11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 29 febbraio 2012

1502


« D
i cosa ti preoccupi, Midda? » domandò Be'Wahr, non desideroso di contrariarla e pur, in quel momento, riconoscendosi solidale al fratello nel non essere in grado di riconoscere particolare ragione d'agitazione nella presenza di un unico, sventurato avversario, minaccia ridicola anche per uno solo fra loro, assurda per tutti e quattro… cinque posti insieme.
« Di ciò che ancora non sappiamo di lui. » replicò ella, storcendo le labbra verso il basso « Non conosciamo nulla di questa gente, o delle loro risorse. E, in questo, dietro quei due sassi potrebbe essere semplicemente la dimostrazione di quanto quell'uomo sia folle; oppure la rivelazione di quanto quell'uomo sia pericoloso, magari rivelandosi, in loro grazia, dotato di qualche potere a noi ora sconosciuto. » spiegò, in termini estremamente precisi, che alcuno spazio avrebbero potuto concedere ad ambiguità o, peggio, futili discussioni « Av'Fahr… »
« Appena avrò la possibilità di colpirlo, lo farò. » confermò il figlio dei regni desertici centrali, ancora dimostrando di riuscire ad anticipare le richieste della donna, predisponendosi al tiro e, pur, ritrovandosi costretto a una spiacevole attesa, nell'impossibilità a raggiungerlo a tanta distanza da loro, qual pur ancora caratterizzava il loro avversario.
« Ci metteremmo meno tempo andando a prenderlo… » suggerì il biondo, mantenendo in tali parole, comunque, un tono moderato, tutt'altro che desideroso di offrire una nuova ragione per farsi riprendere, nell'incertezza sull'effettiva astuzia intrinseca nelle proprie parole.
« Credo che ella voglia evitare l'eventualità di una qualche spiacevole sorpresa. » evidenziò Seem, prendendo voce al solo scopo di evidenziare le ragioni alla base della richiesta della propria signora, ove nelle sue stesse parole, evidentemente, non erano state sufficientemente comprese da tutti nella loro compagnia « Avvicinandoci rischieremmo di esporci a chissà quale genere di offensiva… »

Un'eventualità tutt'altro che remota, in effetti, dal momento in cui allorché proseguire nella propria avanzata, l'uomo mascherato si arrestò a una distanza ancor giudicabile qual di sufficiente sicurezza per non esporsi alle offensive nemiche, e lì giunto sollevò entrambe le mani, andando a congiungerle al di sopra del capo e, così facendo, ponendo a contatto le due pietre.
Gesto, il suo, non privo di significato ove, in immediata conseguenza a tale atto, la luce prima vagamente emessa dalle pietre acquistò improvvisamente intensità, non riuscendo a promettere alcunché di positivo per il futuro dei cinque compagni…

« Appunto. » gemette il giovane scudiero, subito armandosi con due pugnali, uno per mano, nel temere, non a torto, che la prudenza del proprio cavaliere si sarebbe presto dimostrata qual tutt'altro che inopportuna, ma che, purtroppo, nulla avrebbe potuto nella volontà di ovviare a uno scontro apparentemente inevitabile.
« Thyres… » commentò la donna guerriero, stringendo i denti e, sgradevolmente, preparandosi al peggio.
« Eh, no! » protestò Av'Fahr, ben lontano dall'accettare passivamente quanto ormai giudicato ineluttabile, e, in tal senso, gettandosi immediatamente in avanti, in direzione dell'avversario, pronto a scagliare in sua offesa la propria lancia non appena avesse raggiunto una distanza accettabile « Qualsiasi cosa tu voglia fare, non ti permetterò d… »

Ma qualunque cosa l'uomo mascherato volesse compiere, loro malgrado, venne allor compiuta, in un improvviso lampo di luce che, generato dalle pietre, per un istante negò loro ogni possibilità di percezione sul mondo circostante, nel mentre in cui richiamò a sé, evocò su quel nuovo campo di battaglia, una nuova e assolutamente inedita categoria di creature in contrasto alle quali alcuno fra i presenti avrebbe mai potuto vantare trascorse occasioni di confronto. Avversari che, ancor prima di essere concretamente percepiti dai cinque avventurieri, si slanciarono con furia in loro contrasto, pretendendone, senza alcuna esitazione, il sangue e la vita.
E proprio Av'Fahr, che con tanto impeto, coraggio e incoscienza, si era slanciato in avanti per diminuire la distanza allora esistente fra sé e quel membro della Progenie della Fenice, sarebbe potuto allor essere la loro prima vittima, nel concedersi alla loro violenza ancor praticamente cieco per il bagliore appena impostosi alla sua vista. Per sua fortuna, comunque, un aiuto inatteso, imprevisto e pur non imprevedibile, non gli venne negato dalla propria compagna, dalla Figlia di Marr'Mahew, che, malgrado la sua aperta violazione degli ordini ricevuti, non volle lasciarlo lì solo innanzi alla morte e con incredibile presenza di spirito, si gettò a propria volta in avanti, per spingerlo a terra con l'impeto della propria rapida corsa utile a enfatizzare il proprio altrimenti esiguo peso nel confronto con il suo.

« A terra, sciagurato! » ordinò Midda, nel mentre in cui già precipitava al suolo sopra la schiena di Av'Fahr, sottraendolo in tal modo all'essere che, altrimenti, lo avrebbe privato di ogni speranza di futuro e, con esso, della vita.
« Che diamine è quel… quell'affare?! » questionò l'uomo, ricadendo a terra dietro la spinta della compagna e, tuttavia, non potendo fare a meno di ovviare a simile questione, rimasto sinceramente sorpreso dall'immagine offertagli, seppur solo per un fuggevole istante, da una delle creature evocate dal loro avversario attraverso le pietre da lui impugnate.

Un'immagine, in verità, sufficientemente confusa, qual solo sarebbe potuta essere quella di una sagoma presumibilmente umana e apparentemente costituita solo da luce, abbagliante e impalpabile, e caratterizzata, sulla propria schiena, dall'aggiunta di quelle che avrebbero potuto essere sol definite quali ali, sebbene, a propria volta, ancor facenti sfoggio non di carne, non di ossa e, in quel caso, neppur di piume, quanto, e piuttosto, di semplice, incantevole e, in tal caso, angosciante, luce.
Non complesso, non indecifrabile, a partire da simili indizi, avrebbe dovuto essere pertanto considerato l'enigma della natura di quelle creature, per quanto la loro presenza in quel luogo, in quel momento, quali asservite ai capricci di un comune uomo, avrebbe dovuto essere considerato a dir poco assurdo, paradossale, persino blasfemo. Ma al di là di ogni stupore e di ogni raccapriccio per quanto così avrebbe dovuto essere riconosciuto, un timore maggiore, e peggiore, non avrebbe potuto evitare di dominare il cuore della donna dagli occhi color ghiaccio, al pari di ognuno dei suoi sodali… il timore di non poter, oramai, avere la possibilità di sperare ancora in qualche dio o dea, in qualche sostegno divino, fosse anche solo per mera simpatia e non per l'espressione di una reale benevolenza nei propri riguardi. Nella presenza di quegli esseri, di quelle creature impossibili da definire qual mostri così come sarebbero altrimenti potute essere riconosciute le strigi, sol trasparente, sol chiara avrebbe dovuto essere infatti considerata l'ira degli dei a loro discapito, a condanna della loro impresa, di quel loro viaggio: perché se contro di loro, ormai, erano giunti persino a intervenire i messaggeri degli dei, ben minimo dubbio sarebbe potuto essere ancor addotto in contrasto a tale drammatica, oscena consapevolezza.

« Credo che sia… è un akero. » sussurrò la mercenaria, stringendo i denti e cercando di ritrovare, dentro di sé, la forza d'animo per rialzarsi e per impugnare nuovamente la propria spada, a offrirsi qual pronta a una pugna che, al di là di ogni epica retorica, avrebbe dovuto essere sgradevolmente giudicata in contrasto agli dei stessi, ancor prima che a semplici uomini « Un dannato akero… » ripeté, forse più per se stessa che per il proprio compagno, il quale, dal canto proprio, aveva già compreso la prima volta.
« Un… angelo?! » ripeté e rielaborò, ricorrendo a un termine di uso più comune per definire quanto, purtroppo, pochi dubbi avrebbe potuto avere nel riconoscere qual proprio avversario, qual proprio forse già certo carnefice, in una battaglia che non avrebbero potuto vincere.

martedì 28 febbraio 2012

1501


R
iconoscendo, tuttavia, il momento attuale, sebbene pur indicato per presentare a propria volta giuste scuse verso la donna guerriero, qual tutt'altro che appropriato per ritornare su quel loro vecchio discorso, il figlio dei regni desertici centrali preferì mantenersi in quieta disparte non diversamente da come volle concedersi occasione di fare lo scudiero, attendendo silenziosamente che quel momento di sincere emozioni potesse trovare la propria naturale conclusione e il loro cammino potesse riprendere. Un'attesa, la loro, tutt'altro che prolungata ove, al di là di quanto tale condizione potesse aver posto temporaneamente in scacco le loro emozioni, i tre mercenari non avrebbero dovuto essere dimenticati quali tutti professionisti nel proprio comune campo di impiego, nel loro consueto confrontarsi con avventure e disavventure sempre non solamente pericolose ma, addirittura, potenzialmente letali, tali per cui un momento di pur umano sentimentalismo non sarebbe potuto essere accettato e tollerato, da sé prim'ancora che da altri, troppo a lungo, senza dover necessariamente reagire nella volontà di ristabilire il giusto equilibrio interiore utile a non porre il proprio futuro in sciocco dubbio per un simile banalità.

« Orsù! » esclamò la Figlia di Marr'Mahew, recuperando per prima il controllo sulle proprie emozioni e, con esso, la propria consueta freddezza, il proprio abituale tono distaccato e pur, al contempo, sempre velatamente caustico « Credo che a questo punto non ci rimanga altro da fare se non incamminarci in direzione della mia locanda e, una volta lì giunti, sperare che il panorama a voi circostante possa aiutarvi a recuperare i ricordi ora perduti… » suggerì, in assenza di idee migliori da porre in essere, di soluzioni più corrette da attuale.
« Ottima idea… » convenne Howe, annuendo alla proposta della compagna e facendo, in ciò, atto di incamminarsi nella direzione che ritenne essere corretta per attuare simile proposta « Sento già i ricordi riaffiorare nella mia memoria nel semplice confronto con la via verso la locanda. » commentò, nella volontà di dimostrarsi ottimista per la riuscita della loro ricerca.
« Veramente quella è la strada sbagliata… » intervenne, inaspettatamente, il giovane Seem, fra tutti indubbiamente il più confidente con le strade di Kriarya, per lui città natale « La locanda è da quella parte. » indicò, volgendosi in tutt'altra direzione rispetto a quanto suggerito dallo shar'tiagho.
« Mmm… » esitò questi, osservandosi attorno con fare incerto e ricercando, in tal senso, una qualche conferma, o negazione, da parte della loro condottiera, non volendo arrischiarsi a contrastare il ragazzo senza, proprio malgrado, un'effettiva certezza nel merito del verso lungo il quale indirizzarsi.
« Temo che abbia ragione lui. » asserì la mercenaria, volgendo lo sguardo verso il proprio scudiero e, in ciò, esprimendosi con sincerità, come esplicitò proseguendo « E quando dito "temo", intendo proprio "temo". Perché se questa è la confidenza che riuscite a dimostrare con questa città, ho l'impressione che dovremo rivoltarla da cima a fondo per riuscire a individuare dove può essere finito quello scettro. » sospirò, ora senza intenti accusativi nei confronti della coppia di fratelli, ma con mera accettazione dell'evidenza, di quanto, purtroppo, impostole all'attenzione senza possibilità di appello.
« Aehm… » tossicchiò Be'Wahr, non riuscendo a evitare di provare sincero imbarazzo per quanto, purtroppo, compresa qual non immotivata critica a loro discapito « Forse avremmo dovuto tracciare una mappa. Giusto per essere sicuri… » si rimproverò, storcendo le labbra verso il basso.
« E forse non avrei mai dovuto riportare quelle reliquie da Shar'Tiagh, così che, ora, non saremmo in queste condizioni. » replicò la Figlia di Marr'Mahew, a sminuire l'autoaccusa del compare « Lasciamo perdere il forse e i se, e concentriamoci, piuttosto, su quanto dobbiamo affrontare ora. » definì, a ovviare a un nuovo, ormai superfluo, momento di intimo confronto emotivo, a base di scuse, simile al precedente « Howe… ascoltami bene: ritieni che, all'epoca, voi siate riusciti a individuare effettivamente la collocazione della locanda, o credi piuttosto che, ora, tu abbia intrapreso la via per ritrovare il vostro trascorso cammino, a prescindere dalla sua correttezza o meno?! » questionò, disinteressata, in effetti, a raggiungere o no il sito della locanda, quanto, e piuttosto, a ritrovare lo scettro.
« Io… » esitò di nuovo colui in tal modo interpellato, ora addirittura cercando conferma, o negazione, da parte del fratello, ove anche poco prima canzonato e criticato nel merito della propria scarsa utilità in un momento qual quello.
« Mi spiace… ma non guardare me. » si negò il biondo, ritraendosi psicologicamente, e fisicamente, di fronte a simile eventualità, in una responsabilità purtroppo riconosciuta qual superiore alle proprie possibilità.
« … io credo di aver sbagliato poco fa. » ipotizzò il primo, purtroppo privo di una qualche certezza di sorta a tal riguardo « E credo che, comunque, quando siamo venuto qui l'ultima volta, non vi siano stati errori da parte nostra. » soggiunse, a rafforzare, seppur senza particolare convinzione, la propria affermazione precedente « Sì. Credo che sia meglio dirigerci alla vostra locanda, e una volta lì tentare di farci venire in mente una nuova possibili… »
« All'armi! » esclamò la donna guerriero, interrompendo il loro interlocutore e sguainando, nel contempo di tali parole, la propria spada, per predisporsi, immediatamente, in guardia, pronta a porsi a confronto con quanto sarebbe stato loro necessario affrontare.

