11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 31 luglio 2009

567


P
robabilmente tutti i presenti nella stanza, a seguito dell’ultimo invito formulato dalla mercenaria, stavano attendendosi una reazione violenta da parte dell’uomo, un qualche attacco fisico, o anche solo verbale, nei confronti di chi sembrava starsi prendendo gioco di lui: in meno di un quarto d’ora, infatti, la donna guerriero era giunta prima ad accusarlo, poi ad assolverlo, a considerarlo vittima e, infine, nuovamente ad accusarlo. Una situazione, pertanto, di fronte alla quale probabilmente chiunque avrebbe ceduto all’ira, giustamente, comprensibilmente.
Ma Geto non si concesse con furore nei suoi riguardi, non dimostrò la benché minima collera ed, anzi, dopo un breve periodo di silente riflessione annuì, sorridendo con quieta rassegnazione.

« Considerando la velata affermazione nel merito delle ipotetiche ragioni che avrebbero potuto spingermi ad un simile gesto, immagino che tu sappia già tutto… » commentò, lasciandosi sedere tranquillamente sulla sedia che aveva occupato fino all’ingresso della prigioniera nella stanza.
« Molte idee, qualche dato, poche certezze. » definì Midda, in un discorso che sembrò ora riuscire ad estendersi solo a loro due, evidentemente riallacciandosi ad informazioni non condivise fra tutti « Ho scoperto, in effetti, che per quanto tu sia riuscito a perdere completamente ogni accento, non sei kofreyota ma tranitha, nato a Tranith e giunto qui solo poco prima dello scorso inverno. I tuoi coinquilini hanno apprezzato ed esaltato la tua grande capacità di adattamento in tal senso… »
« Inoltre, nonostante Kriarya sia nota come città del peccato, luogo di perdizione ed illegalità, esiste ugualmente una certa documentazione catastale. » proseguì la donna, non cogliendo volontà di interruzione da parte del proprio attuale interlocutore « Ovviamente non si può negare come la gestione della medesima sia estremamente diversa da quella di altri centri urbani, di altre capitali, dove qui non è detenuta dalla nostra pur presente ma assolutamente fittizia amministrazione centrale, quanto piuttosto da coloro che si spartiscono i vari quartieri, le varie aree della città: ciò nonostante, però, essa è presente e, avendo le giuste conoscenze si possono scoprire informazioni veramente interessanti. »
« Oh… » esclamò Arasha, riuscendo solo in quel momento, evidentemente, a cogliere quanto l’altra stava impegnandosi ad esprimere.
« Esattamente. » annuì ella « Devo proseguire ancora a lungo? »
« Non è necessario. » scosse il capo Geto, levando la mano destra a richiedere di non spingersi oltre « E’ sufficiente. »

Un laconico intermezzo si impose allora necessario fra i presenti, a concedere al mercenario di riordinare le proprie idee, di decidere in che modo riprendere il discorso, quelle spiegazioni, nell’illustrare la propria testimonianza nel merito dei fatti occorsi.
In verità, egli non si avrebbe dovuto essere il solo, in quel momento, impegnato in tal senso, dove almeno altre due figure lì presenti si sarebbero dovute considerare chiaramente quali coinvolte: esse, evidentemente, stavano altresì preferendo attendere una propria occasione di espressione, nel tempo che sarebbe stato immancabilmente loro concesso per offrire la propria voce, non sovrapponendosi in maniera confusa come altrimenti avrebbero potuto rischiare di fare.

« Quando, ieri, ti ho detto che non conoscevo quell’uomo… Degan… ero sincero. » esordì, con tranquillità, umettandosi appena le labbra « In effetti, non avendo neppure la più vaga idea sulla sua identità, per anni ho bramato avere occasione di incontrarlo, di parlare con lui, di comprendere molt… certe cose. Così, non appena mi è stato concesso di apprendere il suo nome, di essere informato nel merito della sua reale identità, nonché del luogo ove egli aveva deciso di stabilirsi, sono venuto immediatamente qui, a Kriarya, nella volontà incontrarlo… »
« Non so cosa sia successo esattamente, ma dopo tanta attesa, tanto desiderio, ad un passo dal raggiungimento della meta credo di aver improvvisamente avuto timore, provato paura. » proseguì, chinando lo sguardo verso la superficie del tavolo « Ho iniziato a tergiversare, a rimandare l’occasione di concretizzare simile evento, ma nonostante tutto non sono comunque riuscito ad evitare di compiere qualche ricerca su di lui, a suo proposito. E così ho avuto modo di incontrare Arasha, scoprendo come ella avesse avuto modo di godere di un’occasione comunque a me negata. »
« Ma allora… sei stato davvero tu?! » insorse la giovane inclusa in quelle ultime parole nella discussione, coinvolta forse a suo discapito negli eventi pur senza cola a tal riguardo « Lurido… cane!... mi avevi detto di volerci solo parlare, di voler cercare una qualche comunione mai riconosciuta con lui! »

Inveendo in tal modo, ella tentò di muoversi nella direzione del mercenario, di colui che chiaramente stava avvertendo quale proprio nemico e traditore, allo scopo di cercare vendetta personale, soddisfazione diretta nel confronto con lui, in un sentimento assolutamente umano e pur, probabilmente, non sano dove egli avrebbe potuto sopraffarla senza alcuna esitazione, strappandole la vita dal corpo con la stessa semplicità con cui avrebbe infranto le ali di una fragile farfalla.
Per prevenire tale rischio, preoccupato per la sua salute più di quanto dopotutto non avrebbe voluto ammettere, nel non aver ancora compreso con precisione i propri sentimenti per lei, fu Seem ad intervenire, arrestandola fra le proprie braccia, stringendola a sé per a trattenerla.

« Lasciami, per la furia di Tarth! » gridò la giovane, cercando di scalciare nel volersi liberare dalla presa dal suo punto di vista purtroppo vincolante.
Gli occhi di Geto, a quel punto, si levarono lentamente verso tale furia, venendo poi accompagnati da un chiaro segno di disapprovazione espresso sulle sue labbra: « Desidero che sia chiaro come non è stata una qualche gelosia nei tuoi confronti a scatenare in me il risentimento più violento nei riguardi di Degan, quanto piuttosto… beh… quello sciocco… » commentò, indicando proprio lo scudiero, in un gesto della mano con trasparente sentimento di fastidio « Tu, razza di smidollato, quale diritto ritieni di avere nei suoi confronti? In cosa pensi di poter essere meglio di me, tanto da aver guadagnato la possibilità di restare al suo fianco, ospitato presso la sua stessa dimora, trattato come un figlio ed addestrato quale suo discepolo, come a me invece non è mai stato concesso di poter essere?! » pronunciò, con disprezzo nella voce.
« Seem ha guadagnato simile opportunità con il proprio impegno, con la propria determinazione, con la propria costanza, tale da spingersi a sfidare ogni limite personale per ascendere alla concretizzazione di un obiettivo. » intervenne la donna guerriero, ora fredda nel proprio tono, a voler chiaramente imporre attraverso di esso una quiete in quel dialogo, in quel confronto, che stava apparentemente venendo meno « Degan non ha donato gratuitamente nulla al suo ultimo allievo così come mai lo ha fatto con qualsiasi suo altro figlio d’arme. Ogni giorno al fianco del maestro e stato per lui pagato con il proprio sudore, la propria carne, il proprio sangue… »
« Sangue?! » gridò, ora, il giovane mercenario, scattando in piedi con violenza in un impeto d’ira scatenato da quelle parole « Ed il mio sangue… allora? »

Ma prima che al giovane fosse concessa una qualsiasi possibilità d’azione, verso chiunque fra i presenti, la lama della Figlia di Marr’Mahew si era già mossa, saettante simile ad una creatura vivente, dotata di propria autonomia e proprio intelletto, a premere contro il suo collo, la sua gola, esattamente là dove essa andava ad unirsi al resto del capo.
Una richiesta discreta, silenziosa, priva di qualsiasi enfasi, quella così formulata, che si propose però più impositiva di quanto sarebbe stata qualsiasi parola, urlo, imprecazione nei suoi confronti. Un invito al ritorno alla tranquillità, alla serenità così stolidamente e frettolosamente abbandonata, che non avrebbe potuto accettare un rifiuto, prevedere un qualche diniego dove ciò avrebbe rappresentato, per lui, una sicura fine.

giovedì 30 luglio 2009

566


T
rasparente di un sentimento di sorpresa nel confronto con un evento assolutamente inatteso, come solo ovviamente sarebbe potuto essere quello, quell’esclamazione fu quasi contemporaneamente proposta da Seem e da Geto, vedendo addirittura il secondo levarsi in piedi e quasi far cadere a terra la sedia sulla quale fino a quel momento era rimasto comunque accomodato, per quanto forse non completamente a proprio agio.
La giovane prostituta della casa di Tahisea, che insieme allo stesso Geto aveva accolto la mercenaria ed il suo scudiero nel momento della loro visita al lupanare, quando là si erano spinti alla ricerca di ulteriori informazioni nel merito delle due prostitute uccise insieme a Degan, si stava proponendo ora innanzi a loro, in presumibile conseguenza di un suo qualche coinvolgimento nella questione. Ella, evidentemente, sarebbe dovuta essere considerata quale colpevole della diffusione della falsa notizia a riguardo della taglia, come le parole della stessa donna guerriero avevano da poco preannunciato.

« E’ lei, quindi? » chiese la Figlia di Marr’Mahew, rivolgendosi nella direzione delle due guardie di scorta alla prigioniera.
« Sì, è lei. Lord Bugeor non ha particolari richieste nel merito del suo destino, ritenendosi certo che tu saprai valutare con giudizio impeccabile i termini nei quali sancire la pena a suo discapito. » annuì uno degli interrogati, senza esitazione alcuna a quella richiesta pur implicitamente formulata.
« Duva… colpevole o semplice complice? » domandò ella, ora verso la giovane prostituta « Sono certa di non aver incrociato i miei passi nei tuoi, eppure non hai esitato a richiedere la mia vita, ricorrendo ad un stolto stratagemma. Perché lo hai fatto? Per difendere te stessa o per proteggere qualcuno a te vicino? »
« Dimmelo tu, visto che ti reputi tanto intelligente… » replicò l’altra, quasi sputandole addosso in simile replica, in tale risposta colma di veleno, apparendo non diversa da un animale che, pur posto in trappola, continua a sperare vanamente di salvarsi, non accettando la fine ormai scritta nel proprio destino.
« Mmm… » sorrise Midda, così stimolata, sfidata dalla controparte, inarcando gli angoli delle proprie labbra a esprimere sorniona e femminile malizia, divertimento in quella situazione « Sei stata brava al nostro primo incontro, riuscendo a interpretare alla perfezione il ruolo dell’ignara spettatrice di eventi a te esterni: voglio riconoscerti questo merito, dove difficilmente ti avrei aggiunta alla lista dei miei sospetti… non subito, per lo meno. »
« Pensi forse di riuscire a convincermi a confessare qualcosa attraverso il ricorso all’adulazione?! » ironizzò la fanciulla, scuotendo appena il capo nel guardare ora il proprio giudice, quasi con compassione per un tentativo da lei giudicato così privo di sostanza, di possibilità di successo nei suoi riguardi.
« Assolutamente no. Stavo semplicemente evidenziando un limite, un errore di valutazione nel quale ero ingenuamente ricaduta. » negò la mercenaria, restando tranquillamente seduta là dove era apparsa per tutta la serata, senza dimostrare alcun sentimento di irritazione neppure nel confronto con un sì aperto attacco nei propri riguardi « Oltre a ciò, non posso mancare di rimembrare, ora, l’evidenza di un dettaglio che potrebbe aiutare a definire con chiarezza il ruolo che hai ricoperto negli eventi occorsi, soprattutto rapportandolo alla tua attuale situazione. Mi sto riferendo, ovviamente, alla tua assoluta mancanza di esitazione nello spingere ogni possibile dubbio di colpevolezza nei confronti di Geto… »
« Io non ho… » tentò di obiettare.
« Geto sarebbe potuto risultare ai nostri occhi come il colpevole perfetto, non solo nel confronto con la responsabilità per l’omicidio di Degan, ma anche indossando le vesti, non sue ma tue, di ideatore della trappola congegnata a mio discapito. Del resto era stato proprio egli ad accompagnarci fino alla stanza dove Dhima si era preposto in nostra attesa… ed era, chiaramente, stato ancora lui a richiamare gli uomini ritenuti utili a una mia ipotetica cattura in quello stesso giorno. » la interruppe la donna guerriero, proseguendo nella propria riflessione ad alta voce, in quell’esposizione puramente teorica, forse fine a se stessa o forse no « Senza dimenticare, poi, come sia stata proprio io ad offrirti l’occasione ideale per mentirmi, per scaricare a suo discapito ogni responsabilità. »
« Stai vaneggiando! »
« Cosa immaginavi sarebbe potuto accadere quale conseguenza dell’incontro fra noi due, ieri? Speravi forse che, nella volontà di vendetta, lo avrei ucciso senza pormi eccessivi dubbi, senza incedere nella volontà di chiarezza sulla realtà dei fatti? » continuò, priva di qualsiasi apparente trasporto emotivo in quelle parole, dimostrandosi addirittura distratta nel pronunciarle, forse perché impegnata a spingere le proprie riflessioni ben oltre a tale questione « O, forse, avendo svolto delle indagini attorno al tuo presunto amico, compagno di lavoro, bramavi addirittura l’eventualità che fosse egli ad avere la meglio su di me, per legittima difesa, certo, ma pur sempre uccidendomi e tentando di riscuotere, in conseguenza, la taglia da te comunicatagli? »
« Sono solo illazioni. » tentò nuovamente di protestare la giovane, ora dimostrando l’intenzione di scagliarsi nei suoi confronti, salvo essere, in ciò, prontamente arrestata dall’intervento delle sentinelle ai suoi fianchi « E’ la tua parola contro la mia! »

Per un istante la donna guerriero parve arrestarsi nella pronuncia delle proprie ipotesi e teorie, spostando la propria attenzione su ognuno degli uomini e delle donne lì presenti, in un movimento lento ma costante del proprio sguardo, quasi a voler studiare attraverso lo stesso i loro volti, le loro espressioni, nella speranza, o nella certezza, di poterne sondare così gli animi e ritrovare in esso ogni risposta a troppe domande ancora non formulate, a tutti quei quesiti allora inespressi e pur necessitanti una qualche argomentazione, una chiara definizione per poter raggiungere allo sbroglio di quella non semplice matassa.

