11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 30 giugno 2011

1261


R
ealtà complicata, caotica, folle e, probabilmente, paradossale, avrebbe dovuto essere giudicata quella entro la quale i due fratelli furono proiettati pertanto proprio malgrado, senza alcuna personale colpa esterna a quella derivante dall'aver deciso di separarsi, di svincolarsi l'uno dall'altro, negando, in maniera pur effimera, il loro consueto sodalizio. Una scelta legittima, una volontà forse e anche condivisibile nei propri modi se pur non nelle proprie ragioni, che, esternamente a qualsiasi loro personale pianificazione, a qualunque loro eventuale progetto nel merito di quell'avventura, di quella specifica missione, pur valutata qual non sì improbabile nella propria risoluzione, da non concedere loro l'occasione di affrontarla in maniera disunita, quali singoli e non quale coppia, lì ritrovò a essere vittime perfette di un osceno giuoco del fato, degli dei tutti, ove in alcun altro modo avrebbe potuto essere descritto quanto lì stava allora avvenendo.
Midda e Nissa Bontor, sorelle gemelle, fra loro tanto intimamente diverse nell'eguale misura di quanto, per esplicita volontà della seconda, erano ormai divenute sì esteriormente simili, se non identiche, erano infatti accorse, con incredibile, assurda e reciproca sincronia, in direzione dei due fratelli d'arme e di vita, ma non di sangue, ognuna presentandosi al proprio interlocutore con la stessa versione dei fatti, con le stesse emozioni, le une sincere, le altre solo simulate, e con gli stessi progetti, volti, questi ultimi, a riservarsi la collaborazione dei due mercenari, già alleati dell'una, in contrasto all'altra. E, laddove Nissa era stata, e sarebbe ancora stata, capace di ingannare, nella propria interpretazione della sorella gemella, anche chi a lei legato da un legame più intimo, più forte di quello pur proprio di Howe o di Be'Wahr, troppo semplice, quasi banale, sarebbe stata una sua vittoria nei confronti dell'uno o dell'altro, o di entrambi, così come da suoi progetti, nella trasparente volontà di incrementare la posta in palio nella sfida fra lei e la sua eterna nemica, acerrima rivale, giurata nemesi, qual pur la riteneva essere, alfine tornata dalla propria lunga peregrinazione verso nord.
Quale vendetta avrebbe potuto riservarsi un gusto più prelibato, più squisito rispetto a quello derivante dal porre in contrasto all'odiata Midda, tutti coloro che della sua vita erano stati parte e partecipanti?
Fallito, indubbiamente, Nissa aveva in tal tentativo, in simile volontà, quando, con prepotenza e violenza, aveva sperato di far ribellare l'intera Kriarya in contrasto alla propria gemella, nell'assassinio, sol apparentemente casuale, in realtà freddamente concordato nell'intimo della propria coscienza, della moglie del primo mecenate di Midda, lord Brote. Sebbene, invero, quanto da lei deciso avrebbe potuto riservarsi occasione di successo, nell'impegnare tutte le energie dell'uomo, e con lui di una vasta percentuale della città del peccato, in contrasto alla propria mercenaria, non diversamente da come, quindici anni prima, aveva fatto ribellare l'intera Kirsnya a discapito del medesimo obiettivo, il suo approccio alla questione si era dimostrato, a posteriori, drammaticamente errato, nel non prendere in esame il fattore umano, il rapporto personale che pur, in tre lustri, Midda doveva essere riuscita a sviluppare in quegli ambienti, in quei contesti entro i quali non sarebbe potuta essere ritenuta più un'estranea, una straniera appena sopraggiunta, quanto, piuttosto e addirittura, una protagonista prediletta.
Alla luce del proprio primo insuccesso, addirittura trasformatosi, nel momento del ritorno della propria gemella, in un'occasione di imprevisto e spiacevole trionfo per la medesima, lungo una via diversa, alternativa, avrebbe obbligatoriamente dovuto essere pertanto condotto un nuovo tentativo da parte di Nissa, nell'eguale e invariata volontà di veder soffrire Midda qual preda designata per coloro a lei prima amici o alleati. Un approccio inedito, da parte della pirata, che, pertanto, non avrebbe dovuto più impegnarsi a instillare odio nei cuori di coloro scelti quali propri inconsapevoli collaboratori, tramiti, armi umane, quanto, altresì e diversamente, avrebbe dovuto ricercare in loro supporto, aiuto, sostegno, a difesa dell'idea di una propria menzognera e malvagia sosia, tale da sospingerli a dichiarare guerra a Midda Bontor convinti di star agendo contro Nissa Bontor e, ancora, tale da invitarli a uccidere, o a morire nel tentativo, alla prima convinti di star combattendo in contrasto alla seconda… a lei stessa.
In maniera tuttavia assolutamente imprevedibile da parte della sadica Nissa, e, in tutto ciò, neppur a lei ovviamente noto in quel frangente iniziale, gli dei, pur riconoscendole una possibilità di parziale successo nel proprio progetto, pur permettendole di raggiungere uno dei due fratelli e di convincerlo, in apparenza, della veridicità dei propri intenti, delle proprie ragioni, avevano contemporaneamente complottato in suo contrasto, e con esso in sostegno alla sua gemella, concedendo a quest'ultima occasione di raggiungere a propria volta l'altro uomo, l'altro membro di quell'insolita fratellanza, per chiamarlo reciprocamente a sé, sul proprio fronte. E così, nel medesimo istante temporale, tanto l'una quanto l'altra sorella si ritrovarono a porre le basi per rinnovare un vincolo d'alleanza con i rispettivi interlocutori, reciprocamente ignare, esse, l'una dell'altra, così come reciprocamente ignari, essi, l'uno dell'altro.

« D'accordo. » annuì Howe, ancora rivolgendo più sospetto che solidarietà alla propria interlocutrice e, ciò nonostante, comprendendo di doverle riconoscere quella fiducia da lei pur legittimamente guadagnata, meritata, nell'aver sempre agito qual loro alleata e mai qual loro avversaria, nemica « Per quanto non sia certo di aver colto tutte le sfumature del caso, e per quanto tema che, fra tutto ciò che non ho ben inteso, alfine vi sarà per me occasione utile a rimpiangere di aver accettato, credo che, al termine di questo incarico, Be'Wahr e io potremmo aiutarti a compiere quanto ha da esser compiuto. »
« Non sarebbe professionale per me, ora, abbandonare questa missione a sì breve distanza, fisica e metaforica, dal compimento della medesima… » spiegò Be'Wahr, proseguendo, inconsapevolmente, nelle medesime parole già proprie del fratello « E, soprattutto, rischierei di darla vinta a quel presuntuoso e arrogante di Howe, eventualità che, dopo tutto quello che è successo, gradirei sinceramente evitare. »
« Comprendo… » confermarono entrambe le mercenarie, annuendo alla spiegazione dei due fratelli, e, in conseguenza delle medesime, dimostrandosi sufficientemente delicate, nel proprio incedere, da non pretendere da parte dei propri interlocutori un repentino abbandono di qualunque attività in proprio aiuto, non nel desiderio di mantenere, o stabilire, con gli stessi un rapporto di fiducia e di rispetto reciproco.
« E, sempre nel merito di Howe… » proseguì il biondo, colto da un fugace pensiero in conseguenza dell'estemporaneo riferimento in direzione di tale soggetto « … credo che sia inutile sottolineare che, per quanto, personalmente, sarei più che disponibile a compiere qualsiasi cosa tu ci proporrai qual favore personale nei tuoi riguardi, in conseguenza del comune passato che ci lega, temo che da parte sua non troverai disponibilità a condividere una simile opinione… » volle puntualizzare, quasi dimostrando imbarazzo, in tutto ciò, per quanto era certo sarebbe accaduto.

Un imbarazzo, quello allora dimostrato da Be'Wahr, che, legittimo o meno sarebbe potuto essere valutato nelle proprie ragioni, non sarebbe dovuto essere ritenuto, invero, qual fine a se stesso, totalmente gratuito e irrispettoso nel merito del proprio alleato di sempre, dal momento in cui, a breve distanza, lo stesso Howe stava apparentemente impegnandosi a offrirgli assoluta ragione…

« Ovviamente, dal momento in cui tu stessa hai parlato di assunzione, voglio sperare che per entrambi ci sarà possibilità di un tornaconto economico in tutto questo. » soggiunse lo shar'tiagho, sorridendo, ora, con incedere malizioso, a non permettere di lasciar intendere quanto, in quelle parole, dovesse essere giudicato semplice scherzo, giuoco, e quanto, in alternativa, una seria proposta nei suoi riguardi, così come temuto da parte del proprio biondo compare.
« Ovviamente. » chinò il capo la donna guerriero sulla cima della torretta, ricambiando il gesto dell'uomo e rivolgendogli, a propria volta, un ampio sorriso, malizioso e sornione « In fondo siamo tutti del mestiere e conosciamo perfettamente le regole. Ragione per la quale… »
« … non vedo motivo alcuno per negarvi quanto debba essere vostro di diritto. » confermò la mercenaria dagli occhi color ghiaccio all'interno della camera, minimizzando le ragioni di dubbio del proprio interlocutore e, in tal senso, volendo già considerare conclusa ogni questione, ogni discussione a tal riguardo « Dopotutto l'oro non mi manca. E, in queste circostanze, sono disposta a spenderlo fino all'ultima oncia pur di poter porre quanto prima fine a questo supplizio, prolungatosi già per la durata di una vita intera. »

mercoledì 29 giugno 2011

1260


S
orpreso e attonito restò Be'Wahr di fronte a quelle parole; stupefatto e incredulo rimase Howe in conseguenza di quelle spiegazioni: tanto l'uno quanto l'altro, i due fratelli, se pur sospinti da motivazioni in parte eguali, in parte dissimili, ebbero difficoltà ad accettare quella realtà dei fatti, quell'inattesa rivelazione nel merito della vita della loro alleata. Se, infatti, accettare l'idea di quella donna quale persona comune, semplice mortale, nata da donna, figlia di un padre e, magari, sorella di un fratello o, ancor più, di una sorella gemella, avrebbe già richiesto a entrambi un certo sforzo, avendo avuto sì tutti e due occasione di vederla soffrire e, quasi, morire, e pur ancora non essendo riusciti a svincolarla completamente dall'incredibile fama esistente attorno al suo nome, e tale da farla apparire più prossima a un mito che a una mortale come altre; il pensiero di come ella potesse al contempo avere una sorella gemella ed esserne succube, così come si stava allora presentando, sembrava porre eccessivamente alla prova le loro emozioni e la loro razionalità. Non solo, alla luce di quelle pur fugaci rivelazioni, essi avrebbero dovuto allora accettare il concetto che esistesse un'altra Midda Bontor, se pur contraddistinta da diverso nome, ancor più temibile di colei che già il mondo era solito indicare con il nome di Figlia di Marr'Mahew; ma, anche e ancora, essi avrebbero dovuto scendere a patti con l'idea che la "loro" Midda Bontor, al di là di quanto da sempre proclamato con carisma incredibile e indubbiamente affascinante, non avesse mai realmente vissuto la propria vita con quell'assoluta autodeterminazione tanto entusiasticamente predicata non solo a parole, quanto, ancor più, a fatti… o, almeno, apparentemente a fatti.
L'invincibile Midda Bontor, l'inarrestabile Midda Bontor, l'autarchica Midda Bontor, l'anarchica Midda Bontor, non solo stava venendo ridotta, in tutto quello, alla propria pur giusta, legittima e innata misura di mortalità e fallibilità, ma, ancor peggio, stava purtroppo vedendo posto in dubbio tutto il proprio stile di vita, quanto da lei sempre asserito con forza e con fermezza, non propri di un dogma di fede, quanto, piuttosto, di un'evidenza palese, di un'affermazione retorica. E se, in ciò, il biondo Be'Wahr non avrebbe potuto ovviare a una sensazione di smarrimento, a un sincero disorientamento, nel veder posta in forse colei che, a pieno titolo, era dopotutto divenuta per lui un riferimento ideologico di grande importanza e valore, parimenti e altrimenti lo shar'tiagho Howe non sarebbe riuscito a gioire, a considerarsi sì soddisfatto come, probabilmente, avrebbe dovuto essere nel trovare conferma di quanto molti dei suoi dubbi, dei suoi sospetti, delle sue polemiche attorno alla figura di lei non avessero da essere ritenuti sì infondati, illegittimi, quali pur erano sempre apparsi.
Perché, in fondo, anche all'attenzione di Howe, in quell'ipotetica propria vittoria morale, avrebbe dovuto essere solamente riconosciuta una sconfitta sostanziale, nella disfatta di colei che sola, sino a quel momento, era parsa riuscire a distinguersi in un mondo privo di veri ideali, e di reali idealisti.

