11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 19 gennaio 2011

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S
hu-La era sufficientemente gelosa: non avrebbe potuto definirsi quale completamente gelosa, ma indubbiamente sufficientemente gelosa.
Al pari della maggior parte delle donne, ella possedeva apparentemente quell'innata capacità di riuscire a comprendere il proprio compagno senza permettere, al contempo, che egli potesse, neppur vagamente, cogliere le sue concrete emozioni, i suoi veri sentimenti, rendendogli intellegibile solo quanto da lei volutamente reso tale, e, nel particolare contesto di quella situazione, solo il proprio pur sincero e immenso amore per lui. Volendo tuttavia analizzare la questione sotto un punto di vista oggettivo, in verità, tale bravura, simile naturale e femminile empatia, non avrebbe dovuto essere giudicata qual direttamente derivante dal suo esser donna, quanto, piuttosto, conseguenza dell'abituale mentalità, del consueto stato d'animo caratteristico del proprio compagno in quanto uomo. Malgrado ogni proprio sforzo a negare tale realtà, simile consapevolezza, infatti, nel profondo del proprio cuore, ella celava una profonda irritazione, un disagio sì marcato che, al di là di ogni tentativo di dissimulazione, se El'Abeb avesse dimostrato maggiore sensibilità, maggiore attenzione, avrebbe saputo e potuto cogliere senza neppur particolare impegno, particolare sforzo, tanto simile sentimento si stava radicando nel suo cuore, nel suo animo, tormentandone non solo la mente, ma persino il corpo: propria colpa, come, purtroppo, avrebbe potuto essere giudicata abituale per la maggior parte degli uomini, egli, in quel particolare momento, in quello specifico contesto, si stava dimostrando eccessivamente concentrato su se stesso e sui propri problemi, sulle proprie preoccupazioni, per potersi concedere occasione di un pur effimero tentativo volto a spingere la propria percezione nel merito degli effettivi sentimenti della propria amata, al di là di quanto da lei volutamente mostrato, non quale atto cosciente, e pur, innegabilmente, qual dimostrazione di una spiacevole pigrizia mentale, tale da subordinarlo involontariamente ai capricci femminili dell'altra.
Sufficientemente gelosa, sorprendentemente e mestamente, Shu-La si era scoperta fin dal momento in cui, dalla bocca di Bosmar, erano state scandite le sillabe utili a formare il nome di Midda Bontor. In maniera razionale, sotto un profilo puramente logico, ella non avrebbe voluto, dovuto o, tantomeno, potuto provare alcun sentimento di rivalità, di risentimento nei riguardi della Figlia di Marr'Mahew, dal momento in cui, oggettivamente, fra le due non vi era mai stata occasione di esplicito confronto diretto, né, parimenti, possibilità di sfida indiretta attraverso la figura del suo amato, di colui il quale, involontariamente, si poneva essere quale oggetto di quell'intimo, e del tutto personale, contendere. In occasione della propria visita al Cratere, la donna guerriero e l'albina avevano avuto un effimero, fuggevole, neppur esplicito, contatto solamente nel momento in cui la prima aveva raggiunto l'insediamento ove la seconda viveva da sempre, la cittadella eretta a nord del vasto spazio lì loro riservato: non uno sguardo, in simili circostanze, era stato propriamente scambiato fra loro, per quanto Shu-La, al pari di tutti gli abitanti del luogo, non avesse ovviato a saziare una propria, spontanea curiosità nel merito di quella straniera, di quella nuova arrivata dalla città dei dimessi, la stessa figura femminile che poche ore prima di quel momento, il giorno precedente a quella sua venuta fra loro, aveva combattuto in loro stesso contrasto, accanto a feroce Jodh’Wa e per la protezione della giovane Sa-Chi. Entro i limiti propri di quel semplice sguardo, da spettatrice, testimone di un evento, ancor prima che possibile partecipe del medesimo, avrebbe dovuto essere circoscritta ogni esperienza di confronto diretto fra le due donne, tale da rendere paradossale, assurda, qualsiasi possibilità di invidia, di antagonismo, di gelosia non di meno rispetto all'idea, al pensiero di un eguale sentimento, di una simile reazione, in conseguenza dell'indiretta intermediazione rappresentata dalla figura dello stesso El'Abeb, nei riguardi del quale, per quanto a lei, e a chiunque altro, noto, la donna guerriero mai aveva espresso possibili apprezzamenti e, dal quale, altrettanto, alcun esplicito interesse, alcuna appassionata curiosità, era mai stato rivolto in senso inverso.
Paradossalmente, sufficientemente gelosa la stupenda Shu-La si era comunque scoperta nel confronto con ciò che non era stato e che, dal suo punto di vista, sarebbe potuto essere, ancor prima che di ciò che era effettivamente occorso fra il proprio adorato e quella donna. Se, infatti, fra El'Abeb e Midda fosse esistito un trascorso, una storia passata, ella avrebbe potuto considerarsi soddisfatta al pensiero di essere riuscita a conquistarsi un posto stabile nel cuore dell'uomo là dove l'altra non aveva avuto possibilità alcuna di successo in tal senso: in questo modo, al contrario, ella non poteva evitare di prendere in esame l'idea, il dubbio, in terribile sospetto, di poter essere, forse e semplicemente, un surrogato, un sostituto, un rimpiazzo nella quotidianità del proprio compagno, a riempire un vuoto creato dall'impossibilità di quell'altro rapporto, un limite in conseguenza al quale, pertanto, l'amore non corrisposto dell'uomo si era trasformato in odio verso chi tanto l'aveva rifiutato. Un'idea assurda, un pensiero folle, il suo, ella ne era perfettamente consapevole, che, nonostante tutto, non avrebbe potuto evitare di tormentarla nel proprio intimo, lasciandole desiderare, per quanto non si fosse mai proposta qual donna d'arme se non per semplice necessità, per questioni di sopravvivenza, di poter affrontare e uccidere personalmente quell'ipotetica rivale, offrendo poi, qual pegno della propria fedeltà, del proprio sincero amore, il cuore di lei, ancora caldo, in dono al proprio adorato compagno, a colui che amava come uomo e come condottiero, e per la cui sola felicità sarebbe stata pronta a qualsiasi gesto, incluso l'assassinio o, parimenti, il suicidio.
Tormentata dalla propria insensata emotività, da quei sentimenti che non desiderava vivere e che pur, inevitabilmente, stava vivendo con marcata e innegabile sofferenza, ella aveva deciso di raggiungere il proprio amato El'Abeb, per restare al suo fianco nel mentre in cui egli impegnava le proprie energie, la propria straordinaria capacità strategica, al fine di concepire il piano che avrebbe finalmente condotto alla risoluzione dello stallo in cui, in assenza di particolari ragioni d'urgenza, tutti loro erano rimasti da giorni.
Egli, la splendida albina lo sapeva, lo aveva intuito come chiunque altro nel campo anche senza necessità che l'uomo prendesse voce in tal senso, entro il mattino seguente avrebbe ordinato loro di attaccare il villaggio, ponendolo a ferro e a fuoco nella ricerca del tesoro lì custodito e, contemporaneamente, nell'offesa a colei che, trasparentemente, si era schierata in difesa di quella gente, facendo propria una causa non sua, secondo le sue abitudini, solamente nel nome del denaro. Appariva evidente, infatti, come il corriere che era riuscito a sfuggire alla loro morsa, due settimane prima, doveva aver posto in allarme le autorità locali, le quali, per qualche bizzarro scherzo del fato, avevano avuto allora disponibilità di ricorrere ai servigi della stessa Figlia di Marr'Mahew nella volontà di risolvere, quietamente, la questione, evitando una mobilitazione ingente di forze in conseguenza dell'intervento delle quali, altrimenti, il segreto, ormai non più tale, della presenza del tesoro nel villaggio sarebbe stato eccessivamente pubblicizzato. E se ciò, nei piani di coloro che avevano preso tale decisione, avrebbe dovuto essere considerata quale una scelta ponderata, e valutata a esplicito svantaggio di chi aveva similmente posto sotto assedio il villaggio, da punto di vista di questi ultimi, alla loro attenzione e, in particolare, all'attenzione del loro comandante, tutto questo era stato, altresì e necessariamente, accolto in altra misura, così come El'Abeb, sinceramente, si era impegnato a definire in risposta alla sopraggiunta presenza della propria compagna a sé.

