11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 27 gennaio 2013

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« Cosa vorresti alludere?! » esclamò il biondo Be’Wahr, aggrottando la fronte con aria incerta, evidentemente indeciso fra l’arrabbiarsi vanamente con il proprio fratello di vita, in un’eventualità che era consapevole non lo avrebbe condotto ad alcun risultato utile; e il lasciar correre l’ennesima provocazione del tutto gratuita appena rivoltagli da parte del medesimo, della quale, ovviamente, l’altro avrebbe potuto fare tranquillamente a meno, ma alla quale, inevitabilmente, non aveva voluto rinunciare, cogliendo al volo l’occasione in tal modo riservatagli.
« “Alludere”? E’ questa la parola del giorno che hai imparato dal tuo nuovo libro?! » lo provocò Howe, ancora una volta, mostrando in un ampio sorriso una lunga fila di bianchi denti attraverso sottili labbra color della terra, in tono con la pelle abbronzata non per effetto del sole, quanto e piuttosto per il proprio sangue shar’tiagho, retaggio di quella terra del lontano nord, in prossimità ai regni desertici centrali, che aveva ospitato i natali dei suoi genitori, poi emigrati verso meridione e, in particolare, verso Kofreya, là dove avevano incontrato coloro che, da lì a qualche anno, sarebbero divenuti i genitori di quel futuro compagno d’arme e di vita per il quale sarebbe stato pronto a morire mille e una volta, e che pur non avrebbe mai smesso di tormentare con i propri scherni, con le proprie derisioni per le questioni più banali.
« Figlio d’un cane! » replicò il primo, sgranando gli occhi e subito vedendo la propria pelle chiara avvampare di imbarazzo per quell’affermazione, quel riferimento al dono che solo qualche mese prima aveva voluto riconoscergli una loro comune amica, nella speranza che, l’analfabetismo che entrambi avevano, in diversa misura, iniziato a combattere in grazia a un altro volume, a un altro testo già da qualche anno in loro possesso, potesse subire per mezzo di ciò una violenta sconfitta, sollevandoli in ciò dall’abisso di ignoranza nel quale, per tutta la vita, si erano entrambi crogiolati « Eravamo d’accordo di non parlare di certe cose quando siamo in dolce compagnia! »

Una dolce compagnia, quella a cui, in tal modo, aveva voluto accennare Be’Wahr, di nome shar’tiagho soltanto in conseguenza all’amicizia che aveva unito i suoi genitori a quelli di quel suo a volte insopportabile fratello; nella definizione della quale avrebbero dovuto essere incluse quattro affidabili professioniste di Kriarya, una delle capitali del regno di Kriarya, per fama conosciuta dai più con la poco gratificante definizione di città del peccato.
Non fanciulle di nobili origini, virginali promesse dai tempi dell’infanzia, quanto prostitute, erano coloro oggetto di tanta premura da parte del biondo; prostitute quali quelle che, praticamente da sempre, tanto lui, quanto il suo compagno, erano soliti frequentare, e alle quali erano, di conseguenza, soliti destinare la maggior parte dei propri compensi qual mercenari; nella più totale indifferenza di quell’ipocrisia mediocre dietro la quale non pochi avrebbero condannato un simile comportamento, allo stesso modo, del resto, in cui sarebbero parimenti stati pronti a condannare anche la loro stessa professione da guerrieri e avventurieri al soldo del miglior offerente. Fortunatamente, però, in Kriarya, la cui popolazione era prevalentemente costituita da mercenari e assassini, ladri e prostitute, certe ipocrisie risultavano essere del tutto assenti, addirittura immotivate, benché, con eccessiva sollecitudine, sovente sostituite da altre, di diversa natura. Quali, prime fra tutte, quelle a difesa dell’ignoranza e dell’analfabetismo, in una misura utile a tutelare la condizione propria della maggior parte della popolazione mondiale e, in particolare, entro quelle alte mura erette su una base geometrica dodecagonale, di una popolazione che troppo facilmente avrebbe potuto aprire la gola di chiunque, in conseguenza a ciò, si fosse divertito a offrire qualsivoglia beffa.
Motivo per il quale, paradossalmente, per canzonare un guerriero qual pur Be’Wahr desiderava essere legittimamente riconosciuto essere, fosse anche per tutte le battaglie che aveva affrontato e vinto nel corso della propria vita e, ancor più, di quegli ultimi anni; non sarebbe stato necessario puntare l’attenzione sulla sua condizione di basilare ignoranza, quanto e piuttosto sul suo tentativo volto al riscatto da simile profondo e oscuro baratro. Tentativo che, in verità, stava vedendo non di meno coinvolto anche lo stesso Howe, ma per il quale il suo troppo ingenuo compare non l’avrebbe mai beffeggiato.
In quel particolare momento, tuttavia e incredibilmente, o per lo meno tale dal punto di vista dello shar’tiagho, la beffa gli si ritolse contro, nel trovare le quattro professioniste straordinariamente attratte dalla questione, in misura sufficiente a vederlo improvvisamente abbandonato dalle due che lo stavano abbracciando, dalla sua parte del comune tavolo, per reindirizzare il proprio interesse e la propria curiosità in direzione del biondo…

