11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 30 novembre 2010

1054


D
evi sapere, o mia diletta sposa, che esiste una lunga ballata, particolarmente famosa qui in Kriarya e, più in generale, in tutta Kofreya, abitualmente proposta qual intrattenimento nelle corti, per i signori, ancor prima che nelle piazze, per il volgo, in conseguenza di toni particolarmente maliziosi, per non dire assolutamente espliciti, che essa utilizza allo scopo di narrare le gesta, apparentemente guerriere sostanzialmente erotiche, di un uomo e di una donna, i quali, inizialmente animati solo da chiara, sincera e reciproca brama di sangue e di morte, ben presto cedono il passo a emozioni di natura ben diversa. In ciò, senza riservarsi reali ragione di imbarazzo, senza concedersi un qualche concreto pudore nonostante le tematiche così affrontate, le strofe, i versi di tale componimento si impegnano a descrivere la lunga serie di amplessi nella quale quell'uomo e quella donna si lasciarono così coinvolgere dopo l'iniziale avversione, l'effimero antagonismo, trasformandosi da sfidanti ad amanti, da nemici a compagni di letto, e proponendo tale cronaca con un'accurata e puntuale dovizia di particolari utili a suscitare interesse e diletto nei lussuriosi ascoltatori della medesima.
Permettimi pertanto, ora, di interrompere per un fuggevole istante, per una breve parentesi, la narrazione dei fatti che occorsero all'epoca per renderti edotta in quello che è il morigerato inizio di tale ballata, là dove la coppia ancor non ha da definirsi quale impegnata in amore, quanto, piuttosto, in guerra, e viene così descritta, se pur in maniera superficiale, nelle caratteristiche allora proprie.
Una descrizione che, sono certo, non mancherà di offrirti una sensazione di déjà vu, nel merito della quale desidero concedermi rapida occasione di riflessione a meglio definire gli animi di coloro di cui mi sto concedendo di parlarti…

Come pece il suo corpo nero
come latte la sua pelle bianca,
folli i colpi a destra e manca
incontro non d'amor ma battagliero,
duro scontro senz'arme o destriero
fra chi desiderava vita franca
e della lotta non era già stanca,
e un vecchio e provato guerriero
con il tempo divenuto altero.

Non spada o lancia s'incrociarono,
quando tentaron di farsi la pelle
in quella cupa notte senza stelle,
non lame o picche s'incontrarono,
ove essi carne adorarono
impegnar in quella sfida ribelle,
destinata ad animar novelle
di quelle che sempre si narrarono
per folla trattener s'impegnarono.

Se furon le curve a dominare
di lei, prospere e abbondanti,
o i muscoli, sodi e prestanti,
di lui allor a imperversare,
impossibile è da dichiarare
ove l'uno all'altra eccitanti
si mostrarono in ciò appaganti,
al punto tale da dimenticare
della morte il primo invocare.

… e qui mi arresto, nel non desiderare offendere in maniera blasfema la dolce innocenza del nostro figliuolo, ancor troppo piccolo, infante, per potersi e volersi interessare a determinate tematiche che pur, fra una decina d'anni, non mancheranno di suscitare in lui reale sete di conoscenza e, ancor più, di esperienza, e nell'aver, ritengo, raggiunto lo scopo prefisso con questo intervento.
In effetti, tutt'altro che complesso, a questo punto della vicenda, immagino si ponga ipotizzare una connessione fra Midda e la donna dalla pelle bianca come il latte, così come fra Ma'Vret e l'uomo dal corpo nero come la pece, e, anche in conseguenza di ciò e della mia particolare scelta di concederci questa particolare interruzione in questo preciso momento, ritenere come quel loro nuovo scontro, quell'occasione tanto accuratamente pianificata da parte della stessa donna guerriero, sia stata in tal modo romanzata, offrendo memoria ai posteri di quanto accadde in quell'angolo sperduto nel territorio tranitha. Tuttavia, a render vana tale eventualità, non posso evitare di sottolineare quanto anticipato all'inizio di questo mio resoconto, ossia la comune e pubblica mancanza di informazioni nel merito di quanto occorso in quella prima missione di colei che solo ora è tanto famosa e rinomata, ma che, all'epoca di quei fatti, non sarebbe stata neppur considerata meritevole di possedere un nome propri.
Quale senso ha da esser quindi associato a questo particolare intervallo canoro, a questo intermezzo musicale che mi sono voluto riservare, interrompendo tanto bruscamente il ritmo della narrazione, nell'ipotesi che non abbia semplicemente voluto offrirti tutto ciò in maniera gratuita e fine a se stessa?
A mio umile avviso credo che sia interessante sottolineare come, sebbene già esistente e diffusa da molti anni, addirittura decenni, prima degli eventi di cui ti sto rendendo ora partecipe, questa ballata non mancò di essere allora, effettivamente e spontaneamente, associata, innanzi all'immaginario collettivo, proprio ai due protagonisti di tali fatti, sfruttando in questo senso non tanto un'effettiva conoscenza nel merito di ciò che avvenne o no in quella notte, o in un'altra qualsiasi notte della lunga assenza dei due dai confini della capitale, quanto, più semplicemente, basandosi sul successivo, e non dissimulato, legame, sentimentale e fisico, che vide relazionarsi per un certo periodo di tempo i due soggetti in questione, almeno sino alla decisione di quest'ultimo di ritirarsi dalla professione da sempre propria in favore di una vita più tranquilla, lontana dai pericoli, nello scomparire definitivamente dalla scena cittadina e dall'intero mondo civilizzato, scelta non condivisa dalla propria compagna e, in ciò, formalmente causa della loro separazione. Un componimento già ampiamente noto e diffuso qual questo, pertanto, nel corso del tempo finì per essere ricordato quale "La ballata di Midda ed Ebano", contribuendo in misura notevole, inutile a dirsi, non solo alla fama della donna guerriero in quanto mercenaria, ma ancor più in quanto donna, nel favorirne la presenza nei sogni intimi e proibiti dei più, comprendendo anche coloro che mai, neppure, hanno avuto una qualche occasione per incontrare la stessa protagonista di tali fantasie, in una notorietà dopotutto non diversa da quella che, già prima di allora, il colosso nero aveva avuto occasione di riservarsi e che, in ciò, segnò in maniera ancor più evidente, palese, il metaforico passaggio di consegne fra i due, fra chi, in misura minore, aveva dominato nel passato prossimo, e chi, in misura maggiore, avrebbe dominato nell'immediato futuro.
Al di là di quanto la massa può essersi però illusa di conoscere nel merito di Midda ed Ebano, soprattutto in quell'avventura che segnò, effettivamente, l'inizio del loro appassionato rapporto, alcun risvolto di natura romantica o, semplicemente, sessuale, li vide protagonisti attivi o passivi né in quella sera, né in qualsiasi altra sera di quel loro viaggio, dal momento in cui, al contrario, entrambi impegnarono, con dedizione assoluta, con impegno sincero e privo di qualsiasi secondo fine, di qualsiasi malizioso e celato scopo alternativo, al solo scopo di potersi abbattere reciprocamente, vincere l'uno sull'altra, imponendo in grazia di ciò, per quanto forse a malincuore, la morte sulla propria controparte. Un duello, quello che in quella notte si delineò, che non vide risparmiato alcun colpo, non vide esclusa alcuna risorsa, e che, in tanta reciproca devozione, se pur mortale, ha probabilmente da essere considerato il momento chiave nello sviluppo del rapporto fra i due, del sentimento che presto li avrebbe visti uniti quali coppia d'amanti, e non più d'avversari.

lunedì 29 novembre 2010

1053


N
ella totale insensatezza propria di quella situazione, alcuno stupore, alcuna sorpresa poté caratterizzare Ebano nel confronto con la confidenza da lei allora dimostrata non solo con la sua stessa identità, ma anche con quella propria del suo mecenate per quella particolare missione, informazione che non avrebbe dovuto essere considerata sì ovvia là dove egli, così come numerosi altri grandi nomi fra i mercenari di Kriarya, difficilmente si sarebbe asservito in maniera costante a un singolo signore. In effetti, come puoi ben comprendere, dal punto di vista proprio della donna, tutt'altro che difficile, che improponibile avrebbe dovuto essere giudicato il raggiungimento di quel particolare risultato, di quella consapevolezza, là dove troppi pochi, all'epoca, avrebbero potuto essere considerati i giocatori presenti attorno a lei, i nomi a lei interessati, nel bene o nel male, per potersi permettere occasione di dubbio. Tuttavia, in quel particolare contesto, in quella specifica situazione, l'uomo non si permise la benché minima curiosità attorno alla sicurezza da lei dimostrata in tale affermazione, né, parimenti, per l'assurdo delirio espresso nel merito di una chimera, creatura contro alcuno avrebbe osato sperare di poter combattere e sopravvivere, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze derivanti da una tale presa di posizione, da là dove, in grazia della stessa, era stata allora sancita qual ineluttabile la loro sfida mortale, la stessa competizione da lui stesso sì ricercata, sì invocata, in parole e atti, ma, forse e ormai, neppur considerata più così prioritaria come fino a qualche tempo prima non avrebbe avuto esitazione a dichiarare. Purtroppo per lui, però, le parole della propria interlocutrice non avrebbero potuto essere giudicate quali semplicemente gratuite, espresse per banale scherzo, così come molte altre prima di quelle in quella loro serata insieme e, ancora, nel tempo precedentemente loro riservato al primo incontro: le intenzioni della giovane mercenaria dagli occhi color ghiaccio e dai capelli corvini avrebbero dovuto essere accolte quali mortalmente sincere, in misura tale da non permettergli alternativa alcuna rispetto allo sviluppo in tal modo preannunciato.
Consapevole di tale realtà, letta in maniera puntuale nello sguardo di lei, egli non poté allora evitare di rialzarsi e porsi, con tutta la propria vigorosa mole, innanzi a lei, altrettanto serio di fronte alla propria controparte, là dove qualsiasi scherzo, in quel momento, avrebbe potuto essere accolto solamente quale un desiderio di irrispettosa offesa verso di lei, scherno del quale, altresì, non avrebbe voluto rendersi protagonista, privo di ragioni in tal senso.

« E sia. » si limitò a confermare, chinando appena il capo innanzi a lei « Per quanto, in questo momento, appagare il desiderio di sangue di lord Cemas sia l'ultimo fra i miei desideri, come tu hai ben definito noi siamo professionisti… e come tali è giusto comportarci, uccidendo anche ove privi di qualsiasi ragione per farlo. » soggiunse, in parole che parvero, allora, essere più rivolte verso se stesso che verso di lei, a convincersi della ragionevolezza di quello scontro.
« Bene… » annuì ella, tornando a proporgli un lieve sorriso, quasi volesse offrire trasparenza di quanto nulla di tutto quello fosse, nel confronto con il suo animo, ragione di condanna verso di lui, nel riuscire ad affrontare la questione con una freddezza, un distacco emotivo, incredibile, qual solo, del resto, l'ha sempre caratterizzata nell'assolvimento dei propri incarichi, delle proprie missioni, nel corso delle quali mai si è concessa possibilità di mischiare sentimenti intimi alle azioni caratteristiche del proprio mestiere.
« Mi dispiace solamente che gli dei si siano dimostrati tanto crudeli, nella loro ricerca di occasione di svago, da porci l'uno contro l'altra, là dove, in situazioni diverse, forse, avremmo potuto concederci un rapporto… migliore. » puntualizzò l'uomo, continuando nel proprio breve monologo così posto a conclusione di quella loro pacifica parentesi, aprendo le mani ai lati del proprio corpo, a dichiarare, in tal modo, il proprio essere disarmato suo pari e, in ciò, la propria volontà di affrontarla in tal modo, dove pur le armi adoperate in passato avevano avuto occasione di dimostrarsi maggiormente di dolo ancor prima che di utilità « Per quanto poco possa valere, farò di tutto affinché la morte sia meno dolorosa possibile per te… e, dopo di ciò, mi premurerò di riservarti ogni rito funebre necessario ad assicurarti eterno e quieto riposo, libera e lontana dalle assurdità proprie di questo mondo, di questa realtà. »

Un impegno sincero, quello così assunto da parte di Ma'Vret, che, per quanto orrido, osceno nella propria stessa formulazione, in quel particolare contesto avrebbe comunque dovuto essere accolto qualche una concreta dimostrazione di stima nei riguardi della sua interlocutrice, di colei verso la quale ormai, senza sciocche inibizioni, non avrebbe potuto evitare di volgere un chiaro sentimento di rispetto, forse di ammirazione, paradossale ma onesto.

