11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 9 aprile 2014

Intermezzo - parte sesta


« … ma… non so come dirlo… tutta questa stanchezza, tutte le sventure che mi hanno coinvolto in questi ultimi mesi, in questi due anni, sembrano quasi voler porre in evidenza quanto, tutto sommato, la mia vita sia sostanzialmente priva di valore persino per il fato… persino per qualunque principio divino esista lassù, a tendere la propria mano e, in ciò, a orchestrare tutto ciò che può contraddistinguere, nel bene o nel male, le nostre esistenze. » dichiarò, cercando di sfruttare quel momento di incontro per catalizzare i propri pensieri e le proprie emozioni, in una frase di senso compiuto che potesse essere adeguata a descrivere quanto stava allora vivendo, e quanto, proprio malgrado, temeva avrebbe avuto ancora a dover vivere, non riuscendo a identificare, in tutto quello che gli stava accadendo, alcuna parabola positiva, alcuna svolta entusiasmante, capace di garantirgli una qualche speranza per l’indomani « E, in tutto questo, non so quanto io possa ancora essere colui che sono sempre stato… e che, pur, vorrei continuare a essere. Non so quanto io possa ancora essere capace di essere tutto questo. »

Il cantore, proprio malgrado, non si attendeva di poter essere compreso. Tutti i problemi che egli aveva elencato, per così come egli stesso aveva evidenziato, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti, addirittura, qual banalità nel confronto delle vere disgrazie, degli incommensurabili ostacoli, dei concreti orrori in contrasto ai quali tutti i presenti da lui allora radunati avrebbero potuto offrire testimonianza, in misura tale per cui, i suoi, sarebbero necessariamente dovuti essere relegati a semplici capricci, banali scuse per dissimulare una mancanza di volontà, di forza d’animo, colpevole della quale avrebbe avuto a dover essere considerato solo e soltanto egli stesso, senza che alcun altro, potesse esserne coinvolto: non il fato, non un qualche dio o dea, e neppure, obiettivamente, colui, colei o coloro i quali, nelle vicende da lui raccontate, lo avevano tradito, gli avevano offerto il colpo fatale, a seguito del quale egli, proprio malgrado, era precipitato in una tanto devastante apatia.
A differenza, tuttavia, di quanto egli avrebbe potuto attendersi, o meno, di essere compreso, le persone a lui circostanti, coloro che egli aveva, in quel frangente, scelto di radunare attorno a sé, per invocare il loro consiglio, il loro aiuto e il loro supporto, si vollero dimostrare decisamente più mature di quanto egli, probabilmente, non avrebbe loro attribuito essere, in quel pur palese velo di sfiducia che, anche allora, non avrebbe potuto mancare di ammantare il suo cuore, il suo animo tutto, nel confronto con la presunta evidenza di quanto le sue parole avrebbero avuto a dover essere considerate fondamentalmente vuote all’attenzione di tutti loro. Perché non uno fra loro, non la donna guerriero, non la regina immortale, non il semidio demoniaco e non l’ex-locandiere, lasciarono comparire sui propri volti delle espressioni di giudizio, la benché minima evidenza di una qualche facile condanna a suo discapito, così come, neppure, un qualche accenno di troppo facile, troppo banale pietosa commiserazione.
E nel tradire, paradossalmente, ogni sua aspettativa, essi non mancarono, in tutto ciò, di lasciarlo sconvolto, di lasciarlo spiazzato, negandogli ogni possibilità utile a capire non soltanto cosa stesse accadendo dietro ai loro sguardi, nelle loro menti e nei loro cuori, ma anche, e ancor più, di proseguire nello stesso cammino di troppo banale autocommiserazione in cui, allora, egli stesso avrebbe potuto spingersi, se solo uno fra loro gliene avesse offerta l’occasione.

« Allora…?! » tentò di provocarli, a rompere il silenzio così venutosi a creare fra loro, e a suscitare, da parte loro, una qualche reazione, possibilmente forte, possibilmente violenta, tale da ricondurre quell’incontro lungo gli stessi binari in cui egli, forse anche e soltanto inconsapevolmente, aveva previsto di indirizzarlo, di guidarlo « … non mi dite nulla? Non avete intenzione di accusarmi di voler perdere il mio tempo in facile autocommiserazione allorché nell’imbracciare le armi e nel riprendere a combattere, e a combattere con maggiore foga rispetto a prima, per dimostrare a qualunque mio avversario, sia egli umano o divino, che si sbaglia a considerarmi vinto?! » domandò, con incedere necessariamente retorico, nel comprendere egli stesso, nel mentre in cui quelle medesime parole stavano venendo pronunciate, quanto assurdo avesse a dover essere riconosciuto il suo stesso discorso, la tesi da lui così promossa, benché, ormai, avrebbe avuto a dover essere considerato troppo tardi potersi arrestare.
« Perché mai dovremmo…? » scelse di prendere voce il semidio, scuotendo appena il colossale capo, ornato da corna « Mi sembra che tu sia stato sufficientemente bravo ad accusarti da solo in tal senso. Anzi… sono certo che tu abbia persino già preparato la corda saponata per la tua impiccagione, nell’attesa che, qualcuno fra noi, ti fornisca la scusa utile per procedere, la condanna che tu stai invocando ora a gran voce non diversamente da un assetato nel deserto. »

