11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 31 ottobre 2011

1384


E
Be'Sihl, pur comprendendo il reale significato delle parole da lei appena espresse, in una non eccessivamente velata minaccia a proprio discapito, non si volle dimostrare timoroso nei riguardi delle medesime, come non sarebbe probabilmente stato anche in assenza della complicità propria della consapevolezza sull'effettivo, concreto rapporto esistente fra sé e la propria compagna, impegnandosi altresì e piuttosto a stuzzicare con incedere sornione e malizioso la medesima, quasi volesse imporle maggiore ragione di gelosia rispetto a quella per lei già trasparentemente propria.

« Oh, beh… se proprio la metti in questi termini… » esordì, piegandosi appena in avanti e appoggiandosi con gli avambracci sul bordo interno del bancone, per lì sorreggersi con maggiore comodità, a trovare una posizione adatta per una lunga e complessa narrazione, qual volle lasciar intendere sarebbe stata la propria « Cosa posso dire? Ella è… è… tutto ciò che un uomo potrebbe mai desiderare da una donna. » sospirò, con fare trasognante e quasi nostalgico, quasi il pur breve distacco dal soggetto in questione stesse gravando sul suo animo qual quello proprio di un'eternità.
« Una schiava, insomma… » ipotizzò l'altra, con tono disinteressato, quasi distratto o forse annoiato, come se egli non stesse proponendo nulla di nuovo, nulla di inedito e realmente meritevole di attenzione, quanto, piuttosto, una fantasia assolutamente comune e, in ciò, del tutto priva di qualunque possibilità di interesse da parte di un qualunque ascoltatore, e soprattutto di lei.
« No. No. Assolutamente! » si affrettò a negare egli, scuotendo il capo e lasciando comparire un cipiglio quasi offeso, indispettito da quell'ipotesi, così in contrasto non solo con la realtà, ma con i suoi stessi gusti personali « Anzi, a ben dire potrebbe essere più una padrona, una dominatrice, per propria indole, per propria natura. Ma nel nostro rapporto ci poniamo assolutamente alla pari, in completo rispetto reciproco tale da non prevedere alcuna possibilità di egocentrici egoismi, né un primo o un secondo… »
« … ma solo antipasti e contorni. » ironizzò la donna, forse cercando di dissimulare nel sarcasmo un qualche sentimento di rabbia per le parole da lui adoperate, o, per lo meno, impegnandosi a lasciar trasparire tale emozione, benché, altresì, apprezzasse con tutta se stessa quella descrizione del loro stesso rapporto, della loro clandestina relazione « Quanti chiasmi per un concetto semplice: continuate a rigirarvi nel letto senza trovare una posizione soddisfacente per entrambi! »
« Assolutamente no! » contestò nuovamente, ancora incupendosi per quella sua irriverenza, per quella mancanza di rispetto… a conti fatti contro se stessa « Non sto parlando di una mera questione sessuale. Sto parlando di uno stile di vita, di un'intesa perfetta fra un uomo e una donna, che non si sono incontrati per soddisfare banalmente un qualche prurito personale, o per colmare un qualche vuoto emozionale, ma perché, dopo tanta esitazione, dopo troppo aspettare, hanno compreso essere la cosa più giusta da fare, giusta per vivere realmente una vita che prima stavano solo fingendo di vivere. »
« Mmm… » commentò la mercenaria, concedendosi nel contempo un istante di riflessione attorno a tale argomento, quasi volesse valutare le parole più opportune da impiegare per una risposta adeguata a una tanto appassionata declamazione « Insomma… vuoi quindi farmi credere che non siate mai andati a letto insieme? Mi sembra difficile da accettare… »
« Dei… » sospirò il locandiere, gettando gli occhi verso il cielo quasi a cercare una divina risposta alla propria invocazione, un aiuto dall'alto in risposta a tanta difficoltà comunicativa con la propria interlocutrice, qual pur sarebbe apparsa allo sguardo di chiunque « Non si tratta di questo. »
« Ma è per colpa tua o sua? » insistette Midda, sforzandosi sinceramente di trattenersi dallo scoppiare a ridere nel confronto con l'uomo e con quel loro giuoco, con il quale, era certa, ne stava iniziando a mettere sinceramente alla prova la pazienza « Cioè… posso comprendere che alla tua età, magari, la voglia per un certo genere di attività fisica possa venir meno, ma… almeno per il periodo in cui siamo stati insieme, voglio riconoscertelo, non mi hai mai propriamente delusa. »
« Ehm… » tossicchiò Arasha, sorridendo con lieve imbarazzo in conseguenza a quell'ultima asserzione, a quel dubbio sollevato nel merito della virilità dell'uomo « Forse è meglio che vi lasci affrontare con maggiore intimità le vostre questioni. » ipotizzò, accennando a ritrarsi.
« Ma no… » si allungò la Figlia di Marr'Mahew, intervenendo a fermarla, trattenendola delicatamente per il braccio destro con il proprio mancino « Non te ne puoi andare proprio ora che la questione si fa più interessante… » scherzò, con fare quasi infantile.
« Senti… ascoltami per un istante, per favore. » esclamò Be'Sihl in direzione della controparte, sollevandosi dal bancone per distendere la propria schiena in posizione eretta, e in ciò, probabilmente, invocare una certa fierezza che ella sembrava voler mettere in dubbio « Tu puoi scherzare quanto più ti aggrada, ma ti assicuro che non ho mai incontrato una donna al pari di colei con la quale ora condivido il mio letto! » definì, con tono fermo e orgoglioso, sincero in tali termini, riferendosi, ovviamente, proprio a colei con la quale si stava lì impegnando in un conflitto verbale « Ipotizzare una qualunque critica a suo discapito, invero, potrebbe apparire qual blasfemia, ove nulla in lei può essere considerato degno del più piccolo appunto. »
E se pur la mercenaria, in quel momento, si sarebbe ancora una volta intromessa per rigirare in termini sarcastici quanto da lui appena scandito, egli non le permise tale occasione, riprendendo immediatamente voce per proseguire nella propria arringa difensiva…
« I suoi occhi… » accennò, levando una mano per richiedere, da parte dell'interlocutrice, occasione di parola, di rispettoso ascolto di quant'egli desiderava ancor poter dire « Oh, dei… i suoi occhi sono quanto di più meraviglioso, di più incredibile il Creato si sia mai impegnato a definire, in una tonalità magnifica, superba, ammaliante nella stupefacente passione che dal suo sguardo sa trapelare, un'emozione tanto intensa da esser capace di penetrare nel profondo dell'animo quasi strappandone la carne circostante, per mettere a nudo tutto ciò che si è e che si vorrebbe allora riuscire a essere per dimostrarsi degno di simili pietre preziose, tali gemme di incomparabile valore. »
« Ho sempre saputo che preferisci gli occhi scuri… dannato shar'tiagho… » commentò fra sé e sé la donna guerriero, offrendo voce all'immagine che probabilmente sarebbe potuta conseguire a simile definizione, benché conscia di come essa fosse dedicata a lei e ai suoi occhi color ghiaccio, quello stesso gelo in cui chiunque, abitualmente, era solito intuire la propria morte, ma in cui i suoi amici, i suoi affetti, il suo amato, avrebbero potuto sempre leggere qualcosa di ben diverso, e non sì inumano qual pur la maggior parte delle ballate sembravano divertirsi a descrivere.
« Ma non si tratta solo dei suoi occhi. » scosse il capo il locandiere, pretendendo in ciò ulteriore occasione di intervento, desiderando offrire alla propria posizione maggior trasparenza possibile, a non lasciare ambiguità di sorta nel merito delle ragioni del proprio incommensurabile amore per lei « Sebbene per due occhi qual quelli chiunque potrebbe essere lieto di perdere la vita, o di dannarsi per l'eternità, e per quanto il resto del suo corpo… oh, dei… il suo corpo, non sia di certo inferiore a essi in termini di beltade e malia, fosse solo per il mero aspetto fisico, ogni interesse nei suoi confronti potrebbe ridursi alla sfera sessuale. » sottolineò, fissando il proprio sguardo in quello della donna « Ma non è così. Ti giuro, su tutti gli dei di mio padre e del padre di mio padre, e di suo padre prima di lui, che non si tratta solo di questo, ove ogni singolo istante trascorso accanto a lei, fosse anche solo a discutere della forma delle nuvole in cielo, diviene uno straordinario e indimenticabile momento che mai potrà essere dimenticato: con la propria voce, con le proprie parole, con i propri pensieri, ella è in grado di riplasmare l'essenza stessa della realtà a propria immagine e somiglianza, rendendo vana ogni ipotesi di esistenza al di fuori di lei… »
« Una donna estremamente pericolosa, quindi. » sentenziò Midda, aggrottando la fronte « Mai l'amore dovrebbe tradursi nell'annichilamento di una delle due parti, qual ora, per causa di costei, sembra essere il tuo. » osservò, seria e impietosa, o per lo meno superficialmente tale, benché, dentro di sé, ella avrebbe solamente desiderato precipitarsi sulle labbra dell'amato, per ricompensarlo di tanta, immeritata adorazione.

Ma prima che a Be'Sihl potesse essere lì concessa ulteriore occasione di replica, atta probabilmente a contestare la definizione da lei appena suggerita, una nuova voce volle lì attrarre a sé l'interesse dei presenti, e nella fattispecie della coppia così impegnata in reciproco confronto, proponendo un punto di vista assolutamente inedito, e non per questo meno sincero o meritevole d'attenzione, sulla scena…

domenica 30 ottobre 2011

1383


« N
on avrei mai immaginato di dover rendere conto a qualcuno… tantomeno a te… di come e con chi io decida di trascorrere le mie notti, Midda cara… » sorrise l'uomo, dando dimostrazione di aver ben compreso il giuoco in corso e, in ciò, di essere serenamente pronto a compiere la propria parte in quella scherzosa dissimulazione del loro effettivo rapporto, del loro reale legame « Ma se proprio vuoi saperlo, hai sostanziale ragione nell'affermare come nelle ultime ore io non abbia avuto alcuna occasione né di tranquillità, né di riposo. » ammise con aria sorniona e maliziosa, crogiolandosi senza più ragioni di mistificazione nella contentezza del proprio successo amoroso.
« Comprendo… » commentò la donna, socchiudendo gli occhi con fare predatorio, nel mentre in cui, al centro delle sue temibili iridi color ghiaccio le nere pupille si ridussero alle dimensioni di una capocchia di spillo « E lei, la prostituta che hai pagato per venire a letto con te, come era?! » domandò subito dopo, con tono che, se solo Arasha non avesse saputo per certo dovesse essere interpretato qual frutto di un impegno giocoso, scherzoso con l'interlocutore, avrebbe temuto prossimo a una condanna a morte, tanto per lui, quanto più per colei che aveva osato condividere il suo letto, violando la sacralità di quel giaciglio un tempo proprio della mercenaria.
« Oh… credo che la sua descrizione potrebbe sorprenderti e ingelosirti molto di più di quanto tu già non sia, seppur senza alcuna ragione. » puntualizzò Be'Sihl, sottolineando con il proprio tono la totale mancanza di fondamento dell'asprezza da lei dimostrata in quel particolare momento « E proprio per questo eviterò di offrirti indizi utili a comprendere chi ella fosse. Come tu mi hai insegnato, la prudenza non è mai troppa. » aggrottò la fronte con aria diffidente, dal momento in cui, ragionevole o meno avesse da considerarsi quella gelosia, indubbiamente pericolosa avrebbe comunque dovuto essere riconosciuta, e in quanto tale privata di possibilità di ritorsioni, qual pur chiaramente l'altra stava tentando di ottenere in quelle sue richieste.
« Temi forse che potrei cercarla e renderla una meno gradevole compagna di letto per vossignoria?! » sorrise la Figlia di Marr'Mahew, dando riprova, nella propria espressione e nell'incedere della propria voce, di avere in mente delle soluzioni tutt'altro che piacevoli per l'ipotetica sventurata lì in discussione, forse in ciò divertendosi a rendere noto al proprio compagno il rischio che, comunque, egli avrebbe corso nel momento in cui fosse stato tanto sciocco da pensare di tradirla in sua assenza, nei lunghi periodi di distacco fra loro.
« No… assolutamente. Non temo tale possibilità. » negò, scuotendo vigorosamente il capo « Ne sono praticamente certo! » soggiunse a esplicitare tale giusto e necessario timore, qual solo uno sciocco non avrebbe dimostrato nel confronto con una figura del calibro di Midda Bontor.