« Ma con quale nome dovrò ricordarti…? » domandò egli, infine, nel solo, ultimo e conclusivo interrogativo che gli sarebbe dovuto essere pur riconosciuto quale corretto, legittimo, in conseguenza dell'ignoranza che ancora, suo malgrado, lo caratterizzava nei riguardi di chi, tre settimane prima, aveva frettolosamente giudicato immeritevole di qualsiasi appellativo personale, nel definirla consciamente e banalmente quale "straniera".
Ed ella, quasi nel desiderio di rinnovare la promessa già propostagli al loro primo incontro, quand'egli stava svenendo, rifiutò di concedergli, tanto semplicemente, tale consapevolezza, forse nel non giudicarlo ancora degno di simile occasione, limitandosi a sorridergli e a commentare verso di lui: « Non temere. Non ti farò morire prima di aver imparato a pronunciare il mio nome. »

In tal modo definite, da parte di entrambi, le reciproche posizioni, necessariamente antagoniste là dove la posta in palio avrebbe dovuto essere individuata, in maniera terribilmente angosciante, quale quella più alta possibile, quella propria della sopravvivenza, lo scontro tanto a lungo rimandato non poté ovviare finalmente a occorrere, vedendo, in tal epico confronto, impegnati non più due sconosciuti, privi di qualsiasi interesse l'uno nei riguardi dell'altra, in tal modo coinvolti solamente dai voleri, dai capricci di un uomo distante e di un fato imperscrutabile, quanto, piuttosto, ancor due sconosciuti, e, ciò nonostante, in quella stessa battaglia impegnatisi con una consapevolezza diversa, con una serietà e un rispetto l'uno nei riguardi dell'altra, che avrebbe dovuto essere giudicato proprio di una ballata di tempi antichi, di epoche leggendarie, e non dei crudi e miseri tempi moderni, purtroppo privi di qualsiasi romantica poesia, di qualsiasi valore morale, tale da trasformare, almeno agli occhi di un osservatore, alle orecchie di un ascoltatore, quello che, sostanzialmente, era e sarebbe rimasto un assurdo combattimento privo di logica alcuna, in qualcosa degno di essere ricordato, di essere raccontato anche ai posteri. E, forse per questo, quando il primo pugno di Ebano solcò l'aria, a definire l'inizio di quanto, chiunque, avrebbe giudicato essere la fine di almeno uno dei due protagonisti lì schierati, estremamente diverso fu ciò che egli stesso avvertì ad animare il proprio cuore rispetto alla loro prima, e unica, occasione di incontro, e a quanto, pur, avrebbe spergiurato sarebbe stato in quel momento: non noia, non disinteresse, ma neppure rabbia, ira o bramosia di imporre la propria fama, la propria gloria, in contrasto a chi tanto si era divertita a porlo in ridicolo, quanto, piuttosto… ansia.
Quasi senza neppure permettersi di respirare, estraniandosi dal proprio stesso corpo per non concedersi occasione di contatto concreto con quella realtà ormai non più gradita, egli seguì allora il moto di quel colpo che, era certo, se solo avesse incontrato il capo della donna, non avrebbe evitato di frantumarlo, di distruggerlo, senza esitazione alcuna, senza la benché minima fatica, dove già similmente vittorioso su numerosi avversari in conseguenza di una devastante forza fisica, attendendo con apprensione l'inevitabile contatto fra sé e la propria controparte, nel ritrovarsi in tutto ciò a essere diviso fra la speranza che, in quel gesto, simile, assurdo scontro sarebbe terminato con sufficiente rapidità da non concedergli occasione di rimorso, da non permettergli di dubitare nel merito della correttezza di tale scelta, e il masochistico desiderio che ella potesse essere altresì in grado di evitare quello stesso attacco con la medesima agilità, rapidità ed eleganza sino ad allora dimostrate quali proprie, negandogli simile successo, anche dove, in tal modo, ella avrebbe anche reso propria l'occasione di contrattaccare, di replicare a tanta violenza con un'adeguata e corrispettiva risposta di fronte alla quale, allora, sarebbe stata sua priorità, sua necessità quella di difendersi, di evadere, ad assicurarsi speranza di salvezza.

domenica 28 novembre 2010

1052


S
olo quando entrambi terminarono il proprio pasto, a notte ormai inoltrata, la donna guerriero si riservò occasione per riprendere voce alla volta del proprio ospite, il quale, pur alfine convintosi a unirsi a lei nel rendere omaggio a quelle lepri arrostite e al loro speciale sapore, reso tale ed enfatizzato dalla presenza del finocchietto selvatico, non si era impegnato a ricercare nuovo contatto verbale con lei, quasi temesse ora l'eventualità di potersi distrarre, di poter perdere di vista, in ciò, le proprie principali priorità e, ancor peggio, concedere alla propria controparte una nuova occasione a suo discapito, in sua offesa. Ove pur, sino a quel momento, la mercenaria, per quanto posta ampiamente nella possibilità di recargli danno, non si era dimostrata in alcun modo a lui avversa, l'idea stessa di una donna sufficientemente abile, agile, veloce e discreta quale ella aveva offerto ampia riprova di essere, non avrebbe potuto mai entusiasmare alcuno, neppur lo stesso Ebano, per quanto guerriero di indubbio valore.
E così, non l'uomo e le sue molteplici domande, ancora rimaste prive di qualsivoglia risposta, si proposero qual protagonisti attivi di quella ripresa di confronto, di dialogo, quanto, piuttosto, la giovane anfitrione, con la sua voce stranamente melodica, per quanto, come anche tu ben sai, mia signora, decisamente distante dall'armonia, dalla modulazione di quelle voci che, abitualmente, siamo abituati a considerare trasparenti di femminilità.

« Veramente ottimo. » commentò ella, rigettando lo spiedo, ormai inutile, nella stessa natura a loro circostante dal quale l'aveva colto, quasi a voler restituire al legittimo proprietario quanto, in tal modo, semplicemente preso in prestito e non considerato qual proprio « Senza falsa modestia, credo che sia stata una delle migliori lepri che ho cucinato in questi ultimi giorni… »

Impossibile, in quel momento, fu per Ma'Vret stabilire quanto quell'ultima asserzione, proposta senza apparente importanza, senza reale interesse, quale semplice nota a margine di un personale monologo di lode agli dei per la loro generosità nell'offrirle tale occasione di pasto, fosse da considerare quale realtà o menzogna, là dove, se solo fosse corrisposto al vero, colei il cui nome a lui ancora non era noto, si sarebbe proposta ancor più incredibile, e temibile, di quanto avrebbe potuto supporre in virtù della semplice presenza di quelle due prede quali cena per quella stessa, particolare sera. Se, infatti, nello stesso tempo in cui egli a fatica, con non poca difficoltà, era riuscito a evitare di perderla in quelle ultime settimane, riducendo sempre più la distanza esistente fra loro con lo stesso impegno, con la stessa foga con cui aveva conquistato, in passato, incredibili traguardi, e, in ciò, permettendosi il consumo di carne secca, o, tutt'al più, di qualche bacca selvatica, raccolta lungo il cammino, ella non solo si era concessa di mantenerlo a distanza da sé con assoluto, libero arbitrio, ma, ancora, si era permessa di provvedere quotidianamente a dare la caccia a della selvaggina utile ad adornare il proprio desco al pari di quanto lì appena occorso, indubbio, se non addirittura inammissibile, sarebbe dovuto essere giudicato il livello di superiorità proprio in lei rispetto alle sue potenzialità, almeno nell'ambito proprio della gestione di un simile percorso, di un viaggio sì lungo e pur tutt'altro che fine a se stesso, che privo di una definita consapevolezza nel merito dei propri traguardi.

« Non hai nulla da dirmi? » domandò la donna, nel confronto con l'inalterata laconicità del proprio desiderato interlocutore, nel rialzarsi, ora, in piedi e nell'innalzare le braccia al cielo, congiungendo le mani sopra la propria testa, in un gesto utile a distendere i muscoli della propria schiena, contratti a seguito della lunga permanenza in quella posizione seduta « Non che desideri qualche plauso particolare, un encomio formale… ma potrebbe farmi sicuramente piacere sapere se, per lo meno, il pasto ti ha offerto un qualche diletto di sorta o no. »
« E'… è stato gradevole. » ammise egli, riponendo, a differenza di lei, il proprio spiedo con cura accanto a sé, bastone troppo sottile per poter essere giudicato un'arma degna di tale nome, e pur risorsa che, in quel momento, preferiva evitare di sprecare vanamente « Ti ringrazio. »
« Bene. E' sufficiente… non impegnarti in misura maggiore o potrei commuovermi. » sorrise Midda, con fare spontaneamente sornione, nel ritrovarsi oggetto di una così poco generosa replica a quella che, chiaramente, avrebbe dovuto essere considerata un'incitazione a prendere voce qual dimostrazione di riconoscenza per quanto da lei così organizzato « Ora, se non sei troppo stanco, credo che potremmo pure incominciare. O, se invece preferisci concederti un'occasione di requie, potremmo riposare e concederci di pestarci a sangue domani mattina, prima di colazione… »

L'assoluta, trasparente, indubbia serenità con cui simili affermazioni furono allora proposte, non mancò di ritrovare, per l'ennesima volta, sorpreso, spiazzato, il colosso nero, il quale, se pur ormai aveva rinunciato a cercare di comprendere i percorsi mentali propri della controparte, le ragioni proprie alla base delle sue scelte, non avrebbe mai potuto accogliere quell'annuncio, quel manifesto in tal modo proposto, con superficiale disinteresse, con banale distacco, al pari di quello da lei altresì fatto proprio nel definirlo. Motivo per il quale, egli restò allora seduto, immobile là dove aveva appena concluso la consumazione della propria cena, volgendo uno sguardo interrogativo verso di lei, a comprendere entro quale misura avrebbe mai dovuto essere considerata seria nei propri propositi e, entro quale, al contrario, avrebbe forse dovuto essere giudicata completamente folle, priva di senno alcuno, qual unica giustificazione a un comportamento così estraneo a qualsiasi possibilità di apprezzamento, comprensione o gestione.

« Allora? » insistette ella, nel mantenersi con le braccia tese al cielo e nel piegarsi, in tal posa, prima verso destra e poi verso sinistra, un lieve accenno a quegli esercizi fisici per lei così consueti, tanto abituali con i quali, inevitabilmente, anche tu, amor mio, avrai maturato confidenza nel corso del vostro cammino da Y'Shalf a questa città e al calore delle mie braccia in attesa per il tuo arrivo, per la tua venuta a donare luce e gloria alla mia vita come mai, prima, mi sarebbe potuto essere permesso di immaginare qual possibile « Vuoi combattere o preferisci riposare? » gli chiese nuovamente, a sottolineare il concetto già espresso, riformulandolo con parole più concise, più dirette, nel confronto con le quali non potersi permettere dubbio alcuno, incertezza di sorta.
« Ma… tu sei pazza o, semplicemente, fingi di esserlo?! » la interrogò Ebano, a propria volta non riservandole possibilità di equivoci attorno a simile questione « Io ti attacco, tu mi sconfiggi. Non mi uccidi e, anzi, ti impegni a trascinarmi attraverso l'intero regno di Tranith in un assurdo giuoco da infanti. Alla fine decidi di invitarmi per cena, mi sfami e, ora, vorresti affrontarmi?! »
« Per la precisione ti sto offrendo possibilità di scegliere fra cercare di farci reciprocamente a pezzi subito o, prima, concederti una notte di sonno e, poi, impegnarci a tal fine. » puntualizzò la donna, riabbassando le proprie braccia solo al fine di trasferire l'attenzione lì riservata a quegli estemporanei esercizi alle gambe, nel sorreggersi verticalmente sulla sinistra e nel raccogliere il piede destro contro il proprio gluteo, afferrandolo a tal fine con la corrispettiva mano in nero metallo dai rossi riflessi « Spero che tu possa gradire la premura che ti sto chiaramente dimostrando… »
« Ma… » tentò di obiettare l'uomo, aggrottando la fronte, nel ritrovarsi privo di possibilità di comprensione.
« Senti… Ma'Vret. Non facciamola tanto lunga, ti va? » scosse il capo ella, socchiudendo appena gli occhi a minimizzare la questione « In fondo siamo entrambi professionisti e non vedo ragione alcuna per girare troppo attorno all'argomento. Tu sei stato incaricato di accopparmi: la prima volta ti è andata male e per questo hai deciso di inseguirmi. Ora hai la possibilità di riscattarti… fai quello che devi. Attaccami, combattiamo, massacriamoci a vicenda, così che, una volta che avrò terminato con te, io possa andare a occuparmi di questa dannata chimera. » sancì con assoluta serietà, privando in tal senso la propria voce di qualsiasi ambigua intonazione ironica o scherzosa « Il mio mecenate, lord Brote, ha deciso di concedermi fiducia là dove il tuo mecenate, Cemas, si era riservato unicamente derisione… e io intendo agire al fine di incidere il suo nome a caratteri tanto grandi e tanto profondi nella Storia, così che alcuno, in futuro, possa dimenticarsi di quanto acume egli abbia dimostrato nella propria scelta. »

