11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 22 settembre 2013

2046


E laddove, quindi, da parte mia era stata in tal modo appena espressa una lamentela nel merito di una qualche, presunta stanchezza, che pur mi sarebbe potuta essere propria nel considerare la non banale operazione d’impianto a cui, in quelle ultime quarantotto ore, ero stata sottoposta; non soltanto prevedibile, ma addirittura irrinunciabile avrebbe dovuto essere considerata una reazione di ironico divertimento dai miei due interlocutori umani, i quali non avrebbero potuto ovviare a pensare a come, per me, quei due fossero stati gli ultimi giorni di riposo dei quali avrei mai più potuto godere per molto… molto tempo.
Almeno un anno. Probabilmente ancor più.

« Allora, se accetta un consiglio, è meglio che lei approfitti di questa notte per riposare. » riprese voce la stessa sentinella che mi aveva pocanzi invitato a esprimermi in termini più chiari, non appena riuscì a lasciar scemare l’ilarità che lo aveva coinvolto insieme al proprio compare « Perché temo che domani non trascorrerà una giornata propriamente… piacevole. » soggiunse, ammiccando con fare apparentemente sornione, ma sostanzialmente sarcastico.
« Sai, moglie cara… credo proprio che tu stia invecchiando male. » non perse occasione di intervenire il mio per nulla adorato sposo, arrestandosi contrariato innanzi a me e rivolgendomi uno sguardo critico, nell’inarcare, addirittura, un grottesco sopracciglio « Un tempo avresti ucciso questa coppia di imbecilli per ancor prima che potessero anche soltanto ipotizzare di scoppiarti a ridere in faccia… e ora, invece, ti lasci insultare e minacciare in tutta serenità. » scosse il capo, a lasciar trasparire tutto il proprio dissenso nei miei riguardi « E’ veramente triste essere qui a osservare il declino di una leggenda vivente. Se solo i tuoi amici e i tuoi ammiratori potessero vederti ora… »

Quando si trascorrono oltre vent’anni della propria esistenza in una città popolata quasi esclusivamente da ladri e prostitute, mercenari e assassini, e si inizia ad accumulare una certa notorietà, si è costretti a confrontarsi in maniera pressoché costante con orde di provocatori, desiderosi soltanto di una qualche legittimazione ad agire, e ad agire in tuo contrasto, per cercare il tuo sangue e la tua morte nella più assoluta indifferenza del mondo circostante. In ciò, pertanto, si può scegliere di agire soltanto in due modi: o uccidendo chiunque ti si pari davanti; o imparando a ignorarlo, così come se sua madre non avesse mai avuto la sciagurata idea di porlo alla vita, contribuendo ad aggiungere una carogna in più in un Creato già sufficientemente sovraffollato da poco di buono. E per quanto io, ora, non voglia negare di aver abbracciato, per molti anni della mia vita, la prima soluzione, estremamente più semplice e, perché mentire, persino appagante, nel momento in cui si comprende il potere celato nei propri più banali gesti, potere di vita e di morte su coloro che ci circondano; a un certo punto della mia esistenza ho scelto di impegnarmi sulla seconda strada, non provando più appagamento a uccidere chi a me palesemente inferiore in preparazione bellica, nell’arte della guerra.
Così, ove anche Desmair si è sempre dimostrato straordinariamente dotato nel riuscire a far leva sulla mia più ferina istintività, in un frangente qual quello, nel quale troppo imprudente sarebbe stato, per il momento, per me reagire, mi sforzai, con tutto il mio impegno, con tutta la bravura che ho maturato in vent’anni di esercizio presso la città del peccato eletta a mia dimora, a trascurare non soltanto la gratuita istigazione del mio semidivino interlocutore ma, addirittura, a spingere i miei passi lungo il cammino sul quale stavo venendo allora accompagnata dalle guardie mie detrattrici, finendo con l’attraversare, letteralmente, quella spettrale apparizione della visione della quale soltanto io stavo godendo, non con mio particolare entusiasmo, in verità. E per quanto reale egli avrebbe potuto apparire ai miei sensi, tanto da provocare un brivido sulla mia pelle nel momento dell’impossibile impatto fra noi, riuscii nel mio intento, superandolo e proseguendo oltre esattamente come se nulla fosse accaduto.