E la donna guerriero, in conseguenza a tale reazione, non poté ovviare a un sorriso compiaciuto, sinceramente e intimamente soddisfatta della consapevolezza comunque propria del compagno, tale da non permettergli di dimenticarsi, ove fosse possibile, che ella non avrebbe dovuto essere giudicata un'amante come altre, una compagna di letto da poter piegare ai propri capricci in nome di una supposta predominanza maschile, ma da rispettare sempre e comunque in quanto propria pari. Un rischio, quello da lei in ciò potenzialmente temuto, che avrebbe dovuto comunque essere giudicato assolutamente vano, superfluo nella propria occorrenza, dal momento in cui, in quanto shar'tiagho, da parte di Be'Sihl non avrebbe mai potuto attendersi una qualsivoglia mancanza di rispetto per sé e per la propria femminilità, ove, così come aveva avuto l'occasione di scoprire personalmente, e di apprezzare, in quel lontano regno di Shar'Tiagh diversa avrebbe dovuto essere giudicata l'impronta sociale, tale da non prevedere una supremazia maschile, un patriarcato imperante, quanto, e straordinariamente, una concreta parità fra uomini e donne, e, sotto certi aspetti, persino una palese predominazione femminile. Mai, in tutto questo e in quanto shar'tiagho, Be'Sihl avrebbe potuto apprezzare un'amante diversa da lei, forse motivo per il quale, del resto, egli aveva atteso quasi tre lustri prima di poter finalmente giungere a concretizzare la relazione con lei, a tradurre quell'amicizia in un amore tanto desiderato e pur, ormai, forse neppur sperato.
Una donna meno combattiva, meno energica, meno intelligente e colta rispetto a lei, allo sguardo del locandiere, non avrebbe reso propria alcuna ragione d'interesse, a eccezion fatta per il limitato piacere di una fugace notte di sesso priva di conseguenze o complicazioni. E Be'Sihl, ormai, non avrebbe più potuto considerarsi un ragazzino, un fanciullo vittima dei propri ormoni e in questo disposto ad accontentarsi di qualsiasi opportunità concessagli per qualche ora di piacere.

« E sia… » si arrese la Figlia di Marr'Mahew, levando le mani a esplicitare la propria resa in un gesto non dissimile da quello già pocanzi offerto in direzione di Arasha « Ti giuro, sul mio onore, che mai farò del male al tuo nuovo mezzo d'intrattenimento notturno, né direttamente né indirettamente… » promise, a rassicurare, in tal senso, il proprio compagno sulla propria quieta disponibilità a un confronto verbale in tal senso, a simile riguardo, ove, chiaramente, egli non desiderava offrirsi eccessivamente collaborativo con lei in assenza di una simile dichiarazione, di un tale, solido impegno a ovviare a possibilità di ripercussioni sulla sventurata.
« Indirettamente?! » si intromise la giovane spettatrice di tale confronto, lì rimasta allora in silenzio nell'impossibilità a prendere voce in qualsiasi direzione, e pur tutt'altro che distratta dall'evoluzione del medesimo, nella naturale curiosità di scoprire verso quale meta avrebbero voluto dirigersi i due interlocutori.
« Oh, sì. » annuì la mercenaria « Ti assicuro che vi sono molti mezzi per riuscire a ledere in maniera indiretta a qualcuno, persino arrivando a causarne la morte se non, anche, il suicidio. » si umettò le labbra, quasi deliziata a tale idea, in un gesto che avrebbe probabilmente imposto naturale ritrosia su qualunque altra controparte, nel timore id quanto, effettivamente, ella avrebbe potuto compiere, e, più precisamente, del numero di modi nei quali ella sarebbe potuta riuscire a imporre prematura conclusione a un proprio avversario, ove lasciata libera di fantasticare a tal riguardo.
E Arasha, pur consapevole dello scherzo alla base di tutto quel discorso, non trovò allora alcuna ragione per la quale sospingersi a intervenire nuovamente, a chiedere ulteriori chiarimenti, già sufficientemente accontentata, in ogni proprio interesse, da quella prima, esplicita non galvanizzante replica.
« Allora… Be'Sihl… » continuò la donna dagli occhi color ghiaccio, riportando la propria attenzione all'amante, o ex-amante qual si stava impegnando a considerarlo in quel particolare frangente « Ti è sufficiente la mia parola o vuoi che io mi umili in modi peggiori davanti a te, per invitarti a parlare?! »
« Parlare di cosa? » questionò egli, ben comprendendo, tuttavia, l'obiettivo della compagna.

Obiettivo, quello della mercenaria, tutt'altro che difficile da ipotizzare o da apprezzare da parte sua, laddove, dopotutto, ella mai era mutata, nei propri modi d'essere e di agire, rispetto a due o a dodici anni prima, proponendosi in ciò sempre desiderosa di intrattenersi con lui in dialoghi qual quello, a metà fra lo scherzo e la malizia: dialoghi, i loro, che un tempo li avrebbero visti stuzzicarsi reciprocamente a sottintendere una qualche evoluzione amorosa fra loro e che ora, dovendo difendere quanto già raggiunto, li stavano altresì impegnando a confrontarsi su temi non dissimili, se pur in posizioni antitetiche, quali ex-compagni di letto, ex-amanti, formalmente desiderosi soltanto di indispettirsi a vicenda, pur, in maniera inalterata, ritrovandosi animati dallo stesso ludico desiderio passato.

« Desideri forse che ti illustri la concupiscenza che mi ha sospinto a non ridurmi al ruolo di eremita in conseguenza del tuo abbandono, o forse, piuttosto, desideri che ti offra un quadro sufficientemente dettagliato dei nuovi livelli di lussuria ai quali, in compagnia della mia nuova compagna, sono riuscito a raggiungere e conquistare, in termini che mai, in passato, avrei potuto credere possibili?! » la provocò subito dopo, interrogandola ancora sulle effettive ragioni alla base del suo invito a prendere parola.
« A tuo piacere, mio caro ex-complice e confidente… » sorrise ella, in maniera apparentemente amabile e pur, come già prima, visibilmente animata da un desiderio di sangue tutt'altro che piacevole o invitante, innanzi al quale nessuno avrebbe avuto cuore di proseguire nei termini in cui, altresì, egli sembrava scioccamente desideroso di impegnarsi « Ti ho già dato la mia parola che a lei non torcerò un solo capello. » ribadì ella, calcando il tono nel riferimento all'ipotetica antagonista femminile, attorno a quel pronome personale, in una sfumatura estremamente particolare che avrebbe potuto essere interpretata in molteplici significati diversi.

sabato 29 ottobre 2011

1382


A
rasha sorrise, o, per meglio dire, rise sommessamente, alle parole della propria interlocutrice e, ancor più, al tono da lei reso proprio per enfatizzare l'intento scherzoso assunto in quel frangente. Se solo avesse voluto analizzare con distacco la situazione lì attuale, in verità, ella avrebbe dovuto riservare qual proprio un serio stupore e una parziale soggezione, ove, sino a un paio di anni prima improbabile sarebbe stato ritenere di giungere ad avere un rapporto tanto intimo con una figura tanto importante e, soprattutto, tanto pericolosa qual quella della Figlia di Marr'Mahew. E se nel confronto con la sua mente, con la sua soggettiva visione personale, Midda Bontor non era mai apparsa qual nulla di più di una donna, quella stessa donna si era comunque dimostrata capace di incredibili imprese e, ancor più, incredibili stragi, uccisioni sorprendenti anche nel confronto con i canoni propri di una capitale come Kriarya, città del peccato, ove la morte e la morte violenta erano concetti più consueti rispetto alla medesima vita al punto da giustificare l'esistenza di una struttura come quella della valle del Gorleheim, preposta allo smaltimento delle dozzine di cadaveri giornalmente prodotte da quelle mura. In questo improprio sarebbe stato per chiunque l'idea di ritrovarsi a confronto diretto con una mercenaria, una combattente, un'assassina suo pari impegnati non tanto in una sfida all'ultimo sangue, quanto, e piuttosto, in una quieta conversazione, un comune dialogo così come sarebbe potuto avvenire fra due semplici conoscenti o due vecchie amiche.
Lasciando sfumare la propria ilarità in un sorriso comunque divertito, e scuotendo in ciò il capo come a imporsi di ritrovare il contegno perduto, la giovane volse per un istante lo sguardo attorno a sé a ricercare contatto visivo con l'immagine del proprio superiore, con la figura del locandiere che, in conseguenza alla ricomparsa della donna dagli occhi color ghiaccio era sicura sarebbe a sua volta presto sopraggiunto. Tuttavia, al di là di tali aspettative, i suoi grandi occhi scuri non riuscirono a cogliere quanto atteso, ragione per cui non poté esimersi dal rivolgere una domanda in tal senso alla propria interlocutrice, pur prestando attenzione a ovviare a riferimenti che potessero sottintendere in maniera sufficientemente esplicita a una relazione fra lei e lo shar'tiagho, onde evitare a eventuali orecchie lì in ascolto occasione di incomodo interessamento in tale questione e nel segreto ancor tale della stessa mercenaria.

« Ti prego di non domandarmi, a tua volta, qual destino possa essere stato proprio del tuo socio in affari, nonché comproprietario di tutto ciò che ci circonda… » riprese voce, accennando in ciò alla sin troppo lunga sequenza di questioni che da oltre un'ora la stavano impegnando nell'inventarsi risposte sempre più fantasiose, nonché elaborate di volta in volta a giusto compenso per le modalità con cui la stessa questione stava venendo di volta rielaborata da diversi interlocutori « So che è in ritardo rispetto ai propri consueti orari… ma so anche che egli qui è il padrone e, in quanto tale, non deve certamente rendere conto a me o ad altri dei propri impegni, né diurni, né notturni. »
« Oh… non ti preoccupare. » minimizzò la mercenaria, sollevando entrambe le proprie spalle e lasciandole, subito dopo, ricadere, prima di accomodarsi a sedere tranquilla al bancone, in quieta attesa di una qualche forma di colazione, qualunque la propria controparte, o chi per lei, avrebbe deciso di concederle « Sono certa che quel pelandrone fedifrago saprà ben giustificare la propria assenza, magari citando qual ragione della medesima una qualche sensuale compagna di letto dai grossi seni in compagnia della quale ha smarrito completamente la concezione del tempo e per colpa della quale si è ritrovato fisicamente troppo provato per potersi presentare al suo posto questa mattina… » esplicitò il proprio personale punto di vista, in una commistione abilmente misurata fra realtà e inganno, per rendere ancor più credibile la quale mosse le mani a indicare una dimensione oscenamente superiore a quella delle proprie già abbondanti forme, qual ipotesi per la possibile nuova amante del proprio ex-compagno.
« Gorl… » rise nuovamente Arasha a quelle parole, non riuscendo a trattenersi da tale reazione in conseguenza diretta del gesto di lei, così come volle immediatamente esplicitare « Certo che sentire te lamentarti per l'abbondanza delle proporzioni di altre è ancor più paradossale che sentir me lamentarmi per la mia matura età. » puntualizzò, puntando in tal senso l'indice della destra in direzione del petto dell'interlocutrice, quasi vi fosse bisogno, in ciò, di ricordarle la propria condizione fisica.

A quelle parole, e a quell'indicazione, pur da lei esplicitamente invocate nella propria occorrenza avendo servito l'occasione all'altra su un vassoio d'argento, Midda si costrinse a restare seria, chinando il proprio sguardo a cercare confronto visivo con i propri seni, così come celati dietro alla pelliccia di sfinge scelta qual proprio nuovo abbigliamento a tale altezza, a valutare la correttezza o meno delle argomentazioni da lei proposte, quasi non avesse confidenza alcuna con il proprio corpo e le sue effettive caratteristiche.
E dopo un lungo istante di riflessione e valutazione attorno a simile tema, ella non ebbe, suo malgrado, possibilità alternative a quella di ammettere la propria colpa, se tale avesse dovuto essere considerata…

« Colpita e affondata. » annunciò pertanto, levando entrambe le mani in segno di resa, a dichiarare in maniera esplicita la propria sconfitta « Tuttavia ciò non toglie come il tuo capo abbia da essere considerato un maiale maschilista e anche un poco sciovinista, sempre intento a sfruttare la propria posizione d'autorità per richiedere prestazioni gratuite a professioniste del settore. » volle comunque permettersi di ribadire il concetto già precedentemente scandito, a discapito dello shar'tiagho lì assente per potersi difendere « Del resto vi deve essere una ragione per cui io abbia deciso di chiudere la nostra storia, non trovi?! »
« Oh beh… » replicò l'altra non senza ragioni di incertezza, non sapendo effettivamente in che direzione potersi esprimere attorno a quell'argomento, e, per tal motivo, decidendo di far propria una posizione di neutralità, qual, del resto, sarebbe potuta essere comprensibile da parte sua in quanto dipendente di entrambe le figure coinvolte in simile, indiretta diatriba « Non credo di aver competenze specifiche per potermi esprimere in tal senso… »

Parole, le sue, che non avrebbero potuto essere scelte qual più azzeccate in quel momento, più consone in quel frangente, dal momento in cui non le venne neppure offerta l'occasione di concludere la propria asserzione in tal senso che una terza voce irruppe nella questione, pretendendo qual propria un'occasione di intervento nel dialogo in corso…

« Esprimere in quale senso…?! » esordì la ben nota voce di Be'Sihl, giungendo alle spalle della sua giovane collaboratrice e lì sostituta in sua assenza, facendo proprio un tono decisamente allegro e trasparentemente sereno, qual solo sarebbe potuto essere quello di un uomo dopo aver trascorso una notte in splendida compagnia, così come entrambe le sue interlocutrici, invero, erano consce egli avesse trascorso « Salute a entrambe, e che gli dei possano benedire questa nuova, splendida giornata per tutti noi. » soggiunse poi, non volendo scordare le buone maniere e, in ciò, non negando un giusto omaggio alle proprie ricercate interlocutrici, nel sopraggiungere fra loro.
« Ben alzato, Be'Sihl. » salutò Arasha, non negandosi uno spontaneo sorriso imbarazzato, laddove, sebbene quello fra lei e Midda avesse da essere giudicato qual un semplice giuoco, senza alcuna reale base a fondamento delle loro argomentazioni, l'intervento dell'uomo l'aveva sinceramente colta di sorpresa, quasi stessero effettivamente sparlando di lui « Spero che tu abbia trascorso una quieta notte di risposo. »
« Oh… ma si vede lontano un miglio che per lui non è stata nulla di tutto ciò! » intervenne la Figlia di Marr'Mahew ancor prima che al compagno potesse essere concessa opportunità di rispondere alla sua interlocutrice « Né una notte quieta, né, tantomeno, una notte di riposo… » sottolineò, lasciando trapelare nel proprio tono un certo, sommesso rimprovero verso di lui.

