11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 30 gennaio 2009

386


I
n quel momento, forse stupidamente, l’affetto verso Be’Sihl prevalse sul mio egoismo, sul desiderio possessivo ed infantile che avevo vissuto nei confronti di Midda. In fondo, sebbene mi fossi illuso del contrario, ero pur sempre stato conscio che mai simile bramosia avrebbe potuto trovare compimento né sarebbe stata giusta o naturale: non sarei mai potuto essere io nel futuro di quella donna, di quel guerriero indomito ed indomabile, troppo distante dalla realtà che altresì io rappresentavo, troppo distante dall’uomo… dal ragazzo che io ero, un collezionista di sassi. Nonostante fossi privo di una particolare fede verso qualche dio o dea, non avendo mai ricevuto educazione in tal senso, pregai affinché i due riuscissero a concludere quel bacio non ancora iniziato, riuscendo a raggiungere finalmente, attraverso esso, l’amore tanto desiderato eppur quasi temuto da entrambi.
Fosse stato utile, in tal senso, sarei stato persino pronto ad uscire dalle tenebre nelle quali avevo trovato rifugio, incurante della loro possibile reazione, del loro disappunto, al solo scopo di spingere le due teste l’una contro l’altra, ponendo i due volti a contatto, le due coppie di labbra ad unirsi: nel vederli così, infatti, nel cogliere l’evidenza del loro sentimento, già noto ma troppo a lungo da me rinnegato, nel mio animo esplose un amore filiale verso entrambi, quasi fossero stati improvvisamente promossi dalla mia coscienza nel ruolo di genitori adottivi senza saperlo. Ancora nascosto, purtroppo, fui costretto però ad assistere ad un lento ed inesorabile allontanamento da parte di colui nel quale, in quel momento, erano state riposte le mie speranze, il quale con poche, semplici parole colme di dolcezza e malinconia, si limitò a rimarcare una realtà nota ed apparentemente immutabile.

« Fin dal primo giorno. »

Non capii. Ammetto senza vergogna i miei limiti e ribadisco che, innanzi a simile affermazione, non riuscii a comprendere il perché di quell’atto, di quel suo ritirarsi eppur, contemporaneamente, di quella sua completa ammissione.
Avevo forse udito male? Mi era sembrato di aver colto una frase, in risposta alla domanda della donna guerriero, assolutamente valida come dichiarazione d’amore, come espressione di un sentimento sincero, assoluto: perché quindi quell’allontanamento fisico da lei? Perché non completare l’unione tanto bramata fra loro con un caldo, appassionato bacio?
Senza accorgermene mi ritrovai a trattenere il fiato, illudendomi che, quanto pur evidente, fosse presto negato dai fatti, venisse presto corretto da una nuova azione a negazione di quella fuga, completando quel gesto d’amore, quell’unione quasi doverosa. Ma, dove nella mia limitatezza non mi fu concesso di comprendere il perché delle ragioni di Be’Sihl, Midda parve invece accettarle senza dubbi, senza esitazioni, sorridendo egualmente malinconica ma altrettanto decisa a non violare l’equilibrio esistente, a non cambiare la posizione dei pezzi tanto accuratamente disposti in gioco in quegli anni.

« Sono proprio una cattiva ragazza… » sussurrò a sua volta, quasi sarcastica verso di sé.

