11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 28 febbraio 2013

1866


In momenti come quello, Midda sarebbe stata pronta a scommetterlo, Nessuno doveva star amaramente rimpiangendo di non aver più neppure una singola mano in grazia all’aiuto della quale potersi massaggiare il mento e, più in generale, il viso indolenzito, aiutando la propria mandibola, posta in seria difficoltà da quell’offensiva, a ritrovare la propria giusta collocazione a completamento del suo volto.
Privato, suo malgrado, di ogni possibilità in tal senso, egli dimostrò allora sufficiente autocontrollo da non lasciarsi completamente conquistare dall’ira, in misura tale per cui non soltanto semplice, ma addirittura banale, sarebbe stato sconfiggerlo, quanto e piuttosto agì e reagì con fermezza ammirevole, e tale da permettergli di ipotizzare un nuovo attacco, una nuova aggressione a suo discapito, qual quella che allora derivò da un violento montante, sotto certi aspetti non dissimile, dopotutto, da quello appena subito, e pur, indubbiamente, più pericoloso, più letale, qual solo avrebbe dovuto essere riconosciuto quello in tal modo posto in essere a opera non tanto di un pugno chiuso, quanto e piuttosto di una lunga sciabola, che, se solo l’avesse raggiunta, le avrebbe non soltanto squarciato completamente l’addome, da pube a gola, quanto e ancor peggio, ammesso che l’impiego di un tale termine avrebbe allora avuto ancora ragione di sussistere, avrebbe visto il suo cranio sicuramente trapassato da parte a parte, dal basso in alto, offrire il peggior ultimo ricordo di sé che mai avrebbe potuto ipotizzare di dedicare al proprio amato, ai propri amici e a tutti i propri sostenitori allora lì presenti all’interno della locanda. Un’eventualità, pertanto, indubbiamente spiacevole, alla quale sarebbe stata più che soddisfatta di potersi sottrarre, non soltanto mantenendosi in vita, ma anche, e non sgradevolmente, mantenendo intatto tutto il proprio fascino, insieme, quantomeno, al proprio tutt’altro che superfluo cervello.
Così costretta ad agire con inattesa repentinità, ella balzò all’indietro, quanto sufficiente a ovviare agli effetti negativi di quell’offensiva, tuttavia in ciò finendo con l’accostarsi eccessivamente, e pericolosamente, al bancone alle proprie spalle, nella negativa assenza di un adeguato spazio di movimento in disgraziata conseguenza al quale, se solo fosse stata ancora una volta obbligata a una simile reazione, si sarebbe ritrovata, spiacevolmente e inesorabilmente, posta metaforicamente con le spalle al muro, o, sostanzialmente, con il bancone nel bel mezzo della schiena, situazione in conseguenza alla quale tutt’altro che rosee sarebbero allora state le sue prospettive di vita, le sue speranze in favore a un’indomani. E, in grazia allo stesso cervello da lei desiderato qual illeso, adeguatamente saggia da cogliere il limite e la pericolosa precarietà della propria situazione, la mercenaria non rese propria alcuna esitazione nel merito della necessità di allontanarsi da lì… e di farlo nel minore dei tempi possibili.

« Non male, mio caro… non male davvero. » argomentò, allargando allora le braccia e spingendole, alla cieca, all’indietro, a cercare evidente contatto con qualcosa che era da lei ancor ricordato qual lì presente, quasi preposto in sua attesa, ma nel merito dell’effettiva posizione del quale non avrebbe potuto rendere propria alcuna certezza, non essendo stata sua premura spendere neppur un fugace momento di attenzione nell’analisi di quanto a lei circostante, temendo, così facendo, di poter altresì perdere di vista quanto a lei tremendamente frontale « Mi è piaciuta questa reazione rapida e decisa. » insistette, nel mentre in cui la punta delle sue dita, della mano mancina, unica rimastale, sfiorarono quanto da lei cercato, non senza in tal senso offrirle un moto di piacere e di soddisfazione, nel verificare quanto, ancora una volta, l’ambiente a lei circostante si stesse offrendo in suo sostegno, in suo aiuto, anche in grazie a uno sviluppato spirito d’osservazione, tale da concederle sempre una perfetta rappresentazione mentale del mondo a lei prossimo, anche quando non direttamente osservato.
« Ogni tuo tentativo volto a distrarmi sarà vano, questa volta. » specificò l’uomo, lo spadaccino, a palesare quanto, senza invero particolare sensibilità, sostanziale perspicacia, avesse colto il fine ultimo della maggior parte delle spesso facili ironie nelle quali ella aveva dato sovente riprova di amare dilungarsi, anche nei momenti apparentemente meno opportuni, evidentemente meno adatti, al pari di quello e di altre situazioni per lei anche più esplicitamente avverse « Se accetti un consiglio, sarebbe meglio per te che tu iniziassi a considerarmi un avversario degno di nota, e, come tale, a rispettarmi… finché, per lo meno, te ne è ancora concessa l’occasione. » puntualizzò, lasciando nuovamente emergere quell’arroganza per lui caratteristica che tanto gli era costata in occasione del loro primo incontro.
« Che caratteraccio… » sbuffò la donna guerriero, scuotendo appena il capo con fare di esplicita condanna a commento di ciò, nel disapprovare apertamente quel suo offrirsi, soprattutto in considerazione alla più completa assenza di quelle capacità, quell’abilità, quella bravura utile a difendere, sostenere e giustificare un simile atteggiamento « E dire che la mia sola intenzione era quella di offrirti da bere! » soggiunse, accennando appena, ora, un sorriso non tanto dedicato al proprio interlocutore, quanto e piuttosto a traguardo precedentemente raggiunto dalle proprie dita, obiettivo attorno al quale, ora, esse ebbero ordine di stringersi con decisione, con fermezza, a permetterle di catapultare il contenuto del vassoio carico di boccali da lavare racimolati pocanzi da Be’Sihl, e non ancora né allontanato da lei, né svuotato del proprio ingombrante fardello, direttamente contro il biondo damerino, con tutta l’energia della quale, in una tanto precaria postura, sarebbe stata capace.