« Perché sei qui?... » si sforzò di domandare, nuovamente, l'uomo, distogliendo lo sguardo da lei e conducendolo, per un istante, all'intero paesaggio attorno a loro, all'immagine, pur sostanzialmente affascinante, incantevole, offerta dalla natura in quell'angolo di mondo, a invocare, nel confronto con tutto ciò, un'occasione di intimo riequilibrio dopo quanto, purtroppo, accaduto « … Perché mi… o ci… stavi cercando? » incalzò, includendo nella questione anche il fratello lì ritenuto qual assente, e pur necessariamente da considerare coinvolto, suo pari, in qualunque progetto potesse aver sospinto sino a quelle vette la donna guerriero « Dubito che tu lo abbia fatto unicamente per condividere con noi la triste storia della tua vita, senza offesa… »
« Nessuna offesa. » sorrise, appena, la Figlia di Marr'Mahew, recuperando nel mentre di tutto ciò tutta la fierezza che pocanzi sembrava averla temporaneamente abbandonata al triste ricordo di ogni vittima innocente, caduta sotto i colpi di Nissa « Lo sai che ho sempre apprezzato la schiettezza. E in ciò non mi hai mai deluso. » commentò, alludendo in maniera evidente ad alcuni aspri confronti che pur, in passato, avevano caratterizzato il suo rapporto con lo shar'tiagho, a differenza che con il suo biondo sodale « Comunque sia, due sono le ragioni per le quali vi stavo cercando. » esplicitò, non avendo ragione alcuna per celare il proprio interesse nei loro riguardi, non dopo, del resto, averlo prima anche apertamente espresso.
« Innanzitutto, assicurarmi che voi foste ancora in salute. » premesse, staccandosi dalla parete della camera per compiere qualche passo al suo interno, dimostrando la propria consueta e abituale insofferenza all'eccessivo immobilismo, solita a colmare eventuali pause, momenti estemporanei di riposo, non ponendosi seduta a chiacchierare, quanto, piuttosto e preferibilmente, compiendo esercizi fisici di varia natura, per mantenere mente e corpo sempre lucidi, costantemente pronti all'azione « Per quanto mi sia dato di immaginare, dopotutto, tu o tuo fratello potreste tranquillamente essere sulla sua lista, in virtù delle nostre recenti avventure insieme. »
« Non abbiamo più avuto contatti con te dall'ultimo giro nella Terra di Nessuno. » confermò il biondo, ascoltando con interesse quanto, finalmente, definito a risposta del quesito che pur, per primo, aveva conquistato l'intera attenzione della sua mente, nel dubbio, nella legittima curiosità nel merito della sua presenza in quel luogo dimenticato da chiunque e, tuttavia, apparentemente trasformatosi nel centro del mondo, nell'apparente, ma tutt'altro che tale, casualità di quel ritrovo, di quella riunificazione « Ovviamente abbiamo avuto modo di sentire le notizie nel merito di quanto è occorso a Kirsnya con Carsa e, poi, anche della tua supposta cerimonia funebre a Kriarya. Così come, e ancora, abbiamo saputo che eri partita verso nord insieme al locandiere… »
« … ma nulla di più. » confermò anche lo shar'tiagho, stringendo poi le labbra con fare pensieroso « Fatta eccezione per il tuo ritorno alla città del peccato, che, alla luce di quanto hai detto, non ha da essere attribuito effettivamente a te, quanto a questa Nissa. » continuò, concedendole, evidentemente, il beneficio del dubbio, qual riconoscimento di una sincera volontà di collaborazione con lei.
« Beh… direi che avete avuto voi più notizie a mio riguardo di quante io non sia riuscita a recuperarne nel merito delle vostre attività dell'ultimo anno. » osservò la mercenaria, in parte divertita dal puntuale resoconto di tutti i propri movimenti in quell'angolo di mondo, così come appena scanditi, elencati « Non mi sorprende, a questo punto, che Nissa sia riuscita a sapere quando agire e, soprattutto, cosa poter dire per impersonarmi al meglio e offrire solidità alla propria versione dei fatti. » ammise, lasciando svanire, in tale ulteriore precisazione ogni barlume di sollazzo nel merito di quella stessa riflessione, nel rilevare l'ovvietà di quanto la sua stessa fama, la sua celebrità, fossero state risorse utili, forse persino fondamentali, alla propria gemella per l'attuazione dei propri piani omicidi.
« E la seconda ragione? » la volle incalzare Howe, agendo forse senza sufficiente tatto in un momento come quello, e pur, allora, ritrovandosi a essere sospinto in tal senso dalla volontà di ottenere una chiara conferma dalla voce di lei nel merito di quanto, in realtà, già stava presupponendo ella desiderasse domandare.

Con serietà, Midda volse, in tal modo invitata, il proprio sguardo in direzione dello shar'tiagho, nel mentre in cui, a sin troppa breve distanza da loro, e pur apparentemente in un mondo totalmente estraneo, in una realtà nettamente separata, ancora Midda concesse i propri occhi a quelli del biondo, innanzi a entrambi, apparentemente, entrambe denudando i proprio animo, e pur, in ciò, sostanzialmente indagando nel merito degli stessi cuori dei rispettivi interlocutori, nelle loro emozioni, sospinte, tutte e due, dalla comune volontà di comprendere, di cogliere, quanto le parole sino a quel momento pronunciate potessero aver avuto ragione sulle menti dei due fratelli, sui loro dubbi o sui loro presupposti, consapevoli, proprio malgrado, di quanto ciò che avevano loro appena narrato non avesse da essere ritenuto sì ovvio e banale, da renderne altrettanto ovvia e banale l'accettazione.

« Voglio essere onesta… » sentenziò, alfine, una delle due donne guerriero, prendendo voce in risposta a Be'Wahr « Io… non credo di poter affrontare da sola tutto questo. » scandì, con tono incredibilmente energico, carico di vigore, per quanto, tutto ciò, avesse da essere riconosciuto quale sostanziale, e innegabile, ammissione di debolezza da parte sua.
« E sebbene Nissa Bontor sia, e debba restare, un mio problema… » soggiunse, subito dopo, la seconda delle due mercenarie dagli occhi color ghiaccio, proseguendo in replica a Howe « Io… gradirei assumere te e tuo fratello per essere al mio fianco in questo viaggio, in questa mia guerra personale, la più grande e difficile sfida che, probabilmente, io abbia mai deciso di affrontare. »

martedì 28 giugno 2011

1259


N
ell'esatto contempo in cui, sulla torretta isolata di quella contorta edificazione, di quel bizzarro santuario perduto fra le montagne tranithe, Howe stava allora rivolgendo il proprio interesse, la propria attenzione, e, necessariamente, qualche naturale preoccupazione, legittima e ineluttabile paranoia, verso l'immagine di Midda Bontor, Figlia di Marr'Mahew, a incredibilmente breve distanza da loro, già all'interno degli ambienti propri del tempio, il suo biondo fratello Be'Wahr stava dedicando tutta la propria curiosità, la propria premura, all'ascolto delle parole scandite dalla voce della stessa Midda Bontor, Figlia di Marr'Mahew, generando una situazione tanto improbabile quanto folle che, entro il termine di quella loro già insolita missione, condotta per stolido orgoglio non quale consueta squadra, quanto come due singoli avventurieri fra loro in competizione, avrebbe sicuramente richiesto un grado di ulteriore chiarimento, di comprensione, ma che, allora, nell'immediato e nella reciproca inconsapevolezza sul reciproco stato, non avrebbe potuto imporre su alcuno dei due quel naturale sentimento di scandalo che avrebbe dovuto essere loro proprio in un simile contesto.

« No… scusa… » aggrottò la fronte Be'Wahr, osservando stranito la propria interlocutrice alle sue parole, che non desiderava porre in discussione, di fronte alle quali non aveva né desiderava riservarsi alcuna ragione di dubbio, e che pur non avrebbero potuto evitare di sorprenderlo, di stupirlo nelle proprie evidenti implicazioni « … tua sorella gemella? » ripeté quanto da lei appena dichiarato, appena asserito, a cercare conferma di tale pur semplice concetto « Tu hai una sorella gemella?! »
« Sì… » annuì la donna guerriero, non riservandosi, ora, alcuna evidenza di serenità, di quiete, di fredda e distaccata indifferenza a simile realtà, e, anzi, mal celando un certo moto di rabbia a tale pensiero « Ho una sorella gemella. A me identica. E che, ora, ha deciso di sfruttare tale somiglianza per cercare di distruggere completamente la mia vita. »
« Lungi da me voler porre in dubbio quanto tu affermi… » premesse Howe, storcendo le labbra in un gesto atto a evidenziare sincera e intima confusione quello stesso concetto, che avrebbe potuto anche accettare, malgrado tutto, se fosse stato espresso da qualunque altra donna diversa da lei, ma che, altresì, assurdo e spaventoso sembrava divenire associato a lei, all'idea che, al mondo, non fosse presente una sola Midda Bontor, ma anche una sua esatta copia « … ma... come è possibile tutto questo? »
« Avanti. » sbuffò la mercenaria, scuotendo il capo ed esortandolo, psicologicamente, a non proporsi sì limitato nelle proprie vedute qual egli si stava dimostrando con una simile domanda « Non vorrai davvero costringermi a spiegarti come nascono i bambini, spero. » soggiunse, con una riconquistata nota d'ironia nella voce, a sdrammatizzare il momento, forse più per se stessa che per il proprio interlocutore.
« No… no… non voglio dire questo… » negò lo shar'tiagho, trascurando il sottinteso scherno nelle parole di lei e levando le proprie mani a richiedere un ulteriore istante per meglio esplicitare quanto pur, al di là di facili giuochi di parole, avrebbe dovuto essere ritenuto assolutamente chiaro « Quanto volevo dire è… »
« … ma come diamine è possibile che nessuno abbia mai saputo dell'esistenza di Nissa?! » formulò il biondo, grattandosi la base della nuca e rimpiangendo, in quel momento, l'assenza del proprio fratellone al suo fianco, il quale, era certo, avrebbe saputo affrontare con maggiore raziocinio la questione, senza perdersi nella medesima come, purtroppo, sembrava destinato a essere lui stesso, conscio dei propri limiti, del proprio consueto, non eccessivo livello di acume « Cioè… accidenti! Non si può dire che la tua vita non sia stata mai oggetto di chiacchiere o di pubblico interesse: qualcosa come una sorella gemella avrebbe dovuto essere oggetto di almeno uno, se non una dozzina, di canti attorno al tuo nome. »
« Non dovresti considerare qual verità tutto ciò che i bardi si impegnano a diffondere. » lo rimproverò, con dolcezza, la Figlia di Marr'Mahew, senza rifiutargli, in un tal contesto, un lieve, e forse dolce, sorriso, nel quale, con una certa attenzione, egli avrebbe potuto cogliere l'amaro retrogusto proprio della malinconia, nel mentre in cui conquistava occasione di sostegno, di estemporaneo riposo, adagiandosi sul bordo inferiore dello stesso varco attraverso il quale aveva pocanzi raggiunto l'interno di quella stanza « Le ballate, dopotutto, riescono a raccogliere più interesse in conseguenza di quei particolari abitualmente inventati, per quei dettagli esterni alla realtà dei fatti. E di questo dovresti anche tu averne coscienza, memore di quanto ci è accaduto durante la ricerca della corona della regina Anmel… »
« Sì, d'accordo. » commentò Howe, in effetti senza il benché minimo impegno a trasmettere un proprio sentimento di accettazione nel merito di quella tesi « Ma una sorella gemella non sarebbe di certo un particolare inutile da obliare. Al contrario… nel tuo caso potrebbe divenire ragione di ulteriore interesse attorno alla tua figura, non che ve ne sia bisogno, beninteso. »
« Beh… » ammise Midda, stringendosi appena fra le spalle, prima di lasciarsi lentamente ricadere all'indietro, ad appoggiare i propri sodi e tondi glutei alla balaustra della torretta, a cercare maggiore comodità in quell'obbligato e pur, lo comprendeva, necessario momento di chiacchiere e chiarimenti fra loro « Qualunque notizia, per potersi diffondere, ha necessità di una fonte… e sino a oggi le poche, pochissime persone informate sui fatti hanno mantenuto sempre il riserbo a tal riguardo, nella consapevolezza di quanto fosse mia volontà cercare di rescindere il legame di sangue esistente fra Nissa e me attraverso la dimenticanza, nonostante avrei dovuto essere consapevole di come, fra noi, i problemi non si fossero purtroppo realmente risolti, e che, in ciò, presto o tardi, ella sarebbe rientrata nella mia vita, in un modo o nell'altro. »
« E a nulla è valso l'essermi tanto impegnata nel cambiare vita e, persino, aspetto fisico, rispetto all'immagine originariamente condivisa con lei. » proseguì la donna dagli occhi color ghiaccio, nella propria esposizione verso il biondo, cercando di riassumere in termini semplici, e meno ambigui possibili, una storia lunga quanto la propria intera vita, e che, per tal ragione, non avrebbe mai potuto essere adeguatamente riportata né in pochi istanti, né in lunghe ore di conversazione « Né la cicatrice che ella stessa mi ha amorevolmente donato;… » spiegò, indicandosi il viso, sul quale come di consueto troneggiava il suo terribile sfregio « … né questo braccio, perduto, manco a dirlo, ancora per causa sua, seppur indirettamente;… » continuò, levando la propria mano destra, in nero e insensibile metallo « … e neppure l'aver continuato a tingermi i capelli di nero per oltre quindici anni;… » concluse, accarezzandosi con la mancina un ciuffo della propria disordinata chioma « … le hanno impedito di inseguirmi nelle vie di terra entro le quali mi aveva voluto esiliare, al solo scopo di riprendere il discorso rimasto incompiuto. »
« Ti aveva voluto esiliare? » ripeté, ancora con trasparente stupore Be'Wahr, avendo, sino a quel momento, ritenuto possibile che potesse esistere al mondo un essere mortale, uomo o donna, in grado di imporre la propria volontà, il proprio arbitrio, sulla mercenaria, da sempre per lui incarnazione di indipendenza e libertà nella loro concezione più pura « Questa… Nissa… è forse in grado di primeggiare con te?! » domandò, sinceramente preoccupato per l'eventuale risposta che avrebbe potuto ottenere in reazione a tale questione.
« Ella è stata in grado di prevalere su di me entro i limiti che io stessa le ho garantito. » negò, con fermezza, posando lo sguardo glaciale sullo shar'tiagho, non in sua avversione e, ciò nonostante, non mancando di scatenare, in lui, nell'intimo del suo animo, una reazione tanto intensa da indurgli uno spasmo, un brivido di freddo quasi come se una manciata di neve gli fosse stata lasciata scivolare dal collo lungo la schiena « E di questo non mi potrò mai perdonare, non nel ricordo di tutti coloro che sono morti per sua mano e, pur, per causa mia, colpevoli, unicamente, di essere a me vicini, a me in qualche modo legati. » dichiarò, impietosa con se stessa così come sarebbe stata nei confronti di una propria nemica, a confermare la veridicità di tale accusa volta nei propri medesimi riguardi.
« Nass'Hya è stata solo l'ultima. » deglutì, incedendo alfine in tono colmo di triste rammarico, chinando appena il capo come incapace a mantenerlo eretto in conseguenza di tutto il dolore così provato « L'ultima di una sin troppo lunga sequenza di innocenti stroncati per mano di quell'arpia… di quella pirata, perché tale ella è divenuta per dichiararmi guerra, per rovinare la mia vita dopo aver visto la propria rovinata per causa mia. » spiegò verso il proprio biondo interlocutore, in quel momento così concentrato sulle sue parole, sulle sue affermazioni che non avrebbe neppure potuto maturare coscienza della presenza di un serpente inerpicatosi lungo le sue gambe, malgrado la propria incontrollabile fobia « E non desidero che altri possano subire il suo, medesimo, terribile fato restando inerme, in disparte, mentr'ella si diverte a distruggere quanto ho impiegato anni per costruire, con fatica e costanza quotidiana. »