« Ciò che per te è ragione di serenità, amor mio, non può che essere tale anche per me. » sorrise la donna, muovendosi con gesti spontaneamente eleganti, naturalmente sensuali, verso la sua direzione, raggiungendolo e, dopo essersi portata alle sue spalle, sì meravigliosamente scolpite nella loro virile presenza, abbracciandolo con dolcezza, con amore, per unirsi in tal quieto modo a lui e lì poter permanere senza distoglierlo dal suo lavoro, dalla sua attività di programmazione tattica « Anche se, spero tu lo sappia, non potrà mai essere il dominio di una città, di una provincia, di un regno o, persino, di un intero continente, motivo di gioia, di appagamento, quanto, più semplicemente e pur meravigliosamente, la tua presenza nella mia vita, in questa nostra tenda così come nel più regale di tutti i palazzi… »
« Lo so, mia divina ispiratrice… lo so. » replicò egli, voltandosi nella dolce unione con il corpo di lei per poterla stringere a sé, a propria volta, desideroso di quel contatto fisico più di ogni altra umana necessità, più di ogni altro mortale bisogno « Ma non è mio desiderio che i nostri figli possano nascere e crescere in questa tenda, quando mi è concessa dagli dei la possibilità di riservare loro molto di più. »

E, nel confronto con quelle parole, con quella meravigliosa premura, con il pensiero così evocato di una loro prossima prole, Shu-La non poté evitare di vergognarsi profondamente per la propria gelosia, per quello stolido sentimento dal quale, tuttavia, non riusciva, e forse mai sarebbe riuscita, a liberarsi.

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