11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 28 febbraio 2011

1139


D
a quella frase, particolarmente lungo, anche più di quanto egli stesso avrebbe potuto preventivare, fu lo sviluppo narrativo che vide protagonista lo stesso locandiere, nel presentare così il racconto, almeno per sommi capi, tanto del viaggio compiuto verso nord, quanto della permanenza sua e, con lui, della propria amata in quelle terre lontane, quant'ancora del loro ritorno verso sud e di una serie di estemporanee missioni nelle quali la donna guerriero aveva voluto lasciarsi coinvolgere, nel desiderio di accumulare un po' di oro utile a rimpinguare le proprie riserve altresì esaurite nel dare vita alla medesima locanda a loro allora circostante, così come lì loro meravigliosamente offerta.
Ultimo, e pur non meno importante o significativo, fra tali e tanti impegni da lei invocati qual propri per mera ispirazione mercenaria era stato quello che l'aveva ritrovata qual protagonista nel vicino regno di Urashia, impiegata nella difesa di un piccolo villaggio da una famigerata, e brutale, banda di predoni. Proprio al termine di tale incarico, risoltosi per vie assolutamente imprevedibili, e pur egualmente utili a concederle, a modo suo, occasione di vittoria nel proprio primo intento, ella aveva allora ricevuto un importante, tutt'altro che superfluo, consiglio da un vecchio nemico ormai, forse, divenuto alleato, e rivolto a imporle di riservarsi particolare prudenza nel proprio prossimo ricomparsa nella scena propria della città del peccato, dal momento in cui, entro quelle dodici mura, ella non avrebbe ritrovato lo stesso mondo conosciuto al momento della propria partenza un anno prima. Un invito alla paranoia che, nel confronto con la particolare psiche della Figlia di Marr'Mahew, avrebbe potuto probabilmente essere giudicato quale retorico, e che pur, alla luce della confusione imperante all'interno della stessa Kriarya nel merito dell'identità della donna e di sue eventuali responsabilità in una non meglio precisata piaga negromantica lì imposta non dissimile da una maledizione, non avrebbe potuto che essere ritenuto incredibilmente azzeccato e, persino, benedetto dagli dei nel proprio offrirsi, loro sopraggiunto in tempo utile a evitare che, agendo in maniera dissimile da quella così abbracciata, quel tranquillo ritorno a casa potesse trasformarsi in una mortale trappola per entrambi e, soprattutto, per lei.
Solo dopo il termine di tale breve, e pur necessario, resoconto, utile a dare inizio a una quieta possibilità di collaborazione fra lo shar'tiagho e quella giovane donna che pur, malgrado la fiducia sino a quel momento dimostratagli, non avrebbe potuto riservarsi reali ragioni di credito nei riguardi di quella figura a lei sostanzialmente estranea, sconosciuta, fu proprio Arasha a sancire qual egualmente e reciprocamente utile l'inizio di una seconda narrazione, destinata a informare quell'uomo di quanto, a lui, altrimenti sconosciuto.

« Dopo la vostra partenza, un anno fa, la vita nella città del peccato è ripresa secondo i propri ritmi quotidiani: la supposta resurrezione di Midda Bontor offrì ragioni di discussione ancora per qualche tempo, al pari di quasi tutte le questioni che abitualmente la riguardano, ma, ben presto, anche quei fatti vennero scordati, nell'oblio comune e diffuso che sembra assorbire qualsiasi informazione una volta intrappolata all'interno di questa città, un mondo a sé stante entro il quale il concetto stesso di tempo da l'impressione di non avere ragione d'esistere… » prese voce la giovane, definendo, in simili parole, un concetto ben noto a Be'Sihl così come a chiunque avesse mai avuto occasione di vivere per qualche tempo in quei tanto particolari confini.
« So bene di cosa parli. » confermò egli, con un lieve sorriso di incoraggiamento, volto a invocare da lei il proseguimento nel cammino verbale così abbracciato « Nonostante la guerra a noi così prossima dovrebbe costringerci a vivere ogni giorno quasi fosse l'ultimo, in Kriarya ancor più che altrove, la quotidianità appare al contrario, paradossalmente ed estremamente costante nei propri ritmi, nel proprio incedere, al punto da offrire la sensazione di essere sostanzialmente esiliati dalla realtà in quanto tale, vivendo in una zona estranea a tutto e a tutti e, nella quale, tutto e tutti finiscono irrimediabilmente per essere amalgamati in qualcosa di diverso da quanto avrebbero potuto essere stati prima di giungere qui. »
« Esattamente! » annuì ella, condividendo la descrizione da lui così proposta, prima di riprendere nella propria rievocazione « Comunque, malgrado ogni eventuale impressione di immobilità, le ricchezze investite dalla tua compagna nella ricostruzione di questo edificio furono in grado di negare qualsiasi indolenza, vedendo la locanda risorgere, simile a y'shalfica fenice, dalle proprie stesse ceneri, più grande e forte di quanto non avrebbe potuto essere prima. » sorrise, dimostrando in ciò un moto di personale orgoglio per quella stessa erezione a loro circostante, ennesima riprova di quanto, a livello consapevole o no, ella avesse ormai sviluppato un rapporto di affettuosa familiarità con quel particolare ambiente, al punto tale da giustificare una simile reazione in lei all'idea dei risultati lì raggiunti « In ciò, sotto lo sguardo attento di Seem, ci tengo a sottolinearlo, occorsero meno di due stagioni per completare i lavori e, per questo, prima ancora della fine dell'inverno e dell'inizio del nuovo anno, la locanda ebbe possibilità di riaprire i battenti. »
« Giusto in tempo per il capodanno… » osservò l'uomo, approvando quella notizia assolutamente positiva, nel considerare come, anche in una città qual quella, una simile festa non avrebbe potuto evitare di riempire ogni stanza lì proposta a disposizione di possibili clienti.
« … che ci fruttò, immediatamente, molto più oro di quanto non avremmo potuto immaginare! » sorrise l'altra, ben intuendo l'implicito riferimento così accennato e palesando, in tali parole, una propria attività di collaborazione con Seem fin da tale momento.

Affezionato allo scudiero della propria amata non diversamente che a un fratello minore, o forse, e più precisamente, a un cucciolo, qual pur avrebbe potuto essere considerato nel momento in cui egli l'aveva accolto nella propria locanda, offrendogli un impiego qual garzone, il locandiere non poté che sorridere, in cuor suo, e sul proprio volto, nel confronto con l'evidente solidità del rapporto da lui costruito con quella fanciulla, ancor non conosciuta e pur spontaneamente ben giudicata anche solo qual riflesso dei commenti a suo riguardo ascoltati da parte della stessa Midda, lieto che, in quell'ultimo anno, non solo egli fosse riuscito in maniera sufficientemente adeguata a portare avanti l'incarico assegnatogli, ma, anche, avesse potuto godere della compagnia di una sì indubbiamente piacevole presenza, non diversamente da come anche lui si era pur riservato di godere, abbandonandolo lì a curare gli interessi della locanda, e quindi anche i propri, nell'ottemperanza degli ordini della sua padrona.
Talvolta, in effetti, nel corso di quegli ultimi mesi, lo shar'tiagho non aveva potuto ovviare a un sentimento di giustificabile timore per il fato di quel ragazzo, sì nato e cresciuto nella stessa Kriarya, e pur, forse, non idoneo a sorreggere un fardello tanto grave quale quello che il suo cavaliere aveva pur voluto imporgli nella volontà di responsabilizzarlo, oltre che di liberarsi della sua altresì considerabile incomoda presenza in un momento di ricercata intimità proprio con Be'Sihl. Un momento, il loro, che si era esteso in maniera quasi imbarazzante, per un arco di tempo che, in passato, aveva giudicato quasi imperdonabile da parte della stessa mercenaria, nei propri necessari, e ineluttabili, viaggi lontano dalla città del peccato, e che, per tal ragione, non avrebbe potuto evitare di imporgli ragione di rimorso al pensiero dell'abbandono in tal modo imposto allo stesso Seem: abbandono che, tuttavia e fortunatamente, non era stato tale e che, al contrario, si sarebbe potuto considerare persino anche a completo vantaggio per quei due giovani, allo stesso modo in cui lo era stato per loro due.

« Ricostruita la locanda e intrapresa la nuova avventura della sua gestione, Seem e io, così come anche molti altri in città, ci siamo ritrovati a essere in tranquilla attesa del vostro ritorno, inconsapevoli su quando questo sarebbe potuto avvenire e pur certi che sarebbe occorso nel momento in cui meno ce lo saremmo potuti attendere. » proseguì Arasha, offrendo al proprio interlocutore un riassunto non più particolareggiato di quello reciprocamente da lui ottenuto, e pur sufficiente, almeno in un primo istante, per chiarire il contesto generale « Così fu e, dopo un'altra stagione, Midda tornò a mostrare il proprio inconfondibile profilo in città, se pur priva della tua presenza al suo fianco… »
Nonostante l'assurdità intrinseca in quell'ultima affermazione, alcuna nuova interruzione fu allora offerta alla giovane dal proprio interlocutore, costretto volontariamente al ruolo di mero ascoltatore, nel desiderio di meglio intendere quale follia avrebbe dovuto considerare alla base di tutto ciò.

domenica 27 febbraio 2011

1138


I
ncerto, per un lungo istante, l'uomo restò sulla risposta da offrire alla controparte, diviso fra un desiderio di confronto aperto con qualcuno, fosse indifferentemente ella o Seem, e la prudente volontà di evitare eccessiva possibilità di pubblica diffusione nel merito della propria reale identità prima che i tempi potessero essere giudicati maturi in tal senso. Tuttavia, nel riflettere sul particolare rapporto esistente fra Arasha e il giovane, quest'ultimo già consapevole della sua presenza entro quelle mura, semplicemente assurdo starebbe stato ritenere di poter mantenere a lungo segreto con lei, là dove, probabilmente, prima della fine di quella stessa serata, ella sarebbe stata puntualmente informata dal proprio compagno e amante.
In ciò, il solo percorso logico presentatogli innanzi, nel contesto proprio di un sì semplice dilemma, risultò essere quello di approfittare di quella conquistata intimità con lei per rivelarle direttamente il proprio nome, in modo da poter, magari e persino, iniziare a ottenere qualche risposta alle numerose domande che il pur breve dialogo con lo scudiero avevano fatto sorgere nella sua mente.

« In effetti, immagino per sempre… ammesso che non venga nuovamente coinvolto in qualche gradevole viaggio come quello che ha contraddistinto l'ultimo anno della mia vita. » affermò in replica alla questione presentatagli, levando le mani al fine di abbassare il proprio cappuccio e rivelare un volto allora contraddistinto da un ampio sorriso « Non siamo ancora stati presentati: il mio nome è… »
« … Be'Sihl Ahvn-Qa! » completò ella, sorridendo tranquillamente e, in ciò, limitandosi ad annuire, senza palesare eccessiva sorpresa qual, pur, l'uomo si sarebbe atteso di ritrovare in lei e quale, altresì, aveva anche contraddistinto lo stesso Seem in similare contesto.
« Sbaglio o non sembri particolarmente stupefatta da tale introduzione? » osservò l'altro, aggrottando la fronte e, nel mentre di tale domanda, indicando la porta ancora aperta alle spalle della donna, a suggerirle di socchiuderla o, meglio, chiuderla, per conservare maggiore discrezione possibile, prima che qualche cliente potesse cogliere l'occasione per attraversare il corridoio e, in ciò, vanificare completamente ogni suo tentativo di mantenere riserbo attorno al proprio ritorno in città « Comprendo come non sia un nome particolarmente celebre, ma il mio amor proprio potrebbe risultare seriamente leso da tutto ciò… » soggiunse, con tono scherzoso, che alcuna particolare offesa avrebbe desiderato realmente dimostrare.
« Oh… » commentò Arasha, ora chinando lo sguardo e rivelando, con un leggero arrossamento delle proprie pur scure gote il proprio imbarazzo in risposta a quell'asserzione, quasi avesse compiuto realmente un torto di sorta nel confronto con il proprio interlocutore « Ti domando scusa… » riprese subito voce, chiudendo la soglia dietro di sé in ottemperanza alla sua richiesta « … non era mia intenzione mancarti di rispetto né trascurare l'importanza del tuo rientro in città, ma, nel dover gestire la tua consueta clientela, ho dovuto abituarmi a non concedere trasparenza sulle mie emozioni, ove, in ciò, concederei solamente loro un margine di replica. » si volle giustificare, prendendo, in quelle stesse parole, distanza dalla gestione della locanda sino a quel momento affidata alle proprie mani, nel definire i clienti della medesima quali non propri, quanto, piuttosto, appartenenti al proprio attuale interlocutore.
« Ci tengo a precisare come io stessi scherzando. » puntualizzò egli, scuotendo il capo e slacciandosi la cappa, per liberare il proprio corpo, come di consueto rivestito da vesti non particolarmente appariscenti ma, al tempo stesso, ornato da pesanti bracciali dorati, simbolo, assieme ai suoi piedi scalzi, della propria appartenenza alla lontana cultura shar'tiagha, dalla quale non si era mai intimamente separato neppure a una tale distanza dalla propria terra natia « Anzi: permettimi di complimentarmi con te non solo per l'ottimo lavoro che stai compiendo qui, ma, anche, per aver subito colto la mia identità. » proseguì, con tono quieto, privo di evidenza di disagio in tale confronto « Era tanto pales…? » tentò di domandare.
« No. No. Non ti preoccupare… » scosse il capo ella, replicando con tale enfasi da anticipare persino il termine dell'interrogativo « In effetti ho iniziato a collegare l'eccessiva complicità dimostrata nei tuoi riguardi da parte di Seem solamente quando hai accennato alla tua sperata duratura presenza all'interno di queste mura e al viaggio che da qui ti ha trattenuto lontano. Questo, in aggiunta al tuo viso e alle treccine tipiche della tua gente, mi ha permesso di giungere rapidamente a una conclusione sin troppo ovvia. » esplicitò, ripercorrendo verbalmente il rapido percorso mentale pocanzi compiuto nel riservarsi diritto di scandire il suo nome « Ciò che non riesco a comprendere, tuttavia, è la ragione per la quale tu sia ritornato… e, soprattutto, tu sia ritornato in maniera tanto clandestina. Sempre che tale curiosità non risuoni quale offensiva. »