lunedì 27 giugno 2011

1258


U
na questione estremamente seria, tutt'altro che retorica, quella che Midda volle far propria in tal momento, e che, in ciò, si impegnò a costringere il proprio interlocutore a un'attenta e altrettanto severa analisi degli eventi occorsi, così come egli non si era mai concesso altrimenti occasione di compiere, prima di poter fornire una qualunque risposta. E, in effetti, particolare ben lontano dal poter essere giudicato banale, per quanto sino ad allora rimasto in sordina, trascurato dai più, avrebbe dovuto essere considerato quello riguardante il proclamato fallimento della più temibile donna guerriero di tutto quell'angolo di mondo in confronto a un semplice obiettivo umano, addirittura a lei offerto qual indifeso in conseguenza dell'effetto sorpresa che ella, attaccandolo, doveva pur aver reso qual proprio.
Quante possibilità avrebbero potuto permettere a una combattente del suo calibro, che della lotta e della battaglia aveva fatto la propria vita al punto tale da essere conosciuta con un nominativo in diretto riferimento a una dea della guerra come Marr'Mahew, e che aveva affrontato e vinto mostri di ogni natura, forma e dimensione, spesso e volentieri persino ritenuti immortali e invincibili? Se tanta fredda e impietosa determinazione aveva condotto la sua mano a levare il colpo mortale volto a discapito della giovane e inerme lady Nass'Hya, per quale ragione ella avrebbe dovuto successivamente retrocedere innanzi al di questa sposo e primario obiettivo, anche nell'ipotesi di aver, ormai, perduto quel pur indubbio vantaggio conseguente all'impossibilità di prevedere una tale aggressione da parte sua? Colei che aveva affrontato e vinto interi eserciti, sospingendosi alla pugna anche completamente nuda, quasi a dimostrazione di come fosse stata plasmata dagli dei a quel solo scopo, avrebbe potuto davvero ritrarsi e fuggire tanto vigliaccamente dalla torre del proprio ex-mecenate senza neppure aver compiuto il proprio operato?
E, ancora, la donna che in quello stesso istante gli stava rivolgendo quel fermo, glaciale sguardo, nel porgli un tale interrogativo, avrebbe potuto realmente fallire in un qualunque intento si fosse mai prefissa, in contrasto a uomini mortali così come a divinità immortali?

« No. » rispose, con un filo di voce, esprimendosi, così come richiestogli, con assoluta sincerità, qual rare volte, forse, era mai giunto a concedersi nella propria intera vita « No. » ripeté, con maggiore impegno, a permetterle di udirlo, di cogliere la sua risposta senza essere costretta a cercare di intuirla nel movimento delle sue labbra « Io credo, anzi, che se solo tu lo desiderassi, non so come, saresti in grado persino di uccidere me in questo stesso istante, malgrado la distanza che ci separa. » ammise, non per timore, non per modestia o mancanza di fiducia in sé, quanto per mera accettazione dell'ovvio, dell'evidenza, dell'innegabile e ineluttabile realtà, con lo stesso animo con cui sarebbe stato pronto a descrivere il cielo sopra le loro teste come azzurro e il sole come giallo e caldo.
« Ottimo. Ancora ottimo. » annuì la mercenaria, trasformando, subito dopo, quel cenno affermativo in un movimento volto a sciogliere la muscolatura indolenzita del collo, sollevando la mancina, la sola mano di carne rimastale, a massaggiarlo con gesti lenti e misurati « Assoldato questo particolare, spero che tu non abbia nulla in contrario all'idea di gettarmi una corda, allo scopo di permettermi di raggiungerti rapidamente senza dover ripetere lo stesso lento e lungo percorso da te compiuto per arrivare lì sopra… » suggerì, o forse domandò, palesando la già sottintesa volontà di porsi a confronto diretto con lui, non desiderando accontentarsi di quel semplice dialogo a distanza « Non mi va da starti a raccontare la storia della mia vita restando quaggiù, quasi fossi uno sciocco spasimante sotto il balcone della mia amata. Anche perché difficile sarebbe comprendere quanto avrebbe da essere giudicato più offensivo: se ritenere te una donna amata, o la sottoscritta quale uno sciocco spasimante. »

Ancora tutt'altro che prossimo a una qualunque possibilità di rilassamento psicologico o fisico nel confronto con l'immagine di colei che pur, sino a quel momento, era stata sempre una sua alleata e mai una sua antagonista, una sua avversaria, e ancora sufficientemente sospettoso nei suoi riguardi, e al pensiero di un possibile tradimento da parte sua, Howe si ritrovò comunque costretto, dall'evidenza dei fatti così come già da lui stesso espressa e da lei ribadita e sottolineata, non semplicemente a valutare di ottemperare a quanto da lei domandato, ma, seppur privo di particolare entusiasmo, a operare allo scopo di porre in essere il tutto, estraendo una corda dalla sacca che aveva dovuto condurre seco in assenza dell'impegno di Be'Wahr nel consueto ruolo di portantino, legandone saldamente un'estremità a un appiglio giudicato sufficientemente solido, prima di gettarne l'altra alla propria interlocutrice. Un'azione, quella da lui compiuta, che non richiese un tempo particolarmente eccessivo e che pur, come non poté ovviare a denotare, parve coprire un intervallo superiore, se non addirittura duplice, di quello successivamente necessario alla Figlia di Marr'Mahew per risalire lungo la medesima, muovendosi con gesti tanto agili, rapidi e sicuri da offrire l'impressione di star banalmente camminando in verticale lungo quell'irregolare parete, ancor prima di star impegnandosi in un qualunque sforzo di sorta. E nel mentre in cui ella ascese alla sua posizione, all'uomo non poté essere riservata altra attività, altro impegno, esterno a quello di cogliere una serie di dettagli, più o meno rilevanti, mutati nel suo aspetto, nel quando da lei offerto rispetto all'ultima loro occasione d'incontro.
Quanto allora lo shar'tiagho ebbe occasione di rilevare, fu innanzitutto come i suoi abiti fossero nuovamente mutati, a dispetto della sua nota e chiacchierata abitudine volta a conservare i propri vestiti sino al loro assoluto e naturale esaurimento, sino alla loro più completa distruzione, del tutto disinteressata a questioni di ordine estetico ancor prima che pratico, e, ancora e inoltre, a dispetto del fatto che, in tempi sufficientemente recenti, ella avesse già compiuto un cambio a tal riguardo, abbandonando gli ormai inservibili stracci con i quali l'aveva incontrata la prima volta in favore di un completo color verde, purtroppo non particolarmente indicato per porre in risalto l'evidenza della sua pur indubbia femminilità. In quella nuova occasione d'incontro, tuttavia e fortunatamente, ella era ritornata a sfoggiare un'apparenza più prossima a quella originale, e tale da non nascondere l'abbondanza dei propri seni sotto casacche troppo coprenti, ma semplicemente sotto il ristretto margine di una corta pelliccia color giallo dorata, attraverso l'ampia scollatura della quale poter sperare di cogliere molto più di quanto precedentemente sarebbe stato permesso di apprezzare. Anche i suoi pantaloni erano mutati, lasciando perdere la stoffa che pur li aveva abitualmente caratterizzati in favore di una morbida pelle color marrone chiaro, tranquillamente adagiata sulle sue forme senza esplicita o evidente malizia e pur capace, malgrado tutto, di fasciarle in maniera tale da offrire ben poco all'immaginazione dell'ancor soda consistenza dei suoi glutei, così come della tonicità delle sue cosce. Forse più importante rispetto al cambio d'abbigliamento, tuttavia, avrebbe dovuto essere giudicato, e in effetti non mancò di esserlo soprattutto da parte sua, l'aggiunta di un ninnolo in passato non presente a completamento della sua immagine, un bracciale dorato, posto a circondare il suo braccio destro poco sotto la spalla, caratterizzato dalla forma di un serpente, secondo una chiara e indubbia lavorazione shar'tiagha, lo stesso artigianato che aveva forgiato anche i suoi ornamenti egualmente d'oro, retaggio della propria famiglia e di una pur mai pienamente compresa formazione alla cultura e alle tradizioni del proprio popolo.

« Grazie… » commentò Midda, con tono sincero nel voler pur non negargli gratitudine per quel gesto, per quella collaborazione a lei così riconosciutale, anche ove, a ben vedere, non vi sarebbero potute essere ragioni utili a giudicare obbligatoria tale decisione « Cercherò di ricambiare la cortesia, appena ne avrò l'occasione! » promise, raggiungendo nel contempo di tali parole la balaustra da lui già resa propria e, senza ulteriore esitazione, lì proiettandosi oltre, a conquistare a sua volta quel traguardo e, con esso, un confronto più diretto con il proprio alleato, o, per lo meno, tale in passato.
« Un ricordino dal tuo viaggio a nord? » domandò l'uomo, cercando di non dimostrare alcun turbamento intimo nel rapporto con lei, indicando il monile così non discretamente indossato, offrendo in tal direzione più curiosità che eventuale, e improprio, rimprovero, assurdo dopotutto soprattutto da parte sua.
« Una specie. » replicò ella, stringendosi appena fra le spalle, nel chinare, istintivamente, lo sguardo in tal direzione « Fa parte di un'altra lunga storia… ma che nulla c'entra con le chiacchiere a cui stavamo prima offrendo riferimento, ragione per le quali, in effetti, sono venuta a ricercare il supporto tuo e di tuo fratello. » spiegò, attraendo, in tal senso, il suo interesse in misura nettamente superiore a quella che mai avrebbe potuto essere propria, per lui, verso quel bracciale « Una questione, non voglio girarci troppo attorno, che riguarda nella fattispecie la sola, vera protagonista dei fatti occorsi a Kriarya, e dei quali hai colto l'eco: mia sorella Nissa Bontor. Sorella gemella. »

domenica 26 giugno 2011

1257


I
n effetti, a una delle presunte, tragiche cadute della Figlia di Marr'Mahew, annunci delle quali impossibile sarebbe stato ottenere un elenco dettagliato, anche lo stesso Howe era stato diretto spettatore in occasione del loro stesso primo incontro. Malgrado ciò, e, anzi, proprio in conseguenza di una tale partecipazione diretta, allo stesso shar'tiagho, già sospettoso e reticente alla collaborazione con chi, necessariamente, giudicata in odore di stregoneria, fosse anche solo per il suo braccio destro artificiale, non erano state concesse ragioni utili a dissipare qualunque sospetto nei suoi riguardi, dubbi che, puntualmente, avevano altresì avuto motivo di accrescere, di rafforzarsi in concomitanza agli eventi caratteristici della bizzarra conclusione della loro seconda avventura congiunta e che, ancora, non gli avevano permesso di proporsi tanto incredulo, qual invece era comunque stato Be'Wahr, all'annuncio di una sua responsabilità nel merito di una negromantica invasione della città del peccato.
In conseguenza di un tale stato d'animo, di una simile, viziata e pregiudizievole predisposizione d'animo da parte dell'uomo, giusta o sbagliata che la medesima avrebbe potuto essere ritenuta, le parole della donna non si dimostrarono così utili a distendere il clima fra loro così come ella aveva evidentemente desiderato ottenere, quanto, piuttosto e peggio, ad aggravare il tutto, invitando, addirittura, il mercenario a ritrarsi appena dalla balaustra appoggiandosi alla quale si era allora sporto a individuare la propria interlocutrice, nell'inconscia volontà di oscurarla al proprio sguardo e, parimenti, di oscurarsi a quello di lei.

