11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 12 aprile 2009

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Q
uasi quella richiesta avesse rappresentato la condizione più naturale possibile, un'ovvietà su cui neppure perdere un istante a riflettere, una delle tre giovani nobili, non Nass'Hya, si era immediatamente liberata dal proprio burqa, rivelando al di sotto di esso un corpo completamente nudo, privo di ogni indumento intimo ma adornato, semplicemente e non casualmente, da molti gioielli dorati, lunghe collane e braccialetti che ne avvolgevano le forme poco più che adolescenziali, su membra perfettamente curate al fine di poter compiacere qualsiasi fantasia di colui che sarebbe potuto essere il suo signore e padrone. Uno sorriso malizioso era stato offerto tanto verso il sultano, quanto verso le proprie compagne, seguito immediatamente da uno sguardo truce rivolto, altresì, verso la propria serva.
Quest'ultima, evidentemente, doveva aver ricevuto chiare disposizioni in merito a come comportarsi innanzi alla richiesta appena proposta loro ma, meno propensa ad un atto troppo prossimo alla prostituzione, nonostante la propria formazione, era rimasta in dubbio: fu, suo malgrado, sufficiente però il silenzioso messaggio rivoltole dalla propria signora per cedere a quella volontà, spogliandosi a sua volta, seppur sicuramente con minor enfasi rispetto a quanto dimostrato dall'altra, nello spingersi al medesimo risultato.

« Molto bene… » aveva annuito con soddisfazione il giovane monarca, iniziando a sciogliere il turbante legato attorno al proprio capo, nel definire completamente le proprie intenzioni, là dove ingenuamente si sarebbe eventualmente potuto ritenere volesse semplicemente osservare le proprie future spose e non, anche, approfittarsi di esse.
« Avanti… non ponetevi imbarazzi. Non ritengo ve ne sia bisogno, o erro? » aveva insistito poi, nell'invitare nuovamente le quattro donne ancora presenti a procedere come loro dimostrato « In fondo siamo tutti qui per questo. »

Fu in quel momento che alla mercenaria risultò necessario concedersi un primo profondo respiro, dove un carico di pessime emozioni, ricordi spiacevoli della propria ultima avventura y'shalfica, la colsero con la violenza di un fiume in piena contro fragili argini. I suoi occhi, inevitabilmente, tradirono tale emozione, nella contrazione delle pupille al centro delle iridi, tali da ridursi alle dimensioni di una capocchia di spillo e dal lasciare completamente visibile solo il ghiaccio splendente, gelido, perfetto di quello sguardo, di quell'animo letale per chiunque contro di esso si fosse voluto schierare.
La principessa, ancora ignara in tale frangente delle reazioni della propria compagna, della propria serva e forse amica, non avendo rivolto verso di lei la propria attenzione, era restata immobile ad osservare anche la seconda delle proprie pari svestirsi, rivelando a sua volta un corpo sinuoso, flessuoso, perfettamente curato ma non preparato, quale quello dell'altra, alle richieste del loro sultano, nel mostrare biancheria intima ed alcun abbellimento di sorta attorno alle proprie forme, alcun gioiello ad ornarle, ad impreziosirle. Figlia non di un nobile ma di un ricco mercante, giunta entro le mura dell'harem ed a quell'occasione speciale unicamente per volontà del suo genitore, a quella fanciulla non dovevano essere state spiegate le licenziose usanze di simili privati banchetti, non proprie semplicemente del monarca ma di qualsiasi potenziale marito a colloquio con una propria possibile moglie. E Nass'Hya, osservando l'imbarazzo che era avvampato su quel volto, la vergogna che aveva colpito l'animo di quella giovane al punto tale da rendere necessario l'intervento della sua serva al suo fianco, per sorreggerla, non aveva potuto che provare a propria volta un moto di nausea innanzi a quel costume patriarcale, per quanto da lei conosciuto, per quanto da lei tristemente noto.

« Anche la tua serva, mia cara. » aveva insistito il sultano verso la propria seconda vittima, liberandosi nel contempo della propria veste e dei calzari, nel restare ormai ricoperto unicamente dai propri pantaloni.
« Sappiate che mie stanze ad alcuna donna è mai stato richiesto di restare coperta da questi assurdi veli… al contrario la mia volontà è esattamente opposta. Desidero semplicemente la vostra libertà, nulla di meno. » si era poi giustificato, provando stupidamente ad addurre un intento nobile alla propria ignobile lussuria, alle proprie bramosie carnali.