« In effetti, ti sbagli. » aggrottò la fronte, nel ritrovare voce e nell’indirizzare i propri occhi color ghiaccio direttamente in quelli della fanciulla, a stabilire un contatto diretto con lei, con la sua mente, con il suo cuore « Non è la mia parola contro la tua… ma la parola di lord Bugeor contro la tua. »
« Bugeor può anche avermi incastrata per il discorso della taglia… ma non può… »
« No, non può di certo confermare il tuo coinvolgimento nell’omicidio. » confermò Midda, interrompendola ancora una volta nel prevederne l’obiezione « Ma, in verità, non c’è bisogno di farlo. Perché non ritengo sia stata tu… »

Impossibile sarebbe stato evitare un improvviso silenzio a quell’annuncio, a quella dichiarazione, dove dopo tante premesse, ragionamenti, riflessioni, tutti i presenti, forse con l’unica eccezione rappresentata dalle guardie, meno informate rispetto agli altri sui fatti occorsi, si erano convinti della volontà nella mercenaria di giungere a formalizzare un’accusa nei confronti della giovane. In quelle parole, altresì, ella stava apertamente negando simile desiderio, rendendo quasi privo di senso il percorso mentale formulato fino a quel momento. E persino la stessa Duva, prigioniera ed inquisita, già riconosciuta quale colpevole di un inganno che, certamente, non l’avrebbe vista trovare facile possibilità di evasione da un’immancabile pena, per quanto improbabilmente capitale, non nascose il proprio stupore: evidentemente anch’ella non aveva potuto evitare di giudicare le proprie sorti quali irrimediabilmente segnate fino a quel colpo di scena, a quella svolta inattesa, non sperata e pur, naturalmente, estremamente gradita.
Ma dove la potenziale colpevole di quell’omicidio, colei attorno a cui tutta l’attenzione era stata tanto vivacemente attratta dalle parole della Figlia di Marr’Mahew, dalla medesima stava ora venendo proposta quale non rea, i presenti in quella stanza a chi avrebbero dovuto rivolgere il proprio interesse? Chi sarebbe stato colui o colei riconosciuto quale nuovo candidato alla vendetta ricercata dalla mercenaria per onorare il nome e la memoria del proprio antico maestro?
E quando, dopo un tempo difficilmente elaborabile, nel turbinio di emozioni contrastanti lì presenti, ella irruppe nuovamente con la propria voce nella quiete così formatasi, poche semplici parole sembrarono voler riconsiderare l’intera questione sotto un profilo completamente diverso e, precedentemente, da lei stessa escluso.

« … non è forse vero, Geto? »

mercoledì 29 luglio 2009

565


« C
redo mi stia sfuggendo qualcosa… » commentò Geto, a seguito di un ulteriore, lungo momento di silenzio che coinvolse tutti i presenti, dando in ciò riprova di aver almeno ascoltato le parole della mercenaria per quanto esse non fossero riuscite a concedergli, fino a quel momento, alcun reale risultato sulla questione in argomento « Al di là della discutibile modalità con cui hai voluto esporre i fatti, e delle illazioni sul conto mio e di Arasha, mi è parso tu abbia accennato al fatto che non giudichi alcuno fra noi colpevole di un ipotetico omicidio… o erro? »
« In effetti è così. » annuì la mercenaria, sorridendo con aria sorniona « E con questo intendo riferirmi al fatto che ti stia sfuggendo qualcosa, ovviamente. In effetti, nella mia magnifica storiella che non sembri aver apprezzato, ancora un punto è rimasto in oscurità, un particolare apparentemente trascurabile ma che, al contrario, potrebbe essere capace di rivoluzionare completamente la percezione di tutti gli eventi occorsi… »
« La taglia! » esclamò Seem, riuscendo a ricollegare, solo in quel momento, una parte effettivamente importante nell’indagine a cui anche lui aveva preso parte con il discorso della propria signora.
« Esattamente. » confermò ella, volgendo per un istante lo sguardo verso lo scudiero.
« Intendete forse la taglia che lord Bugeor ha decretato a tuo discapito? La stessa per la quale avrei dovuto già decollarti invece di permetterti di trascinarmi fino a questo assurdo teatrino? » propose allora il tuttofare e mercenario, aggrottando la fronte e affidando sufficiente ambiguità alla propria voce al punto da non permettere di comprendere fin dove si sarebbe potuto considerare serio e dove, altresì, faceto in simile dichiarazione, potenzialmente, e comprensibilmente, avversa alla loro intrattenitrice.
« Non desidero accogliere le tue provocazioni. Soprattutto dove difficilmente avresti potuto giungere a porre in essere una minaccia tanto ridicola una volta privato di entrambe le mani… » negò la donna, rimembrando in quell’affermazione il destino a cui aveva condannato poco tempo prima uno spadaccino propostosi in contrasto al suo cammino proprio nelle vie di Kriarya.
Dimostrando allora sufficiente spirito di autoconservazione tale da evitare un aperto scontro con una combattente della fama della propria interlocutrice, Geto preferì non approfondire ulteriormente l’argomento così superficialmente sfiorato, lasciandola libera di proseguire con le proprie spiegazioni.
« Come stavo per spiegarvi, a complicare, infatti, la missione di Midda, si propose l’annuncio di una taglia che sarebbe stata proposta sulla sua testa, a suo aperto discapito, da un ricco signore, un mecenate a lei avverso che pur non aveva, né avrebbe, mai osato arrivare a qualcosa di simile, dove alcun vantaggio sarebbe per lui conseguito in una sua ipotetica morte… » definì con tranquillità, ancora ricorrendo al tono narrativo adottato fino a quel momento.
« Spronati dall’annuncio di una taglia, in ben due occasioni, potenziali luoghi d’inchiesta, presumibilmente fondamentali per poter raggiungere una qualche verità nel merito degli eventi attorno alla morte di Degan, molti uomini e donne si spinsero pertanto a dichiarar battaglia alla nostra eroina, bramandone la fine nel solo desiderio di poter, in tal modo, riscuotere la ricompensa promessa. » proseguì, nel ricostruire ancora una volta eventi da lei realmente vissuti in quegli ultimi due giorni « Purtroppo per tutti gli sprovveduti che osarono sfidarla, però, la splendida non solo sopravvisse ad ogni agguato ma, ancor peggio, giunse fin… »

Un forte bussare, alla porta d’ingresso dell’edificio, interruppe improvvisamente quell’affermazione, attraendo l’attenzione della donna guerriero verso quell’uscio e lasciando aprire sul suo volto un ampio sorriso, trasparente di chiaro compiacimento per quell’atteso colpo di scena, evidentemente l’evento a cui già aveva avuto modo di accennare e che, fino a quel momento, si era lasciato attendere.

« Perfetto tempismo. » esclamò, battendo un paio di volte le mani, ad evidenziare il sentimento di approvazione espresso in tale affermazione « Arasha… non mi permetterei mai di accogliere estranei in casa tua, in tua vece. Credi sia disturbo eccessivo, per te, voler concedere l’ingresso a questi nuovi ospiti? Per quanto possa valere, ti offro la mia parola che non ne conseguirai alcun danno… anzi. »

Per un momento incerta sulla reazione da offrire a tale richiesta, evidentemente non essendo stata informata di quell’arrivo come, altresì, doveva esserlo stata preventivamente nel merito della partecipazione di Geto alla serata, la padrona di casa si alzò dalla posizione prima occupata con aria titubante, per andare ad assolvere al proprio compito, a tale incarico, più come riflesso condizionato all’insistenza delle ritmiche percussioni contro la porta esterna che per una reale convinzione a tal proposito.
Impossibilitati a poter seguire con lo sguardo la fanciulla nel proprio percorso lungo il corridoio, in conseguenza della particolare conformazione della planimetria dell’edificio, i due astanti maschi a quel convivio si osservarono con istintivo senso di cameratismo l’un l’altro, estemporaneamente dimentichi delle reciproche diffidenze, nel cercare vanamente di comprendere cosa avrebbero potuto attendersi per il proseguo di quella serata.

« Perché qualcuno avrebbe dovuto prendersi la briga di porre in circolazione una falsa voce nel merito di una taglia sulla mia testa, coinvolgendo in particolare lord Bugeor fra i pur numerosi signori della capitale? » domandò loro la Figlia di Marr’Mahew, con chiara volontà retorica, nell’abbandonare ora l’impostazione narrativa, nel trasferire la questione da una fantomatica protagonista di nome Midda a se stessa « Perché qualcuno avrebbe dovuto scatenare un tale putiferio le cui menzogne fondanti, in un modo o nell’altro, sarebbero state, infine, rivelate? »
« Riflettendo su tali domande è stato inevitabile giungere alla conclusione che simile azione sarebbe potuta essere portata avanti solo quale reazione disperata di fronte ad un evento inatteso, tentativo speranzosamente utile a liberarsi della sottoscritta, evidentemente ritenuta scomoda, soprattutto nell’eventualità, praticamente retorica, in cui avessi deciso di iniziare a fare troppe domande in giro. » spiegò, nel condividere con gli unici due ascoltatori rimasti le proprie deduzioni, i propri ragionamenti.
« Chiunque avesse avuto pieno controllo delle proprie capacità intellettuali, del resto, non sarebbe ricorso ad un tentativo tanto stolido, dove nel migliore dei casi, sì, io sarei potuta esser uccisa, ma inevitabilmente poi l’abuso di un nome tanto importante non avrebbe mancato di esigere allo stesso congiurante il prezzo di una giusta punizione. » denotò, sorridendo quasi ironica ora « Un colpevole, quindi, o comunque qualcuno tanto vicino allo stesso da volerlo proteggere, nascondere ad ogni costo… al punto da rischiare in prima persona per tale scopo, nella volontà di evitare, chiaramente, una fine assolutamente peggiore di qualsiasi altro potenziale castigo. »
« Chi?! » domandò Seem, non riuscendo a trattenere ulteriormente la curiosità, trattenendosi a stento dall’alzarsi in piedi per andare a ricercare nel corridoio l’identità dell’inatteso o degli inattesi ospiti, ancora non offertisi al loro sguardo, per ottenere risposta ai propri dubbi.
« Sinceramente… non ne ho idea. » ammise ella, con assoluta trasparenza, scuotendo appena il capo « Avrei potuto svolgere personalmente delle indagini a tal riguardo, ma sarebbero state lunghe e, sostanzialmente, superflue, dove qualcun altro avrebbe potuto svolgerle o, per meglio dire, richiedere che fossero svolte al mio posto, con maggiore efficienza. »

E, quasi il fato avesse voluto coordinare perfettamente l’arrivo dei nuovi attori sulla scena presente con le parole appena pronunciate dalla mercenaria, Arasha fece ritorno all’ingresso della sala da pranzo proprio in quel momento, precedendo di poco tre figure, due fra esse maschili, guardie di evidente scorta alla terza posta fra loro e controllata a vista da entrambe, onde prevenirne ogni possibilità di fuga.
Ovviamente fu proprio l’identità di quella terza presenza, femminile, ad attrarre l’attenzione dei tre presenti all’interno della stanza, coloro che avrebbero avuto ragione di riconoscerla e che, in effetti, non mancarono di farlo, per quanto forse non si sarebbero potuti dire abituati a vederla tanto rivestita come si concesse alla loro attenzione in quel momento.

