11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 31 gennaio 2017

RM 030


Nei giorni che seguirono, nelle settimane successive, la vita di Madailéin Mont-d'Orb ritornò, non senza qualche difficoltà, alla propria originale normalità in termini nei quali, se il suo corpo non avesse avuto alcuni indelebili promemoria di quanto occorsole, anche ella avrebbe potuto iniziare a credere che nulla fosse successo e che tutto, suo malgrado, avrebbe avuto a doversi considerare conseguenza di un violento esaurimento, forse conseguenza di stress post-traumatico, così come, purtroppo, la Società ebbe a sancire esserle accaduto. Anche perché, al proprio risveglio, non soltanto di Midda Bontor non era rimasta traccia, ma nulla, attorno a sé, avrebbe potuto suggerire la semplice verità della sua esistenza.

Ancora priva di sensi, sul bordo della strada ove la sua mentore l’aveva abbandonata, Maddie fu raggiunta da una pattuglia della polizia locale, allertata nel merito della presenza, in quel luogo, di una fanciulla priva di sensi da una telefonata anonima. Verificata l’effettiva concretezza di quella segnalazione, e convocata un’ambulanza, la giovane venne quindi condotta dai paramedici nel più vicino pronto soccorso, per i necessari accertamenti nel merito delle sue condizioni e per quanto, allora, sarebbe stato necessario avvenisse di conseguenza.
Così, quando ebbe a riprendere i sensi, ella si scoprì sola, distesa su un letto d’ospedale, con indosso soltanto un’orrida camiciola malamente allacciata lungo la sua schiena e con una flebo infilata vicino al suo polso sinistro. Le ferite riportate in conseguenza all’aggressione della gargolla erano state già esaminate, disinfettate e ricucite con qualche punto di sutura, e sul braccialetto al suo polso destro, non senza una certa sorpresa, ebbe a leggere il proprio nome e cognome. Considerando come, nel ritrovarsi trascinata verso l’alto dei cieli, ella aveva perduto non soltanto il proprio cellulare, ma anche la borsa con tutti i propri documenti, soldi e chiavi, il ritrovare il proprio nome su quell’etichetta, a identificarla, avrebbe potuto significare solo una cosa: chi l’aveva lì condotta era stato anche in grado di identificarla e, di conseguenza, di ricollegarla ai sanguinosi eventi che l’avevano vista scomparire dal proprio appartamento.
Midda l’aveva abbandonata. Il suo timore si era tradotto tanto repentinamente in realtà. E ben prima di quanto avrebbe potuto temere, ben prima della conclusione di quella loro avventura, appena iniziata, tutto era già finito. A lei, quindi, rimasta sola, sarebbe stato destinato l’ingrato compito di rimettere in sesto i frammenti di una vita che, ormai, neppure desiderava più vivere.
Quando un infermiere ebbe a rendersi conto che la loro paziente aveva riacquistato coscienza di sé, immancabilmente giunse un esponente delle forze dell’ordine per parlare con lei e poter raccogliere una qualche deposizione utile a comprendere cosa potesse esserle occorso negli ultimi giorni, nonché come si fosse procurata le ferite allora bendate lungo entrambe le spalle. Mortificata in conseguenza della scelta della propria supposta protettrice, della propria desiderata maestra d’arme, Maddie avrebbe voluto potersi chiudere in se stessa, scoppiare a piangere e inveire, senza altri pensieri, sul destino avverso che, ancora una volta, sembrava essersi impegnato a prenderla a schiaffi. Ciò non di meno, il suo raziocinio la obbligò a elaborare quel lutto in maniera differente e, in questo, a mantenersi lucida e concentrata sul presente e su quanto, allora, avrebbe avuto a dover spiegare al mondo.
In ciò, pertanto, ella iniziò a illustrare, con dovizia di dettaglio, quanto accadutole. Ossia che una donna sulla quarantina, presentatasi con il nome di Midda Namile Bontor, aveva fatto irruzione nel suo appartamento delirando nel merito di una qualche fantascientifica minaccia alla sua vita, motivo per il quale ella avrebbe avuto a doverla seguire. Chiamata la polizia, però, prima che qualcuno potesse intervenire in suo soccorso, un altro individuo, sconosciuto, si era presentato alla soglia del suo appartamento e aveva ingaggiato con la prima intrusa un violento confronto. Confronto nel merito dello sviluppo del quale ella aveva ricordi confusi e che, pur, alla fine, si era concluso con un osceno cumulo di sangue, carne e ossa sul suo pavimento. Spaventata, Maddie aveva allora seguito Midda, in un’improvvisata fuga da casa senza una meta precisa. E lì, ancora, i suoi ricordi tornavano a farsi confusi, giacché, alla fine, quella notte, si era ritrovata sola e dispersa in mare, a una distanza imprecisata dalla costa.
Pur non formalmente accusata di alcun crimine, e pur coinvolta come persona informata sui fatti in un’inchiesta per omicidio, alla prima deposizione, nei giorni seguenti, ebbero a seguirne alcune altre, di volta in volta con investigatori o inquirenti diversi, e persino un paio di dottori intenti, allora, a eseguire una valutazione psichiatrica nel merito di quelle sue affermazioni. Un periodo di convalescenza ospedaliera, quindi, per lei tutt’altro che riposante, benché il momento forse più complesso fu quello in cui, il giorno stesso del suo risveglio in quella camera, sulla soglia della stessa ebbe a veder comparire le figure di suo padre e di sua sorella, i visi dei quali, in maniera straordinariamente trasparente, ebbero a trasmetterle tutta la pena, l’angoscia vissuta in quei giorni, pur, fortunatamente, alfine mitigata dal sollievo nel ritrovarla lì, obiettivamente sana e salva.
Anche innanzi alla sua famiglia, ovviamente, la giovane ebbe a dover rievocare, ancora una volta, le dinamiche degli accadimenti occorsi in quei giorni. E anche innanzi a loro, Maddie decise di mantenersi coerente con la prima deposizione, con la prima versione dei fatti, conscia di non potersi permettere di parlare di versioni alternative provenienti da universi paralleli, di morbi cnidariani, di gargolle, o di incomprensibili entità primordiali alla base della Creazione. Ancor prima di essere sottoposta al colloquio con gli strizzacervelli, ella era già perfettamente consapevole di quanto, probabilmente, il suo profilo psichiatrico sarebbe stato compromesso da ciò che già aveva deciso di accettare il rischio di condividere, non potendosi permettere di simulare un’allora troppo comoda amnesia complessiva in merito ai fatti collegati alla sua scomparsa: riservarsi l’opportunità di raccontare di più a riguardo, fosse anche soltanto alla propria famiglia, l’avrebbe ineluttabilmente condannata a una vita sotto psicofarmaci, nel ritrovarsi a essere considerata definitivamente impazzita.
A suo padre e a sua sorella, comunque, di spiegazioni dettagliate nel merito di quanto fosse accaduto, non interessava obiettivamente granché: entrambi, allora, così come nei giorni successivi, ebbero a considerarsi sufficientemente appagati, nelle proprie preghiere, dall’averla ritrovata, dal poterla ancora abbracciare, considerando qualunque ulteriore particolare pari a semplice rumore di fondo. E l’unica preoccupazione che, ancora, avrebbero potuto evidenziare qual propria, avrebbe avuto a doversi considerare semplicemente rivolta alla data in cui, finalmente, avrebbero potuto riportarla a casa.

Passarono quasi dieci giorni prima che gli inquirenti, i medici, chirurghi e psichiatrici, potessero dirsi tutti sufficientemente soddisfatti dal consentirle di lasciare l’ospedale, per poter essere riaccompagnata verso la sua città natale.
Un traguardo che giunse accompagnato da una vasta serie di primi risultati, di prime perizie, alla luce delle quali ella venne considerata qual vittima di un violento esaurimento nervoso, supposto qual conseguente al trauma dell’osceno, e ancor non meglio compreso nelle proprie effettive dinamiche, omicidio consumatosi innanzi ai suoi occhi, a seguito del quale ella aveva accettato di seguire la propria rapitrice, senza neppure realmente considerarla qual tale, forse in conseguenza agli effetti della comunemente nota sindrome di Stoccolma… benché, a tal riguardo, fossero stati richiesti ulteriori accertamenti. Un traguardo, quindi, più simile a una sconfitta che a una vittoria, che fu reso persino ridicolo nella propria occorrenza nel momento in cui ella scoprì che quella riacquistata libertà avrebbe avuto a doversi considerare vincolata, in verità, alla propria permanenza nella casa paterna, risultando il primo ancora sotto sequestro giudiziario fino a quando il fascicolo concernente l’indagine in corso non fosse stato chiuso.
Tornata nella casa della sua infanzia, considerata sostanzialmente instabile a livello mentale, e così lontana da quell’avventurosa realtà che aveva fugacemente potuto esplorare in compagnia di una donna la cui esistenza avrebbe avuto a doversi considerare persino impossibile; Maddie avrebbe potuto considerarsi, allora, sì prossima a un esaurimento, soprattutto ove ancora un altro, e non piacevole, aspetto della sua passata quotidianità avrebbe avuto a dover essere ripristinato, nel suo ritorno al lavoro…

lunedì 30 gennaio 2017

RM 029


Parole cariche di speranza, quelle che la donna indirizzò alla volta della propria versione più giovane, e che pur non sembrarono riuscire a sortire l’effetto desiderato, giacché, al contrario, si imposero alla sua attenzione, nella sua mente e sul suo cuore come l’ultima cosa che avrebbe avuto desiderio di ascoltare in quel momento…