Tono, quello allora reso proprio dalla donna guerriero, in conseguenza del quale, quanto allora solo ipotizzato fosse stato compiuto l'uomo nel corso dell'ultima notte, sarebbe potuto essere realmente giudicato quale un tradimento nonostante ormai, almeno all'attenzione del loro pubblico lì circostante, alcun rapporto legasse effettivamente il medesimo a lei e, in questo, alcun interesse avrebbe dovuto essere proprio in lei per i possibili impegni notturni dell'ex-amante. Così come, del resto, anch'egli non perse occasione di ribadire nell'offrire giusta replica alla propria indignata controparte…

venerdì 28 ottobre 2011

1381


« V
i sono forse problemi, mia cara?! »

A subentrare con una tranquilla e pur gelida questione, richiesta scandita da sillabe pronunciate con incedere sì freddo e disumano da poter richiamare alla mente l'idea di una lama, la cui pericolosità non avrebbe dovuto essere considerata poi qual traguardo lontano, fu allora proprio colei la cui immagine era stata appena evocata dalle parole della giovane Arasha, quasi il semplice accenno alla stessa, ove neppur il suo nome era stato scandito in chiari termini, potesse riservarsi potere sufficiente a richiamarne lì la presenza, a convocarla là dove, forse, vi sarebbe potuto essere bisogno di lei se solo l'ebbro interlocutore della fanciulla non avesse apprezzato da solo l'importanza di defilarsi, di preferire la ricerca di un altro giorno di vita a quello di una morte praticamente certa, qual sola sarebbe potuta essergli assicurata dalla Figlia di Marr'Mahew.
I suoi capelli neri, perennemente in ribellione contro ogni qual forma di ordine costituito non diversamente dalla loro stessa proprietaria, a contornare un volto pallido, appena ravvivato, nella propria superficie, da una disordinata spruzzata di efelidi, e severamente turbato, nella propria integrità, da un'orrenda cicatrice, con al proprio centro occhi sì famosi da non necessitare di ulteriori occasioni di declamazione, avrebbero potuto già identificare in maniera sicura quella figura, quella donna sì matura e pur, ancora, incredibilmente vitale, energica, non timorosa della morte e pur sufficientemente affezionata alla vita da lottare per essa, da combattere ogni giorno per il proprio diritto a essere e a essere libera, libera da ogni regola, da ogni principio al di fuori dei propri, al di fuori di quanto solo per lei realmente meritevole di attenzione, di valore. Tuttavia, se tale capo non fosse stato abbastanza per uno sventurato interlocutore e candidato antagonista, il braccio sinistro di lei, ornato da un'incredibile e complessa sequenza di tatuaggi tribali in tonalità azzurre e bluastre, nonché il braccio destro di lei, sostituito nella propria presenza, dalla spalla in giù, da un braccio di nera armatura dai rossi riflessi, avrebbero potuto certamente ovviare a qualsiasi genere di dubbio, sebbene difficilmente in loro direzione uno sguardo maschile si sarebbe immediatamente impegnato, preferendo indulgere, più che altro, sull'abbondanza dei seni di lei, lì si generosi nelle proprie tonde forme da apparire quasi prossimi a un desiderio di psicologico riscatto in termini di femminilità, a ovviare a qualunque eventuale dubbio su quanto ella dovesse essere ritenuta donna oltre che guerriera.

« Midda… ben trovata. » sorrise Arasha, dimostrando un esplicito livello di confidenza con lei, rapporto di fiducia, invero, conquistato solo in tempi recenti, se pur indubbiamente favorito, nella propria occorrenza, non solo dal proprio rapporto personale con il suo scudiero, quant'anche dalla propria relazione figliale con il primo maestro d'arme della stessa mercenaria, colui che in tempi persino antecedenti alla sua nascita aveva iniziato la combattente più famosa di quell'angolo di mondo all'arte della guerra, indubbiamente influenzandone in misura tutt'altro che irrilevante la crescita e la maturazione « Stavo giustappunto parlando amabilmente con il nostro ospite qui presente, illustrandogli dettagli nel merito della tua affezionata gestione della locanda e dell'ordine all'interno della medesima. »
« Sei sempre la solita, Arasha. » sospirò Midda, avanzando sino a porsi al fianco dell'ubriaco, ancora non perfettamente consapevole di quanto fosse accaduto, per appoggiare sulla sua spalla, con fare apparentemente amichevole, il peso della propria destra metallica, invero non dissimile a una gelida promessa di morte per chiunque avesse osato infastidirla o infastidire qualcuno a lei prossimo « Ti prego di non dare credito a quanto ti possa aver detto a mio riguardo… » prese così voce in direzione dell'uomo « E' sempre troppo generosa nei miei riguardi, offrendomi più spazio di quanto io non ne meriti. »
« Oh, beh… è il minimo. » replicò la giovane, stringendosi fra le spalle « Dopotutto sono costretta a pensare solo il meglio di te, dal momento in cui il mio compagno è follemente invaghito di te al punto tale da non riuscire a parlare d'altro se non delle tue imprese neppure in mia presenza. » argomentò, non risparmiando la propria ironia e il proprio sarcasmo, a buon dire, neppure alla stessa Figlia di Marr'Mahew, in una quieta polemica della quale, comunque, era consapevole non avrebbe potuto essere giudicata colpevole in alcuna misura, ove non era ella a pretendere Seem al proprio fianco, quanto, piuttosto, esattamente il contrario.
« E' giovane e ancor vittima di idee troppo romantiche, quali quelle che mi descrivono quale una sorta di eroina d'altri tempi. » rispose la donna, non offrendo particolare peso a quell'accusa e pur non sottraendosi dall'onere di una giusta dissertazione a tal riguardo « Concedigli un poco d'ulteriore pazienza e vedrai che, a tempo debito, comprenderà cosa vale veramente nella propria vita, e vi darà il giusto peso. » proseguì, per poi volgersi, nuovamente, all'uomo ancora presente accanto a lei, rimasto in riflessivo silenzio, nella volontà di riuscire a elaborare con precisione quanto gli stesse avvenendo attorno « In fondo non c'è nulla di interessante o eroico a gettarsi a testa bassa in contrasto a zombie, scheletri, gargolle, cerberi, tifoni, sfingi, ippocampi, anfesibene, chimere e quant'altro… non trovi?! » gli domandò, quasi fosse realmente interessata a una sua opinione a tal riguardo.

Ma, a straordinaria dimostrazione di quanto ogni pregiudizio a discapito del proprio prossimo avrebbe dovuto essere riconosciuto qual sciocco, superficiale, inutile e persino dannoso, l'uomo così coinvolto nella questione, in effetti coinvoltosi nella questione in conseguenza diretta al proprio comportamento prepotente e sgarbato, si dissociò da quanto abituale e stereotipata reazione di un colosso ricolmo di muscoli in ogni angolo del proprio corpo sotto gli effetti di eccessive quantità di vino, birra e quant'altro. E così, invece di replicare in quei prevedibili termini che solo avrebbero condotto a un aspro confronto con la propria interlocutrice, nonché a una serie di dolorose conseguenze, seppur probabilmente non letali, a proprio discapito, egli preferì votare a favore di una reazione più quieta, più moderata, e volta a porre rimedio all'eventuale danno precedente, probabilmente in grazia a una condizione poi non così grave di disinibizione alcolica…

« Uhm… » prese voce, dimostrando un certo gradi di esitazione nel proprio incedere, a voler soppesare, nei limiti delle proprie possibilità, ogni parola prima di scandirla « Sinceramente… non lo so. » definì, in risposta alla mercenaria, per poi proseguire « E se lor signore… mi vorranno concedere licenza… credo proprio che andrò a fare due passi fuori… di qui. Sento un'insolita esigenza… di rigurgito… »

Affermazioni, le sue, in immediata conseguenza alle quali non volle far proprio ulteriore indugio, né attendere altra replica da parte delle due, prima di arretrare, sottraendosi al contatto con la gelida mano metallica della donna e incespicando in direzione dell'uscita dal locale, chiaramente dimentico di ogni precedente litigioso intento e di qualunque altra ragione per la quale si era sino a lì portato.
E la Figlia di Marr'Mahew, che alcuna ragione avrebbe potuto definir propria in contrasto a quello sciocco, invero rivelatosi allora sufficientemente prudente, ancor facente proprio un certo spirito di conservazione, un qualche istinto di sopravvivenza, non volle intervenir in alcuna misura in contrasto a quella ritirata, a quell'allontanamento, minimizzando l'intera questione nello stringersi fra le spalle con disinteresse, prima di tornare con il proprio sguardo, e tutta la propria attenzione, in direzione di Arasha, unica interlocutrice in tutto ciò rimastale.

« Sarà come tu dici… » commentò la giovane, storcendo appena le labbra verso il basso a esplicitare un non fermo convincimento nel merito di quanto dall'altra appena suggeritole, consigliatole nel proprio rapporto con Seem « Spero solo che il tuo scudiero si riesca a rendere conto di tutto ciò prima che io arrivi a compiere vent'anni… o, per allora, egli si sarà perduto quanto di meglio ho da offrirgli. »
« Ehy! » protestò la donna, sgranando gli occhi con fare sorpreso e scandalizzato da quelle parole « Bada bene a come parli, ragazzina insolente! » l'avvertì, con tono grottescamente minaccioso, per quanto dimostrato qual scherzoso da un lieve sorriso malcelato « Ti ricordo che hai praticamente la metà dei miei anni… non mi sembra il caso che tu ti lamenti per la tua età e per il tempo che scorre implacabile! »

giovedì 27 ottobre 2011

1380


Q
uel mattino, in una giornata come altre in Kriarya, all'interno delle mura della quale solamente i giorni di Transizione e il Capodanno sembravano essere in grado di far propria una qualche valenza festiva, forse più in grazia all'idea di essere sopravvissuti a un'altra stagione che per diverse ragioni, non furono pochi coloro che rilevarono l'anomalia rappresentata dal ritardo del locandiere dietro al bancone di sua consueta competenza, lì pur eccellentemente sostituito dalla giovane Arasha, colei che già per molti mesi si era fatta carico della gestione di quell'intera attività durante l'assenza del legittimo proprietario e che, al ritorno del medesimo, non era stata rimossa dal ruolo, ritrovandosi anzi posta a un livello quasi pari a quello dello stesso Be'Sihl, anche e soprattutto nel confronto con tutti i garzoni lì impiegati che ai suoi ordini avrebbero dovuto obbedire in misura non inferiore a quelli espressi a opera della voce dello shar'tiagho.
Un ritardo, quello proprio dell'uomo, dopotutto decisamente insolito, per non dire quasi eccezionale, nel confronto con quelle da lui dimostrate qual proprie abitudini, propri personali riti quotidiani, tali da prevedere la sua puntuale presenza a quel posto di comando, quasi un capitano al timone di una nave, ogni giorno a partire da meno di mezz'ora dopo l'alba sino a mezzanotte inoltrata, e a volte anche più. Un ritardo, il suo, che malgrado quella fosse la città del peccato, e malgrado entro quelle mura un figlio avrebbe potuto tranquillamente vendere sua madre per meno di un soffio d'oro, non poté non essere colto da quasi tutti i mattinieri avventori di quel luogo di ritrovo come molti altri in città, che pur, educati a quella sua quieta abitudine, avevano necessariamente trovato in quell'uomo, e nella sua figura dietro a quel bancone, una delle poche certezze nella propria stessa esistenza, una delle poche costanti a cui poter offrire quieta occasione di fede. Un ritardo, ancora, che non mancò di suscitare, pertanto, numerose domande volte all'intraprendente Arasha, la quale non si lasciò sfuggire occasione per offrire, a ogni intento curioso, a ogni ipotesi fantasiosa, una rapida risposta atta a porre a tacere ogni interesse attorno a tale questione nei suoi interlocutori, a meno, ovviamente, di non voler rischiare di suscitare, da parte sua, reazioni più piccate, quali pur chiunque lì avrebbe accolto con quieta rassegnazione, non prendendo in neppur effimero esame l'idea di una qualche ribellione a suo discapito non tanto per un qualche timore nei suoi riguardi, quanto piuttosto per un sincero rispetto, qual ella aveva dato molteplice riprova di meritarsi non di meno di quanto, prima di lei, era riuscito a ottenere lo stesso Be'Sihl, unico locandiere in tutta Kriarya a non dipendere, nella propria attività, dalla protezione di un qualche mecenate, di uno dei signori della città.

