11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 25 gennaio 2014

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Nell’avere a doversi confrontare con un edificio come quello allora presentatole innanzi, e con la necessità di penetrare al suo interno in maniera non semplicemente discreta, ma sostanzialmente impercettibile a chiunque avrebbe potuto avere ragione di dimostrarsi contrario a tale proposito, a simile prospettiva; Lys’sh sapeva di poter prendere in esame alcuni fattori a proprio, esclusivo, vantaggio, così come anche alcuni fattori a proprio, innegabile, svantaggio, in un rapporto tale da poter rendere l’idea di quella missione, in verità, meno azzardata rispetto a quanto chiunque non avrebbe potuto inizialmente ipotizzare, nel ritrovarsi informato nel merito della sfida che avrebbe avuto a doversi riconoscere nostra intenzione affrontare.
Un fattore a svantaggio, giusto a titolo esemplificativo? Quella torre smisurata e colossale avrebbe avuto a doversi considerare dimora della più potente e temuta organizzazione criminale di tutta Loicare, e, in quanto tale, necessariamente uno dei luoghi più protetti, più sicuri e, in conseguenza, più pericolosi dal punto di vista di qualunque ipotetico antagonista, di tutto il pianeta, e, probabilmente, di buona parte del circondario. Molto più, obiettivamente, persino rispetto alla sede dell’omni-governo, o a qualunque altra pubblica istituzione che, lì, avrebbe pur potuto essere riconosciuta qual protetta e custodita dalle comunque efficienti forze dell’ordine locali. E nella propria colossale e smisurata imponenza, quanto sarebbe avvenuto all’interno di quell’edificio, sarebbe necessariamente rimasto all’interno di quell’edificio, avesse ciò a doversi considerare anche una terrificante battaglia a colpi d’arma da fuoco in grado di demolire interi piani del medesimo: una volta là dentro penetrate, pertanto, Lys’sh e io saremmo state sole, completamente sole, contro, potenzialmente, un intero esercito, mercenario e non, soltanto bramoso, nel migliore dei casi, di stuprarci e ucciderci, così come sarebbe potuto gradevolmente avvenire entro i confini del mio mondo natio; e nel peggiore dei casi, di catturarci vive e di consegnarci alla loro signora… anzi, signorina, a permetterle di soddisfare sulle nostre carni, ogni proprio più sadico e terrificante capriccio.
Il suo corrispettivo fattore a vantaggio? Quella torre, obiettivamente, avrebbe avuto a doversi considerare eccessivamente smisurata e colossale per poter essere mantenuta concretamente sotto costante controllo, fosse a tal fine anche impiegati i più fedeli, devoti e, addirittura, fanatici tirapiedi che mai la famiglia Calahab avrebbe potuto vantare di aver arruolato all’interno delle proprie fila. Questo senza sottovalutare come, proprio in conseguenza a tale colossale e smisurata imponenza, quell’edificio non era stato destinato, in maniera esclusiva, a ospitare i propri stessi proprietari, ma, anche, molte, moltissime altre risorse e persone, sì facenti comunque riferimento alla famiglia Calahab, e, ciò non di meno, appartenenti a una parte di quell’insieme di attività legali che, nel presentarmi con quale genere di antagonisti stessimo avendo a che fare, Lange aveva definito come “di facciata”. Perché se vero avrebbe avuto a doversi considerare quanto alla famiglia Calahab avrebbe potuto essere imputata la quasi totalità delle attività criminali di Loicare e non solo, altrettanto vero avrebbe avuto a doversi ricordare quanto, comunque, tanto Maric, quanto la sua degna erede Milah Rica, fossero stati sufficientemente capaci a mantenersi fondamentalmente immacolati nel confronto con qualunque genere di accusa a proprio discapito: un risultato, il loro, allora ottenuto non soltanto in grazia a una particolare attenzione nella gestione dei propri affari illegali, ma anche al mantenimento di una vasta serie di altri affari legali tali da farli apparire, innanzi allo sguardo severo dell’omni-governo, purtroppo inattaccabili… inattaccabili a meno di non voler, colpendo loro, anche colpire centinaia di migliaia di persone che avrebbero potuto vantare qual propria unica colpa quella di essere impiegate all’interno di una delle attività facenti riferimento alla famiglia o, ancora, a una delle attività d’indotto collegate a esse.