Non offensiva, ma semplicemente inattesa, fu percepita tale questione da parte del diretto interessato alla medesima, nella nuovamente particolare scelta di termini propria della fanciulla, chiaramente istruita a livello sufficiente da non permettersi di pronunciare eventuali termini senza una reale confidenza tanto con i loro significanti, quanto con i loro significanti. In questo, nel dettaglio, quanto risuonò simile a una nota stonata alle orecchie del locandiere, in un registro da lei pur mantenuto distante da quello, stilistico e argomentativo, al quale lo scudiero aveva pocanzi offerto riferimento nel formulare le proprie ancor poche domande, fu l'implicito accenno appena definito a un'onesta impossibilità a prevedere il suo rientro in città, non in quanto inconsapevole del tempo entro cui egli avrebbe potuto fare lì ritorno, quanto, e piuttosto, perché consapevole dell'assenza, da parte sua, di volontà in tal senso.

« Di cosa…? » tentò di richiedere numi l'uomo, salvo essere subitaneamente, e nuovamente, interrotto.
« Che sia chiaro, però. » riprese voce la giovane, levando le mani quasi a invocare immediata resa innanzi a quelle che temeva sarebbero potute essere reazioni avverse da parte dell'interlocutore « Non è mia intenzione porre in dubbio la legittimità del tuo essere qui, né, tantomeno, del tuo diritto di proprietà sulla locanda. Semplicemente, come chiunque altro in città, non mi sarei mai attesa tutto ciò. Non, per lo meno, nel considerare veritiere le parole di Midda… » proseguì nel dettaglio della questione, offrendo, in ciò, nuovo sostegno alla tesi da lui già ascoltata due piani più in basso, quand'ancora seduto al bancone « … e, ancora, nel considerare veritiera l'identità della stessa Midda Bontor, dettaglio attorno a cui, per quanto possa apparire assurdo e, persino, infantile, Seem, per primo, ha sempre voluto riservarsi occasione di dubbio. »

Non in quanto necessario a condurre un'intima riflessione, quanto, piuttosto, tale nella speranza di concedere alla controparte possibilità di riorganizzare i propri stessi pensieri, fu il breve intervallo di silenzio che Be'Sihl si premurò di imporre fra loro, a seguito di quel breve monologo, temendo, in caso contrario, di poter non essere adeguatamente ascoltato, in conseguenza di quello che, forse, avrebbe potuto considerarsi un eccesso di sicurezza da parte dell'altra nel merito delle sue eventuali dichiarazioni, o, piuttosto, un eccesso di ansia non adeguatamente gestita innanzi alle medesime, al punto tale da non permettergli di concluderne neppure una.
Per tale ragione, solo dopo un tempo che volle giudicare sufficiente a creare una netta separazione fra le proprie nuove asserzioni e quanto, in effetti, neppure discorso prima, l'uomo si mosse, prima, a porsi a sedere sul bordo del letto, e riprese voce, poi, nella direzione della propria interlocutrice.

« Innanzitutto, mi riservo diritto di ripetermi, anche a costo di apparire noioso: i miei più sinceri complimenti per come tu, e Seem, siete riusciti a portare avanti la locanda in quest'ultimo anno. Solo uno stupido non potrebbe apprezzare quanto appare evidente che voi siate riusciti a ottenere e, non volendo dimostrarmi tanto sciocco, sarei folle a negarvi il giusto merito per quanto ottenuto. » premesse, affrontando la questione in maniera forse eccessivamente ampia, ma desiderando, in ciò, chiarire come non fosse sua intenzione o priorità, in quel momento, ristabilire il proprio controllo, la propria autorità, in quell'edificio, là dove, dopotutto, non vi sarebbero potute neppure essere ragioni, da parte sua, a giustificare una qualche urgenza in tal senso « In secondo luogo, credo che sia meglio che tu ti metta comoda e ti prepari a presentare eventuali scuse al buon Seem, per non avergli voluto riservare fiducia quanto necessario. Perché, per quanto io non abbia ancora la benché minima idea di cosa sia accaduto in questi ultimi dodici mesi, posso altresì offrirti assoluta certezza nel merito della più totale estraneità di Midda, ingiustamente coinvolta nelle tue parole, a qualsiasi evento qui occorso, dal momento in cui ella è stata con me per tutto il tempo. »

sabato 26 febbraio 2011

1137


Fedele ai canoni architettonici dell'intero regno di Kofreya, in Kriaya, città del peccato divenuta tale in conseguenza della propria incredibile prossimità al fronte di guerra, al confine con lo storico avversario y'shalfico, vigeva da sempre uno stile estremamente geometrico, in larga prevalenza povero di decorazioni e fregi, ma, anche ove presenti, sempre in coerenza alla predilezione per le forme spigolose predominanti nell'intero territorio. Ogni edificio nella città, dalla abitazioni più basse e tozze, alle alte torri dei signori e dei ricchi mercanti, tanto più tendenti al cielo, quanto più forte, determinato e potente desiderava apparire il suo proprietario, era pertanto stato fondato su basi sempre regolari, sì dimostrando una naturale preferenza per quadrati e rettangoli, ma, ciò nonostante e soprattutto negli edifici più sofisticati, non disdegnando poligoni più complessi, fra i quali, esempio più significativo e evidente, avrebbe indubbiamente dovuto essere riconosciuto quello proprio delle medesime mura cittadine, erette su dodici diversi lati ai quali, un tempo, corrispondevano anche dodici porte, successivamente ridottesi solo a quattro per ragioni di sicurezza, di necessità di controllo e di protezione da eventuali invasioni nemiche. In un tale, omogeneo e pur particolare contesto, che mai sembrava avrebbe potuto perdonare la presenza di una dolce curva fosse anche semplicemente nel profilo di una finestra o nella guglia di una torre, la locanda di Be'Sihl non si era mai impegnata a ricercare occasione di particolare eccentricità, non avendo mai avuto, qual proprio personale scopo, quello di risultare un'eccezione ai gusti estetici lì divenuti norma, quanto, piuttosto, alle abituali prevaricazione dei criminali locali lì divenuti estremamente simili a nobili signori, tanto dall'essere persino denominati con il titolo di lord. Non edificata, ma, più semplicemente, acquistata dallo stesso Be'Sihl in seguito al proprio arrivo entro quelle mura, quello della locanda, prima dell'incendio scatenato dall'avventata azione della Figlia di Marr'Mahew, da un punto di vista meramente estetico, avrebbe pertanto potuto essere confuso con un qualsiasi altro edificio in città, con una qualsiasi altra taverna o ostello lì presente, distinguendosi, altresì, da tutti loro per quanto faticosamente conquistato da parte dello shar'tiagho: una libertà, un'indipendenza dal controllo di qualsiasi lord, tale da rendere quelle comuni mura una fra le più importanti eccezioni nella realtà propria della città del peccato.
Prima dell'incendio, nella fattispecie, la locanda aveva potuto offrire vanto di ben due piani al di sopra del livello del suolo, nonché di un ampio scantinato dedicato al ruolo di magazzino, per il mantenimento delle provviste: mura portanti di pietra, con pavimenti e soffitti in forte legno, per quanto rovinato dal quell'atto persino giudicabile vandalico, ferito in maniera immeritata da quella scelta, esso avrebbe potuto essere facilmente ed economicamente restaurato, lasciandogli, alfine, persino guadagnare valore rispetto alla propria forma originale. Ciò nonostante, forse spinta da un sentimento di rimorso per ciò che aveva compiuto, o forse desiderosa di impiegare le ricchezze accumulate in molti anni di straordinaria carriera in un investimento sicuro e duraturo, qual quello di un tale bene immobiliare, così come molte malelingue non avevano esitato a supporre nel corso di quell'ultimo anno, la mercenaria sola responsabile della parziale distruzione dell'edificio precedente aveva finanziato un'azione volta, sostanzialmente, a cancellare memoria di quella che avrebbe potuto essere ricordata quale la prima struttura, in favore di una costruzione di gran lunga superiore a essa, tanto sotto un profilo progettuale, quanto da un punto di vista meramente estetico, ragione per la quale, in un primo momento, persino lo stesso Be'Sihl non aveva potuto ovviare a estemporanea incertezza sull'essersi spinto nel giusto luogo.
Ai due piani che, dalla sua prima fondazione, avevano caratterizzato l'aspetto di quella struttura, quale prima e più rilevante modifica, erano stati sommati altri due livelli, permettendo all'intero edificio di conquistarsi il primato nell'intero circondario, dal momento in cui alcuno fra i palazzi lì confinanti si era mai spinto al di sopra di un terzo piano. Sei livelli, considerando in tal conteggio anche quello al livello del suolo e lo scantinato, all'interno del quale lo spazio riservabile alla clientela avrebbe dovuto giudicarsi sostanzialmente raddoppiato, sebbene, nei progetti di Midda, non doveva essere stato prefisso un intento di natura meramente volumetrica, come la nuova forma del complesso avrebbe potuto trasparentemente testimoniare: alla povertà propria di un semplice parallelepipedo in muratura, infatti, era stata sostituita la ricercatezza di un'architettura forse meno pratica, ma indubbiamente più originale e, persino, elegante, quale quella che, allora, presentava i due piani aggiuntivi realizzati non quali semplice prosecuzione della base a loro sottostante, quanto, invece, suddivisi in due distinte aree, quali solo avrebbero potuto essere quelle proprie di due separati torrioni, di forma pressoché cubica. Tre diversi perimetri di merlature, il primo posto alla base dei due torrioni e lungo l'intera forma rettangolare comunque propria dell'edificio originale, e altri due presenti ai vertici della coppia di nuove estensioni lì realizzate, introducevano in simile insieme un elemento di ulteriore innovazione, che, per quanto chiaramente volesse richiamare alla mente l'immagine di una piccola fortezza, avrebbe dovuto essere considerata destinata semplicemente ad appagare il gusto della sua promotrice, come, ancora, sarebbe risultato evidente e indubbio allo sguardo di chiunque nel momento in cui ci si fosse soffermati a rimirare la presenza, all'interno di ogni merlo, di un originale bassorilievo, volto a rappresentare una scena di vita comune, in Kriarya o altrove, senza mai ripetersi, senza mai riproporre quanto già mostrato. A offrire particolare risalto a tali opere già sufficientemente distinguibili, nel non essere scolpite in pietra, quanto, piuttosto ed eccentricamente, plasmate in bronzo, alla facciata di semplice pietra era stata allora sostituita una vasta superficie intonacata e, a propria volta, attraversata da diversi modelli ornamentali ritmici, sempre e necessariamente tratteggiati su base geometrica e priva di rotondità, atti ad arricchire l'impatto visivo dell'intera struttura, delineando la presenza dei vari piani e circondando le strette finestre bifore caratteristiche delle stanze maggiori, in alternativa a semplici sfiatatoi altresì propri di ogni altro ambiente minore.
Al secondo piano, proprio in uno di quegli più modesti alloggi, privi di finestre e adornati da un semplice letto, una cassapanca e un orinale, fu allora condotto da Arasha colui che avrebbe dovuto considerarsi proprietario, o comproprietario, per amore del dettaglio, di dell'intero edificio, dopo aver anticipatamente sborsato più di quanto, abitualmente, egli stesso avrebbe richiesto per una fra le proprie stanze migliori, ragione per la quale, malgrado il proprio desiderio di mantenere un basso profilo, egli non poté evitare di concedersi un commento intellegibilmente sarcastico…

« Con tutto l'oro che vi ho dato, mi sarei atteso di affittare, per lo meno, una delle torrette. » ammise, nell'osservare l'interno di una stanza sostanzialmente non dissimile dal quelle lì già originariamente presenti, per quanto ancora capace di dimostrare la freschezza della propria recente ricostruzione.
« Gli alloggi superiori sono senza dubbio migliori di questo, ma anche molto più cari di quanto potresti immaginare, nell'essere stati concepiti per un pubblico particolarmente ricercato. » puntualizzò la sua temporanea sostituta, con tono privo di inflessione, nel non desiderare risultare sgradevole verso un cliente pagante ma, al tempo stesso, nel non riuscire a gradire quella critica al proprio operato « E, poi, non dimenticare che tu hai pagato per la stanza del cantore… e, sinceramente, abbiamo già compiuto un atto di incredibile misericordia ad accordargli questo spazio, là dove molti altri, tuoi pari, avrebbero pagato molto più di lui per ottenerlo. »

Parole, quelle a lui destinate, che nel proprio attuale ruolo di cliente non avrebbero potuto evitare di indispettirlo e che pur, nella propria natura di locandiere e proprietario di tutto ciò, non poterono che essere apprezzate dallo stesso Be'Sihl, il quale, ancora una volta, ebbe conferma di quanto la propria proprietà, trascurata per un anno intero, fosse stata affidata in mani più capaci di quanto mai avrebbe potuto attendersi, tali, persino, da farlo apparire quale, probabilmente, ormai troppo vecchio per quello stesso lavoro, per il pur sempre competitivo e, a modo suo, pericoloso mondo degli affari.

