11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 31 agosto 2010

963


P
er un fuggevole istante, nel confronto con l'acqua, la ciotola, la coperta e la carne, a lei generosamente così offerti, la donna guerriero si ritrovò sul punto di domandare numi nel merito di tante comodità, al limite del lusso più sfrenato, quali quelle ora lì loro riservate, ponendosi persino incerta, in conseguenza di ciò, all'idea di essere ancora nella medesima caverna nella quale erano state condotte dai loro codardi aggressori. Tuttavia, sforzandosi di contrastare l'effetto della febbre, nell'istintiva consapevolezza di non potersi concedere ancora quel riposo di cui comunque avrebbe avuto necessità al termine di quell'imprevista avventura, ella riuscì allora a ricostruire con semplicità quanto occorso nel tempo in cui ella era rimasta priva di coscienza, ovviamente impossibile da definire dal suo stesso punto di vista, forse pochi minuti, probabilmente numerose ore, se non, addirittura, giorni, nel cogliere la soluzione dell'arcano dai numerosi, piccoli indizi presenti attorno a sé e nel dedurre, in maniera razionale, l'evidenza pur intrinseca nel resto.
La coperta, per prima, venne identificata quale una pelliccia, una calda pelliccia non ancora conciata, carica ancora non solo dell'odore di chi, prima di lei, aveva indossato quelle stesse spoglie, ma persino e ancora, sporca del sangue della medesima. Strappata con cura dalle membra della sfinge, quella pelle, se fossero sopravvissute abbastanza da ritornare a contatto con la civiltà, avrebbe potuto divenire il superbo trofeo che già Midda aveva augurato per se stessa: ora, in maniera sicuramente più barbara di quanto mai neppur la donna del sud, nonostante tutti i pregiudizi della giovane del nord, si sarebbe potuta definire abituata a fare, quella stessa stava comunque adempiendo perfettamente alla propria funzione, al proprio compito, in maniera semplice e diretta, senza eccessivi, e sostanzialmente inutili, orpelli. Ma non solo quel particolare fu identificato, dallo sguardo ora più attento della donna guerriero, qual gentile e involontaria concessione della loro preda, della creatura sconfitta in un combattimento che difficilmente avrebbe potuto essere commemorato fra i migliore della propria carriera. Anche la carne, naturalmente, e la ciotola, meno banalmente, si concessero, infatti, qual frutto di un forse macabro, e pur accurato, operato della giovane shar'tiagha: la prima, mostrando una provenienza sufficientemente chiara, appariva infatti primitivamente tagliata dalle grandi cosce della potente fiera, ricche di muscolo; mentre la seconda, meno ovvia e pur distinguibile, risultava, a un esame più attento, nulla di diverso rispetto alla stessa calotta cranica di quella metà antropomorfe, probabilmente infranta a colpi di pietra e riadattata a tale scopo, in assenza di contenitori migliori.
La coscienza nel merito della natura di quanto appena considerato quale un lusso, che pur avrebbe fatto inorridire la maggior parte delle persone, non turbo minimamente chi nella propria vita aveva visto e fatto molto di peggio rispetto a ciò, lasciandola, al contrario, sorridere quasi divertita…

« E poi… sarei… io la barbara… » sussurrò tossicchiando, nel tentare di ritrovare, attraverso l'ironia, un maggiore contatto con la realtà e un maggiore controllo sul proprio corpo.
« Evidentemente a stare con te, sono stata alfine mal influenzata. » replicò Ras'Jehr, comprendendo immediatamente le ragioni di tale commento e accogliendo simili parole con assoluta quiete, anche dove, probabilmente, pochi giorni prima, se non, addirittura, poche ore prima, sarebbero risuonate alla sua attenzione quali estremamente offensive.
« Sarà… come dici. » sorrise ancora la donna guerriero.

