11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 2 novembre 2012

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« Thyres… » sospirò, arricciando la punta del naso, come fosse stata colpita da un cattivo odore, nel dimostrare in tal modo il proprio giudizio sulla questione.

Necessitando di conferme e, al tempo stesso, di ridurre al minimo ogni fattore di danno a proprio discapito, ritrovandosi a essere in una posizione eccessivamente infognata per potersi concedere un osso rotto o peggio, ella votò nuovamente a favore di un atteggiamento paranoico, non rinunciando ovviamente a toccare, nuovamente, il Vaso, costretta in ciò dal proprio stesso mandato, e pur, estemporaneamente, facendo a meno di agire con la la stessa sicurezza già resa pocanzi propria, nel chiudere con delicata prepotenza le proprie dita attorno al collo del medesimo. Le sue dita, per tale ragione, si limitarono a sfiorarne ancora una volta la superficie, ottenendo qual riscontro, lo stesso già prima percepito e, entro necessari limiti, ignorato, quella sensazione di reciproco tocco sulla propria pelle, quasi un alito di vento la stesse accarezzando, oppure una mano estremamente discreta stesse tentando di esplorare le sue forme, la carne fra il collo e i seni.
Inspirando ed espirando profondamente aria nei e dai propri polmoni, per prepararsi psicologicamente a quanto sarebbe potuto seguire, ella socchiuse istintivamente gli occhi prima di imporre, alla punta delle proprie dita un lieve impulso contro la superficie del Vaso, senza realmente volerlo spingere, senza desiderare porlo in squilibrio, ma animata dal solo scopo di verificare le proprie ipotesi e quando, in conseguenza a ciò, sarebbe potuto accadere. E quanto accadde fu decisamente più impegnativo di quanto ella non avrebbe potuto attendersi o prevedere, nel ritrovarsi violentemente colpita al centro del petto e, in ciò, sospinta all’indietro, lontana dall’oggetto al centro dlele proprie attenzioni, e sbattuta brutalmente contro la vicina parete di marmo bianco grondante sangue, nell’impatto con la quale dovette sforzarsi per non perdere i sensi, insieme a tutto il fiato in corpo. Paragonare quanto accaduto a un forte pugno diretto al centro del proprio petto, sarebbe stato a dir poco eufemistico, laddove ella aveva dovuto incassare più di un pugno nella propria esistenza, e nessuno l’aveva proiettata con tanto impeto, con tanta energia, contro una parete, per quanto a sé vicina, facendole dolere tutte le vertebre e le costole in conseguenza all’impatto, oltre, ovviamente e severamente, la nuca.

« Dannazione! » gemette, non gridando solo nell’impossibilità a farlo, pesantemente posta alla prova da quell’offensiva, da quell’aggressione, attesa, certo, ma erroneamente valutata nella propria commisurazione.

Misera consolazione a contorno di quello spiacevole volo all’indietro, nel colpo appena ricevuto ella aveva avuto la conferma ricervata attorno ai propri sospetti, e, in ciò, non avrebbe potuto più riservarsi dubbi di sorta nel merito di qual genere di trappola fosse stata predisposta a protezione del sangue divino lì conservato, benché ciò non avrebbe potuto considerarsi di particolare aiuto.
Per qualche dinamica non meglio compresa, e sicuramente ricollegabile a un qualche incantesimo, a una qualche stregoneria, tale da scatenare in lei la gioia propria di un maiale innanzi al sorriso del macellatore; appariva evidente come qualunque azione volta a interagire con il Vaso, veniva amplificata nella propria energia e restituita in direzione dell’attore, con tutti i dovuti interessi. In ciò, pertanto, un lieve sfiorare risultava simile a un’indiscreta carezza, una leggera pressione si imponeva quale un devastante pugno, e una delicata stretta diveniva una morsa soffocante, in conseguenza alla quale ella avrebbe potuto anche morire, se solo non avesse avuto sufficiente prontezza di riflessi, da aprire la mano e lasciar andare il Vaso, senza eccessivi traumi a discapito del medesimo. Facile presupporre, infatti, che se ad azioni tanto lievi corrispondevano reazioni così temibili, a movimenti più decisi, a gesti più imperativi, sarebbero potute seguire reazioni addirittura raccapriccianti, l’apice delle quali, ovviamente, sarebbe stata raggiunta nello sciagurato frangente nel quale il vaso fosse andato distrutto.