« Come potrei tornare a vivere la mia vecchia vita dopo questi giorni insieme a te…? » domandò Maddie, dimostrandosi a dir poco terrorizzata all’idea « Anche ammettendo che non vi avranno a essere delle conseguenze per tutto quello che è accaduto, per l’omicidio consumato nel mio appartamento, per l’ansia e l’angoscia che ho imposto ai miei cari, e per quanto, probabilmente, ancora avrà a dover accadere… come potrò tornare a quella che era la mia quotidianità nella consapevolezza di quanto c’è qui fuori? Morbi mutageni, gargolle, entità primordiali di creazione e distruzione… e cos’altro? Come potrò far finta di nulla al pensiero che esistono altri universi oltre al mio e che, in fondo, ogni obiettivo che mi sono mai data nella mia vita è quanto di più sciocco avrei mai potuto compiere…? »
« Davvero credi a quello che stai dicendo…? » replicò la mercenaria, arrestandosi di colpo e voltandosi verso di lei, con un misto fra sorpresa e contrarietà a quell’affermazione tanto impietosa, a quel giudizio così negativo nei riguardi della sua stessa esistenza « Per… quanto? Trent’anni?... hai vissuto la tua vita con impegno, con passione, lottando ogni giorno per conquistare ciò che hai, per difendere ciò che ti è caro, e, improvvisamente, per te, tutto ha perso a tal punto di significato?! » incalzò, scuotendo il capo « No… Maddie. Non farlo. Non credere che tutto ciò che hai non sia sufficiente. » negò fermamente « Troppe di noi hanno commesso questo errore. Troppe delle nostre vite sono state rovinate dalla bramosia di ricercar ventura in imprese oltre ogni umano limite… in sfide al di là della nostra stessa comprensione. E cosa credi che tutte noi abbiamo ottenuto in questo? »
« … la vostra libertà?! » suggerì, nel sentirsi sinceramente intrappolata nella propria stessa vita, probabilmente nell’essersi sempre sentita tale e, posta di fronte a lei, nell’avvertire finalmente una possibilità di cambiamento, un’occasione per divenire chi avrebbe realmente dovuto essere.
« La nostra condanna. » quasi ebbe a gridare Midda Bontor, in replica a quella tanto sciocca e superficiale asserzione « Io ho perduto la mia famiglia. Due volte! »
« Due volte…? » ripeté, non comprendendo.
« Sì… perché ancor prima di ritrovarmi a scegliere di abbandonare mio marito e i miei figli, per imbarcarmi in questa avventura interdimensionale, già molti anni fa avevo commesso un simile errore e, in quell’occasione, senza neppure poter addurre la necessità di porre rimedio ai miei sbagli. » asserì, oltremodo seria, ben più di quanto, sino a quel momento, la giovane non avrebbe potuto affermare di averla vista « Ero poco più di una bambina quando ho deciso di abbandonare la casa dove ero cresciuta, la mia famiglia, mio padre, mia madre e la mia gemella, per inseguire il sogno dell’avventura, il desiderio di poter vivere una vita diversa da quella che, entro i tranquilli confini della mia isoletta, sarei stata destinata a trascorrere. E quella scelta, quella decisione che presi, scappando dalla mia camera di notte, con il favore delle tenebre, come l’ultimo dei ladri, e salendo clandestina a bordo della prima nave che ebbi occasione di incrociare, non influenzò soltanto la mia vita… ma la vita di molte altre persone attorno a me: mia madre, che morì di malattia senza mai sapere che fine potessi aver fatto; mia sorella, che nel sentirsi tradita, abbandonata, esclusa dal mio cuore, ebbe a votarsi alla vendetta, un veleno che segnò la sua intera esistenza conducendola lungo strade che, altrimenti, mai le sarebbero state proprie; e mio padre, il quale ebbe più di tutti a vivere, giorno dopo giorno, la scomparsa di tutta la sua famiglia, di tutto il sogno della sua vita, senza neppure comprenderne effettivamente le ragioni! »

Maddie preferì allora tacere, nel non aver cuore di insistere nelle proprie posizioni benché, in un inedito moto di egoismo da parte del suo cuore, del suo animo che in quegli ultimi trent’anni si era votato a compiere solo quanto avrebbe potuto essere il meglio per i suoi cari, non ebbe a trovare ragione di condanna nella scelta compiuta dalla propria versione più matura. Al contrario, dominata da emozioni, da desideri e brame che nel corso della sua intera esistenza aveva sempre posto a tacere, generando nel profondo del suo animo solo un senso di mancato appagamento, di frustrazione per tutto quello che avrebbe voluto poter chiedere e che, mai, si era osata, nell’ombra della tragedia che l’aveva privata di una madre e drammaticamente aveva segnato il presente e l’avvenire della sua gemella; ella non poté che ammirare, nuovamente, le scelte compiute dalla propria interlocutrice, quelle decisioni che l’altra sembrava voler condannare a errori imperdonabili e che, pur, le avevano permesso di vivere al pieno ogni giorno della propria esistenza, così come mai, al contrario, la giovane aveva osato ipotizzare di poter compiere.
E Midda Bontor, Figlia di Marr’Mahew, Campionessa di Kriarya, donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione, non poté equivocare in alcun modo i pensieri della propria versione più giovane in quel momento. Dopotutto… loro erano la stessa persona.

« Ho commesso un grave errore a entrare nella tua vita… » sospirò con malinconia, mordicchiandosi il labbro inferiore con rammarico per l’ennesimo errore compiuto nel relazionarsi a un’altra Madailéin Mont-d'Orb « Avrei dovuto capire che, in fondo, tutte noi siamo troppo sciocche per poter rinunciare a questo genere di vita, anche nel momento in cui mai avremmo potuto immaginare di poterla vivere. » ammise, rispecchiando i propri occhi color ghiaccio in quelli della sua interlocutrice, in essi, proprio malgrado, or trovando uno spirito, un animo ben diverso rispetto a quello che, pochi giorni prima, aveva avuto occasione di cogliere e, persino, di compatire, quell’ingenuità, quella infantile ignoranza che aveva giudicato essere per lei un difetto, quasi una colpa, e che pur, di fronte all’evoluzione propostale, ebbe a rimpiangere, nella timore, prossimo a certezza, di aver lavorato più al fine di distruggere la vita di quella giovane ancor prima che nella possibilità di salvarla « Perdonami… »
« Io non ti devo perdonare di nulla… al contrario! » escluse l’altra, scuotendo vigorosamente il capo, non comprendendo le ragioni di tanto disappunto da parte della propria maestra d’arme che, altresì, avrebbe atteso come entusiasta per la consapevolezza a cui, finalmente, era giunta « Tu mi hai aperto gli occhi e io… »
Ma la prima non le concesse l’opportunità di proseguire in quella direzione, interrompendola con una nuova richiesta di scuse, accompagnata da un movimento del proprio sguardo verso il basso, abbandonando gli occhi di lei e scendendo in direzione del suo ventre: « Perdonami davvero… e dimenticami, se puoi! »

E, anticipando qualunque nuova possibilità di replica, Midda agì. E agì sferrando un potente colpo con il proprio pugno sinistro, diretto all’altezza del diaframma di Maddie, la quale non ebbe alcuna possibilità, alcuna speranza di ovviare a quell’aggressione e la quale, addirittura, non ebbe quasi neppure il tempo di comprendere cosa stesse accadendo, prima di accasciarsi, fra le braccia della propria interlocutrice, privata di ogni possibilità di respiro e, con essa, di quel barlume di consapevolezza di sé al quale, con straordinario sforzo di volontà, si stava aggrappando fin dal momento in cui erano riemerse dalle acque del mare.
Solo un pensiero ebbe a dominare la mente dell’allieva tradita, dell’apprendista rinnegata, mentre l’oscurità tornava ad avvolgere, lenta e pur inesorabile, la sua coscienza, verso l’ennesima perdita dei sensi, in quell’occasione non colpa della sua debolezza, non conseguenza di un suo limite, quanto e piuttosto espressione di una violenta imposizione di volontà da parte della compagna, della maestra d’arme, della mentore alla quale si era affidata…

“Non… lasciarmi…”

domenica 29 gennaio 2017

RM 028


Alla coppia di donne furono necessarie diverse ore prima di raggiungere di nuovo la terraferma. Una stima, a posteriori, suggerì a Maddie che, probabilmente, erano state in mare ben oltre sei ore. Anche se, francamente, a lei sembrarono persino più dei doppio, in quello che, sinceramente, ebbe a considerare un allenamento ancora più intenso e massacrante rispetto agli esercizi contro il manganello.
Alla fine, quando le sue mani ebbero occasione di un primo contatto con la sabbia sotto di lei, lasciandole intendere al di là d’ogni possibile dubbio di essere giunta a destinazione, ella si rese conto di avere dolore a muscoli che, prima di quel giorno, non avrebbe neppure saputo vantare di possedere. E la stanchezza fisica fu tale, persino, da farle del tutto dimenticare la condizione nella quale, ormai da troppo tempo, avevano riversato le sue spalle.
Fu un commento della sua compagna, infatti, a ricondurne l’attenzione in tal direzione.

« Troviamo un posto riparato dove poterci scaldare, asciugare e, magari, gettare un occhio anche alla condizione delle tue spalle… » pianificò Midda, ancora una volta dimostrando di riuscire a mantenere la mente estremamente lucida al di là della stanchezza fisica che, anche per lei, non avrebbe avuto a doversi considerare comunque ininfluente « Anche se, dopo tutte queste ore in mare, credo che il rischio di un’infezione possa essere comunque minimo. »

Troppo stanca anche per parlare, la giovane si limitò ad annuire, ovviando a spendere le proprie energie in futili commenti ironici qual, pur, in altre condizioni, non si sarebbe probabilmente risparmiata. Non riuscendo, infatti, a dimenticare come, negli ultimi giorni, svenire fosse divenuto per lei una sgradevole abitudine, ella desiderava, almeno in quella situazione, riuscire a dimostrarsi degna della propria versione più matura, mantenendosi lucida quanto sufficiente per giungere, ancora cosciente, al momento in cui anche l’altra avrebbe annunciato la possibilità di riservarsi un’occasione di riposo.
In quel momento, in quella condizione, mentre con muscoli dolenti e movimenti meccanici, si apprestava a seguire la propria maestra d’arme ove ella avrebbe giudicato opportuno, ella avrebbe probabilmente riso di se stessa se solo si fosse rammentata di quanto accaduto in ufficio meno di una settimana prima e di quanto persino infantili avrebbero avuto a doversi considerare le sue preoccupazioni, in quel mentre, ove confrontate con quanto altresì avrebbe avuto a riconoscersi caratterizzante la vita della mercenaria, per così come tanto chiaramente illustrato dai pochi, e pur già significativi, esempi pratici, a lei fino a quel momento offerti. Ciò senza prendere in considerazione tutto quello che avrebbe ancora potuto avvenire.
Tali ipotetiche riflessioni, comunque, non ebbero allora a cogliere Madailéin. E non, tanto, per la stanchezza, per il dolore, o per altre concrete motivazioni fisiche, quanto, e piuttosto, perché ogni istante che ella trascorreva accanto a Midda Bontor sembrava allontanarla sempre di più da quella che era stata, un tempo, la sua quotidianità, lasciandone apparire il ricordo lontano quasi sfocato, simile a frammenti di un sogno perduti al momento del risveglio. Tuttavia, nell’assurdità di quanto le stava accadendo in quel frangente, quello che ella stava lì vivendo avrebbe avuto più ragioni per essere accomunato a un bizzarro prodotto onirico, benché tutte le membra del suo corpo stessero gridando all’unisono la propria pena, a ricordarle quanto comunque reale tutto ciò avrebbe avuto a dover essere considerato.
E in tale smarrimento emotivo, per la prima volta da quando tutto quello aveva avuto inizio, per la prima volta da quando ella aveva rimesso piede nel proprio appartamento ritrovandosi assalita da una donna a lei straordinariamente simile, per quanto incredibilmente diversa, Maddie si ritrovò a domandarsi se mai, tutto ciò, avrebbe potuto avere una conclusione e, soprattutto, qual genere di conclusione avrebbe potuto essere.