« Howe! » lo rimproverò la Figlia di Marr'Mahew, nel cogliere tale reazione e nello scandire il suo nome con impeto tale da costringerlo, necessariamente, ad arrestarsi e a ritornare in avanti, per poterle rivolgere ancora attenzione, quasi un soldato innanzi al richiamo del suo generale, un cavaliere innanzi alla volontà della propria regina « Dannazione… dopo tutta la fatica che mi hai costretto a compiere per riuscire a raggiungerti, credo di meritare un istante del tuo prezioso tempo! » sentenziò ella, seria nel proprio tono e, ciò nonostante, non negandosi una lieve nota di giuoco, qual pur sempre era solita rendere qual propria, tanto con gli amici, quanto con i nemici « Non ho attraversato mezza Kofreya e scalato questa dannata montagna per vederti volgermi le spalle quasi fossi una ex-moglie ripudiata. »
« S-scusa… » balbettò quasi involontariamente, replicando quasi afono e, subito, costringendosi a un lieve colpo di tosse per schiarirsi la voce e recuperare sonorità « Scusami. » ripeté, con maggiore convinzione e coscienza rispetto al primo tentativo « E' che non mi aspettavo di incontrarti. Non da queste parti per lo meno… »

Se, infatti, il loro mondo non avrebbe potuto essere considerato sì piccolo da rendere del tutto impossibile l'eventualità di un incontro casuale, parimenti non avrebbe potuto essere considerato sì grande da rendere del tutto impossibile l'eventualità di un incontro programmato, soprattutto avendo l'una informazioni sufficienti, abilità adeguata e determinazione utile, a seguire il percorso compiuto da altri prima di lei, quale pur, volendo, Midda sicuramente avrebbe potuto riprovare di possedere.
La questione principale, in ciò, non avrebbe dovuto permeare attorno al se o al come ella fosse riuscita a raggiungerlo, a concedersi quella possibilità d'incontro, quanto, piuttosto, al perché mai avrebbe dovuto avere utilità a desiderarlo. O, in altri termini, alle ragioni per le quali ella avrebbe dovuto preoccuparsi di impegnare il proprio tempo e la propria fatica, così come appena asserito, per inseguirlo nel viaggio verso quella meta, un traguardo, oggettivamente, ritenibile al di fuori degli interessi di una celebrità qual ella, nel confronto con canoni di missione decisamente più elevati rispetto a quanto lì sarebbe potuto esserle riservato. A meno che…

« … non ti sarai messa d'accordo con Be'Wahr, vero?! » esclamò l'uomo, colto da un improvviso dubbio, probabilmente non sì intelligente o maturo qual avrebbe abitualmente reso proprio, ma, forse, semplice conseguenza delle emozioni derivanti dal confronto con lei mischiate a quelle per lui già proprie della spiacevole, e pur concordata, estemporanea separazione dal proprio biondo fratello « Non riesco a credere che sia arrivato a invocare il tuo aiuto per impedirmi di vincere nella nostra sfida! »
« Fai bene a non crederci, dal momento in cui non è così. » replicò la donna guerriero, aggrottando la fronte e inarcando il sopracciglio destro, nell'esprimere, in tal senso, un rimprovero più esplicito di quello che avrebbe potuto essere scandito da numerose altre parole « Non vedo il tuo socio dall'ultimo viaggetto compiuto insieme a entrambi sino alla Terra di Nessuno. E, giusto per ovviare a fraintendimenti di sorta, quando un simpatico oste ha avuto modo di accennarmi a una sorta di litigio avvenuto fra voi prima di porvi in viaggio diretti a questa meta, sono stata io a non riuscire ad accettare l'evidenza di quanto siate potuti essere stupidamente orgogliosi, al punto tale da entrare in competizione l'uno con l'altro. » sottolineò, non celando, in tal senso, una propria pur superficiale conoscenza di quanto avvenuto fra i due fratelli.
« Ha parlato la regina della perfezione. » sbottò, in parte indispettito, in parte ferito, dal giudizio della propria interlocutrice nel merito della decisione sua e di Be'Wahr di separarsi, più in conseguenza della certezza di quanto quelle parole fossero effettivamente ragionevoli e corrette, che erronee o gratuite, per quanto, ovviamente, mai avrebbe accettato di dichiarare apertamente di aver commesso uno sbaglio, di essere rimasto vittima del proprio orgoglio « Guarda che, se proprio vogliamo parlare di pettegolezzi, non è che su di te ne manchino… »
« Oh… » sorrise ella, più divertita che altro dalle parole dell'uomo, sciogliendo le braccia prima conserte e, ora, assumendo una posizione più aperta e rilassata, nel condurre le mani ad appoggiarsi ai fianchi e nel ciondolare con l'intero busto un po' a destra e un po' a sinistra, evidentemente nella necessità di sciogliere la muscolatura tutt'altro che indotta al riposo nel mantenere il capo così gettato all'indietro, per condurre tale dialogo con lui « E cosa avresti sentito dire ultimamente? » lo invitò a parlare, con tono di sfida, salvo, immediatamente, offrire ella stessa una risposta, a imporre alla questione un valore chiaramente retorico qual pur non sarebbe stato immediato attribuirle « Forse che a seguito del mio viaggetto a Shar'Tiagh, sarei tornata a Kriarya con l'intento di accoppare uno fra i pochi uomini al mondo che reputo degni di un certo rispetto, fallendo nel mio obiettivo e uccidendo, in sua vece, la sua sposa? Ossia, guarda caso, la stessa donna per rapire la quale da Y'Shalf ho speso mesi interi della mia vita in un'orrida missione sotto copertura, e non in senso metaforico, dal momento in cui mi sono dovuta soffocare sotto le pieghe di un osceno burqa per tutto il tempo… »
« Ehm… » deglutì Howe, improvvisamente non riuscendo più a ritenersi sì convinto della veridicità di quelle voci, nel rapporto diretto con la presunta protagonista delle medesime e la sua riproposizione, non priva di sarcasmo, di simili fatti, attorno ai quali, dopotutto, non aveva mai ricercato riscontro diretto, non avendo alcun interesse personale in tal senso « Sì… e anche che… »
« Ah… vero! » lo interruppe la donna guerriero, annuendo al suo tentativo di rilancio e cogliendo l'occasione per proseguire, nuovamente, in maniera autonoma « … hai sicuramente sentito anche riferire di una terribile negromanzia da me invocata, successivamente a tutto ciò, in contrasto all'intera città, tale da riversare sulla medesima un'oscena armata di non morti, spettri e quant'altro. Il tutto, indubbiamente, per mera noia, non sapendo in che altro modo sfogare le mie frustrazioni da vecchia zitella dopo l'abbandono di Be'Sihl. » elencò, con tono ancora caratterizzato da esplicita volontà di beffa nei suoi riguardi, non tanto per cattiveria verso il proprio interlocutore, quanto, piuttosto, a enfatizzare quanto assurde e prive del benché minimo senso avrebbero dovuto essere giudicate quelle voci, quelle dicerie attorno al suo nome.
« Sì… in effetti è questo che circola ultimamente… » confermò, nuovamente, l'uomo, sentendosi non poco in imbarazzo per quanto, in tal modo, apparentemente assurdo, screditato nella propria indiscussa assolutezza non in grazia di particolari arringhe, quanto, banalmente, nell'ancor mera esposizione dei fatti « Se pur con sfumature meno allegre rispetto a quelle da te adottate… » soggiunse, in un tentativo di distensione psicologica, tuttavia estremamente incerto.
« Ottimo. » sorrise ella, annuendo a quella conferma da parte sua « Ora, te ne prego. Prova a rispondermi con tutta la franchezza di cui ti senti capace: credi veramente che se io avessi voluto uccidere lord Brote, avrei potuto fallire nel mio intento, andando a colpire, in sua vece e ancor peggio, la mia amica Nass'Hya?! »

sabato 25 giugno 2011

1256


« … c
osì come, al contrario, sarò costretto a fare io. » completò in maniera esplicita quel pensiero, quella riflessione pur incominciata nella riservatezza, nell'intimità della propria coscienza, in conseguenza della mera e trasparente inutilità del ricorso alla comunicazione verbale in assenza di un concreto interlocutore a cui offrire riferimento.

Riservandosi un quieto e pur sincero insulto per quanto sciocco si stava insistentemente dimostrando essere nel parlare da solo, lo shar'tiagho, obbligato dalla medesima consapevolezza appena espressa, decise di porre da parte ogni ulteriore occasione di remora, di dubbio attorno alla valutazione su quale via preferire per la conquista di quel santuario e di impegnarsi nel percorrerne almeno una, prima di sprecare un solo, altro singolo istante della propria esistenza in quella sosta divenuta priva di senso alcuno, neppur utile, in verità, a riservargli requie ove non ricercata qual tale e, per questa, privatasi, per lui, persino del banale atto di accomodarsi a terra, a riposare il proprio corpo. Se solo, infatti, la giornata, giunto a quel punto, fosse volta verso la propria naturale conclusione, egli non avrebbe avuto incertezza alcuna nel merito di lì accamparsi, per rimandare al mattino seguente qualsiasi ulteriore impegno, qualunque altra fatica: non essendo, altresì, neppure in prossimità del meriggio, e dovendosi egli stesso ritenere, oggettivamente, non sì privo d'energie quanto pur, in presenza di qualche compagno di viaggio, non avrebbe esitato a dichiararsi giusto per il piacere di esprimere lamento, il gusto della polemica fine a se stessa, non solamente assurdo, ma addirittura controproducente sarebbe stato supporre di prepararsi per la notte con sì largo anticipo, ove, se non la curiosità, di certo la noia, alfine avrebbero prevalso su di lui, invitandolo forse dopo un paio di ore, forse ormai in prossimità del tramonto, ad affrontare quel tempio e la sfida da esso rappresentata.
In virtù di tutto ciò, e della purtroppo perfetta consapevolezza propria di quella situazione, e del suo rapporto con la medesima, egli si approssimò, pertanto, con incedere sufficientemente sereno, e persino ardimentoso, alla torretta designata quale proprio prossimo traguardo, imminente obiettivo di conquista, concentrando, ora con serietà e professionalità, tutta la propria attenzione nel scegliere il tragitto più opportuno lungo il quale conquistare quella piccola vetta. Una scalata sicuramente non sì impervia o pericolosa quale altre già affrontate negli ultimi giorni, ma nel confronto con la quale non avrebbe voluto riservarsi alcuna ingenuità, ben sapendo come, in un mestiere qual il suo, difficilmente un'eventuale leggerezza non sarebbe stata priva di conseguenze e, ancor più, non dimenticandosi di come, lì, con lui, non sarebbe stato purtroppo presente il suo consueto sodale, a sostenerlo e sorreggerlo, o a soccorrerlo, ove ve ne fosse stata la sciagurata necessità.
Con energia, con vigore, pertanto, ma, al tempo stesso, con fermo e costante controllo non solo del suo corpo, ma di ogni minima reazione dell'ambiente sul quale egli stava lì cercando occasione di ascesa, il mercenario mosse mani e piedi, egualmente nudi, egualmente attenti a riservargli e garantirgli costantemente massima presa sulla parete, né facendo proprio eccessivo entusiasmo, né, al contrario, abbandonandosi a particolare indolenza, percorrendo quanto a lui in tutto ciò richiesto nei tempi più opportuni, e con altrettanto opportuni, e ponderati, sforzi e rischi. E solo quando i suoi piedi ebbero superato la balaustra superiore di quella torretta, non un istante prima, non un attimo dopo, egli si permise occasione di estemporaneo rilassamento, fugace svago psicologico, oltre che fisico, utile a concedersi di riprendersi dall'ennesimo impegno appena compiuto e superato, prima di obbligarsi al recupero di nuova attenzione, nuova concentrazione, nei confronti del mondo intero e dei pericoli che, da quel momento in avanti, sarebbero potuti manifestarsi in sua avversione non per cause attribuibili alla natura o agli dei, quanto, piuttosto, per quanto necessariamente predisposto, all'interno di quel tempio, a protezione del medesimo oltre cinque secoli prima.
Fu proprio in quell'intervallo di distensione fra l'impegno passato e quello futuro, fra lo sforzo precedente e quello imminente, che un allegro fischiettare, del tutto similare a quello di un giovane volatile, attrasse il suo interesse. Una simpatica melodia, un vivace motivetto, al quale sino a quel momento non aveva prestato alcuna possibilità di attenzione, non aveva evidentemente ascoltato, per quanto, forse, persino già sentito, ma che, allora, non mancò di incuriosirlo nel comprendere a quale creatura potesse far riferimento, soprattutto in tale prossimità alla vetta di quella montagna, in un ambiente tutt'altro che favorevole alla fauna e alla flora quale, altresì, avrebbe potuto essere a qualche dozzina di miglia più in basso.
E se, fra tutte le potenziali immagini associabili a quel suono, egli avrebbe potuto presumere tanto qualunque specie di innocui pennuti, così come, non senza un concreto sforzo di fantasia, anche di terribili mostri, innanzi ai quali avrebbe dovuto temere per la propria sopravvivenza ancor prima di provare sì infantile curiosità, quanto i suoi occhi si ritrovarono a fissare avrebbe dovuto essere sinceramente riconosciuta qual l'ultima fra tutte le eventualità ipotizzabili e, invero, neppure ipotizzata…