sabato 27 novembre 2010

1051


« T
u non mi hai attaccata a tradimento… hai solo tentato di attaccarmi a tradimento. » puntualizzò la donna guerriero, nel correggere le parole del proprio interlocutore là dove giudicate trasparenti di una visione distorta della realtà « E, ci tengo a sottolinearlo, con tutto il rumore che, all'epoca, sei riuscito a fare avvicinandoti a me, ti avrei distinto chiaramente anche dove non ti avessi atteso, come invece stavo pur facendo nella curiosità di comprendere per quale ragione mi stessi seguendo ormai da giorni. »
« Accetto la precisazione nel merito del tentativo di offesa in vece di un'offesa effettivamente tale, dal momento in cui solo un ingenuo si arrogherebbe il diritto di negare l'evidenza offerta da tali eventi. » acconsentì egli, annuendo appena « Tuttavia, rifiuto categoricamente la tua critica nel merito del mio incedere: la mia fama parla per me nel merito delle mie reali qualità, della mia assoluta discrezione, della mia letale pericolosità. » definì, in un chiaro moto d'orgoglio « O forse credi tu di essere superiore a tutti coloro che già, in conseguenza della leggerezza dei miei movimenti, hanno perduto la vita? »
« Elimina tranquillamente quella malcelata ironia. » scosse il capo la donna, tornando, con gesti volutamente lenti, al fine di non risultare aggressiva, a cogliere uno dei due spiedi dal fuoco per poter saggiare il livello di cottura delle carni lì sopra infilzate « Per chi si è abituata a rimuovere dalla propria attenzione gli infiniti rumori propri di una nave nel mezzo di un mare in tempesta, ti assicuro che riuscire a identificare una presenza estranea in un ambiente infinitamente più tranquillo, pacifico, silenzioso quale quello caratteristico della terra, è a dir poco scontato… » affermò con confidenza assoluta nelle proprie capacità, nel mente in cui spinse nuovamente l'indice mancino a premere contro le forme della lepre, per poi dichiarare « E' cotta… serviti pure e godi del meraviglioso sapore del finocchietto. »
« L'eccessiva sicurezza di sé è caratteristica di molti novellini… » dichiarò Ebano, non risparmiandosi una critica assolutamente condivisibile, verità praticamente assoluta, in conseguenza della quale dozzine di stolidi ingombrano ogni giorno le vie proprie di questa città con le proprie carcasse, con i propri corpi morti, vittime di quella stessa sopravvalutazione delle proprie possibilità, delle proprie capacità « Ho già ammesso il tuo valore… ma non pretendere che io ti possa considerare sì tanto superiore a me e a chiunque altro come vorresti lasciar credere. » proseguì, allungando a propria volta la mano destra in direzione dell'altro spiedo lì presente, sinceramente affamato e, ancor più, sinceramente curioso di assaporare simile spezia da lei promessa qual miracolosa « Splendide lepri. » riconobbe, offrendo un lieve sorriso alla propria inaspettata e imprevedibile anfitrione.

Nel mentre di quel gesto e di quelle ultime parole, in un tempo tanto effimero, sì minimale da non imporgli alcuna particolare ragione di prudenza nel confronto con lei, là dove, se anche animata dalle peggiori intenzioni, difficilmente ella sarebbe riuscita a nuocergli, egli si concesse occasione di chinare lo sguardo sull'animale a lui in tal modo presentato, effettivamente selvaggina di tutto rispetto in virtù della presenza della quale, inutile a dirsi, sarebbero dovute essere ulteriormente lodate le capacità proprie di quella giovane mercenaria, non solo dimostratasi in grado di distanziarlo continuamente e inesorabilmente, quanto, peggio ancora, anche in grado di intrattenersi, nel mentre di simile impegno, con piccole azioni di caccia, quali quelle a lei pur necessarie per assicurare l'organizzazione di un tale, modesto, ma non povero, banchetto.
In quello stesso fuggevole arco temporale, tuttavia, la donna guerriero dagli occhi color ghiaccio si prodigò al fine di concedergli possibilità di ritrattazione nel merito delle proprie ultime parole, di quell'invito, nella sua stessa direzione, a maggior umiltà, scomparendo dal suo sguardo e proponendogli solamente uno spazio vuoto di fronte a sé, al di là di quelle fiamme, al suo ritorno in direzione della posizione precedentemente da lei fatta propria. Due, forse tre, battiti di cuore erano intercorsi dal momento in cui egli aveva separato il proprio sguardo da lei al momento in cui era tornato a cercarla; cinque, forse sei, piedi separavano i due improvvisati commensali attorno a quel fuoco; e un silenzio praticamente assoluto dominava in quell'intera area, là dove alcun animale si proponeva quale attratto dalla presenza di quelle fiamme, al contrario rifuggendole: ciò nonostante ella era svanita nel nulla, simile a un alito di vento, a una visione o, forse, a uno spettro. Per le particolari e bizzarre caratteristiche proprie di tale scenario, di simile contesto, anche il povero Ma'Vret, pur guerriero di indiscutibile fama e valore, non poté evitare di provare un brivido di istintivo timore a percorrere longitudinalmente tutta la lunghezza della sua possente schiena, lasciandolo attonito a domandarsi cosa potesse essere occorso…

« Spero che gradirai il loro sapore quanto il loro aspetto. » replicò la voce di lei, per tutta risposta.

E nel momento in cui tale tono, pur ormai quasi famigliare, lo raggiunse alle proprie spalle, cogliendolo realmente sorpreso, il colosso nero non si negò un rapido balzo in avanti, scaraventandosi, senza il benché minimo indugio, oltre le fiamme accese a breve distanza da sé, nella volontà di porre maggiore distanza fra se stesso e la propria avversaria, colei che, in quel momento, egli non mancò di definire qual orchestratrice di una strategia semplice e pur efficace, là dove, in grazia di tante chiacchiere, nonché con l'offerta del coniglio, lo aveva distratto, al solo fine di poter prevalere su di lui.
Mai una qualche valutazione sarebbe potuta risultare più erronea rispetto a quella pur rapida condanna, ove, malgrado la discrezione assoluta e incredibile, che pur aveva caratterizzato quei movimenti e che mai sarebbe potuta essere prevista da parte dell'uomo, nonché la posizione raggiunta dalla donna in ciò, a lui sopraggiunta tanto vicina da poter presupporre qualsiasi azione offensiva a suo discapito, ella non si mostrò in alcun modo intenzionata allo scontro, limitandosi ad apparire con il lungo spiedo sorretto fra le mani e, subito dopo, addirittura, con i bianchi denti impegnati a chiudersi attorno a un primo boccone di quella fragrante carne arrostita.

« Ma c-cosa… c-come?! » domandò l'uomo, concedendosi un istante di assoluto stupore, sbalordimento, nell'osservarla e nel non riuscire neppure a comprendere con cosa potesse avere a che fare, giudicando assolutamente improponibile, per una comune donna mortale, muoversi con tanta rapidità e tanta quiete così come, pur, ella era appena riuscita a compiere.
« Ti prego. » sorrise ella, ritornando a sedersi con assoluta tranquillità, accomodandosi là dove, un attimo prima, era seduto il proprio stesso interlocutore « Fammi, e fatti, dono dell'occasione rappresentata da questo, modestamente, ottimo pasto e mangia serenamente la tua lepre mentre io farò altrettanto. Poi, se vorrai, potremo combattere anche per tutta la notte, così che il tuo orgoglio da grande guerriero maschio del nord non sia posto gratuitamente in dubbio da una fragile fanciulla del sud. » commentò, non senza evidente ironia in quelle stesse parole « Che ne pensi? Ti piace come idea? »

Difficile sarebbe stato, e fu, per Ebano, accettare quanto occorso, da un lato rimproverandosi di essersi dimostrato eccessivamente sciocco, a dir poco sprovveduto, nel confronto con lei, favorendola in tanta apparente dimostrazione di palese superiorità, e dall'altro rifiutando di considerare tutto ciò qual semplicemente conseguente a delle proprie esplicite mancanze, un proprio dolo, là dove, nonostante tutto, ella non avrebbe dovuto riuscire a coglierlo così facilmente di sorpresa, non avrebbe dovuto essere capace di compiere quanto compiuto. Per tal ragione, a lungo egli si mantenne in piedi, silenzioso, nell'assenza di qualsiasi ulteriore volontà di parola, e statuario, nella tensione che, in quel mentre, dominò tutti gli energici muscoli del suo corpo, non sapendo in quali termini potersi proporre nel confronto con lei, con quella figura femminile, che in altri contesti, in diverse situazioni, non avrebbe esitato a definire qual inerme, impossibilitata a offrirgli il benché minimo danno, e che, altresì, difficilmente si sarebbe allora potuto più permettere di giudicare qual tale.
In ciò, probabilmente fiera nel proprio intimo per il risultato ottenuto, e pur negandosi qualsiasi occasione di palesare tale, legittimo sentimento, Midda non insistette ulteriormente verso di lui, dimostrando, così come già del resto annunciato e chiaramente definito, di preferire allora impiegare le proprie energie, il proprio interesse, verso quella gustosa cena, rimandando a posteriori qualsiasi eventualità di confronto con lui.

venerdì 26 novembre 2010

1050


« P
erché è una vera delizia… » sorrise ella, nell’offrire fraintendimento al reale soggetto della questione, forse equivocando realmente il senso di quella richiesta o, più probabilmente, impegnandosi ancora e semplicemente a scherzare con lui, nella condivisibile volontà di stemperare eventuali animosità che pur avrebbero potuto sussistere fra loro « … a nord non lo usate per esaltare il sapore dell'arrosto? »
« No. » negò egli, salvo immediatamente rendersi conto di come la propria risposta, tanto avara nella propria stessa formulazione, non avrebbe potuto essere considerata realmente trasparente di un qualche significato, di un qualche messaggio, soprattutto ove posta a confronto con una chiara e ricercata ambiguità nell'argomento da lui pur altrettanto concisamente proposto in precedenza « Cioè, no. » tentò di spiegarsi, salvo, con fare non poco impacciato, dimostrarsi del tutto incapace, almeno in quel primo istante, di riportare reale successo in tal senso, in simile desiderata direzione, in sincera difficoltà in quel confronto pur tanto quieto, sì rilassato e, per tal ragione, probabilmente più temibile e sconvolgente di belligeranti alternative.
« "No. Cioè, no." » ripeté la donna dagli occhi color ghiaccio, aggrottando la fronte e non risparmiandosi una moderata risatina, espressione di quieta ilarità innanzi a tanta difficoltà espressiva « Caro Ma'Vret… forse intendevi dire "No. Cioè, sì."…? O, forse "Sì. Cioè, no."? Ti prego, non mi porre in difficoltà con un'eloquenza sì tanto elaborata: dubito che io, povera barbara proveniente dalle isole del sud, potrei essere in grado di apprezzare la raffinatezza di cotanti dialoghi. »

E se anche, nonostante tutto, egli avrebbe pur avuto pieno diritto di innervosirsi per tanto scherno a proprio discapito, il colosso nero volle dimostrarsi più corretto, più leale di quanto sarebbero stati molti suoi pari posti nella medesima situazione, accettando di buon grado e con sincera autoironia la prova così propostagli dal fato e dalla propria interlocutrice. In un gesto sin troppo imprudente per una simile situazione, egli volle pertanto e addirittura unirsi a lei nel divertimento così dimostrato, scoppiando a ridere di gusto e gettando in tal senso, per un istante, il capo all'indietro, arrivando a scoprire anche troppo generosamente il proprio collo all'attenzione della controparte, in una reazione che avrebbe potuto dimostrarsi letale a proprio stesso discapito ma che, fortunatamente, non si impose qual tale, nell'offerta riprova di altrettanta correttezza e lealtà anche in lei, al pari di quella da lui in tal modo appena proposta.