« Midda…? » richiamò l’attenzione della propria compagna con un lieve sussurro, continuando a seguirla.
« Dimmi. » la invitò a esprimersi l’altra, con tono, come di consueto, più che disponibile nei suoi confronti, non essendosi, comunque, mai sottratta all’eventualità di un dialogo con lei.
« Quando eravamo ancora nel mio appartamento, poco prima che quel mostro suonasse alla mia porta dando il via a tutto questo delirio… mi stavi parlando di un marito, e di figli, che hai lasciato nella tua dimensione d’origine, quando hai deciso di inseguire la regina Anmel attraverso le dimensioni. » si ricordò, un dettaglio che le sue orecchie avevano sentito e ascoltato, per quanto, poi, la sua mente non avesse immediatamente elaborato la questione sotto ogni aspetto, anche in conseguenza a quello stesso delirio da lei citato « Ho capito bene…? »
« Sì. » confermò, con voce appena più grave, la donna, non riuscendo a celare completamente, come forse avrebbe preferito dimostrarsi di essere in grado di fare, tutta la propria pena, e tutta la propria nostalgia, per ciò che aveva lasciato alle proprie spalle « All’origine di ogni cosa, nel mio mondo, nella mia realtà, identifichiamo due principi fondamentali e fra loro complementari, l’esistenza dei quali è alla base stessa di tutto ciò che è mai esistito, esiste e mai esisterà, a cui abbiamo dato i nomi di Portatrice di Luce e di Oscura Mietitrice. » premise, subito continuando « Nel corso della mia vita io sono riuscita a incrociare il mio cammino con le personificazioni di entrambe queste entità: il principio della vita e dell’ordine, la fenice, e il principio della morte e del caos, Anmel. E, paradossalmente, la prima volta, con entrambe, ho commesso un madornale errore: ho cercato di uccidere la fenice e, come ti ho già accennato, ho involontariamente liberato l’essenza di Anmel dalla prigione entro la quale era stata relegata per innumerevoli secoli. »
« … accidenti… » non poté evitare di commentare Maddie, sorpresa da quella che, con il senno di poi, facile avrebbe avuto a doversi considerare una spiacevole sequenza di errori e che pur, voleva credere, all’epoca in cui erano stati commessi, probabilmente erano stati motivati da ragioni che, in quel rapido riassunto, stavano necessariamente finendo trascurate.
« Già. Accidenti… » annuì la mercenaria, non potendo darle torto « Mio malgrado, non per una qualche predestinazione, ma in sola conseguenza alle mie azioni, mi sono ritrovata al centro di un conflitto iniziato prima ancora della stessa Creazione… un conflitto del quale, purtroppo, ho alterato i delicati equilibri nel momento in cui, appunto, ho permesso a un’incarnazione dell’Oscura Mietitrice di tornare libera. E, posta di fronte alle responsabilità di quanto ho inavvertitamente compiuto, non ho potuto fare altro che accettare di collaborare con la Portatrice di Luce, con la fenice, per ristabilire l’equilibrio infranto. » asserì, concedendosi poi un profondo sospiro « Anche ove questo avrebbe potuto significare rinunciare alla mia famiglia… »
« Ma… tu li rivedrai un giorno, no? » domandò la prima, con un’ingenuità che apparve palese in maniera imbarazzante anche a lei e che, pur, in quel momento sentì di doversi concedere, nella ricerca di una qualche luce di speranza in tutto ciò « Quando, alla fine, sconfiggerai Anmel, potrai tornare a casa… »
« … quando? » ripeté, senza aggiungere altro al di fuori di quell’avverbio, laddove ogni risposta, in fondo, avrebbe avuto a doversi considerare già espressa in quella retorica formulazione.

La giovane dai capelli color del fuoco si impose un momento di silenzio, nella volontà di rispettare il personale dramma della propria interlocutrice, non insistendo immediatamente nell’esprimere, altresì, un altro interrogativo, l’ostinazione del quale, nella sua mente, l’aveva condotta alla ricerca di quel momento di confronto con lei.
E quando, dopo appena un minuto, il tacere divenne per lei insopportabile, tornò a volgersi alla propria mentore nella speranza di poter ottenere da lei una qualche rassicurazione…

« E io…? » chiese, con un filo di voce « Questa è ora la mia vita…? Mi sarà mai concesso di poter tornare a casa, dalla mia famiglia…? »
« E’ quello che spero. » rispose la Figlia di Marr’Mahew, esprimendosi con assoluta sincerità « E’ il motivo per cui ti ho cercata… per cui sono entrata a far parte della tua vita, chiedendoti di fidarti di me e di seguirmi. » argomentò, rievocando tematiche, in fondo già affrontate « Non appena Anmel sarà ripartita, tu potrai tornare al tuo mondo, alla tua quotidianità: questo è un mio fardello… e non desidero che altri abbiano a soffrire per esso. »

sabato 28 gennaio 2017

RM 027


« Credo proprio che tu e io si abbia due interpretazioni leggermente discordanti del termine “piacevolezza”… » sospirò l’apprendista, scuotendo appena il capo nel ritrovarsi in palese disaccordo con l’entusiasmo suggeritole.

Diversamente dalla propria versione matura, la quale avrebbe potuto vantare una lunga genealogia di marinai e pescatori, motivo per il quale, non a caso, sua dea prediletta, Thyres, altro non avrebbe avuto a dover essere riconosciuta se non la personificazione stessa di quel vasto dominio; Madailéin non avrebbe avuto particolari motivazioni per sentirsi affettuosamente legata al mare.
Nata e cresciuta nell’entroterra, ella avrebbe per lo più potuto vantare una certa conoscenza, difficilmente considerabile amicizia, con le montagne poco distanti dalla sua città, e sulle quali, soprattutto in età infantile, aveva avuto occasione di trascorrere qualche piacevole pomeriggio in compagnia della sua famiglia. Il mare, al contrario, avrebbe avuto a dover essere considerato, per lei, qualcosa di più estraneo, di più distante e, per lo più, uno scenario di fondo ancor prima che un reale protagonista della propria vita: piacevole meta per le vacanze estive, il suo concetto di mare era sempre stato, per lo più, collegato a quello di spiaggia, sdraio, lettini, stuoie e ombrelloni, con, di tanto in tanto, qualche tentativo di quieta passeggiata lungo il bagnasciuga, idea potenzialmente rilassante e rasserenante, ma, nella realtà, costante sfida fra fastidiosi e generalmente invadenti ragazzotti intenti a giocare con i racchettoni, fradici cani di varie dimensioni intenti a scrollarsi l’acqua dal corpo, e qualche medusa arenata a cui prestare attenzione nel non volersi ritrovare costretta a sentirsi ripetere che l’unico modo per alleviare il bruciore sarebbe stato quello di orinarsi sul piede. Tale era la sua idea di mare, escludendo da essa il mare stesso, entro i confini del quale poche, pochissime volte si era sospinta, per lo più al fine di rinfrescare un po’ la propria pelle, tanto candida e così incredibilmente refrattaria al sole da non averle mai concesso neppure una vaga ombra di abbronzatura, regalandole, tutt’al più, qualche sporadica e fastidiosa insolazione.
Non che ella non sapesse nuotare, o avesse timore di farlo: Maddie, in verità, era sempre stata un’ottima nuotatrice e, se solo avesse avuto desiderio, un tempo avrebbe anche potuto ipotizzare, e senza particolare sforzo di immaginazione, una qualche carriera agonistica in tal senso. Ma la vita, e le tragedie che ne avevano contraddistinto gli anni più innocenti, non le avevano concesso possibilità di lasciarsi affascinare da un certo genere di sogni, motivo per il quale, come molte altre sue potenziali passioni, anche il nuovo era stato presto dimenticato.
Per sua fortuna, comunque, anche nuotare avrebbe avuto a dover rientrare in quel lungo annovero di tecniche che, laddove apprese, non sarebbero facilmente state dimenticate. E così, in quella sera, con quattro panini kebab completi di tutto, una porzione di patatine e due birre a pesarle sullo stomaco, da cui il rischio, non secondario, di poter essere colta da un momento all’altro da una qualche congestione, nonché con due serie complete di perforazioni da artigli attorno alle spalle, a dolerle a ogni movimento delle proprie braccia, alla giovane dai capelli color del fuoco sembrò essere concessa la possibilità di recuperare, tutto d’un colpo, il tempo che non aveva mai dedicato al nuoto.

« Come fai a essere sicura che stiamo andando nella giusta direzione? » questionò dopo neppure un quarto d’ora, non tanto nel desiderio di manifestare critica nei confronti della propria mentore, quanto, e piuttosto, nella speranza che ella potesse decidere di rallentare, o magari, frenarsi, nel potersi già considerare stanca.
« Per quanto sia notte, in questo tuo mondo, in questa tua realtà, vi è così tanta luce da non permettere neppure alle ore che più di tutte avrebbero a dover rappresentare il trionfo dell’oscurità di considerarsi veramente tali… » rispose l’interrogata, senza né fermarsi, né parimenti rallentare nella movimento cadenzato delle proprie braccia fra le acque attorno a loro, pur continuando, sporadicamente, a voltarsi verso di lei, nella volontà di assicurarsi che l’altra le fosse ancor prossima, non desiderando distanziarla o, peggio, rischiare di perderla « Davvero non riesci a vederla…? »
« Vedere cosa…? » domandò la prima, sincera nel proprio smarrimento, i cui occhi a stento avevano successo nel distinguere la sagoma dell’interlocutrice, fra le tenebre e le curve del mare « Fra il buio nel quale siamo immerse e le onde che, imperterrite, mi assalgono a ogni bracciata, è già un successo miracoloso, per me, il fatto che stia riuscendo a seguirti! »
« L’orizzonte è tanto fulgido, in direzione della costa, da apparire prossimo all’aurora, benché ancora parecchie ore ci separino dal sorgere del sole! » indicò la mercenaria, dritto davanti a loro, quello che, in termini più moderni, qualcuno avrebbe avuto a indicare qual inquinamento luminoso « E, comunque, non ti lamentare… » ebbe a spronarla poi, in relazione all’ultima asserzione rivoltale « Il mare, stasera, è così calmo che potrebbe sembrar un lago. » sottolineò, non celando l’evidente ostilità verso l’acqua dolce, con la quale, a differenza di quella in cui erano allora immerse, non avrebbe potuto vantare un qualche sentimento di unione sororale. 
« Anche sul tuo concetto di calma, sinceramente, potremmo avere di che disquisire. » desiderò puntualizzare la giovane, prestando attenzione a non ritrovarsi, ancora una volta, a inghiottire inavvertitamente della fin troppo sapida acqua, nell’agguato di una qualche piccola onda anomala.