Quelle poche parole, unite allo sforzo necessario a bere, stancarono il corpo della mercenaria molto più di quanto ella avrebbe gradito ammettere, obbligandola in conseguenza di ciò a un breve momento di pausa. Intervallo che, senza che le fosse concessa occasione di consapevolezza, di coscienza, si prolungò suo malgrado molto più a lungo di quanto avrebbe preferito, lasciandola sprofondare in cupe tenebre mentali sino al mattino seguente quando, incredibilmente, la febbre che per quasi ventiquattro ore l'aveva torturata e stremata, le concesse un'occasione di tregua, permettendole di ritornare nuovamente padrona di sé.
Nel mentre di tale nuova perdita di contatto con la realtà per Midda, anche Ras'Jehr, nutritasi e dissetatasi, non riuscì a evitare brevi momenti di riposo, pur mantenendosi perennemente all'erta a evitare possibilità di nuovi, spiacevoli incontri. Se, infatti, una sfinge era stata uccisa e, ormai, ridotta all'impotenza a un livello tale che neppure un dio avrebbe potuto fare molto per essa, alcuna certezza sarebbe potuta essere loro concessa nel merito dell'assenza di altre sfingi all'interno di quella grotta non completamente esplorata, e potenzialmente estesa per diverse miglia nel sottosuolo desertico, così come, su un fronte nettamente opposto, alcuna ulteriore sicurezza sarebbe stata da loro riconosciuta a riguardo dell'effettiva scomparsa dei loro aggressori e candidati carnefici, i quali sarebbero potuti presto ritornare per verificare l'evidenza della loro dipartita o, eventualmente, per condurre altri disgraziati verso il medesimo destino già a loro promesso. Un sonno, pertanto, estremamente lieve, e particolarmente agitato, quello che animò il cuore della giovane, e che pur non fu ora completamente rinnegato così come era stato già nelle prime ore, dal momento in cui, dopotutto, ella non avrebbe potuto ignorare quanto, alla ripresa della propria compagna, grande fatica avrebbe atteso entrambe, nella sfida volta a recuperare contatto con il mondo civile ora per loro perduto, con l'area fertile e abitata del regno di Shar'Tiagh da cui erano state allontanate in chissà quale direzione. Non solo utile, pertanto, ma addirittura necessario fu per lei il riposo, riposo che pur non le impedì di essere nuovamente al fianco della sua quasi parente alla di lei nuova ripresa.

« Ora… sto meglio. » definì la donna guerriero, dopo essersi ancora una volta dissetata, bevendo con innegabile piacere, tanto per l'acqua, quanto per il recipiente adoperato, dai resti del capo della creatura da loro sconfitta « Per quanto sono stata fuori combattimento? » si informò, facendo leva sui gomiti per tentare di porsi a sedere, ovviamente aiutata in tal senso dalla propria premurosa compagna di ventura « Quanti giorni ho perso? » domandò, dando già per certo che il conteggio avesse da considerare tale unità di misura.
« Solo uno, per ora. » rispose la giovane shar'tiagha « Tuttavia… » aggiunse subito dopo, nel non voler celare la gravità della situazione con fare eccessivamente ottimistico, in conseguenza al quale la vita stessa dell'altra avrebbe potuto essere posta in serio dubbio « … dubito che le tue condizioni possano essere considerate propriamente ideali. Al contrario: sono seriamente preoccupata per te. Le carezze della sfinge non sono state particolarmente delicate nei tuoi riguardi. »
« Mmm… la febbre mi sta lasciando. » osservò la mercenaria, nel mentre in cui, in virtù del lieve movimento così accennato, dalla sua schiena giunsero chiare fitte di dolore a definire quanto martoriata avesse da essere giudicata la medesima in tale frangente « Tuttavia… » scimmiottò l'interlocutrice, con volontà scherzosa, ma con una non dissimulata maschera di dolore per la pena provata « … credo che tu non abbia tutti i torti. Quella dannata cagna mi ha lasciato brutti graffi sulla schiena. »
« Credo che anche il braccio non si possa definire in buone condizioni. » puntualizzò Ras'Jehr, in riferimento all'arto destro, esposto volontariamente alle fiamme, il quale, sebbene illeso nella propria parte metallica, non celava l'evidenza di una spiacevole ustione là dove ancora era la sua carne, sulla spalla e, ancora, sul suo stesso fianco.
« E non hai visto ancora nulla: probabilmente sotto il metallo è anche peggio. » obiettò Midda, sforzandosi di sorridere nel ritrovarsi a essere ormai seduta e cercando, nel mentre di quelle parole, di analizzare il proprio effettivo stato di salute, al fine di comprendere entro quali limiti potesse ipotizzare di spingersi nelle ore successive « La maggior parte di coloro che hanno coscienza della mia menomazione ignorano questo particolare, ma ho ancora ossa e carne al di sotto del metallo, almeno sin sotto al gomito. E dove anche, in questo particolare momento, l'infezione sulla schiena sta tenendo lontane dalla mia mente le informazioni di dolore in merito all'ustione lì spiacevolmente presente, temo di essere uscita da questa sfida più malconcia di quanto non avrei preferito e desiderato. »
« Forse sto per domandare una stupidaggine, e se così fosse ti prego di perdonare la mia ingenua ignoranza. » premesse l'altra, ora ancor più preoccupata per lei, in conseguenza all'informazione fornitale nel merito del suo braccio destro « Non esiste modo alcuno per liberarti del metallo e curare la carne sotto di esso? Se l'ustione fosse effettivamente grave e non venisse curata, potrebbe degenerare e risultare un pericolo ancor peggiore rispetto alle piaghe aperte sulla tua schiena… »

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