« Duva! »

martedì 28 luglio 2009

564


« C
he gli dei possano offrire il dono della loro benedizione su questo convivio e sui suoi partecipanti… » augurò, in tono quasi rituale, la Figlia di Marr’Mahew, nel momento in cui il gruppo ebbe modo di accomodarsi attorno alla tavola, già imbandita e pronta ad accoglierli tutti.

Purtroppo, però, al di là della positività espressa in tali termini, difficilmente nel passato di Seem, Arasha o, tanto meno, Geto la parola “imbarazzo” aveva avuto modo di trovare una manifestazione più completa, più coinvolgente di quella che ebbe occasione di assumere nel corso di quella stessa cena, alla quale ovviamente alcuno fra loro avrebbe preso parte se non fosse stato in conseguenza della costrizione imposta dalla volontà della quarta figura seduta a quello stesso desco, unica mente ideatrice di quell’assurdo appuntamento. Incapaci nel ritenere quell’occasione quale una tranquilla cena fra amici, dove tale termine sarebbe stato totalmente inadatto a definire il rapporto esistente fra ognuno di loro, essi si mantennero perennemente in assoluto silenzio, lasciando solo al loro improvvisato secondino il compito di intrattenerli, con chiacchiere più o meno vane, con discorsi effimeri che cercarono in molteplici occasioni di coinvolgerli senza però riuscire mai a riportare successo. E anche dove le pietanze preparate per l’occasione dalla padrona di casa si proposero pur quali assolutamente apprezzabili, probabilmente cucinate in un tempo antecedente, anche di poco, al repentino cambio d’umore del quale ella era stata inevitabilmente oggetto, purtroppo nel sentimento comune alla maggior parte dei presenti la bontà di tale proposta non riuscì ad ottenere il giusto tributo, il corretto omaggio, non al di fuori di quello immancabilmente concesso della donna guerriero, la quale si impegnò sinceramente al fine di non far mancare alle stesse i doverosi complimenti.
Una sola domanda, probabilmente, si sarebbe potuta considerare in quel momento quale fattore comune nelle menti dei tre giovani lì presenti, ad attrarre la loro più completa attenzione, a focalizzare ogni loro interesse oltre ad ogni possibile chiacchiera loro offerta dalla mercenaria, questione ovviamente riconducibile al naturale ed umano desiderio di comprensione sul perché della loro richiesta presenza entro quelle mura, la conclusione a cui la donna avrebbe voluto sicuramente andare a parare con simile strategia. La risposta a simile dubbio, però, non venne loro proposta se non alla conclusione del pasto, quando la mercenaria, pur senza mutare il tono faceto precedentemente adottato, cambiò improvvisamente le tematiche affrontate fino a quel momento.

« Mmm… in genere non apprezzo i ritardi, ma questa volta farò un’eccezione alla regola. » commentò inaspettatamente, dopo aver svuotato l’ennesimo boccale di acqua fresca, dimostrando in tale affermazione, per la prima volta nel corso di quella serata, attenzione allo scorrere del tempo, quasi un evento da lei atteso non si fosse ancora proposto, ovviamente incontrando in ciò il suo disappunto « Pur comprendendo come la mia voce possa avervi tediato a ormai sufficienza, vorrei invitarvi a riconoscermi ancora per poco la vostra attenzione, dove sorge infine l’esigenza di rendervi partecipi di una storiella molto interessante… »
« Questo racconto ebbe inizio una mattina come altre, in una città come altre… facciamo conto che fosse Kriarya stessa, per semplicità di comprensione. » proseguì, senza attendere alcuna risposta da parte dei presenti, dove ora neppure richiesta, non ritenuta necessaria « Una donna, estremamente ricca di grazia e di fascino, che chiamerò Midda se vorrete concedermelo, stava riposando tranquilla nel proprio candido lettino quando un ragazzo… mmm… Seem?... giunse a lei per annunciare, con qualche settimana di ritardo in verità, l’uccisione di un antico amico della stessa, un uomo che indicherò come Degan. Un nome a caso, ovviamente. »
« La nostra protagonista, naturalmente, non avrebbe potuto evitare di porsi immediatamente all’opera, nella volontà di comprendere chi avesse potuto compiere un tale tremendo operato e, soprattutto, per quali ragioni avesse poi voluto far apparire il tutto quale un suicido. » sorrise, continuando con la narrazione che, inevitabilmente, aveva iniziato ad attrarre l’attenzione dei presenti « Nel condurre serenamente le proprie indagini, Midda venne così indirizzata, anche fin troppo facilmente in verità, presso la dimora di un altro giovane, un mercenario che lasceremo impersonare a Geto, quale possibile persona informata sui fatti. »
« Geto avrebbe potuto apparire quale un colpevole perfetto: guerriero presumibilmente esperto, se pur celato dietro le mentite spoglie di un tuttofare all’interno di un lupanare, egli avrebbe potuto ordire alla perfezione una trama volta all’uccisione di Degan, approfittando per cogliendolo di sorpresa nell’apparire quale scorta per due prostitute condotte alla sua dimora quella stessa sera… »
« A peggiorare la situazione così ipotizzata attorno al presunto assassino, poi, si propose all’attenzione di Midda un dialogo estremamente sospetto, ambiguo nella propria forma e nei propri contenuti, che Seem ebbe modo di ascoltare, avete come interlocutori proprio lo stesso Geto e una nuova attrice… Arasha credo che ora tocchi a te. » ammiccò la mercenaria, quasi divertita.

Inevitabile, a quelle parole, fu uno sguardo colmo di risentimento da parte della giovane verso colui che fino a poche ore prima aveva probabilmente considerato quale proprio compagno, ignara del tradimento ordito a proprie spese dal medesimo.
E lo scudiero, chinando lo sguardo, non ebbe modo di difendersi da tali accuse, da simili affermazioni, assolutamente veritiere nei propri contenuti e pur avvertite non di meno quale un’infedeltà a proprio discapito, per bocca della propria stessa signora a cui egli tanta fiducia aveva voluto altresì riconoscere fino a quel momento.

« Ora ditemi… » invitò Midda, rivolgendosi a tutti ed a nessuno in quel momento « A quali conclusioni sarebbe potuta giungere l’affascinante e carismatica protagonista di questa storia nel merito dell’assassinio occorso? »
Nessuno, ovviamente, volle aprir bocca, limitandosi ad attendere di ascoltare un retorico proseguo da parte dell’intrattenitrice di quella serata, evidentemente nella volontà di formalizzare delle accuse prima mantenute semplicemente implicite.
« Due teorie, invero, sarebbero potute derivare da tale stato. » continuò tranquillamente, non attendendosi del resto una reazione diversa da quella ricevuta « La prima, più semplice, quasi elementare, sarebbe potuta essere quella di un complotto ordito da Geto ed Arasha ai danni di Degan, un complotto nel quale i due avrebbero potuto riservarsi tanto occasione quanto movente per agire in contrasto alla vittima. »
« La seconda, meno ovvia e pur sospetta, sarebbe potuta essere quella della colpevolezza dello stesso Seem, unico autore del delitto occorso e pur desideroso di distogliere le indagini dalla propria persona, arrivando al punto da incentivare il corso delle medesime anche dove, forse, esse non sarebbero mai state tali, non in un lasso di tempo tanto breve, per crearsi un alibi apparentemente solido nella propria stessa volontà di chiarezza… »

Tre presenti attorno a quella tavola, tutti e tre citati nella storia appena proposta dalla Figlia di Marr’Mahew e tutti e tre inevitabilmente coinvolti in essa, con chiare ipotesi delineate a loro discapito. Qualcosa, però, nella modulazione vocale adottata fino a quel momento dalla mercenaria, sembrava sottintendere come la questione non si sarebbe ancora potuta considerare conclusa tanto banalmente.
E, in effetti, anche solo nell’enunciazione delle proprie due teorie, la medesima donna guerriero non si era impegnata eccessivamente per far chiarezza nel merito di ogni sfumatura, pur accennata, quali, di fondamentale importanza, le ragioni alla base di quel delitto, di quella tragica azione omicida.

« Due possibilità affascinanti, potenzialmente solide nei propri presupposti. » riprese, dopo un istante di pausa, quasi a voler riordinare le idee o, al contrario, a voler permettere ai propri spettatori di riordinare le proprie « Addirittura, dove mi sento sufficientemente sicura che Seem non sarebbe potuto essere coinvolto nella questione, sono altrettanto confidente che Geto, se solo avesse potuto, non avrebbe mancato di agire in contrasto a Degan. Forse non arrivando ad ucciderlo, una volta a confronto con il medesimo, ma certamente partendo con simile volontà… »

lunedì 27 luglio 2009

563


« O
h… sei tu. »

Poche, pochissime parole, pronunciate da Arasha con un tono tale da non poter essere equivocato, neppure nel dubbio che ancora colmava l’animo di Seem a suo riguardo. Sul viso della giovane, dove ancora quella mattina, quando l’aveva salutata, era scritto sincero affetto, sentimento trasparente e vivo nei suoi riguardi, ora egli poté ritrovare solo apatia e stanchezza, emozioni che erano state solite accompagnarla, nella quotidianità di quello che era stato loro rapporto fino ad allora, solo nel momento in cui ella non desiderava lasciar sfogare la propria ira, per quanto essa ribollisse nel suo animo.
La sua compagna, o ex-compagna a seconda di quanto che sarebbe emerso nel corso della serata, era arrabbiata, evidentemente, inevitabilmente, e dove egli, in quel momento, non avrebbe potuto avere la benché minima idea nel merito di tale disappunto, era inconsciamente certo di esserne coinvolto, probabilmente addirittura la causa.

« Arasha? » cercò di richiamarne l’attenzione, nel mentre in cui ella si era già voltata e gli aveva lasciato libertà di movimento, non volendo chiaramente dimostrare il minimo interesse nei confronti delle sue mosse.
Ma la giovane non gli offrì alcuna replica e, mantenendo assoluto silenzio, continuò ad allontanarsi da lui, scomparendo poi dietro ad un angolo non lontano dall’ingresso, probabilmente diretta al solito soggiorno dove anche in quel mattino si erano ritrovati, insieme alla Figlia di Marr’Mahew.
« Arasha! » insistette egli, chiudendo la soglia alle proprie spalle e poi avanzando, preoccupato per quella reazione, completamente dimentico di ogni incognita prima associata alla stessa, quasi quella fosse una sera come altre nel loro passato « Si può sapere cosa ho fatto questa volta? » domandò, inseguendola fino al soggiorno, dove la ritrovò seduta, con apparente freddo distacco, su una sedia, con le mani unite in grembo e lo sguardo rivolto verso l’esterno, attraverso l’unica finestra lì presente.
« Midda Bontor dovrebbe arrivare a breve. » si limitò a comunicare la fanciulla, non concedendogli la minima attenzione « Accomodati dove preferisci. »

La scelta della sedia si concesse all’attenzione dello scudiero decisamente significativa, esplicita più di molte altre parole nel merito dello sdegno che Arasha desiderava dimostrargli. Cercando di riflettere nel merito di tale messaggio, di simile situazione assurda nel confronto con tutto quanto era accaduto fino a quel momento, dove sarebbe dovuto essere lui, eventualmente, a provare collera verso l’altra, per il presunto tradimento, e non il contrario, egli decise di provare, allora, a ricollegare proprio il discorso dell’accomodamento con l’irritazione ora presente in lei.

« Sei arrabbiata con me perché questa mattina non mi sono voluto sedere? » chiese, scuotendo il capo nella volontà di comprendere per quanto ciò non sarebbe probabilmente stato semplice « Ti chiedo scusa ma… »
« Per Tarth, risparmiami le tue scuse. » lo interruppe, levando entrambe le mani come a volersi difendere da quel tentativo di riappacificazione « Sei pietoso. E, poi, non sarebbe corretto da parte mia offriti rimprovero per la tua incertezza a tal riguardo: la colpa è stata mia, dove non ti ho chiesto se avresti preferito andare a sederti fuori dalla finestra, in mezzo al letame. »
« Ma… cosa?! »

Purtroppo a differenza di altre occasioni di incomprensione fra loro, di inevitabile litigio fra due caratteri oggettivamente molto diversi quali i loro erano, questa volta ella non aveva protratto il solito giuoco di acquietamento per lunghe ore, ma aveva preferito dimostrare immediatamente il proprio pezzo forte, il proprio carico, sorprendendo, spiazzando completamente con esso il proprio interlocutore.
Fortunatamente, però, a salvarlo in estremo fu il fato, rappresentato in quel mentre da un deciso bussare alla porta d’ingresso, che richiamò la loro attenzione verso la stessa.

« Vai ad aprire… è la tua signora, di certo. » ordinò la fanciulla, storcendo le labbra con stizza ora evidente nei suoi riguardi, non più celata nell’indifferenza di pocanzi.

