11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 8 maggio 2012

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« C
annibali?! » domandò Guerra, con meno sorpresa di quanto il suo anziano interlocutore si sarebbe potuto attendere da lei, palesando, in tal senso, l'evidenza di rapporti passati con tali devianze.
« Forse. Ma, a mio avviso, degli yokai… forse dei bakeneko. » rispose Yu-Hine, con tono ormai serio come la morte, qual non di meno avrebbe potuto essere nel trattare un argomento tanto delicato « Perché, per quanto mi concerne, alcun essere umano avrebbe mai potuto muoversi con la stessa agilità e la stessa velocità dimostrata da quella coppia maledetta… »
« Detto da te credo possa essere una garanzia di certezza. » commentò la mercenaria, sollevando entrambe le mani come a esprimere una volontà di resa innanzi a quelle parole, ben attenta a non rovesciare il poco tè ancora rimasto nella tazzina « Ho visto all'opera tuo nipote e, come lui, altri prima di lui: qui in Hyn sapete essere sì veloci e agili come in nessuna altra terra da me visitata… » giustificò la propria fiducia nell'uomo, qual non semplice retorica, ma concreto rispetto, per la consapevolezza per lui propria e per lei, altresì, difficilmente raggiungibile « … tuttavia, invoco perdono per la mia ignoranza, cosa è uno yo… coso?! E un banana…?! »
« Yokai… e bakeneko. » sorrise l'anziano, forse divertito dalla mancanza di confidenza della donna con concetti per chiunque, in Hyn, fondamentali al pari del cielo e della terra, del sole e della luna « Puoi considerarli degli spiriti, dei demoni, anche se, nella tua cultura, sarebbero probabilmente classificati come dei mostri. » esplicitò, in riferimento ovvio ai primi nominati, categoria all'interno della quale i secondi avrebbero poi trovato una propria collocazione naturale « Fra essi, i bakeneko possono essere riconosciuti quali dei felini mostruosi, capaci di assumere forma umana, e qualche altro potere, ma, soprattutto, incredibilmente affamati di carne. E di ogni genere di carne… animale o umana. »
« Ottimo… è da un po' che non mi trovavo alle prese con un mostro proteiforme… » commentò fra sé e sé la donna, ricorrendo alla propria lingua madre, ironica al punto tale da non permettere di comprendere in quale misura le sue parole avrebbero potuto essere riconosciute quali sincere, oneste, e in questo memoria di qualche impresa passata contro creature di tale genere, oppure quali semplice sarcasmo, lì quasi sprecato.
« Prego? » domandò l'altro, non cogliendo il significato di tale asserzione, ove per nulla confidente con il lessico al quale ella aveva appena fatto ricorso.
« Niente… » minimizzo la prima, scuotendo appena il capo « Commentavo che era da tempo che non mi ponevo a confronto con un… ehm… con un essere capace di cambiare il proprio aspetto. »
« Proteiforme… » suggerì egli, traducendo per lei quella parola ancor non conosciuta « Che assume diverse forme. » argomentò poi, a rendere più chiaro il termine appena espresso.
« Esatto, un muta-forma! » annuì ella, cercando di imprimersi nella mente quella nuova parola, che, con qualche probabilità, avrebbe dovuto nuovamente utilizzare nei giorni seguenti… almeno sino al termine della propria missione, ove quest'ultima stava ormai prendendo corpo in maniera sempre più nitida.
« Attenta. I bakeneko non devono essere sottovalutati e considerati quali avversari comuni… » la pose in guardia l'anziano, interpretando quei suoi toni quali una palese mancanza di serietà da parte della donna sua ospite « Spinti dalla necessità di saziare il proprio appetito, sono in grado di giungere, persino, a sostituirsi a una persona, per poi divorare tutti i familiari e gli amici della medesima, uno a uno… »

Cogliendo l'occasione, il molto onorevole Yu-Hine volle rendere partecipe la propria ospite di una vecchia storia, forse leggenda, riguardante proprio i bakeneko. Una fra le tante, la quale egli ritenne allora sufficientemente interessante, o importante, da condividere con la, forse, propria mercenaria, prima di inviarla qual sprovveduta al confronto con una tanto temibile creatura.

