11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 11 maggio 2012

1574


I
l mostro che all’attenzione di Guerra era stato introdotto dall’attentato impostole da quella enorme spada, era un essere dalla pelle color rosso acceso, simile a cuoio verniciato, dai grandi occhi gialli, simili a sfere conficcate a forza in un viso a esse estraneo, e dalle grossa corna, nere come la morte. Contraddistinto da un corpo più che proporzionato con la lama da lui resa propria arma, facente propria un'altezza indubbiamente notevole e presumibilmente pari a una dozzina di piedi e rivestito in consuete vesti locali; e da un capo con caratteristiche sufficientemente umanoidi, un naso, una bocca, e due orecchie, in aggiunta ai succitati occhi privi di iridi o pupille e alle corna; quell’essere non avrebbe potuto evitare di richiamare alla mente della donna guerriero l’immagine del suo sposo, così come da ella appena nominato: Desmair… un semidio dall’aspetto demoniaco nato dall’unione fra un dio minore, Kah, dall’aspetto non più gradevole di quello del figlio; e da una celebre regina del passato, Anmel Mal Toise, una donna ricordata al tempo stesso qual straordinaria, incredibile condottiera e generosa sovrana, e qual malefica, abominevole adepta di oscure arti, in odore di negromanzia e di stregoneria.
Tanto con l’immortale e ingombrante marito, quanto con la mai realmente defunta suocera, Guerra aveva da poco tempo raggiunto una sorta di tregua, seppur difficilmente riconoscibile qual tale sotto troppi punti di vista, ragione per cui l’ultimo suo desiderio sarebbe stato quello di dover ricominciare tutto da capo con l’ennesimo parente non ancor presentatole. Parente che, a vedere dalla propria personale introduzione, non avrebbe condotto nulla di buono nella sua già complessa quotidianità.
A negarle, tuttavia, una simile, sgradita, opportunità di ricongiungimento familiare, intervenne la stessa voce già accorsa poc’anzi in suo aiuto, ora offrendole un altro aiuto con modi sufficientemente sbrigativi da non rischiare di dispiacerle…

« E’ un oni. » gridò quel suo ignoto alleato, ancora improbabile da individuare in quel labirintico ambiente di fondo « Non serbargli alcuna pietà, perché da parte sua non ne riceverai… »
« Un oni?! » ripeté la donna, sempre nella propria lingua natia « Ma io credevo che andassero sempre in giro armati di clava! » protestò ora sforzandosi di esprimersi in lingua locale, con disappunto per la falsa informazione in suo possesso.
« Mazza ferrata, innanzitutto. » la corresse il suo interlocutore « Ma, a parte questo, non credo che sia opportuno fermarsi a interrogarlo nel merito delle proprie scelte. » la suggerì, con una ironia di fondo da lei più che nota, in quanto troppo spesso a propria volta usata « Attenta alla carica! »

Recuperata, infatti, la propria arma, dopo che questa si era conficcata nel terreno, l’oni si mosse in direzione della mercenaria con maggiore rapidità, agilità ed eleganza di quanto mai ella non avrebbe scommesso avrebbe potuto dimostrare nel fitto di una foresta un essere tanto ingombrante. Ma l’oni, quasi fosse incorporeo, o quasi fosse decisamente più piccolo di quanto non apparisse, scivolò leggero e etero fra gli alberi e in un attimo le fu nuovamente sopra, così come la voce misteriosa aveva previsto. E a Guerra, minacciata da un nuovo, terribile fendente, non rimase altro da fare che gettarsi all’indietro, compiendo una provvidenziale capovolta e allontanandosi, in tal modo, dal proprio antagonista, da quel quasi parente tanto desideroso di offrirle il proprio più violento benvenuto in famiglia.
La gigantesca lama scintillò nella penombra della foresta, intersecandosi con gli alberi e dando vita a giochi di luce che sarebbero apparsi persino piacevoli se non fossero stati legati a un’aggressione tanto violenta. E l’arco luminescente tracciato con inarrestabile energia nell’aria, non dissimile dallo spettacolo proprio di un arcobaleno, si infranse contro il suolo, nuovamente, dal momento che ove un attimo prima quella letale lama avrebbe potuto affondare con gioia nel corpo della mercenaria, un istante dopo affondò senza colpo ferire nel terreno, lì disperdendo tutta la propria forza senza risultati riportare.
Con soddisfazione Guerra osservò quella propria nuova, piccola vittoria. Non la vittoria di una guerra, ma quella di una battaglia. Una battaglia che, al pari della precedente, era stata vinta in parte per un avviso offertole da un non meglio precisato collaboratore, e in parte in grazia all’agilità che, malgrado tutto, ella ancora conservava. Certamente non avrebbe più tentato di salire sopra un tetto rimbalzando fra un palazzo e l’altro, come in gioventù si era concessa di compiere. Né, tantomeno, avrebbe affrontato a cuor leggero una terribile sequenza di lame mobili, capaci di trasformarla in spezzatino ancor prima che le fosse concessa l’opportunità di comprendere la tragicità di un tale destino. Ma, comunque, ella avrebbe ancor potuto volteggiare con indubbia eleganza, roteando all’indietro una, due, tre o più volte, tante quante utili a permetterle la fuga da un qualunque pericolo imminente.

