11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 25 febbraio 2013

1863


Assolutamente confidente con tale pensiero, e con l’influenza della quale avrebbe potuto offrire vanto nel confronto con la psiche del proprio amato, pertanto, ella non si sarebbe certamente sottratta innanzi alla possibilità di un nuovo confronto con lui, resa in ciò addirittura dolcemente crudele al pensiero di quanto, comunque, egli non avrebbe potuto permettersi eccessiva possibilità di interazione con lei, in conseguenza a quell’editto da lei stessa impostogli e tale da costringerlo a rinnegare, almeno pubblicamente, l’esistenza di qualunque legame con lei, a prevenire il rischio di spiacevoli e tragiche ritorsioni che avrebbero potuto trasformare il loro rapporto in una danza costante con la morte.

« Considerando la tua personale esperienza nel campo dei tesori, non desidero neppure tentare di controbattere sotto un tale profilo. » replicò Be’Sihl, incrociando le braccia al petto e volgendo lo sguardo verso la sala a loro antistante, per non dimostrarsi particolarmente interessato a lei, benché, oggettivamente, il suo solo desiderio, in quel momento così come sempre, sarebbe stato quello di spingersi contro quel magnifico corpo con il proprio, cercandone con foga le labbra per uno, dieci, cento… mille baci, quasi da ognuno di essi avesse da giudicarsi dipendere la propria sopravvivenza, il proprio destino, il proprio domani così come, forse e dopotutto, realmente dipendeva, amandola oltremodo e non potendo, sinceramente, immaginare la propria vita al di fuori della luce che ella era in grado di donargli « Mi domando solo quali immani prove abbiano da considerarsi necessarie per dimostrarsi degni della conquista di un simile trofeo. » soggiunse, cercandola alla propria destra, con la coda dell’occhio, per una fugace possibilità d’incontro con le gemme color ghiaccio che adornavano il centro di quel viso adorato.
« Mmm… » sorrise ella, con aria volutamente sorniona e maliziosa, divertita dalla piega presa da quel loro dialogo e, ora, curiosa di comprendere verso quale conclusione avrebbe potuto sospingersi « Be’Sihl Ahvn-Qa… dopo tutti questi anni sei ancora capace di sorprendermi! » asserì, nel mentre in cui a propria volta incrociò le braccia al petto, sotto ai maestosi seni, benché la posizione così assunta, in conseguenza all’assenza della propria estremità destra, avesse da riconoscersi meno naturale di quanto non avrebbe potuto gradire fosse « Non avrei mai immaginato che, nel profondo del tuo animo, si celasse l’istinto dell’avventuriero, del cacciatore di tesori. Non è che ti offrirai di accompagnarmi al recupero della prossima reliquia, ora?! » lo canzonò, non animata dal desiderio di ferirlo, di offenderlo, quanto e solo da quello di scherzare con lui, quasi tornata a essere bambina in sua compagnia.
« Chi può dirlo…? » si strinse nelle spalle egli, non negandosi la possibilità di un sorriso divertito, inarcando l’angolo destro delle labbra, quasi quell’idea, effettivamente, lo sollazzasse « Tutto dipende da come andrà la conquista del tuo sorriso. » soggiunse poi, non volendo rinunciare a tale proposito, desiderando realmente poter godere di quell’occasione, e della gioia da esso per lui derivante « Hai voglia di dirmi, quindi, quali imprese mi è chiesto di compiere per ottenerlo? Presumo che debba essere qualcosa di improbo, degno degli eroi dell’epoca del mito, e…»
« Amami. » sussurrò la Figlia di Marr’Mahew, in un alito di voce, interrompendolo improvvisamente in quel proprio intervento e replicando d’istinto alle sue parole con quella richiesta spontanea, sincera, appassionata, che fuoriuscì dalle proprie labbra senza quasi che, da parte sua, vi fosse una reale intenzione di esprimersi in tal senso, e che, un istante dopo averla scandita la vide maturare consapevolezza di aver, per una volta tanto, ceduto lei a quel loro giuoco, a quella loro intima disfida, benché non ne fosse minimamente dispiaciuta, crogiolandosi in quel senso di coinvolgimento quasi adolescenziale nella passione che solo da lui sapeva ottenere « Solo questo… amami. Amami come sai amarmi. Amami come sai farmi sentire felice e completa. Amami… Be’Sihl. Amami. E il mio sorriso sarà per sempre tuo. »