« Salute a te, Arasha… » accennò uno fra i tanti, nel prendere voce verso di lei, ridiscendendo dai piani superiori della locanda là dove aveva riposato nel corso della notte « E' forse accaduto qualcosa al nostro buon anfitrione, per costringerlo a non essere presente qui stamani? »
« Oh… non ti preoccupare. » scosse il capo ella, minimizzando la questione « Ha solo deciso di fare un altro salto dai suoi, su a Shar'Tiagh: ha promesso che sarebbe comunque tornato in tempo per preparare il pranzo, ben sapendo quanto apprezzi le sue costine grigliate! » scherzò, in maniera assolutamente esplicita nel prevedere tempi troppo brevi per un viaggio così lungo qual solo sarebbe potuto essere quello utile ad attraversare l'intero continente di Qahr da sud a nord, da ovest a est, per raggiungere il regno in questione.
« Ottimo! Mi sarebbe dispiaciuto rinunciarvi… » rispose l'altro, forse con eccessiva serietà, tale da far supporre come, malgrado tutto, non avesse avuto modo di ben apprezzare il giuoco di lei, probabilmente nel non conoscere con precisione ove avesse da collocarsi geograficamente la stessa Shar'Tiagh.
« Ehylà, Arasha… » salutò un altro, dopo non troppo tempo dal precedente, nell'avvicinarsi al bancone per quanto, in questa occasione, non provenendo da uno dei piani superiori quanto dall'ingresso principale, lì sopraggiunto nell'evidente intento di consumare colazione come del resto ella avrebbe potuto quietamente testimoniare fosse solito fare ogni mattina « Tutto bene?! Dove è il gran capo oggi? Non gli sarà successo qualcosa, spero… »
« No, davvero! » sorrise la giovane, sorridendo con fare malizioso « Si sta solo intrattenendo con una mezza dozzina di professioniste per festeggiare il suo genetliaco. »
« Non sapevo fosse il suo compleanno! » esclamò, più a commento all'annuncio dal momento in cui che tale esistenza fosse o non fosse effettivamente tale a nessuno sarebbe realmente importato, probabilmente neppure allo stesso locandiere così coinvolto inconsapevolmente nella questione.
« In effetti non è certo della data, ma l'importante è che le sue compagne non lo sappiano… » sottolineò, strizzando l'occhio con intento apparentemente complice verso la controparte « Sai… questione di sconti! »
« Dove accidenti… si è cacciato il tuo… stramaledetto… padrone di casa?! » prese voce in breve l'ennesimo cliente, dimostrando, nell'incertezza delle proprie pur sgarbate parole, così come dei propri movimenti, ancor prima che con una fetida zaffata di alcolico alito, quanto ancora avesse da giudicarsi lontano dal riuscire a smaltire gli effetti di troppo vino trangugiato nella notte appena conclusasi.
« Si è dovuta assentare per qualche ora allo scopo di condurre un gruppo di clienti in arretrato con il pagamento delle proprie consumazioni in visita alla valle del Gorleheim… » spiegò Arasha, accennando, in ciò, a un particolare e ben noto avvallamento poco distante dalla capitale ove venivano condotti quotidianamente i cadaveri di tutte le vittime di Kriarya, per essere lì cremate in una colossale pira funebre costantemente ardente « Se vuoi attenderla, quanto tornerà potrà darti indicazioni a tal riguardo. » soggiunse, insistendo con la declinazione al femminile delle proprie frasi in una sottile scelta tutt'altro che casuale e, ancor più, tutt'altro che conseguenza di un qualche errore linguistico.
« Stai cercando di… beffeggiarmi, ragazzina?! » commento quello, nel proprio stato d'ebbrezza più suscettibile dei suoi predecessori al tono della giovane donna « Guarda che io… »
« Oh, no… no davvero! » negò ella, ancora scuotendo il capo e levando le mani innanzi a sé quasi a volersi difendere da tale ipotesi, così proclamata quanto di più lontano possibile da qualunque sua intima volontà personale « Ti assicuro che sarà più che felice di mostrarti la strada per la valle del Gorleheim, come ha già fatto con molti altri cordiali avventori prima di te. »
« Lo shar'tiagho… non è un uomo violento… lo sanno tutti. » commentò l'ubriaco, cercando di elaborare il significato delle argomentazioni della propria interlocutrice, non senza un intenso sforzo in tal direzione.
« Ahh… ma tu volevi chiedermi informazioni in merito a Be'Sihl?! » sorrise la giovane, levando la destra a battersi delicatamente la fronte a testimoniare quanto fosse in quel momento spiacente per un proprio errore di comprensione nel merito delle intenzioni dell'uomo « Scusami… ero convinto ti interessasse di più l'altra proprietaria, dal momento che attualmente è in città, e sta supervisionando l'andamento del suo investimento in questa locanda. » spiegò il proprio sbaglio, non mancando di calcare il tono nell'implicito riferimento rivolto a Midda Bontor, accenno che si rivelò più che sufficiente per suggerire all'altro di cambiare aria prima del supposto ritorno della medesima dalla propria gita fuori porta.

Ovviamente, al di là dell'ironia e del sarcasmo da lei impegnato a tutela di entrambi i propri datori di lavoro, per quanto ancora non si fosse abituato a considerarli qual tale, la giovane donna avrebbe dovuto essere riconosciuta quale una delle poche figure in tutta Kriarya, in tutta Kofreya e, ancora, nel mondo intero, a essere consapevole della relazione ancor esistente fra la Figlia di Marr'Mahew e lo stesso locandiere, coscienza in grazia alla quale non avrebbe potuto far propria alcuna reale occasione di preoccupazione all'idea di un qualunque ritardo da parte di Be'Sihl, dimostrandosi, altresì, sinceramente più che felice per l'occasione di serenità a lui in tutto ciò riservata.
Una felicità, la sua, che invero non avrebbe potuto essere giudicata qual completamente disinteressata, dal momento in cui la presenza in città della mercenaria dagli occhi color ghiaccio avrebbe necessariamente rappresentato anche l'occasione di ritorno alla capitale per un'altra, e minore, figura che da qualche anno aveva fatto propria la responsabilità di scudiero della medesima: Seem, un giovane figlio di Kriarya suo malgrado, o sua fortuna, tremendamente distante dalle psicologie comuni a quella particolare capitale, da modelli di vita violenti e spietati quali quelli lì imperanti, e che, forse anche in questo, e nella propria dolce goffaggine, era riuscito anche e ancor più, a far propria una parte del cuore della figlia del suo ex-mentore, lasciandola innamorare di lui in una misura della quale, forse, probabilmente, egli neppure era ancora realmente in grado di apprezzare e che pur, sinceramente, ella non voleva smettere di sperare un giorno avrebbe saputo comprendere al punto tale da preferire spendere il proprio tempo, il proprio presente, al suo fianco, invece di inseguire faticosamente la da lui forse anche troppo amata padrona in giro per il mondo, nelle folli avventure che ne caratterizzavano il nome in dozzine e dozzine di canzoni e ballate.

mercoledì 26 ottobre 2011

1379


« U
n uomo paziente, eh?! » sorrise ella, con fare sornione e divertito, lasciando le labbra di lui al termine di quel bacio, nel ripetere le parole scelte dal proprio interlocutore a sua stessa descrizione con intento trasparentemente critico verso le stesse e quanto da esse sottinteso « Forse hai ragione… ma non puoi negare quanto il giuoco valga la candela in mia compagnia. E, nella fattispecie, quanto la ricompensa valga l'attesa. » esplicitò una propria opinione a tal riguardo, lasciandosi stiracchiare innanzi a lui forse al semplice scopo di distendere i muscoli ancora addormentati al seguito del sonno purtroppo interrotto, o, forse e più probabilmente, nel malizioso intento di dispiegare le proprie forme innanzi a lui, sospingendo in tal gesto la pienezza dei propri seni a sollevarsi e il proprio ventre a contrarsi nell'inarcare la schiena proprio in direzione dell'amante.
« In effetti… » non poté evitare di ammettere egli, sospirando innanzi a tanta grazia sulla quale si sarebbe volentieri avventato se solo l'amata gliene avesse concessa l'occasione, se solo gli impegni della stessa e, soprattutto, l'esigenza di andare a risistemare il salone principale della propria locanda non glielo avessero negato quale spiacevolmente improbabile nella propria occorrenza « Dei… ho mai espresso un qualche parere positivo a riguardo della tua splendida beltade, Midda? O, forse, sono stato tanto cieco da non accorgermene prima, o tanto stupido da non offrirle il giusto e meritato risalto?! » espresse poi, umanamente e sinceramente rapido dalla sensualità della sua compagna, quella femminilità che, malgrado tutte le ferite subite, tutte le lesioni accumulate nel corso del tempo, nonché malgrado i suoi tre decenni e mezzo di vita, era in grado di trasudare da ogni propria curva, nonché dai movimenti forse spontanei, più probabilmente sapientemente studiati, da lei posti in essere in ogni momento della propria esistenza.
« E questo che attinenza ha con l'argomento in discussione? » ridacchiò la donna, lasciando rilassare i propri muscoli e, in tal gesto, riportando le proprie braccia a chiudersi attorno al corpo del compagno, per trarlo amorevolmente a sé, tutt'altro che desiderosa di allontanarsi da lui almeno nella stessa misura in cui simile assenza di bramosia era vissuta dall'altro.
« E' così indispensabile offrire un'attinenza con l'argomento in discussione nel voler porre in risalto l'incredibile emozione che il confronto con la tua immagine è capace di suscitare in me? » replicò egli, scuotendo appena il capo alla questione così come da lei formulata « Eppure credevo che la tua femminilità si sarebbe sentita deliziata nel confronto con una tale asserzione da parte mia… o per te vale davvero così poco la mia opinione a tal riguardo? »
« No… non direi che vale poco. Anzi… » lo volle rassicurare la Figlia di Marr'Mahew, spingendosi nuovamente alla ricerca delle sue labbra con piccoli, fuggevoli e giocosi contatti, più impegnata, in ciò, a stuzzicarlo ancor prima che a baciarlo « Apri bene le orecchie, Be'Sihl Ahvn-Qa, perché non so quante altre volte riuscirai a farmi ripetere quanto sto per dire: la tua opinione, a tutti gli effetti, è la sola che possa aver un qualunque valore per me. Quindi non sottovalutare l'importanza del tuo ruolo nella mia vita e nella mia quotidianità, a meno di non voler offendere, in ciò, questo mio sentimento. »
« Woah… » esclamò il locandiere, con tono scherzoso e, pur, con intento assolutamente serio nel proprio incedere verbale nei suoi riguardi « … dopo un'affermazione come questa, credo proprio che se tu non fossi sposata, ti avrei chiesto di legarti a me per l'eternità innanzi agli dei tutti. » commentò, con un malinconico riferimento a Desmair, il semidio sposo della propria amata e amante.
« Dammi il tempo di sistemare la mia cara sorellina… e poi penserò anche a lui, fidati. » sembrò quasi promettere la mercenaria, accarezzandogli ora le gote con la punta delle dita « Come ho già espresso in passato, il fatto che egli sia immortale non rappresenta una buona scusa per giustificare la mia incapacità ad ammazzarlo. »
« Scusami… » rispose egli, scuotendo appena il capo « Dimentica quanto ho detto e, soprattutto, ti prego, dimentica lui. » le richiese, con tono ora serio quanto il suo intento, e trasparente, addirittura, di una sorta di ansia a tal riguardo « Da parte di quell'essere non potrà derivare nulla di buono per te… o per noi. »