« Comunque sia, con tutto l'oro che ci hai dato, direi che ti sei assicurato questo spazio per almeno tre giorni, sempre ammesso che ti interessi. » soggiunse la fanciulla, parafrasando parte dell'asserzione del proprio interlocutore, quasi a riconoscergli una nota di ragionevolezza nella protesta riservatale « Se mi posso concedere la curiosità, per quanto tempo presumi di soggiornare presso di noi? »

venerdì 25 febbraio 2011

1136


Da quando aveva accettato di aiutare il proprio amato nella gestione di quella locanda, una questione da lei giudicata, per lui, ancor più improba rispetto a qualsiasi eventuale missione vissuta al fianco della propria supposta padrona, fosse in confronto a minacce di umana natura, quanto a terribili mostri mitologici, la giovane donna aveva avuto necessità di reinventarsi completamente, imparando autonomamente una professione con la quale non aveva mai avuto nulla a che fare in passato e scoprendo da sola, giorno dopo giorno, tutta una serie di norme, di consuetudini, caratteristiche di tale mestiere in assenza di una confidenza con le quali alcuna possibilità di sopravvivere a lungo in quello stesso ruolo le sarebbe stata concessa.
Tanto sforzo, per lei, avrebbe dovuto essere, onestamente, riconosciuto non solo quale conseguenza di un impegno volto in supporto, e soccorso, al ragazzo, al giovane di cui aveva avuto occasione di innamorarsi nel periodo in cui suo padre, all'epoca non pubblicamente dichiarato qual tale, l'aveva accolto sotto la propria ala protettiva, facendone il proprio ultimo allievo prima di una tragica e prematura morte, ma, anche, in virtù di una personale necessità di trovare di che vivere all'interno della stessa Kriarya, là dove, proprio malgrado, la sua vita professionale aveva iniziato una spiacevole parabola negativa sin dal giorno dell'assassinio dell'adorato genitore. In una città costituita, nella propria ampia predominanza, da mercenari e assassini, ladri e prostitute, Arasha, disinteressata a qualsiasi fra quelle quattro possibilità d'impiego, si era sempre adoperata quale ancella, domestica o cameriera personale per varie signore locali, mecenati o mogli di mecenati all'interno delle varie e alte torri troneggianti sopra la città, concreti centri di potere all'interno della medesima là dove l'ipotetico signore feudale locale era mantenuto in vita solo perché sufficientemente intelligente dall'aver rinunciato a tentare di esercitare qualsiasi influenza all'interno dell'urbe a lui affidatagli dal monarca. Privata del padre, e posta sempre in maggiore difficoltà nel ritrovare lì occasione di lavoro, la giovane era stata tuttavia costretta ad accarezzare l'idea di abbandonare le mura entro le quali era nata e cresciuta, pensiero che, prima di quella nuova possibilità, era stato insistentemente rimandato nella propria trasformazione in azione unicamente in nome dell'affetto provato per Seem e della volontà di non separarsi da lui: una volontà, d'altra parte, che egli aveva ampiamente e perennemente contraccambiato, nel cercare, in ogni modo, di offrire alla propria compagna delle possibilità alternative all'emigrazione, prima fra tutte persino un impiego quale cameriera al servizio dello stesso Be'Sihl, sotto il quale anch'egli aveva già lavorato come garzone, quand'ancora il vecchio locale non era andato semidistrutto e l'uomo era lì preposto alla sua gestione. Ma ella, in passato, aveva sempre escluso simile ipotesi, nel timore di poter divenire destinataria di un atto di carità, di pietà, da parte dell'uomo, che, pur mai incontrato, conosceva nelle parole dello stesso innamorato quale di gran cuore, dando, in ciò, vita a una situazione paradossale quale solo avrebbe, a posteriori, potuto essere ritenuta quella creatasi con il proprio insediamento entro quella stessa locanda poco tempo dopo, portandola, inconsapevolmente, persino a discutere con il medesimo, e ancora sconosciuto, locandiere e proprietario di quell'intero edificio, sulla possibilità per lui di riservarsi diritto all'affitto di una delle proprie stesse camere.
Fra le numerose regole che, nel corso della propria autodidatta esperienza qual locandiera, ella aveva appreso in quelle ultime stagioni, una particolarmente significativa avrebbe dovuto essere riconosciuta quella relativa al reale significato del denaro, ben lontano dal poter essere considerato un oggettivo parametro di valutazione del valore di qualsivoglia bene, quanto, piuttosto, della bramosia esistente attorno al medesimo. Se, infatti, per un ricco e pasciuto signore, un tozzo di pane non sarebbe valso neppure lo sforzo necessario a spingere la propria mano a raggiungere il borsello dell'oro, per un disgraziato e affamato, quello stesso tozzo di pane, persino ove arricchito da muffa e vermi, sarebbe potuto divenire ragione sufficiente persino per uccidere il prossimo senza pietà alcuna, non ché la vita umana fosse abitualmente considerata meritevole di attenzione. In ciò, solo quale estremamente significativa avrebbe dovuto essere intesa la premura dimostrata dallo straniero, qual tale Be'Sihl appariva ai suoi occhi, in favore dell'affitto di una camera la cui esistenza non era neppure stata da lei confermata, un'irrequietezza tale da catalogare quell'esigenza qual mortalmente concreta e, per lei e Seem, quale un'ottima fonte di guadagno.

« E sia… » approvò pertanto, con un ampio sorriso di soddisfazione, allungando la mano verso il borsello, per soppesarne la consistenza e stimarne, in tal modo, il complessivo valore, almeno in riferimento ai propri personali canoni di valutazione nel merito di tale prezioso metallo « Affinché non si possa dire che presso la locanda di Be'Sihl tu non abbia potuto trovare occasione di soddisfazione. » sorrise, qual affarista ormai esperta, soddisfatta da quanto rilevato nel confronto con il prezzo da lui anticipato.

Incredulo, nonché incredibilmente imbarazzato, Seem era rimasto, e continuò a restare anche nel momento del raggiungimento di quell'accordo, in silenzio, nell'osservare la propria amata contrattare con lo shar'tiagho la disponibilità, per lui, di pernottare all'interno della propria stessa locanda.
Una situazione, quella conseguente al desiderio di riserbo proprio dell'uomo e al desiderio di legittimo guadagno proprio della compagna e amata, che ai suoi occhi fu resa ancor più assurda dalla consapevolezza di come, in verità, una splendida stanza padronale fosse stata prevista dalla mercenaria, sua padrona e di lui compagna, nel progettare la ristrutturazione, o, per maggior precisione, la ricostruzione, dell'intero edificio: un ampio alloggio, suddiviso in tre diversi ambienti e persino comprendente, al proprio interno, l'assurdo lusso rappresentato da una vasca da bagno in muratura, il quale, sino a quel giorno, era stato mantenuto praticamente sigillato, nell'attesa del ritorno della coppia, concedendosi violato unicamente dalla stessa donna guerriero, o presunta tale, al suo precedente ritorno, quando la vita di quell'intera capitale era stata poi tanto severamente sconvolta.

« Purtroppo è tardi per poterti concedere, ove tu ne abbisognassi, possibilità di una compagnia, femminile o maschile a seconda dei tuoi gusti… » puntualizzò Arasha, riprendendo voce e, in ciò, semplicemente incrementando il già incommensurabile sentimento di turbamento del proprio giovane innamorato, sebbene nulla in quella dichiarazione avesse da giudicarsi esterna alle normali prerogative di una qualsiasi locanda in Kriarya, compresa quella stessa sin dalla precedente gestione « Da quando gli dei ci hanno voluto punire con questo dannato coprifuoco, spero tu possa comprendere, è praticamente impossibile organizzare questo genere di cose dopo il tramonto. Ma, per domani notte, se ti fermerai ancora presso di noi, faremo in modo di farti trovare quanto da te desiderato. »
« Credo che sia il caso che io lo conduca sino alla sua camera… » prese voce lo scudiero, sentendosi prossimo a precipitare sottoterra, tanta la vergogna provata in tutto ciò « … almeno sarà libero di gestire i propri tempi per come possa preferire. » spiegò, con tono trasparentemente propositivo, in un intento contemporaneamente utile a porre fine a quell'assurda scena, qual solo tale sarebbe potuta essere nel confronto con la sua consapevolezza sull'identità del "cliente" lì coinvolto, e a riservargli un'occasione di riservatezza con lo stesso, per poter finalmente parlare in maniera esplicita e cercare di comprendere, reciprocamente, qualcosa di più, ove l'asserzione da lui offerta nel merito sul mancato distacco da Midda in quegli ultimi mesi, sebbene sarebbe dovuta essere ritenuta assurda, avrebbe potuto concedere una nuova chiave di lettura sugli eventi occorsi, tale da fornire agli stessi una qualche razionalità prima assente.
Suo malgrado, un simile proposito venne immediatamente frenato da parte della fanciulla, la quale prontamente volle ricordare al compagno i propri doveri verso il resto della clientela lì presente: « Ci penso io a lui. » negò ella, scuotendo il capo « Tu preoccupati di gestire il bancone: questa gente ha ancora fame e sete, e sino a quando saranno in grado di pagare, è importante non riservare loro occasione di torto in tal senso. » gli volle ricordare, tendendosi appena al di sopra del bancone per schioccargli un fuggevole bacio sulle labbra, in un gesto dolce e al contempo persino giocoso.
« Ma… » tentò di obiettare il giovane, volgendo lo sguardo anche verso Be'Sihl, quasi a ricercare una possibilità di aiuto da parte sua.
« E ricordati: niente più birra o altri alcolici per quei due. » insistette l'altra, offrendo riferimento ai responsabili della morte del cantore « Starò via per poco… cerca di resistere senza di me. » aggiunse, ritraendosi e strizzando l'occhio sinistro verso l'amato con fare complice.

giovedì 24 febbraio 2011

1135


Ma tutto ciò era avvenuto per un semplice giuoco del fato oppure, quando aveva eletto Seem al ruolo di supervisore dei lavori di ricostruzione della locanda e, successivamente, a quello di suo estemporaneo gestore, almeno in loro assenza, la sua amata mercenaria dagli occhi color ghiaccio e dai capelli corvini aveva avuto ragione di prevedere una tanto particolare evoluzione? Possibile che Midda, abituata a essere tanto confidente con battaglie e morte, al punto da essersi guadagnata il titolo di Figlia di Marr'Mahew, in onore a una dea della guerra onorata in un arcipelago di piccole isole a ponente di Kofreya, avesse potuto riservarsi una tale sensibilità nei confronti della quotidianità e vita, tanto da pianificare quanto occorso non diversamente da come avrebbe potuto compiere con una strategia bellica?
"No, impossibile che ciò fosse avvenuto": in simili termini, di certo, non avrebbe mancato di esprimersi chiunque meno confidente con lei, con le sue straordinarie capacità, con la sua incredibile empatia nei confronti dell'umana, e spesso non umana, natura a lei circostante, che, in quella pur straordinaria figura femminile, non sarebbe stato capace di cogliere nulla di più da una donna dal fisico particolarmente maturo, nelle proprie rotondità, nelle proprie forme, che avrebbe potuto dimostrarsi probabilmente gradevole alla vista se solo non fosse stata incredibilmente deturpata, nel proprio stesso corpo, dalle conseguenze di una vita intera trascorsa in un susseguirsi di avventure, combattimenti, sfide, che su di lei avevamo imposto numerosi e indelebili marchi, primi fra tutti uno sfregio sul lato sinistro del viso, quasi perpendicolare al suo occhio, e la perdita dell'avambraccio destro, sostituito, successivamente, con una protesi metallica frutto di mai apprezzabile stregoneria. Fortunatamente per Be'Sihl, tuttavia, egli non avrebbe potuto essere sottovalutato, nel considerarsi semplicemente quale chiunque altro, soprattutto nel rapporto con lei. Ancor prima di conquistarsi un ruolo qual amante e amato, infatti, il locandiere aveva già rivestito per anni quello di amico, confidente e complice, uno dei pochi che ella aveva accettato di avere al mondo, veste nella quale aveva avuto occasione di avvicinarsi a lei, entrare in confidenza con la sua mente, con il suo cuore e con la sua anima non solo al punto tale da invaghirsi perdutamente di lei, quant'anche da imparare a comprenderla, a capirla, a interpretarla, al di là della freddezza entro la quale, abitualmente, ella preferiva mascherarsi.
In ciò, nulla di più probabile rispetto alla semplice, e in tal frangente, involontaria attuazione di un'accurata tattica studiata dalla propria amata egli avrebbe potuto prendere in esame nel confronto riservatogli con i fatti per così come occorsi in propria assenza, con l'insediamento, all'interno della sua locanda e in fondamentale supporto a chi se ne sarebbe dovuto occupare, di quella giovane dal sangue misto.

