11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 1 settembre 2011

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« T
roppo impegnato a tentare di non vomitare la cena della sera precedente?! » lo stuzzicò Midda, reagendo allegramente a quella sua replica, volta a riconoscere una sua, probabilmente volontaria, distrazione dagli ultimi istanti di vita di Quilon.
« Diamine, sì! » esclamò lo shar'tiagho, non avvampando d'imbarazzo in volto unicamente in conseguenza al colorito già scuro della propria pelle, utile a permettergli di simulare determinate emozioni « Non so se ti sei resa effettivamente conto di quanto hai infierito su quel maledetto. Probabilmente, oltre a pentirsi di ciò che ha osato con te questa notte e quindici anni fa, si sarà persino pentito di non essere morto appena nato, risparmiandosi l'orrore a cui l'hai condannato! » suggerì, affrontando la questione con toni volutamente esasperati, per apparire quasi ironico attorno ai medesimi, sebbene quanto da lui testimoniato in quelle ore difficilmente sarebbe potuto essere mai affrontato con reale possibilità di ironia o di sarcasmo.

Cristallina e coinvolgente si impose, a quelle parole, la risata della donna guerriero, lasciandola apparire sinceramente divertita dall'affermazione del proprio compagno, anche ove, in tutto ciò, alcuno avrebbe potuto trovare ragione di divertimento.
In tali reazioni, nonché negli eventi a cui le medesime facevano riferimento, chi non confidente con lei, con colei che ella era abitualmente, avrebbe potuto considerarla una figura sadica, assetata di sangue e di sofferenza altrui, desiderosa di combattere al solo scopo di raggiungere l'estasi nelle grida di dolore, di pena, dei propri avversari. Tuttavia, anche per colui che pur non fosse stato confidente con lei, sempre quanto accaduto in quegli ultimi giorni avrebbe dovuto essere accolto quale una testimonianza totalmente diversa, e volta a dimostrare quanto, in verità, ella non fosse quel genere di donna: sarebbe infatti stato sufficiente spingere la propria mente, il proprio ricordo, a quanto accaduto all'interno della locanda dell'Ultima Speranza, là dove, posta in assedio da ben quattordici antagonisti invocanti la sua morte, e decisi a ottenerla in ogni modo, con ogni mezzo, ella aveva trattenuto i propri gesti, aveva frenato i propri attacchi, allo scopo di non lasciare, sul pavimento del locale, neppure un cadavere, e, soprattutto, a non imporre eccessivo danno ad alcuna delle proprie controparti, pur, ovviamente, inibendo da parte loro ogni possibilità d'ulteriore offensiva così come ogni brama d'ulteriore scontro. Ella, nel contesto proprio della sfida lanciatale da quei quattordici, avrebbe avuto ogni diritto, morale e sin'anche legale, per richiedere da tutti loro una fredda e impietosa morte, falciandoli non diversamente dal villano innanzi a grano maturo e pronto per esser trasformato in farina e pane. Ciò nonostante, ella, in tutto ciò, non aveva avuto un solo istante di esitazione, un solo attimo di incertezza, nel merito delle proprie priorità, delle proprie volontà, rifiutandosi di concedere la carneficina pur invocatale e imponendo su tutti nulla di più, nulla di diverso, da un'allegra rissa da osteria, sebbene l'unica alfine in grado di ridere di tutto ciò fu solamente lei.
Consapevolezza ovviamente propria anche di Howe, quella dell'effettiva natura dell'animo della propria compagna, non sì spietata, non sì brutale, se non, come nel confronto con Quilon, indotta a essere tale, utile allo shar'tiagho a permettergli di ben intendere il senso proprio di quella risata e, in esso, potervi prendere a propria volta parte.