« Brava. Complimenti. Un comportamento estremamente maturo da parte tua… » mi rinfacciò, pur non accennando a tornare innanzi alla mia vista, probabilmente ancora immobile là dove si era arrestato, ormai alle mie spalle « E’ un vero peccato che tu non sia riuscita a dimostrare tanto autocontrollo nel momento in cui, più di tutti, avresti dovuto renderlo tuo. In tal caso probabilmente non saresti finita in questo angolo dimenticato dagli dei… e, forse, neppure al cospetto di colui che qui ti ci ha inviata! »

Mordendomi la lingua fra i denti, non in termini metaforici ma, piuttosto, in maniera estremamente fisica e non poco dolorosa, mi costrinsi a non replicare e, soprattutto, mi obbligai a non voltarmi, per non cedere al suo gioco, ben conoscendolo, ormai, e ben sapendo quanto, in quel frangente, sebbene egli fosse rimasto l’unico mio contatto con il mio amato Be’Sihl, avrebbe ciò non di meno dovuto essere anche riconosciuto un pericolo persino maggiore rispetto a quello potenzialmente rappresentato da una passeggiata al di fuori di quell’enorme bolla a contatto con lo spazio aperto, là dove, privata d’aria e d’atmosfera, sarei morta in pochi istanti, in modi che, ancora, non ero ben in grado di ipotizzare e, ciò non di meno, sicuramente dolorosi. E per quanto la mia lingua avrebbe potuto non essere concorde con me, un moto d’orgoglio risalì dal mio stomaco sino al mio cuore e alla mia mente, nel mentre in cui, nel profondo del mio animo, non potei che complimentarmi con me stessa per essere riuscita, quantomeno, a non peggiorare ulteriormente la mia già non semplice situazione.

« Ho capito… non vuoi più giocare con me. » concluse Desmair, la cui voce, malgrado mi stessi ipoteticamente allontanando da lui, continuò a risuonare nelle mie orecchie, e nella mia mente, del tutto inalterata, quasi a voler ribadire il concetto già noto di quanto egli, effettivamente, non fosse lì con me, non stesse interagendo, con me, su un comune piano di realtà « Torno dal tuo bello a riferire che ti sei ripresa e che ha un braccio nuovo con il quale, prima o poi, potrà sollazzarsi… il giorno in cui, per lo meno, deciderai di accettarlo nuovamente nel tuo letto. » annunciò, prima di prendere commiato, non mancando, poi, di sferrare un ultimo tentativo di affondo nei miei riguardi « Ammesso che sopravvivrete entrambi tanto a lungo da potervi rincontrare, s’intende. »

Un affondo verbale, il suo, a cui corrispose, purtroppo per la mia cara lingua, un ulteriore affondo a suo discapito, grazie al sacrificio della quale, ciò non di meno, ebbi modo di trattenermi ancora una volta, per l’ultima volta in quell’incontro, speranzosamente e praticamente.
Perché se pur, nel merito di Desmair, potrei lamentarmi di molti, troppi osceni difetti, un pregio sono comunque costretta a riconoscerglielo. E non un pregio da poco, nel considerare quanto, in effetti, la maggior parte di tutta l’umanità che ho mai avuto occasione di conoscere non si è dimostrata in grado di potersene egualmente vantare. Desmair, incredibile a dirsi, ha sempre dimostrato di avere una sola parola. E anche allora, come sempre in passato, non mancò di compiere quanto annunciato, interrompendo il nostro contatto mentale e svanendo dalla mia percezione sensoriale, nel lasciarmi, in tal modo, finalmente sola con me stessa, dentro la mia testa, e con i miei due accompagnatori, al di fuori della stessa.

« Lode a Thyres… » mi concessi di sospirare, socchiudendo gli occhi e inspirando, poi, profondamente aria nei miei polmoni, in un gesto che mi venne, allora, istintivo, spontaneo, e che, a posteriori, credo, potrei interpretarlo soltanto qual un intimo assaporare quel momento di effimera libertà riconquistata.

Una libertà, quella di cui soltanto il mio sposo si è purtroppo dimostrato da sempre in grado di negarmi, ben più profonda e assoluta rispetto a quanto mai avrebbero potuto sperare di riuscire a privarmi tutte le guardie e tutti gli accusatori di Loicare, con le loro armi, le loro condanne, le loro prigioni e i loro lavori forzati: la libertà di essere la sola proprietaria della propria mente, con i propri sogni e, peggio, con i propri pensieri.



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