Naturalmente confuso, Seem non poté fare altro che eseguire l’ordine ricevuto, nel dirigersi verso la soglia appena richiusa per accogliere la nuova giunta. O, meglio, i nuovi giunti, dove anche la donna guerriero volle chiaramente cogliere il proprio scudiero in contropiede, ponendolo innanzi al volto, inatteso ed inattendibile, del giovane mercenario presentatosi come Geto.

« Sei ancora intero? » sorrise sorniona la mercenaria, osservando divertita l’espressione dipinta sul volto del proprio compagno di ventura « O Degan ha fatto veramente un ottimo lavoro, oppure Arasha non ha ancora deciso in che modo fartela pagare… » aggiunse subito dopo, nel voler sottolineare come il dubbio espresso nel merito del suo stato in salute non sarebbe dovuto essere attribuito alla missione assegnatagli nel pomeriggio quanto, piuttosto, al suo ritorno entro quelle mura.
« Mia signora… tu?! » esclamò egli, nel collegare, ora senza più incertezze di sorta, il comportamento della fanciulla ad un qualche diretto intervento da parte della donna, per quanto a lui completamente ignoto « Quando? Come… perché?! »
« Tutto a tempo debito… » scosse il capo lei, invitando con un cenno della mano Geto ad avanzare oltre l’ingresso « Dopo di te, mio caro. »

Troppo distratto dai propri pensieri per riservarsi tale opportunità, lo scudiero non si soffermò neppure per un istante a prendere in esame quanto il nuovo attore in quella scena stesse cercando di manifestare con il proprio volto. Ma anche se ciò fosse così stato, egli non avrebbe ottenuto maggiore evidenza nel merito di quanto stava accadendo: il mercenario, possibile assassino del maestro d’armi tranitha, infatti, si stava concedendo particolarmente diviso fra discreto fastidio, possibile curiosità, sicuro nervosismo e accennato astio, rendendo parallelamente difficile, improbabile, comprendere le ragioni a giustificazione della sua presenza fra loro in quel momento, sebbene apparentemente non prigioniero della mercenaria e pur, trasparentemente, tutt’altro che entusiasta di essere accanto a lei.

« Mia sign… » tentò di obiettare Seem, pur facendosi istintivamente da parte per offrire loro possibilità di passaggio.
« Ti prego, per l’ennesima volta: non costringermi a ripetere ogni frase che pronuncio. » sbuffò ella, inarcando il sopracciglio destro nel donargli l’azzurro coloro ghiaccio dei propri occhi « Ho già detto che tutto sarà spiegato a tempo debito. E, come dovresti anche ricordare, che ogni situazione sarà chiarita prima della mezzanotte. Ora, per bontà divina, limitiamoci ad onorare la tavola della nostra cortese ospite, come farebbero quattro buoni amici in una quieta serata in compagnia… »

Impegnarsi a comprendere autonomamente qualcosa di quanto stava accadendo sarebbe stato probabilmente lodevole e, in caso di successo, gratificante da parte dello scudiero, ma nell’essere onesto con se stesso egli preferì non offrire il pur minimo tentativo in quel senso. Disorientato oltre misura per l’assurda sequenza di eventi dei quali si era ritrovato ad essere involontario spettatore e i quali sembravano essersi messi d’accordo per proporsi collettivamente alla sua attenzione con la stessa irruenza di una carica di animali selvatici; scagliato senza alcun controllo alle strofe finali di una ballata della quale comprendeva di aver altresì perduto oltre metà contenuto, egli era, infatti e purtroppo, conscio di come qualsiasi suo tentativo di districare quell’enigmatico groviglio avrebbe solo rischiato di complicare ulteriormente una situazione già tutt’altro che banale. E, del resto, posto a tacere in conseguenza delle ultime parole della propria signora, a Seem non venne riservata alternativa all’infuori di accettare la sua volontà così espressa, rinnovando verso di lei, nella propria fiducia, il proprio tacito giuramento di fedeltà già più volte riconosciutole.

domenica 26 luglio 2009

562


Q
uando quella stessa sera Seem si ritrovò a condurre finalmente i propri passi in direzione dell’abitazione di Arasha, per non tardare all’appuntamento stabilito, ancora impossibile sarebbe stato per lui riuscire a non provare stupore per quanto occorso in quelle ultime ore, per essere riuscito a compiere l’incarico affidatogli dalla sua signora e, soprattutto, per essere sopravvissuto al medesimo.
Nel voler prendere in esame la questione sotto un punto di vista estremamente generico, privo di particolari riferimenti, il suo ultimo compito sarebbe potuto essere considerato quale assolutamente banale, privo di complicazioni o rischi, proponendosi effettivamente al pari di quello di un semplice corriere, nell’unico sforzo rappresentato dal dover recapitare un messaggio da un mittente ad un destinatario noto. Nel prestare, però, attenzione ai nomi dei personaggi coinvolti con tale missiva, la banalità supposta per tale mansione sarebbe inevitabilmente venuta meno: da un lato, in qualità di mittente, era stata ovviamente la sua stessa signora, mentre dall’altro, nel ruolo di destinatario, era risultato essere lord Bugeor in persona.

Avendo avuto la Figlia di Marr’Mahew, purtroppo, necessità di comunicare con il mecenate e, al contempo, dovendo assolvere ad alcune ricerche necessarie alla risoluzione dell’inchiesta, per concludere le quali tutta la buona volontà del giovane non sarebbe valsa purtroppo a nulla, la scelta della donna guerriero nei suoi confronti era stata praticamente obbligata. Per questo, all’ora di pranzo la mercenaria ed il suo scudiero avevano fatto ritorno alla locanda di Be’Sihl, dove, dopo non aver mancato di consumare un abbondante pasto, ella aveva potuto redigere il testo della lettera, nella tranquillità delle proprie camere.
E nell’assoluta ignoranza nei confronti del contenuto di quella lettera, nel merito del quale non aveva ritenuto corretto interrogare la propria signora e che, comunque, non avrebbe potuto comprendere neppure nell’ipotesi in cui avesse violato la sua fiducia insieme al sigillo che chiudeva il rotolo consegnatogli, nella sua incapacità a leggere e, tanto meno, a scrivere, il giovane si era infine ritrovato diretto verso la stessa torre affrontata nel pomeriggio precedente dalla medesima mercenaria, certo dei termini del proprio mandato e pur consapevole di come tutt’altro che semplice sarebbe stato esaudirli. Se anche una celebrità dello stampo di Midda Bontor avrebbe potuto infatti presentarsi al cospetto di uno dei signori della città del peccato anche in assenza di inviti o, semplicemente, preavvisi, venendo accolta nell’ovvio rispetto di una serie di parametri di sicurezza, una completa nullità quale egli indubbiamente era avrebbe corso già un serio rischio solo a pronunciare il nome del signore in questione, innanzi alle guardie all’ingresso del suo edificio.
Così, per la prima volta dalla morte del suo maestro, Seem si era, in quel pomeriggio, ritrovato a dover dar riprova del proprio valore, della propria forza, della propria combattività, dove in ogni occasione precedente, in ogni altra opportunità di esprimersi a tal riguardo, il fato o il suo stesso cavaliere erano puntualmente intervenuti ad evitargli tale onore, a negargli l’esigenza di una concreta azione. Giunto ai piedi della torre poligonale del mecenate, all’esterno della piccola ma efficace cinta muraria posta attorno alla medesima, a creare un doppio livello di ingresso, con due porte fra loro contrapposte, per accedere all’edificio, egli aveva, purtroppo ma forse inevitabilmente, dovuto ingaggiare uno scontro con le sentinelle preposte a quel ruolo di difesa, dove esse non gli avrebbero altrimenti riconosciuto alcun diritto nei confronti del loro signore, facendosi serenamente beffe di ogni suo presunto ruolo d’ambasciatore per la pur nota Midda Bontor, legittimamente, in fondo, dato che chiunque avrebbe potuto altrimenti farsi scudo di un simile nome se esso avesse aperto facilmente ogni via anche al volto più sconosciuto fra tutti.
Lo scontro, avvenuto nell’ovvia e naturale indifferenza della città attorno a loro, aveva visto pertanto forze impari schierarsi in quel campo di battaglia, proponendo, su un fronte, la figura assolutamente disarmata dello scudiero e, sull’altro, quello di una coppia di guardie, non eccessivamente più anziane rispetto a lui ma decisamente bardate sia da armi d’offesa, quali spade ed alabarde, sia da barriere di protezione, quali cotte di maglia ed elmi metallici. Spinto, in tal situazione, salla necessità di garantire la propria stessa sopravvivenza ancora prima che il compimento della propria missione, l’ultimo allievo di Degan aveva offerto riprova di esser stato realmente discepolo di tanto importante maestro d’arme, riuscendo non solo a schivare ogni attacco a lui rivolto ma, anche, a disarmare, prima, uno dei due avversari e ad immobilizzare, successivamente, l’altro. Simile posizione di vantaggio, conquistata con bravura tale da sorprendere non solo le due sentinelle ma anche lo stesso scudiero, naturalmente, non sarebbe potuta perdurare a lungo, dove immediatamente dei rinforzi subentrarono a protezione di quell’ingresso.
Sua intenzione, però, non era stata in quel momento quella di dichiarare guerra all’intera torre, quanto piuttosto di riservarsi il diritto di poter essere ammesso alla stessa. Così, nel voler offrire trasparenza della propria buona volontà, e nel seguire alla perfezione i consigli che la sua signora gli aveva donato a tal riguardo ampiamente prevedendo quanto poi effettivamente accaduto, egli si era arreso, gettando le armi conquistate a terra e ribadendo, semplicemente, la propria volontà, la propria necessità.
L’attesa, da quel momento, era stata lunga, ma alla fine la ricompensa non era mancata, nel suo esser ammesso allo sperato cospetto di lord Bugeor.

« Non mi era giunta alcuna voce nel merito che Midda Bontor avesse accolto uno scudiero al proprio fianco… » aveva esordito il signore, non concedendo verso l’ospite apparentemente alcuna attenzione, per quanto indubbiamente il suo sguardo dovesse aver già ampiamente preso in esame la fisionomia di quel giovane sconosciuto « … ed anche ella stessa, ieri, non mi ha offerto alcuna informazione a tal riguardo, quando l’ho accolta in questa stessa stanza. »
« Mi risulta, al contrario, che la mia signora abbia fatto il mio nome al tuo cospetto, lord Bugeor. » rispose Seem, cercando di apparire fermo nella voce e nel considerare il proprio interlocutore quale un semplice uomo e nulla di più « E che la stanza non fosse questa. » aggiunse, nel non riconoscere alcuno dei mobili lì presenti quali descritti dalla mercenaria in riferimento all’ambiente in cui era stata accolta.
« Ha forse ella previsto quanto effettivamente ho poi detto? » domandò l’uomo, offrendo un sorriso divertito innanzi a quelle risposte.
« La mia signora ha ipotizzato almeno dieci diversi scenari attraverso i quali avresti potuto voler cercare riprova nel merito della mia identità. » annuì lo scudiero, trovando forza psicologica nella reazione del proprio interlocutore e nella certezza delle informazioni fornitegli insieme a quell’incarico « Le tue affermazioni ricadevano, in particolare, nella prima e nella quarta formulazione. »
« Affascinante… » commentò lord Bugeor, non potendo negare un sincero apprezzamento nei confronti di quella donna, al contempo cruccio e delizia per lui.

Il dialogo, fra i due, non era proseguito a lungo una volta accertata la reale identità del giovane, dove troppo impegnato in numerose questioni il mecenate non avrebbe potuto fornire a quel corriere più attenzione di quanto già non gliene avesse già riconosciuta. Dal canto suo, Seem non avrebbe avuto ragioni per permanere all’interno di quell’edificio un solo istante in più dopo il termine del proprio incarico e, per questo, fu più che lieto di poterne fuoriuscire, non senza essere costretto a ripercorrere in discesa la lunga sequenza di controlli che già avevano intervallato la sua risalita lungo quella torre.