« Al di là di qualunque relatività… » commentò ella, in direzione non tanto dell’oni, feroce e temibile, ma anche apparentemente primordiale come un uragano, quanto del proprio unico interlocutore, non ancora distinto, continuando a rivolgersi a lui nella principale lingua di Hyn « Esiste un modo per ucciderlo? »
« Retorica… volevi dire? » domandò l’altro, riconosciuto sol qual di natura maschile « No. Non proprio. »

Ben lontano da condividere la soddisfazione della propria preda, nonché apparentemente indifferente al misterioso collaboratore della medesima, l'oni balzò in avanti ancor caratterizzato da indubbia leggerezza e velocità, ritrovandosi, ancor una volta, sopra la donna guerriero e, lì sopraggiunto, pronto a scatenare un nuovo, violento e letale attaccò. Nuovamente, pertanto, la sua lama venne lasciata calare sopra la testa di questa, deciso allora più che mai a farle pagare l'insolenza dimostrata dalla propria insistenza a sopravvivere, a tirare a campare così come senza motivo, o quanto meno tale dal suo punto di vista, ella stava continuando a fare.
Ma ancora una volta la mercenaria dimostrò fermamente il proprio affetto verso la vita, ora non arretrando, non schivando quella terza offensiva, ma reagendo alla medesima nel sollevare a propria protezione la propria lama dagli azzurri riflessi, tenendola, per l'occasione, con entrambe le mani: la mancina sull'impugnatura, propria naturale sede, sito ove era rimasta già sino a quel momento; e la destra, robotica, sul forte della lama, là dove un dragone di mare emergente dalle acque era stato abilmente inciso a caratterizzare la natura dominante di quell'arma, e là dove, per la stessa volontà del suo creatore, espressa in maniera esplicita dalla forma stessa della spada, una seconda mano avrebbe potuto decidere di appoggiarsi, per rendere ancora più salda la presa. E assumendo, con il supporto di una tanto importante lama bastarda, una postura di difesa, di guardia, Guerra non si sottrasse all'attacco dell'oni, ma lo attese, pronta, in questa occasione, a contenerlo con tutte le proprie energie.
Un azzardo, quello da lei reso proprio, che malgrado ogni possibile timore si vide vittorioso nella propria iniziativa, ove l'enorme spada del mostro, pur forgiata secondo gli straordinari canoni locali, non ebbe la meglio sulla lega frutto dell'opera dei fabbri figli del mare, impattandosi con forza devastante, con energia tremenda, sul metallo dell'antagonista, senza, tuttavia, spezzarlo o, tanto meno, rovinarlo. Forza, energia, la sua, che ovviamente non risultò completamente vanificata in quell'attacco, vedendo i piedi della donna costretti ad affondare nella terra sotto di sé di quasi cinque pollici tanto fu l'impeto su di lei scaricatosi. Ed ella, malgrado ciò, non cedette, non si piegò ai capricci del proprio avversario, ma stringendo i denti, e affidandosi anche e soprattutto al proprio arto robotico, riuscì a resistere, con grande stupore da parte del proprio stesso antagonista, il quale restò, per un lungo istante, inebetito, incerto su cosa poter pensare o fare in risposta a tanta resistenza, a tanta solidità da parte di uno scricciolo simile, necessariamente tale al suo sguardo.

« No… o non proprio?! » questionò ella, approfittando di quel momento di necessaria sosta per non permettere al discorso in atto di essere obliato, non tanto per una qualche volontà di banale dialogo, quanto, e principalmente, per scoprire in che modo poter vincere quel mostro, nell'eventualità dell'esistenza di una simile possibilità.

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