E per quanto, nel trattenere il vassoio in questione in precario equilibrio da una sola estremità, ella non avrebbe potuto esercitare tutta la propria forza fisica in quel gesto, in quell’azione, quella pioggia di robusto coccio  non avrebbe potuto allora evitare di imporsi simile a una lapidaria condanna nei riguardi dello spadaccino, il quale, malgrado tutta la propria, sino ad allora comunque e soltanto supposta, bravura, non avrebbe mai potuto agire con tale prontezza di riflessi utile a respingere un simile quantitativo di proiettili spesi in propria offensiva.
Un’esplosione di ilarità, in conseguenza a simile azione, a una tanto impropria offensiva qual quella che, in tal modo, ella ritenne opportuno dedicargli, non poté mancare che coinvolgere l’intera locanda, praticamente ogni spettatore lì intento a seguire l’evolversi di quel duello, che, sebbene da un fronte, quello dell’uomo, fosse stato allora affrontato con serietà oltremodo drammatica, se non addirittura tragica, dal fronte opposto, quello della donna, era stata in ciò trasformata in una grottesca commedia, una pantomima, quasi, più prossima a una rissa che a una disfida mortale. Risate sincere, divertimento onesto, il loro, che avrebbe dovuto essere lì inteso più a sostegno della Figlia di Marr’Mahew e del suo operato che a demerito del suo antagonista e del fallimento di questi, ma che, manco a dirlo, dallo stesso sventurato avversario, e soltanto tale per propria esplicita iniziativa, venne lì frainteso nelle proprie ragioni, imponendogli di sbraitare qualcosa a propria difesa, a tutela del proprio onore, in tutto ciò posto in ridicolo.
Ma nell’esprimersi, allora, con eccessiva spontaneità, parlando d’istinto ancor prima che effettivamente ragionando nel merito di quanto argomentato, egli si lasciò sfuggire un’asserzione tutt’altro che prevedibile, tutt’altro che consueta o retorica in un contesto qual quello, che, sebbene venne ignorata dai più, nell’essere considerata non di più di uno sfogo isterico, non poté riconoscere altrettanto indifferente la stessa Midda Bontor, la quale, anzi, ebbe allora occasione di che colmare il quadro prima non meglio distinto delle proprie perplessità, dei propri dubbi, dei propri sospetti…

« Divertitevi! Divertitevi pure tutti quanti! » esclamò Nessuno, dolente e furente, dolente per i colpi fisici subiti, furente per quelle offensive psicologiche e morali, qual solo vennero intese dal suo personale punto di vista quelle risate, esplicite e reiterate condanne al pubblico ludibrio in sostituzione alla sempiterna gloria che egli sperava di ottenere nella sconfitta della mercenaria « Quando questa notte avrà nuovamente inizio, sarà il mio turno di divertirmi! Magari dandovi nuovamente fuoco… e questa volta bloccando ogni porta di questa maledetta locanda, affinché alcuno di voi possa sperare di fuggire. » minacciò, quasi gridando nella foga di tale maledizione… o in qualunque altro modo simile asserzione avrebbe dovuto essere intesa o fraintesa « E quando di voi non sarà rimasto altro che un cumulo di ceneri ancora fumanti, vedremo chi avrà ancora voglia di ridere! »


Nessun commento: