11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 30 agosto 2010

962


L
e prime luci del mattino colsero Midda madida di sudore, nonostante la notte appena trascorsa, nel gelo caratteristico del deserto qual immediata conseguenza al tramonto del sole, non avrebbe dovuto offrirle alcuna ragione in tal senso. Tuttavia, le ferite riportate nel combattimento con la sfinge si dimostrarono meno piacevoli di quanto avrebbe potuto lasciar trasparire la sua iniziale e inalterata combattività, ritrovandola, suo malgrado, vittima di una violenta febbre qual naturale espressione di una brutta infezione, coinvolgente le numerose piaghe aperte dagli artigli della bestia sulla sua stessa schiena. Per lei, di certo, quelle non erano, né avrebbero dovuto essere erroneamente supposte, quali le prime violenti ferite riportate in un combattimento, dal momento in cui, in passato, ella era sopravvissuta in condizioni estremamente peggiori rispetto a quelle attuali: ciò nondimeno, in quella particolare occasione il crudele dono della creatura lì terminata sembrò imporsi su di lei con straordinaria ferocia, forse enfatizzato, nel proprio effetto, da qualche sconosciuto veleno intrinseco in quelle stesse estremità, o, più banalmente, dall'affaticamento di cui comunque ella si era ritrovata a essere indubbia protagonista.
Fortunatamente per la donna guerriero, tuttavia, in quell'occasione ella non ebbe a esser sola, ritrovando, per quanto priva di qualsiasi consapevolezza a tal riguardo in quel momento, nella figura della giovane shar'tiagha cugina dell'amato Be'Sihl, il miglior aiuto in cui mai avrebbe potuto confidare. Per quanto non cerusica di professione, infatti, e nonostante la stanchezza anche su di lei imperante, accompagnata da altre ferite, fortunatamente estremamente lievi e superficiali, Ras'Jehr si prodigò con tutte le proprie energie, con tutte le proprie forze al fine di render servigio alla propria quasi parente, forse nemica un tempo, alleata in quelle ultime ore, e forse persino amica ormai.
Il primo ostacolo da superare, necessariamente, fu quello derivante dalle catene ancora presenti a legare un loro arto superiore ed entrambe le gambe, vincolo a dir poco incomodo nella volontà di porsi in aiuto della donna ferita e lì priva di sensi, dal momento in cui avrebbe costretto non solo la stessa shar'tiagha a condurre seco il non indifferente ingombro rappresentato dalla compagna, ma, peggio, avrebbe sottoposto quest'ultima a troppi movimenti che avrebbero, allora, imposto solo ulteriore stanchezza a un corpo già provato. Così, con strumenti di fortuna quali sarebbero potute essere considerate poche rocce sufficientemente pesanti da poter essere impiegate quali martelli e pur non tanto da non poter essere sollevate, la giovane si impegnò in contrasto agli anelli più deboli di quegli ultimi tre legami metallici, rilevando alla luce del giorno quanto, per loro fortuna, quelle stesse catene non avessero da essere giudicate quali sì perfette e inviolabili al pari di come erano risultate nel corso della notte appena conclusa: evidentemente, nella coscienza della certa perdita di quelle risorse, i loro candidati assassini avevano ritenuto adeguato ricorrere a risorse tutt'altro che nuove e, in ciò, già usurate dal tempo e dalla ruggine al punto tale da rendere, con il proverbiale senno di poi, quasi miracolosa la sconfitta della stessa sfinge attraverso una di esse. In ciò, pertanto, ella ebbe occasione di infrangere senza eccessivo impegno quel reciproco giogo, riconquistando tanto per se stessa e quanto per la compagna la libertà li precedentemente posta in dubbio.
Dopo aver ottenuto possibilità di movimento autonomo rispetto a Midda, quanto, effettivamente poco, rimasto della tunica della mercenaria, sua attuale e unica veste, unendosi a tal fine alla maggior parte dell'abbigliamento proprio della stessa guardia cittadina, venne così fatto a pezzi e trasformato in bendaggi, sicuramente lontani dal potersi considerare sterili e pur quanto di meglio loro offerto in quel drammatico frangente. A essi, nella volontà di non trasformare la cura in un danno peggiore rispetto al male stesso, la giovane donna non mancò ovviamente di aggiungere diversi impacchi a base di erbe e muschi accuratamente scelti fra quelli offertile all'interno di quella grotta, sì situata in pieno deserto, e pur, in grazia della propria particolare situazione di riparo dalla luce del sole e dal calore del giorno, adatta alla sopravvivenza di un nutrito e variegato gruppo di forme di vita vegetali. Sempre in aiuto alla donna guerriero, inoltre, non mancò di giungere abbondante acqua fresca, sorgiva di un'insperata, ma addirittura ovvia nella trascorsa presenza della sfinge, di quello stesso rifugio nel deserto, che vene impiegata tanto sul corpo della malata, nella speranza di abbatterne la febbre, tanto sulle sue labbra, a forzarne una pur minimale idratazione.
Alle vesti trasformate in bende, ai muschi e alle erbe impiegati in improvvisati medicamenti, e all'acqua inevitabilmente necessaria per la sopravvivenza non solo della Figlia di Marr'Mahew, ma anche di quella sua nuova compagna di ventura, sempre più prossima a una sorella di sangue, non mancò di essere aggiunto anche il valore rappresentato dalle carni della fiera sconfitta nel corso di quella stessa notte: per quanto addirittura blasfemo, nel confronto con il mito proprio delle sfingi all'interno della cultura shar'tiagha, quel gesto sarebbe potuto essere giudicato, nella volontà di non far mancare nutrimento alla propria assistita nel momento in cui ella avesse recuperato coscienza, anche solo a dimostrazione della propria gratitudine per quanto occorso in quell'ultima notte, nonché di ormai sincero pentimento per i loro trascorsi, Ras'Jehr, già assassina di quel mostro, nel divenne anche la macellatrice, impiegando gli stessi, affilati, artigli della propria vittima per prima scuoiarne le spoglie mortali e, successivamente, smembrarle, scegliendo con cura le parti giudicabili migliori in simile situazione e scartando, almeno temporaneamente, le altre. Così, nel rispetto di un naturale dogma in contrasto all'antropofagia, proprio della maggior parte delle culture proclamatesi civili, e sicuramente anche nel popolo eletto, la metà apparentemente umana, per quanto impassibilmente tale, della sfinge venne separata dal resto del corpo, nel mentre in cui la predominante metà felina fu trattata al pari del corpo di un leone, qual, dopotutto, si offriva alla vista.
In conseguenza di tanto impegno da parte della guardia cittadina, quando alfine, poco dopo l'occorrere di un nuovo tramonto, la Figlia di Marr'Mahew, sebbene ancora febbricitante in maniera estremamente preoccupante, offrì segno di un primo tentativo di ritorno a contatto con la realtà, l'immagine dell'ambiente proposto attorno a sé fu, per un fugace istante, addirittura irriconoscibile, nel mostrarsi a lei con un tiepido fuoco acceso a breve distanza da sé, sul quale alcuni pezzi di carne stavano quietamente cuocendo sotto il controllo attento della giovane Ras'Jehr, visibilmente provata per la lunga giornata così vissuta e pur, ancora, lontana dal volersi arrendere al riposo del sonno, nel desiderio di vegliare sulla propria compagna così come aveva compiuto sino a quel momento.

