere speranza di vittoria in uno scontro fisico laddove si escludesse a priori quella capacità incendiaria, considerando la medesima nessun genere di tattica, soprattutto quando improvvisata come solo poteva esserla in quel contesto, avrebbe potuto offrire reali risultati in contrasto ad una sì potente forza distruttiva.

« Attacca! » chiese per la terza volta, a denti stretti.

Ed il tifone, inspirando profondamente l’aria nei propri polmoni, arrestando i colpi delle proprie mani per tornare a sorreggersi su tutti e quattro gli arti, si preparò ad offrire contro di loro un nuovo e letale getto infuocato, venendo finalmente incontro a quelle richieste, allo scopo di non lasciare in vita alcuno fra essi, di distruggerli tutti senza riconoscere pietà.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ora tutto sta a indovinare dove si trovino di preciso i condotti. Che se arriva davanti a lui e li manca, poi lui la tritura.

Sean MacMalcom ha detto...

Trito di Midda... deve ancora nascere il mostro in grado di farlo! :D