Ancora silenzio. E, ancora una volta, non tanto conseguente a un’assenza di interesse ad aggiungere argomentazioni attorno alla tematica lì espressa, quanto e piuttosto per concedere, nella fattispecie allo stesso cantore, tempo utile per riuscire ad assimilare le parole che aveva scelto di destinargli il semidio, il quale, non diversamente dalla madre, non si era probabilmente riservato particolare delicatezza, concreta diplomazia, e che pur, in tal modo, era stato in grado di scandire termini sufficientemente adeguati con energia tale da scagliarli dritti nell’animo del proprio interlocutore, non diversamente da lame proiettate, con abilità e controllo assoluto, dalle sapienti dita di un lanciatore di coltelli.

« Per come la vedo io, mio caro, non hai molte alternative… » riprese, e proseguì, la regina, dimostrandosi in tal senso più che concorde con la valutazione offerta dal proprio pur non apprezzato erede, dalla propria pur mai amata progenie « Fin da bambini veniamo cresciuti nell’illusione che esistano infinite possibilità, infinite sfumature di grigio entro le quali ogni cosa possa avere a trovare una propria adeguata collocazione, una propria equilibrata collocazione, diversa per ognuno, originale per tutti. Ciò non di meno, credimi, all’atto pratico non esistono poi molte sfumature… non esiste, obiettivamente, alcuna sfumatura. E tutto si riduce al fare e al non fare, al vivere e al non vivere, al sopravvivere e al morire. » sancì, con tono carico di autorevolezza, ancor prima che di autorità, tale per cui anche lo stesso cantore, per quanto più che consapevole nel merito dell’identità di colei che, in tutto ciò, a lui si stava in tal modo rivolgendo, non avrebbe potuto evitare di ascoltarla, di prestarle attenzione, sinceramente e seriamente « C’è il giorno e c’è la notte, c’è il cielo e c’è la terra, c’è il fuoco e c’è l’acqua, c’è la vita e c’è la morte. Non esiste un giorno che sia anche notte, non esiste un cielo che sia anche terra, o un fuoco che sia anche acqua. E non esiste, te lo assicuro, una vita che sia anche morte. »
« … e se lo dice lei… » non riuscì a trattenersi dal sussurrare, sarcasticamente, la donna guerriero, in non troppo implicito riferimento all’anomalia rappresentata, obiettivamente, dall’ostinato attaccamento alla vita dimostrato da chi avrebbe potuto fregiarsi di essere vissuta persino troppo… e che, ciò non di meno, ancora e insistentemente desiderava vivere, e conquistare, e dominare « No… seriamente. So che mi pentirò per averlo detto ma… ha ragione lei. » soggiunse poi, cercando di evitare che il discorso potesse, ancora una volta, ridursi a una futile polemica fra lei e la propria antagonista, su argomenti che, fra l’altro, non avrebbero potuto aggiungere alcuna nuova considerazione a quanto già noto « Per quanto possa sembrare spiacevole e crudele a dirsi, soprattutto in un momento come questo, per te s’intende, ognuno di noi sa perfettamente come le sfumature siano il rifugio degli ignavi, siano le scuse a cui si aggrappano gli indolenti, per cercare di offrire un senso alla loro mancanza di volontà innanzi alla prospettiva di dover assumere una posizione definita… » continuò, ricollegandosi, in maniera persino eccessivamente puntuale, a quanto sostenuto dalla propria nemesi « E in tutto questo, quindi, tu hai, hai sempre avuto, e sempre avrai, solo due possibilità, oggi, così come in passato e in futuro: combattere o arrenderti. E per quanto, forse, la soluzione a questo enigma potrebbe apparire retorica, ti posso assicurare che non è assolutamente così: perché, a dispetto di ogni epica canzone e di ogni leggenda eroica, nello scegliere di combattere non è implicita una scelta a favore della vita e della vittoria… mentre, purtroppo, è assolutamente certo un voto in favore della sofferenza. E di quella sofferenza che, malgrado ogni gioia, malgrado ogni conquista, malgrado ogni trionfo, sempre contraddistinguerà l’esistenza mortale. Proprio in quanto tale. »

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