Impossibile, a quell’evoluzione, mi fu non solo comprendere quanto stesse succedendo ma, anche, restare ad ascoltare quel confronto, quel dialogo per un solo, ulteriore istante. Avevo già sentito troppo e ciò che mi era giunto, ciò di cui ero stato testimone, mi aveva lasciato con un’amarezza nell’animo priva di eguali. Non capivo e, sinceramente, non desideravo neppure cercare di comprendere le ragioni esistenti dietro a quel reciproco freno, a quella ritrosia che, dopo tanti anni di reciproca conoscenza e oltre quattro stagioni di distacco, ancora li arrestava. Per questo mi allontanai dal punto conquistato, con la stessa discrezione, la medesima leggerezza prima dimostrata, perdendomi nelle cucine e cercando distrazione nell’osservare le ciotole ed i piatti sporchi, ognuno di essi testimonianza di vite diverse, imprevedibili, incontrollabili: quegli avanzi, lasciati lì da uomini e donne di ogni età, di ogni estrazione sociale, di ogni professione, raccontavano un frammento della loro storia non diversamente da come i miei sassi offrivano memoria della mia vita, del mio passato e, forse, in parte anche del mio futuro.
Mi ritrovai così a filosofeggiare sull’esistenza e sul destino, sulla possibilità di libero arbitrio offerta teoricamente ad ogni persona e su, in contrasto a ciò, la capacità innata in tutti noi di rifiutare un simile privilegio, forse per colpa di troppi limiti stupidamente imposti dai nostri trascorsi. Ero deluso per quanto mi era stato offerto, per ciò di cui ero stato indesiderato spettatore, per la scelta compiuta da Midda e Be’Sihl. Nonostante tutto, però, non potevo negarmi di comprendere simili posizioni, tali timori: in fondo io avevo sempre agito nella mia vita con una prudenza, una viltà superiore alla loro, rifiutando di lottare per qualsiasi ragione, per me stesso e per ciò in cui avrei dovuto credere. Loro, per lo meno, al di là di quel loro sentimento non si erano mai tirati indietro innanzi alle proprie responsabilità, imponendosi, al contrario, quotidianamente su ogni destino avverso, su ogni tentativo offerto dal resto del mondo di sopraffarli, di negare loro la propria autodeterminazione.
Ma allora, dannazione… dove erano tanto bravi rispetto a me a difendere i propri diritti, la propria libertà, perché non accettare di amarsi? Perché negarsi quel sentimento tanto meraviglioso che pur io, non avendo mai avuto modo di conoscerlo realmente, non avendo una reale concezione a tal riguardo, non potevo evitare di ammirare?

« Proprio perché l’amo devo essere capace di lasciarla andare… »

La voce di Be’Sihl mi colse di sorpresa, al punto tale che sobbalzai violentemente lasciando ricadere rumorosamente a terra le stoviglie che reggevo in quel momento fra le mani: quelle in terracotta, inevitabilmente, andarono in frantumi ma, fortunatamente, una certa maggioranza risultò essere in legno, riservandosi così la possibilità di sopravvivere al mio attentato.
Non avevo sentito assolutamente l’uomo raggiungermi né, soprattutto, mi era sembrato di aver espresso ad alta voce i miei pensieri offrendogli, in tal modo, occasione di coglierli e rispondere a tono.

« Stavi domandandoti quello, no? » sorrise lui, dimostrandosi assolutamente sereno, tranquillo, nell’avvicinarsi a me e nel chinarsi poi per raccogliere i cocci rimasti a terra, vittime del mio stupore.
« Io… »

Cercai di rispondere, di giustificarmi, riuscendo però a fatica a formulare un pensiero di senso compiuto laddove allo sbigottimento rapido era subentrato il timore che egli potesse avermi visto, potesse aver colto la mia presenza anche prima, mentre era in compagnia di Midda e, di ciò, potesse essere giustamente irato. Io al suo posto mi sarei sicuramente sentito tradito nella fiducia prima riconosciuta: Be’Sihl, al contrario, dimostrando ancora di essere un uomo decisamente superiore a quello che mai io sarei potuto divenire, si concesse controllato e ben disposto come sempre, lasciando in quel momento solo me vittima di forti emozioni.

« Calmati… davvero. » suggerì lui, parlando con tono sommesso « Credevi davvero che non mi sarei accorto di una tua assenza dopo che, per quasi un anno, sei stato sempre presente e puntuale al mio fianco ad ogni nuova alba, amico mio? »

Amico: con tale termine era arrivato a definirmi? Davvero?!
Sul timore, inevitabilmente, prevalse così l’imbarazzo: non solo egli non mi aveva avvertito il mio gesto quale una diserzione, non solo egli non desiderava punirmi per quella mia assoluta mancanza di discrezione nei suoi riguardi, ma addirittura si poneva nei miei confronti con termini quali quelli adoperati, parole delle quali non mi riuscivo a reputare degno e che, al contrario, non potevano evitare di generare in me un senso di colpa privo d’eguali per quanto compiuto.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Minchia! Ed io che credevo di essere un tipo complessato... :PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP

Ps. Parola di verifica per la convalida del commento: "pirla"? No, ma veramente? "pirla" O.O?

Sean MacMalcom ha detto...

E' un personaggio estremamente profondo... tsk... :PPPP

P.S. Pirla????? =))
AHAHAHAHAHAHAHAHHA!!! :D
Ma è grandioso!!! :D
Bisogna spiegare a Google che certe combinazioni sono potenzialmente pericolose! :D