Prima che, infatti, alcuno fra loro fosse in grado di compiere un solo, semplice passo nella specifica direzione indicata dal giovane Seem; o che, parimenti, potesse permettersi di elaborare una qualunque risposta da presentare in sostegno o contrasto all'esortazione in tal senso neppur completamente scandita da Howe; un'evoluzione ben diversa, e totalmente imprevista, venne pretesa qual propria dal fato, il quale non parve voler loro garantire una semplice conclusione a quella missione, a quel viaggio, presentando, al contrario, innanzi a loro l'ennesimo ostacolo, impedimento potenzialmente mortale.
A pretendere un ruolo di protagonista qual loro avversario in quel particolare frangente, ancora una volta, dopo un periodo di tempo troppo breve per poter essere giudicato qual frutto di mera casualità, quale semplice e paradossale coincidenza, altri non fu che l'ennesimo uomo mascherato, l'ennesimo rappresentante della setta già loro presentatasi con il nome di Progenie della Fenice. Solo, a differenza dei propri predecessori, e contraddistinto da un'aria indubbiamente beffarda, al di là dell'impossibilità a coglierne l'effettiva espressione, egli fece allora la propria apparizione a quattrocento, forse cinquecento, piedi da loro, emergendo da dietro alcuni alberi cresciuti fra le rovine dei tempi che furono, o forse lì già presenti sin dalla notte dei tempi, e, nel proprio lento avvicinarsi a loro, non apparve armato né da spada, né da scudo, ma accompagnato, tanto nella destra, quanto nella sinistra, solamente da due strane pietre di color nero e pur, al contempo, vagamente risplendenti, quasi fossero cariche di un'energia propria, di una luce desiderosa di esprimersi. E Midda, che pur non era nuova a pietre in grado di concedere luce all'ambiente a sé circostante, non avrebbe neppur potuto definirsi qual nuova a incantesimi e stregonerie, e a tutto ciò che, per quanto apparentemente banale, avrebbe potuto originarli; ragione per la quale, nel cogliere quel losco figuro diretto a loro e armato solo da una coppia di pietre, non poté permettersi la leggerezza di considerarle né qual semplici, né qual comuni, riconoscendole, al contrario e come già prontamente affermato, qual potenzialmente latrici di guai per tutti loro…

« E' solo uno… e disarmato. » commentò Howe, giratosi per primo nel desiderio comprendere la ragione dell'interruzione addottagli, inizialmente preoccupato, e ora apparentemente privo d'angoscia, nel confrontarsi con un unico, persino inerme, antagonista « Un calcio in faccia e ci libereremo di lui senza bisogno di strigi o quant'altro. » sorrise, abbassando la lama pur rapidamente estratta.
« Av'Fahr. » richiamò la Figlia di Marr'Mahew, con tono atto a dimostrare il desiderio di una minor banalizzazione di quella appena proposta dallo shar'tiagho.
« E' troppo lontano anche per me… » replicò il marinaio, lasciando intendere di aver ben compreso la richiesta implicitamente addottagli dalla compagna ancor prima che ella potesse aver occasione di iniziare a formularla « A trecento piedi potrei farcela, ma a questa distanza no. Mi spiace. »

lunedì 27 febbraio 2012

1500


N
essuno ebbe però occasione di scoprire cosa Be'Wahr, o chi per lui, avrebbe dovuto vedere di lì a breve. Perché, prima che Howe potesse terminare quel proprio personale sproloquio, qualcuno volle prendere voce arginando sul nascere un'eventuale iperbole di vane chiacchiere che nulla avrebbero apportato al raggiungimento del risultato finale.

« D'accordo. » intervenne la Figlia di Marr'Mahew, con tono volutamente privato della trasparenza di qualunque emozione, utile, in tal senso, a definire quanto ella non volesse allora ulteriormente scherzare, giuocare, o, semplicemente, ridere di quanto sarebbe potuto avvenire « Mi sto sinceramente sforzando allo scopo di mantenere il mio consueto atteggiamento freddo e distaccato, obiettivo e calcolatore su quanto accade, nella volontà di raggiungere il miglior risultato con la minima spesa o perdita. » esplicitò, in un'introduzione tutt'altro che retorica o banale e, altresì, atta a definire con precisione il proprio intimo stato d'amico « Quindi, per la benevolenza della mia cara e adorata Thyres, signora dei mari, io ti invito, ora, a provare a concentrarti e a ricordare dove diamine possa essere finito quel flagello. » intimò, negando qualunque possibilità di contrattazione in tali termini « Perché o riusciamo a farlo saltare fuori entro questa sera al più tardi, o, vi prometto, che mi assicurerò personalmente che non potrete più mangiare, bere o dormire sino a quando quello scettro non salterà fuori, in un modo o nell'altro. »

Parole sinceramente minacciose, le sue, che mai alcuno, pur non conoscendola, avrebbe potuto banalizzare nelle proprie implicazioni; e che mai alcuno, parimenti conoscendola, avrebbe potuto ritenere semplice chiacchiera, espressione dell'assenza di reali argomenti sui quali concentrarsi. E Howe, e Be'Wahr, pur incluso in ciò ove, a propria volta, corresponsabile di quell'oggetto innanzi agli occhi della mercenaria, conoscevano particolarmente bene Midda, al punto tale da non potersi concedere la folle libertà di dubitare di lei o della pericolosità delle sue minacce.
Certamente ella avrebbe dovuto essere ancora ricordata quale loro alleata, e ormai persino amica, ma nel momento in cui essi si fossero posti di traverso fra lei e un obiettivo che ella si era prefissa, a ben poco avrebbe potuto valere tutto ciò. Perché così come ella sarebbe stata sicuramente pronta a donare la vita per loro, per la loro salvezza, ella sarebbe stata egualmente pronta a pretendere dagli stessi che il proprio eventuale sacrificio non avesse da considerarsi qual vano. E se, in loro, non avesse ritrovato la stessa fedeltà, la stessa fiducia in nome della quale, pur, si erano guadagnati il suo rispetto, tale rispetto, simile benevolenza sarebbe stata reindirizzata a chi più meritevole, a chi più degno di lei, escludendo quella coppia di indubbiamente simpatici compari non solo dalla propria vita ma, anche, dalla vita stessa.
Ovviamente a una simile estremizzazione ella sperava, in cuor suo, di non essere mai costretta a giungere. Non per quello scettro, non per altre vicende. Ma allora tradita troppe volte nella propria esistenza, ultima fra tutte da Carsa Anloch nella quale, al di là di ogni passata incomprensione aveva voluto investire ancora fiducia, speranze e risorse, ella non avrebbe permesso ad altri di insistere per tale via, accettando di buon grado tutto ciò. E già verso Carsa, o in qualunque altro modo ora potesse star facendosi chiamare, probabilmente, non avrebbe riservato particolare premura, anzi, facendo propria, alla prima occasione concessale, una giusta vendetta per quanto subito.

« Credo che la tua posizione sia stata sufficientemente… » replicò Howe, lasciando tale sentenza in sospeso, in attesa del miglior termine da poter applicare a simile contesto.
« … chiara. » completò Be'Wahr, in maniera probabilmente semplicistica, e pur indubbiamente azzeccata in un momento qual quello venutosi così spiacevolmente a creare.
« Sì, chiara. » annuì lo shar'tiagho, soddisfatto dalla scelta del compare, verso il quale, ora, non avrebbe potuto immaginare alcun sarcasmo, alcuno sberleffo, non innanzi agli occhi color ghiaccio della loro compagna che, osservandoli, sembravano impegnati a valutare la giusta quantità di legna necessaria per preparare la pira sulla quale arderne i resti.

Howe e Be'Wahr, insieme a Midda, avevano vissuto e affrontato un numero, e una tipologia, di situazioni così al limite dell'umano pensiero, e oltre, al punto tale che, in effetti, l'idea di essere divenuti una sorta di famiglia, nella quale includere anche Seem in un ruolo da fratellino minore, non avrebbe potuto che essere ritenuta altro che ovvia, banale, naturale. Sopravvissuti, insieme, a troppe possibilità di morte in troppi variegati, e mai piacevoli, modi, spontaneo sarebbe stato per loro fidarsi e affidarsi l'uno all'altro, al punto tale, forse, da arrivare a considerare quasi retorico, con eccessiva leggerezza, il rispetto reciproco, spingendosi in ciò, spiacevolmente, a ridicolizzare anche quanto non sarebbe dovuto essere ridicolizzato.
E ove pur, probabilmente, la reazione della mercenaria avrebbe dovuto essere riconosciuta qual eccessiva nella propria severità, come anch'ella mai si sarebbe riservata occasione di essere in altre condizioni, in un contesto a margine ben diverso da quello purtroppo lì creatosi; anche l'atteggiamento reso proprio dalla coppia di fratelli in arme non avrebbe potuto essere ritenuta priva di una giusta corresponsabilità per tutto quello, corresponsabilità che, in breve, li spinse, spontaneamente, a presentare alla stessa le scuse a lei dovute, allo scopo di permettere alla tensione venutasi a creare fra loro di dissiparsi senza ulteriori possibilità di incertezza.

« Ora cercheremo di sforzarci maggiormente al fine di ricordare il luogo esatto… » premesse Howe, riprendendo parola e offrendo rassicurazione, in ciò, delle proprie intenzioni « … ma prima ritengo sia corretto da parte mia domandarti scusa per aver insistito nello scherzare anche in un momento poco indicato, nel considerare quanto tutti noi siamo stanchi e provati, e quanto ancora ci attenda nei prossimi giorni. » asserì, con tono ora serio e sinceramente pentito, affezionatosi sinceramente alla Figlia di Marr'Mahew e tutt'altro che desideroso di perdere l'opportunità di essere parte della sua vita e di vederla essere parte della propria.
« E, per quanto mi riguarda, mi spiace non riuscire a ricordare con precisione dove lo possiamo aver celato nella volontà di non permettere ad alcuno di ritrovarlo al di fuori di una tua esplicita richiesta. » soggiunse Be'Wahr, accodandosi al fratello e chinando lo sguardo al suolo con aria sinceramente contrita per tale propria pecca, anche ove, in effetti, nessuno fino a quel momento aveva preso in esame l'ipotesi di colpevolizzarlo per tal ragione, sottovalutandone le possibilità e negando inconsciamente l'opportunità nella quale egli avrebbe potuto sopperire a una mancanza dell'altro a simile riguardo.
« Senza contare come, negli scorsi giorni, sarebbe stato giusto avvisarti di tanta confusione, per evitare di giungere a questo punto tanto impreparati come, purtroppo, ci siamo offerti. » insistette il biondo, riprendendo voce ed evidenziando, tuttavia, un particolare tutt'altro che sciocco o errato, dal momento in cui, pur, evidentemente, privi di una chiara memoria in tal senso, alcuno fra i due aveva preso in esame l'ipotesi di comunicarlo alla compagnia per tempo, così come, forse, avrebbe reso meno spiacevole quell'occasione.

