11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 6 giugno 2013

1963


Al di là di ogni proposito da parte della Figlia di Marr’Mahew, della Campionessa di Kriarya, che pur raramente era solita formulare promesse vane, soprattutto a se stessa, l’usignolo, così come ella aveva definito suo nipote Leas parlando di lui con l’amato locandiere, non volle apparire qual desideroso di riservare particolare occasione di soddisfazione alla propria interlocutrice. Non, quantomeno, entro i limiti di quanto ella aveva sperato di poter ottenere da parte sua, quella confessione con la quale egli avrebbe ammesso le proprie colpe e le proprie menzogne, rinnegando il presunto tradimento a discapito della propria genitrice e confermando, altresì, quanto in ogni propria parola, in ogni proprio gesto, in ogni propria espressione di presunta solidarietà alla zia, nulla avesse da intendersi al di fuori di un tentativo di ingannarla, concupendone la fiducia e, al momento più opportuno, agendo al solo scopo di sancirne una tanto desiderata quanto prematura fine, in accordo con i mai celati desideri della gemella della stessa mercenaria, che egli era abituato, indubbiamente in maniera più che legittima, a chiamare madre.
Dimostrando, al contrario, un’ostinata coerenza con le proprie dichiarazioni iniziali, con i falsi presupposti dai quali aveva dato origine a quel confronto con lei, il giovane pirata, qual necessariamente avrebbe dovuto essere considerato, non volle tradirsi in alcun modo, in alcuna misura, preferendo, altresì e piuttosto, insistere a oltranza con le proprie menzogne o, quantomeno, con quelle che ella non avrebbe voluto evitare di considerare qual tali, benché, così facendo, si sarebbe apparentemente impegnata, soltanto, in un giuoco in proprio esplicito contrasto, a proprio aperto discapito, nel negarsi la speranza di potersi riservare un futuro insieme a quel figlio negatole, a quell’erede violentemente sottrattole, e che, altresì, ella null’altro avrebbe desiderato che stringere a sé, con tutto il proprio amore, con tutto quell’affetto che, se solo le fosse stata concessa la possibilità, era certa non gli avrebbe mai fatto mancare. Purtroppo, la possibilità da lei in tal modo auspicata, avrebbe dovuto essere ricercata in non di meno di vent’anni addietro, più di metà della propria stessa e intera esistenza che le era stata violentemente e crudelmente negata da quella stessa sorella per sconfiggere definitivamente la quale, ormai, avrebbe potuto essere riconosciuta qual più che disposta, più che pronta finanche alla morte, eventualità che soltanto laddove vittima di una crudele illusione, avrebbe potuto ovviare a considerare qual quietamente prevedibile, se non, addirittura e persino, necessaria, forse ineluttabile, in un sacrificio del quale, potendo scegliere, ovviamente, avrebbe fatto quietamente a meno, e innanzi al quale purtroppo, nel confronto con la responsabilità per le proprie azioni, difficilmente avrebbe potuto sottrarsi.
Di tale verità, proprio malgrado, non soltanto Midda, ma anche il suo caro Be’Sihl, non avrebbe potuto fare a meno di considerarsi più che cosciente, benché, per ovvie ragioni, si sarebbe impegnato, con tutte le proprie energie, con tutte le proprie forze, a cercare di negare sino all’ultimo la necessità improrogabile di tale sacrificio, di simile condanna, proclamata a discapito della donna amata, per lui praticamente una dea prediletta, in sola conseguenza alle sue azioni, alle scelte che, avventatamente, l’avevano condotta non solo a inimicarsi la propria gemella, ma anche, e forse ancor peggio, le entità malevoli che di lei avevano preso il controllo. Ma se, nel confronto con la responsabilità del proprio operato, ella non avrebbe compiuto il benché minimo gesto utile a offrirle possibilità di fuga da tale sorte, concedendosi insolitamente fatalista nei confronti di un destino non da lei esplicitamente ricercata qual propria, benché, indirettamente, pur sancita qual tale; innanzi all’evidenza di tanto ingiusta conclusione di una sì straordinaria esistenza, lo shar’tiagho non avrebbe mai potuto dimostrarsi egualmente quieto, altrettanto ignavo, in misura tale che, probabilmente, al di là di ogni pur proclamata minaccia a discapito del prigioniero, il pur reticente Leas avrebbe avuto più ragioni per accettare di ammettere tutte le proprie responsabilità, e tutte le proprie colpe, se solo egli fosse stato allora lì presente accanto alla donna amata. O, meglio, se solo fosse stato lì presente in sostituzione alla donna amata.
Tuttavia, e al di là di qualunque altro possibile scenario, in quel contesto, in quella situazione, né Be’Sihl né altri avrebbero dovuto essere lì riconosciuti qual coinvolti in quel dialogo, in quel confronto, non in quel terzo tempo così come non erano apparsi nel corso dei primi due. E solamente alla capacità della Figlia di Marr’Mahew, della Campionessa di Kriarya, pur in grado di mirabolanti imprese in qualunque altro contesto al di fuori di quello, avrebbe dovuto essere considerata la sola che avrebbe mai potuto sperare di estorcere al prigioniero una qualche verità, affogatosi sino a quel momento in una fitta sequela di falsità con la quale difficilmente ella avrebbe mai potuto affermare di aver avuto passata opportunità di confronto.