Terminato con successo il proprio incarico, ed orgoglioso per questo e per il tributo che con il proprio successo aveva saputo rendere non solo alla propria signora ma anche al ricordo del proprio defunto maestro, nell’applicazione corretta dei suoi insegnamenti, nell’impiego delle sue tecniche, lo scudiero poté giungere per tempo alla meta prefissata per quella serata, non avendo alcun desiderio di ritardare e, in questo, rischiare di perdere il pur minimo sviluppo attorno alla questione. Dove, infatti, Midda Bontor aveva dichiarato la sua intenzione di giungere alla risoluzione di quell’inchiesta entro il termine di quella giornata, entro la mezzanotte, pura ed irrefrenabile impazienza non avrebbero potuto evitare di agitare la sua mente, il suo cuore, il suo animo ed anche il suo corpo in quel momento, nella frenesia di poter, tanto inaspettatamente nell’effettiva rapidità concessa dalla donna guerriero nella scoperta sull’identità del colpevole, chiunque egli o ella si sarebbe potuto rivelare essere.

sabato 25 luglio 2009

561


« D
omando scusa per una curiosità che, probabilmente, non mi dovrebbe competere e per l’insistenza che così dimostrerò su un argomento del quale, a quanto state dicendo, preferireste non tornare a parlare… ma mi avete sinceramente incuriosita nel merito della questione. » intervenne Midda, lasciando implicita la propria reale richiesta, la domanda di un ulteriore approfondimento nel merito delle ragioni del rifiuto della giovane, dove inequivocabile in quel particolare contesto, a seguito di quel loro breve confronto.
« Nulla di particolare, credimi. » la rassicurò la ragazza, scuotendo appena il capo « Come già accennavo, inizio a credere che non vi sia più posto per me entro queste mura e che cercare di insistere ulteriormente in tal senso potrebbe portare solo a spiacevoli complicazioni. »
« E’ una questione di orgoglio… » suggerì Seem, storcendo le labbra.
« Sì, lo è, e non mi pare che vi sia nulla di sbagliato nel non voler essere in debito con qualcuno. » definì ella, rivolgendosi nella direzione del proprio compagno « Non ho nulla in contrario verso Be’Sihl o la sua locanda, ma non desidero correre il rischio di essere lì assunta solo per compassione. Inoltre sarei una pessima cameriera… lo so già… quindi il discorso si ritrova ad essere fine a se stesso. »

Soddisfatta dell’argomentazione proposta dalla loro anfitrione, da quella decisa volontà di indipendenza psicologica ancor più che fisica da parte sua, la Figlia di Marr’Mahew non volle occupare ulteriormente ed ingiustamente il tempo della medesima, ringraziandola ampiamente per la disponibilità loro riconosciuta. Prima di poter uscire dalle mura di quella casa, però, non poté rifiutare di accogliere un invito a cena, indirizzato a sé e al proprio scudiero, formulato dalla stessa Arasha, apparentemente mossa in ciò da una sincera volontà di ampliare la loro reciproca conoscenza: per quanto la mercenaria non si sarebbe potuta considerare prossima ad un certo genere di occasioni, preferendo consumare i propri pasti in contesti decisamente più pubblici, ella volle dar retta ad un moto istintivo, ad un’irrazionale sensazione in tal senso, accettando e confidando che il destino avrebbe voluto, in simile occasione, concederle qualche inattesa rivelazione.
Dal momento dei loro saluti alla giovane serva trascorse quasi un quarto d’ora prima che il compagno di ventura della mercenaria per quell’inchiesta tornasse a proporre la propria voce, bramoso di riuscire a comprendere cosa la propria signora potesse aver dedotto da quell’ultima conversazione, dal lungo intrattenimento entro quell’abitazione.

« Mia signora? » la richiamò con tono discreto, nel cuore della folla in cui erano ormai tornati ad immergersi « Quali sono le tue intenzioni, ora? Entro quali vie desideri condurre i tuoi passi? »
« Desideri forse essere informato nel merito delle mie considerazioni sul corso dell’indagine? » chiese, offrendogli un sorriso quasi divertito « Forse anche al fine di comprendere se dover odiare o poter amare quella ragazza? »
« Mia signora! » esclamò allora, indispettito dalla malizia da lei tanto superficialmente espressa in quel modo, con quelle parole, pur comunque vere e oggettivamente descrittive nel merito del suo personale stato d’animo.
« Se non fosse accaduto questo maledetto assassinio, non potrei fare altro che augurare a te ed a lei un futuro felice, meglio ancora se lontani da questa provincia, o da questo intero regno, e se circondati da tanti bambini… » ridacchiò, non sottraendosi al gioco nei suoi riguardi, paradossalmente incitata in ciò dalla stessa reazione avversa concessale « Purtroppo, però, dove entrambi potreste essere coinvolti, entrambi potreste essere colpevoli in questa tragedia, l’unico auspicio che posso riservarmi è quello che la soluzione del caso non veda il vostro futuro venir posto in dubbio, dover essere concluso prematuramente. »
Seem tacque a quelle parole, dove in esse stava venendogli ricordato come anche lui, in verità, non sarebbe potuto, almeno agli occhi del proprio cavaliere, essere ancora considerato innocente, ancor privo di un solido movente e pur in possesso di una chiara occasione per condurre a termine una follia omicida quale quella che aveva animato quell’infausta notte invernale.
« Spero che non ti fossi scordato di ricadere ancora all’interno della schiera degli indiziati. » commentò la donna guerriero, ora tornando a dimostrare la propria classica freddezza, il proprio normale distacco « Fino a quando non avrò fra le mani il, la o i colpevoli di quanto accaduto, ogni possibile strada dovrà essere vagliata. E dove fossi stato proprio tu l’artefice della morte del tuo stesso maestro, ogni testimonianza da te fornita, quale anche quella di ieri nel merito di un presunto complotto fra Geto e Arasha, dovrà essere accolta con doverose precauzioni. »
« Se non puoi riporre in me alcuna fiducia, perché mi permetti di accompagnarti? E perché mi riservi anche incarichi in completa solitudine? » domandò lo scudiero, in parte ferito dalle parole appena ascoltate, per quanto purtroppo consapevole della loro correttezza, almeno dal punto di vista della mercenaria.
« Impossibile a dirsi. » tornò a sorridere lei, alzando ed abbassando le spalle in un gesto di minimizzazione nei confronti della questione « Forse, preferisco partire dal presupposto che tu sia innocente, per non essere costretta a privarmi di un collaboratore utile e proseguire effettivamente da sola ogni indagine. O, forse, sto considerando seriamente la tua colpevolezza, e in questo trovo molto meglio mantenerti vicino a me in attesa di un tuo passo falso, di un tuo errore, tale da porti con le spalle al muro e negarti ogni possibilità di scampo. »

Se qualcuno fra i pur numerosi presenti in quel momento, attorno a loro, avesse offerto la minima attenzione a quelle parole, non avrebbe avuto alcuna speranza di comprendere entro quali limiti la donna si stesse concedendo sincera ed entro quali, al contrario stesse mentendo.
All’attenzione del suo scudiero, però, entrambe quelle ipotesi, così come molte altre evidentemente non espresse, si concessero sufficientemente esplicite e valide: del resto colei con cui stava avendo a che fare non si sarebbe mai potuta considerare una stupida e, in ciò, dare per scontato che ella avesse già abbracciato una singola opzione, una sola verità, per quanto assolutamente indiziaria, sarebbe stato estremamente ingenuo.
Quanto, però, né lui né qualsiasi altro ipotetico spettatore, sufficientemente illuminato nel riguardo degli eventi di quegli ultimi due giorni, si sarebbe potuto attendere a quel punto, sarebbe stata l’affermazione che ella propose con tanta leggerezza…

« Comunque ti consiglio di non preoccuparti eccessivamente, scudiero. » riprese ella « Prima della mezzanotte di oggi, ogni dubbio sarà chiarito, ogni mistero sarà svelato, e l’assassino di Degan sarà finalmente ricompensato con la giusta condanna per il proprio crimine. »
« Cosa?! » quasi grido egli, colto ovviamente di sorpresa da tali parole.
« Non credo di essermi espressa in termini particolarmente complessi. » negò con assoluta tranquillità « Hai compreso perfettamente, pertanto. »
« Quindi hai compreso chi ha ucciso il nostro maestro? » insistette lo scudiero, allungando il proprio passo nella volontà di raggiungerne il fianco, impossibilitato però a tal fine dalla folla e dalla velocità con la quale la sua signora si stava muovendo attraverso la stessa « Quando, come?! »
« Ripeto: non ritengo di aver adoperato vocaboli tanto ambigui da generare incomprensioni di sorta. » commentò la donna, voltandosi appena nella sua direzione pur senza frenare il proprio cammino « Non ho affermato di conoscere il nome di quest’uomo, o donna, ora. Ho detto che lo saprò formulare questa sera, entro mezzanotte. »
« Ma… »
« Ti prego… abbi fiducia in me, per quanto comprensibilmente io non ne possa avere in te. » lo interruppe, prima che in tanta volontà di chiarezza egli potesse impedirle di raggiungere una qualche conclusione utile, quale quella prefissa « O, più semplicemente, non porti alcuna domanda ma mantieni fede agli impegni presi quale mio scudiero, compiendo precisamente quanto ti dirò di fare e rimandando a tempo debito ogni umano dubbio. »

venerdì 24 luglio 2009

560


« S
ì. No. Cioè... sì, ma sono nata e cresciuta entro queste mura. » rispose Arasha, apparendo incerta fra l’esigenza di estendere maggiormente la risposta a quella domanda per non incentivare ulteriori interrogazioni a simile proposito da parte della propria interlocutrice e, invece, la volontà di deviare l’argomento su diverse questioni « Si dice che anche tu lo sia. Tranitha, intendo. » definì poi, con una nota di trasparente malizia verso di lei « Sebbene nel merito delle tue origini non vi siano molte certezze. »

Una mossa indubbiamente abile quella che volle così proporre alla controparte dove i particolari sulla giovinezza di un nome famoso come quello di Midda Bontor non si concedevano di pubblico dominio al pari del resto della sua vita quotidiana, altresì soggetto prediletto di numerose ballate, canti proposti da bardi in tranquille serate di pace, immersi nella folla attorno ad un caldo fuoco. La ragazza doveva aver quindi agito con sicurezza nel definire tale condizione, nel chiarire di non essere disposta ad offrire gratuite rivelazioni sulle proprie origini in assenza di una corrispondente volontà da parte della donna guerriero, assolutamente consapevole di come improbabilmente l’altra le avrebbe concesso soddisfazione nel voler probabilmente mantenere simili informazioni quali riservate a pochi, rari amici in virtù di questioni proprie.
Incassando il colpo subito in quel confronto, la Figlia di Marr’Mahew offrì pertanto alla propria anfitrione un ampio sorriso, sinceramente divertito e positivamente impressionato dalla quieta irriverenza presente in lei: per quanto fosse sicuramente abituata a vincere, la donna si poneva indubbiamente anche capace di perdere, e di farlo mantenendo inalterata la propria dignità, il proprio contegno, come stava facendo anche in quel caso. Addirittura, un chiaro rammarico, un serio dispiacere sarebbe stato innegabile nel caso in cui le indagini in atto avessero portato alla conferma di un ruolo collaborativo nella dinamica del delitto da parte di quella giovane: quest’ultima, infatti, ai suoi occhi si stava ponendo ormai quale simpatica, benvenuta, nonché una compagna perfetta, ideale, per il proprio scudiero, per aiutarlo a superare i propri limiti, le proprie insicurezze, la propria evidente mancanza di fiducia in sé e nelle capacità che ancora non desiderava riconoscere e che pur gli erano propri. Nonostante tale suo sentimento, non esplicitamente dichiarato e pur quasi trasparente, là dove la vendetta avesse preteso da quella ragazza un prezzo di sangue, a tempo debito la mercenaria non si sarebbe tratta indietro, non avrebbe esitato a compiere quanto sarebbe stato corretto, nella volontà di portare a compimento l’opera in cui aveva votato il proprio impegno.
Consapevole di ciò, dell’eventualità che, al di là di ogni possibile preferenza, Arasha avrebbe potuto doversi proporre quale propria nemica, la mercenaria non le volle ugualmente riservare alcun trattamento di favore, mantenendo perfettamente separate emozioni e raziocinio e, in ciò, non risparmiandole alcuna curiosità, alcuna domanda, pur agendo sempre con delicatezza tale da non lasciare risultare evidente l’interrogatorio da lei condotto, l’inchiesta da lei voluta.

Che fossero state spronate dal mistero della morte di Degan, dagli eventi occorsi a Geto nel giorno precedente, o semplicemente da un naturale ed istintivo sentimento di competizione femminile, forse addirittura una gelosia, da parte della fanciulla, conseguente all’indecisione dimostrata da Seem nel merito della posizione da occupare all’interno di quella stanza, giunte a quel punto sarebbe stato evidentemente poco importante. Impossibile, infatti, sarebbe stato definire entro quale limite la giovane avesse avuto modo di comprendere la reale intenzione della propria ospite, ma quanto che ne risultò, il dialogo che ne seguì, protraendosi per quasi un’intera ora, vide comunque le due figure femminili indubbiamente impegnate in uno strenuo confronto psicologico, entrambe volte all’inseguimento di un proprio non rivelato scopo ed entrambe bramose di dimostrare la propria posizione di forza sull’interlocutrice.
Seem, vittima di se stesso, dell’incertezza, del timore al quale aveva concesso di negargli la possibilità di prendere posto accanto ad Arasha, là dove sarebbe dovuto andare effettivamente a sedersi anche innanzi all’opinione della sua signora, per lui comunque intuibile, si ritrovò così costretto a restare in piedi per tutta la durata di quella chiacchierata, non diversamente da come, in circostanze comunque estremamente diverse, si era ritrovato a dover permanere anche il giorno prima, durante l’altro interrogatorio che il suo cavaliere aveva condotto in toni estremamente diversi, per quanto pur con medesima decisione.
Nel contraddire ogni aspettativa da parte del ragazzo, nonché il suo inevitabile ed opprimente desiderio di chiarezza, di comprensione sulla reale natura di colei della quale si era quasi, o forse completamente, infatuato, non una parola di accusa fu offerta dalla donna guerriero nei confronti della propria anfitrione, non un singolo riferimento a Geto ed a quanto ascoltato segretamente dallo scudiero trovò spazio nel corso di quel colloquio, vedendo ogni questione, ogni curiosità, ogni domanda limitarsi unicamente al contesto diretto ed esplicito dei giorni antecedenti allo sciagurato assassinio del maestro d’arme. Ma a tal riguardo, inevitabilmente, ben poco fu concesso dalla giovane, là dove chiaramente non presente la notte dell’omicidio, del presunto suicidio, dove impegnata con il proprio compagno, come già da lui confermato, in un doppio alibi che, salvo voler presumere un complotto ordito da quella stessa coppia, non avrebbe potuto collocarli sulla scena del crimine in una linea temporale utile.