A confronto con tale ammissione di colpevolezza e annessa richiesta di scuse da parte della coppia, Midda Bontor non poté negarsi un effimero momento di sincero imbarazzo, che vide le sue guance pur abitualmente pallide conquistare un roseo colorito, trasparente di tale emozione.
In tal momento, ella si rese infatti conto di quanto aveva immeritatamente calcato la mano verso i due che pur, sino ad allora, mai le avevano offerto la benché minima ragione di delusione. E ove essi erano giunti a quella confessione nei suoi riguardi, ella non avrebbe dovuto essere da meno, non nel voler evitare di dimostrare un rispetto verso di loro minore di quanto essi non gliene avessero voluto così tributare.

« D'accordo. » volle esordire ripetendo quella stessa particolare formulazione alla quale aveva pocanzi ricorso per rimproverarli, ora, tuttavia, facendo proprio un tono meno severo rispetto al precedente, e, anzi, addirittura trasparente di una delicata nota di dolcezza nei loro confronti « Credo di aver esagerato poco fa, e di questo mi dispiace. » ammise, con un profondo sospiro carico di contrizione per il proprio errore « Vorrei giustificarmi dicendo come questo sia un pessimo periodo per me. Dicendo che quanto è accaduto a Berah abbia riaperto nel mio cuore ferite mai realmente chiuse, ultima fra le tante quella derivante dalla morte della mia amica Nass'Hya. E che, ancora, l'idea di dover affrontare la mia gemella mi stia torturando in maniera più incisiva di quanto non possa dare a vedere. » argomentò « E tutto questo sarebbe anche vero, ma inappropriato a legittimare quanto ho detto prima. »
« Midda… non c'è bisogn… » tentò di frenarla lo shar'tiagho, levando le mani a negare la necessità di un simile momento di umiliazione per lei, salvo ritrovarsi posto nuovamente a tacere da lei.
« Invece sì. » negò ella, annuendo a rettifica di un tale intervento « Ce ne è bisogno, dal momento che voi, qui presenti, siete probabilmente le ultime persone rimastemi al mondo. E solo un idiota, in un momento come questo, ignorerebbe tale consapevolezza. » annunciò, senza particolare benevolenza nei propri stessi riguardi « E se anche, purtroppo, non ho modo di sapere come tutto questo si concluderà, se nel migliore dei modi possibili o, meno gradevolmente, nel peggiore, io non desidero dire o fare nulla che vi possa denigrare, rifiutando di riconoscere il vostro pur indubbio ruolo nella mia vita, ove anche avrei preferito evitare di ritrovarmi, nuovamente, circondata da una famiglia alla quale affezionarmi. »

E in quelle parole, per la prima volta dal giorno in cui aveva avuto occasione di incontrarla, fu allora Av'Fahr a dischiudere la propria mente su una verità che, sino a quel momento, aveva stolidamente ignorato.
Una verità nel merito di quanto ella avesse realmente sofferto il giorno in cui le era stato imposto l'allontanamento dalla Jol'Ange e dal suo primo equipaggio, una sofferenza necessariamente rinnovata alla scoperta della morte della quasi totalità del medesimo, e, ancora, decuplicata nel proprio valore quand'ella era stata posta a confronto con l'immagine di Salge Tresand, ultimo sopravvissuto nonché suo antico amante, assassinato sotto ai suoi stessi occhi. E una verità, in effetti, anche nel merito del perché ella avesse quindi tanto tergiversato nel riunirsi a loro dopo la loro forzata separazione: non per della semplice codardia, qual egli troppo frettolosamente l'aveva condannata, non per uno sciocco rifiuto a voler provare emozioni, quanto, e più tragicamente, per l'incapacità ad abbandonare quelle stesse emozioni umane che tanto la facevano soffrire, quell'affetto che ella, figlia dei mari, avrebbe necessariamente voluto riversare verso la famiglia che un equipaggio avrebbe potuto rappresentare per lei, e che, altresì, si era ritrovata costretta a temere di provare per il dolore che, da tanto amore, non avrebbe evitato di derivarle.

domenica 26 febbraio 2012

1499


I
l particolare che Midda Bontor aveva considerato essere il più inquietante nell'intera Città della Pace, a prescindere dal suo bizzarro nome e, ancor più, dalla sua macabra destinazione d'uso in quanto necropoli, era stato scoprire come la sua planimetria avrebbe dovuto essere riconosciuta qual eguale, in tutto e per tutto, a quella della città del peccato, di Kriarya.
Sebbene, obiettivamente, le città kofreyote non avrebbero dovuto essere giudicate qual eccessivamente originali nelle proprie scelte architettoniche, omologandosi tutte a un medesimo stile favorevole alle forme squadrate e spigolose, e aborrenti ogni genere di curve; riuscire a riconoscere nelle rovine di quella che un tempo era stata una città, e che, ormai, difficilmente avrebbe potuto essere distinta da una vasta distesa di erba, sassi e rocce, una pur indubbia coerenza con la città che ella aveva eletto a propria residenza in quegli ultimi due, e più, decenni non sarebbe potuto essere facilmente minimizzato, trascurato, ignorato. Del resto, le mura erette sulla base di un enorme dodecagono, con dodici larghe torri a loro volta contraddistinte da dodici lati, e con dodici porte all'esatto centro di ogni segmento, non era una caratteristica condivisa fra molte capitali kofreyote. E la disposizione delle vie principali, e dei più importanti percorsi secondari, all'interno di tale aria, ispirata da, o forse ispiratrice per, le medesime in tutta Kriarya, non avrebbero potuto essere definite quali semplici coincidenze. Non, per lo meno, se in tal presa di posizione non si avesse accettato di rinunciare totalmente al proprio intelletto e, con esso, a un pur minimo barlume di orgoglio per il medesimo.
Dopotutto, per quanto, all'epoca di quegli eventi, ancor sufficientemente nuovi rispetto alla città del peccato, da loro visitata per la prima volta solo al fianco della donna guerriero, persino Howe e Be'Wahr non erano riusciti a ignorare simile parallelismo. Né, parimenti, nato e cresciuto in essa, poté allora ignorarlo il giovane Seem, il quale, sebbene lasciato privo di qualunque avviso in tal senso, subito si rese conto di ciò, per un istante dubitando, persino, di non aver sbagliato strada e di non essere, pertanto, effettivamente ritornati a Kriarya. Una Kriarya, tuttavia, completamente rasa al suolo in termini tanto radicali così come neppure un'invasione straniera avrebbe mai potuto sperare di ottenere. Per sua fortuna, comunque, alcuna montagna si era mai stagliata accanto alla propria città natale e, nel confronto con un dettaglio tutt'altro che irrilevante, mai sarebbe potuta essere giustificata una tanto erronea valutazione sull'effettiva identità di tal sito.

« Per gli dei… » sussurrò egli, dimentico, in tanto stupore, di non aver mai creduto in alcun dio o dea in particolare e di non riuscire, invero, a crederci tutt'ora, ragione per la quale quella sua esclamazione sarebbe risultata del tutto vana, priva di un qualunque interlocutore per recepirla, e in ciò nulla di più di un qualunque "poffarbacco" « La vedo… e non ci credo. »
« Sì… ho avuto anche io una reazione simile la prima volta. » sorrise la mercenaria, annuendo alle sue parole e, in tale occasione, giustificando l'invocazione blasfema da lui scandita « In effetti è incredibile. E, ancor più, inspiegabile. »

Informato, quindi, anche Av'Fahr nel merito delle ragioni di tanto stupore da parte dello scudiero, Midda riprese poco dopo nella volontà di meglio esplicitare il senso della propria precedente considerazione…

« Partendo dal presupposto che l'umanità intera si è dimenticata di questo luogo, sarebbe interessante riuscire a ricostruire le ragioni alla base di una simile somiglianza, fosse anche, semplicemente, per comprendere se questa necropoli è sorta insieme all'acropoli, in un secondo tempo su imitazione della stessa, o, al contrario, in un momento anteriore, offrendosi così qual modello per l'altra. » argomentò, aggrottando la fronte « Purtroppo non credo che ci sarà mai concessa occasione di svelare simile arcano e, in questo, ogni filosofia attorno al medesimo diventa un'inutile, e infruttuosa, perdita di tempo. »

Tempo che, nel considerare il viaggio alle loro spalle e, ancora, quello che li avrebbe attesi successivamente, essi non avrebbero mai potuto sprecare e, pertanto, non vollero concedersi neppure allora di gettare vanamente.
E giunti a tal luogo con il sole allo zenit, sopra le loro teste, non vi fu alcuno, fra loro, che ipotizzò ad alta voce di arrestare i propri passi sino al mattino seguente, per riposare e per concedersi occasione di meglio prepararsi a quanto li avrebbe potuti attendere: prima si fossero incamminati all'interno di quelle mura, prima avrebbero potuto recuperare il flagello, e prima ancora avrebbero potuto rimettersi in viaggio, in direzione di un luogo più ameno, e meno sgradevole, di una enorme necropoli, entro la quale avrebbe potuto essere riservato loro un fato non migliore di quello inizialmente promesso dalla palude di Grykoo, poi, tuttavia, rivelatasi ben misera cosa.

« Allora… » esitò Howe, prendendo obbligatoriamente voce, là dove, una volta giunti entro quei confini, entro i limiti della Città verso la quale erano stati loro a indirizzare l'intero gruppo, di Be'Wahr e suo, e quindi suo, sarebbe stato l'onere di condurre tutti al flagello, nel punto in cui lo avevano nascosto « Fammi un istante fare mente locale su dove è finito quell'arnese. »
« Cosa intendi dire?! » lo inquisì Av'Fahr, tutt'altro che esaltato alla prospettiva che una simile affermazione avrebbe potuto sottintendere « Hai forse dimenticato dove avete celato lo scettro del faraone? »
« Questa è una parola grossa… » obiettò lo shar'tiagho con un sorriso tirato, che difficilmente avrebbe potuto nascondere la verità dietro a tanto tergiversare « Più che dimenticato, direi che gli eventi di queste ultime settimane hanno reso meno nitido il ricordo puntuale. »
« Be'Wahr…? » provò a richiedere la mercenaria, sperando che il biondo, al di là della propria pessima fama, potesse ancora una volta salvare la situazione sopperendo alla confusione propria del fratello.
« Ehm… in effetti temo di essere anche io un poco smarrito. » ammise questi, arrossendo lievemente per l'imbarazzo « Ricordo che, per iniziare, avevamo deciso di nasconderlo nel punto in cui sorge la locanda di Be'Sihl… cioè, la tua locanda… la vostra locanda, insomma. » spiegò, volendosi rendere minimamente utile in un momento tanto sgradevole « Nel corrispettivo punto in cui sorge a Kriarya, intendo. Ovviamente. » si corresse, a evitare un'ambiguità pur inesistente.
« Sì. Questo lo rammento anche io. » annuì Howe « Tuttavia, proprio in quanto ci siamo resi conto che sarebbe stato un luogo in cui anche un idiota, conoscendoti, avrebbe potuto pensare di cercarlo… » e nello scandire quel particolare sostantivo egli non mancò ovviamente di ammiccare in direzione del compare, per non risparmiargli la possibilità di tale, gratuito affondo.
« Ehy! » tentò di protestare Be'Wahr, restando tuttavia inascoltato.
« … abbiamo deciso di trasferirlo in un luogo meno banale. Meno immediato, quanto meno. » proseguì l'altro, nella propria illustrazione « Così che non tutti potessero giungerci. » sorrise nuovamente, insistendo in direzione del compagno di una vita intera, includendo il medesimo in quell'ultima generalizzazione e sottintendendo, in ciò, come in conseguenza a un intelletto meno vivace non avrebbe avuto alcuna speranza di giungere a individuare il flagello.
« Guarda che anche tu hai scordato dove lo abbiamo messo! » tornò a ribellarsi il biondo, non volendo accettare, di buon grado, quelle provocazioni, che verso di sé avrebbero potuto indirizzare la colpa dello stallo imposto all'intera compagnia.
« Io non l'ho affatto dimenticato! » negò vivacemente, muovendo le mani in orizzontale, con un breve movimento dall'interno verso l'esterno, a escludere in maniera incontrovertibile una simile possibilità « Ho già spiegato come tutto quello che è successo mi abbia semplicemente reso meno lucidi i ricordi. » sostenne indefessamente, con un coraggio, o un'incoscienza, invidiabili nel contesto di quella particolare situazione, di quel preciso frangente, considerando con chi stavano avendo a che fare, e, ancor più, le ragioni per le quali si erano spinti sino a quel luogo « Permettimi di riordinare un istante le idee, invece di continuare a infastidirmi con i tuoi sciocchi lamenti, e vedrai che… »