« In grazia alla benevolenza degli dei, questa sembra essere una serata sufficientemente tranquilla… » riprese voce Arasha, ormai già dimentica del proprio temporaneo e sconosciuto interlocutore, per ritornare a riservare la propria più completa attenzione a Seem, in un commento allora scandito senza alcuna ironia di sorta, a minimizzare l'importanza dell'omicidio lì appena avvenuto, fedele alla consueta indifferenza di Kriarya nel merito di tali avvenimenti, giudicati assolutamente consueti nel proprio essere « E' vero che non abbiamo neppure superato la mezzanotte, ma sino a ora non c'è stato alcun tentativo volto di forzare le nostre porte. »
« Per carità… non dire certe cose. » scosse il capo il giovane, dall'altra parte del bancone, sbiancando in volto e non celando un evidente disagio al pensiero di quanto evocato dalle parole della compagna.
« Da quando sei divenuto scaramantico, mio caro?! » sorrise ella, ciondolandosi appena davanti a lui, a cercare un momento di evasione, di distrazione, in quel tranquillo scherzare « Ero convinta che tu non credessi a nulla… »
« Qui non si tratta di cosa io possa credere o meno. E neppure di scaramanzia. » nego egli, storcendo le labbra verso il basso, indispettito dal tono di lei, esplicitamente volto a prendersi gioco di lui « Gli zombie, gli scheletri, gli spettri e tutti quegli altri orrori che ogni notte invadono quest'intera città sono minacce concrete, non semplici fantasie: io mi limito semplicemente ad agire come mi ha insegnato tuo padre, evitando di considerare vinta una contesa ancor prima che la stessa abbia avuto concreta possibilità di svolgersi. »

Se nel confronto con le precedenti affermazioni del ragazzo, nel merito di un presunto ritorno in città di Midda e del suo coinvolgimento, in ciò, con qualche non meglio identificata e negativa situazione lì loro imposta, lo shar'tiagho era riuscito a mantenersi quieto e controllato, emotivamente distaccato da quelle che, allora, non avrebbe potuto evitare di considerare quali assurde illazioni, originate dalla perversa fantasia di qualcuno e poste in circolazione al solo scopo di screditare la medesima, invero non troppo dissimili da altri tentativi passati sempre a discapito di chi, proprio malgrado, era giunta a essere troppo famosa, troppo nota per restare esterna a qualsiasi genere di pettegolezzo, nell'ascoltare quelle sue nuove parole, il riferimento allora espresso nel merito di una negromantica invasione notturna nelle vie della capitale, tale da richiedere a tutti i residenti di restare segregati in luoghi giudicati sicuri quale la stessa locanda, egli non poté evitare di rivolgere un'espressione di smarrimento, trasparente di confusione, allo stesso scudiero. Impossibile, infatti, sarebbe potuto essere, per l'uomo, dubitare nuovamente di lui, delle sue parole, dal momento in cui, questa nuova questione, per quanto sicuramente collegata a quella pocanzi rinnegata, avrebbe potuto considerarsi ampiamente avallata da tutto ciò che di insolito aveva avuto occasione di notare in città dal suo rientro nella medesima, sino a quello stesso momento, a incominciare dalla collettiva bramosia volta a liberare le strade prima del tramonto del sole, per concludersi con l'incredibile peso riservatosi dalla minaccia della giovane Arasha in contrasto ai due bruti, altrimenti del tutto priva di significato, di senso logico.
Ove, tuttavia, quell'assurda situazione, esterna persino ai già improbabili e pur consueti canoni della città del peccato, avrebbe dovuto essere considerata concreta, reale, in che misura egli avrebbe potuto permettersi di ignorare il valore delle accuse volte a discapito della propria amata?
Per quanto, infatti, egli avrebbe potuto definirsi certo di quanto occorso nell'ultimo anno nella propria vita, e, in ciò, della ferma presenza della mercenaria al proprio fianco, l'ipotesi di una semplice chiacchiera quale era stata inizialmente giudicata essere, alla luce di quei nuovi elementi non avrebbe potuto evitare di cedere rapidamente il passo all'idea di una congiura, un'azione freddamente calcolata e volta, nella propria occorrenza, a rendere la Figlia di Marr'Mahew qual nemica giurata agli occhi dell'intera Kriarya, trasformando, in ciò, quell'intera capitale in un'oscena trappola predisposta sul cammino di lei e pronta a scattare non appena ella avesse voluto farvi ritorno.

« Domando scusa… » interruppe il dialogo in corso fra Arasha e Seem, nel richiedere nuovamente la parole e pretendere, in ciò, l'attenzione di entrambi « Ho viaggiato per tutto il giorno e, dopo aver goduto di questo ottimo pasto, credo di avere, ormai, necessità di una stanza, entro la quale poter riposare le mie stanche membra. » spiegò, nel desiderare, in verità, ottenere quella possibilità di confronto privato con lo scudiero già premessa e, nel confronto con quelle ultime dichiarazioni, divenuta umanamente irrinunciabile per lui.
« Credo che tutto ciò abbia da considerarsi fuori discussione, straniero. » scosse il capo Arasha, dopo aver lasciato schioccare la lingua fra i denti in segno di aperto dissenso per quell'interruzione tanto vana « Tutte le stanze a nostra disposizione sono già occupate e, come la maggior parte dei presenti, anche tu sarai costretto a dormire direttamente sul pavimento del salone… »
« Il cantore non aveva affittato una camera? » ricordò Be'Sihl, desiderando mantenere un profilo sufficientemente modesto nel temere le conseguenze di un proprio esplicito ritorno in scena all'interno di quel contesto senza aver avuto prima la possibilità di raccogliere ogni informazione utile non solo a permettergli un completo, e sicuro, reinserimento in città ma, anche e soprattutto, a garantire alla propria amata una possibilità di ovviare alla promessa di morte che aveva intuito poter essere a lei lì destinata, in quel momento più che in passato « Non ho problemi a pagare anche il doppio di quanto avevate concordato con lui. » sancì, facendo comparire davanti alla fanciulla un borsello pieno d'oro, a supporto delle proprie parole e della fermezza del proposito così espresso in favore del pernottamento all'interno di uno spazio privato e non di una sorta di camerata.

mercoledì 23 febbraio 2011

1134


Sicuramente sconvolgenti, asserzioni quali quelle fatte proprie dal ragazzo, avrebbero potuto essere ritenute all'attenzione del suo interlocutore, e, in quel momento, confuso ascoltatore, se solo nel medesimo fosse stata presente una qualche, vaga possibilità di dubbio nel merito dell'effettiva natura di colei con la quale aveva diviso ogni propria giornata da mesi, secondo meravigliosi ritmi per entrambi divenuti consueti per liberarsi psicologicamente, e fisicamente, dai quali avrebbe incredibilmente e dolorosamente faticato nei giorni a venire. Al contrario, mancando un tale presupposto, semplicemente insensate apparvero quelle stesse parole, quasi fosse stata appena richiesta dimostrazione nel merito dell'esistenza e dell'identità del sole, della luna e delle stelle, o, ancora, del cielo, del mare e della terra, verità sì incontrovertibili, da non concedere alcuno spazio di manovra mentale, neppure per semplice e intimo diletto filosofico, nel porsi, con la propria concreta solidità, ferma presenza, al di fuori di qualsiasi possibile teoretica postulazione.
Intenso, in ciò, fu lo sforzo per Be'Sihl allo scopo di evitare di domandare numi al proprio interlocutore nel merito della sua stessa salute mentale, reazione che, in quel momento, avrebbe potuto attrarre eccessivamente l'attenzione degli altri presenti a loro circostanti. E diviso fra rivolgere il proprio sguardo verso il giovane o verso il piatto ormai quasi vuoto innanzi a sé, lo shar'tiagho si costrinse allora a chinarsi nuovamente sul secondo, ripromettendosi, nell'immediato futuro, di concedersi tutte le reazioni attualmente e forzatamente trattenute, fosse anche solamente a difendere l'immagine della propria tanto amata compagna che, nel tono e nelle affermazioni appena scandite dallo scudiero, sembrava voler essere posta sotto una pessima luce, ingiustamente giudicata colpevole di qualsiasi evento fosse avvenuto all'interno di quella capitale con forza tale da riuscirne a mutare completamente i ritmi.

« Non hai nulla da dire a tal riguardo?! » riprese voce Seem, forse indispettito dal silenzio della controparte, quasi si stesse attendendo particolari possibilità di reazione da parte sua attorno all'argomento proposto, una qualsivoglia presa di posizione, a favore o in contrasto, alla questione per così come descritta « O non hai inteso quanto ho appena detto? » questionò, impegnandosi, dal proprio personale punto di vista, in tal modo, a dimostrarsi costruttivo nel confronto con l'altro, ancor prima che polemico come pur sarebbe potuto essere frainteso nei toni così adoperati.
« Nulla che valga la pena di essere detto in questo momento… » replicò il locandiere, senza levare il viso dal proprio piatto e accarezzando la superficie dello stesso per raccogliere il sangue cotto della carne ormai consumata con l'ultimo boccone di pane rimastogli in mano.

Per reciproca fortuna, valevole, in tal situazione, tanto per l'inquisitore quanto per l'inquisito, qualsiasi identità sarebbe potuta essere associata all'uno o all'altro ruolo, fu l'avvento inatteso di Arasha a imporre su entrambi un'occasione di intervallo nel proprio confronto.
La giovane facente temporanea funzione di locandiera insieme al proprio compagno, infatti, era stata persa di vista nella proseguo del proprio dialogo con i due ebbri bruti contro i quali si era tempestivamente scaraventata, ad arginare da parte loro ulteriore occasione di violenza e, nel contempo, a ottenere dagli stessi un adeguato risarcimento per quanto occorso, tale da coprire non solo il danno economico subito dalla morte del cantore, ma anche le spese necessarie allo smaltimento del suo cadavere, nel necessario trasporto fino alla vicina valle del Gorleheim, là dove sarebbe stato ridotto in cenere, il mattino seguente, insieme a tutti i caduti di quell'ennesima giornata nella città del peccato. Ottenuto, pertanto, l'oro necessario a placare la propria artefatta ira nei confronti dei due facinorosi, e a ricondurli a temperamenti più miti e civili, l'indubbiamente coraggiosa figura femminile lì impostasi qual sola, concreta e degna erede dello stesso Be'Sihl nel ruolo di padrona di casa, senza nulla togliere, in ciò, al meno carismatico Seem ipoteticamente rivestito di tale incarico per volere del suo cavaliere, si appoggiò al bancone esattamente al fianco del mai conosciuto, e lì camuffato, shar'tiagho, non in quanto interessata al medesimo, quanto, piuttosto, nel desiderio di poter interloquire con il proprio amato lì egualmente presente.