« … Midda! Midda Bontor! » esclamò, letteralmente sobbalzando per la sorpresa propria di quell'inattesa e inattendibile comparsa, nell'osservare la propria ex-alleata e compagna d'armi ai piedi della torretta da lui appena conquistata, lì in chiara e serena attesa di un qualunque accenno di attenzione da parte sua, fischiettando con aria sorniona e divertita, mantenendo le braccia conserte, incrociate sotto ai suoi sempre meravigliosamente prorompenti seni.

Erano trascorsi diversi mesi, più di un anno a conti fatti, dall'ultima volta in cui il cammino suo, di suo fratello Be'Wahr e di Midda Bontor, Figlia di Marr'Mahew, una fra le mercenarie più famose, temute e invidiate di quell'angolo di mondo, avevano avuto occasione di incrociarsi in concomitanza a una bizzarra missione affidata loro da un vecchio pazzo, impresa terminata, obiettivamente, senza una loro vittoria se pur, fortunatamente, senza neppure quel sapore di sconfitta che sarebbe stato altresì incontestabilmente definito dalla loro eventuale uccisione. Da quegli eventi, la cui conclusione, pertanto, avrebbe dovuto essere purtroppo valutata meno gloriosa della loro unica altra, e precedente, avventura insieme, né lui, né ovviamente Howe, avevano avuto ulteriore contatto con lei, in parte perché, comunque, sospinti dalla loro comune professione in direzioni diverse da quelle altresì rese quali proprie dalla donna guerriero, non avendo tutti insieme da essere considerati quali una squadra conclamata, né ufficializzata qual tale a eccezione di quelle loro due estemporanee collaborazioni; in parte perché, così come egli aveva avuto notizia tempo prima, ogni ipotetica, e pur non ovvia, nuova possibilità di collaborazione fra loro sarebbe comunque risultata impossibile per semplice questione logistica, dal momento in cui, alla fine della stagione estiva dell'anno precedente, ella aveva preso la decisione di impegnarsi in un lungo viaggio verso nord, fino al lontano regno di Shar'Tiagh, ai confini dei territori dei deserti centrali.
Un viaggio, quello così compiuto dalla mercenaria dagli occhi di ghiaccio, che, sempre nell'incontrollato vociare comune tanto al basso volgo più miserabile quanto all'aristocrazia più nobile e ricca, aveva trovato conclusione agli inizi di quell'ultima estate, con il suo ritorno a Kriarya, città del peccato di Kofreya, e, lì, il suo coinvolgimento in spiacevoli accadimenti. Fatti nel merito dei quali Howe era consapevole che il suo biondo compagno d'armi aveva maturato un giudizio differente dal suo, ma nel confronto con la memoria dei quali egli non avrebbe potuto ovviare a provare un personale, e sincero, brivido lungo l'intera colonna vertebrale nel ritrovarsi tanto prossimo alla protagonista degli stessi.

« Per Thyres, Howe… calmati! » commentò ella, prendendo voce e parlando con tono sostenuto al solo scopo di farsi udire in maniera chiara malgrado la distanza esistente fra loro, il dislivello verticale imposto da quella torretta « Sembra quasi che tu abbia visto un fantasma. » osservò, evidentemente cogliendo senza particolare sforzo empatico le emozioni da lui allora vissute, il turbamento incontrollato del quale egli si era ritrovato a essere vittima nel rincontrarla « E, a tal riguardo, spero bene che, ove anche avessi avuto occasione di sentire l'ennesima notizia riguardante una mia prematura dipartita, tu non abbia prestato alcuna attenzione alla medesima. » sorrise, ancora immobile e ancora mantenendo le braccia incrociate al petto, nel desiderio di non suggerire alcuna impressione aggressiva nei suoi riguardi « Dopotutto non sarebbe di certo la prima volta che mi danno per morta… o no? »

venerdì 24 giugno 2011

1255


I
n tal modo rinfrancato, al termine di quell'estemporanea e breve riunione con se stesso utile a ricondurre la propria attuale situazione alla giusta misura, Howe non poté ovviare alla chiara necessità di individuare, lì giunto, una qualsivoglia via utile per accedere all'interno del santuario. Una valutazione, quella richiestagli dall'interno contesto nel quale volontariamente si era sospinto, che avrebbe necessariamente dovuto tenere conto di due fondamentali requisiti, due dettagli tutt'altro che trascurabili nel proprio intrinseco valore e in rapporto con ogni suo possibile ed eventuale desiderio di sopravvivenza, innanzitutto, e di successo, in secondo luogo.
Il primo requisito, alla luce di ciò, sarebbe dovuto quindi essere riconosciuto nella razionale selezione di una via d'accesso priva di concrete occasioni di rischio per la sua incolumità, ove a ben poco sarebbe valso il raggiungimento di qualunque traguardo all'interno del tempio nel caso in cui, nel contempo, fosse morto o, comunque, fosse rimasto gravemente leso. Da escludere, quindi, la scelta dell'ingresso attraverso qualunque eventuale passaggio concepito qual tale, al quale sarebbe solamente mancata l'indicazione di una grossa freccia a suggerirne l'utilizzo e, con esso, a condurre qualunque sprovveduto incontro a un qualche trabocchetto lì celato, predisposto cinque secoli prima e, probabilmente, ancora in funzione dopo tanto tempo: non che, in tal categorizzazione, sarebbero allora potuti essere riconosciuti molti passaggi, là dove, se pur sicuramente ai piedi della facciata principale del complesso di culto probabilmente erano presenti grandi ingressi per accogliere i fedeli sin lì arrampicatisi, dalla via alternativa, e meno naturale, dalla quale egli era sin lì sopraggiunto solo una coppia di portoni, semiricoperti dalla polvere e dalla terra lì accumulatasi nel corso del tempo, si offrivano allo sguardo. E, parimenti, da ignorare anche la più originale, e sicuramente trascurata sotto il profilo della sicurezza, via offerta dai numerosi comignoli identificabili nella contorta struttura di quell'originale architettura, alcuni indubbiamente sufficientemente ampi da permettere una quieta ridiscesa al loro interno: prendere al vaglio una tale soluzione, pur indubbiamente priva di trappole di sorta, avrebbe comportato troppi rischi di più ampia natura, dall'eventualità di scivolare senza controllo al loro interno, ammazzandosi in maniera estremamente stolida, sino alla possibilità di restare lì incastrati, condannandosi a un destino non migliore.
Il secondo requisito, attraverso il quale lo shar'tiagho volle prendere in esame le pur non troppe possibilità lì offertegli dal fato, e dai progettisti originali di quella costruzione, per violarne il perimetro, sarebbe poi dovuta essere necessariamente giudicata una preferenza in favore della via, del passaggio che, fra tutti, avrebbe potuto consentirgli un accesso più diretto agli ambienti principali del tempio, al suo cuore più segreto e protetto là dove, speranzosamente, lo stava attendendo la reliquia attualmente contesa fra lui e suo fratello Be'Wahr. Per tale ragione, ancora, egli preferì escludere una serie di ipotetiche finestre che individuò in direzione della facciata principale, attraverso le quali probabilmente avrebbe anche conquistato un accesso, ma in conseguenza al quale chissà in quale assurdo dedalo di corridoi, stanze o, persino, passaggi segreti, avrebbe rischiato di ritrovarsi: per quanto probabilmente particolarmente più sicuri rispetto a eventuali canne fumare, quei varchi, temeva, avrebbero potuto spingerlo a perdere completamente il senso dell'orientamento una volta sospintosi al loro interno, ragione per la quale avrebbe potuto, e dovuto, favorire altre vie, altro genere di percorsi per ottenere quanto desiderato.
Purtroppo, così come troppo spesso si era già ritrovato in passato a rilevare, escludendo l'una, l'altra e l'altra soluzione ancora, nella fattispecie gli ingressi canonici, i comignoli e, ancora, le finestre, ben poche possibilità gli sarebbero potute essere ancora concesse. Anzi… probabilmente nessuna. Nessuna che, per lo meno, egli fosse allora in grado di distinguere innanzi a sé.

« Dannazione. » commentò, storcendo le labbra verso il basso e, al contempo, levando lo sguardo verso il cielo, quasi a invocare, in ciò, l'eventualità di un intervento divino a riportare la luce nelle tenebre allora impostesi sui suoi pensieri, nell'assenza di una via realmente in grado di soddisfarlo « Odio quando accade… »

Uno sfogo più rivolto verso se stesso che a discapito di un qualunque dio o dea, quello dello shar'tiagho, consapevole di come, invero, solo egli e alcun altro avrebbe dovuto essere giudicato responsabile per simile situazione, nel porsi chiaramente troppo pretenzioso in quello da lui desiderato qual legittimo fattore di prudenza nell'affrontare l'ignoto innanzi a se, il quale, tuttavia, in quella situazione specifica, si impose qual fortuitamente utile a porre innanzi alla sua attenzione, al suo sguardo, una realtà, pocanzi, non solamente non presa in esame, ma neppure, effettivamente, colta nella propria presenza, per quanto sì imperante nelle proprie proporzioni da risultar improbabile da ignorare. E così, solo in conseguenza tale gesto di insoddisfazione, egli si accorse di come, fra le numerose protuberanze emergenti dalla superficie superiore del tempio, ove era sopraggiunto, e rivolte al cielo non diversamente da rami di un albero, una in particolare, il posizione sufficientemente centrale, faceva allora sfoggio di una presenza particolarmente più significativa di qualunque altra, lasciandosi identificare, in effetti, più quale una vera e propria torretta che un semplice elemento decorativo proprio di quella pur caotica, asimmetrica e totalmente irregolare edificazione.

« Sia lode a Lohr. » sussurrò, in un misto di stupore e imbarazzo, inevitabile nella consapevolezza di quanto un dettaglio sì colossale avrebbe potuto essere da lui trascurato in assenza dello sbotto appena concessosi, in una reazione non propriamente professionale « Ti ringrazio, mio caro e affezionato dio, per avermi negato la compagnia di Be'Wahr in questa particolare occasione. » constatò, ancora sottovoce, osservando istintivamente e fugacemente l'ambiente a sé circostante, quasi ad assicurarsi che, effettivamente, non vi fosse alcuno nelle vicinanze, testimone di quanto appena occorso « In caso contrario sarebbe stato complicato inventarmi una scusa utile a giustificare una tale… svista. » sorrise, concludendo quella breve orazione di sincera gratitudine alla propria divinità prediletta e ritornando, dopo di ciò, a posare lo sguardo su quanto, allora, già chiaramente proclamata quale sua via prescelta, ormai necessariamente prediletta dopo una simile, magra figura, al di là di qualunque ulteriore e ipotetica analisi nel merito di quanto effettivamente essa avrebbe dovuto essere ritenuta migliore o no rispetto alle alternative tanto rapidamente scartate.