« Thyres… » esclamò alfine Midda, gettando uno sguardo al cielo esterno e ritrovando, in ciò, il sole prossimo al proprio zenit « Credo che abbiamo approfittato eccessivamente della tua pazienza. Mi dispiace, ma la conversazione si è proposta tanto piacevole da avermi fatto perdere di vista lo scorrere del tempo. »
« Oh… ma non temere. » scosse il capo la serva, sorridendo apertamente e, forse, sinceramente « Lo stesso vale per me e non avevo particolari impegni a cui prestare ascolto. Purtroppo lo spazio vuoto lasciato da Degan nella mia vita, anche solo in termini professionali, non ha ancora trovato un adeguata alternativa, un nuovo signore pur interessato alle mie offerte. »
« Purtroppo Kriarya non si pone come la migliore fra le città possibili per offrire spazio ad una ragazza come te… » commentò la donna, storcendo le labbra priva di ironia in quella constatazione « Per quanto non abbia alcuna esperienza diretta come serva entro queste mura, già semplicemente quale mercenaria non è stato semplice, soprattutto nei primi tempi, far comprendere come la prostituzione non si ponesse fra le mie prerogative. »
« Confido di poter trovare entro la fine di questa stagione qualcosa di meglio rispetto agli attuali compiti rimastimi, o sarò costretta a spingermi a cercare altrove una speranza di vita. » annuì Arasha, con un trasparente sentimento di triste rassegnazione « Non ho nulla contro determinate attività, ma non ritengo esse si pongano quali compatibili con il mio interesse personale, con il mio animo. »
« Hai tutta la mia solidarietà. » ammise la donna guerriero, comprendendo perfettamente quel ragionamento, quella linea di pensiero anche propria.

Fu allora che, dopo uno sterminato periodo di silenzio tale da aver quasi fatto dimenticare la propria stessa presenza, tale da aver lasciato insinuare il dubbio nelle menti delle altre due figure lì presenti sul suo effettivo stato di veglia, di coscienza, lo scudiero recuperò improvvisamente parola, dimostrandosi nel proprio intervento quale chiaramente spinto da un sentimento non ancora completamente posto a tacere nei confronti della giovane e, forse, addirittura riconsiderato nelle condanne prima reputate quali assolute, in conseguenza di quanto assistito nel corso di quel lungo dialogo, di un clima assolutamente, se pur forse falsamente, cordiale fra le due protagoniste.

« L’ho supplicata già innumerevoli volte di andare a ricercare nuove opportunità presso Be’Sihl, il quale sono certo non avrebbe nulla in contrario ad accoglierla, quale propria cameriera, inserviente… » esclamò con fervore quasi improprio dopo tanta laconicità « Ma non mi vuole offrir alcuna attenzione. Ti prego, dille qualcosa anche tu, mia signora. Confermale che non vi sarebbero problemi in una simile ipotesi. »
« Seem… tesoro. » sorrise Arasha, positivamente colpita da quella sua inattesa esplosione, dopotutto segno evidente di un interesse acceso per lei da parte del medesimo « Conosci già le ragioni per cui non potrei accettare una simile e pur generosa occasione. Ne abbiamo parlato fino alla noia… »

giovedì 23 luglio 2009

559


« N
on desidero nasconderti, però, come a spingermi fino alla tua soglia non sia stata solo la curiosità di incontrarti… » proseguì ella, con egual tono, nel giocare, ancora una volta, con diverse sfumature della medesima realtà, allo scopo di piegare la verità dei fatti ad interpretazioni assimilabili a quelle concrete per quanto da esse oggettivamente distanti « Tornata in città solo due giorni or sono al termine di una lunga missione in terra y’shalfica, ieri mattina sono stata informata da Seem della morte di Degan e, nel confronto con una sì spiacevole novella, non ho potuto evitare di esserne coinvolta personalmente. » definì immediatamente, sfoderando nel contempo, con un gesto lento, del tutto privo di aggressività, la propria spada al solo scopo di essere libera di prendere posto su una delle sedie.
« Temo di non comprendere. » commentò la padrona di casa, dirigendosi verso il divanetto, nel dare, evidentemente, per scontato che il proprio compagno non avrebbe mancato di prendere posto accanto a sé « O, meglio, credo di aver inteso cosa tu voglia dire e, proprio in ciò, non riesco a non rifuggire un sentimento di irrequietezza per quanto tale considerazione potrebbe comportare se solo fosse confermata, se solo si dimostrasse minimamente fondata. »

A quelle parole, la donna guerriero non si negò una certa soddisfazione per quanto l’ipotetica compagna del suo scudiero aveva appena voluto dimostrare con quell’affermazione. Sia, infatti, che la propria interlocutrice stesse volutamente mentendo, nel giostrare a propria volta con loro dopo averne intuito le reali intenzioni, sia ella stesse altresì donandosi sincera, nel non aver ancora colto il potenziale pericolo per lei rappresentato dalla loro presenza al suo cospetto, chiaramente ella aveva deciso di dimostrarsi tutt’altro che priva di intelletto e, al contempo, non aveva voluto porre in dubbio le sue stesse capacità mentali. Diversamente da quanto avrebbero potuto fare altri, in quella particolare situazione, soprattutto nel non essere confidenti con lei, nel non aver mai avuto occasioni di un rapporto diretto antecedente a quel momento, Arasha non aveva comunque mancato di riconoscerle la propria effettiva emancipazione, nella possibilità di un pensiero autonomo, proprie idee anche apertamente in contrasto con quanto comunemente noto, risaputo, dato per certo, quali le informazioni nel merito del presunto suicidio di Degan.

« Corretta interpretazione. » le confermò pertanto, annuendo appena « Non è mia intenzione, infatti, accettare quanto il resto della cittadinanza ha voluto considerare trasparente, privo di ogni possibilità di dubbio: reputo impensabile la sola idea che il mio caro, vecchio amico si possa essere spinto fino al punto di voler negare in coscienza la propria vita con un atto quale quello del quale lo reputano colpevole… »
« Se mi posso permettere, per quanto poco possa dire di conoscerti, già solo nel confronto con la tua leggendaria fama avrei ritenuto assurda l’idea di una tua tranquilla rassegnazione in conseguenza di una simile tragedia. » ribadì la giovane, confermando nuovamente l’analisi compiuta dalla mercenaria a suo riguardo, per quanto non offrendo ancora possibilità di comprensione sull’animo con cui ora si stesse offrendo in quel confronto, potenziale amica o infida avversaria.
« Ti ringrazio per questo. » sorrise l’altra, disponendosi sufficientemente rilassata sulla propria sedia, lasciando le proprie dita metalliche giocherellare sull’elsa della spada, là dove intarsiata a mostrare un mare in tempesta « Spero che comprenderai, quindi, la mia necessità di porti alcune domande, a voler meglio definire i contorni di quell’infausta giornata… o, meglio, serata. »
« Assolutamente. » acconsentì Arasha, dimostrando la stessa positiva enfasi con la quale li aveva accolti nella propria abitazione.

Prima di proseguire oltre, per quanto si sarebbe potuta considerare sinceramente interessata ad approfondire meglio l’analisi di quell’originale figura, apparentemente ben lontana da ogni possibile retorica propria di un ruolo servile quale sarebbe dovuto esserle propria, Midda si ritrovò costretta a volgere lo sguardo in direzione del proprio scudiero, per osservarlo incuriosita in conseguenza di una sua chiara difficoltà a decidere dove prendere posizione.
Seem, infatti, si stava mostrando diviso fra un’evidente volontà di sedere accanto alla propria signora, occupando l’altra sedia rimasta libera, e l’ipotetico dovere di porsi al fianco di colei che avrebbe dovuto ancora considerare quale propria compagna, andando a posizionarsi sul divano, per non correre il rischio di svelare anticipatamente la vera natura della loro visita a quella dimora, nella necessità di non lasciar trasparire alcuna emozione impropria almeno fino a quando non fossero arrivati a parlar apertamente dei fatti del giorno precedente, se mai ciò fosse effettivamente accaduto nell’arco di quella visita, di quel dialogo, di quel confronto.
Ovviamente, anche l’altra figura femminile lì presente, ragione di imbarazzo per il ragazzo, non poté evitare di cogliere quell’incertezza nel proprio compagno, nel suo sguardo chiaramente vittima di un profondo dubbio. Ella, però, ebbe occasione di interpretare tale sentimento quale conseguente alla contrapposizione dei suoi doveri professionali, rappresentati dal suo cavaliere, ed i propri desideri umani, incarnati nella propria amante, entrambe poste estremamente vicine l’una all’altra e, pur, quasi apparendo agli antipodi all’interno della stessa stanza.

« Seem… siedi, per la compassione di Tarth. » sorrise con tenera dolcezza verso di lui.

A sottolineare l’invito così espresso, l’esortazione propostagli, ella mosse la propria mano mancina a battere delicatamente e ripetutamente nello spazio accanto a sé, nell’indicare al ragazzo la scelta che, in maniera più naturale, avrebbe dovuto del resto compiere. In conseguenza di quanto la donna guerriero aveva lasciato intendere che egli le avesse riferito, in fondo, anche la presenza della stessa mercenaria innanzi a loro non lo avrebbe dovuto lasciare inibito, non gli avrebbe dovuto permettere di considerare quale impropria quella decisione, nella trasparenza del rapporto pur esistente, dell’affetto pur dichiarato.
Ma il ragazzo, realmente impossibilitato a sciogliere quel proprio blocco, si limitò a scuotere appena il capo, nel voler sottintendere come sarebbe dovuta essere considerata sua volontà quella di restare in piedi, venendo considerato come estraneo a quel contesto nel non essere stato, del resto, coinvolto in maniera attiva all’interno del dialogo, almeno fino a quel momento.

« Tarth?! » ripeté la mercenaria, nel cogliere e riconoscere l’invocazione verso il dio, e nel porre, quale conseguenza della medesima, in secondo piano ogni altra questione, compresa la pessima uscita del proprio scudiero « Una scelta particolare quella da te compiuta in questa esclamazione… celi, forse, del sangue tranitha nelle tue vene? »

Per quanto, infatti, Tarth sarebbe ormai potuto essere reputato quale appartenente a pieno titolo anche al pantheon kofreyota, l’origine della divinità del mare indicata da tale nome avrebbe dovuto essere ricercata all’interno della cultura propria del vicino regno di Tranith, che in quell’epoca risultava costituito da due ampie penisole e da una ancor maggiore estensione insulare, apparendo così, per propria stessa natura, votato all’immensità azzurra delle acque oceaniche. La diffusione e, successivamente, l’adozione ufficiale di quel culto anche in quei territori continentali, meno confidenti con simile realtà per quanto pur esposti su due ampli fronti, occidentale e meridionale, alla medesima, sarebbe dovuta essere ricollegata, infatti, alla perdita da parte della sovranità tranitha del territorio della provincia di Lysiath. Tale area era stata ceduta tempo addietro in maniera del tutto volontaria al controllo di Kofreya, quale pegno perla sottoscrizione di un trattato di pace valido, testualmente, almeno fino a quando nella palude di Grykoo non fossero tornati a germogliare i fiori e i pesci non avessero ripreso a nuotare in acque trasparenti: una promessa, quella così formulata, sicuramente pagata a caro prezzo da Tranith, ma, almeno idealmente, imperitura, eterna, dove all’interno dei confini di quella che in un’epoca remota era conosciuta come una ridente laguna, ormai alcuna speranza di vita sarebbe potuta essere offerta, nella dominazione lì imperante di oscure forze negromantiche contro le quali solo il nome della leggendaria Midda Bontor era riuscito a riservarsi possibilità di successo.

mercoledì 22 luglio 2009

558


« S
eem! » esclamò la giovane, nel riconoscere immediatamente colui che, fino a quel momento, non aveva ancora ragioni per non considerare più quale il proprio compagno, il proprio amante, per quanto il loro rapporto non fosse mai stato ufficializzato in qualche modo « E… Midda Bontor in persona! » aggiunse poi, nell’offrir riprova di non ignorare l’identità della sua accompagnatrice, del resto facilmente distinguibile anche all’interno di una numerosa folla per le molteplici caratteristiche pressoché uniche che la segnavano « A cosa debbo questo piacere? Se, non, addirittura onore… »

Alterare la realtà, lasciar credere che tutto sia ordinario, quotidiano, che nulla di quanto accaduto nel giorno precedente sia mai stato ravvisato, al fine di poter agire con malizia ancor prima che con forza dove, probabilmente, nel secondo caso pochi sarebbero stati i risultati che avrebbero potuto ottenere: tali erano gli ordini che lo scudiero aveva ricevuto dal proprio cavaliere, estremamente semplici per quanto di tutt’altro che banale attuazione. Anche dove egli fosse stato solido, certo nel proprio sentimento d’ira nel confronto della fanciulla, lo stesso che il giorno prima ne aveva infiammato rapidamente l’animo negandogli persino la possibilità di restare ad ascoltare per ulteriore tempo il dialogo fra lei e Geto, riuscire infatti a mentire tanto spudoratamente da far finta di nulla sarebbe stato a dir poco complicato, nel dover non solo rinnegare le proprie emozioni ma, addirittura, simularne di completamente opposte. A peggiorare simile scenario, in quel momento, si impose poi un ulteriore imprevisto, la difficoltà rappresentata da un incontrollabile, irrazionale cambiamento nelle sue emozioni: nel confronto diretto con quel volto, con quell’immagine innegabilmente a lui cara, egli non stava più riuscendo a formulare la stessa condanna precedentemente sentenziata, ritrovando, in ciò, nel proprio animo e nel proprio cuore una confusione tale da portarlo sull’orlo dell’isterismo.