sabato 25 febbraio 2012

1498


S
e pur, in tal contesto, avrebbe dovuto essere riconosciuta una maggiore anzianità in favore, o forse sfavore, della donna guerriero; allo stesso modo, obiettivamente, avrebbe dovuto essere considerato come non in grazia di tale differenza di età sarebbe dovuta essere giustificata la sua confidenza con creature fuori dall'ordinario non solo quali zombie e gargolle, ma anche come fenici e strigi. Tale suo invidiabile bagaglio culturale, infatti, avrebbe dovuto essere apprezzato qual frutto di onesto e reale impegno da parte della stessa Figlia di Marr'Mahew ad acquisire ogni informazione per lei potenzialmente necessaria molto prima di guadagnare quel nome, e, persino, molto prima di essere la celebre mercenaria che poi era divenuta.
Sin da bambina, non diversamente da ogni suo pari, Midda Bontor aveva adorato trascorrere il tempo ad ascoltare ogni genere di storia, canzone, ballata riguardante eroi e mostri, imprese leggendarie e battaglie epiche, non, tuttavia, assistendo passivamente a simili narrazioni, ma pretendendo, per sé, un ruolo particolarmente interattivo, un ruolo che, in ciò, l'aveva spinta a porre un numero spropositato di questioni su ogni dettaglio, assorbendo simili informazioni, forse utili, forse mero intrattenimento, qual una spugna immersa in limpida acqua. Successivamente, fuggita di casa poco meno di fanciulla, e intrapresa una carriera da marinaio e, inevitabilmente, da avventuriera, ella non aveva trascurato di affiancare al tempo speso con la spada in mano, altrettanto tempo trascorso nell'ascolto, nella lettura, e più in generale nello studio, di tutto ciò che, verità o fantasia, avrebbe potuto pararsi in suo ostacolo nel corso dei suoi viaggi, fossero essi dragoni di mare o sirene, gorgoni o ippocampi. E, ancora, quando fu costretta ad abbandonare le vie del mare per quelle di terra, negli anni in cui si preparò al proprio ritorno sulla scena pubblica, e in particolare sull'incredibile palcoscenico offertole dall'intera città di Kriarya, ella non mancò di ampliare ancora la propria conoscenza di leggende e miti, conscia di come dietro a qualsiasi voce avrebbe pur dovuto celarsi un fondo di verità e, soprattutto, di come facendo propria una professione mercenaria e, ancor più, pretendendo qual propri non banali incarichi da sicario o da militare, ma da avventuriera, nella ricerca e nel recupero di reliquie persino dimenticate dall'intera umanità, o in confronto a mostri che alcun altro avrebbe mai desiderato semplicemente immaginare, prima o poi, inevitabilmente, i suoi passi avrebbero incrociato una fra tali creature, fra simili leggende, mitologie che ella avrebbe tramutato in realtà.
Solo in grazia, pertanto, al proprio personale impegno la Figlia di Marr'Mahew, in quel momento come in passato, avrebbe potuto vantare una pur minima, forse superficiale, spesso erronea, e pur sempre utile, confidenza con le creature con le quali avrebbe potuto avere a che fare. Creature che, in caso contrario, difficilmente avrebbe potuto concedersi di vincere, ove, secondo qualunque retorica ovvia e banale, la conoscenza dell'avversario, delle sue capacità e, magari, dei suoi punti deboli, avrebbe dovuto essere riconosciuta qual l'arma più potente con la quale vincere uno scontro.

« Alla base della natura delle strigi, e a prescindere dalla loro possibile origine, comunque sia, ha da essere riconosciuto un indubbio particolare: un'incontrollabile, e inappagabile, sete di sangue. » proseguì in direzione del proprio attento pubblico « E quando dico "sete", non intendo un concetto metaforico. No. Una vera e propria brama di sangue, di bere il sangue e con esso nutrirsi. »
« Vampire, quindi… » commentò Av'Fahr, cercando di recuperare un minimo di controllo e di dimostrarsi, almeno in minima parte, preparato sull'argomento e sulle sue implicazioni.
« Non necessariamente. Le creature che comprendiamo all'interno della generica definizione di vampiri, hanno da riconoscersi quali relative al settore di competenza della negromanzia, spiriti o non morti che, attraverso sangue, carne o altro, saziano una propria necessità vitale. » argomentò, rivolgendo il proprio pensiero alle terribili algul, jinn vampire da lei incontrare nel corso del proprio ultimo viaggio in territorio y'shalfico e che, personalmente, avrebbe preferito evitare di affrontare nuovamente « Nel caso delle strigi, invece, si tratta di normali, si fa per dire, creature viventi che, nella propria dieta, pongono il sangue qual elemento nutrizionale di principale e irrinunciabile importanza. »
« Ed essendo creature viventi possono anche essere uccise, giusto?! » propose Howe, con tono inevitabilmente speranzoso, ove sarebbe stato estremamente sgradevole ritrovarsi contrariati dalla replica a un tale quesito « Perché a noi, in fondo, è questo che interessa… »
« Quanto è stato tramandato nega tale eventualità. » replicò Midda, scuotendo appena il capo a meglio evidenziare il concetto così esposto « Dopotutto anche le streghe sono abitualmente considerate immortali, e, in ciò, le strigi non si differenziano. »
« Ottimo… » sussurrò lo shar'tiagho, tutt'altro che entusiasmato dall'acquisizione di simile dettaglio.
« Ovviamente sappiamo bene come, sino a oggi, alcuna creatura fra coloro che sono state cantate qual immortali si sia rivelata realmente tale, quindi, sotto questo punto di vista, eviterei di preoccuparmi. » sorrise la donna, sempre animata da intima e imperturbabile serenità tal da far risuonare le sue parole quali legge divina, innegabile a meno di non volersi dimostrare qual blasfemi « Per il resto il poco che ci è dato di conoscere a loro riguardo le riferisce quali predatori notturni, che difficilmente agiscono in solitario, e che, appunto, adorano il sangue, sia esso animale sia, inutile a dirsi, umano. »
« In teoria, quindi, non dovremmo correre dei rischi durante il giorno… » suggerì Seem, nella volontà di porre l'accento su quanto di più positivo e promettente avesse da riconoscersi nelle parole della propria signora, a evitare che le medesime potessero apparire quali per loro infauste.
« In teoria e in pratica, oserei dire. » annuì ella.
« Concordo. » si associò immediatamente il vigoroso marinaio, ritrovando voce e, ora, intervenendo in maniera tutt'altro che gratuita qual pur aveva compiuto pocanzi « La notte in cui siamo stati attaccati ho prestato attenzione ai loro… volti. E i loro occhi sono in tutto e per tutto paragonabili a quelli di un qualunque gufo, civetta o barbagianni che dir si voglia. » evidenziò « Ciò non può escludere l'eventualità che possano agire anche di giorno, se obbligate a farlo, ma, certamente, le qualifica quali animali notturni. »
« Grossi, cattivi e pericolosi animali notturni, oserei dire. » puntualizzò Be'Wahr, storcendo le labbra verso il basso « E, ora che mi ci fate pensare, mi sovviene alla memoria una ninna nanna cantatami da mia madre tanto, tanto tempo fa. Una ninna nanna che, fino a oggi, ero erroneamente convinto parlasse di streghe… »

Dormi, oh mio bel bambino,
nel tuo quieto lettino.
Chiudi or gli occhietti,
avanti, che cosa aspetti?!
E' meglio che tu presto dorma
perché questa è saggia norma,
per tenere da te lontane
quelle brutte, vecchie befane.

Su, non fare i capriccetti,
non continuar con i muletti.
Troppo tarda s'è fatta l'ora
per proseguir così ancora.
Si stanno qui avvicinando
il loro canto è nefando:
bimbo mio non l'ascoltare
se mamma non vuoi scordare.

Dormi, presto, caro piccino
fai nanna fin al mattino.
Sogna il mondo incantato,
lo stupendo regno fatato.
Là dove né ora, né mai
in pericolo tu sarai,
ché strige, anche arrabbiata,
da te mai sarà sfamata.

venerdì 24 febbraio 2012

1497


E
la conclusione da lei richiesta, anzi imposta, sui propri compagni e sulle loro discussioni, sui loro mascolini, o forse solamente infantili, confronti, si dimostrò più duratura di quanto ella avrebbe mai potuto immaginare, presupporre o pretendere, negando ai quattro, anzi ai tre, escludendo necessariamente Seem in quanto mero testimone e non partecipe di quegli eventi, qualunque ulteriore occasione di dialogo nel merito di quanto accaduto per tutto il tempo che fu loro necessario per raggiungere la città della pace.
In quei giorni, certamente, non mancarono altre occasioni di confronto verbale, non vennero meno altre discussioni, fra Av'Fahr e i due fratelli, o fra Howe e Be'Wahr con Midda, soprattutto in merito a temi particolarmente stolidi, attorno argomenti leggeri e sempre scollegati alle ragioni di quel loro viaggio o agli eventi occorsi nel mentre del medesimo, e in particolare all'interno della palude di Grykoo e nelle immediate vicinanze della medesima. Ma tali dialoghi, sovente anche ridanciani, lasciarono sempre trasparire una tensione di fondo fra i sodali lì riuniti da un comune scopo, e dalla comune amicizia verso Midda Bontor: la tensione di un confronto negato, di un dialogo interrotto, e, peggio, di posizioni comunque discordanti che mai avevano avuto occasione di convergere verso un patteggiamento, al di là di quanto detto e imposto dalla stessa Figlia di Marr'Mahew.
Solo il giorno antecedente il loro arrivo alla città della pace, e senza alcuna connessione con il raggiungimento di tale pur bramato traguardo, fu il biondo a voler riportare l'attenzione a un tema ormai sperato da tutti qual obliato, seppur mai dimenticato, in una semplice e pur inappellabile possibilità a rimuovere dalla memoria quanto accaduto e, purtroppo, appunto, mai risolto…

« A costo di fare la mia consueta figura dello stupido, non ce la faccio più a trattenermi… » premesse Be'Wahr, interrompendo in maniera del tutto inattesa una disquisizione sulle migliori possibilità riservate da una mazza chiodata o da un martello da guerra nel corso di una battaglia, vedendo Howe e Av'Fahr a favore della prima in contrapposizione a Midda più interessata nei riguardi del secondo « Qualcuno fra voi vuole farmi il piacere di dirmi che diamine erano quelle strigi?! Le abbiamo combattute, o, meglio, le abbiamo inspiegabilmente evitate, ma ancora non so nulla a loro riguardo: né su cosa sono, né su come combatterle nel momento in cui quelle maledette cagne dovessero cambiare idea a nostro riguardo! »

Quell'uscita, quella presa di posizione tanto improvvisa quanto imprevedibile, rese necessario un lungo momento di imbarazzato silenzio fra i presenti, i quali si ritrovarono a studiarsi l'un l'altro negli occhi nella speranza di riuscire a concordare, con semplici sguardi, una linea comune alla quale attenersi. In verità, in simile, laconico, atteggiamento, la posizione assunta da Howe avrebbe dovuto essere riconosciuta quantomeno sospetta, per non dire ambigua, dal momento in cui, avendo da sempre vissuto al fianco del fratello, condividendo con lui ogni propria avventura, nonché la propria ancor predominante assenza di alfabetizzazione, difficile sarebbe stato accettare l'idea di una qualche erudizione a tal riguardo da parte dell'uno in assenza di un'egual consapevolezza nell'altro.
Tuttavia, in un momento qual quello, nessuno avrebbe avuto un qualche vantaggio a porre in dubbio l'esperienza dello shar'tiagho, non, per lo meno, con il rischio di ritornare completamente alla discussione rimasta in sospeso. Così, quando Midda decise di prendere voce, in quel ruolo da mentore che, obiettivamente, tutti le avevano già implicitamente riconosciuto, non vi fu alcun accenno, né ironico, né sornione, al comportamento assunto da Howe, ignorando in tutto e per tutto il medesimo e rivolgendo tutto il proprio interesse, e le proprie parole, a sol favore del suo biondo fratello che, quella domanda, aveva voluto lasciar emergere.