In conseguenza di quella vivace, e inattesa, reazione da parte del proprio interlocutore, nel clima di dolce giocare che, sino a un istante prima, aveva caratterizzato il loro dialogo, Midda non poté ovviare a un momento di incertezza, di dubbio nel merito delle ragioni per le quali il proprio amato potesse essersi espresso con tanto timore nel confronto con il proprio per nulla apprezzato marito, quasi come se stesse riferendosi, in tal senso, parlando per esperienza personale.
In effetti, come anch'ella si ritrovò costretta a osservare, sebbene Be'Sihl non fosse stato accanto a lei il giorno in cui ella era giunta alla dimora di Desmair, una ciclopica fortezza dimenticata fra le vette ghiacciate dei monti Rou'Farth, e sebbene mai, successivamente, avesse avuto occasione di contatto diretto con il medesimo, almeno nei limiti di quanto ella aveva avuto possibilità di sapere, egli era rimasto pur indirettamente coinvolto, e spiacevolmente coinvolto, con lo stesso oscuro personaggio in questione, all'incirca un anno prima, in occasione del loro viaggio a Shar'Tiagh. In tal contesto, sebbene imprigionato in una realtà estranea alla loro, e collegata alla loro solo in grazia di un quadro stregato, o forse maledetto, Desmair aveva dato riprova di tutta la propria vendicativa fantasia per tormentare la propria sposa allo scopo di punirla della propria infedeltà, impiegando una complessa serie di malevole visioni atte a spingerla a porsi in contrasto al proprio amante e alla sua famiglia, arrivando addirittura a uccidere alcuni suoi parenti, vittime innocenti, e, ancora, a ferire gravemente anche lo stesso locandiere. Fortunatamente il colpo inferto all'uomo, al suo uomo, non si era successivamente dimostrato letale qual pur avrebbe potuto essere e, in tale spirito di sacrificio, egli era stato capace di offrirle un rimedio al proprio male, al tormento impostole da un nemico per lui all'epoca ancor sconosciuto, donandole un bracciale d'oro, di tipico artigianato shar'tiagho, consacrato ad Ah'Pho-Is, divinità non propriamente benevola appartenente al pantheon locale, e pur, in quanto signore di inganni e sotterfugi, in grado di contrastare ogni forma di illusione non da sé derivante.
Da quel giorno quel bracciale dorato non aveva più abbandonato il contatto con la sua carne, avvinghiato nella forma di un serpente attorno al suo braccio mancino, l'unico rimastole. E, per quanto molteplici erano state, fra loro, le occasioni di chiarimento e di riappacificazione dopo quegli eventi, in seguito ai quali, fra l'altro, ella si era allontanata da lui, decidendo realmente di lasciarlo per non porre ulteriormente a rischio la sua esistenza, il suo futuro, comprensibile, da parte sua, avrebbe dovuto essere riconosciuta una certa ritrosia nel proprio compagno innanzi a tali memorie.

« Hai ragione… » volle concludere la donna dagli occhi color ghiaccio, definendo in tal riconoscimento una tacitamente concordata chiusura di quella stessa parentesi « Dopotutto non è piacevole che due amanti si rovinino un momento di intimità parlando del marito assente… » soggiunse, con un ultimo, fugace, accenno a semidio, e pur, in tal senso, con intento di trasparente autoironia, forse a voler, attraverso tale espressione, esorcizzare ogni timore eventualmente evocato attorno a quella figura neppur esplicitamente nominata.
« Senza dimenticare come ci siano modi molto più interessanti per valorizzare il nostro tempo insieme, dopotutto. » proseguì, neppure concedendo possibilità di replica all'uomo nel riprendere immediatamente voce e, nel contempo di tali parole, muovendosi a ruotare, dolcemente, sopra il loro giaciglio e sopra lo stesso corpo dell'altro, per porsi in posizione di maliziosa predominanza su di lui, lì divenuto, pertanto, quasi sua vittima, sua preda, tributo proclamato in suo onore o, ancora, sua eletta colazione, primo pasto in quella nuova giornata ipoteticamente ricca d'impegni, di incontri importanti.
« Credevo che avessi così tanto da fare da non poterti permettere neppure di dormire… » osservò egli, non a protestare per tal gesto, ove tutt'altro che idiota a opporsi a simile, piacevole sviluppo della loro conversazione, invero tutt'altro che inedito nei consueti canoni del loro stesso rapporto « Sicura di poter sprecare il tuo tempo con me, Midda Bontor?! »
« Il mio tempo con te non è mai sprecato, sciocco che non se altro. » negò l'interpellata, cedendo alla tentazione di rispondere a quella sua provocazione, per quanto riconosciuta qual tale « E' un investimento, per il mio futuro… e per la nostra eternità. » sancì, prima di avventarsi su di lui, animata da una passione incontenibile, bramosia che, del resto, sarebbe stata, come sempre, sapientemente alimentata da parte sua, in un'intima intesa forse priva d'eguali, e di certo superiore a quanto mai avrebbe potuto sperare di trovare insieme a lui, in quella loro storia d'amore tanto a lungo rimandata.

martedì 25 ottobre 2011

1378


« T
hyres… » replicò la mercenaria per tutta risposta, rigirando nel loro comune giacilio ancora a occhi chiusi, per strusciarsi, con gestualità quasi felina, contro il suo petto nudo, in quella che avrebbe potuto essere interpretata quale una protesta sorniona e sensuale, a contrastare la sua richiesta « Credo proprio di star iniziando a invecchiare… » commentò poi, forse a rimprovero verso se stessa per la propria indolenza, o forse qual giustificazione diretto al proprio compagno per offrire una ragione alla medesima.
« Uhm… probabilmente sto invecchiando anche io, dal momento che ai miei occhi appari ancora quale una ragazzina. » sorrise egli, chiudendosi con dolcezza attorno al corpo di lei con le proprie braccia e piano, in tal modo, cullandola, quasi ancor più che al suo risveglio, fosse interessato a concederle ulteriore possibilità di riposo « In verità non ho mai compreso da dove tu possa ricavare tanta energia, per riuscire a fare ciò che fai… in tutti i sensi. » soggiunse, con una nota maliziosa nella voce, in riferimento implicito, e pur sufficientemente trasparente, a quanto fra loro vissuto nel corso di quella stessa notte, nonché di ogni altro momento di intimità trascorso insieme.
« E' tutto merito di una vita sana e di un'alimentazione equilibrata… » minimizzò ella, lasciandosi coccolare dal proprio compagno senza palesare alcuna protesta, malgrado la consapevolezza dell'esigenza non tanto di lasciarsi riaddormentare, ma di risvegliarsi al più presto, per la giornata sicuramente piena di eventi che l'avrebbe attesa, se tutto fosse andato come da programma.
« Una vita sana… e un'alimentazione equilibrata… tu?! » protestò egli, ora ritraendosi appena da lei non per allontanarsi o respingerla, quanto, piuttosto, per poterle rivolgere uno sguardo di trasparente incredulità attorno a tale ricetta, così come da lei scandita « E da quando?! » questionò, a ribadire la propria totale assenza di convinzione nel merito di quanto da lei proposto « Il tuo pasto, abitualmente, prevede un paio di strisce di carne essiccata e dell'acqua che non ha mai conosciuto l'attributo di fresca in tutta la propria esistenza. E per quanto riguarda il tuo stile di vita… beh… lasciamo perdere. »
« Ohi… ma qui qualcuno vuole litigare la mattina presto?! » rispose la donna, ritraendosi a sua volta da lui, nel puntare le proprie mani contro il suo petto per lì poter far leva e sospingersi indietro, e dischiudendo i propri freddi occhi color ghiaccio, a prendere contatto visivo con il proprio compagno e interlocutore « Vorrei sottolineare come, a differenza di tutte le signore imbellettate che trascorrono il proprio tempo chiuso in casa, la sottoscritta spenda la maggior parte della propria vita impegnata in sana… sanissima attività fisica, utile a smaltire le scorie e le tossine in eccesso, mantenendomi sempre giovane e bella come mi vedi ora! » definì, offrendo in ciò la propria versione dei fatti posti in discussione « O vuoi forse negare questa verità assoluta, almeno quanto l'evidenza della luminosità del sole, della luna e delle altre stelle?! »
« No… assolutamente. » negò Be'Sihl, sorridendo sereno nel confronto con lei, consapevole della chiave scherzosa, forse addirittura ludica, attraverso la quale interpretare il reale significato delle parole da lei pronunciate, non animate da una quale, effettiva volontà polemica, quanto, piuttosto, dal desiderio di un giocoso confronto con lui, quasi fossero due bambini e non due adulti così come i loro oltre tre decenni e mezzo di vita avrebbero indubbiamente definito « Non posso negare la verità assoluta da te enunciata. » confermò, riprendendo la sua ultima asserzione « Ciò nonostante, vorrei evidenziare come il tuo concetto di sana… sanissima attività fisica preveda abitualmente scontri in opposizione a ogni genere di creatura nociva che gli dei sono stati in grado di creare nel proprio tempo libero, bestie solitamente affamate di carne umana, nonché particolarmente coriacee al punto da essere considerate invincibili o, addirittura, immortali. »
« E con ciò? » questionò Midda, aggrottando la fronte e impegnandosi a esprimere, con ogni singolo muscolo facciale, l'aspetto più innocente che le fosse concesso, malgrado la terribile cicatrice presente in corrispondenza al suo occhio sinistro difficilmente avrebbe reso possibile associare una tale immagine al suo stesso volto « Non riesco proprio a cogliere la tua posizione, amor mio… »
« E con ciò sei… sei una donna incredibile, Midda Bontor. » sospirò egli, proiettandosi verso di lei per ricercare le sue labbra con le proprie, nell'invocare l'occasione di un nuovo, appassionato bacio, una nuova unione intima fra loro, fosse pur solo in tal gesto « E io sono un uomo estremamente paziente, nel permetterti di mantenere la tua dieta sregolata rinunciando a rincorrerti per tutto il mondo per costringerti a variare un po' la tua alimentazione… » soggiunse, prima di chiudersi contro di lei.

Una ricerca, la sua, che non ebbe alcuna occasione di apparire egoistica o individualistica, dal momento in cui ella non solo non si ritrasse a tale gesto, ma, anzi, si mosse al fine di permetterne un più rapido compimento, desiderosa almeno quant'egli di quel contatto, di quel primo bacio della giornata, tesoro prezioso l'occasione del quale, entrambi erano consapevoli, non sarebbe stata loro ancora a lungo concessa, dal momento in cui l'irrequietezza intrinseca nell'animo della Figlia di Marr'Mahew non le avrebbe permesso di mantenersi confinata a tempo indeterminato entro i confini né di quella loro dimora, qual a tutti gli effetti avrebbe dovuto essere considerata, né, parimenti, di quella città. E se, in quel particolare momento, Be'Sihl sapeva essere Nissa la questione di prioritaria urgenza per la propria compagna, questione che ella aveva già rimandato per quasi vent'anni e che, ormai, non era più disposta a procrastinare ulteriormente; in un altro momento, in una diversa occasione, egli era comunque certo vi sarebbe stata qualche altra missione, sfida, battaglia che ella avrebbe voluto combattere lontano di lì, in nome proprio o al servizio di un qualunque mecenate fosse stato sufficientemente abile da proporle qualcosa in grado di stuzzicare la sua fantasia e, accanto a ciò, una ricompensa comunque commisurata ai suoi sforzi, nella misura che ella non avrebbe mancato di stabilire.
Una situazione, quella propria del loro rapporto, caratteristica della loro relazione, che non avrebbe, comunque e dopotutto, dovuto essere considerata al pari di una scoperta inedita, di una inaspettata rivelazione da parte dello stesso locandiere, ove in tali termini, in simili ritmi, era da entrambi sempre stata vissuta ogni precedente rapporto, relazione venutasi a creare. Sin da quando Midda era entrata nella sua vita, ella non aveva dimostrato un'indole quieta, adatta a una vita serena o, addirittura, domestica, qual pur avrebbe dovuto essere riconosciuta quella di un'ampia e predominante parte dell'umanità: non per una qualche pericolosa insofferenza nei confronti della propria vita, o di un tedio nei riguardi di una comune quotidianità, ma, semplicemente, per una propria intima e innata esigenza volta a porsi in costante competizione con se stessa e con il mondo a sé circostante, per offrire un significato, in ciò, alla propria medesima esistenza. Uno spirito avventuriero, il suo, per amare il quale non vi sarebbero potute essere molte possibilità, ove o si sarebbe accettato di seguirla costantemente in ogni propria impresa, eventualità indubbiamente romantica, sicuramente affascinante, nella quale un giovinetto si sarebbe probabilmente precipitato a capo chino, e pur di non così semplice realizzazione, tale da frenare gli entusiasmi di un uomo adulto, di una mente più matura e più consapevole nel merito dei propri personali limiti; o, altrimenti, si sarebbe dovuto accettare un inevitabile, sì estemporaneo e pur forse perpetuamente reiterato, distacco, non vivendo quella separazione fisica quale una ragione di sofferenza, quanto, altresì, una via utile per dimostrare l'uno all'altra il proprio rispetto e la propria fedeltà, nonché per impegnarsi a non sprecare neppure un istante del tempo comunque loro concesso insieme.
E Be'Sihl Ahvn-Qa, che fra tutti gli amanti della donna guerriera si era dimostrato colui maggiormente capace di essere sempre presente nella sua vita senza, in ciò, imporle alcun vincolo di sorta nei propri riguardi, in grazia di tale successo avrebbe potuto vantar qual proprio un primato privo d'eguali nella propria costanza con lei in quegli ultimi quindici anni di relazione, fra amicizia, affetto e amore. Un risultato, il suo, che, per quanto concretizzatosi in un espresso legame solo da poco più di un anno, avrebbe probabilmente potuto essere obiettivamente riconosciuto superiore, persino, a quello conseguito dal primo, grande e mai dimenticato, amore della Figlia di Marr'Mahew in tempi di gran lunga antecedenti alla conquista di tale nome: l'ormai defunto capitano Salge Tresand, divenuto uomo negli stessi anni in cui ella era divenuta donna, accanto a lei, insieme a lei. Da quest'ultimo, infatti, ella si era dovuta prematuramente e dolorosamente separare in conseguenza a un'odiosa minaccia a opera della sua stessa gemella, che quella vita aveva giurato di estinguere se solo ella non avesse abbandonato sia lui che il mare a lei pur tanto caro; salvo poi, malgrado ogni quieta rassegnazione da lei pur dimostrata per anni innanzi a tale ricatto, vederlo alfine ugualmente ucciso per mano di uno degli uomini, dei pirati, al servizio di Nissa, rimasto in silenziosa e malevola attesa, traditore all'interno dell'equipaggio della Jol'Ange, del momento giusto per colpire.

