11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 8 settembre 2009

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U
n istante di silenzio seguì inevitabilmente quelle parole, nel mentre in cui, fra l'incredulo e l'attonito, tanto Midda e Howe, quanto addirittura Seem, si guardarono l'un l'altro, animati da un'unica domanda, una sola questione sulla quale non ebbero bisogno di alcun confronto verbale se non nei confronti di colui che tali sentimenti aveva suscitato così spontaneamente e paradossalmente in loro.

« Fratellino… » commentò lo shar'tiagho, stringendo poi le labbra a trattenere, non senza difficoltà, una serie di insulti che, in quest'occasione, sarebbero stati ampiamente approvati anche dal resto del gruppo.
« Be'Wahr… » intervenne la Figlia di Marr'Mahew, poi deglutendo per costringere la propria mente a riformulare la frase che stava per pronunciare, a ricercare termini diversi da quelli che avrebbe invece istintivamente proposto « … ti prego, Be'Wahr… dimmi che non hai veramente trovato un'incisione su un muro bruciacchiato, in enormi caratteri… ti prego… »
« Per Lohr… non saprò comprenderne il significato, ma concedimi almeno di essere in grado riconoscere la natura. » protestò il mercenario, non cogliendo l'implicito annesso a quella sua stessa affermazione, quanto egli, con straordinaria ingenuità, stava offrendo ai propri interlocutori « E, sì… erano anche belli grossi: solo un cieco non li avrebbe potuti notare e, fino a prova contraria, la mia vita è a dir poco perfetta. »
« Nessuno ha mai posto in dubbio la tua vista… fratellino… » sussurrò Howe, cercando di impegnarsi in profondi respiri, sforzandosi sinceramente a trattenere l'esclamazione che, inevitabilmente, esplose però subito dopo « E' nel merito della tua testa che abbiamo avuto sempre di che ridire! Dannazione! »
« Ma… » esitò il biondo, iniziando solo allora a cogliere, ad avere evidenza delle ragioni alla base di una simile manifestazione di disappunto.
« No. Non parlare. » negò, altresì, la donna guerriero, levando la propria destra a richiedere il silenzio da parte del compagno, nel voler mantenere ancora una parvenza di educazione nei suoi riguardi, nel volersi dimostrare ancora comprensiva verso di lui, nonostante quello spiacevole ed involontario scherzo « Non parlare, per la grazia di Thyres… e limitati a condurci là dove hai visto quella scritta, prima che sia troppo buio per riuscire a distinguerla. »
« Io… » tentò di riprendere parola, vanamente.
« Muoviti, idiota. » lo zittì lo shar'tiagho, meno tollerante rispetto alla compagna nei suoi riguardi « E ringrazia il fatto che le nostre madri non mi perdonerebbero se ti aprissi il cranio come una noce matura… perché in questo momento gradirei davvero tanto farlo, a cercare di comprendere cosa gli dei hanno incluso in quella tua testa. Ammesso di non trovare solo osso pieno… »

Indispettito da quelle parole, e pur ormai consapevole di non aver fatto nulla per evitare di meritarle, il biondo spostò il proprio sguardo dal fratello alla compagna, nell'effimera speranza di trovare in lei una qualche comprensione. Per quanto, però, l'accusa rivoltagli stesse ponendo in dubbio le sue capacità mentali, egli non impiegò più di pochi, fuggevoli istanti prima di rendersi conto di aver commesso un'immensa stupidaggine, un terribile errore di valutazione nell'illudersi di poter ricercare perdono in quegli occhi color ghiaccio, nel confronto con i quali, al contrario, non mancò di sentirsi rabbrividire.

« Io… »

Ancora una volta Be'Wahr volle confidare nella possibilità di raggiungere una qualche via di evasione psicologica da quella situazione, muovendo nuovamente i propri occhi nel proseguire oltre e nel giungere, così, allo scudiero, con l'auspicio di trovare, almeno in lui, il sostegno desiderato sul quale poter far leva in quel momento. Ma dove anche da parte del giovane alcuna lapidaria condanna gli sarebbe mai stata imposta, neppure da Seem egli avrebbe potuto ottenere modo, occasione, per salvarsi dalla giusta ira degli altri: quanto compiuto, dopotutto, era stata una leggerezza priva di possibilità di giustificazione, soprattutto nel confronto con la particolare demotivazione, stanchezza che, ad ogni nuova tappa, stava caratterizzando sempre più quella missione.