« Th… » tentò di sussurrare, invocando il nome della propria dea, salvo essere bloccata dall'arsura imposta alla propria bocca e gola qual conseguenza del prolungato silenzio, nonché della stessa febbre che, nonostante ogni impegno in senso contrario da parte della giovane, le aveva comunque prosciugato le membra con la propria azione impietosa e costante.
« Lode agli dei tutti. » esclamò, per tutta riposta la shar'tiagha, rilevando la ripresa della compagna e subito accorrendo da lei, nel condurre seco un recipiente semisferico colmo d'acqua, evidentemente lì predisposto a tal fine « Aspetta… non ti muovere. Sei ancora debole. »

Costretta all'ubbidienza dall'assenza di reattività del proprio stesso corpo malgrado ogni volontà in senso contrario, Midda accolse con inevitabile serenità le premure della propria compagna, nel mentre in cui ella con la mancina sollevava delicatamente il suo capo e con la destra avvicinava alle sue labbra quella specie di ciotola, offrendole l'acqua richiesta a piccoli sorsi e lì restando a servirla sino a quando non fu ella stessa a richiederle di concederle libertà, accontentata, almeno per il momento, nel proprio desiderio, e nella propria necessità, di acqua, nel merito dell'origine della quale non si volle porre dubbi, non desiderando di certo dimostrarsi ingrata alla sorte quando provvidenziale come in quel particolare caso.

« Come ti senti? » le domandò Ras'Jehr, lasciandole poggiare nuovamente il capo sull'improvvisato guanciale di sabbia lì da lei predisposto, e, dopo aver posto la ciotola poco distante, rimboccandole con premura la coperta predisposta attorno al suo corpo, per mantenerlo ora al caldo in contrasto al freddo altrimenti dominante nella notte del deserto di Shar'Tiagh « Credo sia meglio per te riposare, ma se desideri mangiare la carne non manca… »

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