« Come direbbe il nostro caro, vecchio e saggio amico Sha'Maech non vi può essere nulla di errato nel desiderare di ampliare le proprie conoscenze, la propria cultura. » sorrise ella, accogliendo con serenità la richiesta loro rivolta, e citando, in tale occasione, una comune conoscenza sua, dei due fratelli, e anche dello scudiero, un bizzarro, eclettico individuo che dello studio del mondo in tutte le sue forme e in tutti i suoi aspetti aveva reso il proprio scopo di vita, accumulando nella propria mente più informazioni di quante mai né ella, né chiunque altro fra loro, pur in gruppo, avrebbero potuto sperare di raccogliere o, banalmente, gestire « Tuttavia, a differenza di molte altre creature, delle strigi non si hanno informazioni precise, dal momento in cui l'ultima loro apparizione, in queste terre, ha da considerarsi risalente a qualche secolo fa, anno più, anno meno. »
« Qualche secolo fa?! » domandarono, in coro, Av'Fahr e Howe, dimostrando entrambi quanto minimale, o nulla, avesse da essere giudicata la loro confidenza con simile argomento.
« Ne sei certa? » incalzò Be'Wahr, sorpreso non meno rispetto ai propri compagni per simile annuncio, ove, in tal senso, quanto loro accaduto avrebbe dovuto essere giudicato tutt'altro che un evento banale, tutt'altro che un'occorrenza di poco conto qual pur, abituati tutti loro ad avere a che fare con mostri di ogni tipo e natura, avevano inizialmente minimizzato essere.
« Cioè… se così fosse, sarebbe da augurarci di incontrarle nuovamente prima della fine del nostro viaggio. » argomentò lo shar'tiagho, offrendo immediatamente spazio al proprio spirito mercenario, necessariamente abituato a trasformare ogni disavventura in un'occasione di guadagno « Se sono tanto rare, scommetto che molti mecenati sarebbero disposti a sborsare dei bei gruzzoli per una loro zampa, il loro becco o, magari, la loro testa… » esplicitò, in quello che Av'Fahr avrebbe potuto ritenere un macabro proposito ma che, altresì, tanto la stessa Figlia di Marr'Mahew, quant'anche gli altri due loro compagni di viaggio, non avrebbero potuto fraintendere nelle proprie ragioni.
« Non credere che non ci abbia pensato. » sottolineò la donna guerriero, a definire in maniera trasparente la propria posizione a tal riguardo e, in tal senso, a negare qualunque possibilità di dubbio sulla comune visione condivisa fra tutti loro, professionisti in un medesimo, particolare settore d'impiego « Ultimamente ho quasi prosciugato le mie finanze e qualche spicciolo in più non sarebbe stato assolutamente sgradito. » puntualizzò, esprimendosi con assoluta sincerità a tal riguardo « Purtroppo… questo non ha da ritenersi il momento più indicato per concederci una simile distrazione. Anche perché… beh… parliamoci chiaro: nessuno di noi ha da considerarsi al pieno della propria forma fisica. O erro?! »

Nessuno osò negare l'assoluta veridicità di quelle sue parole, dal momento in cui, rimasti tutti loro feriti in maniera più o meno grave in tempi ancor troppo recenti, e posti a dura prova nella propria resistenza fisica da un viaggio condotto in tempi sin troppo compressi, sciocco e infantile sarebbe stato tentare di rifiutare quanto da lei asserito, la ragionevolezza delle sue parole.
Così, trascorso un intervallo minimale, e pur sufficiente a considerare il silenzio lì imperante qual un tacito assenso a quanto da lei retoricamente questionato, ella si concesse occasione di tornare all'argomento principale, nel non voler trascurare l'origine di quella breve dissertazione…

« Come stavo dicendo, in merito all'origine delle strigi non si conosce molto. » riprese voce, con il medesimo tono sereno già adottato in precedenza « Non solo non si è ancora trovato un accordo nel merito del dio al quale attribuirne la paternità, ma, in effetti, neppure si è certi sul fatto di poter cercare una qualunque spiegazione in tal senso rivolgendo l'attenzione verso il divino ancor prima che verso l'uomo. »
« Cosa intendi dire? » non si pose esitazioni a domandare Be'Wahr, desideroso di saperne di più su un argomento che se già prima lo aveva incuriosito, ora non avrebbe potuto evitare di entusiasmarlo negli scenari che avrebbe potuto riservare loro.
« Esattamente quello che ho detto. » si strinse nelle spalle ella, aggrottando la fronte con aria apparentemente arrendevole, quasi non fosse nelle sue possibilità poter aggiungere altro a quanto già detto « Secondo diverse opinioni, le strigi non hanno da considerarsi neppure delle vere e proprie creature, quanto, e piuttosto, paradossale a dirsi, delle streghe, così come, in quel giorno, le avevi giustamente indicate nella tua erronea comprensione del loro nome… »

giovedì 23 febbraio 2012

1496


U
n momento tanto atteso quanto temuto, quello nel quale le strigi avrebbero iniziato a invocare le loro carni, che la donna guerriero e i suoi compagni, tuttavia, non giunsero mai ad affrontare, ove, non solo incredibile a dirsi, ma ancor più inquietante solo a immaginarsi, quella furiosa offensiva terminò in maniera tanto repentina, così come aveva avuto inizio, nel momento in cui tutti i membri della Progenie della Fenice lì presenti vennero trasportati lontano da loro, lontano dal teatro dell'assedio da loro stessi ricercato e che, alla fine, contro di loro si era incredibilmente rivoltato. Quasi quegli uomini e quelle donne mascherati avessero avuto ragione, quasi le loro accuse a discapito di Midda Bontor non fossero gratuite, quasi fosse stata ella stessa a invocare quelle orrende creature per pasteggiare con le membra e le ossa dei loro avversari, infatti, le strigi scomparvero non appena ogni pericolo per il gruppetto dei cinque avventurieri venne meno, non appena tranquillità del loro riposo, prima posta in pericolo dalla presenza di quegli inattesi avversari, fu nuovamente assicurata. E quando i cinque si resero conto di ciò, estremamente difficoltoso fu per gli stessi riuscire ad accettare quanto assurdo sarebbe stato ritenere una mera coincidenza.

« Ehm… sono andati? » domandò incerto il giovane Seem, prendendo per primo voce al termine di un lungo intervallo di tempo utile a maturare la consapevolezza di essere rimasti alfine soli, e di essere, in ciò, scampati al duplice pericolo rappresentato tanto dalla Progenie della Fenice, tanto dalle strigi « E siamo ancora vivi?! » soggiunse, con tono di voce più moderato, rendendosi perfettamente conto dell'assurdità della propria questione, e ciò nonostante non riuscendo a ovviare a esprimerla, e a esprimerla verbalmente.
« Sono andati tutti. » confermò Av'Fahr, sollevandosi prudentemente da terra, a pochi piedi di distanza qual era dallo scudiero e dal resto del loro gruppetto, lì sparso in maniera confusa « E per quanto mi riguarda sono vivo… anche se non ne comprendo effettivamente la ragione. »
« C'è davvero bisogno di sprecarsi in vane filosofie a tal riguardo? » replicò Be'Wahr, dando riprova di voler affrontare la questione in maniera estremamente pratica, senza concedersi di perdere il sonno all'idea di non essere in grado di comprendere il perché della propria inalterata esistenza in vita « Per quanto mi riguarda, davvero, io sono felice così… »
« Per una volta tanto credo di essere d'accordo con te, fratellino… » approvò Howe, muovendo il capo in senso affermativo e agendo a propria volta con massima discrezione per alzarsi da terra, a non escludere alcuna possibilità, sebbene assurda, di un nuovo agguato a loro discapito « Dopotutto, nel lamentarsi di questa magnifica occasione, rischieremmo solamente di attrarci l'antipatia di qualche divinità sinora dimostratasi benevola nei nostri riguardi. E noi non vogliamo certamente che ciò accada, non è vero?! »
« Non intendevo lamentarmi della cosa. » si difese il marinaio, scrollandosi la terra e la polvere necessariamente accumulatesi sulla propria pelle in conseguenza agli ultimi eventi « Semplicemente trovo sufficientemente inquietante la prospettiva che quei dannati figli d'un cane possano aver incontrato i propri dei nella convinzione di aver ragione a nostro riguardo. »
« Ovvero…? » intervenne la mercenaria, prendendo per la prima volta voce nella questione con tono neutro, privo di particolare inflessione utile a intuirne le emozioni, a comprendere se quanto da lei pronunciato avesse da giudicarsi frutto di mero intento discorsivo, o evidenza di una presa di posizione difensiva da parte sua, quasi nelle parole dell'uomo avesse da essere inteso un intento aggressivo nei suoi riguardi.
« Ovvero… » esitò l'uomo, posto per un istante in imbarazzo tanto dalla questione, quanto più dallo sguardo di ghiaccio di lei, fissatosi in direzione dei propri occhi, impassibile e impietoso, quasi inumano, in misura non eccessivamente dissimile da quella già propria delle strigi « Ovvero… che non si può negare come l'apparenza non deponga a nostro favore. O vogliamo chiuderci gli occhi e fingere che quelle specie di arpie non siano giunge in nostro soccorso al momento più opportuno?! »
« Avremmo potuto farcela tranquillamente senza il loro intervento! » protestò il biondo, intervenendo in contrasto al marinaio quasi le parole da lui pronunciate fossero state avvertite quali offensive verso loro stessi e le loro effettive capacità « Erano soltanto quattro stolti pronti per un ballo in maschera più che per una reale battaglia, e abbiamo affrontato molto peggio in passato. » insistette, dimostrando quanto a parlare, in quel momento, fosse il proprio orgoglio ferito.
« Saranno pure stati mal vestiti… ma, di certo, non erano degli sprovveduti. » negò Av'Fahr, a sostegno della propria posizione « E con questo non voglio dire che non saremmo riusciti a cavarcela senza l'intervento dei quelle strigi. Vorrei solo sottolineare l'ovvio… ossia che quelle cagne hanno fatto strage dei nostri avversari ignorandoci bellamente. »
« Ehy… io non sono stato ignorato bellamente. » protestò Howe, memore del rischio corso all'avvento di quelle creature, quando era stata la voce del medesimo suo attuale interlocutore a porlo in guardia dal pericolo corso « Anzi, sei stato proprio tu a evitare di farmi finire fra i loro artigli… ricordi? »
« Ricordo. Ma non abbiamo alcuna riprova del fatto che, se tu non ti fossi abbassato, esse ti avrebbero ghermito. » volle evidenziare l'altro, ancora sostenendo la propria teoria « L'occasione per attaccarci non è mancata loro. Eppure, non appena hanno concluso lo sterminio sistematico di tutti i nostri avversari si sono ritirate, non dimostrando il benché minimo interesse verso di noi. Verso alcuno fra noi… » spiegò, voltando il capo, in quell'ultima puntualizzazione, in direzione del giovane scudiero della Figlia di Marr'Mahew, colui che, più indifeso fra ttti loro, sarebbe potuto essere facile preda di quei mostri, se solo esse lo avessero voluto, lo avessero desiderato.
« Ehy… lascia stare See… » tentò di intervenire Be'Wahr, ora schierato a sostegno del ragazzo che, se pur all'inizio aveva apprezzato per semplice simpatia, nel corso del tempo aveva imparato a rispettare per solide ragioni, per motivazioni concrete e incontrovertibili, prime fra tutti l'impegno dal medesimo recentemente posto per salvare la vita sua e di suo fratello.

Prima che, tuttavia, quella frase, quell'intimazione, potesse trovare occasione di concludersi, fu nuovamente la donna guerriero a chiedere parola, ottenendola a pieno diritto dal momento in cui, obiettivamente, in quella faccenda ella avrebbe dovuto essere riconosciuta qual la prima a rischiare non solo il proprio onore, ma, anche e soprattutto, la propria credibilità. E quanto ella ebbe allora a dire, non fu in contrasto all'opinione del marinaio, a quanto da lui suggerito sebbene a propria apparente critica, quanto, e piuttosto, a tutela della sua libertà di espressione, del suo diritto a definire quell'evidenza, dopotutto, palese, negando la ragione della quale essi avrebbero solo, e al contrario, offerto sostanziale conferma a quei sospetti, a quei dubbi, a quelle teorie, per quanto assurde e totalmente prive di fondamento, conoscendo tutti loro la Figlia di Marr'Mahew e offrendosi, in ciò, certi dell'onestà della propria natura.

