11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 16 dicembre 2010

1070


C
ome ho già avuto modo di premettere in precedenza, la mia narrazione giunge purtroppo ora a dimostrarsi qual necessariamente viziata dall’identità del suo cronista originale, nelle cui parole, nella cui visione sui fatti occorsi, nostro malgrado, non ha potuto essermi allora offerta alcuna testimonianza diretta nel merito dello scontro fra la futura Figlia di Marr’Mahew, protagonista indiscussa di questa storia, e la nemica in contrasto alla quale ella si volle in tal modo votare per la propria gloria personale e per il rispetto dell’impegno preso con me. Non ho parole per esprimere il mio rammarico a tal riguardo, là dove io stesso, tuo pari, mi sono sempre ritrovato a essere vittima di una sì spiacevole lacuna, di un simile vuoto in sostituzione di quello che, se pur non più significativo, ritengo indubbiamente essere il momento più affascinante dell'intera questione, lo sviluppo capace, all'interno di una ballata, di una canzone, di riuscire a soddisfare la bramosia di avventura propria di qualsiasi ascoltatore, di ogni spettatore. Tuttavia, è pur vero, e non ha da esser ignorato, quanto tutto questo non abbia da considerarsi quale una ballata o una canzone, l'opera di un bardo capace di porre gli accenti giusti sui momenti più opportuni per accontentare i desideri del proprio pubblico, quanto, piuttosto, una cronaca sincera, onesta, offerta da colui che solo, a eccezione della stessa Midda Bontor, reticente a menar vanto a tal riguardo così come nel merito di ogni propria altra missione, fu lì presente, ragione per cui, nostro malgrado, non il gusto dello spettatore ha da esser giudicato qual vincolante, predominante anche e persino al di sopra della vera occorrenza dei fatti, degli eventi, quanto, piuttosto, il semplice e puro resoconto degli eventi, così come avvenuti e così come vissuti da parte di chi me ne ha reso partecipe per la prima volta, quindici anni or sono.
Nell’imposta perdita di sensi, inevitabile nel voler assicurare un’occasione di futuro tanto a lui, quanto a colei prima avversaria e allora alleata, a Ma’Vret venne pertanto negata ogni possibilità di assistere a ciò che, nella sua mente, si era già palesato sotto forma di miraggio, illusione, e che pur, nel momento del suo successivo risveglio, non parve poi sì lontano dalla realtà dei fatti occorsi, dal fato della mercenaria e della chimera così come, alfine, effettivamente compiutosi, nel presentare, straordinariamente, la creatura, la fiera, la belva lì abbattuta per mezzo di una delle proprie stesse corna, violentemente spezzata e utilizzata allo scopo di terminarne per sempre l'esistenza e, con essa, il proprio assurdo regno di inganno e morte.

« Ma… cosa…?! » sussurrò, decisamente provato tanto dai postumi del potere di cui era rimasto vittima, quanto dai dolenti effetti del colpo della mercenaria inferto in suo contrasto, in tutto ciò, in simile disorientamento, non riuscendo neppur a elaborare la pur chiara immagine presentata innanzi ai propri occhi in quel momento glorioso.