« Niente più birra per quei due, questa notte. » definì ella, aprendosi in un sorriso incredibilmente dolce e delicato, lunga fila di piccoli denti bianchi simili a perle attraverso labbra scure, che quasi risultò paradossale nell'essere associato a un tono incredibilmente perentorio, più prossimo al comando che al semplice suggerimento, qual quello che volle rendere proprio in così poche, semplici parole « Innanzitutto non hanno più oro a sufficienza per potersi permettere di peggiorare la propria ubriacatura… e, poi, non desidero che possano sgozzare qualche altro cliente pagante per semplice noia. » si concesse di approfondire, nel mentre in cui, innanzi a Seem, spinse i due borselli di cuoio morbido precedentemente appartenenti ai soggetti in argomento.
« Non credi che sarebbe il caso di dimostrarsi più comprensivi? » decise di intervenire Be'Sihl, pur restando con il capo chino sul piatto ormai svuotato, a mantenersi quietamente celato sotto la propria cappa, in un'estemporanea e improvvisa brama di porre alla prova quella giovane donna già dimostratasi tanto capace nel portare avanti la propria locanda, come il fatto che ella fosse ancora in vita, dopo chissà quanti mesi in quel ruolo, avrebbe potuto essere riconosciuta quale indubbia riprova « Dopotutto agli abitanti di questa città non è mai piaciuto sentirsi prigionieri, di vincoli fisici o morali, e restare bloccati all'interno di uno stesso edificio per tutta la notte non ha da considerarsi qual banale prova per le loro menti… »
« Anche io sono un'abitante di questa città, nata e cresciuta all'interno di queste mura. » replicò Arasha, senza indispettirsi per l'apparente critica così rivoltale da parte di uno sconosciuto, forse, addirittura, straniero, qual solo avrebbe potuto essere per ricorrere a un'argomentazione simile « Anche io non posso negare una certa insofferenza a dovermi volontariamente imprigionare in casa mia dal tramonto all'alba. Ma non per questo pretendo di essere libera di tagliare la gola a chiunque scandisca una nota a me sgradita. » spiegò, con tranquilla fermezza, senza compiere particolari evoluzioni al fine di poter cogliere l'identità dell'altro, ove anche, umanamente, avrebbe dovuto essere curiosa a tal fine « E dal momento in cui io posso resistere tranquillamente a tale brutale desiderio, non trovo alcuna ragione per cui altri non lo possano fare, soprattutto dove sono miei ospiti. »
« Dopotutto io non obbligo nessuno a seguire queste regole… » aggiunse, rapida, a concludere la propria breve arringa, non avendo ragioni per proseguire ulteriormente a fornire spiegazioni nel merito del proprio operato a chicchessia « Chiunque non è d'accordo con me, è libero di andarsene. » riconobbe, con tono spontaneamente ammantato di quella conturbante e caratteristica malizia femminile, tipica di qualsiasi donna nel momento in cui, ribadendo un concetto ipoteticamente contrario al proprio volere, è comunque consapevole di quanto alcuna alternativa a sé potrà mai essere abbracciata.

Lo shar'tiagho, protetto dal proprio cappuccio, non poté ovviare a un sorriso divertito qual intimo commento in conseguenza all'affermazione di quella fanciulla, sì giovane, ma animata dalla stessa tempra, dalla stessa forza di volontà, dallo stesso carisma, da lui conquistato in lunghi anni all'interno di quel ruolo, nonché da quel mai sgradevole elemento di femminilità abitualmente assicurato alla locanda, nella propria necessaria presenza, dalla saltuaria partecipazione alla vita della medesima dalla sua amata Midda, che da ormai tre lustri si era volontariamente incaricata in tal senso.
Oltre a ciò, fra quelle parole lì appena scandite dalla fanciulla, egli non poté ovviare di notare con quanta naturalezza ella avesse appena definito quella locanda qual propria dimora, in un'asserzione tutt'altro che fine a se stessa o al confronto con un non meglio identificato estraneo, dal momento in cui, nel ritrovarsi lì volontariamente segregata, anch'ella non avrebbe certamente potuto far riferimento ad alcun'altra possibile abitazione entro la quale ricercare rifugio sino al mattino successivo. Una familiarità quella da lei dimostrata con quanto avrebbe dovuto essere giudicata, altresì, sua personale proprietà, che, invero, non risultò assolutamente sgradita all'uomo e che, anzi, lo compiacque, offrendogli assicurazione di quanto, malgrado la sua assenza nelle ultime quattro stagioni, la sua locanda fosse stata mantenuta da ottime mani, in grado di prendersi adeguata cura della medesima in misura non inferiore a quanto lui stesso sarebbe stato in grado di concedere.

martedì 22 febbraio 2011

1133


Volendo mantenere fede alla politica di prudenza adottata sino a quel momento, probabilmente Be'Sihl avrebbe dovuto ignorare la domanda così appena proposta, quasi non fosse stata neppure a lui rivolta, e proseguire con assoluta indifferenza nella quieta consumazione del proprio pasto, onde evitare la possibilità di attrarre particolari attenzioni da parte dei propri vicini, degli altri avventori della locanda a sé prossimi. Tuttavia, in grazia di quindici interi anni trascorsi al di là di quello stesso bancone, egli aveva ben imparato a conoscere gli abitanti di quella strana città, e, ancor più, i medesimi frequentatori più o meno abituali dell'ambiente eretto dal suo impegno, mantenuto dalla sua forza di volontà, al punto tale da potersi considerare certo che, nella confusione lì sovrana, probabilmente le sue parole sarebbero state del tutto non udite, e non solo non ascoltate, anche ove fossero state scandite con tono di voce più alto rispetto a quello da lui allora pur mantenuto nel desiderio di mantenere in certo riserbo.
Per tale ragione, nonché per una necessaria e umana curiosità attorno alle ragioni alla base di una simile curiosità, lì espressa con una nota di cupa drammaticità ben distante dal semplice pettegolezzo, egli si poté quindi permettere addirittura di levare lo sguardo verso l'altro, per poterne studiare l'espressione, e da essa cercare di comprenderne i sentimenti, nel mentre in cui le sue labbra delineavano la risposta attesa.

« Abbiamo attraversato l'intero continente, da meridione a settentrione, da ponente a levante, giungendo sino alla mia terra natia: un viaggio tutt'altro che breve, tanto all'andata, quanto al ritorno, intervallato, nel proprio corso, da una breve permanenza al nord, per settimane, mesi nei quali abbiamo avuto qualche… avventura. » definì, non mancando di accennare un lieve sorriso per l'eufemismo così appena utilizzato a rievocare quanto occorso « E salvo un momento di distacco nel corso di tali eventi… sì… siamo sempre stati, fortunatamente e meravigliosamente, insieme. » confermò « Al punto che già mi domando come farò a riprendere a vivere la mia vita quotidiana senza di lei. » si lasciò alfine sfuggire, in una confessione eccessivamente spontanea e, in quel frangente, non richiesta o necessaria.

Malgrado tali sincere emozioni, quel soffocante senso di nostalgia che già imperava nel suo cuore all’idea del distacco dall’amata, il locandiere avrebbe dovuto giudicarsi sufficientemente adulto, in verità persino vecchio nel rapporto con la speranza di vita media della loro quotidianità, per essere in grado di scendere a patti con tutto ciò, accettando l'ineluttabile pur rappresentato da quel futuro sempre più prossimo e dalla libertà che mai avrebbe dovuto, né tantomeno voluto, negare alla propria compagna, ove, in caso contrario, avrebbe solamente rischiato di perderla, sia che ella avesse rifiutato tale possibilità, sia, e ancor peggio, che ella avesse al contrario accettato di cambiare la propria più intima natura per lui.
Midda Bontor era una guerriera, una combattente. Impossibile sarebbe stato definire se ella fosse divenuta tale o se tale fosse sempre stata, per quanto egli avrebbe potuto dichiararsi fermamente convinto di dover considerare favore nel merito della seconda possibilità. In conseguenza di quella particolare natura, ella si proponeva profondamente e radicalmente impossibilitata ad accettare quanto comunemente considerato consueto, normale, addirittura indiscutibile, e racchiuso all'interno di un termine tanto semplice nel proprio significante, quanto incredibile nel proprio significato, quale quello di "destino", "fato", "sorte". Per lei, il pensiero, l'idea, la semplice ipotesi che la propria esistenza avesse da considerarsi priva di significato, nell'essere stata già scritta, definita in ogni proprio singolo istante, ancor prima della sua stessa nascita, avrebbe dovuto essere considerato inaccettabile, e per simile ragione, esattamente al solo scopo di contrastare tutto questo, ella aveva da sempre impegnato, e ancora impegnava quotidianamente, le proprie energie, i propri sforzi, la propria audacia, ponendosi al confronto con ogni genere di sfida, preferendo, ovviamente, quelle da chiunque giudicate impossibili, al di là di ogni umana speranza di successo o sopravvivenza. Un principio di vita, quello attorno al quale la sua amata aveva voluto basare la propria intera esistenza, estremamente pericoloso, forse giudicabile addirittura insano, e che, nonostante tutto ciò, era riuscita a portare avanti con incredibile, meravigliosa bravura, trionfando puntualmente contro ogni proprio avversario, fosse esso umano o no, mortale o, persino, giudicato immortale… almeno sino a prima dell'incontro con lei.
Quale assurdo egoismo avrebbe potuto spingere Be'Sihl, per quanto bramoso di lei, a domandarle di rinnegare tale meravigliosa essenza caratteristica del proprio animo per trascorrere insieme a lui le proprie giornate, vivendo come semplice locandiera al suo fianco? E, ancora, quale assurda follia avrebbe potuto fargli supporre di rinunciare alla straordinaria possibilità di divedere la propria vita, fosse anche per pochi, preziosi momenti sparsi, con una sì speciale compagna, capace di incarnare, in sé, ogni suo più sfrenato sogno essendo, semplicemente, se stessa?
No. Nessuno. Nulla avrebbe potuto giustificare una simile blasfemia, qual sola sarebbe dovuta essere giudicata una tanto profonda rinuncia a se stessa da parte di lei per lui. Nulla e, tantomeno, l'amore che, finalmente, li stava ritrovando realmente uniti, cuore, mente, anima e corpo, e che mai sarebbe potuto essere ritenuto realmente tale nel momento in cui, per esistere, avesse richiesto l'annichilimento di una delle due parti in causa, ella al pari di egli.

« Quindi… dalla scorsa primavera non vi è stata possibilità per la mia padrona di fare ritorno a queste mura. Non è così?! » domandò Seem, richiamando nuovamente a sé l'attenzione del proprio interlocutore, per un istante smarritosi in intime elucubrazioni attorno al pensiero del proprio rapporto con l'amata, nel riproporre, sotto termini più specifici e pur immutati nel proprio sostanziale significato, la questione all'altro appena presentata, quasi avesse necessità di un'ulteriore, definita conferma di ciò.

Il locandiere, innanzi all'insistenza dello scudiero, non poté evitare di provare un intimo senso di inquietudine, là dove, per quanto avrebbe dovuto considerarsi abituato a possibili stranezze da parte del medesimo, comportamenti spesso particolarmente e ingiustificatamente ansiosi, non avrebbe potuto egualmente dichiararsi confidente con una sua qualche sordità o, peggio, una qualche possibilità, per lo stesso, di deficienza mentale, qual pur avrebbe potuto ritenere causa di quell'insistenza, della riformulazione di un appena scandito interrogativo.
Concedendosi, pertanto, un istante di silenzio, demarcato nella propria durata dal tempo a lui necessario per masticare un nuovo boccone di carne e, successivamente, anche di pane, nonché per svuotare metà bicchiere di fresca acqua, lo shar'tiagho sembrò volersi riservare una possibilità di maggiore e accurata riflessione attorno a quella medesima questione, quasi a stimare quanto avrebbe potuto essere effettivamente certo delle proprie parole. In tal intervallo, tuttavia, l'unica valutazione da lui realmente compiuta, fu quella nel merito delle possibili ragioni alla base di un tanto eccentrico quesito, di una simile, e dettagliata, curiosità rivolta agli spostamenti della propria compagna nel periodo da loro trascorso insieme, lontani dalla città del peccato.