« Calmatevi tutti. » si impose ella con tono fermo e deciso, tale da non ammettere repliche di sorta a simile richiesta, nel non offrire spazio alcuno in opposizione a quel suo categorico ordine « Av'Fahr ha ragione. » sancì immediatamente, a escludere ulteriori possibilità di dubbio attorno a tale verità « Quanto è avvenuto ha da ritenersi assolutamente inquietante. Per non dire sospetto nei miei riguardi, dal momento in cui sono stata apertamente accusata di aver invocato io tali creature in nostro aiuto. »
« Ciò nonostante, e per quanto io stessa sia la prima a non accettare di buon grado quanto è accaduto, non riesco a dare neppur torto all'opinione di Be'Wahr, e di Howe, su come questo fortuito evento non debba metterci in crisi al punto tale da negarci il sollievo di esserci privati di due scomodi avversari senza eccessivo sforzo. » argomentò, proseguendo nella propria esposizione e trovando, in quelle parole, un punto d'incontro fra le posizioni contrapposte del marinaio e dei due mercenari « Non so chi o cosa stia ordendo alle nostre spalle, in nostro aiuto o in nostra opposizione. Né, ancor meno, so quali accidenti di motivazioni potessero star spingendo quei buffoni mascherati in nostro contrasto. Ciò che so e che due vite, e forse altre ancora, dipendono dal successo della nostra missione. » volle ricordare a tutti i presenti « E che, pertanto, non ci è data la possibilità di perdere tempo nel lambiccarci eccessivamente sul perché o sul per come quanto è accaduto sia accaduto. » definì, con tono tale da annunciare, in quegli stessi termini, la conclusione di ogni ulteriore discussione, né a favore, né in contrasto ad alcuna teoria lì ipotizzabile.

mercoledì 22 febbraio 2012

1495


« T
hyres! » sussurrò la mercenaria, invocando la propria dea prediletta e nel contempo osservando con interesse l'immagine di uno dei loro nuovi antagonisti, anzi, antagoniste, concessale per il brevissimo istante, per il fuggevole momento necessario alla medesima per catturare le proprie due prede e sollevarle verso l'alto dei cieli, là dove sarebbe stata loro riservata solo morte certa « … questo è male. »
« Che diamine sono?! » domandò Howe, posto in necessaria agitazione all'idea del confronto con un'entità ignota, capace di discendere e rapirli senza possibilità di opposizione da parte loro, di resistenza dinnanzi a un fato tragicamente considerato certo.
« Strigi! » esclamò per tutta risposta la Figlia di Marr'Mahew, tentando di accucciarsi il più possibile al suolo e, al contempo, non perdendo neppure di vista la Progenie della Fenice a lei circostante, ove questi non si erano dimostrati affatto desiderosi di una qualche tregua fra loro.
« Streghe?! » questionò Be'Wahr, non avendo ben compreso il termine da lei adoperato.
« Strigi ha detto! » corresse Av'Fahr, aggiungendo poi, rapidamente « Giù la testa, Howe! »

Un consiglio, un avviso, un ordine quasi, che non si dimostrò qual gratuito o immotivato nella propria offerta, dal momento in cui, un istante dopo, due nuove creature giunsero dal cielo proprio sopra la posizione dello shar'tiagho, ricercando lì nuove prede sulle quali sfogare la propria brama di sangue e di morte.
Non Howe, comunque, si offrì volontario per tale onere, ove, avvertito per tempo dalla voce del marinaio, e trascurando ogni possibile rivalità vissuta in passato nei confronti dello stesso, egli si gettò repentinamente verso il suolo sotto i propri piedi, per porsi il più lontano possibile da qualunque offesa a lui rivolgibile. E così, se non il mercenario, furono quattro maschere attorno a lui a esser pretese qual giusto tributo dalla morte alata precipitata sopra di loro, ritrovandosi ognuno con una spalla trafitta da parte a parte da profondi, acuminati artigli, e, in tal punto uncinati, richiamati verso le tenebre sopra le loro teste, le stesse nel confronto delle quali, un istante prima, avevano stolidamente dimostrato indifferenza se non supponenza, minimizzando il pericolo che in esse avrebbe pur dovuto essere riconosciuto qual presente e in agguato.

« A buon rendere, vecchio mio! » replicò lo shar'tiagho, sinceramente grato verso il marinaio, per la prima volta, necessariamente, preso in buona considerazione, avendo per suo tramite avuta salva la vita « A buon rendere! » si ripeté, sgattaiolando rapido lontano da quel punto maledetto, e riavvicinandosi, in tal movimento, al fratello, ancora circondato, proprio malgrado, dalla Progenie della Fenice.

Essere stato posto a confronto diretto con quelle strigi, se tale avesse dovuto essere riconosciuta la loro natura, aveva infatti provocato in Howe una certa nostalgia per il proprio biondo compare di sempre, colui dal quale si era estemporaneamente separato nella foga della battaglia in corso, e al quale, altresì, volle rapidamente ritornare sospinto in tal senso dal timore che qualcosa di male potesse accadergli in conseguenza della propria lontananza, di quel proprio trascurarlo. E data l'ultima evoluzione del rapporto fra loro e i loro avversari, in contrasto ai quali persino Midda aveva agito con estrema risoluzione, lo shar'tiagho non volle essere da meno, aprendosi la via verso Be'Wahr a colpi di spada, ormai non più interessato a frenare i propri attacchi, a moderare il proprio impeto per non imporre morte su quegli uomini e quelle donne mascherate, nel lasciar precipitare la propria lama su quei corpi animato dalla sola necessità di farsi largo fra gli stessi, quasi nulla fossero più che scomode erbacce cresciute a coprire un sentiero da percorrere.

« Cerca di stare basso, fratellino. » consigliò al biondo, ponendosi al suo fianco « Queste strigi, qualsiasi cosa siano, non rientrano nei nostri consueti canoni di bellezza. »

Alte pressoché come la Figlia di Marr'Mahew, ma dotate di una corporatura decisamente più esile, le strigi si erano presentate allo sguardo di Howe quali una bizzarra fusione di donne e di rapaci, non dissimili a quelle che aveva già sentito denominare con il termine arpie. Le loro braccia, indubbiamente più lunghe rispetto a quanto ci si sarebbe potuti attendere nel confronto con delle donne umane, non terminavano, invero, in mani, quanto, piuttosto, in ali, che si articolavano non a partire dalla schiena ma dal gomito, e che si estendevano per un'apertura complessiva superiore prossima al doppio della loro stessa altezza. Le loro gambe, che sino alle cosce avrebbero potuto essere scambiate per quelle di una qualsiasi donna, presentando, addirittura, dei glutei decisamente piacevoli allo sguardo, si tramutavano dal ginocchio in giù in grosse zampe d'uccello, dotate di terribili artigli neri con i quali la Progenie della Fenice aveva già avuto dolorosamente a che fare. E, ancora, se pur il loro addome, i loro piccoli e sodi seni femminili, e il loro ventre, apparivano del tutto accomunabili a quelli di una donna, con la sola eccezione rappresentata dal colore della pelle, lì in tonalità marroni grigiastre, sulle loro spalle e lungo le loro schiene, sino ai lombi, un folto piumaggio sembrava essere stato lì preposto allo scopo di ovviare a qualunque fraintendimento nel merito della loro effettiva natura, offrendo loro un soffice mantello intriso di sgradevoli odori. Ma al di sopra di braccia, gambe e corpo, quanto di più originale avrebbe dovuto essere ricercato nei loro visi, nei loro volti, che, rinunciando a qualunque parvenza di umanità, presentavano un becco uncinato e due grossi e profondi occhi luminescenti, in tutto e per tutto prossimi a quelli di un gufo, di una civetta o di qualche altro volatile notturno.
Proprio da tali becchi, bramosi di intridersi nel sangue delle loro prede e vittime, erano emessi quegli sgradevoli suoni, quel funesto accompagnamento alla loro marcia, alla loro carica, in un'utilità apparentemente non dissimile da quella di un corno da battaglia, o forse da caccia, nel rinvigorire i loro animi, i loro cuori, e nello spronarle alla conquista di quei trofei tanto ambiti.

« Non ce la faremo mai contro queste creature… sono troppe. » annunciò Av'Fahr, non guidato, in tal senso, da una qualche pessimistica emozione, quanto, e peggio, da una fredda valutazione nel merito delle loro concrete possibilità di successo e di sopravvivenza, nella sfida imposta loro da così tante strigi in contrasto alle quali, nell'oscurità di quella notte, quasi impossibile sarebbe stato ergere una qualunque difesa, una qualunque barriera « Finiremo massacrati, a meno di non trovare, quanto prima, una soluzione a tutto questo… »
« Finiremo massacrati, a meno di non sterminare queste maledette mascherine! » corresse e puntualizzò la mercenaria dagli occhi color ghiaccio, proprio malgrado ancora assediata da uomini e donne invocanti la sua morte, in quanto strega colpevole di aver evocato quelle strigi « Non so se l'ho già detto, ma, dannazione, io odio i fanatici. »
« Sì, l'hai detto un attimo fa… » confermò Be'Wahr, più che lieto di essersi ritrovato riunito al fratello, per combattere fianco a fianco quella che, forse e sfortunatamente, sarebbe potuta essere la loro ultima battaglia « Ma non ti preoccupare: nessuno si scandalizzerà per una tua carenza di originalità in un momento qual questo. »

Nel mentre di quelle parole, dopotutto, numerosi, ormai privi di qualunque possibilità di conteggio, avrebbero dovuto essere riconosciuti gli attacchi delle strigi a loro discapito, o, per meglio dire, a discapito della Progenie della Fenice, ove, sino a quel momento, solo uomini blu vestiti e donne rosso vestite erano state scelte, per colpa o per destino, dalle medesime, trascurando in ciò Midda e i suoi compagni. Una mancanza di considerazione che, volendo dirsi onesta, la Figlia di Marr'Mahew non avrebbe mai potuto criticare o condannare, altresì più che lieta che, nel ritrovarsi assediata da due diverse tipologie di avversari, le medesime si stessero annientando reciprocamente, lasciando a lei, a loro, l'importante compito di mantenersi ancora in vita, di resistere almeno sino a quando, inevitabilmente, la lotta non si sarebbe reindirizzata a loro necessario ed esplicito contrasto.

martedì 21 febbraio 2012

1494


« C
redo di provare quella classica, e sempre sgradevole, sensazione di déjà vu… » sussurrò Be'Wahr, rivolgendosi a tutti o, più probabilmente, a nessuno in particolare, qual reazione di nervosismo a quanto, lì, appena udito, appena impostosi su tutti loro.
« L'altra volta, però, quella cagna alata non aveva gridato in questo modo. » rispose Howe, cogliendo immediatamente il riferimento implicito nelle parole del fratello, evocative del ricordo di un'altra furiosa battaglia prematuramente interrottasi a causa di un violento attacco dal buio cielo sopra le loro teste « In effetti non aveva proprio gridato, muta come una statua qual era. »

Umorismo banale, quello che quest'ultimo volle concedersi, che fra i presenti poté essere apprezzato unicamente dal biondo compare, nonché da Midda e anche da Seem, tutti presenti, quali essi erano stati, nell'occasione in cui una terribile gargolla era precipitata dall'alto sopra le schiere attorno a loro presenti, per sottrarre indistintamente uomini e donne al suolo e rioffrirli al medesimo unicamente qual cadaveri. Presentandosi, né più né meno, quale una statua alla quale era stata imposta una grottesca imitazione di vita, un'animazione e un principio di intelletto utile a servire lo stregone proprio creatore e padrone, la gargolla si era impegnata contro di loro per ragioni mai veramente chiarite, planando silenziosa e letale nelle fattezze di quella che qualcuno aveva erroneamente giudicato essere prossime a quelle di una sfinge shar'tiagha, e lasciando riecheggiare quali uniche urla, quelle delle proprie vittime, quegli ultimi, disperati tentativi di dimostrare al mondo intero la propria innata volontà di vivere ancora un'altra ora, ancora un altro giorno, un altro anno… così come purtroppo, tutti, si erano trovati a essere consapevoli non sarebbe potuto più essere, in un esistenza che non sarebbe stata loro, disgraziatamente, ancora concessa.
La consapevolezza di tale dettaglio, di tanto dissimile particolare, avrebbe potuto essere forse apprezzata da parte di coloro che ebbero possibilità di coglierla nelle parole del mercenario, aprendo loro l'opportunità di porsi a confronto con qualcosa di diverso, di più originale e, magari, di meno complesso da abbattere. Ciò nonostante, nella sgradevole certezza di quanto, raramente, il fato si fosse dimostrato benevolo nei loro riguardi, così come nei riguardi di chiunque, loro pari, avessero reso proprio stile di vita un rischioso azzardo con quanto di più letale il loro mondo avrebbe mai potuto riservare; alcuno fra loro, non Howe, non Be'Wahr, non Seem, né, tantomeno, Midda, avrebbero potuto avere qualche concreta ragione per apprezzare l'idea di una nuova sfida, di un avversario diverso dalla gargolla. Non, per lo meno, in una condizione qual quella attuale, che non avrebbe garantito loro alcuna occasione per intrattenersi, così come magari avrebbero potuto anche avere piacere di fare in altri momenti, con degli inediti mostri nel confronto con i quali poter misurare la propria abilità, la propria capacità di sopravvivere a quanto chiunque altro avrebbe definito come destino, e che, da parte loro, nulla di diverso era considerato rispetto a una costante prova per dimostrare la propria autodeterminazione innanzi a uomini mortali e dei immortali.

