11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 12 settembre 2009

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H
owe e Be'Wahr, fra loro tanto diversi, opposti nella corporatura, nel carattere e nell'opinione su ogni evento, nell'essere posti innanzi ad una battaglia, ad uno scontro, concedevano pienamente visione della propria fratellanza, di quell'unione psicologica, spirituale ed emotiva, ancor prima che fisica, che li rendeva gemelli d'arme qual conseguenza del loro essere fratelli di fato. Cresciuti insieme, formati dalle stesse esperienze, addestrati dalle medesime disavventure, i due erano in grado, infatti, di proporsi con un'armonia di coppia, un'intesa di gruppo, a dir poco straordinaria, tale da renderli idealmente quali due volti di una stessa medaglia, due significanti di un unico significato. Non parole, non richiami erano necessari all'uno o all'altro per seguire l'evolversi delle reciproche situazioni, per sapere il momento nel quale un proprio intervento sarebbe stato necessario al compagno per garantirne la sopravvivenza, per salvaguardarne l'indennità: dove una spada avrebbe potuto cogliere di sorpresa Howe, là si poneva immediatamente Be'Wahr, levando il proprio coltellaccio in sua difesa e strappando, a mani nude, la vita dal corpo dell'avversario; dove una picca avrebbe potuto inchiodare Be'Wahr al suolo, là accorreva senza indugio alcuno Howe, alzando la propria spada a sua protezione e imponendo, successivamente, morte a colui che tanto ardire aveva osato. E dove anche, singolarmente, il loro valore, la loro forza, la loro combattività si sarebbe potuta giudicare inferiore a quella della compagna, nell'unione di tali caratteri, di tanta diversità e pur uguaglianza, essi riuscivano a concedersi a lei forse equivalenti, e certamente superiori a qualsiasi membro della Confraternita che mai avrebbe potuto ipotizzarne la sconfitta.

« La spada, mia signora! » gridò Seem.

Giungendo finalmente a lei, il giovane ebbe modo di gettare quella lama a trovare il proprio naturale complemento, il proprio giusto completamento nella mancina della proprietaria, di colei che il suo possesso aveva guadagnato nella benedizione dell'uomo che l'aveva forgiata quasi vent'anni prima qual amuleto beneaugurante per la figlia annunciatagli, per la secondogenita riconosciutagli dal fato, giovane ragazza la cui vita e la cui felicità erano state salvate per mano della stessa Figlia di Marr'Mahew, nei giorni in cui, per la prima volta, tale nome le iniziò ad essere attribuito.
E Midda, che pur aveva già stabilito la propria supremazia sull'esatto quantitativo di mercenari rosso vestiti che aveva preannunciato, accolse ben volentieri quell'arma, quella spada per lei tanto cara, preziosa nella propria fattura e nel proprio valor emotivo, per esser pronta a servirsi di lei di fronte all'immancabile nuova ondata di avversari che presto li avrebbero travolti.

« I miei sette sono sistemati… » annunciò ella verso i compagni, lasciando roteare quell'incredibile lega dagli azzurri riflessi attorno al proprio corpo, in un gesto quasi rituale, utile a ristabilire i propri corretti equilibri nel rapporto con essa.
« Anche i nostri. » confermò lo shar'tiagho, esprimendosi anche a nome del fratello « Però non mi piace questa disparità… dovresti riconoscerci diritto a qualcuno in più. » si lamentò, verso di lei.
« Thyres… » commentò la donna, quasi divertita, scuotendo il capo a quella protesta dai toni volutamente grotteschi « Lungi da me voler creare motivi di discussione fra noi. Guarda, ne stanno arrivando un'altra ventina… sei a testa e due per il mio buon scudiero? »
« Se facessimo cinque a testa noi, due Seem ed il resto a te? » propose il biondo, aggrottando la fronte innanzi a quella proposta « Giusto per non farti annoiare, si intende… »
« Sono disponibile a cedere anche uno dei miei, mia signora. » si accodò il ragazzo, non volendo offrire troppo affidamento alle proprie risorse nel pretendere per se addirittura due avversari alla volta « Per il medesimo scopo, si intende… »
« D'accordo, d'accordo! » rise ella, umettandosi le labbra con la punta della lingua « Allora nove per me, uno per Seem e gli altri otto per voi… così non potrete accusarmi più di monopolizzare la scena. »
« Avrei di che protestare, ma ne riparliamo fra un quarto d'ora… ti spiace? » concluse Howe, muovendo la propria arma a spazzare, con violenza, il primo della nuova ondata di nemici a loro offerti.

Così, dopo un estemporaneo momento di riposo, utile ad armare la donna e a porre in gioco anche il suo scudiero, per quanto quest'ultimo non confidente con le proprie possibilità di successo come sembravano invece esserlo gli altri, lo scontro riprese, alimentato da nuovi uomini e donne fedeli alla Confraternita che, giungendo a seguito dei loro primi compagni, reclamarono a gran voce la vita dei loro avversari, di quel gruppetto di avventurieri definiti quali nemici, evidentemente, solo in conseguenza della loro stessa presenza in quel luogo, là dove non si concedevano quali graditi.
In un contesto diverso, in contrasto ad avversari di un altro stampo, di un'altra taratura, probabilmente anche pochi fra quei mercenari sarebbero stati sufficienti a definire il nome della loro organizzazione, del loro gruppo, sopra qualsiasi ostacolo, in contrasto a qualsiasi imprevisto: la Confraternita, del resto, addestrava i propri membri ad essere i migliori, a predominare sopra qualsiasi difficoltà, allo scopo di mantenere, attraverso le loro vittorie, i loro successi, la propria gloriosa fama all'interno di quei confini, nomea tale da assicurare loro sempre maggiori incarichi, una presenza ogni giorno più capillare ad ogni livello della realtà sociale di quel regno. Purtroppo per loro, però, raramente quei guerrieri, uomini o donne che essi fossero, arrivavano a dimostrare un'età di molto superiore a quella di Seem, così lontana dagli oltre tre decenni di vita caratterizzanti Midda Bontor, traguardo per lei raggiunto, indubbiamente ed arditamente, nel non risparmiarsi mai alcun pericolo, nel non rinunciare mai ad alcuna sfida, ed in questo nel sancire, in conseguenza dell'unica ed inviolabile legge denominata selezione naturale, il proprio valore superiore a quello di tutti i presenti in quell'improvvisato campo di battaglia. E dove ella, privata della propria lama, aveva decretato in tempi decisamente rapidi la propria vittoria su qualunque dei propri avversari al primo attacco, nel corso del secondo ed attuale la donna sembrò quasi impegnata in un allenamento ancor prima che in una serie continua di combattimenti tali per i quali non avrebbe dovuto concedersi neppure l'occasione per trovare respiro.
Forse fu proprio in conseguenza di una ritrovata cognizione di causa su tale realtà dei fatti, di una presa di coscienza sulla stolidità del primo ordine, che una voce nota ai quattro compagni di ventura decise di intervenire in quel particolare frangente, a revocare il proprio comando prima che, in sciagurata conseguenza di esso, tutti i propri subalterni potessero raggiungere prematuramente le proprie divinità, impregnando inutilmente quella verde e fresca terra con il proprio rosso e caldo sangue.

« Arrestatevi tutti. » ordinò Carsa, giungendo ora nei pressi dei propri ex-compagni, scortata da un'ipotetica terza ondata di ostie sacrificali su quell'assurda ara eretta in gloria a tutte le divinità della guerra, Marr'Mahew in primo luogo data la presenza della sua figlia putativa.

A quella disposizione, i membri della Confraternita ancora superstiti, e coscienti, non opposero la benché minima protesta, disimpegnandosi rapidamente dai combattimenti iniziati per arretrare, ritrarsi e godere, in ciò, dell'occasione di ritrovare respiro, controllo sul proprio corpo e sulla propria mente.
E, nonostante non fossero a lei non subordinate, anche le altre quattro figure lì presenti reagirono in modo similare a quella richiesta, non avendo ragioni alcune, del resto, per negare agli avversari occasione per cessare quell'assurda follia non ricercata, non desiderata. Fra questi ultimi, in particolare, Seem non volle nascondere un certo sollievo nell'osservare la propria controparte, l'unico guerriero a lui riservato per volontà dei propri compagni, interrompere il confronto. Un sentimento, quello del giovane, espresso in un lungo sospiro, che comunque da sarebbe dovuto essere equivocare nelle proprie origini, nelle proprie ragioni, da non attribuirsi, difatti, al timore dell'insuccesso e della propria morte, dove il duello così sospeso non stava certamente volgendo al peggio per sé, nella solidità della formazione ricevuta dal proprio maestro, quanto ad una ritrosia in lui ancor presente nel terminare tanto banalmente una vita, un'esistenza a lui del tutto estranea, verso la quale non avrebbe potuto mai provare rancori o inimicizie.

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