11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 16 luglio 2010

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L'
ambiente nel quale, con tale gesto, la donna guerriero si precipitò, venendo seguita, a breve, dai propri compagni, non sarebbe potuto essere facilmente identificato nella propria natura, nello scopo della propria edificazione. Il lusso sfrenato nel quale infatti era avvolto, con pareti, pavimenti, colonne e persino soffitti rivestiti d'oro, con statue d'avorio e di pietre preziose sparse a ogni angolo, con numerosi tendaggi lungo l'intero perimetro del luogo, supposti in lino ma tutt'altro che tali, come i tre sei erano ben accorti passando attraverso uno degli stessi, avrebbero potuto, infatti, essere propri e caratteristici di qualsiasi particolare spazio all'interno di quello che non avrebbe dovuto essere ignorato quale il tempio più importante dell'intero regno, la dimora non solo di un re, ma, addirittura, di un faraone, un dio in terra: tale spazio, oggettivamente spoglio, privo di particolare mobilio a definirne un effettivo impiego pratico e quotidiano, pertanto, avrebbe potuto essere persino un semplice ripostiglio, di dimensioni superiori ai mille piedi quadrati, sì, ma pur sempre un ripostiglio.

« Assolutamente no… » sorrise il faraone, scuotendo il capo di fronte all'insolenza della mercenaria, minimizzando, in tal modo, quello stesso comportamento, quasi non lo stesse trovando assolutamente sorpreso « Dopotutto siamo in famiglia. E sebbene non possa evitare di disprezzare l'idea stessa che il mio sangue reale possa legarsi in matrimonio a quello della figlia di un povero pescatore, credo di non poter fare altro che accettare quanto deciso dagli dei, nella sempre ironica dimostrazione del loro ineffabile potere. »
« E questo sarebbe il tuo grande… faraone? » sussurrò Ma'Sheer, rivolgendosi al compagno, nel confronto con l'uomo offerto innanzi a loro « A me pare più quale un vecchio demente. »

Una considerazione impietosa, quella così propria del figlio del deserto, che pur, in tal frangente, non avrebbe potuto essere giudicata del tutto erronea, sì lontana dalla verità dei fatti. Tanto magro dall'offrire sinceri dubbi sul suo effettivo stato di salute, il grande Amothis VI, lì presentatosi innanzi a loro, non sembrava invero potersi riservare alcun vago sentore di divinità, o, più praticamente, di pericolosità, rispetto a quella che sarebbe potuta esser propria di un qualsiasi uomo di sessant'anni, solo e disarmato innanzi a tre guerrieri altresì armati oltremisura, per quanto pur rivestito integralmente d'oro e saldamente impugnante, nella destra e nella mancina, i due scettri rappresentativi del suo potere sulla terra di Shar'Tiagh.
Il suo volto si concedeva indubbiamente caratterizzato dalle forme, dalle proporzioni tipiche del proprio popolo: piccoli occhi castani, ancora in grado di trasmettere una vaga sensazione di potenza, di forza, di carisma, nonostante l'età; labbra sottili, secche nelle proprie forme, addirittura screpolate nel proprio apparire, in netto contrasto all'energia propria del suo sguardo; naso affilato e zigomi appuntiti, con un mento ornato da una posticcia barbetta stretta in sottili strisce di stoffa dorata e turchese. Tale profilo, così assolutamente in linea con i canoni del proprio popolo, tanto in quell'epoca lontana, tanto nel futuro da cui i tre guerrieri erano lì sopraggiunti, non per propria volontà, non si mostrava tuttavia ornato da una sola treccina altrettanto consueta, attendibile, in quel particolare momento, nel concedere la propria nuca completamente rasata, o, più probabilmente, calva, e ornata nella propria superficie unicamente da una coroncina d'oro nelle fattezze di un serpente non eccessivamente dissimile da quello anche presente attorno al braccio della donna guerriero sua avversaria.
Il suo corpo, al di sotto di tale viso si mostrava privo di quell'energia, di quel vigore che pur era ancora concesso dalla sua voce, dal suo tono autoritario o naturalmente dominante, per quanto tutt'altro che debole, che inerme avrebbe dovuto essere giudicato, nel riuscire mantenere tanto sul proprio torso, sulle proprie braccia, quanto sulle proprie gambe, una veste aderente, una sorta di cotta di maglia intessuta con scaglie d'oro, lì preposta, probabilmente, più a scopo ornamentale che nell'espressione di una qualche volontà difensiva. Oltre a tale indumento, poi, solo un cingi lombi in tessuto nero e due calzari composti da un misto fra cuoio ancor nero, e punte metalliche ovviamente d'oro, contribuivano a completare il quadro lì presentato, concedendo un'immagine, in verità, più grottesca che temibile, più ridicola che inquietante.