lunedì 24 ottobre 2011

1377


I
n quel di Kriarya, una delle sei capitali del regno di Kofreya, e forse, fra esse, la più conosciuta in virtù della propria fama di città del peccato, conseguenza diretta a una popolazione prevalentemente, se non integralmente, composta da ladri e prostitute, assassini e mercenari, quella che, fino a pochi mesi prima, era conosciuta semplicemente in grazia al nome del proprio proprietario, Be'Sihl Ahvn-Qa, immigrato di origine shar'tiagha da ormai più di tre lustri, in tempi più recenti, a opera del medesimo, per esplicita volontà di colui che solo avrebbe avuto diritti in tal senso, aveva acquistato finalmente un nome autonomo, una denominazione indipendente, per quanto non priva di un'ancor fin troppo esplicita indicazione in riferimento a colei che, proprio nel corso di quell'ultimo anno, era subentrata a pieno merito nella proprietà della stessa locanda, finanziandone la completa ristrutturazione nonché una sostanziale espansione.
In effetti, chi aveva avuto l'occasione di prendere parte, seppur nel ruolo di mero testimone, agli eventi che avevano condotto a tale evoluzione, a simile modifica architettonica, catastale nonché denominativa, avrebbe potuto facilmente obiettare come, a riguardo di quanto occorso, difficile sarebbe stato parlare di merito ancor prima che di colpa da parte della nuova comproprietaria dell'edificio, dal momento in cui, come pur ben pochi avevano avuto occasione di essere informati, la medesima avrebbe dovuto essere riconosciuta quale sola responsabile dell'incendio che aveva parzialmente distrutto l'erezione originale, con particolare riguardo ai propri piani superiori. Ciò nonostante, forse per i sentimenti ancor provati verso di lei malgrado la pubblica conclusione del loro stesso rapporto, per così come dalla stessa mercenaria dichiarato, o forse per mera riconoscenza, qual dopotutto avrebbe dovuto provare verso di lei per quanto compiuto, Be'Sihl aveva voluto rendere notizia esplicita l'ingresso della propria ex-amata all'interno della proprietà della propria unica fonte di reddito, nonché d'impiego, posizionando una grossa e pesante targa in bronzo qual pendente al di sopra della porta d'ingresso principale all'edificio. Una targa che, raffigurando una figura femminile di indubbia identificazione in lotta contro un'orda di non morti a lei circostanti, al di sotto della stessa lasciava leggere, almeno per coloro che avrebbero saputo leggerla, una grossa e chiara scritta: "Alla Signora della Vita".
E dove ben pochi, in tutta Kofreya, avrebbero potuto dimenticare le gesta vittoriose di quella particolare donna, in tale indicazione indubbiamente glorificata, all'interno dei confini della palude di Grykoo, terra maledetta dominata da tempi remoti solo da negromantici poteri, e da schiere di zombie; ancor meno, probabilmente nessuno, in Kofreya e ancor più in Kriarya, avrebbe potuto dimenticare quanto da lei compiuto al termine dell'ultima estate. In tale occasione, difatti, nel trovarsi di ritorno da un lungo viaggio verso nord, sino alla lontana Shar'Tiagh, pellegrinaggio compiuto proprio in compagnia del suo ex-amante Be'Sihl nel corso di quel loro comune anno sabbatico che avrebbe dovuto sancire la loro unione che, tuttavia, ne aveva segnato la fine, così come da molti più che prevedibile e previsto, Midda Bontor, colei già da molti conosciuta con l'epico appellativo di Figlia di Marr'Mahew, aveva liberato la città del peccato da una terribile maledizione, piaga negromantica che per quasi un'intera stagione aveva afflitto quelle mura, lì imponendo orribili orrori quotidiani al calare del sole sino al suo successivo ritorno: una maledizione che, le malelingue, avevano voluto attribuire proprio a lei, e che, altresì, successivamente si era compresa essere piuttosto conseguenza di una sorella gemella mai conosciuta prima, e che il suo nome aveva tentato in tal modo di screditare.
Ma se, al di là di quanto noto al pubblico, di quanto cantato e narrato in tutte le province del regno, Midda Bontor, al di là dell'incredibile sequenza di straordinarie imprese compiute, non avrebbe mai potuto essere riconosciuta per qualcosa di più di una comune mortale, soggetta alle leggi imposte su qualunque comune mortale, allo stesso modo molte altre diffuse credenze attorno al suo nome non avrebbero dovuto essere egualmente riconosciute qual corrispondenti a realtà, a verità. A iniziare, per esemplificazione attorno a simile questione, dall'effettiva responsabilità di sua sorella Nissa nell'orribile piaga imposta sulla città del peccato, della quale avrebbe dovuto essere considerata colpevole solo in maniera indiretta, al di là di quanto poi, le chiacchiere popolari, avevano voluto concordare nella necessità di individuare un chiaro colpevole a cui rivolgere tutto il proprio astio, dopo che la stessa Figlia di Marr'Mahew aveva avuto occasione di difendersi a tal riguardo. O, anche, nel merito dell'effettivo ruolo di popolarità che la mercenaria dagli occhi color ghiaccio, malgrado tutto, avrebbe potuto vantare all'interno di Kriarya, là dove, per quanto sicuramente divenuta figura ancor più eroica, non avrebbe potuto certamente considerarsi sì amata e rispettata qual, parimenti, la sua meno famosa gemella avrebbe potuto far vanto di essere nella propria Rogautt, nel proprio ruolo di regina dei pirati, dovendosi costantemente e quotidianamente comunque difendersi da una lunga sequela di sfidanti invocanti la sua morte al solo scopo di poterne conquistare la gloria. E, ancora e ancor più, a riguardo della supposta prematura conclusione del rapporto fra la mercenaria e il suo caro locandiere, rapporto che, dopo essere lentamente maturato per quasi quattordici anni, era risaputo qual sgradevolmente consumatosi in meno di quattro stagioni sebbene, altresì, mai più florido e sereno di quanto non sarebbe mai potuto essere relazione fra uomo e donna.
Dopotutto, così come su molte vicende della propria esistenza, la pur famosa Midda Bontor non aveva mai effettivamente ricercato pubblicità, conscia del fatto che ne avrebbe comuqnue ottenuta in abbondanza anche senza alcun impegno in tal senso; per la stessa ragione ella aveva deciso di mantenere assoluto riserbo su una serie accuratamente selezionata di particolari ritenuti estremamente importanti e intimi, nel merito dei quali non avrebbe avuto alcun guadagno a diffonderne gratuita informazione foss'anche presso coloro a lei più vicini. Dettagli personali in riferimento al proprio passato, alla propria giovinezza, quali l'esistenza di Nissa, che pur alfine aveva scelto di rivelare, e rivelare attraverso una canzone da lei stessa commissionata, allo scopo di ovviare sia a possibilità di falsi convincimenti nel merito del suo doppio, sia all'eventualità che la medesima potesse nuovamente arrivare a colpire persone a lei care avvicinandole sotto falsa identità. Dettagli forse non proprio personali, e pur intimi e importanti, poi, quali i reali fatti accaduti nella notte della liberazione di Kriarya dalla propria negromantica persecuzione, la diffusione dei quali non avrebbe reso servigio ad alcuno, infangando, anzi, il nome di una sua cara amica, e, con esso, la reputazione e il destino stesso della sua famiglia, il cui sangue sarebbe potuto persino essere richiesto dagli abitanti della città a compenso per quanto comunque da tutti patito in quel cupo periodo. Dettagli personali e in riferimento al proprio presente, alla propria attualità, ancora e infine, quali il proprio controverso matrimonio con un empio semidio immortale, o, che, per lo meno, ancora non aveva compreso come poter uccidere, notizia della quale non avrebbe avuto piacere potesse divenire argomento di pettegolezzo; o, anche, quali la propria felice relazione sentimentale con il proprio amato Be'Sihl, l'ultimo di una non fortunata serie di amanti, la vita del quale non avrebbe mai voluto veder posta in dubbio, così come già avvenuto a suoi predecessori, in conseguenza al loro stesso rapporto.
Motivo per il quale, seppur entrambi ormai con sì troppi inverni alle spalle tali da non poter essere considerati qual due giovinetti alla scoperta del proprio primo amore, quanto, se non già nonni, certamente genitori di figli quasi adulti nei canoni comuni a quelle terre, ella aveva imposto al proprio compagno una necessaria clandestinità. Necessaria, a lui, per ovviare all'eventualità di trasformarsi, proprio malgrado, in un bersaglio, in un non troppo paradossale desiderio per qualche suo avversario di giungere a ferire la mercenaria attraverso i suoi umani sentimenti. Necessaria, a lei, per concedersi di vivere con sostanziale serenità il loro rapporto, ove non bisognosa di camminare mano nella mano insieme a proprio uomo per amarlo e per essere felice di amarlo, quanto, e piuttosto, di poter essere certa di avere la possibilità di fare sempre ritorno a lui, così come, in fondo, da oltre quindici anni aveva fatto al termine di ogni propria missione, quand'ancora semplici amici.

« Ehy… pigrona. » sussurrò il locandiere, accarezzando il lobo dell'orecchio dell'amata con le proprie labbra in un dolce bacio, nell'intento di suggerirle, delicatamente e pur impietosamente, la necessità, per lei, di risvegliarsi, di ritrovare coscienza e contatto con il mondo a sé circostante, così come si riservò occasione di ribadire con una più esplicita affermazione subito dopo, ancora in un caldo e carezzevole alito di voce trasudante amore « Fosse per me ti lascerei riposare, una volta tanto che stai riuscendo a dormire e a dormire così profondamente. Ma è già l'alba da quasi mezz'ora… e tu mi avevi raccomandato di svegliarti. »

domenica 23 ottobre 2011

1376


… s
ua amica…

« Tahara! » esclamò la sovrana, scuotendo delicatamente la propria interlocutrice, nel cercare di richiamarne a sé l'attenzione che comprendeva essersi smarrita in incomprensibili elucubrazioni, allontanandosi sempre maggiormente da lei e dal proprio stesso corpo di pari passo in cui quest'ultimo sembrava perdere energia, forza, consapevolezza di sé e del mondo a sé circostante « Tahara, per Thyres! Riprenditi! »

Quell'ultimo richiamo, quell'invocazione che, alfine, apparve quasi simile a un ordine, un imperativo impostole attraverso la voce di una monarca, riuscì a farsi strada all'interno della confusa psiche di Carsa, evocando dai meandri più profondi della stessa la personalità della pirata estemporaneamente rimossa dal controllo di quello stesso corpo, di quella dimora ormai non più semplicemente ospitante fittizie identità alternative, ma occupata, in maniera forte, radicata, da una di esse, da quella della stessa Tahara, che, in ciò, ebbe occasione per recuperare il libero arbitrio fugacemente perduto.
E quasi nulla di diverso da un principio di svenimento fosse allora intervenuto a suo discapito, la donna dalla lunga treccia castana si riscosse energicamente, scuotendo il capo e cercando di recuperare l'equilibro lì assicuratole in sola conseguenza dell'intervento della propria regina. Regina nel confronto della quale, in ciò, non le poté essere evitato una sincera ragione d'imbarazzo…

« … Nissa… » sussurrò, con tono debole, flebile, ancora confusa, qual solo, dopotutto, avrebbe lì potuto essere nell'assenza di una reale identità a dominare nella sua mente e sul suo corpo « … io… non so cosa mi sia preso. »
« Riesci a reggerti in piedi? » domandò, premurosa, ancora incerta fra poterle liberare le spalle dalla propria presenza o doversi lì mantenere impegnata ad assicurarle una postura eretta qual salubre alternativa a un'altresì spiacevole ruzzolone giù dalle scale alle loro spalle « Vuoi che chiami qualcuno per aiutarti? Ti serve il supporto di un cerusico?! »
« Io… sto bene. » sorrise Tahara, riacquistando controllo su di sé e sui propri arti, al punto tale da potersi permettere di riconquistare l'autonomia precedentemente perduta, nel far gravare il proprio peso, pur sostanzialmente minimale, non più sulle braccia della propria più vigorosa controparte, quanto sulle proprie stesse gambe « Ho solo avuto un lieve mancamento. Non so per quale ragione… non mi è mai successo qualcosa di simile. » definì sincera, cercando di giustificarsi per qualcosa per la quale non era in grado tuttavia di offrire neppure una spiegazione a se stessa.

