11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 20 giugno 2013

1977


Lo scontro che ebbe a seguire, in tutto ciò, non si dimostrò semplicemente appassionante, ma, addirittura tendente ai limiti propri dell’epica, e forse, anche violandoli, superandoli al di là di qualunque aspettativa, di qualunque possibilità d’attesa e di previsione; nel dimostrare, ancora una volta, quanto un comune manipolo di uomini e donne, definiti allora comuni solo per propria esplicita e innata natura umana, e non per una qualche povertà di spirito, altresì per alcuno fra loro propria, avrebbero potuto essere capaci di elevarsi, persino, agli stessi livelli degli dei, allo stesso piano dei propri creatori, al di sopra dell’intero Creato, nel compiere azioni straordinarie e nel sopravvivere, ostinatamente, a qualunque insidia loro rivolta, tanto in grazia alle proprie stesse capacità, quanto e ancor in conseguenza alla collaborazione fra loro venutasi a instaurare, al clima di cordiale sostegno, supporto, che erano stati in grado di instaurare e che, le abilità proprie del singolo aveva eletto a beneficio dell’intera massa. E ancor maggiore agli dei, in grazia di tanta ammirevole audacia, avrebbe dovuto essere riconosciuto il loro valore, proprio in quanto mortali, proprio in quanto sì comuni, e non esseri superiori, non entità metafisiche capaci di trascendere la vita e la morte e di plasmare l’intero universo secondo i propri più semplici capricci.
Fossero essi stati degli dei, difatti, non soltanto semplice, quanto addirittura ridicola, avrebbe dovuto essere allora riconosciuta l’impresa volta a definire la morte di un intero branco di ippocampi, così come la distruzione di tre gargolle, banalità nel confronto con la quale dimostrarsi, non di certo sorpresi, assolutamente non ammaliati, e neppure, a ben vedere, in qualche misura interessati, ove ben altre avrebbero potuto e dovuto essere le imprese utili a ispirare il visibilio in possibili spettatori. Nell’essere essi, altresì e invece, soltanto uomini e donne come chiunque altro avrebbe potuto essere o divenire, nell’ipotesi di trovare nel profondo del proprio cuore e del proprio animo la forza e il coraggio utili per compiere equivalenti e stupefacenti imprese e conquiste; quegli uomini e quelle donne, Howe e Be’Wahr, Noal e Hui-Wen, Masva e Camne, nonché il giovane Ifra, e, ancora e ovviamente, la stessa Midda Bontor innanzi a loro, in mezzo a loro, a guidarli e ispirarli, avrebbero dovuto vedersi riconoscere tutto il merito del proprio operato, tutta la straordinaria responsabilità delle proprie azioni, allora come in passato e come, se solo fossero sopravvissuti al proprio presente, ancora sarebbe stato in futuro.
Soltanto qual mirabile, in ciò, avrebbe dovuto essere riconosciuta e applaudita l’azione di Hui-Wen, il quale, approfittando della presenza, al suolo, dell’ipertrofica gargolla pantera, scelse di concentrare tutte le proprie forze e tutte le proprie attenzioni per muovere il pesante martello da spaccapietre, che ancora reggeva in mano, direttamente a discapito del felino capo della stessa, lì facendolo ricadere, pesantemente, non soltanto una, non due, e neppure tre, ma addirittura cinque volte, con violenza crescente, animato dall’unica volontà di non vederla più rialzarsi dal suolo, di non permetterle ulteriore possibilità di iniziativa a loro comune discapito. E se pur, nel confronto con una creatura in tutto e per tutto similare a uno zombie, e differenziata dal medesimo soltanto dall’evidenza di quanto l’uno avesse a doversi riconoscere qual frutto di una negromanzia, nello sfruttare carne già un tempo animata, in passato vita, e l’altra avrebbe dovuto essere considerata altresì conseguenza di una più impegnativa stregoneria, nel concedere vita a qualcosa che, altresì, mai l’aveva prima conosciuta; egli non avrebbe potuto concedersi alcuna possibilità di facile vittoria nel limitarsi, banalmente, a decapitarla, o, più puntualmente, a distruggerle completamente il capo, di certo la sua azione avrebbe potuto essere sia umanamente giustificata nelle proprie ragioni, nel proprio impeto, e, ancor più, il risultato da lui conseguito non avrebbe potuto, alfine, essere in alcun modo criticato, in alcuna maniera contestato, nell’aver, comunque, avuto successo nell’infliggere un primo, apprezzabile e soddisfacente danno a discapito di una creatura sino a quel momento potenzialmente giudicabile qual inviolabile, qual priva d’ogni possibilità d’essere abbattuta o, ancor più vinta, sì sfruttando, in ciò, l’occasione a lui concessa dall’accoppiata di rosse, e pur, anche e non di meno, offrendo un senso più pieno, più completo a tutto ciò, così come due semplici ali spezzate non avrebbero pur potuto riservarsi occasione di vantare, malgrado tutto.
