11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 19 aprile 2011

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I
ncantato e innamorato, Nivre restò per oltre un'ora qual silenziosa figura china accanto al giaciglio occupato dalla moglie e dalle figlie, non desiderando turbare, con la propria presenza, il giusto riposo dalle stesse ricercato e, ciò nonostante, non volendo neanche rinunciare a bearsi di quello spettacolo meraviglioso, rinuncia in conseguenza alla quale, oltretutto, avrebbe dovuto arrecare grave torto a una delle due piccole, colei che, per prima destatasi, a sé lo aveva richiamato, lo aveva invocato, quasi preteso, e che, soddisfatta dalla sua immediata risposta, ora lì manteneva il proprio braccino, tanto piccolo quanto delicato, chiuso attorno al suo indice destro, apparentemente enorme nel rapporto di proporzione esistente fra loro. Più volte, in effetti, l'infante neonata aveva subito tentato, nel confronto con quell'elemento a sé estraneo, un approccio più diretto e completo, sforzando di muovere le proprie ancora incontrollate manine a cercare, forse, una presa su esso: riconosciutasi, tuttavia e purtroppo, ancora incapace di simile risultato, ella si era accontentata di trattenere a sé il medesimo, abbracciandosi a esso prima di lasciarsi dominare, nuovamente, dal sonno, ricadendo addormentata al pari della gemella contro il seno materno.
Così, quando alfine Mera ebbe la forza di rientrare in contatto con il mondo a sé circostante, dal quale, sfinita per le fatiche del parto, si era inevitabilmente distaccata a cercar possibilità di ristoro, alla neo madre non venne semplicemente offerto il pur splendido, e ancora incredibile, spettacolo proprio delle amate figlie, quietamente addormentate contro di sé, contro il proprio petto nel contatto con il quale sembravano ricercare una protezione da un mondo troppo vasto e sconosciuto con il quale nulla avevano ancora avuto a che fare, quanto, piuttosto e ancora, l'immagine inattesa, ma mai insperata, del proprio sposo, marito e neo padre, chino accanto a lei, inginocchiato al suo fianco, e con la propria destra delicatamente intrappolata da una delle due piccole, in un gesto dolcemente possessivo.

« … bentornato a casa… » sorrise ella, aprendo il proprio pallido viso, da sempre dolcemente ornato da una miriade di piccole efelidi, in un meraviglioso sorriso, nel confronto con la lucentezza del quale, probabilmente, persino il sole stesso avrebbe avuto ragioni di che vergognarsi « E' stata una notte fruttuosa? Avete fatto una buona pesca? » domandò, rivolgendo, con dolce scherzare, il proprio interesse non verso il proprio parto, ma in direzione dell'impegno per il quale il suo adorato sposo era stato costretto ad accogliere tardivamente la notizia della propria duplice, e inattesa, paternità.
« Sciocca… » replicò egli, con tono di dolce rimprovero per quel suo scherzare, guardandola con amore e scuotendo il capo, prima di muoversi, delicatamente, alla ricerca del volto di lei per offrirle, quasi come dono votivo, un leggero bacio « Cosa vuoi che ricordi, ora, del pescato di questa notte? A stento rammento persino in che modo mi sono ritrovato qui, accanto a te. »
« Sei contento? » domandò Mera, accarezzando le labbra di lui con le proprie nel formulare quella stessa questione, non nascondendo la concreta gioia di poter ritrovare lo sposo di cui tanto aveva sentito la mancanza sin dal momento stesso in cui, inaspettatamente, era stato chiaro che avrebbe partorito in quelle ore, in quella notte ormai conclusasi o, al più tardi, al mattino seguente.
« Scherzi?! » rispose Nivre, sgranando gli occhi alla richiesta di lei, ritraendosi appena per poter godere, ancora una volta, del magnifico quadro rappresentato dalla sposa e dalle sue due figliolette, immergendo, poi, il propri occhi color del cielo in quelli color dei prati primaverili della moglie lì venerata quasi quanto divinità, desiderando solamente smarrirsi, per sempre, in essi « Nulla mi avrebbe potuto rendere più felice di tutto questo… sembra un sogno, un sogno sì stupendo dal quale non desiderare più destarsi. »
« E Mehod…? » richiese incerta la donna, chinando lo sguardo alle due figlie gemelle da lei nate al posto del singolo figlio maschio prima atteso, per la cui possanza, il cui vigore, già avevano scelto il nome Mehod, che significa "forza".
« Se gli dei vorranno, vi sarà occasione, in futuro, anche per lui. » la tranquillizzo l'uomo, ora levando la mancina, sola mano ancora libera, ad accarezzare con delicatezza il volto della sposa, simile a madreperla nel proprio candore « Ma, ora, altre hanno da considerarsi le nostre priorità… e altri sono i nomi che è necessario individuare per i frutti del nostro amore. Ammesso di riuscire a distinguerle l'una dall'altra. » sorrise, non negandosi un incedere scherzoso nel confronto con quello che, egli non avrebbe mai potuto saperlo all'epoca, sarebbe purtroppo divenuto, in tempi futuri, non ragione ma, comunque, mezzo per il compimento di orribili delitti e indescrivibile sofferenza per la propria progenie.
« … oh… » commentò la neo madre, aggrottando la fronte nel confronto con quelle parole e con l'incombenza in esse suggerita « Non tentare nuovi scherzi, Nivre Bontor. » lo pose in guarda, chinando appena il capo per rivolgergli uno sguardo più torvo, o grottescamente ricercato qual tale « Non è una "nostra" priorità, ma una "tua" priorità… e lo sai bene! »

In una società non definibile propriamente qual matriarcale, ma, neanche, effettivamente patriarcale, ove il ruolo della donna, e della madre, oltre a esser tutelato dalle leggi di natura era ulteriormente sottolineato e enfatizzato dalla cultura religiosa incentrata attorno a una figura divina di genere femminile, prerogativa degli uomini, e dei padri, era infatti quella relativa all'imposizione del nome sui propri figli: non solamente il nome di famiglia, così come in quasi ogni altra tradizione culturale del nostro continente, quanto, piuttosto, il nome proprio, che dal padre sarebbe dovuto essere scelto qual riprova del proprio sincero coinvolgimento all'interno della nuova e allargata sfera familiare così formatasi.
Pur non volendo, né avendo mai desiderato, sottrarsi ai propri doveri di padre o, tanto meno, ipotizzare un rifiuto della propria paternità sui figli della sua amata sposa, il buon Nivre non si era mai considerato all'altezza di un compito tanto importante quale la scelta di un nome, ragione per la quale, anche forte della propria sincera ignoranza nelle lettura, nella scrittura e nel far di computo, a differenza di Mera sua sposa, egli aveva tentato, sin da subito, di delegare l'incombenza relativa al proprio ruolo paterno alla moglie, lasciando che fosse ella a decidere quali sarebbero potuti essere i nomi migliori e limitandosi, successivamente, a ratificare la sua decisione. Ma come già egli aveva fallito nella scelta del nome del primogenito maschio, per la quale era stato costretto a esprimersi dietro la minaccia, tutt'altro che retorica, di non poter più condividere il talamo con la sposa sino a quando non avesse preso una decisione, ancora sembrava egli chiaramente destinato a fallire nuovamente in questa duplice, e sempre più complessa, decisione, su di lui ricaduta simile a una crudele condanna.

« Io… » tentò di obiettare il giovane, accennando a un teso sorriso.
Non una sola parola, tuttavia, occorse allora alla donna per far comprendere allo sposo il pericolo che avrebbe corso opponendosi a tale dovere, quanto, semplicemente, un fermo sguardo a lui rivolto e carico di maggior significato di qualsiasi, interminabile monologo, atto nel quale egli poté cogliere le nere pupille della propria compagna ridursi a capocchie di spillo all'interno delle sue verdi iridi, in un chiaro, evidente e trasparente messaggio di pericolo.
« … sono assolutamente d'accordo. » concluse egli, ampliando a dismisura il già forzato sorriso precedentemente rivoltole, invocando, in cuor suo, un nuovo, salvifico intervento da parte dell'amata Thyres.

Fu allora, però, che tornando a volgere la propria attenzione alla mano destra ancora delicatamente intrappolata sotto il braccino di una delle due bambine, colei che per prima, e sola, si era ridestata al suo ingresso nella stanza, osservandolo con sguardo serio e indagatore, a valutare le sue intenzioni, a giudicare le ragioni della sua presenza fra loro, in maniera immediata sorse nella mente del padre il nome giusto per quella piccola, un nome che avrebbe sempre ricordato quel primo gesto, quel privo confronto fra loro e, con esso, le emozioni che ella era riuscita a suscitare in lui con una spontaneità straordinaria.

« Ella si chiamerà Midda, che significa "misura"… » scandì con tono incredibilmente fermo, quasi non avesse pensato a nulla di diverso da mesi interi « … perché, prima ancora di conoscermi o riconoscermi, ella ha soppesato il mio animo con un solo, intenso sguardo. » spiegò, sorridendo verso la sposa prediletta, entusiasta per la spontaneità con la quale quel nome era sgorgato dalle sue labbra « Che possa conservare, negli anni a venire e per il resto della sua vita, questa caratteristica, agendo sempre con ponderazione anche nelle situazioni più improbabili nelle quali il fato potrà catapultarla. »

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