Disappunto, in verità, allor realmente gratuito, quello nel quale ella volle impegnarsi, dal momento in cui, obiettivamente, il mare attorno a loro avrebbe potuto apparire persino in bonaccia, tanto minima avrebbe avuto a doversi riconoscere la presenza di moto ondoso.

« Una volta ho preso con me uno scudiero, sai? » rievocò la donna guerriero, voltandosi verso di lei per parlarle e, pur, non smettendo di muoversi, nel proseguire a nuotare sul dorso « Era un giovane strano… l’ultima persona che mai avrei potuto supporre avrebbe avuto le qualità per starmi dietro ma, ciò nonostante, tanto cocciuto, tanto testardo nel suo proposito da essersi guadagnato quell’opportunità. A tratti me lo ricordi… soprattutto quando ti impegni a far apparire straordinario quanto è assolutamente consueto. »
« Non hai mai preso in considerazione l’idea che, forse, possa essere tu a far apparire consueto quanto è altresì assolutamente straordinario? » sembrò volerla provocare Maddie, benché, palesemente, alla base di quel commento incontestabile avrebbe avuto a dover essere riconosciuta l’ammirazione rivolta verso colei riconosciuta non soltanto qual migliore di sé, ma qual una versione migliore di sé… alla quale, quindi, aver brama di tendere, non nel desiderio di negare il proprio io, quanto nella volontà di ampliarne le possibilità e, soprattutto, di completarsi, non diversamente da quanto un baco avrebbe potuto probabilmente provare innanzi all’immagine di una farfalla.

Midda comprese le reali emozioni della propria interlocutrice e, per questo, non volle rischiare di apparire arrogante o presuntuosa verso di lei, lasciando quindi cadere nel nulla quella provocazione e, limitandosi, dopo un istante di silenzio, a voltarsi, per riprendere a scrutare, innanzi a loro, le luci della costa, ancora troppo distanti per poter concedere alla sua nuova allieva una qualche occasione di riposo.
E Madailéin, dietro di lei, non senza un certo sforzo di concentrazione, ebbe finalmente a distinguere quel chiarore al quale, sino a quel momento, non aveva minimamente prestato attenzione e l’esistenza del quale, così indicatole, pur non avrebbe potuto minimamente negare. E in quell’inattesa manifestazione, ella non poté ovviare a cogliere un significato metaforico, in diretta connessione con quanto appena asserito: perché così come ai suoi occhi, abituatisi a quell’inquinamento luminoso, non sembravano essere neppure in grado di distinguerlo nel confronto con la reale oscurità della notte, probabilmente neppure la sua maestra d’arme, abituatasi a rendere possibile l’impossibile, avrebbe saputo riconoscersi in grado di distinguere la propria straordinarietà a confronto con l’ordinarietà del resto del mondo.

venerdì 27 gennaio 2017

RM 026


Suo malgrado, Madailéin non ebbe possibilità alcuna di ovviare a una nuova perdita di sensi, la terza in meno di ventiquattro ore. Per quanto, infatti, il suo spirito potesse voler realmente ricercare la battaglia, per quanto la sua mente desiderasse ardentemente mantenere coscienza e lucidità al fine di non sottrarsi a quella nuova prova, il suo corpo non si dimostrò pronto per lo scontro, non poté sopportare indifferente lo straziante dolore imposto da quegli osceni artigli di pietra. E, ancora una volta, fu la sua protettrice a doversi far carico della sopravvivenza di entrambe.
Come solo a posteriori la giovane ebbe occasione di ricostruire, non senza qualche difficoltà a rimettere insieme gli eventi, dopo che ella era già svenuta, sostanzialmente senza neppur rendersi conto di quanto stava avvenendo, Midda Bontor ebbe a dover pazientemente attendere fino a quando, sotto di loro, non ebbe a mostrarsi, insperato e ricolmo di promesse e speranze, il mare e, con esso, non soltanto quello che per la mercenaria, da sempre, avrebbe avuto a dover essere considerato, riconosciuto qual un elemento naturale, il proprio contesto natio, avendo ella addirittura imparato a nuotare ancor prima di apprendere a camminare, ma, anche e ancor più importante, la migliore occasione, per entrambe, di conquistarsi una possibilità di sopravvivenza, nonché la propria allor negata libertà. Per tal ragione, nell’ancor più completa mancanza di confidenza con i piani che la regina Anmel avrebbe potuto vantar qual propri nell’aver inviato quella gargolla a catturare la sua più giovane controparte, la donna guerriero prese la decisione di non permettere a qualunque strategia potesse essere in atto di giungere a compimento, interrompendo prematuramente il volo della creatura di pietra.
Una scelta, quella da lei resa propria, che ebbe a tradursi in realtà in termini, in verità, persino semplici, soprattutto rispetto a quanto impegno le era mai stato richiesto in passato in contrasto a quel genere di mostri, non avendo più, proprio malgrado, una spada con la quale impegnarsi in una qualsivoglia offensiva, e pur potendo allora vantare una risorsa che, un tempo, non le era propria e che, obiettivamente, mai avrebbe potuto immaginare avrebbe potuto appartenerle: il meraviglioso braccio artificiale che, in quell’ultima fase della propria vita, aveva non soltanto rimpiazzato l’originale arto perduto vent’anni prima ma, ancor meglio, aveva sostituito la protesi stregata che, per gli ultimi due decenni, si era sempre dimostrata, comunque, fedele compagna di ventura. Così armata, pertanto, la Figlia di Marr’Mahew ebbe semplicemente, avverbio l’impiego del quale qualcuno avrebbe potuto suggerire, a doversi inerpicare lungo il corpo privo di sensi della sua protetta, raggiungere la gargolla e, alla fine, menare il colpo di grazia, da lei condotto a segno con sufficiente potenza non soltanto da interrompere bruscamente il volo della creatura ma, addirittura, da frantumarla in misura tale da non permetterle altro destino se non quello di precipitare, in dozzine di pezzi di varia misura, sino a ornare il fondale marino sotto di loro.
Un’azione che, obiettivamente, osservata da un punto di vista esterno, sarebbe risultata qual compiuta con estrema facilità dalla donna, con semplicità quasi elementare… se non che, al di là della straordinaria bravura che ella seppe dimostrare, il supposto osservatore non avrebbe dovuto trascurare l’evidenza della situazione nella quale, comunque, tutto quello ebbe ad avvenire, con la protagonista di tale successo precariamente appesa al corpo svenuto della sua giovane protetta, sballottata per aria in balia non soltanto del vento, ma, peggio, dei bruschi movimenti della loro rapitrice, di quella statua alata di pietra, animata in grazia a un potente incantesimo e, per suo tramite, pur resa in grado di volare quando, altrimenti, mai simile colosso avrebbe potuto distaccarsi da terra. Al di là, tuttavia, d’ogni difficoltà, di qualunque non banale ostacolo così postole innanzi, colei che era stata soprannominata qual figlia della dea della guerra, colei che aveva affrontato, nel corso della propria vita, un numero paradossalmente tendente all’infinito di insidie, di prove, di sfide, e che, alla fine della più importante battaglia della sua vita si era, comunque, rimessa in viaggio, per continuare a combattere quella devastante guerra anche al di fuori dei confini stessi della propria intera realtà, non avrebbe potuto giudicare qual impresa degna di nota quello tanto banalmente rappresentata da quella breve arrampicata e da ciò che ne conseguì.
Ragione per la quale, almeno in quell’occasione, tutto ebbe a svilupparsi e concludersi così come ella aveva desiderato, ritrovando ella stessa e la sua compagna a precipitare, da una trentina di metri d’altezza, verso il tiepido abbraccio delle acque… in un volo che pur avrebbe potuto condurre a uno sgradevole epilogo, a un devastante schianto su una superficie che non si sarebbe dimostrata molto più accogliente rispetto a nuda pietra, se soltanto, comunque, ella non avesse, in quel mentre, avuto occasione di muoversi in un ambiente a lei favorevole, per lei a dir poco domestico.
Midda Bontor, altresì, conosceva il mare. Da sempre aveva amato il mare. Era figlia del mare e, per molti anni, quand’ancora marinaio, prima di divenire mercenaria, ne era persino stata amante e sposa. E per quanto estranea avrebbe mai potuto sentirsi in quel mondo, mai avrebbe avuto motivo di considerarsi meno che ben accolta dalle sue acque, minimo comune denominatore di tutti gli universi che, sino a quel momento, aveva visitato. In ciò, quindi, il mare l’accolse: accolse lei e accolse la sua protetta, da lei stretta a sé nell’istante stesso dell’ingresso in acqua, allo scopo, nuovamente ribadito, ancora una volta enfatizzato, di custodirla, di assicurarne la sopravvivenza. E l’impatto che, quindi, avrebbe potuto ucciderle, ebbe alfine a tramutarsi, semplicemente, in un elegante tuffo fra le onde del mare, ed ebbe a essere assimilato, per la giovane donna dai capelli color del fuoco, qual il corrispettivo di una violenta sveglia...