« I "no" sono, effettivamente, due. » si impegnò, ancora una volta, a cercare di risultare più esplicito nelle proprie parole « Il primo ha da considerarsi in risposta all'eventuale uso di questo… finocchietto selvatico, nelle regioni del nord: diverse si propongono le spezie proprie della nostra cucina, tanto negli arrosti di cacciagione, quanto in qualsiasi altro contesto alimentare. E, in ciò, non mi è mai stata concessa occasione di apprezzarne eventuali pregi. »
« Mi dispiace sinceramente per voi. » commentò, per tutta risposta, la mercenaria, levando un rametto ricoperto da piccoli fiori gialli appoggiato accanto a sé, identificandola, in ciò, quale la pianta allora sconosciuta all'attenzione del suo interlocutore, per quanto pur gradita e apprezzata anche qui a Kriarya, con un sapore che pur tu, mia signora, non hai mancato di conoscere presto in conseguenza del tuo arrivo entro queste mura, all’interno dei confini di questa capitale « E il secondo "no"? »
« Il secondo era in riferimento alla medesima interpretazione del mio quesito. » sottolineò egli, sorridendo quasi tranquillo innanzi a lei, accettando, ora, il clima che ella si era pur preoccupata di creare per loro in quel piccolo angolo sperduto di mondo, in un avvallamento come altri caratteristici l'estremità conclusiva della catena dei monti Rou'Farth a meridione « La mia domanda non era rivolta alle ragioni dell'utilizzo di tale aroma, quanto, piuttosto, alle ragioni di tutto questo: quale senso ha questo incontro… questa cena da te preparata in mio onore? Stai forse cercando di corrompermi con una lepre e qualche fiorellino? »
« Ancora una volta la tua particolare scelta di espressioni appare francamente lesiva per la tua stessa immagine, mio nerboruto gigante del nord. » commentò ella, condannando in maniera garbata, ma inequivocabile, la formulazione di quelle stesse questioni e, in particolare, dell'ultima, malevola allusione così da lui proposta, a un tentativo da parte di lei di ovviare a possibilità di conflitto fra loro in conseguenza di un simile pasto condiviso « Avevo supposto che, dopo tutto questo tempo, il tuo orgoglio potesse star iniziando a cedere il passo alla ragione… ma se riesci a dimostrarti ancora animato da un tale dubbio, evidentemente mi sono sbagliata, sopravvalutando la tua intelligenza e sottovalutando il tuo orgoglio personale. »

Nuovamente condotto con toni estremamente cordiali, e pur termini particolarmente duri, l'intervento di colei che solo due lustri più tardi sarebbe stata conosciuta quale Figlia di Marr'Mahew, si impose sul proprio interlocutore ponendo a dura prova quello stesso orgoglio personale da lei tanto precisamente offeso, in quella che sarebbe potuto anche apparire quale un tentativo di istigazione a suo discapito, in suo stesso contrasto, desideroso di scatenare in lui un sentimento di rivolta e, in ciò, ricominciare quello stesso scontro altresì implicitamente negato, nella propria volontà, da tutto quello.
Tuttavia, lungi dall'essere uno stolido, uno sciocco precipitoso, là dove, in caso contrario, mai avrebbe potuto ascendere al ruolo pur conquistato in numerosi anni di attività, Ma'Vret non poté evitare di riconoscere come, in verità, tale attacco personale avrebbe dovuto essere interpretato quale semplice e puntuale risposta al suo stesso affondo ai danni della donna, dal momento in cui, oggettivamente, le sue parole si erano poste animate da eccessiva e spiacevole malizia per poter essere apprezzate in un contesto di confronto qual, pur, era ancora il loro, un dialogo fra due guerrieri ipoteticamente avversi l'uno all'altro e non semplici chiacchiere fra due viandanti lì ritrovatisi per semplice scherzo del fato.

« E sia. » chinò il capo, dopo un lungo istante di silenzio nel quale si concesse occasione di riflettere su come poter gestire al meglio tale situazione « E' corretto che io riconosca, che io ammetta il valore che pur ti ho riconosciuto in questi giorni: l'abilità da te dimostrata non solo nel nostro primo incontro, ma, ancor più, in queste ultime settimane nell'essere continuamente e costantemente in grado di distanziarmi, non si pone qual caratteristica comune. E, in ciò, difficile sarebbe supporre senza incedere in mala fede che tu non abbia espressamente voluto organizzare questo incontro… unica ragione per la quale sono riuscito a giungere a te in questa stessa sera. »
« Ti ringrazio… » sorrise ella, non celando un'evidente soddisfazione a tale legittimazione « Il fatto che sia un uomo della tua fama a gratificarmi con tali parole, rende quest'occasione ancor più speciale e gradita. » soggiunse, chinando a suo volta il capo, in un atto di quieto rispetto per il proprio interlocutore.

Malgrado simile chiarimento, ancora lontano dalla possibilità di essere giudicabile qual trasparentemente definito, qual inequivocabilmente compreso, avrebbe dovuto essere tuttavia considerato il comportamento della giovane donna, non solo nell'organizzazione di quella stessa serata ma, ancor più, nella stessa concessione già riconosciuta al proprio ospite nel graziarlo della vita, quand'anche avrebbe potuto pretenderla qual propria e, in ciò, conquistare indubbia fama nell'accostare al proprio nome la gloria derivante dall'uccisione del grande Ebano. Ragione per cui, questa stessa, ben poco riuscì egli a trattenere la riformulazione del quesito iniziale, impegnandosi, ora, al fine di non offrire spazio di oratorio giuoco alla propria interlocutrice.

« Perché? » tornò, quindi, a domandarle, a richiederle, salvo, immediatamente, correggersi e specificare meglio il significato di tale interrogativo « Perché hai organizzato tutto questo? Perché ti stai proponendo qual mia amica, quand'anche ben conosci i termini del mio mandato e, con esso, sai che non vi potrà mai essere pace fra noi? » esplicitò, in significanti che, tuttavia, non riuscirono a dimostrarsi sì forti, sì sicure nei propri significati entro i termini in cui egli avrebbe forse voluto lasciarli risuonare « Perché, nonostante io ti abbia attaccata a tradimento, invocando a gran voce la tua vita per la mia soddisfazione personale, tu non mi hai ucciso? Perché mi hai risparmiato e, addirittura, mi hai offerto occasione di seguirti per così tanto tempo, là dove, probabilmente, se solo tu lo avessi voluto, ti saresti distaccata da me già da tempo in misura sufficiente da rendermi impossibile ogni ricongiungimento con te? »

giovedì 25 novembre 2010

1049


M
idda Bontor, evidentemente, non desiderava essere ulteriormente raggiunta da quell'inseguitore, e, per tal ragione, non gli riconobbe più alcuna occasione in tal senso, malgrado ogni sforzo da lui sinceramente posto a simile riguardo, a tale scopo.

In tanta giostra, in simile, stressante giuoco, Ebano si ritrovò a essere trascinato per oltre tre settimane, attraversando longitudinalmente l'intera area della principale penisola tranitha, prima di vedersi riconosciuto il diritto, l'occasione di un nuovo incontro, in una sera come tante altre, quando, ormai, alcuna speranza avrebbe potuto esser più per lui propria nel confronto con l'idea di poter effettivamente raggiungere la propria preda, di essere nuovamente in grado di porsi in relazione con lei.
Nel corso di tale arco temporale, in quella ventina di giorni, in maniera estremamente radicale ebbe allora ragione di mutare il sentimento dell'uomo al ricordo della propria sconosciuta avversaria, di quella figura che tanto lo aveva umiliato e che, per tal ragione, mai avrebbe dovuto poter perdonare, avrebbe dovuto voler accettare di giustificare nelle proprie azioni, nei propri gesti. Tanta intima trasformazione, in verità, non fu tale in maniera consapevole, quale conseguenza di un qualche percorso mentale in simile direzione, quanto, piuttosto, qual frutto spontaneo e inconscio, nel profondo del suo essere, di minuscoli semi da lei distrattamente, o forse abilmente, gettati a quello stesso scopo: nel ritrovarsi a vivere, per tre settimane, nella costante e mai appagata volontà di raggiungere quella figura femminile, sì carismatica e conturbante, qualcosa, in lui, incominciò a rinnegare il primo, inevitabile, astio per lei maturato, in favore di sentimenti di ammirazione, di rispetto, per l'abilità da lei in tutto ciò dimostrata, per l'incredibile capacità da lei palesata nel proprio continuo successo su di lui; così come, parallelamente, anche le memorie per lui allora proprie nel merito della notte del fallito agguato, si ritrovarono a essere poste in discussione, non più ponendo la sua sconfitta qual solo derivante da proprie disattenzioni, da proprie leggerezze, pur effettivamente per lui caratteristiche e fatali in quel primo confronto, quanto, piuttosto, riconoscendo in tutto ciò un indubbio merito nella propria controparte, nelle sue abilità guerriere sì insolite per una principiante, per una mercenaria novella qual ella pur era e non avrebbe potuto evitare di essere riconosciuta; e, ancora, l'iniziale, carnale, ricerca di sangue, tributo pur necessario a lavare con il proprio calore e la propria oscena abbondanza, la macchia da lei imposta sul suo orgoglio personale, non poté evitare di cedere lentamene il passo a emozioni altrettanto carnali, e pur più lussuriose, in un sempre più ossessivo, e pur istintivo, desiderio di scoprire fino a qual punto quel corpo sarebbe stato in grado di dimostrarsi qual quello di un guerriero e oltre quale limite, al contrario, si sarebbe concesso quale quello di una donna.
Difficile è escludere come, allora, fu proprio in grazia di tutto questo, di simile, inconsapevole maturazione, che, quando egli si ritrovò innanzi all'immagine della propria preda, ipotizzata vittima, certa avversaria, Ma'Vret mancò di gettarsi contro di lei, così come superficialmente ancora continuava a ripromettersi avrebbe fatto, inveendo puntualmente, a ogni ora, in contrasto al pur ignoto nome di quella giovane, limitandosi, semplicemente e al contrario, a restare immobile ed eretto nella propria posizione, a osservarla con sorpresa, con stupore e, forse e persino, con delusione, nell'idea di quanto in tutto ciò avrebbe perduto la quotidianità per lui divenuta consueta in quell'ultimo periodo.

« Stavo iniziando a preoccuparmi… » osservò la donna dagli occhi color ghiaccio, offrendo nel mentre di tali parole un lieve sorriso al proprio avversario e non dimostrando, innanzi a lui, alcuna particolare ansia, agitazione, nel restare, altresì, tranquillamente seduta innanzi al fuoco da lei acceso meno di mezz'ora prima, quando lì aveva deciso di stabilirsi per la notte imminente « … temevo che non saresti venuto e che, per questo, mi sarei ritrovata a mangiare da sola queste due lepri. » esplicitò, a non concedere dubbio alcuno nel merito delle ragioni alla base del sentimento da lei così enunciato, in quella che, per quanto simile a ironia, non sarebbe potuta essere accolta qual tale, nell'evidenza offerta da due animali già uccisi, spellati ed eviscerati posti ad arrostire lentamente sopra le fiamme.

Una frase semplice, e un gesto ancor più modesto, quello da lei così proposto, che pur volle definire in maniera chiara, univoca e inequivocabile come, ancora una volta, per una propria mancanza, o per un incredibile merito del proprio interlocutore, avrebbe dovuto essere considerata l'occorrenza di quell'incontro, quanto, piuttosto, per una esplicita volontà in tal senso, a tal fine, utile, addirittura, a voler creare non, ora, una nuova occasione di conflitto fra loro, qual sarebbe dovuta essere giudicata forse inevitabile, quanto, diversamente, una più quieta possibilità di confronto verbale, di dialogo attorno a un fuoco allestito proprio per simile scopo, per tal fine.
Innanzi a tutto ciò, il colosso nero non ebbe pertanto possibilità esterna al disconoscere, repentinamente, tutti i propositi che pur, formalmente, ancora dominavano nella sua mente, e animavano il suo corpo, in favore di nuove e diverse emozioni, emergenti con prepotenza, con violenza, dal profondo del proprio cuore e del proprio animo, tali da non ritrovare più, in lei, una nemica, quanto, semplicemente, una propria pari, se non, addirittura, un traguardo ambito, una meta desiderata.