Per amor di precisione, è necessario sottolineare come quanto lì proprio innanzi a Ebano, non avrebbe mai potuto essere giudicato, in maniera obiettiva e distaccata, quale l'effettiva, e reale, riproposizione delle fantasie da lui poc'anzi vissute, là dove persino le due protagoniste di tale scena, di simile complesso scenario, di tale quadro, non avrebbero allora potuto essere giudicate in sufficiente corrispondenza con le proprie corrispettive, con le altre versioni di sé proiettato nell'intimità della sua mente in occasione della priva, e più elegante, versione di quegli stessi eventi: tanto l'una, quanto peggio l'altra, difatti, apparvero assolutamente distanti dalle proprie mitologiche alternative, nella stessa misura in cui, abitualmente, differisce la realtà dal mito, la verità dall'immaginazione.
Dove la donna guerriero, infatti, nell'immaginario proprio dell'uomo, si era mostrata in grado di superare quella sfida senza risentire del benché minimo attacco, senza subire la benché minima ingiuria, nella realtà a lui allora presentata in occasione del recupero del proprio senno, ella si propose tutt'altro che tale. Le sue vesti, per iniziare, dove già abitualmente logore in misura tale da riservare ben poco di lei, e delle sue forme, anche intime, alla fantasia di un proprio osservatore, all'immaginario di un qualsiasi interlocutore o semplice figura di passaggio, si concessero, in tal frangente, quali semplice ricordo di ciò che potevano essere state un tempo, ridotte allora a pochi brandelli di stoffa appena utili a circondarle i fianchi e nulla di più, nell'essere state, nella lotta occorsa, ferocemente stracciate, fatte a pezzi dagli artigli della stessa chimera, affilati come tremende lame e lì evidentemente e necessariamente impegnatisi contro di lei con furia, con bramosia di sangue e morte, senza, in tutto questo, ovviamente riservarle alcuna possibilità di pudore, per quanto ella non avesse mai dimostrato una qualche reale necessità in tal senso. Inevitabilmente, nello scenario così delineato, non solo il suo già povero abbigliamento si era ritrovato a essere vittima di tanto ardore, di una sì dirompente passione, qual solo avrebbe dovuto essere giudicata, sebbene in negativo, quanto, piuttosto e peggio, il suo corpo sotto di esso, la sua pelle e la sua carne precedentemente lì celate, e, in conseguenza di tanto impeto, segnate da lunghi tagli attraverso i quali, copiosamente, il sangue aveva trovato numerose vie di fuga dal proprio abituale, consueto percorso all'interno del suo organismo, delle sue vene e delle sue arterie, fortunatamente senza, in ciò, compromettere in maniera irreversibile nulla in lei, là dove, sicuramente complice la sua incredibile agilità e prontezza di riflessi, alcuna fra quelle piaghe avrebbe dovuto essere individuata qual nulla di più, in lode agli dei tutti, di un graffio… lungo e profondo, ma indubbiamente tale. Sopravvissuta e vittoriosa, certamente, fu in tutto quello la donna guerriero, ma in alcun modo ipotizzabile qual collegata, connessa, a quella specie di semidivinità praticamente invincibile immaginata da Ma'Vret per mezzo della chimera, tale da superare quello scontro senza neppur mostrare il più semplice segno di affaticamento, non in un respiro divenuto estremamente breve, non in un battito cardiaco propostosi necessariamente sostenuto.
Suo pari, e, forse, in misura persino maggiore rispetto a lei, anche lo stesso mostro mitologico lì sconfitto, abbattuto e lasciato giacere privo di vita sul suolo coperto di erba, muschi, funghi e foglie secche, avrebbe potuto essere considerato prossimo a quanto inizialmente supposto dal malcapitato colosso nero. Non un osceno, e pur, a modo suo, armonioso corpo frutto di un bizzarro incrocio fra un leone, una capra e un serpente, avrebbe potuto essere giudicato quello allora lì presentatogli, quanto, piuttosto una grottesca imitazione di tutto ciò, nelle sembianze proprie di un enorme rettile tricefalo: dimostrando assoluta fedeltà all'errore già caratteristico della descrizione propria dei cerberi, ipoteticamente, ingenuamente e, forse, persino romanticamente, proposti quali grossi cani dotati di tre teste e, invece, a loro volta, assurdi rettili solo lontanamente interpretabili in tal modo, ancora una volta un accozzaglia disordinata di teste, zanne e corna, aveva lì trasformato un mostro addirittura considerabile qual normale, in qualcosa di assolutamente speciale. In verità, tuttavia, l'unica vera ragione di unicità di una chimera rispetto a un cerbero, un idra, una gorgone o altre creature similmente formate, tutte tratteggiate in maniera estremamente fantasiosa e pur, puntualmente, riconducibili a bizzarri rettili, avrebbe dovuto essere riconosciuta non nella forma per essa propria, quanto nel potere intrinseco nel proprio stesso sangue, e superiore a qualsiasi altra capacità, alla creazione di terribili fiamme, alla rigenerazione del proprio stesso corpo o, persino, alla trasformazione in pietra di materia organica con uno semplice sguardo. Nulla di tutto ciò, comunque, non il suo aspetto differente da quanto atteso, non la sua natura sì rivelata, avrebbero potuto allora intaccare nella più semplice misura il valore proprio di quella creatura, la pericolosità di quell'abnorme mostro tricefalo e, soprattutto, il valore proprio di chi il medesimo era riuscito ad abbattere, addirittura sfruttando, a tal fine, una delle due lunghe corna presente a ornare la sua testa superiore,

« Midda… » richiamò egli, nello sforzarsi a ritrovare una posizione se non eretta, quantomeno seduta, pronunciando quel nome, pur mai realmente a lui comunicato nella realtà, con assoluta padronanza attorno al medesimo, quasi da sempre l'avesse similmente apostrofata, e non ovviando a una certa nota di ansia mista a gioia, di preoccupazione mista a sollievo in quelle stesse sillabe, sentimenti in quel momento necessariamente presenti in lui nel confronto con quel particolare quadro e, ancor più, con la propria intima confusione su quanto fosse reale e quanto, invece, semplice sogno, delirio, ormai lontano da lui « C-cosa… è successo? » soggiunse poi, fallendo nel tentativo non solo di porsi a sedere, ma anche di riordinare in minimale misura le proprie idee, ancor troppo e purtroppo confuse « Tu… vivi? E quel mostro… cosa è quel mostro? »

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