« Forse è andato… » suggerì timidamente Seem, incerto su come doversi comportare, su come dover affrontare quella particolare situazione, impostasi su di loro nel mentre di un altro violento conflitto, lì solo estemporaneamente arrestatosi e che pur, era conscio, sarebbe potuto riprendere da un momento all'altro.

Ma prima ancora che la tensione venutasi a creare in conseguenza di quel primo grido, di quel verso inumano e straziante, potesse scemare e permettere a tutti i presenti di archiviare quell'evento qual privo di ulteriori ragioni di interesse, tale da garantire loro la possibilità di ricominciare a tentare di uccidersi quasi nulla fosse accaduto; non un semplice altro, ma una dozzina, o forse più, di altre grida al pari di quella che aveva appena squarciato il silenzioso velo della notte pur imperante al loro piccolo campo di battaglia, si imposero con violenza disumana, crescendo di intensità e lasciando facilmente intuire come, qualunque fosse la creatura originaria di tale orrendo verso, molti esemplari di tali mostri si stavano rapidamente avvicinando a loro.
E fu proprio in quel momento, in conseguenza di quella indesiderata evoluzione della loro battaglia, che Midda e i suoi compagni ebbero occasione di porsi realmente a confronto con il fanatismo proprio dei loro avversari, di coloro che, sino a quel momento, avevano considerato poco più di un noioso imprevisto, e che purtroppo, allora, si rivelarono qual molto più di ciò, guadagnandosi di diritto una collocazione d'onore quali folli membri di una dannata setta, incapaci a ricorrere, realmente, all'utilizzo del proprio intelletto all'esterno degli stringenti limiti imposti loro dalla propria fede. Perché laddove, chiunque altro, sebbene animato da insaziabile sete di sangue, da bramosia di dolore e morte nei propri antagonisti, nel ritrovarsi minacciato da una qualunque creatura aliena a ogni concetto di umanità, qual certamente si sarebbero presto rivelati i loro avversari, avrebbe estemporaneamente posto da parte ogni possibile ragione di scontro con altri esseri umani per allearsi, guidato da un istinto primordiale, ai propri simili; la Progenie della Fenice offrì trasparente sfogo a un sentimento ben diverso da quello, ritrovando in quegli stessi eventi, al contrario, un'ulteriore giustificazione ai propri atti, alla battaglia da loro ricercata, desiderata e scatenata…

« A questo punto se giunta, razza di strega?! » prese inedita parola una delle maschere blu, rivolgendosi in tal senso alla Figlia di Marr'Mahew e, senza particolare astuzia, accompagnando tale voce a un nuovo tentativo d'aggressione a suo discapito « Consapevole di non poter avere la meglio su di noi, hai evocato qualche malefica creatura per soffocare la nostra luc… »

Quel delirio, tuttavia, non ebbe occasione di concludersi, ove, senza palesare particolare esitazione per quanto richiestole in quel momento dal fato, la medesima donna dagli occhi color ghiaccio lì accusata e aggredita, pose prematura fine al medesimo, alla vita dell'uomo la cui voce tanto stava, allora, tentando di offendere il suo udito, muovendo con assoluta naturalezza la propria ingombrante spada bastarda in un ampio movimento tondo roverso, con il quale, senza la benché minima espressione di sforzo, di fatica, decollò il proprio antagonista, colui che, perdendo metaforicamente la testa in quella già avversa situazione, aveva semplicemente guadagnato il diritto a perderla anche in senso più pratico, prima che, in sua imitazione, anche altri potessero decidere di cercare in lei una possibilità di suicidio. Vana speranza la sua, in verità, dal momento in cui quella testa decapitata, e rigettata in ciò a terra, fra i piedi dei propri compagni con ancora indosso la propria maschera, non riuscì a esser di monito per i presenti ma, al contrario, parve rendere propria un'opposta utilità, scatenando in misura maggiore, se possibile, l'ira degli astanti, i quali, immediatamente, levarono in coro un grido che parve volersi presentare di replica a i versi che, sino a un istante prima, avevano attratto completamente la loro attenzione.

« Dannazione! » imprecò ella, stringendo i denti e levando la propria spada innanzi a sé, per essere pronta a tutto « Io odio i fanatici… »
« Attenzione! » intervenne, in quello stesso momento, la profonda e virile voce di Av'Fahr, pretendendo a sé l'attenzione di tutti i presenti « Stanno arrivando! » annunciò, indicando, in un punto cieco nel cielo, qualcosa che evidentemente solo i suoi occhi avevano avuto modo di cogliere, allenati più di quelli di chiunque altro dalle lunghe notti trascorse di vedetta sulla Jol'Ange, alternandosi in tal compito a tutti i propri compagni « E, per la misericordia di Gah'Ad, sono tanti… troppi… »

E quasi a voler confermare quell'annuncio, che gli uomini e le donne in maschera avrebbero potuto decidere di ignorare minimizzandolo qual uno sciocco tentativo di distrarre la loro attenzione verso un obiettivo diverso dalla Figlia di Marr'Mahew, una prima coppia venne, inaspettatamente, risucchiata verso il cielo, ghermita verso l'oscurità e la morte certa, dagli artigli della prima strige a loro giunta.

lunedì 20 febbraio 2012

1493


C
olpo dopo colpo, parata dopo parata, affondo dopo affondo, la pugna impostasi in prossimità al confine con la palude di Grykoo fra i cinque avventurieri e i loro più numerosi avversari, si protrasse per molto più tempo di quanto Midda Bontor non avrebbe avuto piacere di prevedere, né, tantomeno, di constatare. Una valutazione tutt'altro che animata da presunzione, sarebbe potuta allora essere la sua in tal senso, ove dopotutto, nella medesima occasione in cui la sua mancina aveva incontrato, per la prima volta, la spada bastarda, ella si era ritrovata coinvolta un una furiosa battaglia contro un contingente di pirati di quattro, forse anche cinque volte superiore a quella così lì presentatale, confronto che, pur sola e confusa per i postumi di un naufragio, la Figlia di Marr'Mahew aveva dominato e vinto, guadagnandosi il privilegio di quello stesso maestoso nome che, ancora, non aveva smesso di accompagnarla, accrescendo la sua già importante fama a livelli ormai più che leggendari, prossimi all'epico.
Rispetto a tale episodio, in verità, almeno tre importanti fattori, comunque, avrebbero dovuto essere riconosciuti quali attenuanti nel confronto con l'apparente attuale insuccesso, ove in tali termini certamente ella l'avrebbe descritto se solo le fosse stata esplicitamente richiesta un'opinione a tal riguardo.
Innanzitutto, e particolare di fondamentale rilievo, all'epoca della conquista di tanta meritata, ma solo supposta, parentela con la dea della guerra Marr'Mahew, ella non si era posta alcun limite fisico o psicologico a trasformare tale confronto in un massacro, rivolgendo tutta la furia di cui avrebbe potuto essere capace contro quei pirati armata non solo della lama poi guadagnata di diritto, ma anche di un pesante martello da fabbro, che ella aveva impiegato in maniera forse non particolarmente originale, e pur efficace, per aprire almeno tre dozzine di crani attorno a sé. E la differenza esistente fra ricercare la morte dell'avversario o, in alternativa, la sua più semplice sconfitta non avrebbe dovuto essere considerata sì banale, sì ovvia, ove di semplice, in verità, la sconfitta avrebbe potuto riservarsi semplicemente il concetto e le implicazioni coinvolte, ma nulla di più, ragion per la quale, non a caso, ella era solita preferire sconfiggere i propri avversari ancor prima di limitarsi a ucciderli, per dimostrare in tal senso tutta la propria superiorità.
In secondo luogo, non sciocco a sottolinearsi, cinque anni prima quella mercenaria dagli occhi di ghiaccio, pur apparentemente sempre identica a se stessa, avrebbe potuto vantare il peso di una minore età a gravare sulle proprie spalle, libera dall'ingombro di un settimo lustro inimmaginabile per i più. In un mondo nel quale l'aspettativa di vita media per chiunque avrebbe dovuto essere riconosciuta nei trent'anni, e per un guerriero, fosse esso un soldato regolare o uno di ventura, di non più di venti, così come anche ampiamente dimostrato dalle forme ancora immature di quasi tutte le donne mascherate lì schierate in loro opposizione, essere giunta al traguardo per lei ora attuale avrebbe dovuto sicuramente essere considerato motivo di grande orgoglio, di grande soddisfazione, ma, al tempo stesso, anche ragione di preoccupazione, ove le sue capacità a trentacinque anni, anno più, anno meno, non avrebbero dovuto essere considerate le stesse dei trenta, né, tanto meno, quelle dei venti. E se anche, a proprio vantaggio, avrebbe potuto addurre una maggiore esperienza, una crescita interiore priva d'eguali, il suo corpo, per quanto mantenuto sempre e assolutamente perfetto, per quanto curato sotto il profilo dell'efficienza fisica a livelli sconosciuti ai più, non avrebbe mai potuto essere posto in paragone con quello dell'anno, del lustro o del decennio prima, nell'essere, innegabilmente, invecchiato.
Infine, ed estraneo a ogni diretto coinvolgimento con la stessa Midda o le sue capacità, un ultimo fattore di sostanziale differenza fra la situazione attuale e quella da lei vissuta cinque anni prima, avrebbe dovuto essere individuato nella formazione propria dei medesimi avversari a lei proposti dal fato. Perché, per quanto temibili, per quanto crudeli e spietati, dei comuni pirati non avrebbero dovuto mai essere giudicati quali degli abili combattenti, guerrieri degni di nota, non avendo né interesse, né necessità di affinare le proprie tecniche, la propria confidenza con l'arte della guerra, nell'accontentarsi di saper giustappunto come tagliare la gola a qualche contadino, artigiano o pescatore indifeso, per razziarne le poche ricchezze e stuprarne la moglie e, ove presenti, le figlie. E dove pur un pirata, o anche dieci, venti, cinquanta pirati difficilmente avrebbero potuto competere con un guerriero esperto, con un combattente formato da anni di battaglie e di vittorie contro tutto e tutti; diversa valutazione avrebbe dovuto essere riservata in direzione di quegli uomini e quelle donne mascherati, i quali, da quasi mezz'ora, stavano dimostrando di non dover essere minimizzati nella propria importanza, nel proprio valore, nella propria pericolosità: se, infatti, molti colpi a loro discapito erano stati pur portati a segno, e tutti, o quasi, i loro attacchi erano stati evitati, non un'esitazione, non l'evidenza di un dubbio, avrebbe potuto essere riconosciuta nei loro movimenti, nei loro gesti, in un continuo, incessante e apparentemente instancabile impegno rivolto al completamento di quanto prefisso.
Al di là di tutto ciò, dei propri desideri, della propria età o dell'abilità dei propri avversari, la mercenaria non avrebbe potuto dirsi dimentica né del rischio che protrarre ancora a lungo quello scontro avrebbe potuto rappresentare per tutti loro, né della ragione fondamentale di quel loro viaggio, dell'impegno che ella aveva accolto, necessariamente, qual proprio, nella volontà di ottenere salvezza per la vita di Camne Marge e di Hui-Wen e, ancora, di vendicarsi, definitivamente, della propria ormai non più tollerabile gemella. Ragione per la quale, pur nolente, avrebbe presto dovuto arrendersi all'evidenza di dover far saltare qualche testa per riottenere il controllo della situazione.