« Hai sempre saputo che ti stavo inseguendo, quindi? » domandò Ebano, in maniera del tutto retorica, nell'evidenziare, in ciò, solo quanto assolutamente ovvio, e nel restare, nel mentre di tali parole, ancora immobile là dove arrestatosi nel proprio avanzare verso di lei.
« Hai mai avuto dubbi a tal riguardo? » gli domandò ella, piegando appena il capo da parte e allungando, ora, la propria destra, in nero metallo, a raccogliere uno dei due lunghi spiedi in legno, per toglierlo dal fuoco e verificare, con la punta dell'indice della mancina, la consistenza effettiva di quelle carni selvatiche « Se così fosse, mi ritroverei costretta a rivalutarti in negativo, mio buon Ma'Vret. »

Ove retorica era stata la propria domanda nella propria formulazione iniziale, retorica sarebbe allora stata qualsiasi possibile replica a simile risposta, ragione per cui, nel porsi quale perfettamente consapevole di ciò, l'uomo preferì evitare di dimostrarsi sostanzialmente ridicolo di fronte alla propria controparte e interlocutrice, limitandosi ad accogliere l'invito tanto cordialmente riservatogli, nell'avanzare verso il bivacco, e, lì giunto, nell'accomodarsi innanzi a lei, dal lato opposto rispetto a quello da lei occupato, a mantenere una necessaria e adeguata distanza fra sé e chi, formalmente, avrebbe ancora dovuto considerare quale propria nemica. Come egli non ebbe successivamente difficoltà ad ammettere, tuttavia impossibile sarebbe stato ritenerla effettivamente tale, non tanto in conseguenza dell'offerta di cibo lì presentatagli, banale espediente che avrebbe potuto, e probabilmente non mancò di, riservargli una qualche trappola, quanto, piuttosto, per tutto ciò che, solo allora riuscì a comprendere di provare verso di lei: non più astio, non più rancore, non più vendetta, ma, incredibile e, probabilmente, inaccettabile, rispetto, ammirazione e bramosia.

« Saranno cotte a breve… » commentò ella, in riferimento alle lepri, nel riposizionare lo spiedo alla propria collocazione iniziale e nel portare, contemporaneamente a ciò, l'indice, precedentemente coinvolto nell'operazione di valutazione, alle labbra, in un gesto istintivo, consueto per chiunque in una simile situazione e, in questo, indubbiamente privo di malizia alcuna, che pur non mancò di apparire incredibilmente carico di erotismo agli occhi del proprio ospite, nel confronto con un'innegabile sensualità intrinseca in lei « Spero che il finocchietto selvatico ti sia gradito: quando qualche giorno fa siamo scesi verso la costa, ne ho trovate molte piante e ho pensato bene di farne incetta. »
Nel confronto con tanta tranquillità, tanta familiarità che quella donna sembrò allora impegnarsi a proporgli, quasi fossero amici di vecchia data e non due nemici contrapposti l'uno all'altra da diversi incarichi, in nome dei quali non si sarebbero dovuti concedere dubbio alcuno nello sgozzarsi a vicenda, Ma'Vret non poté evitare, a quel punto, una questione, un interrogativo, forse banale, e pur necessario per poter comprendere come confrontarsi con tutto ciò: « Perché?! »

mercoledì 24 novembre 2010

1048


R
iferendosi a Midda Bontor e dimostrandosi, in ciò, plagiati dalla fama di lei, dal mito presente attorno al suo nome, ancor prima che correttamente influenzati in simile giudizio da una conoscenza diretta nel merito della stessa, in molti sono, ormai e purtroppo, soliti immaginare una donna priva di umanità e, ancor più, di femminilità, una creatura ultraterrena, forse simile a un’arpia, forse a una sirena, incapace a provare qualsiasi emozione, qualsiasi sentimento, fosse esso di pietà, d’ira o, ancora, d’amore, e, per compensazione, semplicemente bramosa di sangue e di morte.
Dopotutto, quale umanità, quale femminilità, si potrebbe immaginare a caratterizzare chi in grado di compiere ciò che ella ha sempre dimostrato di essere in grado di compiere? Colei propostasi in grado di raggiungere incredibili risultati, stupefacenti traguardi, spesso e volentieri attraverso il sangue e la morte di tutti i propri avversari, così come ella si è sempre impegnata a raggiungere?
Personalmente, io potrei essere favorito a credere in simili voci, a unirmi a tale preconcetto, non solo in grazia dell’oscena caratterizzazione del nostro primo incontro di cui ti ho poc’anzi offerto riferimento, mia signora, ma anche e soprattutto in diretta conseguenza al particolare ruolo da me ricoperto nella sua vita, in qualità di suo mecenate. Essendo io stesso, infatti, colui che abitualmente si è impegnato a sovvenzionare la maggior parte delle sue missioni, e, in ciò, sovente, delle sue stragi, difficile potrebbe essere accettare l’idea di quanto, al mio sguardo, ella non sia mai stata un semplice strumento di distruzione, ma, innanzitutto, una collaboratrice fedele e affezionata, per quanto tali termini possano sembrare fuori luogo all’interno di un rapporto quale quello che è sempre esistito fra noi. Ciò nonostante, è così. Al di là dell’apparenza formale che si è posta da sempre necessaria nel mio confronto con lei, quella maschera di ironia e di sarcasmo con la quale l’ho puntualmente accolta a me, nel desiderio di rispettare, in tal modo, in simili comportamenti, le esigenze da lei sempre proposte qual proprie nel ruolo di mercenaria, per me ella non si è mai limitata a essere semplicemente tale. Perché, a differenza di molti altri, della maggior parte delle persone che credono di conoscerla, di comprenderla, persino di prevederne i gesti, i comportamenti, le evoluzioni, a me è stata concessa un’occasione unica per entrare in contatto con il suo animo sin dall’origine del nostro rapporto, qual conseguenza diretta della cronaca di cui ti sto rendendo ora partecipe, il resoconto di quella prima missione così fortunatamente concessomi da parte di uno dei suoi protagonisti, dello stesso Ebano, in assenza del quale, forse, non sarei mai stato in grado di poter apprezzare quella donna guerriero qual donna, ancor prima che qual guerriero.
In grazia di questo, mi è stata quindi concessa la possibilità, l'occasione, l'invito, addirittura, a impegnarmi allo scopo di reinterpretare ogni suo comportamento, ogni sua scelta, con uno sguardo differente da quello abitualmente dominante sulla della massa e, non ho dubbi a tal riguardo, anche proprio di tutti gli altri mecenati con i quali ella si è mai ritrovata ad avere a che fare, e che in lei non hanno mai voluto cercare nulla di più di un’estemporanea collaboratrice, utile a sopperire ai propri desideri, alle proprie fantasie. Una differenza, quella che, senza inutile modestia, ritengo esistente fra me e qualsiasi altro possibile mecenate, che voglio credere sia stata riconosciuta anche da lei, forse in maniera inconscia, forse in modo consapevole e pur mai espressamente accettata qual tale, per quanto solida ragione alla base della stessa riuscita del nostro rapporto, della nostra collaborazione durata così tanti anni, più di quanto abitualmente è solita durare una vita intera, soprattutto entro i confini di questa particolare capitale.
In quale altro modo poter, altrimenti, giustificare il fatto che una donna del suo calibro, una professionista suo pari, nelle proprie avventure bramosa di ricercare avventura e di dimostrare la propria autodeterminazione, la propria libertà in contrasto a qualsiasi creatura mortale o immortale, ancor prima che di ottenere da tanti sforzi quello stesso oro pur mai disdegnato, e che per questo mai si porrebbe qual semplice serva del proprio padrone, non abbia trovato, in tre lustri, un’alternativa migliore a me qual proprio mecenate, qual proprio principale finanziatore?
Certamente ella negherebbe tutto questo, così come io stesso, in un contesto diverso da quello di questo nostro attuale confronto, di questo intimo dialogo con te, mia sposa, rifiuterei di ammettere simile eventualità, tale realtà. Tuttavia oggettivo ha da essere considerato il dato rappresentato da quella nostra lunga collaborazione, così come oggettivo ha da considerarsi il dato rappresentato dall’ancor più lunga lista di possibili alternative al mio nome a cui ella potrebbe decidere di offrire riferimento in ogni istante della propria vita, non semplici lord miei pari, ma anche grandi signori feudali, nonché sovrani, che potrebbero ricoprirla interamente d’oro, se solo ella volesse, se solo ella accettasse simile possibilità.
Nella riconosciuta importanza di quanto Ebano volle offrirmi con la propria cronaca, con il proprio resoconto, a me non dovuto, in quanto non suo mecenate, e pur a me volontariamente riconosciuto, in quatno possibile mecenate, anche per il futuro, di una donna straordinaria come Midda Bontor, permettimi di proseguire nella mia narrazione, affinché anche a te possa essere concessa quella luce di comprensione che, a mio tempo, mi ha dato la possibilità di entrare in comunione lei…

Impossibile fu per Ma'Vret stabilire a posteriori per quanto tempo gli venne nuovamente negata ogni occasione di coscienza sul mondo a sé circostante in conseguenza all'attacco subito: sicuramente per l'arco di un'intera giornata, dal momento in cui, quando si risvegliò, il sole si poneva ormai all'orizzonte di ponente, ed egli volle fermamente escludere l'eventualità di essere rimasto lì, a terra, per più di una dozzina di ore, per quanto il colpo infertogli non avrebbe dovuto essere considerato sì delicato e, peggio ancora, già precaria avrebbe dovuto essere considerata la sua condizione fisica in conseguenza della precedente, e più breve, perdita di sensi.
Ciò che, tuttavia, dovette imporsi quale necessariamente chiaro al colosso nero, al proprio risveglio, fu la consapevolezza nel merito dell'incredibile occasione che la propria avversaria, ipotetica preda, gli aveva voluto riconoscere per la seconda volta nel giro una manciata di ore, nel non terminare la sua esistenza anche dove tanto facilmente agevolata nella possibilità di agire in tal senso. Per quanto a lei innegabilmente grato, l'uomo non volle dimostrarsi, e non si dimostrò, eccessivamente riconoscente nel confronto con quell'inattesa, e impropria, generosità, nell'imporsi, al contrario, di riprendere immediatamente la caccia così estemporaneamente interrotta e, in ciò, ripromettendosi di concludere la missione avente qual oggetto la sua uccisione. Una sfida, quella in tal modo definita, che, se pur inizialmente era stata accettata in semplice virtù della ricompensa promessagli, ormai avrebbe dovuto essere giudicata quale divenuta una questione d'orgoglio personale, un interesse privato di fronte al quale non poter rifiutare, per quanto irrazionale, l'ipotesi di resa così chiaramente suggeritagli dalla donna guerriero, là dove, in tal caso, avrebbe perduto parte del proprio valore, della propria fama, ritrovandosi a esser riconosciuto non più quale il potente Ebano, fiero combattente giunto dai deserti dei regni centrali, quanto, piuttosto, quale lo stolido Ma'Vret, colui che per ben due volte era stato graziato dalla propria antagonista, nell'essere in tal modo persino giudicato privo di qualsiasi interesse da parte sua, per quanto ella ancora priva sostanzialmente di nome.
Subitaneo, pertanto, fu l'impegno dell'uomo a recuperare il terreno perso nel rapporto con lei, proponendosi persino disinteressato nel confronto con l'ipotesi di impiegare una parte del proprio tempo, dei propri sforzi, a recuperare una qualche arma per poterla contrastare, là dove, del resto, tutt'altro che utili si erano già dimostrate le proprie risorse difensive e offensive in un primo confronto con lei, risultando, addirittura, più di ostacolo che di concreto supporto: prioritario, in quel momento, sarebbe stato individuare nuovamente le tracce della mercenaria, ritrovandone la posizione… e solo raggiunto successo in ciò, avrebbe potuto preoccuparsi di decidere in che modo affrontarla.
Malgrado tanta enfasi in simile bramosia di confronto, tanto sincero sprone utile a gonfiare i suoi muscoli, a rianimare le sue membra, e a spingerlo ad attraversare con foga, con energia, quelle foreste e quei passi, sulle flebili tracce della donna, egli non riuscì comunque a raggiungerla in quella stessa nottata. Né nella giornata seguente. Né, tantomeno, nella notte ancora successiva. E neppure nel giorno così nuovamente e ineluttabilmente sopraggiunto, o in quelli ancora in divenire, in un inseguimento che, come lo stesso Ma'Vret si dimostrò particolarmente interessato a sottolineare alla mia presenza, apparve allora drammaticamente privo di qualsiasi possibilità di spiegazione razionale nella propria costante e ineluttabile assenza di risultati, là dove, ogni qual volta si sentì pur certo del proprio successo, di aver individuato e raggiunto la propria avversaria, un giaciglio frettolosamente abbandonato, un temporaneo campo rapidamente evacuato, fu puntualmente quanto ella si premurò di concedere alla sua attenzione, svanendo in ogni occasione silenziosa, rapida e discreta, quasi fosse stata creatura sovrannaturale, ancor prima che semplice donna mortale.