« Lurido figlio d’una cagna purulenta… » commentò, scoprendo i denti non dissimile a una bestia feroce intenta a ringhiare « E così non sapevi nulla di quello che mi avrebbe attesa? » soggiunse, rendendo esplicito come in quelle parole stesse rivolgendosi verso il marito, forse in suo ascolto, forse no, non le sarebbe allora potuto importare « Perché sono stranamente convinta del contrario?! »

Prendersela con Desmair, comunque, non avrebbe risolto il suo problema. E ora che aveva intuito quali fossero le regole del gioco, avrebbe dovuto trovare un modo per aggirarle, nell’inalterata volontà di impossessarsi del Vaso e del suo contenuto.

« Immagino che se provassi a scoperchiarlo, mi ritroverei improvvisamente decapitata… » scosse il capo, costringendosi a riportare la propria attenzione al problema per così come offertole, senza possibilità di sciocche distrazioni, incluse invettive a discapito del proprio sposo « E dal momento che sono estremamente affezionata alla mia bella testolina, suggerirei di evitare questa spiacevole eventualità. » propose « Già in troppi mi considerano una donna senza cervello, qual conseguenza alla mia generosa circonferenza toracica… eviterei di offrire loro ragione. » ironizzò, con un lieve sorriso sornione.

Al di là di ogni ironia e di ogni autoironia, qual pur la sua indubbiamente era, la questione avrebbe dovuto essere riconosciuta comunque qual particolarmente antipatica. In passato, certamente, ella si era trovata ad affrontare avversari dotati di poteri bizzarri, a volte tali da rendere più sconveniente che utile aggredirli in maniera diretta. Purtroppo, o per fortuna, quel Vaso non avrebbe dovuto essere riconosciuto qual un suo avversario, quanto un suo obiettivo, un suo traguardo, ragione per la quale ipotizzare di aggredirlo sarebbe stato tanto sciocco quanto controproducente. Malgrado ciò, e comunque, ella avrebbe dovuto elaborare un modo per impossessarsi del vaso e del suo contenuto, o tutto il suo impegno, per come posto sino a quel momento nella missione, sarebbe stato vanificato. E, peggio, ella non avrebbe avuto un modo per sperare di contrastare in maniera efficiente l’y’shalfica fenice, ove tale, senza troppa ipocrisia, avrebbe dovuto essere considerata la reale motivazione alla base della sua accettazione di quell’insolito incarico.
Sì. La fenice. Perché, malgrado quanto avvenuto, malgrado i giorni trascorsi all’interno della magione del proprio sposo, lì posta sotto assedio da quegli osceni kahitii, la Campionessa di Kriarya non aveva mai obliato alle sole e solide ragioni per le quali si era spinta nuovamente fra quelle vette sperdute, entro i confini di quella fortezza maledetta, in un viaggio di morte a due tappe che aveva previsto l’uccisione del suo sposo e, dopo di lui, della fenice, entrambi colpevoli di aver giuocato con la sua vita, e con la vita delle persone a lei circostanti, spingendola sino a ritrovarsi in contrasto a una terrificante regina appartenente al mito, e impadronitasi della propria gemella, quasi da sola non avesse da considerarsi una minaccia sufficiente. Così, prima ancora di ipotizzare a una qualunque nuova missione in contrasto all’isola di Rogautt e alla sua nuova signora, regina di tutti i pirati, ella aveva valutato, con estrema serenità, la necessità di assicurarsi di ridurre drasticamente il numero di giocatori coinvolti in quella sin troppo complicata questione. E se il recente patto stipulato con Desmair le aveva precluso la possibilità di rivolgere i propri attacchi a suo discapito, pur ottenendo qual contropartita una sorta di immunità per tutte le persone a lei vicine; quanto riguardante la fenice era apparentemente e semplicemente rimasto in sospeso. Rimasto in sospeso, nella fattispecie, fino a quando ella non fosse riuscita a impadronirsi del potere utile a uccidere persino un dio, potere con il quale sarebbe stata, speranzosamente, in grado di confrontarsi alla pari con un’entità qual quella, per chiederle conto di quanto da lei scoperto in grazia agli squarci di futuro sui quali aveva spinto il proprio sguardo in grazia ai sogni, alle visioni, che il possesso dei potenti scettri dell’ultimo faraone di Shar’Tiagh, tanto bramati dalla stessa Anmel.
Doveva impadronirsi di quel sangue. Doveva impadronirsi del sangue di Marr’Mahew. Per ritornare a essere la sola padrona del proprio destino, al di là di qualunque giuoco di potere potesse essere in atto fra gli dei o, comunque, coloro di più prossimi alla divinità fossero lì coinvolti.

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