Se, infatti, Carsa avrebbe dovuto essere riconosciuta quale pienamente cosciente dell'esistenza dei propri alter ego, i medesimi, sino a quel momento, sino a quel giorno, si erano fortunatamente dimostrati ignoranti in tal senso, non entrando in competizione con lei per il controllo del suo unico corpo. In tal senso, quindi, anche Tahara non avrebbe dovuto essere giudicata qual confidente con la propria situazione, unica ragione, probabilmente, per la quale alla mercenaria era ancora concessa qualche lieve possibilità in suo contrasto, in sua limitazione.
Difficile, dopotutto, sarebbe stato immaginare quali possibili, e sicuramente spiacevoli, scenari sarebbero potuto dischiudersi per il fato di quella donna se solo Tahara avesse maturato una qualche coscienza con la propria situazione, acquisendo in ciò occasione di ribellarsi a lei e di relegarla, per sempre, in una prigione inviolabile, per quanto priva di catene, sbarre o mura. Nel migliore dei casi, probabilmente, lo sdoppiamento della personalità così già in atto avrebbe tormentato Carsa sino alla fine dei suoi giorni, non permettendole di liberarsi di quanto da lei stesso generato, di quel parto della sua fantasia e di nulla di più rispetto a essa. Nel peggiore, altresì, il violento scontro che avrebbe visto intimamente protagoniste la mercenaria e la pirata si sarebbe concluso, alla fine, non con un armistizio, quanto con la vittoria esclusiva del carattere indubbiamente più forte, combattivo e predominante, carattere che avrebbe potuto soppiantare a tempo indeterminato quello della propria genitrice, sostituendola per ogni nuovo singolo giorno che gli dei avrebbero valutato opportuno concederle sotto i raggi del sole.
Sino a quando, comunque, nessun fattore esterno fosse intervenuto a violare l'equilibrio lì formatosi, la situazione di predominio della guerriera in contrasto alla predona, offrendo alla seconda l'opportunità di comprendere in che direzione dover lottare per la propria autonomia, per la propria indipendenza finale, Carsa non avrebbe visto la propria incolumità posta in discussione, la propria esistenza messa in dubbio per quella che, troppo semplicemente, qualcuno avrebbe potuto definire pazzia.

« Probabilmente non ti sei ancora ripresa dalle ferite di ieri. » constatò Nissa, con incedere comprensivo nei suoi riguardi, giustificando quanto accaduto senza alcuna volontà inquisitoria in tal senso « O forse il tuo corpo non ha reagito in maniera positiva al contatto con la bava dell'ippocampo: in effetti non ho mai preso in esame le sue proprietà, e potrebbe comprendere delle componenti lievemente tossiche al proprio interno, per quanto sicuramente non letali. » argomentò, liberando la propria interlocutrice dalla stretta prima impostale, se pur con estrema premura a ovviare a nuove occasioni di mancamento in lei, ed esprimendosi, in quelle parole, quasi come a volersi reciprocamente scusare con lei per quanto occorso.
« O forse, la scorsa notte avrei dovuto permettermi di riposare un po' di più, mia signora. » sorrise la pirata, nell'intento di tranquillizzare la propria anfitrione, del cui interesse chiunque non avrebbe potuto negare una concreta ragione di vanto, ma che in lei risultò più simile a un'espressione di soggezione, ove non si sarebbe mai attesa tanta immediata familiarità da parte sua « Ammetto che, ancora eccessivamente inebriata di adrenalina per quanto avvenuto, ho cercato più e più volte occasione di sfogo con il mio compagno di letto… probabilmente mettendo troppo alla prova le mie capacità di recupero. » spiegò, senza falsi pudori a riferire nel merito di un tale argomento, quali non ne avrebbe avuti innanzi a un interlocutore maschile e quali, ancor meno, ne avrebbe potuti mai avere innanzi a un'interlocutrice femminile, suo pari.
« Eh, sì… direi che potrebbe anche essere questo. » commentò l'altra, con espressione ora più serena, nonché maliziosamente divertita da tale questione « Ti posso comprendere… le mie due gemelle, in verità, non sono nate in conseguenza di un'occasione sostanzialmente diversa. » ammise, confidandosi a propria volta, quasi a voler contraccambiare il clima di intima complicità in ciò suggerito dall'altra « Credo che nulla possa essere considerato più eccitante, più stimolante della soddisfazione conseguente a un'epica vittoria, per festeggiare la quale… beh… poco o nulla non si sarebbe disposti a compiere. » strizzò l'occhio sinistro, quello attraversato da uno spiacevole sfregio, a imitazione della propria odiata sorella, verso la pirata.

E in Tahara, in conseguenza di quelle parole, di quella familiarità così concessale dalla stessa sovrana che tanto aveva avuto l'ardire, o forse la stolidità, di pregiudicare due sere prima, non mancò di ritrovarsi dominata da forti emozioni, che se, da un lato, non avrebbero potuto negarle ulteriori ragioni di imbarazzo verso di lei, nel sentimento di colpevolezza per i troppi dubbi sollevati sulle ragioni di fedeltà verso quella particolare figura; dall'altro non avrebbero potuto che suggerirle una brama particolare… un desiderio di amicizia per lei forse non consueto, e che pur, dal profondo del suo spirito, sembrava lì affiorare in maniera naturale, spontanea.
Forse, reale responsabile per simili emozioni, per tali sentimenti, avrebbe dovuto essere, proprio malgrado, giudicata la stessa Carsa, le emozioni e i sentimenti della quale, per quanto nuovamente relegata nell'oscuro oblio della propria psiche, stavano inevitabilmente lì continuando a riecheggiare, invocando ancora la giusta natura del proprio rapporto con Midda Bontor, non sua nemica, ma sua amica. Immagine d'amicizia, quella così associata a un volto assolutamente identico a quello di Nissa Bontor, che si mischiò in maniera pericolosa nel cuore di Tahara, sospingendola, pertanto, in quell'inedita direzione, verso quella destinazione che, sino ad allora, era stata solo auspicata dalla stessa sovrana di Rogautt e che, in conseguenza di tutto quello, iniziò ad attecchire anche in lei, con foga non diversa da quella propria dei lunghi e sottili rami di una pianta rampicante.

sabato 22 ottobre 2011

1375


I
mpossibile, a quell'affermazione, alla proposta di un tale concetto, di un termine qual "famiglia", sarebbe stato per Tahara definire le ragioni alla base della sorpresa che non riuscì a evitare di dimostrare, le motivazioni per le quali l'idea stessa di un qualche legame qual quello famigliare, associato a una figura qual quella di Nissa Bontor, sembrasse risultare nel confronto con il suo subconscio qual incredibile, se non, addirittura, simile a un errore, a una nota fuori posto nel complesso spartito della vita di quella stessa donna.
Forse, in tal senso, il suo erroneo pregiudizio avrebbe dovuto essere ingenuamente e paradossalmente considerato qual influenzato dalla fama della gemella della sovrana, la troppo celebre Midda, la quale, in effetti, nel proprio essere donna e guerriera, nella propria vita di mercenaria e avventuriera, non aveva offerto particolare spazio a legami affettivi, almeno nel dir comune. In coerenza con le ultime informazioni che avevano avuto modo di circolare, insieme alla già sufficientemente disprezzata "Canzone di Midda", anche l'ultima possibile evoluzione romantica nella vita della Figlia di Marr'Mahew, in conseguenza alla quale oltre un anno prima ella era partita per un lungo viaggio in compagnia di un proprio vecchio amico divenuto, improvvisamente, qualcosa di più, aveva ovviamente e prevedibilmente trovato prematura conclusione nella separazione fra i due. In effetti, a tal riguardo, le voci apparivano decisamente confuse, ove a un ipotetico intervento della stessa Nissa in ipotetica sostituzione della sorella all'interno della vita di Kriarya, città del peccato del regno di Kofreya nonché sua abituale residenza, difficile si poneva distinguere quanto avrebbe dovuto essere giudicato realtà e quanto, invece, menzogna: il concetto, tuttavia, sarebbe comunque restato solo uno, ossia quello di un'inconciliabile rapporto fra il desiderio di avventura, così come presente nel cuore della mercenaria, e ogni sua ipotesi di una stabilità affettiva, o di una qualunque idea di famiglia, così come, dopotutto, da ella stessa denunciato nella medesima ballata in riferimento alla propria vita, alla propria giovinezza e al proprio problematico rapporto con Nissa. Tuttavia, come la stessa regina di Rogautt aveva voluto esprimere, ed esprimere con fermo vigore, una sostanziale differenza, una diversità tanto radicale da doverle rendere fra loro reciprocamente incompatibili, avrebbe dovuto essere riconosciuta qual esistente fra le due gemelle. Ragione per la quale non solo errato, ma, più precisamente, profondamente errato, sarebbe stato per lei, nel confronto con la stessa sovrana, attribuirle comportamenti, mentalità proprie della gemella, così come il suo stupore, la sua sorpresa in quel momento avrebbe potuto apertamente dimostrare.
Ma se anche, a livello razionale, in maniera conscia, Tahara avrebbe dovuto essere in grado di riconoscere la diversità esistente fra Midda e Nissa, e, in tal senso, avrebbe dovuto essere anche capace di contenere la propria sorpresa, il proprio sbalordimento all'idea di una famiglia per chi autoproclamatasi regina dei pirati, nonché sua sovrana, a livello emotivo, in maniera inconscia, ella non riusciva ancora ad accettare quell'annuncio, quella sua affermazione, qual una realtà quietamente possibile, continuando a considerarla qual profondamente sbagliata nella propria semplice ipotesi. E come se, in tutto ciò, una seconda personalità stesse allora gridando nell'intimità del suo animo e della sua mente, cercando di sottrarle il controllo sul proprio stesso corpo, stimolata in tal senso dall'annuncio della monarca, la pirata avvertì per un istante una sensazione di pericolosa debolezza, non dissimile da quella che, immaginava, avrebbe dovuto essere la sensazione propria di chi trovatosi sul punto di svenire…

« Tu… tu hai una famiglia… Nissa?! » domandò la voce di Tahara, o, per lo meno, quella che la sua interlocutrice aveva imparato a conoscere quale la sua voce, per quanto, in quello specifico frangente, non quella personalità, non quell'identità era a capo di quel comune corpo, quanto, piuttosto, il solo e originale ego di Carsa Anloch, violentemente richiamato alla superficie dalle emozioni conseguenti a tale incredibile concetto… incredibile soprattutto per chi, come lei, e non come Tahara, aveva avuto occasione di conoscere Midda Bontor e di verificare con quanta difficoltà ella si rapportasse con qualunque rapporto, con ogni genere di relazione, fosse anche di mera amicizia qual, forse, era la loro.
« Sì, Tahara. » sorrise la regina, rallentando il passo a quella richiesta, per potersi concedere di voltarsi nuovamente verso di lei, ora con un aperto sorriso sulle labbra, in un misto di orgoglio e compiacimento per quanto così affermato, nonché di dolce comprensione per la propria ospite « E' così: io ho una famiglia. » ripeté, a permettere a quei singoli significanti, e al significato da essi condotto seco, di essere ben apprezzato dalla propria interlocutrice « Io ho avuto un marito, il quale, purtroppo, qualche tempo fa mi ha prematuramente lasciato. E io ho dei figli, un maschio e due femmine, che crescono sani e forti, destinati un giorno a compiere grandi imprese e a concedere al mio nome eterna memoria, nel ruolo di mia eredità e di mia immortalità. »
« E, per quanto probabilmente tutto ciò potrebbe sconvolgerti… » continuò, con una nota di scherno nella voce, giuoco divertito, e privo di malizia, verso di lei « … io ho anche degli amici, non semplici collaboratori con i quali mi affianco per uno o per un altro viaggio, così come è solita fare mia sorella, ma amici veri, fedeli e presenti nella mia quotidianità, quotidianità che con loro condivido nella buona, così come nella cattiva sorte. » concluse, ancora con lo sguardo a lei rivolto « Ti sorprende tutto ciò, non è forse vero? Ti sorprende l'idea che io abbia ottenuto quanto la mia famosa gemella non ha mai neppure cercato di raggiungere, malgrado tutta la propria brama di sfida al mondo e agli dei tutti?! »

