11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 26 giugno 2013

1983


Quasi a voler compensare tutti i problemi con i quali erano stati costretti a confrontarsi a Bael, e prima ancora a Licsia, l’ultima parte del viaggio della Jol’Ange verso Rogautt, l’isola dei pirati, la capitale del regno che Nissa Bontor, in grazia alle sole proprie forze, alla propria straordinaria tempra e al proprio sensazionale carisma era stata capace di erigere, riunendo attorno a sé tutti i tagliagole e i predoni che infestavano, prima di lei, le acque di quei mari del sud; si dimostrò incredibilmente quieta, piacevolmente serena, permettendo a tutti loro di recuperare le energie perdute, di rimettersi in sesto e in forze.
Certamente, né Av’Fahr, né tantomeno Be’Sihl o Seem, avrebbero potuto vantare una piena e completa guarigione, e, probabilmente, neppure una reale riconquista di efficienza nei loro corpi, nelle loro prime, e forse sole, risorse in quella sgradevole lotta per la sopravvivenza, contro la triplice minaccia rappresentata da Nissa, dalla regina Anmel Mal Toise e dall’Oscura Mietitrice. Ciò nonostante, la pace che predominò in quell’ultima tratta, in quell’ultima tappa, fu sufficiente a concedere loro sufficiente riposo per non essere, semplicemente, di peso ai propri compagni e, con la giusta prudenza, con le giuste precauzioni, riprendere parzialmente anche la propria attività a bordo della goletta. E quasi, ancora, a voler compensare quella presenza necessariamente ridotta, in parte menomata, da parte dei tre feriti, di coloro che in misura peggiore erano rimasti coinvolti nell’attacco degli ippocampi, inattesa e pur, inevitabilmente, gradita sorpresa fu quella a tutti riservata da parte di Leas Tresand; il quale, giorno dopo giorno, con pazienza e cautela, nel doversi continuamente confrontare con il sospetto e la diffidenza alimentata dalla sua stessa parente nei suoi riguardi, riuscì a conquistarsi l’ombra di un ruolo all’interno dell’equipaggio un tempo agli ordini di suo padre, del padre che, solo in quelle ultime settimane, aveva avuto occasione di rivalutare, non più condannandolo qual crudele stupratore, ma, alfine, riconoscendolo per quanto era sempre stato: uno straordinario capitano e, pur senza canzoni a testimoniarne memoria, certamente un eroe.
L’inizio della collaborazione del giovane con l’equipaggio avvenne non per idea, né per esplicita volontà, della Figlia di Marr’Mahew, sua zia, quanto e piuttosto dell’allora attuale capitano della Jol’Ange, il quale, offrendo fede a una delle più semplici e fondamentali regole comuni a ogni figlio del mare, non poté ignorare come non avrebbe dovuto essere riservato alcuno spazio a passeggeri di sorta, a bordo di una nave, laddove tutti, chi in misura maggiore, chi in misura minore, avrebbero sempre dovuto offrire la propria collaborazione per il bene comune, per il successo della navigazione, un trionfo che non sarebbe mai stato di un singolo, neppure di chi in comando, ma sempre e solo del gruppo intero, di tutto l’equipaggio. In ciò, pur restando saldamente vincolato al freddo metallo delle proprie catene, e sotto attenta osservazione da parte di tutti, Leas intraprese quel lento cammino che, da mozzo, avrebbe potuto, speranzosamente, vederlo crescere nel corso del tempo, venendo di volta in volta riassegnato in base a quanto avrebbe dimostrato di saper compiere. E a sua volta figlio del mare, non per diritto di sangue, quanto e solo per propria intrinseca natura, nell’aver anch’egli imparato a nuotare ancor prima che a camminare, e nell’aver trascorso la maggior parte della propria esistenza a bordo di una nave, seppur di pirati; non difficile, non improbabile fu per lo stesso riuscire a dimostrare, anche agli sguardi più dubbiosi, più ostili nei suoi riguardi, quanto, comunque, il suo contributo avrebbe potuto essere utile alla vita di bordo, e a tutto ciò che essa avrebbe loro riservato.
E per quanto, obiettivamente marchiati, nel profondo dei propri animi e dei propri cuori, dai tradimenti già subiti, in misura tale da non poter escludere banalmente i timori palesati dalla mercenaria dagli occhi color ghiaccio, riducendoli a semplice paranoia; tutti, a bordo della Jol’Ange, non poterono che apprezzare l’umiltà e l’impegno con la quale il pirata si confrontò con ogni mestiere assegnatogli, con ogni compito riservatogli, mai lamentandosi, e mai dimostrando superficialità o, peggio, tedio, nell’essere, del resto, consapevole di quanto, in tutto ciò, ogni più flebile battito del suo cuore non avrebbe mancato di essere posto sotto analisi, allo scopo di cogliere quali messaggi avrebbe potuto celare, quali reali emozioni avrebbe potuto nascondere dietro a un volto fondamentalmente sereno e, da tutti, ineluttabilmente amato. Ogni complimento che, in quei giorni, gli fu quindi rivolto, e ancor più tutti quelli che gli vennero, altresì, taciuti, non poterono che apparire non soltanto sinceri ma, anche, indiscutibilmente meritati, a dir poco eccellendo in quanto, pur, avrebbe potuto essere considerato un asservimento ai propri carcerieri, ai suoi secondini. Ragione per la quale, nel momento in cui apparve palese quanto sprecato fosse il tuo talento nel costringerlo, solamente, a operazioni di pulizia e di manutenzione della nave; nessuno, neppure la Campionessa di Kriarya, ebbe di che lamentarsi all’idea di concedergli altre possibilità, altre occasioni.