« Arasha… » sorrise, lasciando trasparire chiaro imbarazzo per sentimenti fra loro estremamente contrastanti, nel rapporto con i quali stava inevitabilmente avendo la peggio.
Midda, nel cogliere tale segnale, comprese di aver evidentemente richiesto una prova eccessiva al proprio compagno, decidendo pertanto di intervenire al fine di contenere possibili danni ancor prima che essi avessero modo di insorgere: « L’onore è mio. » sorrise verso la fanciulla, chinando appena il capo in cenno di saluto, senza però offrirle alcun braccio a sottolineare una qualche fiducia verso di lei, comportamento troppo espansivo che, anche dove non avesse avuto ragioni di dubbio nei suoi confronti, non avrebbe avuto comunque ragione di essere « Il mio scudiero mi ha parlato con così tanto trasporto di te da rendermi impossibile non volerti incontrare… »

Una frase volutamente ambigua quella pronunciata dalla donna guerriero, laddove, nell’essere accompagnata da un aperto sorriso, si volle concedere quale uno fra i migliori complimenti che mai avrebbe potuto rivolgerle, valendo, al contempo, anche in senso completamente opposto, nel rispetto del particolare contesto definito dalle accuse di Seem, della totale incognita rappresentata ai suoi occhi da quella fanciulla. Scopo della mercenaria, del resto, non si poneva in quel momento quale quello di arrivare a condannare una ragazza qualunque quale quella sarebbe potuta apparire ai suoi occhi, forte, unicamente, di un vano sospetto derivante dalla sua connessione con Geto, contro cui, invero, non avevano avuto occasione di raccogliere alcun reale indizio, alcuna concreta prova per definirne il coinvolgimento nell’omicidio di Degan: ella, al contrario, era piuttosto interessata cercare di comprendere il carattere di quella particolare presenza ed, in ciò, di arrivare ad una valutazione personale a suo riguardo, nel non ignorare come quella giovane non si sarebbe certamente potuta guadagnare la fiducia del maestro d’arme in maniera del tutto gratuita.

« Oh… » commentò ella, colta evidentemente di sorpresa da simile affermazione e non avvampando in volto probabilmente solo in virtù della propria carnagione scura « Io… Seem, cosa sei andato a raccontare?! » chiese poi, in tono scherzosamente stizzito verso l’altro, cercando in ciò di minimizzare le parole di un’ospite tanto celebre.
« Solo la verità. » rispose lo scudiero così interrogato, nel seguire con discreta abilità e prontezza l’esempio proposto dalla propria signora, nel non forzare alcuna menzogna ma, semplicemente, i toni di una risposta assolutamente sincera quale quella si stava effettivamente ponendo.
« Possiamo accomodarci? » propose quindi la mercenaria, nel voler sottolineare con retorica come si stessero concedendo ancora in piedi sulla soglia d’ingresso dell’abitazione.
« Assolutamente… prego, entrate e fate come se foste a casa vostra… non che per Seem non sia così. » invitò Arasha, annuendo e arretrando, per concedere reciprocamente alla coppia di avanzare.

Nel merito della vita, della quotidianità, della professione di quella ragazza, l’unica informazione concessa alla Figlia di Marr’Mahew fino a quel momento era stata quella nel merito di un suo ruolo di serva, impegnata fra l’altro alle dipendenze del tranitha prima della sua uccisione.
In effetti il giovane scudiero non si era dimostrato capace di offrire la concreta e naturale abbondanza di particolari che ci si sarebbe potuti attendere in conseguenza del rapporto che lo aveva visto, o che ancora lo avrebbe dovuto considerare, a lei legato, dove evidentemente alla sua attenzione non era mai risultato effettivamente importante in che modo ella si sarebbe potuta impegnare all’interno della città del peccato per garantire la propria sopravvivenza, quanto semplicemente e, forse, egoisticamente il sentimento da sé vissuto e da lei ampiamente ricambiato. L’alloggio che, però, si offrì allo sguardo della donna guerriero, una volta superata la soglia, volle porre in estremo dubbio ogni considerazione a tal riguardo, dove esplicito di un agio improbabilmente associabile ad una comune serva e trasparente, al contrario, di una signora, ponendo ulteriore conferma all’impressione di improprio benessere che la mercenaria aveva associato alla presenza dell’elaborato scialle di pizzo attorno alle sue spalle, dettaglio nel merito del quale si era pur inizialmente riservata il diritto di non esprimere ancora giudizi di sorta.

« Splendida abitazione. » volle riconoscere, con tono ancor cortese ed educato verso di lei « E, se non sono troppo indiscreta… è un’eredità di famiglia? »
« In un certo senso. » sorrise l’altra, non offrendo alcuna dimostrazione di sospetto nei loro confronti, dove in verità non avrebbe potuto riservarne « E’ stato un dono di mio padre a mia madre ed, ormai, una delle poche memorie materiali che mi resta di entrambi. Ti ringrazio per l’apprezzamento… »
« Non farlo. » negò Midda, scuotendo appena il capo « Non è necessario, dove la nota era assolutamente meritata. »

Guidandoli attraverso l’intera estensione dell’edificio, non eccessiva e pur non discreta, la padrona di casa accompagnò i propri ospiti nella stessa stanza in cui, il giorno precedente, Seem l’aveva colta a complottare insieme a Geto.
Posizionata in un angolo quieto e sufficientemente protetto, ipoteticamente il più lontano possibile da sguardi ed orecchie indiscrete per quanto lo scudiero avesse dimostrato come tale condizione sarebbe potuta facilmente essere violata, quella stanza probabilmente era stata originariamente concepita quale camera da letto e, solo successivamente, riadattata alla funzione di modesto soggiorno. Pochi ma eleganti mobili in raffinato e lucido legno, pertanto, ornavano le pareti, mentre un divanetto e due sedie si ponevano a circondare un basso tavolino nel centro dello spazio li concesso, creando un ambiente perfetto per concedere all’anfitrione di intrattenersi con i propri ospiti anche in occasioni non conviviali.

« Prego… sedetevi pure dove più preferite. » suggerì Arasha, nell’indicare quanto innanzi a loro « Mi spiace non aver nulla in casa da offrirvi, ma… »
« Non averne cruccio, davvero. » minimizzò la mercenaria, sorridendo apparentemente serena « Del resto la nostra incursione si è proposta quale assolutamente estemporanea, non concedendoti il minimo preavviso ed, anzi, irrompendo senza permesso nella tua giornata. »

martedì 21 luglio 2009

557


C
ome aveva appena evidentemente desiderato sottintendere in quella propria ultima affermazione, il dialogo ricercato dalla stessa Midda con lord Bugeor nel corso del giorno precedente aveva conseguito il principale risultato di chiarire come il mecenate non avesse operato, né semplicemente avesse desiderato agire, in maniera tanto esplicitamente offensiva nel confronto con la mercenaria, eventualità che sarebbe tornata a suo danno ancor prima che a suo vantaggio.
Nonostante tutti i loro scontri passati, le numerose occasioni in cui si erano proposti apertamente avversari, in verità, lo scopo principale dell’uomo non era mai stato volto alla sua morte quanto, al contrario, al suo asservimento alla propria volontà, ottenendo la collaborazione, guadagnandosi la fedeltà di un nome tanto prestigioso quale quello della donna guerriero, il quale altresì, in quel momento e limitatamente al territorio di Kriarya, risultava essere associato a quello di lord Brote. Dove pur la fama dei due mecenati in questione, ed il loro rispettivo dominio all’interno della città, si sarebbe potuta considerare praticamente egualitaria, in un’equilibrata divisione del potere condiviso da loro con numerose altre figure di simile importanza come anche aveva avuto modo di far notare Be’Sihl allo scudiero, la particolare immagine della Figlia di Marr’Mahew si proponeva infatti quale un indubbio fattore a vantaggio di Brote nei confronti dei propri pari, sebbene ella fosse pur raramente realmente presente fra quelle mura, dove solitamente impegnata altrove, lontano dalla capitale e dalle proprie questioni interne, di natura politica e non. Il prestigio e la celebrità da lei così derivante per il proprio mecenate, pertanto, non mancavano di risultare spesso quali fastidiosi all’attenzione degli altri signori locali e, fra essi, in particolare a Bugeor, dove proprio egli non aveva mai fatto segreto di ambire volentieri alla posizione dall’altro occupata, nonostante simile vantaggio non fosse stato conquistato in conseguenza di una particolare offerta volta alla mercenaria, quanto piuttosto in virtù del merito di Brote di aver saputo cogliere le potenzialità della medesima quand’ella era giunta per la prima volta, giovane ed ancora sconosciuta, alla città del peccato.
Quale prevedibile effetto del particolare rapporto di bramosia e inimicizia che legava Bugeor a Midda, quando ella si era presentata innanzi alle sentinelle all’ingresso della torre appartenente all’uomo richiedendo la possibilità di essere ammessa al suo cospetto, era stata accolta senza alcun particolare antagonismo, addirittura quasi benvoluta nella comprensibile speranza per il padrone di casa che avesse, improvvisamente ed inaspettatamente, scelto di accettare la possibilità di disporsi al suo servizio. Così, nel medesimo edificio che oltre un anno prima non aveva esitato a violare, scalando esternamente le sue pareti in circostanze estremamente diverse da quelle attuali, la donna aveva potuto accedere attraverso un percorso più canonico, limitandosi a dover accettare di lasciare la propria spada in custodia alle guardie personali dell’anfitrione prima di iniziare l’ascesa verso le sue stanze: una condizione assolutamente razionale a cui probabilmente anche i suoi stessi dipendenti avrebbero dovuto sottostare e dalla quale ella era esente, nei confronti del proprio signore lord Brote, unicamente in virtù della loro speciale complicità, diversa da una consueta relazione fra mecenate e mercenario.

« Avevo sospettato che Bugeor non sarebbe potuto essere tanto stupido da dichiararmi guerra ed egli non ha esitato a confermare questa mia opinione. » spiegò verso Seem, il quale stava esitando a concedersi convinto all’idea « Del tutto ignaro di ogni notizia a riguardo, non appena io stessa gliene ho fornite, insieme ad un resoconto di quanto avvenuto tanto all’osteria quanto al lupanare, non ha mancato di dimostrare contenuta ira per la libertà che qualcuno si è permesso di ritagliarsi nell’utilizzo improprio del suo nome e degli uomini e delle donne al suo servizio… »
« Possibile che stesse mentendo? Che fosse un trucco per ingannarti ed allontanarti dalla realtà dei fatti? » insistette il giovane, per quanto chiaramente consapevole dell’assurdità di una simile questione.
« Se così fosse stato dubito che mi avrebbe permesso di lasciare tanto serenamente la sua torre, costringendomi piuttosto ad aprirmi la strada attraverso la carne dei suoi guerrieri… » osservò ella, con un sorriso comunque privo di ironia verso di lui « Credo, al contrario, che fosse assolutamente sincero e, per quanto non abbia offerto alcuna dichiarazione nel merito di quanto occorso, mi sento sufficientemente confidente del fatto che egli non mancherà di essere nostro importante alleato nel fare chiarezza attorno a tutto questo. »
« Obiezione legittima. » ammise lo scudiero, chinando lo sguardo verso il bancone « Ma tutto questo, quindi, dove ritieni ci porterà? » domandò poi, tornando a volgersi a lei.
« Per intanto direi a casa della tua compagna… o ex-compagna, se preferisci considerarla tale. » propose la donna guerriero, con assoluta tranquillità « Lasciamo a Bugeor l’onere di occuparsi delle questioni che lo riguardano e pensiamo personalmente, invece, a quelle che ricadono direttamente su di noi… o, per meglio dire, su di te in questo particolare frangente. »

E per quanto lo scudiero avrebbe volentieri preferito tornare ad affrontare nuovamente una sala colma di mercenari e prostitute bramosi di strappare loro la pelle, di spargere le loro viscere lungo le geometriche mura cittadine affinché potessero essere cibo per corvi, non trovò alcuna ragione per sostenere simile posizione, per richiedere la proprio cavaliere di modificare la propria decisione. Del resto, era stato lui stesso a spostare le indagini verso quella particolare direzione, a far emergere la pur semplice ma non elementare strategia elaborata per segnare la fine del proprio maestro, nella collaborazione fra Geto e Arasha e nell’utilizzo inconsapevole anche del suo aiuto, della solitudine da lui concessa a Degan in quella sera con la sola volontà di ricongiungersi al caldo abbraccio donatogli dalla giovane, ed ora non si sarebbe più potuto tirare indietro di fronte alle conseguenze della formulazione di quelle pesanti accuse.

