11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 22 febbraio 2013

1860


« Cosa vorresti alludere?! » domandò Be’Wahr, con fare retorico, desiderando concedere al proprio interlocutore, al proprio amico fraterno, compagno di una vita intera, occasione di ritrattare la propria posizione, il proprio intervento, se solo si fosse dimostrato sufficientemente sensibile da comprendere di aver esagerato, di aver detto una parola di troppo… qualche parola di troppo, allorché tacere e sprecare, in tal modo, un’occasione utile a canzonarlo, a stuzzicarlo, così come, da sempre, si divertiva a fare in ogni momento, in ogni contesto, includendo in ciò anche i momenti meno opportuni.
« “Alludere”? E’ questa la parola del giorno che hai imparato dal tuo nuovo libro?! » insistette Howe, del tutto indifferente all’occasione riservatagli, sorridendo divertito dall’indispettirsi della propria vittima preferita, per la difesa del quale, beninteso, sarebbe stato disposto a sacrificare la propria stessa vita, ma a provocare il quale non avrebbe mai rinunciato, per alcuna ragione al mondo, non in quella sera, non in altre occasioni.
« Figlio d’un cane! » replicò il biondo, in parte sorpreso, in parte irato in conseguenza al colpo basso assestato, in tal senso, dal proprio compagno, dal proprio primo alleato, il quale non parve conoscere freno neppure innanzi alla presenza di una doppia coppia di splendide ragazze verso le quali sarebbe stato preferibile reindirizzare ogni proprio sforzo, in luogo a spendere vanamente energie in quella futile e infantile scaramuccia verbale « Eravamo d’accordo di non parlare di certe cose quando sia… ehy… » si interruppe, lasciando rapidamente scemare l’imbarazzo avvampato sul suo stesso viso nel confronto con le ultime parole subite, con quell’ultima offensiva pur sgradita, distratto allora da un diverso pensiero, una preoccupazione che, per un fugace istante, risultò più che esplicita nei suoi grandi occhi blu.
« Mmm…?! » esitò lo shar’tiagho, incuriosito da quella reazione, inattesa e insoddisfacente, nell’aver sperato in qualcosa di più da parte dell’altro, una risposta più intensa sulla quale potersi riservare una grassa risata, in tal modo altresì negatagli « Che ti prende ora? » domandò numi, voltandosi appena per cercare una qualche possibile ed eventuale ragione atta a giustificare quell’interruzione, quell’ilarità mancata « Hai forse visto un fantasma?! »
« Un fantasma?! » fecero eco due delle quattro professioniste in loro compagnia attorno a quel tavolo, dimostrando di non apprezzare in alcun modo una tale eventualità, loro malgrado riconosciuta qual tutt’altro che metaforica, tutt’altro che iperbolica e, anzi, per loro terribilmente seria e inquietante, soprattutto alla luce di quanto accaduto entro quelle stesse mura diversi mesi prima.

Malgrado qualche stagione si fosse ormai alternata da allora, non era ancora passato sufficiente tempo per garantire a loro, così come a ogni altro abitante della città del peccato del regno di Kofreya, occasione di obliare il ricordo del negromantico orrore che aveva invaso la stessa Kriarya per troppe notti, prendendo crudele controllo delle loro vite, e dei loro sogni, in una misura molto più profonda e inquietante di quanto alcuna fra le stesse avrebbe mai gradito ammettere.
E benché, in tale occasione, fosse stata inizialmente e ingiustamente accusata proprio la Figlia di Marr’Mahew della responsabilità per quanto accaduto, l’impegno che questa aveva posto per ristabilire il giusto ordine all’interno della propria città adottiva aveva sicuramente posto le prime basi per l’instaurarsi di quella stessa approvazione popolare che, di lì a qualche tempo, l’avrebbe fatta acclamare con il titolo di Campionessa di Kriarya, nel e dal giorno in cui, all’unanimità, i lord della città, da sempre in guerra fra loro, avevano deciso di eleggerla di tale responsabilità e di tale potere al fine di salvare tutti quanti dalla minaccia propria dei terrificanti mahkra, così come, effettivamente, per sua grazia era alfine accaduto, lasciandole conquistare, legittimamente, un posto importante nel cuore di tutti coloro che a lei dovevano la propria sopravvivenza, la propria inalterata esistenza in vita.