« Prestatemi orecchio, mie care mascherine! » prese pertanto voce, in quella che si impose quale un'obbligata dichiarazione d'intenti « Vi concedo ancora una manciata di istanti per riflettere sua quanta affezione vi resta nei confronti della vita. Dopo di che, se sarete ancora tanto trasparentemente intenzionati a raggiungere i vostri dei, chiunque essi siano, sarà premura mia e dei miei compagni concedervi simile opportunità, affinché non vi possa essere dubbio sulla nostra prodigalità… »
« Evviva evviva! » esclamò Howe, nel mentre in cui, senza alcuna concreta ragione di dubbio si impegnò ad aprire un lungo e doloroso taglio per longitudinale alla schiena di un proprio avversario, immediatamente dopo aver evitato un potenzialmente letale affondo da parte del medesimo « Adoro quando decidi di mettere da parte la tua consueta modestia per rivelare senza freno alcuno tutta la tua straordinaria e innata generosità verso il prossimo. » commentò, seguendo il canovaccio da lei appena suggerito.
« Per quanto mi riguarda non ci sono problemi… » annuì Av'Fahr, acconsentendo tranquillamente all'idea della mattanza in tal modo appena suggerita, non facendo proprie particolari inibizioni per le quali non essere in grado di pretendere una vita quanto necessario, così come in quel momento sicuramente tale, per le medesime ragioni che avevano appena sospinto la stessa Figlia di Marr'Mahew a giungere a una tanto tragica conclusione « Sono sinceramente stanco e domani ci attende un'altra lunga giornata di viaggio, per quanto mi avete fatto intendere. Quindi prima finiamo è meglio è… »
« Ricordate. » richiamò nuovamente l'attenzione Midda, pretendendo verso di sé tanto l'interesse dei propri compagni quanto quello dei propri avversari, o viceversa, nell'assenza di un esplicito destinatario per tale invocazione « Probabilmente è sufficiente privarli della maschera… quindi evitiamo inutili, e noiosi, spargimenti di sangue. » volle ricordare, per suggerire, in tal senso, la via più semplice da percorrere, una direzione lungo la quale avrebbe preferito evitare di incamminarsi, ma che non avrebbe esitato a rendere propria ove fosse stata obbligata « Come ha giustamente detto Av'Fahr, prima finiamo e meglio è! »

Ma anticipando una qualunque azione da parte della mercenaria e dei suoi compagni, così come, anche, da parte delle maschere loro circostanti, assedianti, il fato volle allora offrire riprova di aver reso propria una diversa volontà, un'inattesa, e imprevedibile, scelta, per sancire la conclusione di quella già eccessivamente prolungatasi battaglia. E così, prima ancora che chiunque fra i cinque avventurieri potesse ipotizzare di riprendere voce, o chiunque fra i loro avversari potesse ipotizzare di rispondere a simile intimidazione, replicando a tono alla medesima o, magari e pur meno credibilmente, accettando la resa e l'abbandono di quel campo, almeno sino a quando loro ancora concesso; un suono decisamente più originale, e al contempo macabro, squarciò l'aria, richiedendo a chiunque lì presente di cessare qualunque movimento, qualunque offensiva, e di rivolgere, in ciò, il proprio sguardo verso il cielo, in un gesto tanto istintivo quanto inutile nelle tenebre lassù dominanti...

domenica 19 febbraio 2012

1492


« E'
solo una sillaba… » protestò l'uomo, quasi offeso dall'accusa in tal modo rivoltagli, quasi saper leggere o scrivere fossero da considerarsi, a suo avviso, colpe prive di possibilità di perdono « Non mi pare nulla di straordinario, dopotutto. »

Quella così rievocata avrebbe dovuto essere riconosciuta, invero, qual una questione di ormai vecchia data, laddove, addirittura, risalente nelle proprie origini alla loro prima missione comune, quando Midda, Howe, Be'Wahr e, da non dimenticarsi, Carsa Anloch, ormai loro avversaria, erano stati riuniti per il recupero della corona della regina Anmel.
All'epoca di tali avvenimenti, Midda e Carsa, entrambe edotte all'arte della lettura, della scrittura e del far di computo, si erano confrontate con un'apparente, aperta avversione da parte dei due fratelli d'arme e di vita, seppur non di sangue, in merito a tali conoscenze, a simili capacità, dagli stessi giudicate, senza particolare vergogna, qual nozioni del tutto inutili, superflue, se non, addirittura, dannose, ove volte ad affaticare la mente di un guerriero, e, in ciò, a privarla della concentrazione necessaria al fine di sopravvivere alle prove proposte loro innanzi dal fato. Una posizione particolarmente ottusa, sebbene con anche più arroganza propria della maggior parte della popolazione di quelle stesse terre, combattenti o no che essi fossero, che pur non aveva potuto ovviare a scontrarsi con i propri naturali limiti, le inevitabili restrizioni loro imposte da simile ignoranza persino nell'assolvimento di una missione per la quale, pur, erano stati accuratamente selezionati e scelti, così come era allora avvenuto a opera della spietata lady Lavero.
Sempre all'epoca di tale avventura vissuta insieme, e utile a porre le basi per quella familiarità che solo il tempo aveva loco concesso, al punto tale da riunirli, ancora, tutti insieme in quell'avverso frangente, Howe e Be'Wahr avevano guadagnato, senza particolare entusiasmo, un antico volume, prezioso al pari di qualunque libro, contenente al proprio interno lezioni utili a chi pressoché analfabeta qual anche loro erano di superare simile limite, tale prigione intellettuale, aprendo le possibilità della propria mente a quella conoscenza illimitata che avrebbe potuto essere loro riservata se solo avessero saputo leggere e, ancora, avessero impiegato tale talento effettivamente per leggere, e nella lettura suggere la conoscenza direttamente alla sua fonte prediletta. Un sforzo, quello richiesto alla coppia, che aveva visto indubbiamente il biondo rivolgere alla medesima maggiore impegno, più sincera bramosia, nel mentre in cui lo shar'tiagho, anche solo per difendere la propria immagine abitualmente polemica, aveva sempre frenato ogni entusiasmo a tal riguardo. Freno, tuttavia, che egli non doveva comunque essersi effettivamente imposto laddove, sempre ipotizzando che nelle sue parole non vi fosse stata mera fola, egli aveva iniziato ad apprendere persino l'arte della scrittura, seppur limitatamente a una singola sillaba, fosse anche quella del proprio stesso nome allo scopo di saper porre la propria firma in calce a una lettera, a un accordo scritto, o, con maggiore estro, sulle carni di un proprio antagonista, così come tuttavia, ancora, non si era spinto a compiere.

« Non stare ad ascoltarlo… » consiglio Be'Wahr, prendendo voce e destinando le proprie parole direttamente alla loro compagna, pur offrendo trasparente riferimento all'ultimo intervento del fratello « Non lo ammetterà mai, ma sta diventando persino più bravo di me tanto nella lettura quanto nella scrittura. » volle sottolineare, quasi a difendere, in tale intervento, le reali capacità dell'amico di sempre, da lui stesso appena poste in immeritato dubbio.
« Oh, beh. » aggrottò la fronte Howe, nel sentirsi in tal modo descritto, in termini indubbiamente positivi e pur in contrasto con quanto da lui pocanzi proclamato « Non è che ci voglia molto a essere migliori di te, razza d'asino che non sei altro. Anche l'ultimo fra tutti gli spalatori di concime di Kofreya saprebbe dimostrarsi più capace di te, soprattutto quanto è necessario porre in giuoco il proprio cervello. » incalzò, senza reale cattiveria ma, pur, non risparmiando in nulla il proprio sodale « Ma che parlo a fare con te?! Tu neppure ce l'hai un cervello… »

Parole impietose, quelle in tal modo proposte all'attenzione del biondo, che pur non avrebbero mai potuto suscitare in lui nulla di diverso da un sincero sorriso, anche ove, talvolta, celato dietro a ipotetiche minacce a discapito di chi tanto irriverente verso di sé.
Nato e cresciuto assieme a quel figlio di Shar'Tiagh, il quale, addirittura, possedeva il nome che i suoi genitori avevano scelto per sé; egli sarebbe rimasto fedelmente al fianco di quel fratello di fato probabilmente fino all'ultimo dei propri giorni, e ancor dopo, se solo fosse stata loro concessa l'opportunità di rincontrarsi in qualunque aldilà li potesse star attendendo. Pur privi di qualunque interesse a un'eventuale rapporto di natura più intima, nel rivolgere i propri interessi, le proprie fantasie, incontestabilmente e unicamente a figure femminili, prime fra tutte le prostitute fra le braccia delle quali adoravano lasciarsi ricadere in qualunque occasione utile; quanto esistente fra i due avrebbe dovuto essere riconosciuto come qualcosa di più vincolante, di più importante, persino rispetto a un matrimonio, traguardo verso il quale, forse anche per tal ragione, alcuno fra loro aveva mai formulato un pur semplice pensiero né, forse e probabilmente, mai ne avrebbero formulati. E come in ogni matrimonio, al di là delle reciproche differenze caratteriali, dei diversi comportamenti nella sinergia dei quali la loro coppia trovava dopotutto ragion d'essere giorno dopo giorno, Howe e Be'Wahr non avrebbero mai potuto desiderare null'altro che ritrovarsi uno accanto all'altro a fine giornata, per brindare con gioia a quella nuova, straordinaria e pur quotidiana conquista chiamata vita, con l'augurio di poter riproporre tale celebrazione anche all'indomani, e nel giorno seguente ancora. In ciò, pertanto, mai, e poi mai, Be'Wahr avrebbe potuto ipotizzare di reagire in malo modo alle provocazioni del proprio compare. Provocazioni che, tuttavia, in quel particolare momento, avrebbero comunque assolto perfettamente al ruolo di sprone nei suoi riguardi, per spingerlo a dare il massimo e anche più, allo scopo di dimostrare quanto ingiuste avrebbero dovuto essere riconosciute tali accuse.
Secondo in possanza fisica solo al colossale Av'Fahr, ma privo, rispetto a questi, della medesima eleganza dal marinaio sviluppata negli anni trascorsi a vivere, e combattere, sulle mai ampie, e mai stabili, superfici di una nave nel mezzo dell'immenso mare senza alcun riferimento in ogni orizzonte; il biondo mercenario, in quel mentre, appariva più di chiunque altro qual simile a una fiera selvaggia, animato nei propri gesti, in ogni proprio movimento, fosse esso offensivo o difensivo, da un'energia primordiale, da una foga barbara, che non avrebbe potuto lasciar indifferente alcun avversario nel confronto con tale immagine, simile presenza. Così, sebbene necessariamente desiderosi della sua morte non di meno rispetto a quella della Figlia di Marr'Mahew o di suo fratello, le maschere a lui circostanti sembravano meno eccitate, meno entusiaste all'idea di impegnarsi con lui o con la sua lama simile a un coltellaccio, rendendo paradossalmente necessaria per lo stesso Be'Wahr cercare di proposito quelle stesse sfide che ai suoi compagni non stavano venendo negate, riservando loro, al contrario, un'intensità tale da porre necessariamente a dura prova la loro resistenza, la loro capacità di sopravvivere a ogni avversità.
Non per difendersi, ancora una volta, egli si ritrovò costretto ad allungare una grossa mano a chiudersi attorno a una spalla avversaria, costringendo una maschera blu, in tal gesto, a voltarsi verso di sé; quanto, e piuttosto, per pretendere quell'attenzione non sì spontaneamente riconosciutagli, quell'interesse che nessuno sembrava bramoso di offrirgli. E quando, prevedibilmente, la maschera blu cercò di opporsi a qualunque suo desiderio rivolgendogli contro la propria lama, il biondo non ebbe altro da fare che sospingere la controparte all'indietro, lontano da sé, in un gesto quasi annoiato e che, pur, non avrebbe evitato di lasciar incespicare il malcapitato di turno, nel migliore dei casi cadendo a terra da solo, nel peggiore coinvolgendo con sé altri propri compagni, in un assurdo, e pur innegabile, effetto a catena.

« Se io non avessi un cervello… » premesse Be'Wahr, salvo distrarsi subito dopo nell'agguantare un nuovo avversario per ripetere il solito rito, quello schema divenuto persino ripetitivo, e pur, straordinariamente, funzionante « Se io non avessi un cervello. » si ripeté, proiettando con forza l'ennesima maschera lontano da sé, quasi un bambino con un giocattolo non più desiderato « … diamine, me la sono dimenticata. Ancora una volta. » commentò sconsolato, avendo proprio malgrado perduto il filo del discorso lasciato estemporaneamente in sospeso.