Durante la settima dinastia Xi del regno del Dragone, un ronin, guerriero rimasto privo di padrone e, in ciò, privo di onore, decise di partire una mattina alla ricerca della testa di un bakeneko, ottenuta la quale era certo avrebbe dimostrato il proprio valore. Egli aveva infatti avuto notizia di come una simile creatura, dopo aver diffuso l'orrore e la tragedia presso un piccolo villaggio, si fosse allontanato nei boschi, per lì riposare dopo l'eccessiva abbondanza che aveva voluto rendere qual proprio pasto.
Credendo di poter ottenere vantaggio da tale requie, il ronin si avventurò all'interno della foresta in questione, protetto dalla propria forte armatura e armato con la propria temibile spada. Tuttavia, per quanto egli si impegnò nella ricerca del bakeneko, non godette evidentemente della benedizione di propri avi, laddove alcun incontro con il desiderato antagonista gli fu concesso.
Ritornato a casa, dalla propria anziana madre, dalla moglie e dai propri figli, il ronin non volle far parola del proprio insuccesso, in quanto timoroso di incontrare la disapprovazione dei propri cari per l'ennesimo fallimento. Fu, tuttavia, la moglie a prendere voce in tal senso e a domandare: « Il gatto ti ha forse mangiato la lingua? »
Il ronin, sul momento, rispose senza neppure riflettere sul significato di quell'affermazione. Ma la sua mente, abituata a prestare attenzione a ogni particolare, non si lasciò sfuggire un tanto importante accenno, ragione per la quale, nel cuore della notte, egli si sveglio di soprassalto, con la consapevolezza di dover mettere rapidamente mano alla propria spada.
Purtroppo per lui, la moglie non stava riposando al suo fianco e, già nel momento in cui si alzò per cercarla, il ronin seppe che la propria famiglia era morta. Solo ossa ancora arrossate dal sangue, e da qualche brandello di carne, lo attesero nelle stanze adiacenti, là dove sua madre e i suoi figlioli avrebbero dovuto star riposando. E la moglie, o, in effetti, il bakeneko che ella aveva sostituito, a lui si rivolse, accucciato sulla soglia della sua abitazione: « Il cacciatore è stato cacciato. »
« Nulla avevo contro di te o contro la tua famiglia. Ma dal momento in cui, senza ragione, tu hai cercato me, io ho voluto ricambiare il favore, cercando te. E ora, tu vivrai nel rimorso e nel disonore, tu che hai giaciuto con l'assassina della tua famiglia. »
Rimasto persino privo delle lacrime per piangere, al ronin non restò altro che sperare nel suicidio rituale, pregando che, almeno in grazia di ciò, gli dei avrebbero potuto avere pietà di lui, riconoscendogli l'onore perduto e ponendolo al fianco dei suoi antenati. Così comunque non fu, perché già egli si era disonorato nell'aver intrapreso la via del ronin.
E mai, un ronin, potrà ritrovare l'onore perduto.

« Ho già avuto modo di sottolineare, vero, il fatto che io non sia una ronin?! » domandò Guerra, al termine di quella narrazione, ovviamente desiderosa di ribadire quel dettaglio della sua condizione.

Mercenaria… sì. Errante… certo. Scapestrata… a volte. Ma sicuramente non una ronin, in quanto totalmente estranea alle regole proprie di quella particolare tradizione di Hyn, a quella serie di codici atti a definire la via dell'onore che ogni guerriero avrebbe dovuto seguire per guadagnarsi un posto fra i propri antenati, offrendo ragione alla propria vita e, ancor più, alla propria morte, anche ove raggiunta attraverso un eventuale suicidio rituale.

« Il mio caro nipote ha voluto sottolinearlo. » annuì l'uomo, ancora sorridendo, ancora, probabilmente, divertito da lei e da quel suo approccio quasi infantile al mondo a sé circostante, sebbene tutt'altro che infantile avrebbe potuto essere considerata « E nelle mie parole non voleva esservi alcuna allusione in tal senso… ti prego di credermi. »
« Ti credo. Ti credo. » ridacchiò Guerra, stringendosi fra le spalle « La mia volontà era solo volta a sottolineare come non mi potrete mai osservarmi mentre mi squarto volontariamente il ventre qual conseguenza di una missione fallita… » specificò, chinando appena il capo per poi degustare l'ultimo sorso di tè « … e spero bene che alcuno voglia aspettarsi qualcosa di simile da parte mia! »

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