E Carsa, non Tahara, effettivamente avrebbe dovuto dirsi sorpresa, sconvolta, da quanto così testimoniato, da una visione così estranea della vita rispetto a quella sino a quel momento necessariamente associata a chi considera qual una propria avversaria, una nemica, tale non solo perché nemica della propria attuale mecenate, di colei che sino a quella meta lontana l'aveva sospinta, ma, anche e soprattutto, tale perché nemica di chi desiderava ardentemente considerare quale propria amica, sebbene, purtroppo, fosse consapevole di quanto difficilmente le sarebbe stata concessa una simile opportunità. Perché, proprio malgrado, Nissa Bontor aveva ragione nei riguardi della propria parente, aveva ragione nella propria spiacevole considerazione a suo discapito, in quella riconosciuta qual sua incapacità a ottenere legami, a stringere relazioni.
No… non incapacità. Quanto, piuttosto, assenza di volontà.
Midda Bontor non desiderava una famiglia. Non desiderava degli amici. Perché, altrimenti, se così non fosse stato, ella non avrebbe cercato più e più volte distacco da tutto ciò che per lei avrebbe potuto essere considerato qual famiglia o amici, a incominciare da lei stessa, da chi, in tutta onesta, non avrebbe potuto negare di essersi invaghita di lei, e che pur, per poterle restare vicino, avrebbe accettato quietamente l'idea di non poterla mai avere, non nei termini che più avrebbe preferito.
Ma se Midda Bontor non era sua amica, non avrebbe forse avuto ragione di considerarla, effettivamente, sua nemica? Non avrebbe avuto ragione di odiarla, e di combatterla con tutte le proprie forze?!
Immagini confuse si affollarono nella mente di Carsa, catapultata per effetto delle parole di Nissa in un intimo conflitto superiore a quanto mai la propria anfitrione avrebbe potuto mai immaginare di poter ottenere in tal senso. E se molte di quelle immagini avrebbero dovuto essere persino considerate qual prive di senso, prive di qualunque raziocinio, nel mostrarla, splendida, crudele e trionfante, sulla cima di una gigantesca piramide, con innanzi il corpo morente della Figlia di Marr'Mahew invecchiata al punto tale da esser quasi irriconoscibile, per quanto nota nella propria identità; altre di quelle immagini si fecero prepotentemente strada in lei da un passato più recente, mostrandole la stessa Midda Bontor che, ignorando ogni prudenza, ogni senso pratico, accorreva in suo soccorso, quando necessario, non una, ma più volte, definendo la loro amicizia, un sentimento di sincero e concreto affetto, fedeltà e rispetto, qual sola ragione alla base di tanto interesse nei suoi riguardi, di quella perenne presenza accanto a lei, nella buona così come nella cattiva sorte… anzi, soprattutto nella cattiva sorte.
No… Midda Bontor non era sua nemica. Midda Bontor era…

« Tahara? » la richiamò la voce di Nissa, ravvisando in lei un'evidente smarrimento, uno strano disorientamento invero eccessivo persino per il confronto con quanto da lei appena dichiarato, e forse, piuttosto, espressione di un qualche altro problema più profondo « Tahara… stai bene? » domandò, istintivamente abbracciandola nel timore che potesse crollare a terra, nell'avvertirla estremamente debole innanzi a sé, come fosse prossima a svenire da un momento all'altro « Tahara?! »

venerdì 21 ottobre 2011

1374


R
itrovata proprietaria della propria estremità, Nissa non poté che esprimere una quieta approvazione per le parole così scandite dalla propria interlocutrice, trasparenti, dopotutto, di quei sentimenti che ella aveva sperato di ritrovare in lei, di quell'animo, quello spirito forte che aveva voluto esplicitamente indisporre con la propria provocazione a suo discapito, a verificare quanto, almeno per ora, si sarebbe potuta dimostrare effettivamente prossima alla propria gemella e quanto no. Di certo, allo stesso modo in cui il giorno prima una sola vittoria, per quanto straordinaria e lodevole nella propria esecuzione, non avrebbe potuto farla considerare un'invincibile guerriera, una condottiera di indiscutibile valore, qual solo sarebbe potuta eventualmente divenire quando il numero di quelle medesime vittorie, altrettanto straordinarie e lodevoli, sarebbe stato sì elevato da smarrirsi nel proprio stesso conteggio, al pari di quanto già avvenuto per lei stessa o per la propria gemella; una sola, semplice frase, per quanto azzeccata nella propria formulazione, non avrebbe potuto permettere a quella pirata di entrare di diritto nelle grazie della propria regina, la cui fiducia, la cui amicizia non le sarebbero mai state aprioristicamente negate, così come non era avvenuto, in passato, per altri, ma delle quali avrebbe pur dovuto dimostrarsi degna, meritevole, nel corso del tempo e non in una estemporanea, singola occasione qual quella.
Ciò nonostante, malgrado i giusti, prudenti e legittimi dubbi che la monarca di Rogautt volle riservare quali propri, la medesima non si concesse alcuno sgarbo, alcuna inospitalità verso la propria invitata, verso colei candidatasi a entrare nelle sue grazie, ragione per la quale non solo evitò, come già annunciato, di condurla verso nuovi, cupi sotterranei, alla ricerca di nuove occasioni di sfide mortali, ma, addirittura, invitandola a seguirla così come già compiuto il giorno precedente, si diresse in tal nuova occasione verso le scalinate volte al piano superiore del proprio palazzo reale, area comprensibilmente preposta a ospitare spazi personali, camere private per sé e… non solo, così come la sua ospite ebbe modo di scoprire ben presto.

« Vorrei porti una domanda, Tahara, e vorrei che tu mi offrissi una risposta sincera, senza temere conseguenze di sorta per quanto severa la tua opinione potrà apparire… » riprese voce Nissa, nel mentre di quella transizione, di quella tranquilla elevazione verso i piani superiori « Credi di potermi accontentare in tal senso? Oppure la cosa potrebbe essere per te spiacevole? »
« Non ho nulla di cui vergognarmi, né nel mio presente, né nel mio passato, mia signora, ragione per la quale dovrei avere motivo di mentire. Soprattutto per colei a cui devo rispetto qual regina. » replicò la pirata, offrendosi in ciò a completa disposizione della propria interlocutrice e pur, al contempo, dimostrando una certa insofferenza all'idea di doversi considerare obbligata a riferire di eventuali questioni personali a quella donna assurta al ruolo di propria monarca senza alcuna particolare benedizione da parte sua.
« Non cerco la risposta di un suddito… ma quella di una mia pari. » negò la donna, scuotendo il capo, con una modulazione vocale ancora trasparente di quiete e serenità, priva di alcuna irritazione per quanto, pur, avrebbe potuto considerare quale una sorta di sgarro a proprio discapito « E, invero, la questione, nel merito della quale desidererei avere una tua risposta, ha da considerarsi gravitante proprio attorno a tale tema. » osservò, arrestando per un istante il loro cammino, allo scopo di potersi volgere in direzione della propria interlocutrice e, in tal senso, poterle offrire nuovamente il confronto con i propri occhi color ghiaccio, tanto magnifici quanto inquietanti in quella fredda tonalità invernale.
« Cercherò di offrirti la risposta più sincera possibile, Nissa. » le concesse Tahara, ricorrendo all'uso del nome proprio della donna per dimostrarle quanto avrebbe dovuto essere considerata collaborativa con lei, con le sue richieste, al di là di ogni possibile e naturale ritrosia personale nel confronto con il ruolo da lei ricoperto all'interno di quell'intera isola, ruolo che, per proprie intrinseche prerogative, non avrebbe dovuto prevedere possibilità di eccessiva confidenza con lei « Domanda pure liberamente… » la invitò, arrestandosi a sua volta, accanto a lei, sul medesimo gradino della vasta scalinata, per presentarle nuovamente i propri grandi occhi marroni, lì offerti senza remora alcuna a ogni possibile inquisizione.
« Tu… cosa pensi di me, Tahara? » scandì senza ulteriore temporeggiamento, con tono sereno e pur estremamente serio, a non permettere di poter scambiare quella domanda qual un semplice vezzo, la richiesta di un ego smisurato volta a invocare nuovi complimenti a proprio favore « Chi o cosa pensi che io sia, nel vedermi qui, innanzi a te, come sono ora? »

E la pirata, percorrendo con lo sguardo il corpo della propria interlocutrice, quasi a voler analizzare tale questione, ovviamente da intendersi sotto un mero profilo psicologico, anche da un punto di vista strettamente fisico, e confrontandosi, in tal senso, con lo stesso magnifico corpo già presentatole il giorno precedente, e con un abito praticamente identico all'altro, nella sola eccezione rappresentata dal colore, non più tendente al rosso, quanto al verde, riservò qual proprio un certo intervallo di tempo per affrontare al meglio l'interrogativo così propostole, nel tentare di comprendere in quali effettivi termini sarebbe stato per lei più opportuno replicare alla monarca.
Una parentesi riflessiva, quella che Tahara volle rendere propria, che venne allora rispettata da parte della stessa Nissa, la quale restò immobile innanzi al suo sguardo, ammantata, in ciò, non tanto dalle stoffe della propria veste, quanto, e ancor più, da un'intima energia, una forza carismatica, rara e ammirevole, capace in tal senso di non farla apparire quale una semplice donna, qual pur aveva esplicitamente preteso di essere considerata, e neppure una comune regina, qual pur avrebbe potuto essere facilmente giudicata, quanto, e ancor più, una figura superiore, un'entità prossima a un concetto di semidivinità, se non direttamente di divinità, lì offerta simile a una stupenda statua di marmo, praticamente perfetta anche nelle proprie pur palesi imperfezioni.

« Io non ti conosco, mia signora. » riprese alfine voce la pirata, facendo propria l'occasione di quella doverosa premessa quasi a giustificazione dell'errore di valutazione che, proprio malgrado, era certa avrebbe comunque commesso, nonostante ogni sincero sforzo in senso contrario « Di te ho sentito narrare le gesta, ho sentito esaltare il valore, e, ancor più, ho visto, con i miei stessi occhi, i successi, i risultati riportati. Tu sei colei che, sola, è riuscita a riunificare sotto il proprio comando tutti i predoni di questi mari, e che, a partire da un'accozzaglia sparsa e disordinata, è riuscita a creare una nazione. Una nazione alla quale, poi, ha dato anche un regno, una capitale a cui offrire costantemente riferimento, in questa stessa isola che hai eletto a sede del tuo potere sovrano. »
Nissa ascoltò in silenzio quelle parole, non lasciando trasparire sul proprio volto alcuna particolare emozione, né a favore né in contrasto a quelle parole, decisa ad attendere pazientemente la conclusione della propria interlocutrice prima di concedersi commenti o giudizi di sorta a tal riguardo.
« In questo è per me difficile immaginare che genere di donna tu possa essere, nonostante ogni sforzo in tal senso, ove, in effetti, per molti altri probabilmente difficile sarebbe persino riuscire a immaginarti qual semplice donna e non qualcosa di più, qualcosa di esterno alla mera umana mortalità, così come già, perdonami il paragone, avviene spesso per tua sorella… »
« … ma è proprio qui che tu, e chiunque la pensi in tal maniera, si sbaglia! » intervenne con vibrante passione nella propria voce, violando i propri precedenti propositi e, a tal confronto, non riuscendo a mantenersi distaccata da tutto quello, dalla valutazione così richiesta alla propria interlocutrice « Per io non sono come mia sorella. E se ella può trovare piacere a farsi chiamare Figlia di Marr'Mahew, distaccandosi in tal modo dalla propria mera umana mortalità, così come l'hai appena definita, io resto altresì fiera della mia condizione di donna e di mortale. »
« Mia signora… io… »
« Vieni con me, Tahara. » le richiese, la invitò, riprendendo a salire quei gradini, ora con maggiore impeto di quanto non avesse dimostrato in precedenza, quasi raggiungere il piano superiore fosse improvvisamente divenuta una questione prioritaria « Seguimi… » insistette, afferrandole con fermezza il polso sinistro nella propria mano destra, e in ciò trascinandola, quasi, sui propri passi, per non permetterle di restare indietro, di separarsi da lei « Vieni con me a conoscere la mia famiglia, affinché, in tutto ciò, non possa restare in te il minimo dubbio su quanto donna e mortale io sia, e sia fiera di essere! »