« Impegnerò ogni mio sforzo dialettico a rendere assolutamente intelligibili le mie parole, affinché non ti possa essere riservata ulteriore occasione di incertezza attorno al loro concreto messaggio… » riprese, alfine, voce, dopo essersi asciugato le labbra bagnate contro il dorso della mano mancina « Ella non ha ancora posto piede entro queste mura dall'estate dello scorso anno. Anche perché, conoscendo quest'urbe, sono certo che un suo eventuale rientro non sarebbe passato inosservato all'attenzione pubblica, così come mai è stato in passato. »
« Il problema, in effetti, è proprio questo… » commentò il giovane, stringendo le labbra e storcendone le estremità verso il basso, in una smorfia di profondo dispiacere, quasi quella risposta, per quanto da lui ossessivamente invocata, non fosse stata realmente soddisfacente nel confronto con le ragioni che l'avevano resa necessaria « Per quanto riguarda questa città… per quanto riguarda chiunque all'interno di questi confini, me incluso, ella ha già fatto qui ritorno. E proprio in conseguenza di ciò, l'orrore è piombato, improvvisamente e violentemente, su tutti noi nella forma più pura, ammesso che un simile aggettivo possa essere adeguatamente utilizzato in questo particolare e osceno contesto. »

lunedì 21 febbraio 2011

1132


A
breve distanza dallo svolgimento di un tanto serio dialogo, le altre due sole figure non rimaste indifferenti agli eventi lì consumatisi non poterono allora evitare di seguire con attenzione anche quel quieto proseguo, nel quale la coppia di bruti non ovviò a rivolgere, pur senza particolare entusiasmo, le necessarie scuse alla fanciulla lì accorsa, riconoscendole a malincuore persino il pagamento da lei domandato.
Estremamente diverse, antitetiche, in ciò, furono le reazioni di quei due testimoni, ritrovando l’uno assolutamente tranquillo, sereno, nell’essere più che abituato ad assistere a simili scene, mentre l’altro del tutto sbalordito, a tratti persino spaventato e, quasi, scandalizzato, nel porsi, proprio malgrado, del tutto estraneo a quella realtà per lui completamente nuova. In verità, la risposta emotiva di quest’ultimo, lì presente sotto mentite spoglie, protetto dalla presenza di una pesante cappa a celarne l’identità e spinto a tale scelta da ragioni personali in virtù delle quali era stato giudicato più opportuno mantenere ancora un profilo sufficientemente moderato, avrebbe dovuto essere ritenuta inappropriata, in conseguenza del proprio ruolo, da tre impegnativi lustri, di proprietario unico, nonché gestore, di quella stessa locanda: ciò nonostante, Be’Sihl Ahvn-Qa era rimasto lontano dalla città del peccato per un anno intero, quattro lunghe stagioni, nelle quali molto era mutato a Kriarya, ed essendo egli giunto in città solo un paio di ore prima del tramonto, avrebbe potuto essere giustificato, nel proprio stupore, nel confronto con alcune inattese novità rispetto all'epoca dalla propria partenza.

« E così quella è la famosa Arasha… » commentò a tono di voce moderato, nel non voler condividere tali considerazioni con troppi altri possibili interlocutori al di fuori del solo scelto qual tale « Quando la tua padrona mi ha accennato al fatto che, a suo avviso, celava in sé grande carattere e incredibili potenzialità, non avrei sinceramente creduto a tanto. » ammise, evitando di definire in chiaro il nome della propria amata Midda Bontor, una fra le donne guerriero e mercenarie più famose di quell'angolo di mondo, nonché cavaliere della sua attuale controparte in quel dialogo, il giovane Seem « Per carità: l'ho sempre detto che, con certa gente, basta avere polso fermo per evitare guai… ma neppure io sono mai riuscito a incutere timore ad alcuno con la semplice minaccia di sbatterlo fuori. »

Un'osservazione, quella in tal modo scandita, la quale, in effetti, in sé desiderata anche celare una particolare domanda, sino a quel momento da lui non ancora esplicitata, e pur giudicabile ineluttabile nella propria proposta.
Al di là, infatti, dell'indubbio valore dimostrato dalla fanciulla, compagna dello stesso Seem, figlia del suo ex-maestro d'arme ormai defunto, nonché prima fidata collaboratrice del giovane nella gestione di quella stessa locanda in quell'ultimo anno di assenza del suo proprietario, un certo cupo intendimento sembrava essere celato nell'idea di affrontare la notte della capitale all'esterno di solide e protettive pareti, qual pur avrebbero dovuto essere considerate quelle della locanda, dando corpo a un comune timore, a una diffusa paura del tutto inedita allo sguardo dello stesso Be'Sihl. Dove un tempo, infatti, le vie di quell'urbe sembravano scoprire una nuova e più vivace occasione di vita proprio al calare delle tenebre, l'uomo, di origine shar'tiagha e giustappunto appena ritornato dal lontano regno di Shar'Tiagh là dove si era spinto e trattenuto, per qualche tempo, in compagnia della propria tanto desiderata, e pur inattesa, amante, era stato costretto dall'evidenza dei fatti a rilevare quale nuova e sola frenesia lì imperante quella atta a spingere tutti a rinchiudersi, rapidamente e ansiosamente, all'interno dei numerosi edifici della vasta città, chi nella propria abitazione, chi in un bordello, o chi anche in una taverna o locanda, suo pari, vedendo, successivamente, sigillarsi tutte le soglie e tutte le imposte prima della completa scomparsa degli ultimi raggi di sole, lasciando, in tal modo, completamente deserta l'intera città. Un'agitazione collettiva nella quale anch'egli era stato ovviamente strascinato, coinvolto, per quanto privo di qualsivoglia reale consapevolezza nel merito delle possibili ragioni alla base di tutto ciò.
Costretto, in conseguenza di tale insolito comportamento, a scegliere un rifugio, egli aveva spinto in maniera spontanea i propri passi nell'unico luogo che avrebbe lì potuto considerare quale casa: una scelta che sarebbe sicuramente ed egualmente stata compiuta prima della mezzanotte anche in assenza di quel nuovo costume locale, e che, malgrado ciò, lo vide forzato ad affrontare quell'ambiente anche per lui nuovo e inesplorato senza un'adeguata preparazione psicologica.
Quella che il locandiere shar'tiagho avrebbe dovuto considerare quale propria proprietà, in verità, difficilmente sarebbe potuta essere da lui riconosciuta qual tale se non in conseguenza dell'ubicazione della medesima, unico particolare rimasto immutato rispetto all'anno prima. Se, difatti, il lungo viaggio intrapreso in compagnia di Midda era pur valso a concedere a entrambi un'occasione, dopo tanti anni di complice amicizia, per meglio esplorare il proprio nuovo rapporto come coppia, un'altrettanto reale e, forse, ancor più concreta motivazione alla base di quel peregrinare era stata l'esigenza di spendere, in qualche modo, il tempo necessario alla ricostruzione della stessa locanda, dopo che essa era stata parzialmente distrutta in conseguenza di un incendio appiccato dalla medesima donna guerriero allo scopo di simulare, nel medesimo, la propria prematura morte e, in ciò, tentare di scoprire i mandanti di un'assassina che aveva cercato, all'interno di quelle stesse mura, di sorprenderla nel sonno e di ucciderla nel proprio letto: un incendio che, allora, era stato sì utile a permettere l'attuazione di quel piano, poi conclusosi, in effetti, senza particolare successo, ma che, purtroppo, aveva inferto un gravissimo danno al centro della vita stessa dell'uomo, in un gesto, in un atto, da lui del tutto immeritato, nella fedeltà, nell'affetto, nell'amicizia che pur, da sempre, aveva riconosciuto alla causa di tanta distruzione. Per tale ragione, la stessa mercenaria aveva deciso di investire la quasi totalità dell'oro in suo possesso nella ricostruzione di quell'edificio, e, nel contempo, di spendere la restante parte dei propri averi per finanziare quel loro anno sabbatico, nel mentre in cui il suo scudiero, Seem, sarebbe rimasto a supervisionare l'andamento dei lavori e, successivamente, a gestire la locanda sino al loro ritorno.
Un incarico, quello al quale era stato destinato il giovane, figlio della medesima città del peccato, rivelatosi, a posteriori, particolarmente azzeccato, forse complice l'esperienza accumulata del medesimo, prima di divenire scudiero, qual garzone in quella stessa locanda, ma, ancor più, sicuramente complice l'inattesa, e fortuita, collaborazione dell'energica Arasha, con la quale Be'Sihl non aveva avuto occasioni passate di incontro, ma che, come anche la scena appena occorsa avrebbe potuto testimoniare, aveva offerto un indubbio aiuto al proprio compagno, caratterizzando in positivo il suo trionfo in tale compito.

« E' lei… è lei… » annuì, con sincero orgoglio, trasparente ammirazione, Seem, finendo di asciugare alcuni boccali di coccio e riponendosi in ordine dietro al bancone principale, nell'occupare, in quel momento, la posizione abitualmente propria del proprio inatteso interlocutore, a lui rivelatosi solo poco prima dell'inizio della canzone successivamente bruscamente interrotta e subito dichiaratosi qual desideroso di non pubblicizzare la propria presenza all'interno della locanda, nel restare qual un anonimo avventore seduto al bancone, con un piatto di buon cibo innanzi « Quando… beh… quando ci sarà l'occasione di farlo, te la presenterò volentieri. » proseguì, offrendo implicito, e pur chiaro, accenno alla propria sostanziale ignoranza nel merito dei piani dell'uomo, nonché proprio antico padrone e benefattore, al quale, malgrado tutto, non aveva osato negare fiducia e collaborazione « E cercherò di spiegarti anche cosa è avvenuto negli ultimi mesi… » soggiunse, a rispondere, in ciò, anche alla non espressa questione da lui propostagli « Ma… ella dove si trova? »
« Fuori città. Accampata in un suo vecchio rifugio… » gli concesse lo shar'tiagho, fra un boccone di carne, non troppo cotta e dalle sfumature del sangue inevitabilmente contraddistinta, e uno di pane, dalla consistenza ruvida e dal colore scuro proprio della segale « Sulla via del ritorno abbiamo incontrato un vecchio amico che ci ha consigliati di ricorrere a prudenza nel rientro in città, senza però fornirci dettagli nel merito delle ragioni di tale invito. »
Lungo fu il silenzio che lo scudiero, ex-garzone e ora temporaneo locandiere, si riservò prima di esprimere l'interrogativo al quale avrebbe voluto dar immediatamente sfogo nel momento stesso in cui gli era stato dato di riconoscere il volto di Be'Sihl fra le ombre del suo cappuccio, non riuscendo più a trattenersi sebbene ancora incerto sui termini da utilizzare per specificare tale quesito: « Credi che sia possibile sapere dove sei stato per tutto questo tempo?... Ma, soprattutto, per quanto potrebbe sembrare stupido chiederlo, in quest'ultimo anno sei sempre stato con lei? »

domenica 20 febbraio 2011

1131


E'
folle se ci provi a pensare
con quante voci si ha a che fare
quando di Kriarya nome vien detto,
sempre scandito con gusto agretto:
non con malizia, non per criticare,
ma per verità voler rivelare,
attorno a ciò divenuto ghetto
di un popolo ormai maledetto.

Quando guerra ha voluto avviare
alle conseguenze di meditare
questa nazione ha fatto difetto
salvo per le mura che ha eretto:
ma alcun bastione può evitare
a cieca violenza di dilagare,
trasformando urbe di bell'aspetto
del regno luogo rio nonché negletto.

Non quale un abuso surrettizio
è un tanto pessimo pregiudizio,
come a essere ipotizzato
chiunque sarebbe facilit...

Sebbene semplice sarebbe stato per qualsiasi eventuale spettatore completare l'ultimo verso così scandito, ad alcuno poté essere concesso di ascoltare, o anche solo immaginare, in quali rime quell'improvvisata ballata avrebbe potuto ulteriormente evolversi all'interno di quella strofa o nelle eventuali successive.
Conseguente a un momento di particolare estro artistico nel proprio compositore, a ciò sospintosi forse con eccessiva ingenuità, indubbiamente con pericolosa stolidità, quella canzone ebbe infatti improvvisa ragione di interrompersi, e di non riprendere ulteriormente, nel momento stesso in cui il cantore lì impegnatosi nella creazione e diffusione della medesima si ritrovò del tutto inabilitato a proseguire, costretto, altresì, a ricadere afono a terra qual conseguenza di un profondo taglio imposto sulla sua gola, da manca a destra. Da simile e mortale ferita, caldo e abbondante, sprizzò e grondò il suo scuro sangue nel più completo disinteresse del proprio quasi indifferente pubblico, proponendosi estremamente prossimo a un macabro tributo alla veridicità delle parole da lui appena proposte in musica: parole di insana critica alla stessa Kriarya, capitale della provincia sud-orientale del regno di Kofreya, e alla sua particolare popolazione principalmente costituita da mercenarie e assassini, ladri e prostitute, che, probabilmente, egli non avrebbe dovuto mai permettersi di scandire, non da sobrio, non, tantomeno, da ubriaco qual ormai era divenuto per eccessiva ricerca di complicità nella birra locale, e che, in ogni caso, avrebbe dovuto sperare sarebbero realmente potute essere ignorate dai presenti all'interno del vasto e vivace salone principale di quella locanda, qual, tuttavia e suo malgrado, non erano completamente risultate essere.

... è semplice finire ammazzato,
proprio qui, nella città del peccato.

Al danno venne, in tal modo, aggiunta una poetica beffa, lì cortesemente offerta da un sodale dello stesso brutale assassino del povero cantore, il quale, scoppiando a ridere sguaiatamente, volle offrire il proprio contributo in quel gesto, in quella morte del tutto priva di reali e concrete motivazioni a giustificarla.