« Il tuo amico dice la verità?! Possiedi realmente un libro? » questionò una delle due ragazze solo un istante prima avviluppate attorno al petto seminudo di Howe, e lì intenta a stuzzicargli il lobo dell’orecchio sinistro con le proprie carnose labbra, del tutto indifferente alla protesi metallica, e inanimata, contro la quale il suo corpo non avrebbe potuto evitare di essere così premuto, presente in sostituzione all’originale braccio mancino recentemente e dolorosamente perduto, nell’essere abituata, nella propria professione, a confrontarsi con mutilazioni esteticamente ben meno gradevoli rispetto a quell’altresì persino elegante braccio dorato.
« Ehy… » protestò lo shar’tiagho, temendo di aver commesso un madornale errore di valutazione e, ciò nonostante, non apprezzando l’eventualità di essere posto da parte, cercando di allungare la propria destra, l’unica estremità superiore in carne e ossa sulla quale gli fosse rimasta opportunità di controllo, per richiamare a sé una delle due, ritrovandosi a essere, tuttavia, posto a tacere con un leggero schiaffo sulle dita, delicato avvertimento destinato a suggerirgli di restare per un momento tranquillo, laddove l’interesse delle proprie accompagnatrici era stato distratto da quell’inattesa rivelazione.
« Beh… sì. » annuì Be’Wahr, sorpreso da quella svolta inattesa… inattesa tanto da lui quanto e ancor più dal suo compare, il quale, senza volerlo, gli aveva offerto la possibilità di concentrare a sé l’attenzione di quelle quattro splendide e seminude donne, con sguardi improvvisamente carichi di un interesse decisamente più acceso, più vivo di quanto non avrebbe gli fosse mai stato rivolto « In effetti ne possiedo due… » soggiunse, bramoso di non rinunciare a quel fugace momento di gloria, e, anzi, desideroso di vederlo incrementarsi oltremisura, a proprio giovamento.
« Mmm… » mugolò un’altra prostituta, quella stretta alla propria destra, a quelle parole premendosi maggiormente a lui e, soprattutto, facendo attenzione affinché i propri generosi e sodi seni avvolti in sin troppo leggera, e trasparente, seta, fossero premuti contro di lui, contro quel suo muscoloso torace, avviluppato da inevitabilmente sporchi bendaggi, lì preposti non tanto a protezione di una qualche ferita, quanto a celare allo sguardo del mondo una serie di tatuaggi da lui desiderati in gioventù, e che, tuttavia, non era ancora desideroso di mostrare al mondo, rendendo la propria figura troppo facilmente identificabile ai più « Non hai idea di quanto sia eccitante sapere che dietro a un corpo così magnificamente scolpito si celi anche una mente edotta… » esplicitò, con voce sapientemente modulata in misura da apparire leggermente roca, e trasparente di un vivo desiderio sessuale verso di lui.

E se già la mente del povero Be’Wahr aveva perduto ogni possibilità di cognizione in conseguenza a quella situazione dal suo punto di vista comprensibilmente idilliaca; in suo soccorso, in sua utile difesa intervenne allora non tanto la voce del fratello di vita, altresì intento a rodersi metaforicamente il fegato per la rabbia di quello sviluppo imprevisto e tale da vanificare ogni suo sforzo a discredito del compare; quanto quella di una quinta donna: una figura femminile che, sebbene contraddistinta da un’età proprio malgrado nettamente superiore, se non addirittura doppia, rispetto a quella di ogni prostituta presente all’interno della sala principale di quella locanda; e facente propria una professione sì mercenaria, seppur in un settore completamente estraneo a quello della sessualità; poco o nulla avrebbe potuto invidiare a quelle dispensatrici professioniste di piacere…

« Ritengo utile sottolineare, a titolo generico, che quei volumi hanno da considerarsi un mio dono. » proclamò Midda Bontor, accostandosi con serena indifferenza al tavolo dei propri colleghi e compagni d’arme, quasi come se stesse di lì passando per puro caso, nel girovagare entro i confini di quell’edificio che, per metà, avrebbe dovuto essere ricordato qual di sua proprietà « Giusto per amor di dettaglio… e a prevenire spiacevoli e dannosi fraintendimenti. » soggiunse, strizzando con fare complice il proprio occhio sinistro verso le quattro prostitute, certa che non avrebbero frainteso il significato del proprio avvertimento.

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