« Diavoli dell’inferno! » esclamò Maddie, sbarrando gli occhi e annaspando in maniera persino confusa, non per una qualche incapacità a mantenersi a galla, quanto, e piuttosto, per l’inaspettato ritorno in sé, dopo un assolutamente non compreso, non avvertito, lungo momento di svenimento.
« Stai tranquilla… » le suggerì la sua maestra d’arme, sorridendole pacatamente, fradicia fino al midollo e, tuttavia, apparentemente persino rigenerata da quel ritorno, per lei, all’abbraccio della propria famiglia, della propria casa natale, qual non avrebbe potuto ovviare a riconoscere il mare attorno a lei « La gargolla è distrutta e noi siamo nuovamente libere. »
« Cosa è successo…? Come è successo…? » esitò la giovane, ancora confusa « Sono svenuta…? » ipotizzò, non senza un evidente nota di contrarietà nella propria voce all’idea, mal sopportando il pensiero di quella che, ormai sembrava, stesse diventando una spiacevole abitudine.
« Temo proprio di sì. » confermò la mercenaria, non desiderando tuttavia offrire particolare rilievo alla cosa, dal suo personale punto di vista totalmente priva di rilevanza al momento « Comunque non ti preoccupare… e non sentirti ferita nell’orgoglio: non meno di una decina di miglia ci separano dalla costa… e, nel riconquistare la terraferma, avrai occasione di dimostrare tutto il tuo valore. »
« … miglia? » esitò la prima, cercando di far mente locale nel merito della conversione fra quell’unità di misura e i chilometri, con i quali ella avrebbe avuto a doversi considerare più confidente, salvo poi darsi della sciocca nel non dimenticare l’origine della propria interlocutrice e, in essa, l’evidenza di quanto, al di là del comune termine, il suo concetto di miglio avrebbe potuto risultare decisamente diverso rispetto a quello inglese « Lascia stare… » scosse il capo, a considerare immediatamente chiusa la questione.

Benché la donna guerriero non avrebbe potuto intuire, allora, il processo mentale che, dal mal formulato interrogativo iniziale, aveva condotto sino a quella rapida conclusione, ella non volle approfondire, iniziando, altresì, a dare le prime bracciate di quella lunga nuotata che le avrebbe ricondotte alla terraferma.

« Andiamo, Maddie… » la invitò a seguirla, voltandosi appena verso di lei e, ciò non di meno, continuando a nuotare con persino maggiore naturalezza di quanto non avrebbe mai potuto dimostrare neppure passeggiando sul morbido suolo offerto da uno splendido prato verde « A quest’ora l’acqua conserva ancora il calore della giornata ma, presto, inizierà a raffreddarsi… e, allora, non sarà più così piacevole restare in ammollo. » commentò, con tono persino scherzoso, non offrendo comunque l’evidenza di alcun pericolo nel ritrovarsi a dieci miglia dalla costa, di notte, nel mezzo del nulla.

giovedì 26 gennaio 2017

RM 025


« … ah… interessante! » ironizzò la prima « Qualche altra buona notizia da darmi…? No… Perché in fondo la situazione attuale non è poi così adeguatamente rosea che, per l’appunto, potrebbe essere anche resa ancor più gradevole nel ritrovarsi faccia a faccia con un orda di zombie… di qualunque mondo essi siano. » argomentò, trattenendosi, alfine, dall’imprecare, più per rispetto nei confronti di qualunque divinità la stesse osservando in quel frangente, che per un qualche desiderio di reale moderazione verbale, soprattutto nel considerare le più che valide ragioni derivanti dalla propria attuale condizione e dl dolore che, ella sospettava e non avrebbe avuto motivo per sostenere il contrario, avrebbe fatto impazzire chiunque.
« La buona notizia è che siamo entrambe ancora vive… particolare non ovvio nel considerare come, ormai, qualche centinaio di piedi ci stiano separando da terra e che, se la gargolla lasciasse la presa, avremmo un ben diverso genere di problema da affrontare… » osservò la sua maestra d’arme, da lei in tal modo incitata, a dimostrazione di quanto, malgrado la situazione corrente, stesse comunque mantenendo un certo livello di controllo, in ciò volgendo maggiore attenzione ai fatti ancor prima che a superflue supposizioni.
« Perché ho più certezza che timore nel merito del fatto che proseguirai dicendo: “la cattiva notizia, d’altra parte…”? » continuò a parlare la giovane dai capelli color del fuoco, nel tentativo di mantenere la propria mente quanto più possibile distratta, addirittura estraniata rispetto ai messaggi violentemente trasmessi dal proprio stesso corpo, nell’ascolto dei quali, altresì, l’unico impegno che avrebbe potuto riservarsi sarebbe stato quello di mettersi a gridare, e a gridare a squarciagola.
« La cattiva notizia, d’altra parte, è che per questa stessa ragione non ci possiamo neppure permettere di aggredire la gargolla per convincerla a lasciare la presa… a meno che non abbia a considerarsi nostro desiderio quello di concludere in maniera prematura e decisamente impietosa il nostro cammino mortale. » proseguì, dando ragione, in ciò, alla propria interlocutrice, nel non costringerla ad attendere troppo per l’altra proverbiale faccia della medaglia, disgraziatamente negativa.

Un ragionamento assolutamente sensato, quello che venne avanzato dalla donna guerriero, e che pur non ebbe a compiacere, sotto alcun aspetto, la sua allieva, la quale, nell’avvertire persino le proprie stesse clavicole incrinarsi fra gli artigli di quel mostro, nonché le proprie carni lacerarsi ogni istante di più per effetto di quella presa, non avrebbe saputo francamente ipotizzare quanto, ancora, avrebbe potuto resistere in maniera cosciente a tutto quello. In confronto a tutto quello, fra l’altro, il dolore vissuto quella medesima mattina, la pena, nell’evadere dalla quale era addirittura svenuta, conseguente alla pregressa giornata di allenamento con la sua mentore, appariva forse un gradevole ricordo, soprattutto ove posto a paragone con quella novità, con il livello superiore, allora, appena raggiunto… e tale da imporre, addirittura, non semplice timore, ma palpabile terrore all’idea di quante, possibili, evoluzioni successive ancora avrebbero potuto attenderla in futuro.
Ciò non di meno, in quel pur agonizzante contesto, che difficilmente l’avrebbe lasciata priva di cicatrici e che, anzi, probabilmente avrebbe iniziato a caratterizzarla nel corpo al pari della propria versione più matura, scrivendo sulla sua pelle e nella sua carne un indelebile promemoria di quegli eventi, ella volle impegnarsi a tentare, a propria volta, di restare lucida, più nella certezza che, altrimenti, sarebbe svenuta e, probabilmente, morta, che non in un reale confronto con i propri limiti fisici, qual quello che, ella presumeva, l’altra avrebbe eventualmente saputo dimostrare a ruoli inversi. E per mantenersi cosciente, in grado di pensare e di agire, e agire quanto sufficiente, per lo meno, per parlare, giacché non appariva concessole alcuna altra alternativa, la giovane ostaggio indirizzò tutte le proprie energie proprio nella volontà di mantenere ancora attivo il canale di comunicazione verbale, con il quale tentare di distrarsi.

« In altre parole, siamo costrette a mantenere le cinture allacciate e i tavolini in posizione verticale fino al completamento delle operazioni di atterraggio… » scherzò, amaramente, paragonando l’attuale volo, sulle ali di una gargolla, con quello, indubbiamente più comodo e meno sanguinoso, del quale avrebbero potuto godere se solo fossero quindi state ospiti a bordo di un aereo « E, quindi, che tu lo possa apprezzare o no, ci è appena stata garantita anche la possibilità di perdere tempo in chiacchiere…. »
« Per quanto mi sfugga il senso di alcune battute… sì, credo proprio che tu abbia ragione. » confermò Midda, non cogliendo il riferimento all’aeroplano e, ciò non di meno, riuscendo a ben intendere che cosa stesse cercando di fare la giovane, nel voler continuare a parlare, al fine di mantenersi ancora cosciente, malgrado tutto « Approfittane pure per chiedermi ciò che desideri, pertanto! » le garantì, non volendosi negare un ruolo di supporto in tal senso.
« Iniziamo con le domande facili… » esordì quindi, costringendosi a stringere per un istante i denti nel soffocare, in tal maniera, un gemito « … il mostro che hai spiaccicato sul pavimento di casa mia: che cosa era? Lo hai chiamato in qualche modo, ma francamente non ricordo… »
« Quella creatura, e mi spiace di non essere stata abbastanza chiara a tal riguardo, suo malgrado era una vittima ancor prima che un mostro assetato di sangue e di morte. » premesse la mercenaria, non volendo offrire evidenza del benché minimo desiderio volto a sottrarsi da eventuali responsabilità sulla sua morte, su quello che, eventualmente, l’altra avrebbe potuto anche considerare un omicidio « Nello stesso universo in cui ho avuto in dono il mio nuovo braccio destro, la nostra versione locale si era ritrovata, insieme al resto dell’equipaggio di cui fa parte, a dover affrontare un intero villaggio vittima del morbo cnidariano… una sorta di parassita che, dopo aver sostanzialmente ucciso la mente dei propri ospiti, prende il controllo dei loro corpi e li muta in quell’orrore, animato dal semplice desiderio di sangue e di morte. Avversari piuttosto coriacei, nonché estremamente ostinati, per inciso, come hai potuto osservare in prima persona… »
« Quindi credi che la regina Anmel abbia portato con sé questo morbo, per usarlo come arma contro di noi? » domandò Maddie, più che soddisfatta del risultato sino a quel momento faticosamente conseguito, nell’essere riuscita, addirittura, a seguire per intero quella pur concisa spiegazione, in maniera tale che, sinceramente, non avrebbe mai avuto il coraggio di scommettere sarebbe stata in grado di compiere.
« Non avendo incontrato, a oggi, quel parassita in alcun altro universo, ritengo improbabile che possa essere autoctono del tuo mondo… e, in questo, sì, credo proprio che Anmel abbia voluto conservare qualche ricordino di quell’esperienza, per poterlo impiegare per i propri scopi. » confermò la Figlia di Marr’Mahew, cercando di celare, in tal senso, il proprio disappunto.