martedì 23 novembre 2010

1047


« M
ia signora e sposa… io ho risposto. » si difese l'uomo, restando, ancora, chino ai suoi piedi, nell'osservarla con dolcezza, con amore, con devozione assoluta, quasi ella fosse dea ancor prima che semplice donna mortale « Ti ho risposto questa notte, come in ogni altra notte… come in ogni occasione in cui tu mi hai posto simile questione. » argomentò egli, cercando di sostenere la propria posizione, non frutto di un'effimera ed estemporanea presa di posizione in favore della propria mercenaria, quanto conseguenza di una ferrea convinzione in tal senso, a simile riguardo « Il mio cuore piange lacrime di sangue nel confronto con la tua mancanza di fiducia attorno a quest'argomento, ma non posso e non voglio insistere con te, in tuo contrasto, là dove qualsiasi tentativo in tal senso mi priverebbe di ogni possibilità d'esistere, allontanandomi dal tuo cuore. »

Ancora una volta, con costanza e, forse, prevedibilità da rendere tale situazione simile allo sfibrante moto continuo di un pendolo, non solo per lo stesso Brote, vittima di tali circostanze, quanto, piuttosto, per Nass'Hya, sua interlocutrice, il sentimento di rabbia rapidamente cresciuto nel cuore di lei scomparve altrettanto repentinamente, ritrovando, in tal modo, non più una donna invecchiata dalla propria stessa brama di vendetta, desiderosa di dimostrarsi fredda, glaciale addirittura, nella propria ferma condanna in contrasto alla propria antagonista, quanto, piuttosto, una giovane sposa ancora perdutamente innamorata del proprio compagno e ancora sì vicina all'età della fanciullezza al punto tale da non lasciar considerare possibile, effettiva, la maternità pur dimostrata non solo dal pargolo stretto al petto, quanto, ancor più, dalle maturate forme dei suoi seni e dei suoi fianchi, arricchitisi nel proprio valore, e indubbiamente anche nella propria sensualità, in conseguenza alla propria nuova condizione, al raggiungimento della propria pienezza in quanto fisiologicamente di natura femminile. In ciò, ella non poté quindi evitare di allungare la propria destra a ricercare il contatto pur interrotto volontariamente con lui, immergendo le proprie dita sottili e affusolate fra i lunghi capelli argentati dell'uomo, quasi per giocare con essi, ma, ancor più, per ritrovare in simile unione una concreta occasione di piacere personale, un'emozione sì viva e autentica da non permetterle di resistere in piedi ancora per molto, da non concederle di mantenere quella propria posizione per eccessivo tempo, nella necessità, nella volontà, nella brama di premere con le proprie labbra contro quelle del marito, ricercando in quel bacio, in quella meravigliosa e intima unione, la propria stessa forza, quell'energia a lei pur tanto necessaria per riuscire a proseguire nel proprio cammino quotidiano, in quella pur difficile, mai ovvia, lotta giornaliera da molti definita "vita".
E Brote rispose prontamente allo slancio dell'amata, chiudendo le proprie braccia dietro la schiena di lei, nell'accoglierla nel proprio amore, nel trarla a sé, con energia, con desiderio, e pur con attenzione e delicatezza, nel non desiderare che alcun danno potesse essere imposto sul loro pargolo, in tal modo stretto fa loro stessi, al centro di quella stessa unione trasparente delle emozioni, dell'energia esistenziale per il solo merito della quale, dopotutto, anche il piccolo aveva avuto occasione di essere concepito e partorito.

« Non… non dire mai più una blasfemia simile… » sussurrò ella, contro le labbra amate, dolci e supplicanti parole contro quella accogliente morbidezza, forse sì desiderata dagli dei ancor prima del suo stesso concepimento a permetterle di godere di parentesi simili a quella, costringendo, in ciò, il volto dello sposo a non lasciarla, a non concederle occasione di spazio o di respiro, nel tirarlo contro il proprio con l'aiuto della destra, ora lasciata scivolare dietro la sua nuca, a metà fra il capo e il collo… non che vi potesse essere necessità di forzarlo in al senso.
L'uomo, ovviamente, non solo si lasciò allora dominare in tal modo dalla propria compagna e sposa, amante e complice, amica e confidente, ma collaborò voluttuosamente a quella passione a quella dolcezza, non riservandosi la benché minima parola in sua risposta, in suo contrasto, nel preferire che potessero essere i propri baci, quegli intimi abbracci, massaggi delle proprie stesse labbra contro quelle di lei ad esprimere il proprio consenso in sua risposta, la propria resa di fronte a quella richiesta.
« Mai… mai io potrei allontanarti dal mio cuore, mai potrei rinnegare il nostro sentimento, il nostro amore. Perché io ti amo, Brote… io ti amo come non avrei neppure potuto immaginare di essere in grado di amare qualcuno. E preferirei morire continuamente, da qui sino all'eternità, piuttosto che vivere un solo, singolo istante senza di te, senza il conforto della tua presenza, del tuo sostegno al mio fianco. » definì ancora la voce di lei, insistente nel concetto che non desiderava potesse mantenere ombre di dubbio attorno alla propria esposizione, nel riappropriarsi con prepotenza, quasi, delle labbra dell'amato, come se solo attraverso tale contatto le fosse concessa occasione di respirare, le fosse data la possibilità di esistere « Ti prego… non infierire più con affermazioni di questo stampo su un cuore già troppo debole, troppo provato. »
« Non era mia intenzione farlo, mia signora. » ritrovò egli allora voce, rispondendo a propria volta a tanto ravviinata distanza da quel volto al punto tale da continuare ad accarezzare, in quelle stesse parole, le labbra di lei con le proprie, proseguendo, in ciò, con un bacio che non sembrò potersi o volersi concedere occasione di interruzione « Ti amo… ti amo anche io, mia dolce Nass'Hya. Tu che sei il gioiello più prezioso di tutto il regno di Y'Shalf, con la tua semplice presenza nella mia vita mi hai elevato, nel cuore, nella mente, nell'anima e nel corpo, a traguardi che mai avrei potuto supporre esistenti, ancor prima che raggiungibili. E mai, mai potrei anche solo pensare qualcosa atto a ferirti, in maniera conscia o inconsapevole… »

Quasi fosse stata allora rassicurata da quel bacio e da quelle parole, dalla ritrovata comunione con lui, la giovane madre si concesse occasione per tornare a volgere il proprio interesse al figlioletto, per un momento dimenticato fra i propri seni e pur, lì, ancora quieto, tranquillo e sereno, non più addormentato, e pur tale, quasi anch'egli non desiderasse turbare, con un proprio più tenue vagito, la meravigliosa pienezza propria di quel momento, di quell'unione fra i propri genitori.

« Guardalo. » invitò ella alla volta del compagno, sollevando delicatamente l'infante fra loro, a concedergli, in ciò, un legittimo ruolo di risalto, centrale al meraviglioso quadro famigliare così formato da tutti loro, riuniti su quel pavimento, al centro di quella stanza, inginocchiatisi lì nell'impegno di una reciproca preghiera, e, ora, ancora lì presenti in volontaria adorazione del reciproco sentimento e del frutto dello stesso « E' magnifico… forte e determinato come suo padre… »
« … ma bello e regale come sua madre, per fortuna. » soggiunse egli, piegandosi a depositare un leggero bacio, quasi sfiorato, sul capetto dell'infante, ora impegnatosi a offrire verso entrambi un ampio sorriso di pura gioia, sincero godimento, nel percepire senza sforzo la pace ritrovata in quel contesto « Un giorno le donne di ogni terra si danneranno nel supplicare un suo semplice sguardo... »
« … ed egli sarà un condottiero, un dominatore tanto fiero, tanto audace, da riuscire a richiamare sotto alla propria autorità non semplicemente una parte di una capitale o di una provincia, ma interi regni. » proseguì la donna, rallegrandosi a quel giuoco d'augurio, dal sapor di profezia, intessuto in lode al pargolo « E il tuo nome non sarà mai dimenticato, mio sposo, ritrovando in lui un'occasione di gloria maggiore a quanto mai la tua tanto prediletta Midda ti ha mai potuto permettere di giungere a oggi, prima di… »
« Ti prego. Non dirlo… » sussurrò l'uomo, sollevando l'indice della propria destra ad appoggiarsi sulle labbra di lei, nel domandarle il favore, nel supplicarle il dono di evitare l'ennesima riformulazione di quell'accusa già troppe volte da lei proposta e già troppe volte da lui negata, in un circolo vizioso imposto su di loro, e sulla loro armonia, dal sapore di dannazione « Non ripeterlo ancora. »
« Io l'ho vista… io c'ero, amor mio. C'ero quand'ella ti ha offeso a tradimento. » cercò di difendere la propria posizione l'altra, scuotendo il capo e non riuscendo, suo malgrado, a evitare di ritornare vittima dell'agitazione precedente « Come puoi insistere a dire che non è stata lei?... »
« Perché non è stata Midda Bontor a imporre la tragedia del sangue sulla nostra famiglia. » asserì l'uomo, arrendendosi all'evidenza di non poter ovviare a quel nuovo scontro con la propria sposa « Non mi chiedere chi fosse… non mi chiedere in nome di quale stregoneria quella donna, o presunta tale, assomigliasse alla Figlia di Marr'Mahew al punto tale da ingannare tutti i nostri sensi. Ma non era lei. Ella non lo avrebbe mai fatto… non avrebbe mai tradito il nostro legame, in vincolo esistente fra noi, per quanto, da sempre, mantenuto a un livello meramente professionale. »

lunedì 22 novembre 2010

1046


B
rote, a quelle parole, si chiuse in un lungo, assoluto silenzio, qual solo avrebbe potuto mai accompagnare una simile affermazione, una tale dichiarazione da parte della donna amata. Nei suoi occhi, inalterato, e probabilmente inalterabile, permase il sentimento d'amore che lo aveva caratterizzato sino a quel momento, offuscandosi, fuggevolmente, con un velo di malinconia, quasi di disperazione, ma subito ritornando al proprio massimo fulgore nell'occasione di godimento allora riservatogli nel contatto visivo con il viso della propria meravigliosa sposa e, ancor più, nel contatto fisico con le sue dolci forme, alle quali tornò ad abbracciarsi con maggiore forza, con sincera foga, necessitando realmente di quell'unione, quale sola ragione d'esistenza, qual solo sprone ancor utile a essere.
Fu solo in grazia di quel suo sguardo, di quella sua energia tanto chiaramente avvertibile, in quel momento così come in ogni giorno della sua vita, che la stessa Nass'Hya, pur latrice di un tanto tragico messaggio di morte, ritrovò nel contatto con il marito prediletto una ragione di forza, emotiva e spirituale, tale da permetterle di scuotersi dall'apatia nella quale, pargolo o no, vendetta o no, si stava inevitabilmente lasciando precipitare, umana e indubbiamente comprensibile reazione di fronte a tanto dolore, a tanto patimento quale quello che ella avvertiva imposto su di sé, sul proprio cuore e sul proprio animo, nel confronto con il ricordo della tragedia occorsa e, peggio ancor, del ruolo attivo proprio di Midda in quelle orrende circostanze.

« Non… non capisco. » ammise ella, mostrando in occhi ora rossi e colmi di lacrime tutta la propria pena, pur mascherata al loro piccolo in un dolce e continuo cullare imposto dalle sue braccia e dal proprio intero torso, non desiderando imporre empaticamente anche allo stesso, così come già occorso, la propria angoscia, nel renderlo altrimenti, in misura ancor maggiore rispetto all'attuale, succube e vittima di quelle circostanze a lui, sì innocente e sol bisognoso di cure e d'affetto, del tutto estranee e pur avverse « Quella… quella donna, in un sol gesto, ha distrutto ogni cosa… ha distrutto tutte le nostre vite. E tu, tu insisti a volerla difendere, a voler tessere lodi attorno al suo nome, a riservarle un sentimento che non ho dubbi a definire reale, concreto, palpabile non diversamente da quello che pur riversi verso di me e verso nostro figlio, il nostro meraviglioso erede. Perché, amor mio? Perché, mio prediletto? »
« Perché non è stata Midda. » negò egli, in una replica priva di esitazioni, scandita dalle sue labbra con il massimo candore, nel mentre in cui non mancò di spingere le medesime ad accarezzare le ginocchia dell'amata, e da lì le sue splendide cosce, con quella delicata dolcezza mista a sfrenata passione che aveva da sempre contraddistinto il loro rapporto, la loro vita coniugale.