Nella ricerca di un'armonia estetica con il resto del complesso, di una coerenza con quel particolare stile che pur, a uno sguardo estraneo dai canoni classici di Tranith, sarebbe apparso totalmente privo di qualunque ipotesi di effettiva costanza, anche quella torretta, o presunta tale, non si mostrava in nulla e per nulla caratterizzata da un profilo regolare o, banalmente, geometrico, quanto, piuttosto, a sua volta prossima a una semplice, e contorta, nodosità sviluppatasi in maniera del tutto naturale, spontanea, dal resto del complesso, quasi un'arborescenza lì comandata, nella propria maturazione e crescita, dagli dei, ancor prima di una costruzione umana, progettata e realizzata secondo i voleri di una mente razionale e, altrove, in altre culture, in altre nazioni, capace di impegnarsi in forme completamente estranee a tutto ciò.
In conseguenza di una tanto confusa immagine, di simile presentazione visiva, difficile sarebbe stato, per chiunque, riuscire a ipotizzare una qualunque destinazione pratica per tale erezione. Malgrado ciò, quanto assunse altresì chiara importanza all'attenzione di Howe nel confronto con la medesima, fu come tutto quello non avrebbe dovuto essere frettolosamente e ingenuamente considerato qual frutto di banale follia architetturale, quale pur aveva appreso raramente essere un qualunque dettaglio estetico dei pur complicati edifici tranithi, quanto, piuttosto, riconosciuto qual parte integrante all'interno di un concreto, se pur non trasparente, progetto d'insieme, probabilmente allora legato a qualche specifico rituale proprio del culto di Thatres. E ancora, innanzi all'indubbia vigoria propria di quella torretta, quanto il mercenario non si riservò esitazione alcuna nel ritenere, fu come essa, al proprio interno, dovesse celare una scalinata a chiocciola, o altro genere di comoda e protetta opportunità di ascesa e ridiscesa lungo tutta la sua estensione verticale, utile a collegarne l'estremità superiore agli spazi interni al santuario, e tale da permettere, ai sacerdoti della divinità, di muoversi senza fatica dagli ambienti per loro più consueti sino a quel sito sopraelevato, senza, evidentemente, doversi impropriamente impegnare in una qualche sconsiderata arrampicata lungo l'altresì impervia superficie esteriore della medesima…

giovedì 23 giugno 2011

1254


I
n grazia a una sì lunga sequenza di insulti e blasfemie tali da dimostrare quanto solo e semplice pregiudizio avrebbe potuto considerare la categoria dei marinai capace di una simile capacità espressiva, non essendo, né essendo mai stato, egli un marinaio, Howe riuscì finalmente a raggiungere il traguardo ambito, il santuario di Thatres che, ormai, aveva iniziato a considerare persino più prossimo a un miraggio che a una reale edificazione. Ridiscendendo dall'alto, infatti, non solo lo shar'tiagho aveva avuto maggiori difficoltà, rispetto al proprio biondo fratello, nell'individuare con precisione la posizione del medesimo, in conseguenza di una diversa prospettiva capace di rendere particolarmente ambigua la sua localizzazione lungo il profilo della montagna, ma, anche e in misura maggiore, egli si era ritrovato a essere vittima di uno strano fenomeno di prospettiva, tale da fargli credere, a ogni nuovo tratto percorso in discesa, di essere ormai giunto a destinazione, salvo accorgersi, proprio malgrado, di come nulla fosse purtroppo mutato nel proprio personale rapporto con quelle forme, con quella contorta architettura.
Una conquista, la sua, lenta e, a tratti, persino estenuante, che non si lasciò mancare anche momenti di effimera tensione, in particolare quando i suoi piedi, ovviamente scalzi, così come richiesto nella tradizione della sua gente, di una cultura da lui pur mai conosciuta in maniera diretta e solamente ereditata dai propri genitori, si ritrovarono a scivolare sull'insidioso terriccio depositato dal vento a ricoprire le nude rocce, rischiando non solo di essere spiacevolmente feriti ma, anche e ancor più, di imporgli una rovinosa caduta da un'altezza tale da presupporre un immediato e diretto incontro con le divinità, qualunque esse avessero da essere riconosciute. Rischi tutt'altro che graditi, che esaltati nel confronto con il suo animo già spontaneamente rivolto alla polemica, in misura maggiore rispetto a quanto per lui comunque abituale, che non mancarono di veder rivolte imprecazioni di varia natura persino a tutta l'intera cultura di Shar'Tiagh e a quella loro assurda rinuncia a qualunque genere di calzare, in una polemica che, in verità, con mente più serena e pensiero più lucido, sarebbe dovuta essere lì riconosciuta non solo quale assolutamente gratuita ma, persino, del tutto immotivata ove, proprio e solo in grazia a quel nudo incedere delle sue estremità inferiori, malgrado ogni momento di incertezza, egli riuscì sempre a conservare e garantirsi un'aderenza maggiore al terreno rispetto a quella che avrebbe potuto essere propria di chiunque altro, a partire dallo stesso Be'Wahr e dai suoi abituali, comodi, morbidi, e pur, in quel contesto, necessariamente insidiosi, stivali di pelle. Purtroppo e tuttavia, al di là dell'essere o meno shar'tiagho, della vicinanza o meno del tempio, e della difficoltà o meno per lui di lì sopraggiungere, quanto chiaramente avrebbe dovuto essere riconosciuto, se pur da lui inammissibile, qual ragione di tensione psicologica ed emotiva in tutto ciò, sarebbe dovuto essere indicato solo un inconscio, e irrisolvibile, timore per la sorte del proprio fratello d'arme, del compagno di una vita che, in quel momento, nel mentre di quel percorso, egli avrebbe pagato pur di poter avere al proprio fianco, anche solo per canzonarlo, per schernirlo come di consueto, a negare, in tali consueti riti di vita fraterna, ogni nervosismo, esorcizzando, in tal modo, ogni pur umana paura.
Solo, suo malgrado, egli aveva accettato di affrontare quella via, quella missione, nel non riuscire a dimostrare sufficiente umiltà, o forse solamente rispetto, nei confronti del proprio alleato, del proprio amico, del proprio complice, per ovviare a quella loro estemporanea separazione. E solo, per tal ragione, avrebbe, e aveva, dovuto proseguire in quel cammino, in quell'ultimo segmento di viaggio, così come già compiuto sino ad allora, impossibilitato, purtroppo, a presumere l'attuale posizione di Be'Wahr, e, ancor più, la sua condizione.
Nel proprio intimo, in rapporto con la parte più sincera del proprio animo, del proprio cuore, Howe non poté ovviare a credere, sperare addirittura, di come, forse, ipoteticamente, paradossalmente, nell'essere abituati a muoversi insieme quali essi erano, nell'essersi formati a una disciplina di coordinazione, di sincronia psicologica oltre che fisica, quale avevano avuto modo di maturare in una vita intera trascorsa l'uno al fianco dell'altro, entrambi stavano allora lì sopraggiungendo insieme, in contemporanea, magari su fronti opposti quali opposti erano stati i loro giudizi nel merito della strategia migliore per approssimarsi a quel tempio. Forse… o forse, e più probabilmente, egli si stava solamente illudendo di poter incontrare il proprio fratello d'armi all'interno di quelle mura, senza riservare la benché minima importanza a chi sarebbe giunto per primo a conquistare la reliquia divenuta comune e agonistico obiettivo, ma solo pensando a quanto sarebbe stato più piacevole, più sereno compiere il viaggio di ritorno insieme, così come, se solo non avessero stupidamente litigato, avrebbero potuto essere anche all'andata.

« Ehy… ora basta! » si rimproverò, pronunciando tali parole a voce alta nello scrollarsi terra e polvere dagli abiti e nel rimettersi in piedi, dopo l'ultimo, lungo, scivolone in conseguenza del quale, pur, era alfine giunto a conquistare l'estremità superiore del tempio sua meta « Non è colpa mia se quel giuggiolone ha deciso di impegnarsi nella conquista di una propria emancipazione proprio adesso. » tentò di giustificarsi, interloquendo con il proprio stesso ego e cercando, in ciò, di difendere la propria posizione dal senso di colpa che pur avvertiva gravare sul proprio animo « Credo che alla sua età abbia da considerarsi adulto, perfettamente capace di intendere e di volere… quindi, se preferisce andare ad ammazzarsi in solitudine, deve essere libero di farlo! »

Parole, quelle ultime, pronunciate con rabbia crescente, ira mal celata, che, per un istante, invece di imporgli quella serenità da lui in tal modo invocata, lo vide giungere a tremare, fremere all'idea di un destino avverso ai danni del proprio amico di sempre. Tale rabbia, quell'ira, infatti, non avrebbe dovuto essere erroneamente giudicata conseguenza di un sentimento avverso al buon Be'Wahr, quanto, piuttosto, sinceramente e legittimamente avverso a se stesso, a colui che, lo comprendeva pur non accettandolo, avrebbe dovuto essere considerato più che responsabile per qualunque fato sarebbe potuto occorrere al biondo, ove conscio di come un litigio non avrebbe mai potuto riuscire a essere tale in assenza di una controparte ben disposta alla conflittualità, al confronto a capo chino qual, proprio malgrado, egli si era dimostrato essere con lui.
A poco, a nulla, giunti a quel punto, sarebbe comunque e alfine valsa una qualsivoglia volontà di recriminazione nel merito di quanto giusto o sbagliato fosse stato il comportamento dell'uno piuttosto di quello dell'altro, dal momento in cui impossibile sarebbe stato mutare il giuoco così come ormai condotto. Per tal ragione, sebbene nell'essere ormai innanzi, o, per amor di dettaglio, sopra al proprio obiettivo, lo shar'tiagho non avrebbe potuto ovviare a spingere i propri pensieri verso troppe ipotetiche condizioni proprie di realtà alternative alla sola, unica e concreta da loro lì vissuta, egli non avrebbe potuto neppure negarsi quel raziocinio, quel necessario distacco emotivo, da tali riflessioni, nell'imporsi quel controllo su dì sé, e sulle proprie azioni, utile per concludere quanto iniziato e nel porre al più presto la parola fine a quell'assurda competizione, prevalendo o meno sul proprio consueto sodale.

« Bene. » annuì, soddisfatto dalla posizione così implicitamente assunta nel rapporto con quella situazione e con quanto, allora, avrebbe dovuto ancora affrontare « Sono un professionista… ed è giusto che mi comporti come tale. » insistette, incalzando a sostenere i propri pensieri e le proprie emozioni, sollevando gli avambracci innanzi a sé e stringendo, nel contempo, i pugni, in un'espressione fisica di ferma convinzione nel merito delle proprie potenzialità, delle proprie possibilità in quella missione, sì prossima alla propria conclusione sebbene, d'altra parte, giudicabile qual allora solo agli inizi, al proprio reale esordio dopo un lungo, e insignificante, preludio.
« Ora vado, conquisto, e torno fuori prima del tramonto. » proclamò ancora, con decisione, privo dell'entusiasmo che, in un similare frangente, avrebbe contraddistinto un avventuriero più giovane e inesperto rispetto a lui, e pur animato dalla consapevolezza, propria della maturità, di poter concludere quanto propostosi entro i tempi stabiliti « E' un tempietto minore. Niente ragni giganti, niente zombie irrefrenabili, niente blatte mastodontiche o altre amenità simili. » elencò una minima selezione delle creature contro le quali si era ritrovato a combattere quando posto al fianco di Midda Bontor, una vera e propria calamita, dal suo punto di vista, per attrarre quel genere di insidie « Insomma… una passeggiata più innocua persino rispetto a tutto il viaggio compiuto sino a ora. »

mercoledì 22 giugno 2011

1253


N
onostante insieme al suo abitualmente inseparabile sodale, Be'Wahr avesse avuto occasione di affrontare, e vincere, innumerevoli battaglie, nella maggior parte delle occasioni contro semplici uomini mortali loro pari, in più rari momenti contro mostri terrificanti, mai egli avrebbe potuto ardire all'idea di sperimentare la misura nella quale le parole della donna guerriero a lui ora interlocutrice avrebbero potuto essere considerate veritiere. Dopotutto, in virtù della propria passata esperienza al suo fianco, egli era perfettamente consapevole di quanto temibile, quanto pericolosa, ella avrebbe saputo dimostrarsi all'occorrenza, gettandosi, senza esitazione alcuna, persino nella gola di una gigantesca bestia al solo scopo di ucciderla, fuoriuscendone successivamente attraverso il cranio e le cervella quasi tutto ciò avesse da esser ritenuto quanto di più naturale, ovvio, consueto mai alcuno avrebbe potuto compiere.
Per tale ragione, innanzi a simili parole e a tale sguardo, il biondo si limitò a deglutire nuovamente, ormai, però, non per una reazione di sorpresa o eccitazione, così come era pocanzi occorso, quanto, piuttosto, innegabile ritrosia e reverenziale timore, ringraziando tutti i propri dei di aver, effettivamente, solo avuto modo di conoscere la parte più innocua della famosa Figlia di Marr'Mahew, almeno nei termini del loro rapporto di alleanza e collaborazione.

« Comunque sia… » riprese ella, con inflessione serena, parvenza quieta, nell'evidente volontà di non imporre all'uomo ragione di ulteriore tensione rispetto a quella già, allora, riservatagli « … dovresti aver avuto notizia del fatto di come io abbia, ormai, da esser considerata fuori dal mercato. » commentò, strizzando l'occhio sinistro nel pronunciare tale asserzione « E per quanto molte malelingue continuino a definirmi "cagna", ti assicuro che non ho alcuna intenzione di tradire il mio buon locandiere! »
« Be'Sihl?! » domandò l'uomo, aggrottando la fronte al riferimento così proposto allo shar'tiagho conosciuto tempo prima a Kriarya, la città del peccato del regno di Kofreya, ed effettivamente al centro di molti pettegolezzi riguardanti la mercenaria nel corso non solo di quell'ultimo anno, ma di un tempo decisamente superiore « Le ultime voci che ho avuto modo di udire, dall'inizio dell'estate a oggi, non sono state molto positive a tal riguardo, in verità: a quando è stato detto, dalla vostra romantica fuga a Shar'Tiagh solo tu sei ritornata indietro, mentre lui è rimasto là dopo che tu gli hai spezzato il cuore. » spiegò, non negandosi, nel riportare quelle parole, un pur legittimo dubbio nel merito del significato da dover attribuire alle medesime, se di mero ordine metaforico o, altresì, quale descrizione letteraria di quanto accaduto su al nord in quell'ultimo ciclo di stagioni.
« Immagino che tu abbia anche udito voci relative a una strage che io avrei compiuto a Kriarya al mio ritorno in città, tentando di uccidere lord Brote, mio mecenate, e finendo per ammazzare, altresì, la sua consorte, lady Nass'Hya. » suggerì la donna, nuovamente mostrando un volto privo d'ogni sentore di serenità, di tranquillità, in favore di un'evidente tensione, forse e addirittura una rabbia mal gestita e a stento contenuta in lei « Assassinio compiuto il quale, sarei scomparsa precipitando l'intera capitale in balia di una negromantica maledizione, facendola invadere, per semplice diletto, da orde di non morti e spiriti maligni… »

Tali, effettivamente, erano state le voci che, negli ultimi mesi, erano circolate in tutta Kofreya, sospingendosi fino ai regni confinanti, e diffidando i più dall'avventurarsi nella provincia di Kriarya o nell'omonima città, già ammantata da una pessima reputazione prima di tali eventi e, a seguito di ciò, precipitata ormai e irrimediabilmente all'ultimo posizione utile della classifica delle località nelle quali un savio avrebbe avuto piacere di soggiornare, fosse anche per una notte. Notizie tanto confuse, a tratti persino incredibili nei toni assunti dalle medesime, nella propria crescente tragicità che, di racconto in racconto, le faceva apparire prossime a una sorta di genocidio, di fronte alle quali il buon Be'Wahr, sinceramente affezionato a Midda, non aveva avuto cuore di offrire la benché minima attenzione o fede, decretando, in maniera netta, tutto ciò qual semplice conseguenza di un intento diffamatorio a discapito della sua amica, una leggenda priva di fondamento che, alimentata solamente dalla morbosità delle persone, si stava diffondendo in maniera incontrollata di villaggio in villaggio, di città in città.
Di parere, altresì, leggermente diverso era stato suo fratello Howe, il quale, nonostante fosse lontano dal voler considerare Midda quale una negromante o una strega, a lei debitore della propria vita in sin troppe occasioni, si era voluto rapportare alla questione con un incedere meno ferreo, più possibilista, non tale da ritenere la donna quale responsabile per una negromantica occupazione della città del peccato, ma, ciò nonostante, neppure tale da ritenerla aprioristicamente estranea a qualunque accusa rivoltale, o dal rifiutare l'eventualità che ella potesse aver tentato di attaccare lord Brote o sua moglie lady Nass'Hya. A differenza del biondo fratello, infatti, egli non era solito obliare alla consapevolezza di ciò che ella era, loro pari, ossia una mercenaria, una spada in vendita che, a fronte di un adeguato compenso, avrebbe compiuto qualunque genere di attività le fosse stato richiesto di compiere.
Una certezza, o, in effetti, una definizione, quella in tal modo proposta da Howe, la quale, pur non priva di forti e legittime ragioni, non avrebbe dovuto tuttavia essere tanto semplicisticamente associata a una figura pari a quella della Figlia di Marr'Mahew. Sin dal proprio esordio qual mercenaria, quand'ancora poco più che ventenne e ben lontana dall'arrivare a conquistare la gloria, la fama che, ormai e alfine, erano state legate al suo nome, e che pur avrebbero potuto far ritenere tale sua autodeterminazione qual semplice conseguenza di tutto ciò, Midda Bontor si era impegnata allo scopo di rivendicare come la sua avesse da essere riconosciuta quale una professione e non un'identità, mantenendo sempre distinto ciò che ella compiva allo scopo di procacciarsi di che vivere da ciò che ella era, e, anzi e addirittura, tentando di sfruttare, entro i limiti del possibile, la propria attività da mercenaria allo scopo di farsi retribuire per quel genere di avventure che, comunque, avrebbe avuto piacere di vivere anche gratuitamente. Ella, pertanto, era sostanzialmente riuscita a far propria quella meravigliosa opportunità teoricamente riservata a qualunque mercenario, seppur abitualmente ignorata dalla maggior parte degli stessi, nel confronto con la più impellente e umana necessità di portare del pane in tavola: la libertà di scegliere, in piena autonomia, a quale padrone offrire la propria estemporanea fedeltà, valutando il medesimo non solamente in rapporto alla quantità d'oro che egli o ella avrebbe saputo destinarle, ma anche, e ancor più, nel confronto con una serie di saldi, inamovibili principi personali che mai la donna avrebbe violato e, ancora, con quelli che, né più né meno, avrebbero potuto essere identificati quali suoi capricci del momento.

« Così hanno detto. » confermò Be'Wahr annuendo, e non aggiungendo altro nella speranza che ella intervenisse, quanto prima, a smentire l'intera questione, proclamando la propria innocenza e offrendo una propria versione dei fatti che potesse, finalmente, lasciar svanire qualunque ombra di dubbio dal suo inconscio, gratificandolo per tutta la fiducia che, comunque, egli non le aveva mai voluto negare in quegli ultimi mesi.
« Dimentica quelle voci. » affermò la donna, con fermezza nella propria voce, a sancire in tal semplice modo già tutto ciò di cui il biondo avrebbe invero abbisognato per considerarsi pienamente soddisfatto, salvo poi comunque proseguire, nel voler, evidentemente, fugare ogni ulteriore, eventuale incertezza attorno a tale argomento « La donna di cui hai sentito parlare, la Midda Bontor che sarebbe tornata prima dell'estate a Kriarya da Shar'Tiagh senza la compagnia del proprio amato Be'Sihl, e che, lì sopraggiunta, si è macchiata le mani del sangue della mia cara amica Nass'Hya, non ero io. »
« Sia lode a Lohr! Ero certo che non potevi essere tu! » esclamò prontamente egli, più che grato di sentirsi confermare tutto ciò in cui aveva fermamente sperato sino a quel momento e, in effetti, neppure necessitante di qualunque altra spiegazione, quale pur la propria interlocutrice non si risparmiò, riprendendo immediatamente parola e proseguendo quanto da lui appena interrotto con quella propria esultanza.
« So che la cosa potrà sembrarti assurda e improbabile, Be'Wahr… ma ti prego di credermi e di non considerarlo quale l'ennesimo scherzo, perché non sono mai stata più seria e sincera in tutta la mia vita. » premesse, storcendo le labbra verso il basso a evidenziare uno stato d'animo tutt'altro che sereno a simile proposito, e, nel contempo, sollevando la propria mancina ad appoggiarsi sul braccio destro dell'uomo, quasi a cercare, con lui, maggiore complicità « Colei che ha compiuto quegli atti osceni, al solo scopo di screditare il mio nome, è stata mia sorella gemella… Nissa Bontor. »

martedì 21 giugno 2011

1252


S
e, infatti, non tanto bellezza nel senso più classico del termine, quanto piuttosto fascino avrebbe dovuto essere riconosciuto il suo, quello intrinseco nella sua natura, nella sua essenza, tale caratteristica non sembrava poter risentire del corso del tempo, del passaggio degli anni, al contrario, ove possibile, persino enfatizzandosi a livelli ancor superiori. Indubbiamente accentuato dalla sua femminile procacità, ma fondamentalmente comunque conseguenza della particolare alchimia derivante da un carisma privo d'eguali, da una forza d'animo sconosciuta ai più e da un vivace intelletto, capace di elaborare a ogni azione del Creato a lei circostante un'adeguata reazione, tanto in termini di mero confronto verbale, quant'ancor più in quelli di sfida fisica, il fascino proprio della Figlia di Marr'Mahew, in tutto ciò, allora come in occasioni passate, riuscì a imporre allo sguardo del proprio interlocutore non l'idea di una donna comune, vestita, in verità, persino con abiti non particolarmente capaci di risaltare la sua femminilità, quanto, piuttosto, una ammaliante meraviglia della natura, innanzi alla quale ogni altra donna non avrebbe potuto ovviare a sentimenti di gelosia, e ogni uomo non avrebbe potuto negarsi bramosie di conquista, per quanto tentare di giungere a lei avrebbe potuto rappresentare un'impresa troppo ardita. Ragione per la quale, ella avrebbe lì potuto essere rivestita tanto da immondizia quanto dalla più raffinata, elegante e regale veste mai concepita e concepibile, e ben poco valore, alfine, avrebbe avuto innanzi ai sentimenti che, spontanei, naturali, avrebbe imposto nel cuore del proprio alleato, così come di chiunque altro eventualmente allora presente.
In quell'occasione specifica, nella fattispecie propria di quel loro nuovo incontro, Midda Bontor non si presentò allo sguardo di Be'Wahr né indossando i quattro, indegni stracci quasi incolori con i quali egli aveva avuto occasione di conoscerla la prima volta, e pur, indosso a lei, indubbiamente capaci di apparire quali gli indumenti più eccitanti che alcuno avrebbe mai potuto immaginare; né facendo sfoggio del più sobrio completo verde che pur l'aveva contraddistinta in occasione della loro successiva occasione di incontro, e che, egoisticamente, il biondo non era riuscito ad approvare, ove giudicato eccessivamente severo nel celare le forme di lei, all'altezza dei seni e del ventre. Fortunatamente, così come egli non poté ovviare a valutare in intimo confronto con se stesso, ella si concesse, infatti, a lui con un'immagine più prossima a quella per lei caratteristica nella prima volta, non rivestita, tuttavia, in tale occasione, da semplici stracci, quanto, piuttosto, da pantaloni in morbida pelle marrone chiara e un'estremamente ristretta casacca, priva di maniche, dall'ampia scollatura e sì corta da lasciar, nuovamente, svelato il suo ventre nella propria parte inferiore, in corta pelliccia giallo dorata, capace di conferirle, ove possibile, un'apparenza al contempo più elegante e, tuttavia, ancor più selvaggia di quella che avrebbe già potuto esserle associata in passato. Accanto a ciò, sempre per lui novità rispetto a ogni loro precedente incontro, uno strano monile dorato, di chiara foggia shar'tiagha, non dissimili da quelli di cui già Howe era perennemente rivestito, era inoltre posizionato sul suo braccio mancino, poco sotto la spalla, contribuendo a rinnovare il quadro generale del suo aspetto con un fattore prima mai preso in considerazione, una possibile, naturale e pur insolita vanità che non avrebbe potuto apparire in contrasto con il concetto di guerriero in lei abitualmente predominante.

« Se preferisci, per facilitarti, posso anche spogliarmi… » suggerì la mercenaria, interrompendo, con la propria voce, l'inevitabile, curiosa analisi che, silenziosamente, il biondo stava allora compiendo attorno alla sua figura, al suo abbigliamento e, probabilmente, al suo corpo.
« Come?! » sobbalzò, quasi, per la sorpresa derivante non solo dal confronto con la sua voce in un momento di simile, assorta distrazione, quant'anche per le parole da lei allora pronunciate e, sul momento, non colte nella pur ironica accezione che le stava caratterizzando.
« Spogliarmi. Denudarmi. Privarmi di tutti gli abiti e mostrarmi a te così come mia madre mi ha posta al mondo. » tentò di esplicitare la donna, arricciando l'angolo destro delle proprie labbra verso l'alto, a trattenere a stento il proprio divertimento innanzi all'espressione assunta dal viso dell'uomo « Dato l'impegno che già sembri star ponendo in tal senso con lo sguardo, potrebbe essere cortese, da parte mia, venirti incontro. » osservò ella, insistendo nel proprio scherzo e, in ciò, portando addirittura le proprie braccia a incrociarsi davanti all'addome, per afferrare i bordi inferiori della corta pelliccia e accennare, in tal modo, un movimento volto a sfilare la medesima al proprio corpo.
« … Lohr… » deglutì Be'Wahr, ancora sorpreso, stupefatto, sbalordito da quanto stava accadendo, al punto tale da ritrovarsi, inerme, a indietreggiare appena, quale espressione non tanto di timore di fronte a lei o a ciò che ella sembrava star lì proponendogli, quanto, piuttosto, di esitazione, di incertezza, fisica e psicologica, in reazione a tutto ciò, non riuscendo neppure a individuare un termine di senso compiuto per commentare quell'assurda, ma eccitante, situazione.
« E' una possibilità, in fondo. » commentò Midda, con tono volutamente sensuale, terribilmente malizioso e follemente accattivante, avanzando appena verso di lui, con fare predatorio nei suoi riguardi, benché tutt'altro che intenzionata, ovviamente, a proseguire in quella svestizione, sebbene, ove richiesto da vincolanti circostanze, ella non si sarebbe di certo riservata particolari inibizioni a mostrarsi nuda davanti a lui o a chiunque altro, da sempre in ottimi rapporti con il proprio corpo e tutt'altro che schiava di ipocriti pudori in tal senso.
« Eh… sì. » boccheggiò il biondo, suo malgrado vittima di quell'incredibile malia, incapace di comprendere come ella stesse ora effettivamente prendendosi giuoco di lui, nel porsi, altresì, dubbioso nel merito della concreta natura di quel momento, di quella situazione, forse non vera, non reale, ma semplice frutto di un sogno, un sogno particolarmente bizzarro, in effetti, e pur indubbiamente sogno, non dovendo essere giudicate, né Midda, né, parimenti, Carsa, quali comparse inedite nelle sue fantasie oniriche.
« O, in alternativa, potremmo dedicare le nostre energie e la nostra attenzione a qualcosa di più costruttivo… tipo le ragioni per le quali tu e tuo fratello mi avete fatto giungere fino a questo sperduto angolo di Tranith per riuscire a rintracciarvi! » esclamò ella, subito dopo, cambiando improvvisamente registro vocale e lasciando svanire ogni ipotesi volta alla propria svestizione, per rimproverare lo sventurato interlocutore con cadenza più seria, seppur priva di severità nei suoi riguardi, e per spintonarlo all'indietro, con gesto quasi infantile, nell'imporgli, in tal modo, un obbligato ritorno alla piena coscienza di sé.