« … accidenti! » commentò, storcendo le labbra e scuotendo il capo, arrabbiato a sua volta con se stesso per essersi permesso di finire in trappola in conseguenza delle proprie azioni, della propria stolida ingenuità « Andiamo. »

Guidati, in tal modo, dal biondo compagno, i tre attraversarono per l'ennesima volta, nel corso di quella fin troppo lunga giornata, le macerie che un tempo avevano formato uno degli edifici più imponenti ed importanti dell'intero regno di Kofreya e di tutte le terre confinanti.
Sinceramente bramosi, desiderosi i comprendere se avrebbero potuto inaspettatamente trovare soddisfazione nella loro ricerca, se avrebbero potuto già considerare conclusa anche quella parte del percorso che Sha'Maech aveva pianificato per loro, Howe e Midda dimenticarono presto le ragioni di alterazione che Be'Wahr aveva offerto con la propria mancanza, riconoscendogli addirittura l'indubbio merito di essere comunque stato in grado di denotare quel particolare, per quanto non lo avesse immediatamente considerato rilevante. E dove anche gli dei, probabilmente, erano intervenuti in suo aiuto in tal senso, concedendogli simile fortuna, i due preferirono evitare di imputarsi eccessivamente a tal riguardo, su quel particolare, limitandosi ad accettare con gratitudine l'occasione che era stata offerta a tutti loro.

« Eccola… » definì, infine, Be'Wahr, arrestandosi di fronte ai resti di un muro, anneriti per effetto del fumo, del calore, sulla superficie del quale era stata, effettivamente, incisa una scritta a chiare lettere, quasi non vi volessero essere riservati dubbi di sorta nel merito del messaggio lì affidato dall'autore.
« E' qualcosa di intellegibile? » domandò Howe, voltandosi immediatamente nella direzione della loro compagna, unica in grado di poter concedere risposta a tale dubbio, definendo se quei segni per loro privi di qualsiasi significato potessero averne effettivamente uno.
« Surgo. »
« Mia signora…? » intervenne Seem, non cogliendo con precisione quella pur chiara espressione.
« E' quanto vi è scritto… "surgo". Tempo presente, prima persona singolare, del verbo "surgere"… sorgere. » esplicitò ella, mantenendo lo sguardo sulla scritta per coglierne eventuali particolari che sarebbero potuti essergli sfuggiti, che avrebbero potuto non risultare evidenti ad una prima lettura, senza purtroppo rilevarne alcuno « Sollevarsi… innalzarsi… o anche nascere… originare… »
« Non credo vi fossero dubbi nel merito del significato di tale parola. » commentò lo shar'tiagho, non negandosi il proprio classico e pungente sarcasmo « Ma che genere di indizio dovrebbe essere? »
« In effetti è strano… » concordò ella, aggrottando la fronte « Tutti i messaggi che, fino ad oggi, Sha'Maech ha voluto offrirci non si erano mai proposti tanto evidenti come questo. E Be'Wahr, probabilmente, non è stato tanto stolido nel non giudicarlo immediatamente rilevante, in simile, intrinseca ed esplicita, esuberanza: si concede quale troppo palese per poter attrarre l'attenzione. »
« Eppure, dove anche si dona tanto trasparente nel proprio apparire, meno generosa è nel merito del proprio contenuto… » ribadì Howe, insistendo su quanto già espresso.
« Ciò nonostante una scritta non può sorgere da sola su un muro ricoperto di cenere… se mi concedete il gioco di parole. » osservò Be'Wahr, con un timido sorriso, incerto sull'osare o meno in tal senso e pur non volendosi estraniare al discorso.

E proprio quelle sue ultime parole, ancora una volta come già in altre e passate occasioni, proposero inaspettatamente alla mercenaria l'occasione giusta per spingere la propria mente verso l'intuizione corretta, nella direzione della soluzione di quell'enigma, effettivamente tutt'altro che complesso, ben lontano dall'essere celato al pari dei precedenti, e pur inequivocabile nella particolare forma scelta per quel preciso messaggio.

« La fenice… » sussurrò la Figlia di Marr'Mahew, sgranando gli occhi e mostrando le nere pupille dilatate al massimo all'interno delle iridi, al punto da nascondere quasi completamente in ghiaccio normalmente da lei donato al mondo.

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