Per quanto sempre e sinceramente attratto anche dalla sua vivace intelligenza, da quella sua trasparentemente percettibile bramosia di emancipazione anche all'interno dei confini di un regno privo di ogni speranza in tal senso, quale quello di Y'Shalf caratterizzato, ove possibile, da una cultura segnata da un modello ancor più patriarcale rispetto alla loro, egli non aveva mai ignorato il superbo corpo di lei, di fronte al quale, oggettivamente, nessun uomo avrebbe opposto alcuna esitazione, alcuna ritrosia. Mai Brote si era dimostrato indifferente a quelle forme, a quelle dolci curve, naturalmente cariche di sensualità ed eleganza, euritmia e voluttà, impegnandosi con lei non solo in qualità di propria sposa e compagna, ma innanzitutto di propria complice e amante, in un'unione vissuta quotidianamente al massimo delle proprie possibilità, così come alcun altro lord di Kriarya, o, probabilmente, alcun altro nobile di tutta Kofreya, o, ancora, sovrano del mondo conosciuto, si era mai riservato occasione nei riguardi di colei pur eletta al proprio fianco, nel preferire abitualmente al suo abbraccio quello di altre concubine, cortigiane asservite ai propri desideri, alle proprie lussurie. Per il signore di quella torre, Nass'Hya aveva sin da subito rappresentato e incarnato il concetto stesso di donna nella propria massima pienezza, nel proprio senso più completo e appagante, espropriando senza alcuna difficoltà il posto prima riservato nelle sue fantasie proprio a Midda, nei riguardi della quale mai si era spinto al di là del loro giusto rapporto mecenate-mercenaria, e che pur, in un misto fra convenienza e lussuria, egli non aveva evitato di proporre intime brame. E quel rapporto, tanto pieno, sì completo, incredibile e, forse, persino esterno a ogni concreta possibilità di comprensione da parte della quasi totalità dell'umanità, fra il lord e la sua lady non era, in effetti, venuto meno neppur a seguito dei sanguinari fatti occorsi, ritrovando la coppia di sposi ancor appassionatamente uniti nella propria quotidianità, e nelle proprie notti, quasi nulla fosse occorso, non solo nella risposta agli inviti capricciosi del loro dolce figlioletto, ma anche all'interno del loro stesso talamo.
Una relazione, un'unione, quella di Brote e Nass'Hya, così come, anche in quello stesso momento, espressa dai baci dell'uomo sempre più insistenti sulle gambe di lei, sulle sue cosce, in una lenta ma irrefrenabile ascesa verso il ventre della stessa, che, per la propria stessa natura, probabilmente chiunque non avrebbe avuto alcuna esitazione a definire qual perverso, osceno, blasfemo, in conseguenza al quale imporre su quell'intera torre solo l'azione purificatrice delle fiamme, e che pur, i due complici e amanti, non desideravano negarsi, non volevano rifiutarsi, in sfida non solo all'intero Creato e alle sue leggi naturali, ma forse, persino, agli dei tutti. E se, dell'opinione di chiunque, né l'uno, né l'altra, non si erano mai riservati alcun interesse, non avevano voluto farsi cruccio alcuno, arrivando persino, ultimi fra numerosi atti di irriverenza sociale, a convolare a giuste nozze, rispettivamente, con una nemica del regno, con una principessa della stessa nazione giurata avversaria di Kofreya da epoche immemori, e con un nemico del regno, con un signore criminale della stessa nazione giurata avversaria di Y'Shalf, neppure di tutti gli dei, immortali e ineffabili, quell'uomo o quella donna, non si erano mai posti particolare timore, preferendo confidare nelle proprie forze, e nelle forze delle persone a sé vicine, amici o alleati, per affrontare ogni giorno della propria esistenza. Niente e nessuno, neppure l'imprescindibile appuntamento caratteristico di qualsiasi mortale, pertanto, avrebbe potuto negare loro di continuare a vivere la propria quotidianità con lo sposo adorato, con la sposa adorata, almeno sino a quando fosse stata loro concessa una qualsivoglia possibilità in tal senso: un legame, una complicità, la loro, che non avrebbe mai rinunciato a dimostrarsi non solo emotiva, spirituale e intellettuale, ma anche fisica, carnale… persino ove la carne fosse ormai venuta meno.

« Io… » esitò la donna, socchiudendo gli occhi qual sola, naturale e irrinunciabile risposta ai gesti del proprio compagno, non riservandosi la benché minima occasione di imbarazzo in conseguenza degli stessi o, più semplicemente, della presenza dell'infante fra le sue braccia, il quale, lì, ora, si mostrava quietamente addormentato e del tutto indifferente al mondo esterno, non disturbato e, forse, persino appagato dall'amore percepito alla base del legame fra i propri genitori.

Semplice, elementare, sarebbe stato per ella lasciarsi andare alle premure del proprio sposo, innanzitutto lì, su quella stessa sedia ove ora si trovava a essere, per poi, posto nuovamente a riposo il pargolo nella propria culla, proseguire nell'intimità delle loro stanze, nella camera già teatro di ormai incalcolabili appassionati incontri d'amore fra loro, in una completa estraneazione da ogni realtà qual solo, del resto, ella non avrebbe potuto evitare di bramare, nel profondo del proprio cuore.
Ma su di lei, su di loro, in quel momento ormai gravava l'ombra da lui evocata della donna guerriero, di colei che ella non avrebbe mai potuto smettere di considerare qual propria avversaria, nemica, nemesi, nel confronto con la sgradita presenza della quale, la giovane sposa e madre non avrebbe potuto dimostrarsi sì superficiale da concedersi un tanto rapido oblio, una sì piacevole dimenticanza qual pur quella bramata.

« No. » gemette, risollevandosi in piedi a imporre, e imporsi, un distacco dal marito e amante, nel mentre in cui l'infante, in tal modo disturbato, ritornò a essere nuovamente vigile e attento, e, in ciò, inevitabilmente pronto alle lacrime, nell'ansia generata da un movimento tanto brusco e inatteso in contrasto a quello che era stato un momento di conquistata quiete « Non così, non ora. » scosse il capo, a sottolineare il proprio rifiuto verso le carezze del marito « Più tardi… forse. » aggiunse, a correggersi, nel non voler escludersi a propri simile occasione « Ora stavamo parlando. E tu non mi hai ancora risposto… »

domenica 21 novembre 2010

1045


I
n nome dell'immenso e meraviglioso amore vissuto per il proprio sposo, un tributo sincero per un uomo pur fino a qualche anno prima non conosciuto e neppur immaginato, un sentimento tanto vasto, addirittura, da permetterle di rinunciare persino a qualsiasi ambizione per un possibile futuro da sultana, e, indubbiamente riconoscibile anche in conseguenza di tali scelte, un'emozione tutt'altro che ovvia, che retorica, nella propria presenza, nella propria ispirazione, all'interno di un matrimonio nelle culture, nell'educazione propria di entrambi, là dove abitualmente simile celebrazione, tale contratto si proponeva più utile a sancire un'alleanza fra due famiglie, fra due forze prima estranee e poi, in tal modo, imprescindibilmente solidali, Nass'Hya stava ascoltando ormai da oltre un'ora la narrazione proposta dal proprio compagno e sposo, cercando di dimostrarsi il più accomodante, il più disponibile possibile nel confronto con quanto, del resto, da lei stessa richiesto da parte dell'uomo.
Nel corso di quell'ultima ora, all'interno della stanza riservata al primogenito della coppia, la collocazione di colei un tempo principessa y'shalfica, e ora lady kofreyota, era necessariamente mutata, a volerle riconoscere occasione di maggiore comodità, ritrovandola, per simile ragione, ormai non più in piedi, ma seduta in un angolo della medesima, in prossimità a una stretta finestra bifora, attraverso i vetri della quale la candida luce del maggiore astro notturno lì penetrava, spingeva i propri raggi. In tal nuova postura, ancora e inevitabilmente appariva stretto al suo giovane e materno seno, il suo dolce figlioletto, ancora sorretto fra le sue braccia, dal momento in cui, sebbene dimostrandosi costantemente prossimo al sonno, lo stesso pargolo non aveva offerto riprova di essere disposto ad accettare né la separazione dal dolce tepore del corpo della madre, né, tanto meno, una prematura conclusione del racconto del padre, alla cui voce sembrava bearsi e nel confronto dei silenzi del quale, così come di ogni tentativo di abbandono da parte della donna, egli subito iniziava a protestare, imponendo a gran voce i propri capricci, la propria esigenza di attenzione da parte dei due genitori. Così, nella docile ubbidienza ai desideri della propria sposa e signora, nonché e ancor più nel desiderio di accontentare quella volontà tanto esplicitamente comunicata da parte dell'infante, che mai egli avrebbe potuto sentir soffrire restando indifferente, non più spiegato mercenario e mecenate, guerriero e assassino, criminale lord di una città di criminali, quanto, banalmente, semplice e affettuoso padre, innamorato in maniera irrimediabile tanto della propria splendida moglie, quanto del frutto della loro unione, di quella loro incredibile complicità emotiva, spirituale, intellettuale e fisica, Brote non si era concesso la benché minima occasione di pausa, di incertezza in quella propria narrazione, parlando con tono costante, carezzevole nella propria stessa voce così offerta nei riguardi di coloro che rappresentavano tutto ciò per cui sarebbe valsa la pena di vivere, o, ancor più, per cui avrebbe avuto persino un significato morire e ritornare dalla morte, nel disporsi in loro supporto, in loro quotidiano sostegno, non qual dannato e condannato a cui, in ciò, sarebbe stata negata ogni speranza di eterno riposo, quanto, piuttosto, benedetto e gaudio della propria benedizione, in grazia della quale, solamente, tutto avrebbe potuto avere ancora un senso, un significato, una ragione.
Dopo tanta continua narrazione, priva di interruzioni da parte di Nass'Hya a riprova del proprio pur concreto sforzo, sincera disponibilità verso il proprio sposo, ove anche il semplice riferimento, esplicito o implicito, alla figura di Midda Bontor sembrava esser divenuto simile a un affondo di stiletto diretto al proprio stesso cuore, la donna parve, improvvisamente, negare la predisposizione all'ascolto sino a quel momento dimostrata, dimostrandosi insofferente a quell'ennesima, lunga e sincera sequenza di inni rivolti al nome di colei un tempo amica, e purtroppo ora percepita unicamente quale propria antagonista, nemesi addirittura, in conseguenza delle colpe gravanti su di lei, del male a discapito suo, e della sua famiglia, di cui ella si era resa protagonista volontaria. Di ciò, necessariamente, il signore della torre non poté evitare di avere immediata trasparenza, percependone le emozioni ancor prima che esse potessero essere esplicitate in verbo o gesti e, per tal ragione, arrestandosi nelle proprie parole, nella propria cronaca prima che essa potesse ottenere possibilità di reale sviluppo, prima che il pur già noto fato della chimera o, parallelamente, l'evidentemente connessa maturazione del rapporto fra Midda e Ma'Vret potessero essere rimembrate dalle sue parole, in quel proprio gradito ruolo di bardo per la sposa e il figlioletto.
Ma prima che a Brote potesse essere offerta la possibilità di ritornare fra le ombre da cui era emerso, nel rispettare i voleri della propria signora e, in ciò, nel non insistere ulteriormente su quell'argomento, ragione per lei di una ferita troppo profonda e troppo recente per poter accettare da parte sua una qualche arringa in favore della Figlia di Marr'Mahew, fu la voce stessa di Nass'Hya a comandarne l'arresto, richiedendone, ancora, la presenza accanto a sé.