Disappunto, quello della donna guerriero, non banale nelle proprie reali motivazioni, giacché, se solo la loro avversaria avesse deciso di utilizzare quella terribile arma biologica allo scopo di contagiare una città di quel nuovo mondo, difficilmente la vita di quell’universo avrebbe potuto proseguire imperturbata dopo la sua visita. E, al di là dei modi forse irruenti, forse bruschi, sbrigativi e, a tratti, apparentemente disinteressati nei confronti delle conseguenze delle proprie azioni, Midda non aveva mai desiderato turbare il quieto vivere di una di quelle tanto bizzarre realtà, di una delle proprie tanto estranee versioni alternative, le quali, sì, certo, avrebbero potuto sicuramente vantare i propri problemi, le proprie piccole e grandi frustrazioni quotidiane, ma mai avrebbero avuto a dover scontare le colpe di uno stile di vita decisamente più movimentato, qual quello che lei, e molte altre a lei simili, avevano voluto abbracciare qual proprio.
Se le fosse stata concessa la possibilità di sfiorare, semplicemente, la quotidianità di Madailéin per preservarne l’esistenza in vita, senza pur comprometterla, senza influenzarla, ella non avrebbe saputo considerarsi più soddisfatta. Suo malgrado, ogni tentativo con altre sue pari, prima di quell’attuale universo, era fallito miseramente, motivo per il quale, non senza un forte rammarico, aveva iniziato a voler concedere, quantomeno, alle proprie altre inconsapevoli versioni, come quella alle caviglie della quale lì si stava saldamente afferrando, di potersi riservare fosse una sola possibilità di salvezza… e pur, comunque, una possibilità in più rispetto a quella che, altrimenti, sarebbe loro stata destinata.

mercoledì 25 gennaio 2017

RM 024


« Non credo che sia sciocca… » escluse la seconda, piegando appena il capo di lato, a meglio ponderare sulla questione, nel volerle concedere la massima attenzione e tutta la dovuta serietà, nel cogliere un riferimento così importante a riguardo « E, anzi… esprimerò subito un desiderio. »

Ovviamente il desiderio espresso dalla mercenaria fu rispettosamente mantenuto segreto. Ciò non di meno, laddove ella potesse aver intimamente richiesto che la serata proseguisse con la stessa tranquillità con la quale era appena iniziata, e che i giorni seguenti godessero ancora di una certa tregua generale, qual quella di cui, obiettivamente, avevano entrambe giovato nelle precedenti quarantotto ore; probabilmente la donna dagli occhi color ghiaccio e dai neri capelli corvini, avrebbe dovuto prestare maggiore concentrazione nella formulazione di tale desio, giacché, purtroppo per loro, a posteriori gli sviluppi di quella notte si sarebbero dimostrati drasticamente volti in una diversa direzione.
Dopo che Midda ebbe non solo scoperto, ma anche apprezzato i due panini kebab ordinati, e dopo che Maddie, dal canto suo, ebbe addirittura raddoppiato la richiesta, pur rinunciando alle cipolle dalla coppia successiva al fine, per dirlo con parole sue, di mantenersi leggera, entrambe le donne poterono dirsi più che appagate da quel loro primo, e unico, pasto della giornata, in misura tale da potersi concedere, quindi, di pagare il conto, rialzarsi e lasciare il locale con ritrovata serenità. Serenità che, per la giovane, ebbe allora a tradursi anche in un miscuglio di nostalgia e senso di colpa, al pensiero di non aver più offerto notizie di sé a suo padre e a sua sorella fin da un rapido messaggio vocale con il quale, due sere prima, aveva voluto assicurare di star bene e che, per un’urgenza imprevista di lavoro, avrebbe dovuto restare lontana da casa per qualche tempo, ritrovandosi anche a essere possibilmente priva di linea sul telefono cellulare.
Una decisione non semplice, quella che l’aveva in tal senso guidata, alimentata da un misto di timore e imbarazzo, nell’essere ben conscia di non poter offrire loro dettaglio alcuno di quanto stava accadendo e, al contempo, nel trovarsi altrettanto perfettamente consapevole che, dopo il disastro lasciato nel proprio appartamento, certamente la polizia non avrebbe mancato di coinvolgere la sua famiglia, nella volontà di ricostruire quanto lì occorso. In tutto ciò, non senza una certa vigliaccheria, ella aveva quindi condensato tutto ciò che avrebbe potuto dire ai suoi cari in meno di un minuto di messaggio registrato, che essi avrebbero avuto occasione di ascoltare solo quando ella, oltretutto, avrebbe spento il dispositivo mobile, rifiutando in tal maniera qualunque ulteriore possibilità di contatto.
Quarantotto ore dopo la propria fuga da casa, e quel conseguente messaggio, con la mente finalmente lucida per merito del lungo sonno e all’abbondante pasto, e in grazia di una ritrovata confidenza con se stessa, forse anche qual primo, transitorio risultato di quella folle avventura nella quale si era incamminata seguendo la propria nuova mentore; Madailéin iniziò ad avvertire la voce della propria coscienza suggerirle di riaccendere il telefono e, prima di ogni cosa, contattare suo padre, per non permettergli di essere ulteriormente in pensiero come, certamente, sarebbe allor stato. E quando, a tal riguardo, ebbe a interrogare la propria compagna, la donna guerriero non mancò di offrirle la propria opinione…

« Dopo tutto quello che è accaduto nel tuo appartamento, e dopo due giorni di silenzio, non credo che la tua famiglia riuscirà ad accontentarsi di una semplice telefonata… » osservò, con aria pacata, non tanto nella volontà di escludere quell’opportunità, quanto e piuttosto di avvertire la propria apprendista di quello che, probabilmente, l’avrebbe attesa « … ciò non di meno è la tua famiglia e, in questo, non meritano di permanere nel silenzio qual quello che, probabilmente, ora li sta assordando. » soggiunse, lasciando intendere quanto ella non stesse parlando in maniera del tutto ipotetica a tal riguardo, ma, piuttosto, per esperienza diretta e, probabilmente, per un negativo pregresso in ciò che, in tal maniera, sperava di poter evitare alla propria versione più giovane.
« D’accordo… lì chiamo. » annuì l’altra, accogliendo quel consiglio e, in ciò, subito recuperando il proprio telefono cellulare dalla borsa per riattivarlo.

Suo malgrado, al di là delle pur ottime intenzioni con le quali aveva voluto impegnarsi in quel tentativo di riconnessione con suo padre e sua sorella, Maddie fece appena in tempo a comporre il numero della casa della sua infanzia, a sentir il telefono squillare e a riconoscere la voce di suo padre intento a risponderle, che, spiacevolmente, il fato ebbe a voler imporre una diversa opinione a tal riguardo… e, per farlo, ebbe addirittura a coinvolgere il secondo mostro di quel nuovo capitolo della sua vita.
Ove, infatti, un istante prima la giovane aveva i piedi ben appoggiati a terra e il cellulare in mano, un attimo dopo si sentì artigliare violentemente le spalle e, di peso, sollevare verso il cielo, in un atto tanto violento e improvviso che, ineluttabilmente, ebbe a perdere la presa sul proprio telefono cellulare, nell’esatto istante in cui, dall’altra parte della linea, stava venendo scandito il suo nome con tono indubbiamente preoccupato: « Pronto…? Maddie, sei tu?! »

« Thyres! » ebbe fugace occasione di bestemmiare la Figlia di Marr’Mahew, colta, spiacevole ad ammettersi, del tutto alla sprovvista da quell’aggressione aerea a discapito della giovane, per non perdere la quale non poté allora riservarsi alternativa che compiere un rapido salto e aggrapparsi alle caviglie di lei prima che potesse essere troppo tardi « Questa era da un po’ che Anmel non la impiegava… » soggiunse poi, a denti stretti, maledicendosi, in cuor suo, per essersi fatta sorprendere in siffatta maniera.

E “questa”, nella fattispecie, non ebbe difficoltà a riconoscerla neppure la designata preda di quell’attacco. Giacché, per quanto priva della medesima confidenza con quel genere di situazioni altresì maturato dalla sua mentore, in misura tale da non sapere ancora, e malgrado tutto, cosa fosse stata la creatura che l’aveva sorpresa nel suo stesso appartamento; difficilmente ella avrebbe potuto ovviare a identificare la natura della grossa statua di pietra che l’aveva afferrata, con le proprie zampe inferiori artigliate, dolorosamente conficcando acuminate estremità nella sua carne, per trascinarla in alto, verso il cielo notturno, in grazia di due grandi ali, egualmente lapidee.
Così, sebbene incredula di ritrovarsi ad affermare qualcosa di simile, laddove, ascoltandosi, avrebbe preferito comunque prendersi per pazza piuttosto che ritrovarsi costretta ad accettare l’evidenza di quella realtà, non poté evitare un alto grido nell’esprimere tutto il proprio stupore: « E’ una gargolla! »

« Precisamente… » confermò la donna guerriero, ancora appesa alle sue caviglie, gravando con il proprio peso su di lei, e sulle sue già straziate spalle, e, ciò non di meno, quantomeno a lei ancora vicina, ancora unita, così come, fosse stato altrimenti, l’altra non avrebbe potuto sopportare avvenisse… non nel ritrovarsi, in caso contrario, sola ad affrontare qualcosa che, nel migliore dei casi, ella avrebbe potuto semplicemente classificare come mito « … e senza particolare sprezzo dell’originalità. » puntualizzò Midda, proseguendo e non sforzandosi di dissimulare, allora, una certa delusione nell’identificare quella tipologia di creatura qual avversaria « Diciamo che, insieme agli zombie, le gargolle sono un grande classico del repertorio della regina. »
« Zombie…?! » esclamò Maddie, sgranando gli occhi al solo pensiero « E quando pensavi di dirmelo…? Prima o dopo che l’epidemia fosse riuscita a spazzare via la mia civiltà…?! »
« Perché diamine tutte voi, quando dico la parola zombie, vi ritrovate a scandire la stessa, identica preoccupazione?! » replicò l’altra, ora addirittura sbuffando, in modo assolutamente trasparente, innanzi a una contestazione che, a intuire da quella questione retorica, doveva essere stata precedentemente formulata anche da altre loro versioni alternative, incontrate in mondi visitati prima di giungere a quello « Gli zombie del mio mondo non sono come quelli che sei abituata a vedere in televisione: non si riproducono tanto rapidamente e, soprattutto, non si fermano semplicemente sparandogli in testa… anzi… »

martedì 24 gennaio 2017

RM 023


E così fu. E per altre dodici ore Maddie cadde nuovamente addormentata, inizialmente forse persino svenuta in conseguenza al dolore provato, risvegliandosi soltanto al successivo calar delle tenebre, e solo nel momento in cui, dopo ventiquattro ore di immobilità in quel letto, altre necessità iniziarono a pretendere da lei doverose attenzioni.
Dopo una corsa in bagno, e dopo essersi adeguatamente reidratata, essendosi ritrovata con la bocca e la gola tanto aride da non riuscire neppure a scandire una parola, il passo successivo sarebbe stato quello di agguantare qualcosa da mangiare… se solo, dannazione, vi fosse stato qualcosa da mangiare lì attorno.