Non di meno apprezzabile, ancora, non di meno meritevole di lode, avrebbe dovuto essere indicata, omaggiata, l’azione di Noal, il quale, offrendo al proprio compagno, al proprio amato, tutta la consueta fiducia che era solito riporre in lui, e lasciando, in tal modo, affidato soltanto alle sue cure la gargolla lì estemporaneamente caduta, senza affiancarlo in tal battaglia, in quella lotta invero tanto simile all’opera di un macellaio innanzi a un bove o a un suino; preferì riportare la propria attenzione alle altre due minacce ancora alte nei cieli, due minacce che, non si illudeva né avrebbe mai potuto illudersi, sarebbero presto ritornate a offrirsi a loro incredibilmente prossime, fosse soltanto al fine di completare quanto iniziato o, persino, nella brama di riscattare l’onore e la memoria della loro compagna caduta, letteralmente. Fu in conseguenza di tale scelta, di simile decisione, quindi, che gli venne concessa occasione di riprendere il discorso prima prematuramente interrotto con la mostruosa gargolla tentacolata, la quale si scoprì essere già sin troppo a loro incredibilmente vicina, tanto da giustificare, da parte sua, una forse non necessaria, e pur umana, imprecazione, a sostegno di quanto gli sarebbe stato lì repentinamente richiesto. E prima che chiunque altro, lì attorno, recependo le ragioni di quell’imprecazione potesse a lui accostarsi, a lui immediatamente allearsi, per cercare un fronte comune in opposizione a tanto orrore, le braccia del mostro ricercarono contatto con le sue carni, con le sue membra, sferzandole violentemente, nella velocità della propria discesa dall’alto dei cieli, e a lui, allora null’altro domandando che sofferenza e morte. Ma se pur, ove realmente ineluttabile, egli sarebbe stato più che pronto a compiere tale sacrificio per il bene dei propri compagni, in quella battaglia e nella più vasta guerra nella quale, insieme, si erano impegnati al fianco della Figlia di Marr’Mahew; in quella precisa occasione, in quell’esatto momento, l’esigenza di un tale estremo atto non venne da lui valutata qual realmente giustificata o giustificabile, spingendolo, pertanto, a rifiutare quello quale l’abbraccio della morte e, di conseguenza, a reagire, e a reagire con durezza a ogni pretesa di sopraffazione. Così, la sua letale mazza chiodata fu allora guidata, condotta e animata a compiere un’ampia rotazione, un movimento ad arco che, con tutta la forza garantitale da entrambe le sue braccia, la portò a colpire quel volto da pesce, e da pesce orrendamente fornito di terrificanti zanne, con micidiale potenza, tanto da riuscire, ancora una volta, non solo a respingere nuovamente quell’aggressione, ma anche, e addirittura, a lasciare una ben distinguibile impronta su quello stesso profilo, a dimostrare quant’anche quella seconda statua, al pari del grosso gatto già riportato al suolo, non avrebbe dovuto essere erroneamente considerata qual invincibile o infallibile, riservandosi, anzi e al contrario, la dimostrazione di una trasparente propensione a quella pur solida fragilità propria delle rocce più dure, capaci forse di resistere a straordinari attacchi, a incredibili colpi, e pur, non di meno, anche di ridursi pressoché in sabbia sotto l’azione della dovuta sollecitazione.
Egualmente ammirevole, e, se possibile, ancor più stupefacente, più incredibile nella dinamica delle azioni lì intraprese, fu quanto scelsero, ancora una volta in comune e tacito accordo, ancora una volta in straordinaria coordinazione, di compiere tanto Masva quanto Camne, le quali, forse convissute l’una accanto all’altra a bordo della Jol’Ange per tempo sufficiente a permettere loro di influenzarsi reciprocamente, e, comunque, di maturare una capacità di collaborazione indubbiamente fuori dal comune; non paghe per il primo risultato già riportato nei confronti della gargolla pantera, con cui, allora, già apparivano essere impegnati in troppi, scelsero di destinare il proprio interesse, la propria premura e, soprattutto, i propri attacchi, a quella drago, la quale, altresì, avrebbe potuto indubbiamente lamentare una certa insofferenza nei confronti dell’assenza di considerazione destinatale. E per raggiungerla prima che essa potesse spingersi tanto al suolo da risultare potenzialmente dannosa per qualcuno, nel momento in cui la colsero già intenta in una chiara parabola discendente, entrambe offrirono, quasi contemporaneamente, un richiamo in direzione della coppia di mercenari in soccorso ai quali, lì, erano pocanzi sopraggiunte…

« Howe!...  » gridò l’una, frammischiandosi alla voce dell’altra « Be’Wahr!... » in misura tale per cui quasi complesso sarebbe stato a posteriori riuscire a rielaborare, con cognizione di causa, chi avesse effettivamente chiamato chi.


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