E se pur, in grazia di quella non sì piacevole conclusione, qual pure era stata inizialmente sperata, al biondo non poté che restare soltanto intima delusione, nel non aver potuto godere sino in fondo di quel momento, che si sarebbe rivelato assolutamente gradevole anche solamente qual sogno privo di qualunque pur effimera connessione alla realtà, egli riuscì a riconquistare rapidamente cognizione di causa sia nel merito del luogo in cui si stavano allora ponendo a confronto, sia, e ancora, nel merito delle ragioni per le quali entrambi si erano lì sospinti. O, per amor di precisione, delle ragioni per le quali lui si era lì sospinto, dal momento in cui, in effetti, ancora nulla gli era stato dato modo di intuire a riguardo della propria inattesa, seppur mai rifiutata, compagna di ventura.

« Donna crudele… » commentò pertanto, in un lungo sospiro atto a esplicitare tutta la propria pur sincera insoddisfazione per l'occasione mancata, al quale non tardò ad aggiungere un sorriso divertito, a ovviare a qualunque possibilità di incomprensione nel merito della sua reazione scherzosa al ludico inganno di lei.
« Tsk… non mi hai mai visto esser veramente crudele, biondo! » replicò la mercenaria, scuotendo appena il capo e con esso i propri capelli corvini, sempre disordinati, e sempre tagliati all'altezza delle spalle, non nella migliore delle acconciature per lei ipotizzabile, quanto, piuttosto, in quella evidentemente più comoda da mantenere anche senza necessità di supporto esterno « E ti auguro di non arrivare mai a una simile occasione, o potresti aver di che pentirtene… » soggiunse, socchiudendo appena i propri grandi occhi color ghiaccio, in un gesto che, in un altro contesto, accompagnato a un altro genere di sentenza, avrebbe potuto apparire forse e persino invitante, conturbante, così come erano state le sue movenze precedenti, ma che, associato a quelle parole, a quell'avvertimento, non mancò di apparire non dissimile dalla promessa di morte di un grosso predatore felino innanzi a quanto già decretato qual proprio pasto quotidiano, quale propria prossima vittima.

lunedì 20 giugno 2011

1251


« M
idda! » esclamò, nuovamente, Be'Wahr, non mascherando il proprio stupore, la propria sorpresa, ma anche la propria più sincera gioia a quell'inattesa comparsa, liberandosi rapidamente, e spensieratamente, della propria improvvisata arma, già ritenuta ormai qual vana, inutile, superflua, non solo perché quella donna avrebbe dovuto essere da lui considerata quale compagna d'arme e indubbia amica, ma anche perché, razionalmente, consapevole di quanto, se ella non si fosse voluta proporre qual tale, a ben poco sarebbe servito quel bastone contro una guerriera del suo calibro « Ma cosa fai lì dentro?! » richiese, balzando nel contempo di tali parole in avanti, in direzione del varco, a raggiungerla, per offrirle tutto l'aiuto che le sarebbe potuto essere necessario per uscire di lì.
« Questo è un ottimo interrogativo. » riconobbe la voce della mercenaria, per tutta replica, ancora demarcando, nel proprio tono, indubbia ironia « E in effetti me lo stavo ponendo anche io… » ammise subito dopo « … sarà forse perché un certo biondo di mia conoscenza ha deciso che attraversare l'ingresso canonico sarebbe stato meno entusiasmante rispetto ad arrampicarsi come un vispo ragnetto sulla facciata del tempio, alla ricerca del peggiore passaggio che sarebbe mai potuto essergli proposto? »

Abituato, qual egli era, alle offensive verbali del proprio fratello d'arme, il mercenario non si riservò alcuna ragione di risentimento per le parole allora pronunciate dalla propria interlocutrice, intese, dopotutto, per quello che effettivamente erano: semplice e scherzoso scherno, giuoco verbale a sdrammatizzare una situazione che, altrimenti, sarebbe potuto apparire forse imbarazzante, senza destinare malizia di sorta nei suoi riguardi.
Ciò nonostante, malgrado l'intento della donna non venne da lui travisato in significati diversi dal solo reale e concreto, l'uomo, tendendosi in avanti all'interno del varco e allungandosi, in tal senso, a raggiungerla con le proprie braccia e le proprie mani, per concedergliele quali saldi punti d'appoggio ai quali aggrapparsi per uscire più facilmente da lì, non si negò occasione di difendere le proprie scelte, le ragioni per le quali egli aveva agito nella direzione da lei in tutto ciò appena criticata, ignorando l'eventualità più semplice, più ovvia, altresì lì appena, e stranamente, suggerita da parte sua, pur supportata da tutta la sua indubbia esperienza con quel genere di situazioni, con quelle particolari missioni.

« Se non ho scelto uno dei portoni principali è stato solo per ovviare al rischio di poter far scattare qualche trabocchetto lì celata per coloro che entro queste mura avessero voluto sospingere i propri passi, animati da intenti predatori. » spiegò, evidenziando quanto da lui pur ritenuto tanto ovvio da apparire paradossale nel doverne riservare argomentazione a un'avventuriera della sua fama « So bene quanto Howe, tu e tutti gli altri non mi consideriate particolarmente furbo, ma non sono tanto stupido da gettarmi volontariamente in trappola potendolo evitare! » sorrise, evitando di imbronciarsi nel pronunciare il nome del fratello, e quel particolare argomento, solo in grazia della presenza di lei « Avanti… afferra le mie mani. Ti tiro fuori io. »
« Fai piano: vorrei restare tutta d'un pezzo, ove possibile. » gli richiese ella, acconsentendo alla sua proposta e, in maniera quieta, priva di sospetto o esitazione, affidandosi alle braccia del proprio interlocutore e compagno di passate avventure, chiudendo con soppesata fermezza le proprie mani, tanto la mancina, in mortale carne, quanto la destra, in insensibile metallo, attorno ai suoi polsi, per lì ancorarsi, vincolarsi in maniera solida, sicura « E comunque io non ti ho mai considerato uno sciocco. » soggiunse, aggrottando la fronte nel rivolgere, verso di lui, i propri grandi occhi azzurro chiaro, che egli avrebbe sicuramente temuto, nelle proprie innaturali e glaciali sfumature, ma che, in grazia del loro rapporto, poté concedersi di affrontare serenamente « Semplicemente, qualche volta, agisci in maniera un poco stolida. Come anche in questa occasione… »
« Cosa intendi dire? » domandò egli, puntando il piede destro contro la parete per trovare a propria volta, in essa, un punto d'appoggio prima di iniziare a trarre, con più delicatezza possibile, il corpo della donna verso di sé, evitando di strattonarla o di agire con eccessivo impeto, tale da poterle imporre danno « Cosa avrei fatto di tanto stupido questa volta? Lo sai meglio di me che tutti gli ambienti propri di questo genere di templi abbandonati sono sempre piedi di insidie. E gli ingressi, di certo, non ne fanno eccezione. »
« Hai ragione. » riconobbe ella, affidandosi all'energia, alla forza fisica dell'uomo per lasciarsi estrarre dal quella bizzarra finestra, ove tale avrebbe pur dovuto essere riconosciuta, almeno nel confronto con l'architettura tranitha, in cui si era ritrovata scomodamente incastrata, in verità in misura estremamente inferiore rispetto a quella in cui egli stesso aveva pur rischiato di restare pocanzi, lì allora lamentandosi più per ludo che per effettiva necessità « O, per meglio dire, avresti ragione se solo questo santuario avesse da considerarsi abbandonato. » puntualizzò, sorridendo ironica « Si da il caso, tuttavia, che questo luogo sia stato espugnato con la violenza più di cinquecento anni fa… ragione per la quale difficilmente vi sarebbero potuti essere trabocchetti ancora in funzione ad attenderci all'ingresso principale. »

Un'analisi, quella così proposta da parte della mercenaria, formalmente corretta, tanto che, nel confronto con la banalità della medesima, al povero Be'Wahr non rimase altro da fare che boccheggiare per qualche istante, tentando di individuare le parole migliori per ipotizzare una qualunque difesa a proprio favore, sebbene apparentemente indifendibile, allora, avrebbe dovuto essere spiacevolmente riconosciuta la sua attuale posizione.
Esitazione psicologica, la sua, che non mancò, in maniera naturale e spontanea, di manifestarsi con una corrispettiva esitazione fisica, un blocco nei suoi stessi movimenti, nel suo gesto in aiuto alla propria interlocutrice, quand'ancora solo le sue mani erano state già condotte al di fuori del varco nel muro, così apparentemente abbandonandola, immobile, ancor ipoteticamente lì bloccata, qual pur mai era comunque stata neppur in precedenza.

« Ehy… biondo. » lo richiamò ella, scuotendo appena i suoi polsi attorno ai quali si manteneva ancora afferrata, così come, reciprocamente, egli era ancor posto nei propri riguardi « Apprezzo che il confronto con la palese manifestazione della magnificenza del mio intelletto ti possa aver sconvolto, ma sarebbe ancor più gradito che tu mi tirassi fuori di qui prima di cadere in catalessi al pensiero dell'ennesimo, veniale errore da te commesso oggi. » lo incitò, con tono privo di qualunque equivocabile espressione di beffa a suo discapito, non essendo sua intenzione agire in tal direzione nel rapporto con lui, così come, dopotutto, appena affermato « Per favore… » soggiunse, a addolcire ulteriormente la propria richiesta, ove possibile.
« S-sì… » rispose l'uomo, non negandosi un certo tentennamento nella propria prima, monosillabica, replica, utile a scuotersi dall'effimera apatia su di lui dominante e, in immediato seguito, a riprendere il movimento lasciato incompiuto nel mente in cui si volle dimostrare sì maturo da non soffermarsi, ulteriormente, attorno a quell'ormai chiuso tema, nel riprendere voce in altra direzione.
« Ti ringrazio. » sospirò la donna, annuendo verso di lui con trasparente soddisfazione per il risultato così ottenuto, per l'intendimento allora concessole.
« E' un piacere. » tornò a commentare, riaprendosi a un lieve sorriso « Ma ora, dopo aver dimostrato, per l'ennesima volta, quanto gli dei non siano stati particolarmente generosi in termini di sagacia nei miei confronti, ritieni possibile ora spiegarmi cosa ci fai qui? » volle provare a domandare nuovamente, nel rammentarsi di non aver ancora ottenuto una qualunque risposta in tal senso « Non che non sia felice di rivederti, dopo più di un anno. Ma fra tutti i luoghi in cui mai avrei potuto trovarti, non avrei mai pensato proprio a questo. » osservò, sincero, aiutandola a lasciare, definitivamente, il cunicolo attraverso il quale entrambi erano lì sopraggiunti, e facendo da lì affiorare, in tal modo, il suo indubbio e sensuale fascino, ancor più che oggettiva beltade, in un'immagine allora complessivamente non dissimile da quella che sarebbe potuta essere offerta da una farfalla fuoriuscente dal proprio bozzolo.

E a simile proposito Be'Wahr non poté intimamente evitare di evidenziare, in silenzioso rapporto con i propri stessi pensieri, come le stagioni trascorse dal loro ultimo incontro non fossero state assolutamente ingenerose nei riguardi la donna, la quale, malgrado la propria sempre meno fanciullesca età, non avrebbe potuto aver nulla da che invidiare a qualunque più giovane presenza femminile.