« No… » scosse il capo Be’Wahr, riprendendo voce dopo un attimo di silenzio e subito escludendo simile argomentazione, anche a rassicurare le ragazze a loro vicine « Nessun fantasma. Solo una strana sensazione di déjà vu. » spiegò, anche ove, così facendo, si sarebbe pericolosamente esposto alla possibilità di un nuovo attacco da parte del proprio fratello di vita « So che è assurdo, ma sarei pronto a scommettere di aver già vissuto questa scena. »
« Devi aver bevuto un po’ troppa birra per stasera, fratellino! » non lo deluse Howe, canzonandolo come previsto e, pur, intervenendo in tal senso con minor aggressività rispetto a quella che avrebbe pur potuto rendere propria, quasi frenato da un sentimento di premura innanzi a quella strana sensazione da lui dichiarata « Ti consiglio di fermarti alla quinta pinta… prima di iniziare ad avere allucinazioni ben peggiori! »

Tranquillizzate da quell’ultimo scambio di battute, le prostitute in loro compagnia, prima agitatesi, tornarono a rilassarsi e, addirittura, si concessero una collettiva, breve risata a quelle ultime parole, in ciò desiderando impegnarsi a esorcizzare l’inquietudine precedente, ancor prima che a partecipare, realmente, al giuoco imbastito fra quei due mercenari, loro clienti per quell’intera notte.

« Certo che voi due siete proprio strani… » commentò una delle ragazze sedute accanto a Howe, quella alla sua sinistra, tornando a adagiarsi, placidamente, contro al suo petto seminudo « Piuttosto… il tuo amico dice la verità?! Possiedi realmente un libro? » soggiunse poi, ritornando all’argomento rimasto precedentemente in sospeso, nel rivolgere, ora, la propria attenzione in direzione di Be’Wahr.
« Beh… sì. » annuì il biondo, ascoltando con interesse quelle parole, non tanto per il significato in esse esplicito quanto, apparentemente, alla ricerca di qualcosa di più profondo, qualcosa di poco palese e pur, non per questo, di poco importante « In effetti ne possiedo due… » confermò, quasi con distrazione.
« Mmm… » gemette un’altra delle ragazze, in particolare, ora, quella a lui stretta a destra, in ciò, ove possibile, comprimendo maggiormente contro di lui le forme dei propri seni, sodi e abbondanti e, praticamente, per nulla protetti, né alla vista, né al tatto, nell’offrirsi semplicemente avvolti in una seta tanto leggera e trasparente che nulla avrebbe riservato all’immaginazione « Non hai idea di quanto sia eccitante sapere che dietro a un corpo così magnificamente scolpito si celi anche una ment… »
« … una mente edotta?! » la accompagnò e la anticipò lo stesso Be’Wahr, sgranando gli occhi con fare ancora una volta sorpreso, e quasi disturbato, nel cercare una retorica conferma a una teoria inespressa e, in effetti, ancor neppure formulata, ove difficile, per lui, sarebbe stato cercare di comprendere cosa stesse realmente accadendo, per quale ragione, in quella serata, ogni battuta gli appariva qual terribilmente nota, in una misura tale da offrire nuovo significato al termine déjà vu da lui stesso pocanzi citato.
« Sì! Certamente! » scoppiò a ridere la giovane professionista, non cogliendo l’inquietudine del proprio interlocutore e, anzi, trovando occasione di che ridere, di nuovo e, finalmente, con sincerità, a quelle parole, a quel suo impegno ad anticiparla, inteso, ancora, qual volto a intrattenerle, e non a palesare qualcosa di diverso, e di molto più serio… almeno dal suo personale punto di vista.
« L’avevo detto io: troppa birra! » tentò di minimizzare Howe, accigliandosi all’espressione del fratello ma, forse per pigrizia, forse nella speranza di non vedere la serata prematuramente rovinata, almeno per così come da lui desiderata, non sforzandosi di riservargli eccessivo valore, particolare peso, aggregandosi, alfine e addirittura, alla risata della prostituta, con tutte le proprie migliori intenzioni.

A intervenire allora in soccorso del biondo, non fraintendendone le emozioni, né cercando di ridicolizzandole, ma, anzi, di riservare loro tutta la più corretta e giusta importanza; fu una voce rimasta sino a quel momento inedita in quel contesto, in quella scena, e che pur alcuno fra i sei protagonisti lì riuniti avrebbe potuto non riconoscere immediatamente. La voce di Midda Bontor, Figlia di Marr’Mahew e Campionessa di Kriarya… collega, alleata e amica dei due uomini, della coppia di fratelli mercenari; e, all’interno delle mura di quella specifica locanda, de “Alla Signora della Vita”, che da lei, ma non per sua volontà, aveva preso nome, anche anfitrione delle quattro donne, delle quattro professioniste.


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