Per ragioni come queste, e come molte altre accanto a queste, Lys’sh non avrebbe potuto considerarsi così poco fiduciosa nel confronto con quanto ci avrebbe atteso a prescindere da quanto, obiettivamente, pericoloso avrebbe avuto a doversi considerare quanto di avrebbe dovuto attendere. E muovendosi con competenza e professionalità a dir poco assolute sul mondo a lei circostante, tali da spingermi, obiettivamente, a credere come ella nulla di diverso rispetto a quello ella avesse mai compiuto nel corso della propria vita, come null’altro che quello avesse a doversi riconoscere il suo giusto impiego, ci concesse di giungere senza problema alcuno fino ai livelli superiori dell’edificio, là dove, alle attività “di facciata” della famiglia Calahab, avrebbero iniziato a cedere posto quelle, spiacevolmente, più concrete e reali, insieme all’effettiva dimora della famiglia stessa.
Come si dimostrò capace di ciò…?!
Beh… ammetto che il puntuale dettaglio del suo piano non fu mio interesse conoscerlo ancor prima della sua attuazione, in tal ritrosia sospinta dal timore di poter, altresì, risultare poco fiduciosa nei suoi riguardi, nei confronti con la sua competenza e il suo apporto, tutt’altro che secondario, a quella nostra missione. Ciò non di meno, per quanto obiettivamente ancora poco confidente con la tecnologia del mondo a me circostante per poter cogliere ogni malizia del caso, non mi sfuggirono del tutto le ragioni alla base di alcune scelte da lei, allora, compiute. A iniziare, nella fattispecie, dal punto d’accesso all’edificio stesso… anzi, dai punti d’accesso all’edificio stesso.
Per quanto, infatti, un’enorme ingresso contraddistingua il palazzo stesso sul proprio fronte principale, punto d’accesso pubblico e obbligato non soltanto per coloro che lì avrebbero avuto interesse a offrire visita, ma anche per tutti coloro impiegati all’interno di una delle già citate, molteplici attività lì situate; a garantire un primo, più appariscente, livello di sicurezza all’interno della medesima torre, proprio su tale fronte, a complemento di tale passaggio, non sarebbero allora potuti mancare una serie di controlli, in parte automatizzati, in parte manuali, volti a impedire a chiunque non fosse stato previamente autorizzato non soltanto l’ingresso all’edificio, ma ancor più severamente l’introduzione di qualunque genere di armi al suo interno, convenzionali o meno che esse avrebbero avuto a potersi considerare. Una misura tutt’altro che straordinaria, in verità, quella allora lì attuata, laddove, per così come già avevo avuto occasione di verificare io stessa nella mia, in verità, non particolarmente lunga permanenza su Loicare, simili protocolli e meccanismi avrebbero avuto a doversi considerare caratteristici di molteplici luoghi, tanto pubblici così come privati, nella rivisitazione in chiave tecnologica, a ben vedere, di quel genere di perquisizioni che, dopotutto, anche sul mio pianeta natale si era soliti attuare a tutela di obiettivi particolarmente sensibili.
Chiaramente, nel confronto con l’esistenza di una simile, palese, e pur difficilmente violabile, infrastruttura di controllo, il passaggio attraverso l’ingresso principale avrebbe avuto a doversi considerare inattuabile per la sottoscritta, non soltanto per il carico di armi che stavo conducendo al mio seguito, e al quale non avrei voluto rinunciare, e che anzi, avendone la possibilità, avrei ben gradito poter integrare con la mia allor ancor compianta spada bastarda, la mancanza della quale mi stava torturando, lo ammetto con un certo imbarazzo, non meno rispetto a quella del mio amato Be’Sihl; ma anche, e ancor più, nel confronto con l’evidenza di quanto il mio volto non avrebbe potuto evitare di suscitare immediato allarme, nell’aversi, mio malgrado, a doversi lì considerare più che noto, anche in conseguenza al lungo periodo da me, all’interno di quelle stesse mura, già affrontato. Diversamente da ciò, tuttavia, una simile limitazione d’accesso non avrebbe avuto a doversi riconoscere qual esistente a discapito della mia compagna, la quale, semplicemente rinunciando, estemporaneamente, alla propria minore quantità di equipaggiamento, per così come da lei scelta, nell’affidarla alle mie cure, alla mia premura, avrebbe potuto varcare quei confini in maniera a dir poco banale, nel ricorrere a uno stratagemma probabilmente non particolarmente originale e, ciò non di meno, quietamente attuabile con un minimo fattore di rischio: bloccare il primo fattorino contraddistinto da misure adeguatamente compatibili con le proprie e diretto, non a caso, verso la dimora della famiglia Calahab, per a lui, o lei, sostituirsi, e, in ciò, assicurarsi la scusa utile a garantirsi l’ingresso desiderato. Una possibilità conquistata la quale, null’altro avrebbe avuto a dover compiere che sfruttare la propria capacità di discrezione totale per sgattaiolare al di fuori del percorso che avrebbe ipoteticamente dovuto seguire, per potersi spingere all’interno di qualche area di servizio della struttura stessa e, da lì, a uno degli accessi secondari al medesimo, laddove io sarei dovuta restare in sua attesa.

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