« Ma'Sheer, figlio di Ma'Sahan, della tribù dei Leoni Rossi… le tue parole non rendono onore alla divina legge dell'ospitalità. » lo rimproverò il faraone, restando immobile nella propria posizione, fermo a pochi passi dal gruppo, là dove sembrava essersi posto in piedi in loro quieta attesa « Agli dei non è gradito chi insulta tanto gratuitamente il proprio anfitrione. »
« Cosa ne puoi sapere tu su cosa è gradito o sgradito agli dei, impostore? » intervenne Be'Tehel, con disprezzo nel proprio tono, offrendo libero sfogo agli atavici sentimenti della propria gente in contrasto a tutta la stirpe dei faraoni « Tu che degli dei sei divenuto il primo nemico! »
« Povero Be'Tehel Si'Lohr-Qa. » sospirò l'anziano monarca, dimostrando un sentimento di commiserazione, di pietà, verso il proprio avversario, non dissimile da quello che un dotto studioso avrebbe potuto volgere a uno zotico analfabeta nel confronto con una stele ricoperta da una fitta sequenza di scritte « Sei tanto convinto di ciò che i tuoi avi ti hanno inculcato a forza nella mente, da apparire cieco nel confronto con l'evidenza dei fatti, con la realtà offerta dal mondo a te circostante, in quella che dovrebbe essere, soprattutto per te, un'occasione più unica che rara nel confronto con un'epoca da voi tutti purtroppo dimenticata in conseguenza agli orrori che hanno ancora a venire nei secoli futuri. »
« Ma'Sheer ha ragione. » replicò il mercenario shar'tiagho, storcendo le labbra in risposta a quelle parole, alla velata e inconsistente minaccia così loro offerta, simile a una maledizione o, peggio, a una cupa profezia per un futuro ormai passato « Sei solo un folle… un vecchio demente. La tua morte, la fine del tuo regno di soprusi e terrore, riporterà l'ordine e la pace su tutta Shar'Tiagh, ristabilendo quanto i faraoni hanno distrutto con il proprio egoismo, la propria cupidigia, rifondando una solida alleanza con gli dei tutti, i veri dei che la mia gente onora quotidianamente in ogni proprio gesto. »
« Come si può spiegare a un cieco l'incredibile magnificenza dei colori di un quadro? Come si può far comprendere a un sordo la meravigliosa armonia delle note di una sinfonia? » si domandò Amothis, palesando un evidente struggimento, un chiaro tormento in conseguenza a quella già dichiarata quale ottusità caratteristica nei propri ospiti « Se non desiderate vedere, non riuscirete mai a osservare la reale essenza del mondo. Se non desiderate sentire, non riuscirete mai ad ascoltare la sincera versione degli eventi che voi definite "Storia". »
Rimproveri severi, quelli loro offerti, che non si arrestarono, in un'articolata e accorata arringa: « Le mie scelte, le mie politiche, così come quelle proprie dei miei predecessori, probabilmente non sono state le migliori che un sovrano avrebbe mai potuto attuare, nel senso più assoluto del termine… ma quale monarca da voi conosciuto, proprio del vostro tempo, della vostra epoca che pur vi ostinate a ritenere più progredita rispetto a questa, potete in fede assolvere da qualsiasi accusa? Quale re, sultano o faraone è realmente in grado di soddisfare qualsiasi richiesta dei propri sudditi senza, in ciò, creare dissenso in altri? »
« Voi faraoni avete costretto il popolo eletto a dimenticare i propri veri dei… a dimenticare il culto di coloro che soli hanno plasmato tutto il Creato, trasformando una terra fertile e rigogliosa, quale questa, in una landa deserta e priva di vita, qual quella in cui io sono nato! » reagì Be'Tehel, non accettando quelle parole a difesa dell'operato di chi colpevole di tanto abominio « Non vi sono scusanti per tutto questo… non vi sono giustificazioni per una tale blasfemia. »
« Se blasfemo è stato il nostro comportamento, il nostro proclamarci dei, i Creatori dell'universo intero ci giudicheranno al momento opportuno. » argomentò il faraone, scuotendo appena il capo « Ma tu, ora, sii consapevole di come non l'ira degli dei ha distrutto il nostro Paese, quanto, piuttosto, la bramosia degli uomini… e di una giovane donna in particolare, una donna che voi tutti avete già conosciuto e che, abile manipolatrice di menti e cuori, ha saputo indirizzarvi in questa assurda guerra santa contro di me, suo padre, nella sola volontà di acquisire per sé il mio potere. »
« Tu menti! » incalzò il mercenario, rifiutando quell'ipotesi, quella teoria, non perché fedele ad Amie o a lei in qualche modo affezionato, quanto, piuttosto, perché in tal senso indirizzato dai propri stessi dogmi, da quei principi di fede sui quali la civiltà shar'tiagha, per come a lui nota, era stata fondata sin dalla notte dei tempi, dalla caduta dei faraoni.

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