Un secondo respiro, ancor più profondo rispetto al precedente, fu tratto dalla donna guerriero, nell'osservare la serva ubbidire alle richieste del sire, non avendo possibilità psicologica di opporsi ad esse, di ribellarsi di fronte ad egli. Nonostante la stessa domanda sarebbe stata presto posta anche a lei, mettendola con le spalle al muro nella propria volontà di conservare il proprio camuffamento, in quell'attimo non era tale pensiero a farla adirare, o a preoccuparla, quanto più banalmente, più propriamente l'immagine di quelle donne, private di ogni possibilità di coscienza, di emancipazione e, peggio ancora nel caso della prima nobile ad essersi spogliata, felici di ciò, bramose di poter essere paragonate a semplice bestiame, forse addirittura ritrovando meno valore rispetto ad un capo da macello. Anche le peggiori meretrici di Kriarya, al suo giudizio, conservavano un'autostima, un amore per se stesse superiore rispetto a quelle giovani, dove esercitavano la propria professione con assoluta coscienza, in virtù di una scelta di vita che non le avrebbe mai poste quali vittime dei propri clienti: al contrario, proprio questi ultimi avrebbero dovuto prestare particolare attenzione a non osare più del dovuto, se non avessero avuto a noia la propria esistenza.
La principessa, consapevole che la prossima a cui il sultano avrebbe rivolto la propria questione sarebbe stata lei, si era ritrovata ad essere per un lungo istante divisa, fra ciò che sapeva di dover fare per assicurare il proprio futuro a corte e ciò che, altresì, il suo animo ribelle le stava prepotentemente negando. Anche lei, come la prima delle aristocratiche ad essersi spogliata, si era predisposta per l'occasione, intimamente ingioiellata per il proprio sovrano, pronta a concedersi a lui al punto tale da non dargli possibilità di desiderare altra donna al di fuori di sé: innanzi al momento tanto atteso, davanti all'espressione smarrita della fanciulla a lei antecedente, qualcosa si era però agitato in lei.

« Restate solo voi due… » aveva commentato, allora, il sultano, portando le mani alla propria pesante cintura, per slacciarla e lasciarla ricadere a terra accanto al resto dei propri vestiti « Non fatevi supplicare… non sarebbe dignitoso per me. »

Nel sentirlo parlare di dignità, Midda strinse i pugni al punto da sbiancare, sotto ai guanti, le nocche della propria mano mancina, imponendosi un terzo e profondo respiro, l'ultimo che fu in grado di riservarsi. Nella sua mente, ormai, quel giovane non possedeva più il proprio volto, le proprie sembianze, quanto piuttosto quelle di un visir conosciuto anni prima e morto per sua stessa mano, ucciso quale punizione per il tradimento della sua fiducia. Ed ella, non volendo che la propria protetta potesse commettere l'errore di concedersi a quell'uomo come già era stato compiuto scioccamente da lei, aveva ricercato lo sguardo della principessa, per comunicarle quel diniego, per invocarle di non procedere oltre.
Ma colei che era stata indicata come potenziale gioiello più prezioso di tutto il regno di Y'Shalf, nell'onorare l'impegno assunto all'ingresso stesso in quella sala, nel restare fedele a tutti gli anni in cui aveva atteso quel momento, tappa necessaria in un cammino verso la gloria del sultanato, non colse lo sguardo della propria serva, non incrociò i propri occhi con quelli di lei, limitandosi ad alzare le proprie mani verso la chiusura le burqa, per scioglierlo.

« Stupida idiota! »

In tali parole si rivolse la Figlia di Marr'Mahew verso la principessa, prima di voltarsi di scatto per dirigersi verso l'uscita, non volendo restare un istante di più in quell'ambiente, in quella sala: non tanto per timore del proprio turno, della svestizione che anche a lei sarebbe stata imposta, quanto piuttosto per non ritrovarsi ad essere spettatrice e complice di quell'assurdità. E nel suo animo, come già la sera in cui era corsa a cercare la propria spada, per combattere contro i guerriglieri, anche ora fu solo il desiderio di porre fine a tutta quella faccenda, ad ogni costo.

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