Pur consapevole di ciò, di tale realtà, e di quanto aveva avuto modo di ascoltare il giorno prima, nel condannare rapidamente e senza possibilità di appello la fanciulla di cui aveva creduto di essere innamorato, quando ella rispose all’invito espresso dal bussare alla soglia della sua abitazione da parte della propria signora, Seem si sentì realmente male, vittima di un disagio psicologico e fisico quale raramente era mai stato prima di allora.
Così, Arasha si propose innanzi allo sguardo della mercenaria, presentandosi immediatamente quale una giovane di sangue misto, dalla pelle non abbastanza chiara e pur sufficientemente scura da non poter essere considerata tale per semplice effetto del sole, non di certo nel denotare come quella stessa epidermide si donava non quale rinsecchita o invecchiata dall’azione impietosa dell’astro maggiore del cielo, quanto piuttosto liscia, morbida e vellutata, simile a quella di un frutto maturo. Attorno ad un viso ovale, al centro del quale grandi occhi scuri, un piccolo naso leggermente schiacciato e sottili labbra color della terra si ponevano equilibratamente disposti, lunghi e ordinati capelli neri discendevano lucenti, simili come tonalità, come splendore, a quelli della stessa donna guerriero per quanto dotati di una naturalezza a cui ella non si sarebbe mai potuta spingere: tale manto era, in quel momento, mantenuto ordinato da un cerchietto argentato, ornato da piccole pietre bianche ed azzurre, utilità e, al contempo, vezzo accompagnato da similari pendenti a decorazione dei lobi delle sue orecchie, piccole e delicate. Le sue spalle si sarebbero dimostrate quali completamente nude, lasciate scoperte da una camicetta bianca più simile ad un bustino, nell’essere stretta attorno al suo addome ed alle piccole ma femminili forme dei suoi giovani seni, se non fosse stato per la presenza di un ampio scialle, il prodotto di un fine lavoro all’uncinetto estremamente delicato ed probabilmente prezioso, un piccolo tesoro dove certamente subordinato al’intenso e serio lavoro artigianale di una professionista del settore. Più in basso, poi, le sue gambe, snelle ed affusolate, si proponevano apparentemente nude, nell’essere invece avvolte, fasciate dalla stoffa nera di pantaloni estremamente aderenti, terminanti però a metà polpaccio nel voler lasciare solo a leggeri sandali il compito di proteggere i suoi piedi, di dividerli dal contatto con il suolo.
Nonostante il cerchietto e gli orecchini, o ancor più lo scialle, caratterizzanti per quella figura ma non caratteristici di qualche particolare artigianato straniero, impossibile sarebbe stato, anche per l’esperienza tutt’altro che limitata della Figlia di Marr’Mahew nel rapporto con il mondo, con la varietà di popolazioni e culture del continente, stabilire l’etnia, la reale origine dei genitori, o degli antenati, di quella fanciulla. L’assenza di particolari ornamenti dorati o complessi tatuaggi sulla sua pelle, non sembravano infatti proporre un immediata connessione ad alcuno dei regni centrali, desertici, ai quali avrebbe comunque dovuto essere legata per la particolare tonalità della sua pelle, come altresì, per esempio, permettevano di fare per Be’Sihl: egli, a sua volta chiaramente di sangue non puro, di discendenza non diretta, si dimostrava quotidianamente legato alla sua terra d’origine, all’identità culturale che faceva di lui uno shar’tiagho.

lunedì 20 luglio 2009

556


N
ella quiete concessa dal salone principale della locanda di Be’Sihl a quella particolare ora mattutina, cornice consueta degli incontri personali fra la mercenaria ed il locandiere per tale, fondamentale caratteristica, il resoconto offerto dallo scudiero si propose impeccabile, riuscendo a riassumere in maniera sintetica, precisa e pur completa gli eventi dei quali era stato protagonista e spettatore a seguito della separazione dalla sua signora. Allorquando quelle situazioni lo avrebbero potuto ritrovare umanamente coinvolto a livello personale ed emotivo, nel proprio particolare rapporto o, fino al giorno prima considerato tale, con la protagonista di quell’incontro fra congiurati, egli riuscì a mantenersi a debita distanza dall’istinto di offrire giudizi personali, interpretazioni soggettive in merito a quanto occorso, attenendosi semplicemente e puntualmente ai fatti nella consapevolezza di come, almeno fino a richiesta contraria, principalmente essi sarebbero potuti interessare all’attenzione della propria ascoltatrice.
Midda, dal canto proprio, pur proseguendo e terminando la colazione iniziata, con la solita sincera gratitudine nei confronti del locandiere per il dono riconosciutole, per l’impegno offertole, volle lasciar trasparire un assoluto interesse nei confronti del giovane e della sua narrazione, apprezzando lo stile genuino con cui egli si sforzò di proporre tale cronaca, senza incedere in compromettenti enfasi, né positive né negative. Ella, del resto, non avrebbe potuto ignorare come altri, posti nel ruolo ora occupato del proprio compagno di ventura, avrebbero posto il proprio accento su dettagli probabilmente addirittura inutili, a discapito di circostanze altresì ritenute vane ma essenziali, non concedendo, pertanto, di poter ottenere informazioni utili da tale testimonianza, ma solo un coacervo di fantasiose e prevalentemente erronee letture della realtà, anche involontariamente, senza malizia in ciò.
E della propria approvazione, la donna guerriero non volle far segreto come espresse chiaramente al termine dell’esposizione di Seem.

« Complimenti. » affermò con tono privo di qualsiasi possibilità di fraintendimento, serio e controllato nella propria modulazione « Un ottimo rapporto. Forse uno dei migliori che abbia avuto occasione di ascoltare… e non lo sto dicendo per compiacerti. »
« Ti ringrazio… » chinò allora egli il capo, quasi in imbarazzo per la generosità espressa da quelle parole « Spero di non aver tralasciato alcun particolare, soprattutto se rilevante. »
« Se anche fosse accaduto, avrai sicuramente modo di riferire a posteriori su eventuali mancanze. » minimizzò ella, non desiderando porre eccessivo peso a tal proposito « Ora, però, gradirei che tu mi esprimessi anche delle opinioni personali. La tua interpretazione su quanto è avvenuto, diciamo. »

A quella richiesta, prevedibile ma non scontata, il giovane restò per un istante titubante, incerto fra dichiarare tutte le proprie idee, i propri pensieri, o escluderne qualcuno, giudicando forse con troppa severità quella situazione nell’esserne eccessivamente coinvolto. Ma la domanda della sua signora non avrebbe potuto lasciare spazio a dubbi e, forte di ciò, decise di rivelarle ogni riflessione nella quale si era lasciato trascinare già nel corso della giornata precedente, riferendo pertanto il collegamento supposto fra l’assassinio del proprio maestro e le due figure da lui sorvegliate, da lui ascoltate.
Una deduzione ovvia, quasi retorica soprattutto in conseguenza di quanto già narrato, ma che evidentemente la Figlia di Marr’Mahew aveva desiderato poter ascoltare in chiaro, forse anche al fine di poter meglio esprimere un giudizio anche nel merito delle capacità del proprio scudiero.

« Non si può negare come evento, sotto questa luce, possa sembrare perfettamente collegato, nell’esecuzione di un sadico piano volto all’uccisione di Degan… » confermò ella, annuendo dopo la nuova conclusione proposta dal proprio compagno di ventura « I tempi, il luogo, l’occasione… ma… manca ancora un particolare. »
« Il movente. » intervenne quasi distrattamente Be’Sihl, immerso sì nei propri impegni quotidiani ma non per questo sordo innanzi a quel dialogo, a quella discussione a cui, in quel modo, volle offrire il proprio contributo, per quanto minimo.
« Esatto! » sorrise la donna guerriero, restando ad osservare il proprio scudiero « Per quanto io stessa non riesca a considerare Geto quale esterno a questi eventi, forse addirittura realmente colpevole del triplice omicidio avvenuto in quella sanguinosa sera, non riesco a cogliere alcuna ragione che possa aver spinto ad un complotto di questa portata. »
« Egli è un mercenario, come ci ha confermato personalmente… potrebbe quindi non aver avuto bisogno di alcuna particolare motivazione, sospinto unicamente dalla volontà di condurre a termine un incarico assegnatogli. » propose il giovane, cercando di concedere un senso a quanto appena esposto, di difendere la propria teoria accusatoria nei confronti della coppia.
« Anche volendo prendere in esame questa eventualità, un movente non può venir ugualmente meno. Non da ricercarsi nel sicario, certo, quanto piuttosto nel mecenate, nel committente di una simile strage. » denotò la mercenaria, scuotendo appena il capo « Nessuno pagherebbe un mercenario… anzi, una coppia di mercenari, a tuo dire… per compiere qualcosa del genere senza un chiaro ritorno personale. »
« Quindi la domanda che ci dovremmo porre è un’altra. » comprese egli, nel seguire finalmente quello che desiderava intendere la propria signora « Chi avrebbe potuto trarre giovamento dalla morte del nostro maestro? »
« Esattamente. » concordò ella « Almeno nel voler perseguire l’ipotesi che vede Geto quale assassino, se pur dietro compenso. Congettura che, fra l’altro, ci negherebbe ogni possibilità di legittima vendetta nei suoi confronti, non potendolo più considerare quale un crimine. »

Un nuovo momento di silenzio calò nella sala, trovando Seem in seria riflessione su quelle parole, nel merito di quelle sentenze indubbiamente corrette. Qualsiasi azione avessero intrapreso contro il mercenario, dove egli fosse stato confermato quale principale interprete nella sanguinaria tragedia avvenuta in quella notte ormai lontana, sarebbe stata un’azione personale, che non avrebbe di certo trovato condanne da parte della giustizia locale ma che, ugualmente, non sarebbe stata appoggiata, legittimata dalla medesima. Non che tale risvolto avrebbe potuto far mutare loro opinione, dove l’assassinio, sicario o non che esso fosse stato, avrebbe dovuto certamente pagare con la propria vita il prezzo del sangue da lui versato, però sarebbe pur sempre stata una spiacevole seccatura, soprattutto dove la vendetta ricercata non sarebbe stata raggiunta se non con la morte, anche, del mecenate, chiunque egli o ella fosse.
Ancora una volta, però, fu la voce del locandiere ad esprimere quello che, in verità, sarebbe dovuto essere considerato un pensiero della donna guerriero, rimasto taciuto fino a quel momento nel non voler comunque negare le teorie ugualmente valevoli espresse dal proprio scudiero.

« Ovviamente non è da ignorare, oltre a questa via, anche quella aperta da un’altra questione irrisolta… » sottolineò, concludendo il proprio operato e stendendo uno straccio umido da parte, per permettergli di asciugarsi « La medesima a cui accennavi pocanzi, se non erro. »
« Infatti… » confermò Midda, ancora volgendo il proprio sguardo al giovane scudiero, nella volontà che fosse egli a far emergere quest’altro aspetto « Una questione forse collegato alla prima o, forse, del tutto esterno ad essa o, addirittura, alla morte di Degan. E pur da non ignorare. »
« Mia signora? » domandò Seem, non riuscendo però a cogliere l’informazione così suggeritagli.
« Mi riferisco alla taglia sulla mia testa. » esplicitò ella, ora portando i propri occhi di ghiaccio a girarsi nella direzione dello shar’tiagho « Qualcuno, infatti, sembra essersi preso la briga di diffondere una falsa voce a tal riguardo, e non possiamo permetterci di escludere che questa scelta non derivi dalla volontà negarmi il raggiungimento della verità. »