« Che questo ti serva da lezione… bardo. » commentò il tagliagole, strascicando ogni sillaba nel dimostrarsi, a propria volta, non meno ebbro rispetto al malcapitato appena ucciso, destinatario di quel rimprovero, quasi egli potesse ancora ascoltarlo, rivolgergli attenzione e, in ciò, realmente far tesoro di quel consiglio « Niente lagne malinconiche: le notti in questa città sono divenute sufficientemente insopportabili da non… da non… non… insomma. Hai capito il concetto. » si arrese all'evidenza di non riuscire a completare la frase così come impostata, rapidamente dimenticandola e lasciandosi coinvolgere, a propria volta, nella grassa risata che ancora stava dominando il compagno.

Se qualcuno, in quello stesso frangente, avesse allora prestato maggiore attenzione all'ambiente proprio di quella locanda, per quanto incredibilmente affollato e conseguentemente caotico, non difficile sarebbe stato rilevare come la pur diffusa e generale noncuranza nel merito dell'inutile omicidio appena compiutosi non stesse venendo condivisa da almeno tre altre figure, esterne alle due lì direttamente coinvolte nell'invitare tanto crudelmente al silenzio il cantore.

« Ehy… voi. » prese immediatamente voce una fra quelle tre attente e distinte presenze, rivolgendosi con incredibile fermezza e freddezza verso la coppia di bruti e, nel contempo di tale apostrofare, dirigendosi a passo sostenuto alla loro volta, senza dimostrare alcuna evidenza di timore né per quanto già avvenuto, né per quanto sarebbe potuto nuovamente avvenire in grazia di una semplice perdita di controllo di uno solo dei due, là dove a un primo cadavere nulla avrebbe potuto impedire che ne fosse aggiunto subitaneamente un secondo « Dove diamine credete di essere? »

La prima figura, a decidere di intervenire in maniera attiva nella questione, ebbe occasione di mostrarsi, paradossalmente, quale l'ultima alternativa che chiunque, ove esterno a quello specifico ambiente e alle sue ormai consolidate regole, avrebbe mai potuto immaginare si sarebbe lì potuta volontariamente esporre, nel presentarsi quale quella di una giovane donna dalle forme dolci, quasi delicate, caratterizzata da una carnagione scura, un pregevole volto ovale, grandi occhi grigi, e lunghi e lisci capelli neri.
Un'immagine estremamente particolare, la sua, dal momento in cui, in conseguenza di tale particolare costituzione fisica, indubbiamente attraente e pur esile, più prossima a quella di un'ancella che di una guerriera, difficilmente avrebbe potuto essere confusa qual combattente, ma, parimenti, in virtù del proprio abbigliamento, lontano dal proporsi succintamente similare a quello delle varie professioniste pur li presenti, altrettanto improbabilmente ella avrebbe potuto essere equivocata qual prostituta, estraniandosi, in tal modo, da due fra le categorie principali degli abituali abitanti di quel confine geometrico, di quella città racchiusa all'interno di mura erette su una base a forma di dodecagono.

« Eh?! » esclamò il compagno del tagliagole, lo stesso che aveva concluso in maniera personale la composizione in versi, nel rivolgersi in tal verso in replica a quella fanciulla, poco più che ragazza, sgranando gli occhi qual dimostrazione di una sincera e intima confusione attorno alle ragioni che avrebbero potuto spingere la medesima, al pari di chiunque altro, a cercare occasione di discussione per quanto appena avvenuto.
« Per vostra informazione, per riservarsi il diritto a cantare, l'uomo che avete appena sgozzato ci aveva garantito una percentuale dei suoi guadagni, qual gradevole supplemento alle altre sue certe spese. » proseguì, imperterrita, la giovane, puntando prima il proprio indice in direzione del corpo a terra per poi sollevarlo verso colui che ancora stringeva nella propria destra il pugnale insanguinato, impiegato al fine di porre in essere quello stesso omicidio « E dal momento in cui lui non potrà più pagarci, vi consiglio di mettere immediatamente mano ai vostri borselli e di scucire quanto utile a risarcirci dal danno subito… a meno che non vogliate finire a spasso là fuori! » lì esortò, assolutamente seria, inflessibile nelle proprie posizioni, additando la porta d’ingresso principale alla locanda e, ancora, tornando a tendere la mano a loro, voltando, alfine, la stessa a rivolgere il palmo verso il soffitto e a muovere, in maniera solidale, tutte le dita, con la sola eccezione del pollice, per incalzare da parte loro l'ottemperanza a simile richiesta, da interpretare più prossima all'esecuzione di un ordine.

sabato 19 febbraio 2011

1130


« S
hu-La… mia amata. » apostrofò El'Abeb, dimostrandosi indifferente alla provocazione della propria ricercata interlocutrice « Vorresti offrirmi la cortesia di intrattenerti ancora per qualche minuto in compagnia del buon Be'Sihl, nel mentre in cui io parlo con la nostra… nuova amica? »

Sebbene mal celando un ben delineato sentimento di scontento, la giovane albina annuì a quella richiesta, approssimandosi, in conseguenza di ciò, al cavallo della donna guerriero, nell'offrirsi tacitamente di mantenerlo nel mentre in cui questa avrebbe esaurito il proprio dialogo con il suo uomo: dove, infatti, ogni cosa si era risolta per il verso migliore, probabilmente il solo realmente auspicabile per quanto non avesse loro condotto la ricchezza e il potere inizialmente bramato, la figlia del Cratere non era stata ancora in grado di scendere a patti con la propria intima gelosia per la mercenaria, ritrovandola, se possibile, addirittura cresciuta in conseguenza di tutto ciò di cui era stata testimone, invidiandone il carisma, l'audacia, l'intelligenza, il controllo su di sé e sul proprio destino. Tuttavia, razionalmente, ella era anche consapevole di non doversi attendere possibilità di tradimento da parte del proprio amato… non di certo, per lo meno, con quella stessa donna, per la quale sarebbe potuto essere amico o nemico, alleato o avversario, compagno d'arme, ma non di letto, non amante, tanta avrebbe dovuto essere pur riconosciuta l'incompatibilità fra loro.
Altrettanto quietamente, Be'Sihl rivolse uno sguardo alla propria amata, cercando in lei conferma di quanto aveva sin da subito compreso sarebbe occorso. E in un lieve cenno del capo, egli su accontentato.

« Questa volta, per bontà divina, cerca però di evitare di puntargli una lama al collo. » invitò la Figlia di Marr'Mahew, esprimendo il proprio consenso attorno alla questione non tanto rivolgendosi allo shar'tiagho, quanto, piuttosto, alla medesima albina, alla quale consegnò anche le redini della propria bestia « A costo di apparire eccessivamente protettiva, non riesco proprio ad apprezzare chi minaccia la vita del mio uomo. E la prossima volta potrei non ignorare tanta audacia da parte tua… » la avvisò, sempre con un tranquillo sorriso sulle labbra che, nel confronto con tali parole e nel contrasto con il ghiaccio del suo sguardo, apparve, allora, estremamente temibile.

Senza aggiungere altro, Midda smontò dal proprio equino sodale e si avviò, in compagnia di El'Abeb, lungo il sentiero, nella medesima direzione dalla quale era appena giunta con Be'Sihl, se pur in senso opposto: una scelta, quella spontaneamente accordata fra i due, evidentemente giudicata utile da entrambi al fine di mantenere trasparenza sulle loro azioni, sui loro reciproci comportamenti, desiderando accettare il rischio di quel confronto solitario e, ciò nonostante, non volendo neppure lasciarsi precipitare in qualche tranello.
Ristorata da una lunga notte di sonno, la donna guerriero non avrebbe potuto avere particolari ragioni per temere l'eventualità di un nuovo confronto con quello stesso avversario, ove il giorno precedente, malgrado le apparenze, ella era riuscita a imporre il proprio predominio su di lui. Ciò nonostante, in nome della propria consueta, e mai rinnegata, paranoia, la medesima non era neppur tanto ansiosa di porre nuovamente alla prova le capacità della controparte, essendo rimaste, sino a quel momento, ancora molte questioni aperte attorno alla natura di quella sua trasformazione, del mutamento occorsogli, argomenti attorno ai quali avrebbe probabilmente dovuto indagare con attenzione prima di concedersi una nuova occasione di sfida con lui, nell'ipotesi che, in futuro, sarebbero potuti nuovamente giungere a tale svolta critica.

« Probabilmente è scontato da dire… ma vorrei sottolineare come non vi fosse nulla di personale contro di te, da parte mia. Né, tantomeno, da parte di El'Abeb: egli, anzi, apprezza realmente ciò che hai saputo realizzare a Kriarya in questi anni e ti è grato per il rispetto che, in passato, hai sempre saputo dimostrargli. » prese voce Shu-La, rivolgendosi alla volta del proprio unico possibile interlocutore, dopo che la coppia di avversari, o alleati, si fu allontanata di qualche passo.
« Non ti preoccupare. » minimizzò l'uomo « Questo mondo è fatto così. E ognuno, in un modo o nell'altro, è costretto a ingegnarsi come può per cercare di tirare avanti. » commentò, smontando a sua volta da cavallo a favorire in tal modo un equo confronto con quell'interlocutrice, lì giudicabile più prossima a un'inoffensiva fanciulla, piuttosto che alla minaccia di morte da lei incarnata nel giorno passato « Voi avevate le vostre ragioni. Gli abitanti di quel villaggio le loro. E noi le nostre… o, per meglio dire, Midda aveva le sue. »
La giovane ascoltò in attento silenzio quella presa di posizione, dimostrando un'insolita deferenza verso di lui, probabilmente quale conseguenza della stima riposta dal proprio amato verso quell'uomo, così come dallo stesso quietamente ammesso e da lei pocanzi riportato, per poi riprendere voce e affermare: « Invero non ti conosco ancora… ma sono lieta di non essere stata costretta a ucciderti. Non che fosse mai stata mia concreta intenzione farlo, comunque. »
« Lo avevo sospettato… » annuì il locandiere, sincero in tale valutazione a posteriori « … e per questo sono felice di non averti dato ragioni per tentare di procedere in simile direzione. Qualsiasi risultato, infatti, sarebbe stato solo estremamente spiacevole nelle proprie conseguenze. »

Nel contempo di simile confronto fra ex-carceriera e suo ostaggio, a breve distanza dal medesimo un altro dialogo stava avendo inizio, in toni, sostanzialmente, non particolarmente differenti da quelli adoperati dall'altra coppia di interlocutori.

« Dopo che ci siamo ritirati, Trigga ha voluto spiegarmi con cura di dettaglio quanto è occorso nel corso del vostro combattimento, includendo ogni particolare relativo alla morte di Fehm'At. » prese voce El'Abeb, costretto a tale iniziativa qual necessaria conseguenza di quella già da lui resa propria nell'aver ricercato quel dialogo « Bramoso di scontrarmi con te, all'inizio non avevo neppure permesso ai miei uomini di narrarmi con precisione quanto avvenuto, per quanto avrei dovuto sospettare che una singola morte non sarebbe stata nel tuo stile: o tutti, o nessuno. »
« Se stai cercando di scusarti per quanto avvenuto, permettimi di affermare che questo è indubbiamente il modo più complicato che io abbia mai avuto occasione di ascoltare. » commentò la mercenaria, non volendo prendersi giuoco dell'altro e, ciò nonostante, non riuscendo a evitare una nota di ironia alla base della propria voce « Ciò che è stato… è stato: rimuginarci sopra non cambierà nulla e, dopotutto, credo che entrambi abbiamo ragione di definirci soddisfatti per quanto è accaduto. » sottolineò « Tu hai avuto il tuo momento di gloria, e io ho avuto comunque entrambe le mie ricompense. » riassunse, tralasciando il fatto di non aver ancora effettivamente ritirato la seconda, in quel momento non rilevante ai fini del discorso.
« Vuoi dire che sei riuscita a farti pagare nonostante la tua sconfitta?! » esclamò l'uomo, con tono che non pose dubbi sul fatto che avrebbe persino sgranato gli occhi per la sorpresa, se solo avesse avuto ancora tale possibilità espressiva.
« Ehy… io sono una professionista, ricordi? » scosse il capo ella, a negare ogni dubbio attorno a simile proposito « Ero stata assunta per difendere il villaggio e i suoi abitanti, e per preservare l'integrità del tesoro di Urashia… non per catturarti o ucciderti. E così, a modo suo, è stato. »
« Gorl… » bestemmiò l'altro, rinnovando il proprio stupore « Devo ammettere che come mercenario ero veramente pietoso, soprattutto a tuo confronto. Fortunatamente ora ho imboccato una strada diversa. »
« Già. Sei diventato un condottiero per un popolo errante… » esplicitò « Un ruolo decisamente impegnativo. Come te la stai cavando finora? Nel confronto con la fiducia e la fedeltà che i tuoi uomini ripongono in te, direi estremamente bene… » gli volle riconoscere, in un complimento tutt'altro che gratuito o immeritato.
« E' complicato. Molto complicato. Ma, anche, estremamente gratificante... » ammise egli « E, in fondo, è tutto ciò che ho sempre voluto: non il potere, quanto, piuttosto, una famiglia nella quale sentirmi realmente parte… ma non credo che tu possa comprendermi. Sei sempre stata una solitaria. » negò subito dopo, non riuscendo a evitare una certa nota di biasimo in tutto ciò « Anzi… mi sorprende persino che, alla fine, tu abbia deciso di aggiungere una nuova dimensione nel tuo rapporto con quello shar'tiagho. »

Midda avrebbe voluto contestare le conclusioni raggiunte dall'uomo a proprio riguardo, estremamente imprecise e superficiali, quali, in effetti, erano sempre stati i loro rapporti in passato, tali da non permettergli alcuna possibilità di maturare confidenza di sorta con lei. Ciò nonostante, non avendo alcuna voglia, o necessità, di tentare di giustificarsi innanzi a lui, trascurò completamente di dar voce a ogni replica a tal riguardo, limitando ogni espressione nell'imporre un semplice turbamento alla superficie della propria fronte.