Così, esattamente come suo padre, molti anni prima, era divenuto capitano non per una qualche benevolenza divina, e neppure per un’agiatezza economica utile a permettergli di acquisire quella nave senza alcun genere di sforzo da parte propria, quanto e piuttosto per il proprio impegno, per la propria dedizione e la propria passione in quel mestiere, e nell’opera necessaria a rimettere in sesto la carcassa dalla quale la Jol’Ange aveva avuto vita; in sola conseguenza al proprio impegno, alla propria dedizione e alla propria passione in quei compiti, parimenti, Leas Tresand riuscì a superare la maggior parte dei sospetti, delle condanne, a lui rivolte da parte di coloro che, per colpa di sua madre, di ordini da lei esplicitamente espressi se non, addirittura, per propria diretta mano, avevano veduto morire persone a sé care, amici, fratelli e sorelle che, purtroppo, mai più sarebbero ritornati. E laddove l’odio aveva diviso, ancora una volta, quasi miracolosamente, il mare sembrò essere in grado di riunire, di pacificare, con ogni benedizione da parte di tutti i propri dei, che fossero pregati con il nome di Tarth o con quello di Thyres.
Anche Midda Bontor, fra tutte costretta a essere la più severa, la più intransigente nei confronti del proprio nipote, nell’obbligarsi a ricordare di chi egli fosse figlio laddove, altrimenti, il suo cuore avrebbe gridato un impetuoso assenso a quella domanda di adozione da lui propostale, da lui suggeritale, non poté evitare di cedere, poco alla volta, lentamente, e pur inesorabilmente, lasciandosi sgretolare come la roccia più dura sotto l’erosiva azione continua dell’acqua. E per quanto, molto volentieri, avrebbe aggiunto ai già numerosi tatuaggi tribali intrecciati sul suo braccio mancino un avvertimento a chiare lettere nel merito di quanto non avrebbe dovuto concedersi la benché minima possibilità di fidarsi di quel ragazzo, non fino a quando la sua gemella fosse stata in vita e, forse, neppure dopo, consapevole che tale paranoia avrebbe potuto rappresentare, banalmente e inesorabilmente, la differenza fra la vita e la morte; proprio malgrado i suoi sentimenti iniziarono a prevaricare sulla sua ragione, le sue emozioni incominciarono a prevalere sulla sua razionalità, portandola, pericolosamente, a fidarsi del nipote, tanto da non porre alcuna protesta neppure il giorno in cui, a permettergli di arrampicarsi lungo le sartie della nave per salire lungo gli alberi a sistemare le vele, venne suggerito di liberarlo dalle proprie catene, dagli ultimi vincoli, fisici, rimastigli.
Fu in tal modo, in quel momento, che Leas da pirata e prigioniero, venne implicitamente da tutti riconosciuto qual un marinaio e un amico, un alleato, un fratello, accanto al quale si avrebbe continuato a navigare, si sarebbe combattuto e, se necessario, si sarebbe anche morti, senza la benché minima esitazione. Perché quella, e soltanto quella, era da sempre stata la filosofia propria dei marinai, di qualunque nazione, di qualunque etnia o di qualunque credo religioso: nessuno, a bordo di una nave, avrebbe potuto essere riconosciuto quale un singolo, avrebbe potuto conservare una propria identità autonoma, finendo per divenire, necessariamente e ineluttabilmente, parte dell’equipaggio e, con esso, della famiglia, e di una famiglia che insieme avrebbe sempre affrontato la vita, nella gioia e nel dolore, nei successi e nei fallimenti, sino a quando gli dei del mare avrebbero loro concesso la possibilità di navigare lungo le proprie acque, all’interno dei propri smisurati domini.
Fu in tal modo, in quel momento, tuttavia, che l’intero equipaggio della Jol’Ange, da Noal a Ifra, passando anche per Midda, Be’Sihl e ogni altro alleato lì a bordo presente, compirono una scelta che segnò, ineluttabilmente, il corso della Storia. Non soltanto della loro storia personale, ma di ogni storia, dal momento che, proprio malgrado, mai avrebbero dovuto dimenticarsi come, dietro a quell’ultima sfida, in quell’ultima battaglia, non si sarebbero decise soltanto le sorti di due sorelle in antica contrapposizione, ma anche, e peggio, quelle dell’intero mondo conosciuto, che avrebbe potuto essere, ancora una volta, tutelato da coloro lì inviati per volontà della Portatrice di Luce, o avrebbe finito per cadere in balia dei più orrendi capricci dell’Oscura Mietitrice…


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