« Ho fame… » condivise con la propria mentore, quali proprie prime parole dopo il lungo giorno di riposo.
« Ben svegliata. » la salutò l’altra, annuendo, poi, a quella sua richiesta « Se te la senti di uscire di qui, possiamo andare a mangiare qualcosa. »
« Credo che sarò costretta a zoppicare, e a stare attenta a sedermi, ancora per qualche giorno… ma, in questo momento, ho appetito sufficiente a permettermi di affrontare anche una maratona, se necessario. » argomentò la giovane, offrendo riprova di saper porre le giuste priorità in corretta prospettiva « Quindi… andiamo! »

Un’affermazione, quella nella quale si dichiarò in siffatta maniera affamata, tanto enfatica nella propria stessa formulazione che, in altre circostanze, scandita da una voce diversa da quella, avrebbe potuto essere giudicata qual priva di reale fondamento e destinata a scemare in un semplice e consueto pasto. Tuttavia, Midda Bontor si conosceva abbastanza bene, e in questo sapeva di aver buone possibilità di conoscere altrettanto bene la sua interlocutrice, da garantirle sufficiente credibilità di fronte a quell’avviso, in misura tale da farla essere confidente del fatto che, se solo avesse avuto possibilità di approcciare a un paio di bistecche alte quattro dita, quasi sicuramente ne avrebbe ripulito le ossa con straordinaria perizia. E, dopotutto, anch’ella era a digiuno, sostanzialmente, da trentasei ore… motivo per il quale, potendo aggiungere a quelle due bistecche, un’altra coppia, probabilmente sarebbero state entrambe più che soddisfatte, davanti all’inevitabile sguardo attonito dell’oste di turno.
Saldato il conto dell’albergo, le due donne uscirono quindi in strada e non dovettero percorrere molti passi prima di raggiungere quella che, allo sguardo di Maddie, apparve simile a una visione paradisiaca, di fronte alla quale ebbe a considerarsi già pienamente soddisfatta nella propria ricerca di pietanze, al punto tale da trascinare, letteralmente, ancor più che metaforicamente, nell’afferrarla saldamente per un braccio, la sua compagna all’interno di quel piccolo locale. La Figlia di Marr’Mahew, dal canto suo, non oppose particolare resistenza, lasciandosi guidare dalla propria più giovane controparte verso il bancone dietro al quale giravano due grossi spiedi verticali, infilzati sui quali erano poste due grosse colonne di carne, il profumo delle quali, sinceramente, non le spiaceva…

« Salve! » esclamò, alla volta dell’uomo posto dietro al bancone, il quale fu subito attratto dalla coppia di donne probabilmente in conseguenza all’irruenza con la quale avevano fatto la propria apparizione davanti a lui « Due panini kebab, per me… per iniziare. » ordinò immediatamente Maddie, senza riservarsi un solo istante di esitazione « Conditi con tutto. E abbondante salsa piccante, per cortesia. »
« Due panini… solo per lei?! » esitò egli, aggrottando la fronte e cercando conferma, nel timore di aver frainteso quanto da lei richiesto « Esattamente… conditi con tutto e tanta salsa piccante, mi raccomando. »
« D’accordo. » annuì pertanto, accettando quella richiesta con tranquillità, laddove, in fondo, erano pur sempre clienti paganti e se desideravano mangiare il doppio, non avrebbe avuto certamente egli ragione alcuna di frenarle « E per lei, signora…? » rivolgendosi verso Midda, in sorridente attesa.
« … anche per me. » asserì la donna guerriero, a completamento dell’ordinazione.
« Quattro panini kebab. Con tutto e tanta salsa piccante. » concluse l’uomo, indicando poi loro un tavolinetto lì vicino nel quale accomodarsi, se ne avevano piacere « Vi porto anche qualcosa da bere…? »
« Per me una birra. » chiese la giovane dai capelli color del fuoco « Rossa se ce l’avete, altrimenti va bene anche bionda. Ah… e una porzione di patatine, per cortesia. »
« Io prendo dell’acqua, grazie. » soggiunse la mercenaria.
« Vi servo immediatamente. » concluse l’altro, mettendosi immediatamente all’opera.

Prestando attenzione a sedersi, più nel timore per il dolore che avrebbe potuto provare che, effettivamente, per qualche doloroso segnale proveniente dalle proprie parti basse, probabilmente meno lese di quanto non avrebbe potuto credere, Maddie volle ingannare l’attesa per il tanto agognato pasto, riflettendo nel merito della particolare richiesta formulata dalla compagna in merito al beveraggio scelto a completamento dell’ordine…

« Acqua…? » domandò pertanto, più per curiosità che per un qualche desiderio di critica verso di lei.
« Non mi fraintendere. » raccomandò la maestra d’arme, stringendosi fra le spalle « Una buona birra fa sempre piacere. Così come un bicchiere di vino… o altro. Ma, quando mi attendo l’eventualità di uno scontro, cerco di ovviare a tutto ciò che potrebbe offuscarmi i sensi… » spiegò, esprimendo quella massima di vita in grazia della quale, più di una volta, aveva avuto occasione di salvarsi la vita.
« Diamine… » esclamò l’altra, aggrottando la fronte, non senza una certa contrarietà per la precisazione riservatale « Non avrei mai pensato che la vita di un guerriero potesse essere così austera. »
« Meglio vivere una vita un po’ austera… che non avere una vita da vivere. » sorrise Midda, strizzando l’occhio sinistro con aria complice.

Meno di cinque minuti dopo, il tavolinetto al quale si erano accomodate, effettivamente di dimensioni minime, strabordava finalmente per le cibarie lì appoggiate e la giovane, senza fare complimenti, si fiondò immediatamente sul primo cartoccio argentato, aprendolo e, con palese voracità, azzannando il primo boccone. La sua commensale, dal canto proprio, approcciò la questione dimostrando meno familiarità e, anzi, non negandosi apparentemente una certa diffidenza, nel concedersi occasione prima di annusare il contenuto del panino e, solo successivamente, di mordicchiarne una piccola porzione, più con l’intento di assaggiarlo che, realmente, di mangiarlo.

« Qualcosa non va…? » domandò Maddie, cogliendone la cautela e, in questo, premurandosi che la sua ospite non fosse a disagio per qualsivoglia ragione.
« No no… » negò la donna, assaporando il primo boccone e, subito, lasciandone seguire un secondo, di porzioni maggiori « E’ che non ho mai mangiato questo… come lo hai chiamato? »
« Kebab. » ripeté la giovane, cercando di non palesare una certa sorpresa nel sentirla esprimersi in quella maniera a proposito della portata principale di quella loro cena, nell’essersi, per un fugace istante, di star interloquendo non tanto con una semplice amica, quanto con una propria versione alternativa, proveniente da un altro universo, caratterizzato sicuramente da così tante differenze in misura tale per cui l’assenza di quel particolare piatto non avrebbe avuto a potersi giudicare fra le più significative « Esprimi un desiderio, allora. » la invitò, sorridendo « E buon appetito! »
« Un desiderio…? » ripeté l’altra, senza comprendere.
« Era un’usanza di mia madre, e di mio nonno prima di lei… » spiegò la prima, con serenità, per quanto, riportare il pensiero alla madre perduta facesse ancora riaffiorare, nel suo cuore, un profondo senso di malinconia « Sosteneva che, la prima volta che si mangia qualcosa di nuovo, sia possibile esprimere un desiderio. Una cosa forse sciocca… lo so. Ma simpatica… »

lunedì 23 gennaio 2017

RM 022


Per Maddie, le dodici ore seguenti difficilmente avrebbero potuto essere aggiunte nell’annovero dei momenti più piacevoli della propria esistenza.
La giovane dai capelli color del fuoco ebbe, suo malgrado, a ritrovarsi letteralmente tempestata dai colpi inferti dal manganello della propria supposta maestra d’arme, per lo più rivolti sempre alle cosce, ai fianchi o ai glutei, in misura tale che, a metà giornata, iniziò a temere che, da quel giorno in avanti, avrebbe avuto seri problemi a sedersi. Ciò non di meno, ella non sollevò più alcuna voce di rimprovero, di protesta a discapito della donna guerriero e, imperterrita, continuò a porsi alla prova di fronte a lei, arrivando anche a rialzarsi da terra quando, alfine, le gambe iniziarono a cederle sotto il peso di troppa fatica accumulata e troppe botte subite. Per quanto, poi, la maggior parte del lavoro fosse compita da Midda, quest’ultima, dal canto proprio, appariva altresì instancabile, irrefrenabile, continuando a proporle le proprie offensive senza mai offrir l’evidenza di voler cedere e, anzi, incrementando, seppur in maniera apparentemente impercettibile, di volta in volta l’energia dei propri attacchi, condotti, ormai, con una regolarità costante, con una successione quasi armonica nella propria sistematicità.
Così, non solo il meriggio venne passato, ma giunsero, puntuali, anche l’imbrunire e il tramonto, nel mentre in cui le due donne proseguirono quel bizzarro, e forse a tratti folle, primo giorno di allenamento. Un primo giorno che, malgrado tutto, ebbe ad arrestarsi soltanto quando, con un gesto che neppure ella ebbe a spiegarsi, il braccio destro della giovane donna ebbe a muoversi per intercettare l’ennesimo attacco, modificandone, in verità, semplicemente il bersaglio, nel subire comunque, e in tal inedita posizione, l’impatto del manganello, e, tuttavia, alterando quella che, ormai, aveva iniziato a sembrare uno stato d’essere immutabile dell’esistenza e alterandolo, paradossalmente, proprio nel contesto più impensabile… quello nel quale, con le tenebre della notte appena turbate dalla luce della luna e delle stelle del firmamento, l’intera figura della propria mentore era ormai divenuta una mera sagoma su uno sfondo oscuro.

« … io… » esitò, in quello che avrebbe potuto sembrare un gemito di dolore per l’ultimo colpo subito, e subito spiacevolmente sull’osso del braccio anziché su un’area più carnosa del proprio corpo « … ci sono riuscita…? Davvero?!... » cercò conferma, non riuscendo ad accettare, malgrado l’aver rischiato un braccio spezzato, di aver realmente compiuto quel gesto, non avendone, folle a dirsi, la benché minima consapevolezza.
« Ci sei riuscita. » annuì la controparte, arrestandosi e, con pochi gesti, riducendo il manganello nella propria forma compatta, prima di farlo scomparire sotto la propria giacca di pelle « Sei stata molto brava. » soggiunse quindi, avvicinandosi con gesto delicato a lei, non desiderando più aggredirla, quanto, e piuttosto, ora soccorrerla.
« … brava… a incassare? » si concesse occasione di ridacchiare la giovane, allentando, finalmente, la tensione sul proprio corpo e, così facendo, improvvisamente sentendo tutte le proprie energie venir meno, ormai lì sorretta più dall’adrenalina e dalla forza di volontà, che dalle proprie forze o, peggio, dai muscoli resi decisamente malconci in conseguenza a quanto loro imposto in quell’intera giornata.