« Comunque ciò non mi riguarda. Sono affari tuoi… anzi, vostri. » si rimproverò El'Abeb, considerando chiusa quella parentesi « Quello che vorrei comprendere, piuttosto, è come dover ora considerare il nostro rapporto, dopo quanto è successo ieri mattina. E, dal momento in cui sono stato io a dare inizio a tutto questo, mi sembrava doveroso che fossi io a cercare di chiarire ogni posizione a tal riguardo… »
« Guercio… o El'Abeb… o comunque tu preferisca farti chiamare. » ritrovò voce la mercenaria, con un leggero sospiro « Io posso comprendere che, dopo la piana di Kruth, non hai avuto più particolari ragioni per offrirmi fiducia… non che prima tu ne potessi avere. » premesse, con tono serio, privo di qualsiasi nota di divertimento « Ciò nonostante, credimi se ti dico che… beh… di te non mi è mai interessato nulla. » asserì, tornando in ciò a sorridere, probabilmente nella volontà di ingentilire il senso di una tanto severa affermazione « Non ho mai avuto niente in tuo contrasto, né, francamente, credo di averlo ora. »
« Quindi…? » incalzò, invocando quella risposta attesa e, sotto taluni aspetti, anche temuta.
« Quindi la prossima volta che ci incontreremo, ci comporteremo esattamente come sarà richiesto dalle circostanze… » concluse Midda stringendosi nelle spalle, non potendo esprimere previsioni a simile riguardo « Forse quali alleati… o forse, chissà, nuovamente avversari. E' così che gira il nostro mondo, dopotutto. »

Ed El'Abeb non poté fare altro che restare in silenzio nel confronto con quella particolare conclusione, della quale non avrebbe potuto negare il valore, ma innanzi alla quale non avrebbe neppure potuto essere certo di quali sentimenti poter provare, diviso in maniera indistinta fra soddisfazione e insoddisfazione, fra un certo appagamento e, al contrario, una sensazione di irrisolto. Egoisticamente e, forse, ingenuamente, egli avrebbe preferito poter raggiungere una definizione più netta, trasparente, nel merito delle loro reciproche posizioni, ma, lo sapeva, quel genere di certezze avrebbero potuto essere proprie solo per dei personaggi di un poema epico, inevitabilmente affetto da romantica dicromasia, e non per due persona vere loro pari, inserite all'interno di un concreta, mutevole e, perciò, necessariamente confusa, realtà multicolore.

venerdì 18 febbraio 2011

1129


« "T
u vivrai! Offrendoti la stessa crudele e disonorevole possibilità di grazia che tu sei tanto arrogantemente propensa a riservare a coloro che giudichi indegni di te, e che, in passato, hai destinato anche a me, io ti riconosco ora l'occasione di godere nuovamente della calda luce del sole di un nuovo giorno al pari di quella fredda della luna di una nuova notte, non più qual trionfatrice, leggenda vivente, quanto, piuttosto, guerriera sconfitta, che ha ormai iniziato a spingere i propri passi sul viale del tramonto." » ripeté, con tono grottescamente solenne, prima di non riuscire a trattenersi e scoppiare, nuovamente, in un grassa risata « … viale del tramonto… dei… se solo tu avessi potuto vedere l'espressione dipinta sul tuo volto quanto da usato queste parole! » asserì, continuando a esprimere il proprio legittimo divertimento.

In silenzio la Figlia di Marr'Mahew sopportò la beffa del proprio compagno, così espressa nel ricordo delle parole pronunciate il giorno prima da El'Abeb, sforzandosi allo scopo di evitare di dimostrare, a propria volta, il sollazzo che, non mancando da sempre di autoironia, non avrebbe potuto che provare innanzi a tutto ciò: nel proprio ruolo di donna, e di amante e amata di Be'Sihl, ella desiderava, infatti, potersi rivalere giocosamente su di lui a tempo debito per quella innocente beffa, invocando ricorso alla tipica, e mai personalmente sgradita, prerogativa femminile di vendicarsi sui propri compagni nei contesti più intimi, attaccandoli, in ciò, là dove, probabilmente, giudicato più doloroso per loro.

« Ehh… » non riuscì, tuttavia, ella a evitare di sospirare, scuotendo il capo « E' un pensiero indubbiamente sgradevole, quello di essere giunta sul "viale del tramonto". Ma temo proprio che dovrò iniziare a convivere con esso e, in ciò, a limitare le mie consuete follie "giovanili"… » commentò, simulando un tono estremamente dispiaciuto « … come le intense notti d'amore alle quali, abitualmente ed egoisticamente, cerchi di costringere questa povera vecchietta. » lo pose in guardia, con un ampio sorriso sornione.
« Ouch. » incassò il locandiere, dall'alto del proprio cavallo, tornando immediatamente serio e stringendo i denti per il vigore di un colpo tanto basso « Per quale assurda ragione dovrei essere punito io per quello che ha detto il guercio… o, meglio, El'Abeb?! » protestò, sgranando gli occhi e cercando, in ciò, di argomentare una propria possibile difesa « Non può essere considerata mia colpa il fatto che abbia voluto dilettarsi in tal modo a godere del momento di vittoria da te donatogli. »
« Certo. Non è colpa tua. » annuì la donna, riconoscendo la correttezza di tale asserzione « Ma, indubbiamente, è tua colpa l'insistenza attorno a tale argomento e al malcelato accenno alla mia non più giovane età. » proseguì, storcendo le labbra verso il basso a dimostrare tutta la propria disapprovazione per simile tematica « Quindi, visto che ormai sono sul "viale del tramonto", è anche giusto che io inizi a limitare la mia disponibilità a partecipare a un certo genere di attività… soprattutto quando sarebbe opportuno che io riposassi per recuperare le forze. »
« Ma sentitela… » osservò lo shar'tiagho, aggrottando la fronte e in ciò rivolgendosi a inesistenti altri testimoni della loro attuale discussione, forse identificandoli negli stessi equini sodali sul dorso dei quali stavano allora facendo ritorno verso la capitale urashiana ove Midda avrebbe riscosso la seconda, e più significativa parte, del proprio compenso, là dove inizialmente assunta proprio dalle autorità locali per intervenire in soccorso di quel villaggio, confidando in un confronto meno impegnativo di quello occorso con il podestà « Come se ella avesse da considerarsi vittima innocente della mia lascivia. » continuò, senza rivolgerle lo sguardo e continuando, in ciò, a confrontarsi con un improbabile pubblico « Peccato che la fanciulla qui presente si stia impegnando a non ricordare come, ogni notte, sia proprio lei la prima a spogliarsi e a bloccarmi al suolo, sotto di sé, con impeto non inferiore a quello che abitualmente rivolge ai propri più temibili avversari. Questo senza parlare, poi, dei graffi che sembra divertirsi lasciarmi su tutto il corpo: se qualcuno mi vedesse dopo che è passata lei, potrebbe pensare a un incidente con un gatto selvatico particolarmente irascibile! »

Difficilmente, in passato, la donna dagli occhi di ghiaccio era stata in grado di avere la meglio sul proprio compagno nel mentre di un confronto verbale con lo stesso, scherzoso o no che esso fosse, così come i loro consueti, abituali e quasi rituali confronti mattutini, nel mentre delle colazioni da lui a lei sempre donate nei fortunati giorni in cui ella si proponeva presente all'interno della sua locanda, avrebbero potuto chiaramente riprovare. E tale situazione, in effetti, non era assolutamente migliorata nel corso del tempo o, ancor meno, nell'evoluzione del loro rapporto: egli era sempre e comunque in grado di avere la meglio su di lei a parole almeno nella stessa proporzione in cui ella era reciprocamente capace di dominare su di lui con i fatti, come anche testimoniato dagli stessi esiti dei loro incontri amorosi da lui appena citati.
Nuovamente vinta, e tutt'altro che bramosa di spingersi, almeno per il momento, in quel battibecco, suo malgrado prematuramente manifestatosi, là dove avrebbe dovuto attendere la prossima notte insieme prima di procedere a proporre simili tematiche, l'unica reazione matura e dignitosa che la Figlia di Marr'Mahew ebbe occasione di elaborare in sua risposta fu la chiusura dei propri occhi e la contemporanea estrazione della rossa lingua fra labbra strette, gestualità perfettamente trasparente del tenore proprio di quella discussione.

« Ritiro tutto ciò che ho detto… anzi, che ha detto El'Abeb! » esclamò divertito Be'Sihl, in conseguenza della risposta a sé riservata dalla propria amata « Chiunque sia capace di impegnarsi in una simile smorfia qual estremo tentativo di riservare a sé ragione, non può in alcun modo essere considerata sul "viale del tramonto". Anzi… ringrazia la meravigliosa esuberanza delle tue forme o potrei persino supporre che tu sia ancora una bambina, con inevitabile imbarazzo per la natura stessa della nostra relazione. » puntualizzo, sorridendole, poi, con occhi ricolmi d'amore.

Prima che, in conseguenza di quelle parole il dialogo fra i due potesse impegnarsi verso qualche ulteriore disquisizione, nella quale non avrebbero certamente ovviato a continuare a scherzare attorno alle loro notti insieme e loro rapporto, forse, persino e tutt'altro che straordinariamente, arrivando a decidere di interrompere repentinamente il cammino in atto per concedersi, immediatamente, possibilità di un appassionato intervallo, così come non era assolutamente mancato in passato nel corso del lungo viaggio da Shar'Tiagh, a distrarre la coppia da ogni possibile proposito intervenne, allora, l'inattesa immagine di un folto ed eterogeneo gruppo di uomini e donne, quietamente schierati sulla strada da loro lì percorsa, a mezzo miglio dalla loro attuale posizione.
Uomini e donne che, anche in virtù degli eventi del giorno precedente, Midda non ebbe difficoltà alcuna a riconoscere quali gli stessi della temibile colonna di El'Abeb.

« Mmm… » commentò l'uomo, cogliendo quella presenza innanzi a loro, prima a entrambi necessariamente celata dalla particolare conformazione del territorio collinare di quella vallata « … credi che stiano attendendo te? » ipotizzò, ora senza alcuna nota di letizia nella voce, tornato serio all'idea di una nuova battaglia qual quella lì prospettata.
« No. » negò, fermamente, una voce, diversa da quella attesa della donna e, altresì, riconoscibile quale quella dello stesso capo dei predoni lì proposti al loro sguardo « Stanno attendendo me. » precisò, emergendo accanto a loro dal folto della selva immancabilmente presente a delimitare quella via, accompagnato per l'occasione dalla stessa giovane albina introdotta con il nome di Shu-La e colpevole della cattura di Be'Sihl.
« Che straordinaria coincidenza… » definì la mercenaria dagli occhi di ghiaccio, senza palesare alcun sentimento di sorpresa e, anzi, riservando all'uomo con il volto da scheletro un ampio sorriso « E dire che stavamo giustappunto parlando di te e delle poco galanti parole che ieri mattina hai voluto destinarmi. » rivelò, in tutta tranquillità, quasi stesse piacevolmente discorrendo con un vecchio amico e non con chi, solo una giornata prima, aveva tanto insistentemente cercato di ottenere la prematura conclusione della sua vita « Ti consiglio di stare attenta a questo bel tomo, mia cara Shu-La: non sia mai che un giorno, in futuro, possa svegliarsi dal lato sbagliato del letto e renderti omaggio facendo riferimento alla tua allora sfiorita giovinezza… »