« Thyres… in effetti credo di essermi lasciata andate un po' troppo con lui… » riconobbe ella, lasciando scemare le proprie risate « … non che non se lo meritasse, sia chiaro. » puntualizzò, a non permettersi di obliare a quale genere di persona fosse lo spadaccino.
« Sì… giusto un pochino. » sorrise l'altro, annuendo alle sue parole.
« Comunque sia… » riprese, a non lasciar cadere nel nulla il quesito formulato dal proprio interlocutore, e in risposta al quale ancora non aveva offerto risposta alcuna « Quilon, nonostante tutte le sue colpe e i suoi difetti, aveva un importante, fondamentale pregio… non per proprio merito, sia chiaro. »
« Un pregio… non per proprio merito? » ripeté Howe, aggrottando la fronte con aria poco convinta nel merito della particolare scelta di termini da lei adottata, e tale da non rendere effettivamente immediata l'intuizione del significato dei medesimi « Oh… » soggiunse poi, lasciandosi cogliere da un'idea, aiutato nella definizione della medesima dal confronto psicologico con quanto ella si era premurata di condurre seco della loro ex-guida « Intendi riferirti al suo braccio sinistro?! »
« Esattamente. » annuì la mercenaria, ora soddisfatta dell'attenzione dimostrata dal compagno di viaggio, nel non costringerla a guidarlo passo a passo verso la piena consapevolezza di quanto accaduto e di quanto sarebbe dovuto ancora accadere « Nel momento in cui egli si impegnò a restare per il resto della propria vita asservito a coloro che forgiarono il suo braccio, così come, anche, il mio, essi riconobbero al suo arto una caratteristica unica, che nessun altro, al di fuori di lui, avrebbe potuto caratterizzare: lo resero una chiave d'accesso alla meta finale del nostro viaggio… alla Vallata. »
« Lohr. » sussurrò l'uomo, rabbrividendo, nel proprio intimo, al riproporsi della tematica del giusto prezzo, e, soprattutto, della condanna che lo stesso Quilon aveva accettato qual propria al solo fine di riottenere un arto che, tuttavia, difficilmente avrebbe potuto impiegare ancora nel proprio futuro, relegato in tutto ciò al ruolo d'usciere, servo volontario a una corte maledetta, qual necessariamente avrebbe dovuto essere immaginata la medesima alla quale anch'egli stava volontariamente sospingendo i propri passi.
« Comprenderai, ora, il perché, volente o nolente, sia stata costretta a coinvolgere anche lui nella faccenda, in questo nostro allegro viaggio verso la fiera dei surrogati… » ironizzò la donna guerriero, sorprendendo persino se stessa per quel nuovo, originale termine individuato a indicare il luogo verso il quale si stavano dirigendo e che, impossibilitata a definirlo in altri modi, aveva accettato di indicare con il medesimo nome già scelto da parte dello spadaccino « In effetti, volendo essere sincera, avevo a lungo sperato che egli fosse già morto e che un'altra guida avesse preso il suo posto. Anche se, a posteriori, non posso che ammettere quanto anche questa riunificazione, dopo tanto tempo, non si sia dimostrata del tutto vana. »
« Sì. » confermò Howe, riferendosi, in tale assenso, alla prima parte dell'ultima asserzione della propria compagna, e non alla successiva aggiunta « Senza di lui, ovunque ora mi stai conducendo, non avremmo potuto avere possibilità di ingresso. » esplicitò, a dimostrare quanto, effettivamente, avesse colto la questione nella propria corretta interpretazione « Ed è una fortuna che sia sufficiente solo il suo braccio a garantirci tale opportunità… in caso contrario, uccidendolo, ci saremmo preclusi l'accesso alla Vallata. » sorrise, con trasparente fiducia nelle indiscusse scelte della propria alleata, decisioni che, sino a prima di quei giorni, probabilmente lo avrebbero visto più propenso a una polemica costruttiva.
« Mmm… » aggrottò la fronte ella, dimostrando maggiore titubanza rispetta a quanto, in verità, il suo compagno avrebbe apprezzato rilevare in lei « A tal riguardo possiamo solo sperare che sia una fortuna. Cioè… che effettivamente funzioni anche in questo modo, senza la sua presenza. Altrimenti dovremo ingegnarci a individuare qualche via alternativa… »
« Come?! » sgranò gli occhi, sorpreso da quell'improvvisa negazione di quanto tardivamente compreso qual dato troppo rapidamente per certo.
« Ehy! » esclamò, in replica all'implicita accusa racchiusa nell'espressione del proprio interlocutore, quasi avesse appena perpetrato un tradimento a discapito suo e della sua fiducia appena accordatale « Quante volte credi che abbia avuto necessità di fare ritorno da quelle parti? » obiettò, evidenziando forse quanto retorico, forse quanto ovvio, e pur, probabilmente, non considerato qual tale dall'altro « Laggiù io sono stata solo una volta… e quell'unica volta mi è stata più che sufficiente. »
« E perché hai voluto uccidere Quilon, se eri consapevole del rischio di compromettere la nostra missione in tal modo? » questionò lo shar'tiagho, ancora privo dei propri abituali toni inquisitori a discapito dell'alleata, e pur votato in misura minore all'indiscriminata fede per qualunque sua iniziativa « Avrebbe potuto sopravvivere ancora per almeno un giorno intero… e darci la possibilità di accedere alla Vallata. » suggerì, facendo propria, in simile proposta, probabilmente maggiore crudeltà di quanta la sua sodale non se ne fosse riservata nel torturarlo, nel volergli negare occasione di grazia nella morte unicamente per i propri interessi personali.
« Semplice. » commentò ella, facendo proprio il consueto gelo per lei caratteristico « Perché non desideravo concedergli possibilità di essere alfine soccorso e salvato. Con il rischio di ritrovarmelo ancora innanzi di qui a qualche tempo… »

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