Una dichiarazione audace, quella che ella si volle riservare occasione di compiere, laddove, sebbene appena sussurrata, poco più che sospirata, avrebbe pur potuto raggiungere l’attenzione di orecchie indiscrete; ma alla quale, in quel particolare momento, la Campionessa di Kriarya non volle rinunciare, frenandosi già nel proprio desiderio di dire di più, di fare di più, qual, innanzi a quell’uomo, difficile risultava trattenersi dal dire, trattenersi dal fare, maledicendosi in cuor suo per i confini da lei stessa loro imposti e, in ciò, maledicendo anche tutti coloro a lei circostanti per essere lì, in quel momento, a negarle la possibilità di esprimere liberamente quanto avrebbe voluto esprimere, in parole e in azioni.
Una dichiarazione intensa e improvvisa, addirittura inattesa, che non poté pertanto evitare di sorprendere anche il locandiere, il quale non poté negarsi occasione di voltarsi verso di lei e, quasi, di sciogliere il legame nel quale aveva bloccato le proprie braccia, per tenderle alla ricerca di quel corpo non soltanto amato ma addirittura adorato, attorno al quale nulla avrebbero desiderato se non chiudersi, stringersi con dolcezza e con foga, con tenerezza e con passione, vivendo ogni aspetto del sentimento che li univa, che li legava e che per troppi anni si era negato occasione di palesare, nella consapevolezza di quanto ogni sforzo volto a tentare di afferrarla, sarebbe equivalso a quello volto a tentare di stringere fra le dita delle mani l’acqua del mare dal quale ella era nata, del quale ella era figlia.

« Arasha sa gestire questa locanda ormai meglio di me… » definì Be’Sihl per tutta risposta, deglutendo a fatica in conseguenza all’emozione provata nel confronto con quelle parole, con quella dichiarazione all’occorrenza della quale non si sarebbe potuto definire pronto neppur nel momento in cui ella lo avesse abituato ad ascoltar simili parole continuamente, così come, loro malgrado, non avevano altresì alcuna occasione di concedersi, nelle limitate occasioni d’incontro loro concesse da un fato avverso, e dalle differenti scelte di vita compiute « Io… io credo che… »
« … andiamo. » annuì la donna, aprendosi in quell’ampio e felice sorriso da lui ricercato, da lui desiderato, e ora, a lui tributato, per lui offerto, con la stessa meravigliosa semplicità di una nuova alba al termine della notte più oscura, del ritorno del sole dopo le tenebre più fitte, nella morsa delle quali impossibile sarebbe stato sperare nel ritorno della speranza e della vita « Non servono altre parole. » sancì, allungando tanto spontaneamente quanto incautamente le dita della propria mancina, sola mano rimastale, verso la destra dell’uomo, per poterle lì intrecciare alle sue, con una spensieratezza qual rare volte si era concessa occasione di vivere nel corso della propria esistenza, e che, pur senza un’apparente, concreta ragione a giustificarla, in quella notte non voleva negarsi possibilità di godere… e di godere appieno.

Ma dove anche, in tal contatto, entrambi avrebbero potuto dirsi già certi di come niente e nessuno avrebbe potuto turbare la loro serenità; le oscure trame di una sorte crudele e perversa vollero divertirsi a negare loro simile possibilità, tale occasione, concretizzando ogni parere avverso nella comparsa, proprio in quel momento, un attimo prima che potessero lasciare la sala principale per raggiungere le stanze riservate al locandiere, di un nuovo avventore, un vecchio e ormai dimenticato antagonista per la donna guerriero, il quale, imponendo la propria voce al di sopra del normale vociare dei commensali, si rivolse proprio alla mercenaria e al suo compagno, per arginarne la silenziosa ritirata, per ostacolarne la discreta fuga…

« Midda Bontor! Figlia di Marr’Mahew! Campionessa di Kriarya! » esclamò il nuovo arrivato, un biondo vestito elegantemente con due lunghe lame ricurve, da sciabola, in luogo a mani assenti, amputate all’altezza dei polsi, a non offrire dubbi nel merito di chi avesse da riconoscersi qual sua desiderata interlocutrice, il suo obiettivo finale « Dove credi di andare, madre di tutte le cagne? Dove pensi di poterti nascondere, signora di tutte le meretrici? » questionò, con tono sarcastico, ancor prima che realmente aggressivo, parole taglienti non di meno rispetto alle sue due spade.
E la donna guerriero così apostrofata, così richiamata e così disturbata nella propria tranquillità, non mancò di voltarsi a quella pur tanto trasparente provocazione, sbuffando con aria stanca e annoiata: « Nessuno… ancora?! »


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