« Perché sei qui…? » tentò di interrogarlo nuovamente, riproponendogli il primo e più importante quesito che sino a quel momento aveva reso proprio, in ogni forma e in ogni contesto, a volte in maniera straordinariamente diretta, altre in termini volontariamente più ambigui, e pur, non di meno, sempre rivolti a invocare una risposta a quel tanto semplice quesito, addirittura proposto in termini persino retorici.
« Te l’ho già detto… per unirmi a te, accogliendo l’invito che tu stessa mi hai rivolto ormai un anno fa, mia cara zia. » replicò egli, con apparente pazienza, con trasparente perseveranza, qual probabilmente mai avrebbe potuto vantare se solo fosse stato sincero, se solo fosse stato onesto, a quel punto necessariamente demotivato dall’incredulità rivoltagli, dalla mancanza di fiducia a lui destinata, malgrado le migliori intenzioni proclamate qual proprie.
« Perché sei qui…? » ripeté ella, riproponendo il medesimo interrogativo con, praticamente, lo stesso identico tono di voce, la stessa inalterata cadenza, quasi come un insano eco di quanto pocanzi già asserito, di quanto prima già domandato, e per il quale, pur, non aveva ancora ricevuto una risposta giudicabile qual effettivamente soddisfacente.
« Comprendo il tuo sospetto e la tua incredulità… » commentò Leas, offrendo un sorriso tirato in replica a quell’insistenza, quasi e addirittura potesse essere intesa una qualche ragione di divertimento, o quantomeno di ironia, dietro a tutto ciò, dietro a tale comportamento, che non avrebbe potuto che essere riconosciuto meno di paradossale « … ma non sono qui per tradirti, non sono stato inviato a te nella volontà di conquistare la tua fiducia e approfittare della stessa per colpirti alle spalle, al momento più opportuno, nella condizione più propizia. »
« Perché sei qui…? » perseverò la mercenaria, replicandosi alla perfezione, ancora una volta negandosi qualunque possibilità di errore nel riproporre quelle poche sillabe, con una perfezione che avrebbe potuto spingere anche la mente più razionale a dubitare della propria percezione della realtà e del Creato tutto attorno a sé, laddove simile ripetitività difficilmente avrebbe potuto trovare una qualche giustificazione utile a soddisfare la logica, anche nelle proprie ipotesi più varie.
« La mia risposta non cambierà a ogni nuova domanda… » avvisò il giovane, abbassando lo sguardo al suolo e accennando, in ciò, un gesto di diniego, a supporto delle parole appena scandite, di quell’avviso che pur, avrebbe ormai potuto dirsi praticamente certo, l’altra avrebbe del tutto ignorato, non mancando di proseguire nella scelta già tanto esplicitamente abbracciata qual propria, nella volontà di porre alla prova la sua resistenza, e la sua coerenza, in una maniera non contraddistinta da particolare sprezzo di originalità e che pur, nel confronto con altre persone e altri quesiti, probabilmente avrebbero costretto chiunque alla resa e, con ciò, alla confessione di qualunque colpa.
« Perché sei qui…?! » ripeté per la terza volta consecutiva, la quarta nel considerare il quesito originale, e, malgrado ciò, non accennando a modificare minimamente la propria impostazione vocale, in maniera tale, anzi, da ottenere una perfetta ripetizione, del tutto priva di qualunque brama di alterazione di quelle sillabe, ormai pronunciate in maniera quasi simile a una preghiera, a una formula rituale, tale da permetterle di ottenere, presto o tardi, la conferma ricercata.
« … sono qui per unirmi alla tua causa, zia! » confermò egli, con un profondo sospiro, che tutto avrebbe potuto voler comunicare e, al contempo, niente avrebbe avuto interesse a porre in risalto, non un’emozione di tedio, non un’espressione di insofferenza per la piega assunta da quel discorso.



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