11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 17 marzo 2010

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P
er quanto, indubbiamente, Ri'Amsed fosse ancora un bambino, poco più che un infante, la chiarezza del resoconto di cui riuscì a rendere edotta la mercenaria fu priva di ogni possibilità di critica, nel narrarle, in termini estremamente semplici ma non, per questo, meno efficaci, i tragici eventi di cui la sua famiglia ed egli stesso erano stati, loro malgrado, disgraziati protagonisti.
Nato e cresciuto in una cittadella sita molto più a nord rispetto al villaggio della famiglia di Be'Sihl, almeno per quanto la donna guerriero fu in grado di comprendere nell'ascolto delle indicazioni a lei offerte dallo stesso pargolo, egli, all’ovvio seguito di tutta la propria famiglia, si era spostato verso meridione all'inizio del precedente inverno, nella necessità del padre, un mercante, di procurarsi nuove occasioni di sostentamento per sé e per i propri cari, nuove aree in cui poter sospingere i propri interessi dove, purtroppo, a seguito di eventi non meglio definiti, era stato per lui impossibile mantenere il proprio tenore di vita là dove, sino a quel momento, aveva cresciuto i propri figli, tre femmine e un altro maschio, oltre allo stesso Ri'Amsed, tutti di età maggiore rispetto a lui, ultimo arrivato. Ignari del pericolo che li avrebbe, sciaguratamente, attesi entro i confini di quel territorio invero inesplorato, mai affrontato prima dal padre del bambino o da altri professionisti suoi pari, dove conosciuto e pregiudicato qual un mercato decisamente complesso da conquistare, i sette elementi di quella pacifica famiglia avevano, altresì, trovato subito grande ospitalità nel villaggio, venendo accolti più che festosamente da tutti gli abitanti dello stesso, nonostante ogni timore, ogni voce negativa che avrebbe potuto precedentemente frenare qualsiasi interesse in tal direzione: in contrasto a ogni dubbio sulla possibilità di intrattenere affari di sorta con quella gente del sud, infatti, il capofamiglia era riuscito a riscuotere immediato successo, quasi come se tutti, all’interno di quei confini, non stessero aspettando altra occasione rispetto a quella così loro offerta.
Purtroppo però, l'illusione propria di simile idillio, di tanta serenità e speranza per il futuro, era stata presto turbata da un primo e terribile incidente che, a meno di una settimana dall'insediamento della famiglia di Ri'Amsed in un'abitazione loro riservata dalla gente del luogo, aveva coinvolto una delle sorelle maggiori del bambino, nel ritrovarla affogata sulla sponda del vicino fiume. In assenza di evidenti segni di colluttazione, di violenza di sorta, in verità forse anche presenti ma, per quanto era stato reso noto al frugolo, tutt'altro che tali, il caso era stato allora amaramente e ineluttabilmente classificato come un tremendo scherzo della sorte, di fronte al quale non poter offrire nulla di diverso dalla propria frustrazione e, purtroppo, dalla propria rassegnazione. Il lutto per quella prima morte, altresì, si era poi dimostrato solo macabro preambolo per una serie di altre misteriose fatalità, nel corso delle quali, in ordine, persero la vita il solo fratello del bambino e un'altra delle sue sorelle, lasciando, ovviamente, a dir poco sconvolti, tanto i genitori, quanto i due figli rimasti: il maschio, per quanto raccontato a Ri'Amsed, era scivolato dalla cima di un albero sul quale si era arrampicato per cogliere alcuni frutti, spezzandosi il collo, mentre la femmina era stata ritrovata morta nelle stalle comuni del villaggio, con la testa spaccata dalla violenza di un colpo che fu allora giudicato quale originato dal calcio di un cavallo.
Atterriti da una simile tragedia imposta sulla propria famiglia, sui propri figli, i genitori di Ri'Amsed, senza neppure concedersi di superare il terzo lutto, di prendere effettiva coscienza di quella nuova morte, avevano pertanto deciso di lasciare quel villaggio, da loro ormai superstiziosamente considerato qual maledetto, nel ritenere, in fede, di aver perduto la benevolenza degli dei con il proprio trasferimento tanto lontano dagli ambienti per loro più congeniali, dalla vita nelle città del nord. Purtroppo, simile possibilità di fuga non venne però loro riservata dagli abitanti del villaggio, i quali, in una notte di metà inverno, decisero alfine di rivelare la propria vera natura, il proprio effettivo aspetto di mostri, catturando i quattro ancora in vita e imprigionandoli all'interno di strette e soffocanti gabbie, nel riservare loro un trattamento peggiore di quello che sarebbe potuto essere imposto a qualsiasi bestia. Solo in seguito a una simile rivelazione, alle sfortunate vittime di quell'orrore, venne concessa reale confidenza con quanto occorso, con le effettive ragioni proprie delle tre morti precedentemente avvenute, non più semplici e sciagurati incidenti, quanto veri e propri omicidi, imposti ai giovani nel desiderio di poter porre subito al macero le loro tenere carni all'interno di una putrida fossa comune, dove l'inevitabile deterioramento delle loro spoglie mortali avrebbe conferito alle medesime la possibilità di poter essere meglio apprezzate dai particolari gusti di quei mostri necrofagi.
In verità, molte descrizioni, diverse precisazioni, che pur si imposero chiare nella mente della mercenaria nel corso di quel resoconto, non le furono effettivamente presentate dalle parole del proprio giovanissimo interlocutore, dal momento in cui, fortunatamente, al piccolo non era stata concessa completa confidenza con l'effettivo fato dei propri fratelli, o sull’orrore di cui si era ritrovato a essere malcapitato protagonista, ma ne furono chiare e inevitabili conseguenze, derivanti dall'unione fra le informazioni offerte dal pargolo e le immagini delle quali la stessa donna guerriero si era ritrovata quale disgustata spettatrice, nel suo, fortunatamente breve, periodo trascorso all'intero del villaggio. Quanto, invece, anche a Ri'Amsed venne imposto di assistere, fu il tragico destino a cui, invece, non mancarono di essere destinati i suoi genitori e la sua sorella ancora sopravvissuta, assassinati e, letteralmente, macellati sotto ai suoi stessi occhi impotenti che, dopo simile orrore, non avrebbero, purtroppo, più potuto essere considerati quali innocenti.
Lasciato così in vita solo perché troppo piccolo, troppo magro, con il proprio corpicino esile incapace di poter offrire sostanziale possibilità di nutrimento, di diletto alimentare a quei mostri dalla pelle nera, il bambino era riuscito, incredibilmente, a fuggire proprio la notte precedente a quella del suo incontro con la mercenaria, nel corso della stessa blasfema festa che aveva visto coinvolto l'intero villaggio per onorare l'arrivo in città della Figlia di Marr'Mahew: approfittando della sostanziale perdita di massa che lo aveva caratterizzato in quelle ultime settimane, nel terrore che lo aveva dominato impedendogli di accettare qualsiasi genere di pasto, egli si era allora dimostrato sufficientemente furbo, e agile, da riuscire a districarsi attraverso le sbarre della propria gabbia, ricavandosi, in tal modo, una possibilità di evasione che, suo malgrado, non lo aveva poi condotto molto lontano, per quanto ineccepibilmente vittorioso nei confronti dei propri candidati macellai.

« E poi… sei arrivata tu. » concluse egli, strofinando con fare sì disperato, e pur ora anche evidentemente stanco, il proprio visetto contro le forme della stessa donna, a cercare, privo di malizia qual solo sarebbe potuto essere alla sua età, un maggiore contatto con lei, con il calore così donatogli.

Figura delicata, quasi difficile persino da poter considerare umana, così come sarebbe allora stato per l’immagine di qualsiasi bambino nel confronto con lo sguardo di Midda, dove ella, da molti anni, non si poneva più effettivamente abituata alla realtà da loro proposta, alla loro presenza attorno a sé, vicino a sé, quella di Ri'Amsed sarebbe dovuta essere probabilmente giudicata quale quella propria di un qualsiasi figlio di Shar’Tiagh: pelle naturalmente dorata; zigomi non ancora tanto affilati quali, forse, un giorno sarebbero divenuti in età adulta e, nonostante tutto, già distinguibili qual tali; labbra sottili, quasi proprietarie di un'intrinseca serietà; occhi scuri, profondi, in netto contrasto con quelli della propria interlocutrice; e capelli completamente rasati, secondo la moda locale che, a quanto anch'ella aveva avuto modo di notare già nel villaggio di Be'Sihl, prevedeva tale consuetudine per tutti i bambini almeno fino al raggiungimento dell'età adulta, nella quale essi, uomini o donne, avrebbero altresì accolto con entusiasmo l'idea di mantenere lunghi capelli ordinati in una cascata di sottili treccine. A coprire, poi, le sue scarne membra, a proteggere la sua presenza in contrasto alle temperature severe della notte, considerabili quasi paradossali nel rapporto con quelle fin troppo calde del giorno, non si stavano allora concedendo particolari abiti, qual, effettivamente, sarebbe stato per lui probabilmente più congeniale, nel ritrovarlo così invece costretto a offrirsi praticamente nudo al mondo attorno a sé, nella sola eccezione rappresentata da un perizoma di stoffa sgualcita, utile a coprirne l'intimità, e da una sottile cavigliera dorata attorno a piedi inevitabilmente scalzi, a ricordare quanto, indiscutibilmente, anche egli sarebbe dovuto essere considerato shar’tiagho, nonostante la sua terra non gli avesse offerto, fino a quel momento, reali ragioni d'orgoglio per simile appartenenza.
E forse, proprio nella volontà di sopperire a simile stato, a tale crudele esposizione al freddo proprio di quelle ore notturne, nel desiderio di impegnarsi a dimostrare, sin da subito, il proprio impegno in sua protezione, per quanto ancora umida nelle proprie vesti e nei propri capelli in conseguenza della lunga permanenza in acqua, la donna guerriero non aveva esitato a mantenere quel povero bimbo fra le proprie braccia, stringendolo ai propri seni e cullandolo dolcemente, istintivamente, seguendo, in simili gesti, un chiaro istinto materno, solitamente per lei tutt'altro che proprio, e pur, ora, evidentemente risvegliato da tale situazione, dalla necessità impostale dalla presenza accanto a sé di quello sfortunato bambino.

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