« No… » esclamò ella, levando lo sguardo alla ricerca del volto dell'amato « Non mi lasciare, te ne prego. » lo supplicò, quasi, benché non vi sarebbe stata necessità alcuna di tanta umiliazione da parte sua, dal momento in cui mai egli aveva, né avrebbe, gradito sentire la voce di chi eletta a propria sovrana invocarlo con parole tanto imploranti.
« Mia dolce sposa. » rispose egli, tornando prontamente a lei, nel lasciarsi genuflettere, ora, innanzi alle sue gambe, alle sue ginocchia, e lì subito abbracciandosi con affetto sincero, con dolcezza infinita, nonché con concreta necessità di tale contatto, simile, sotto alcuni aspetti, a un naufrago sconvolto dal moto continuò, incessante del mare, al quale, improvvisamente e inaspettatamente, viene offerta una possibilità di solida presa su uno scoglio « Sono qui… non temere. Mai dovrai pregare per ottenere la mia attenzione, il mio tempo, la mia disponibilità. Io esisto solo per grazia tua e, in ciò, la mia esistenza brama di poter rendere grazia al tuo nome in ogni proprio singolo ed effimero istante. »

Nass'Hya sorrise, in un misto fra dolcezza e amarezza, malinconia e nostalgia, privando il proprio pargolo prediletto del contatto con la mano destra, e ciò nonostante mantenendolo saldamente nella mancina, nel non poter neppure immaginare l'idea di potergli essere di danno, solo allo scopo di potersi riservare la possibilità di allungare quella stessa estremità, ora tremante, verso il proprio sposo, ad accarezzarne delicatamente il viso, a seguirne il profilo con la punta delle dita, godendo e soffrendo, in cuor suo, per quel contatto così meraviglioso, per quell'amore così puro del quale una parte di lei non si sarebbe mai riuscita a considerare meritevole, nel non poter evitare di colpevolizzarsi per quanto accaduto, per l'orrenda tragedia imposta sulla loro famiglia.
Al di là di ogni dolore, di ogni pena, avere il proprio adorato Brote lì, in quel momento, accanto a sé, così incredibilmente appoggiato sulle proprie stesse ginocchia con quel volto che tanto aveva imparato ad amare, riuscì a concederle, come sempre e, purtroppo, solamente per un fuggevole istante, estraneazione dalla realtà, evasione dall'oscenità del mondo purtroppo a loro circostante, quell'intero Creato da cui sarebbe voluta rifuggire, nella speranza di poter, in tal modo, dimenticare ogni evento, ogni dolore, ogni orrore. Una fantasia mortale e pur incredibilmente affascinante, la sua, nella quale ella si lasciò cullare con tranquillità, con serenità, persino con eccitazione, salvo essere improvvisamente distratta da un gemito del pargolo stretto al proprio seno, un vagito soffocato, forse preludio a un nuovo pianto, con il quale il piccolo non sembrò, tuttavia, volerla ora rimproverare per una qualche mancanza di attenzione, quanto, piuttosto, per l'egoismo che le stava imponendo simili pensieri, che le stava concedendo occasione e ragione per una tanto assurda negazione di tutte le proprie responsabilità in quanto genitrice.

« E' così difficile accettare l'idea di proseguire in questo modo, amor mio… » sussurrò la giovane, ritraendo lentamente la mano destra dal volto dell'amato solo per poter tornare a chiudersi attorno al loro erede, a chi, pur sì fragile e necessitante di ogni premura, di ogni cura in quel momento, in futuro avrebbe rappresentato, per entrambi, la sola occasione per ambire all'immortalità, facendosi carico delle loro memorie, del loro sangue e del loro retaggio e trasmettendolo, a propria volta, ai figli che avrebbe avuto « Ma devo riuscire a farlo, devo continuare a guardare al futuro a testa alta, agendo in ciò non tanto per il mio bene, non per una qualche bramosia di gloria personale, quanto, piuttosto, per il nostro piccolo, per il frutto del nostro amore che non merita di restare solo al mondo: dove la crudeltà di Midda Bontor l'ha già privato del padre, che la mia follia non lo privi anche della madre! »

sabato 20 novembre 2010

1044


« S
tai forse impegnandoti a suggerirmi la necessità di importi una rapida morte al fine di ovviare a un simile rischio? All'eventualità che tu possa riuscire realmente a condurre a termine quello stesso, stolido proposito che ti ha spinto a cerca pugna in mio contrasto? » commentò ella, inarcando il sopracciglio destro e sollevando l'estremità sinistra delle proprie carnose labbra, a proporre allora quella propria consueta, abituale espressione sarcastica con la quale, probabilmente, anche tu, mia adorata, ti sarai ritrovata a confronto in qualche occasione, nel corso del vostro viaggio insieme « Se tale ha da intendersi la tua bramosia, posso accontentarti immediatamente… senza elevare obiezione alcuna. » specificò, sollevando effettivamente, nel contempo di tali parole, non retoricamente una qualche opinione in senso contrario a tale minaccia, quanto, piuttosto e concretamente, la grossa lama della scimitarra, guidandola fin sopra la propria spalla destra, nel volersi in tal modo dimostrare serenamente pronta a menare il colpo di grazia allora promesso al proprio candidato assassino.
« Se tu mi avessi realmente desiderato morto, non saremmo qui, ora, intenti a parlare… » osservò, tuttavia, l'uomo, scuotendo appena il capo a proporre sincera mancanza di fede nel confronto di una minaccia pur apparentemente definita qual quella lì presentatagli, da parte di chi, in verità, non avrebbe avuto alcuna ragione per riservargli una qualsivoglia premura, per mantenerlo in vita più di quanto già non si fosse permessa di fare sino a quel momento, e pur considerando possibile esprimersi in tal modo proprio in virtù della consapevolezza allora dichiarata in quelle stesse parole « Devo essere rimasto privo di sensi per diverse ore e, in tutto questo tempo, tu avresti potuto non solo tranquillamente uccidermi e riprendere il tuo cammino senza urgenza alcuna, ma, addirittura, torturarmi con assoluta quiete, arrivando a strapparmi la pelle e i muscoli dalle ossa dopo avermi preventivamente immobilizzato. » commentò, chinando appena lo sguardo, quasi a voler verificare quanto effettivamente nulla di tutto ciò fosse occorso a sua totale insaputa, non percepito neppure nel ritorno alla lucidità nuovamente per lui propria.
« Prerogativa macabra e pur affascinante… » replicò la mercenaria, quasi a commentare fra sé e sé tale possibilità, per quanto, io stesso lo ammetto, particolarmente truce, se non addirittura orrida, nella propria stessa formulazione, per come lì proposta « … ne prendo nota per la prossima volta! » soggiunse, con tono più sostenuto rispetto al precedente, quasi a voler definire, in ciò, un preciso impegno a tal riguardo.
« Eppure, mi hai persino lasciato libere le mani… » constatò l'uomo, riportando il proprio sguardo a lei e riprendendo in tal modo il filo conduttore del discorso precedente, quasi ella non avesse neppure preso parola « Devo considerarti estremamente audace o particolarmente sciocca per una simile scelta? » le richiese, con tono sinceramente dubbioso, trasparentemente disorientato da tutta quell'originale situazione e, probabilmente, da quella stessa, originale avversaria « Non che le due condizioni si escludano di principio… ben accetto. » puntualizzò, aggrottando la fronte.
« E io come dovrei considerare colui che, pur minacciato dalla propria stessa spada, si riserva occasione per tentare di stuzzicare con tanta perizia la propria possibile carnefice? Estremamente audace o particolarmente stolido? » sorrise la donna guerriero, non offrendo riprova della benché minima insofferenza di fronte a tali parole, del tutto disinteressata, qual suo abituale carattere, a qualsiasi presunzione avversaria, sin dall'epoca già sufficientemente fredda e posata nelle proprie azioni, nelle proprie scelte, dal non concedersi alcuna particolare propensione all'ira o alla rabbia, qual del resto neppure ne aveva dimostrate nel compiere il massacro all'interno della taverna « Non che le due condizioni si escludano di principio… ben accetto. » sottolineò, a scimmiottare i toni della controparte.
« Hai dato chiara riprova di ben conoscere il mio nome questa notte. E forse stata simile consapevolezza che è intervenuta a frenare i tuoi colpi? E' forse stato il confronto con la mia fama che ti ha impedito di uccidermi quando pur ne hai avuto l'occasione? » tentò di ipotizzare Ebano, cercando di sondare, in ciò, la psicologia della propria avversaria, i pensieri meno evidenti della medesima, non riuscendo realmente a coglierne i percorsi mentali, là dove, se da un lato ella appariva tranquillamente pronta a liberarsi di lui, dall'altro aveva pur oggettivamente rimandato simile eventualità, almeno sino a quello stesso momento « Se così fosse, permettimi di sottolineare quanto tutto ciò contribuisca a porre l'accento sulla tua inesperienza in questo settore professionale: non è lasciando in vita noti avversari che riuscirai a ritagliarti un tuo nome, straniera, quanto piuttos… » continuò a spiegare, salvo essere interrotto dalla voce dell'altra.
« E' interessante come tu stia continuando a insistere nel definirmi con il termine "straniera"… » asserì, mantenendo ancora la pesante lama nella posizione ove l'aveva condotta, sopra la propria spalla, lì ormai delicatamente appoggiata, sfruttando a simile scopo il lato privo di filo, il bordo dal profilo concavo e non tagliente della medesima « … interessante, soprattutto nel considerare quanto sia proprio tu, entro questi confini, a dover essere considerato qual tale. O, forse, non hai neppure confidenza con la tua effettiva collocazione geografica? » lo canzonò, probabilmente nel tentativo di invertire le loro posizioni, quell'apparente supremazia psicologica nella quale pur l'altro stava tanto insistendo all'evidente scopo di ricercare salva la propria vita attraverso una qualche strategia ancor non meglio esplicitata.
« So che siamo entro i confini del regno di Tranith… » negò l'altro, spingendo appena le labbra verso il basso con fare noncurante « … così come ho colto lo stile tipico dei tuoi tatuaggi, utili a collocarti qual marinaia proveniente da queste stesse lande o, forse, dalle isole ancor più a sud. Ciò nonostante, non trovo ragione alcuna per interessarmi a quale possa essere il tuo nome, ove risulta evidente la totale mancanza di valore associato al medesimo, soprattutto in confronto alla mia fama: come ho già voluto chiarire, non desidero ucciderti in conseguenza alla tua nomea, ma solo nell'ubbidienza a un ordine ricevuto a tal riguardo… un compito per il quale non mancherò di essere adeguatamente ricompensato. »

In diretta conseguenza di quelle parole, per quanto alcuna trasparenza nel merito a una concreta minaccia a suo discapito gli fu allora riservata dallo sguardo della propria interlocutrice, Ma'Vret percepì chiaramente un'improvvisa tensione muscolare a coinvolgere tutto il corpo della medesima, contrazione in conseguenza della quale, simile a una molla, le braccia della donna si mossero insieme alla lama fra le sue mani ancora trattenuta, allo scopo di condurre un colpo indubbiamente violento e deciso.
Un movimento che, per quanto potenzialmente temibile, nel porsi confidente con l'arte del combattimento e della guerra ormai da troppi anni per concedersi ancora sorprese di sorta in simili situazioni, il colosso nero comprese immediatamente non essere rivolto in proprio effettivo contrasto, quanto, come subito dopo ebbe trasparente conferma, a far roteare il corpo della stessa donna sul proprio asse, offrendo a quel gesto un'ulteriore carica cinetica, una foga altrimenti non propria, in conseguenza alla quale slanciare in lontananza l'arma lì in suo possesso, al di sopra degli alberi, prima, e poi giù lungo il crinale della montagna, scomparendo completamente al raggio d'azione della loro vista. Ma dove egli restò immobile a osservare un gesto tanto teatrale, nel presumere, correttamente e pur rischiosamente, una propria completa estraneità al medesimo, nelle sue stesse ragioni e nei suoi stessi scopi, Ebano ebbe allora occasione per riconoscere, a posteriori, di aver compiuto un nuovo, chiaro errore di sottovalutazione nel confronto con quella bizzarra donna, la quale, ancora roteando su di sé, concluse quello stesso movimento da destra a sinistra, ritornando a volgersi verso di lui e, in ciò, proponendo in contrasto al suo stesso volto, nel proprio lato mancino, la ferrea potenza del proprio pugno di nero metallo dai rossi riflessi, in un impatto che, sebbene non lo uccise né, probabilmente, mai lo avrebbe fatto, nell'escludere tale intento omicida da parte di Midda a suo discapito, fu comunque utile a farlo ricadere, nuovamente, a terra, ancora una volta privo di sensi.

« Imparerai presto a pronunciare in maniera corretta il mio nome… » riuscì a percepire essere pronunciato dalla voce di lei, in un estremo barlume di coscienza prima del ritorno dell'oscurità imperante attorno a lui.

Così, ancor privo di qualsivoglia concreta confidenza, o desiderio di tale, con il nome proprio di colei che non solo lo aveva battuto, ma, peggio ancora, lo aveva lasciato in vita, imponendogli un'umiliazione alla quale non avrebbe potuto oggettivamente considerarsi qual abituato, egli terminò tanto dolorosamente il proprio primo incontro con quella stessa donna che, molti anni più tardi, avrebbe effettivamente accumulato una fama tale da far annichilire il ricordo, la memoria di qualsiasi altro mercenario a suo confronto, in una gloria tale da riuscire, addirittura, a sfociare nel sovrannaturale, nel divino, tanta si sarebbe dimostrata la sua bravura, la sua abilità, la sua forza, la sua costanza e la sua tenacia.