Midda, giungendo a lei, fu pertanto costretta ad accoglierla repentinamente fra le proprie braccia, lì sorreggendola prima che potesse precipitare al suolo e, magari, farsi ancor più male di quanto, già, non fosse stata costretta a imporgliene in quelle dodici ore. E Maddie, anche senza l’ausilio del proprio braccio robotico, non avrebbe potuto sembrarle più leggera di quanto, allora, non le parve, pur gravando su di lei come un peso morto.

« Anche saper incassare è importante… » osservò, sorreggendola quasi fosse una bambina e, per un momento, quasi accennando a cullarla a sé, così come avrebbe fatto con i propri figli, se solo avesse avuto ancora occasione di abbracciarli « Però no. Sei stata brava a fermare il colpo… »
« … sono stata brava. » ripeté la giovane, sorridendo quasi priva di sensi, semisvenuta per troppe ragioni diverse « Sono stata… molto brava. »

Cosa accadde di preciso nelle successive, nuove dodici ore seguenti, a posteriori ella non avrebbe saputo descriverlo.
Qualche immagine sfocata nella sua memoria sembrava suggerirle di essere stata sollevata di peso dalla propria mentore, per essere da lei ricondotta fino alla propria auto. Altri ricordi confusi, inoltre, parevano ipotizzare che la stessa mercenaria, dopo averla caricata in auto sui sedili posteriori, aveva preso l’iniziativa di porsi al volante, per riprendere a guidare, benché, dopo tutto quello che aveva descritto in merito al proprio mondo, supporre un qualsivoglia genere di confidenza, da parte sua, nei confronti delle automobili, o di altre tecnologie simili, avrebbe avuto a doversi giudicare inconsueto. Le ultime immagini impresse, poi, in quello che ormai avrebbe potuto essere considerato più qual sogno che realtà, ritraevano la donna intenta, nuovamente, a condurla in braccio, come fosse una bambina, fino a una nuova stanza d’albergo, per poi depositarla, delicatamente, su un letto…
… lo stesso letto sul quale, non prima di dodici ore più tardi, ebbe a riacquistare lentamente coscienza. E, suo malgrado, fu proprio allora che giunsero le proverbiali dolenti note.

« Ah… ahhhh… » gemette, ritrovando i propri occhi colmi di sincere lacrime di dolore, e di dolore fisico, senza neppure rendersene conto, avendo il suo corpo reagito, allora, in anticipo rispetto alla sua mente, la quale, solo dopo un fuggevole istante fu colmata dalla pena a lei indirizzata da parte delle sue estremità inferiori, delle sue gambe, dei suoi fianchi, dei suoi glutei e, ultimo ma non meno importante, del suo braccio, colui che si era alfine sacrificato per riuscire a porre fine a quell’osceno allenamento al quale aveva accettato di sottoporsi e che, il giorno dopo, le stava presentando un insopportabile saldo « Ahhhh…. » cercò di non urlare, soffocandosi in quel cuscino che non conosceva, e sul quale, pur, aveva dormito sino a quel momento, sperando, persino, di svenire da un momento all’altro, laddove perdere coscienza forse sarebbe stato il modo più appropriato per affrontare tutto quello che, in quel momento, sembrava destinato a renderla folle, a farle totalmente perdere ogni minimo barlume di sanità mentale.
« Buongiorno. » la salutò Midda, comparendo al suo fianco, accucciandosi accanto al letto di lei, e sollevando appena la propria mancina ad accarezzarle lentamente i capelli, in un gesto che avrebbe voluto apparire di conforto « Per quanto, probabilmente, non avrai ragioni per cui credermi, desidero che tu sappia che mi dispiace davvero per tutto questo… purtroppo, però, anche il dolore fisico ha il suo ruolo nelle nostre vite, per permetterci di meglio comprendere i nostri limiti e offrire loro il giusto rispetto. » tentò di spiegarle, per poi lasciar perdere ulteriori lezioni e, nuovamente, lasciarsi dominare dal tutt’altro che celato spirito materno che già aveva avuto modo di dimostrare in diverse occasioni verso di lei « A questo, però, ci penseremo domani… ora cercare di riposare… »
« … » tentò di prendere parola l’altra, ritrovandosi, tuttavia inizialmente soffocata dal proprio stesso dolore « … non… non voglio… arrendermi… » riuscì a scandire, a un secondo tentativo, cercando con i proprio occhi color ghiaccio quelli di egual colore della sua interlocutrice, a dimostrare quanto, malgrado tutto il dolore che la stava straziando nella carne, il suo spirito fosse, in quel momento, più forte, più saldo di quanto non fosse mai stato in tutta la propria esistenza, in misura tale, persino, da sorprenderla a sua volta, non riuscendo a credere di non star maturando, come primo desiderio, quello di inveire pesantemente a discapito della propria maestra d’arme « … hai… capito…? » cercò conferma, stringendo i denti nel tentare di non gemere ulteriormente « Io… sono stata brava. »
« Sei stata molto brava. » confermò la Figlia di Marr’Mahew, sorridendole e, con una carezza, tentando di chiuderle gli occhi, a invitarla a tornare a riposare, per offrire il tempo al suo corpo di riprendersi, di rigenerarsi, di guarire.

domenica 22 gennaio 2017

RM 021


« Quindi… vuoi farmi diventare come te…? » suggerì Maddie, cercando di comprendere il fine ultimo di tutto quello, in un interrogativo che, probabilmente, avrebbe dovuto proporsi qual animato da una qualsivoglia preoccupazione da parte sua, alla prospettiva di perdere parte della propria identità in favore di quella di una sua versione alternativa e, ciò non di meno, che risultò altresì contraddistinto da una difficilmente trascurabile speranza, laddove, a fronte di quanto appena ascoltato, le risultava ben evidente che mai, quella donna, si sarebbe rinchiusa in bagno a sfogare frustrazioni di natura lavorativa né, tantomeno, mai avrebbe permesso a dei colleghi, o a dei superiori, di portarla a tal punto.

Una brama, quella che, interiormente, stava in tal maniera animando la giovane, di fronte alla natura della quale avrebbe avuto a dover sicuramente rivedere le proprie priorità, giacché, malgrado il mostro comparso sulla soglia della sua abitazione solo la sera prima, ella stava ancora offrendo troppa importanza a futili elementi della propria passata vita invece di prendere in seria considerazione le minacce di cui, pur, la sua protettrice non aveva voluto far mistero fin dal primo momento della propria comparsa. Una brama, la sua, che tuttavia non avrebbe potuto ovviare a confermare, paradossalmente, le stesse parole di fronte alle quali stava riponendo tanta ammirazione, nel dimostrare come, nel suo mondo, nella sua realtà, certe ferite psicologiche avessero a doversi considerare non meno reali, non meno concrete, e non meno letali, di quelle che avrebbe potuto produrre un colpo di spada, pur risultando, sicuramente, meno evidenti, meno palesi e, in ciò, in quieto accordo alla comune morale della loro civiltà.
E se, come aveva immediatamente dichiarato, intento della Figlia di Marr’Mahew avrebbe avuto a doversi considerare quello di concederle opportunità di sopravvivenza rispetto alla minaccia rappresentata dalla regina Anmel; un importante, forse vitale, fronte di cambiamento sul quale avrebbe avuto a lavorare, sarebbe quindi stato quello utile a trovare un modo per permetterle di sanare la psiche ferita della propria versione più giovane, per offrirle l’opportunità di chiudere quel capitolo della storia della propria vita e, in ciò, proseguire con la massima attenzione, con la più totale dedizione, nella stesura del successivo… sperando non avesse a scoprirsi qual l’ultimo concessole.

« Non posso farti diventare come me. » negò la donna, escludendo tale possibilità « Ho trascorso gli ultimi trent’anni della mia vita in più sfide, più battaglie, più guerre di quante tu non potrei mai riuscire a immaginare. Ho ucciso più persone, bestie e mostri di quanti la morale del tuo mondo potrebbe mai essere in grado di giustificarne, in una stima totale che renderebbe i peggiori genocidi della vostra storia quasi dei dilettanti a mio confronto, non avendo, dopotutto, mai essi agito in prima persona, e da soli, nel compiere le stragi di cui si sono macchiati e per le quali la Storia li ha condannati. Ho dovuto seppellire troppe persone che ho amato… più di quante, chiunque, non dovrebbe seppellirne. E, credimi, neppure ti addestrassi per i prossimi trent’anni potrei mai farti diventare come me… senza considerare che, se a noi saranno concessi più di tre giorni, avrà comunque a doversi già considerare un risultato straordinario. »
« E… » esitò, confusa, in parte delusa da quell’asserzione innanzi alla quale la sua esistenza, purtroppo, sembrava destinata a non poter mutare, a non poter raggiungere la pienezza rappresentata dall’esempio concreto offertole innanzi allo sguardo « … allora non capisco. Perché mi hai condotta qui? Perché hai iniziato a colpirmi? Perché mi hai raccontato tutto questo?! »
« Non posso farti diventare come me. » ripeté Midda, ancora scuotendo il capo « Ma… » soggiunse, or aprendosi nuovamente in un sorriso quasi materno nei suoi confronti « … quello che posso fare, e che mi impegnerò con tutta me stessa a fare, è offrirti la chiave per diventare come tu potresti realmente essere. Se solo la tua vita, e tutta questa civiltà attorno a te, non ti avessero costretta a diventare qualcun altro… a diventare ciò che sei. »
« Ciò che odio essere! » esclamò Madailéin, sincera in quella condanna a proprio stesso discapito, sincera come, forse, mai lo era stata neppure con la propria terapista, o, peggio, con se stessa.

La mercenaria non offrì alcun commento in risposta a quella presa di posizione.
Ella avrebbe potuto intervenire dicendole che, per cambiare, il primo passo da compiere sarebbe stato accettarsi. Accettarsi con tutti i propri limiti, con tutti i propri difetti, con ciò che di sé apprezzava e con ciò che di sé odiava. E, soprattutto, superare quel proprio odio per se stessa, perché, in simile rancore, in tale disprezzo, ella avrebbe sempre e comunque rappresentato il proprio primo avversario, finendo con l’agire, inconsapevolmente, a proprio stesso danno, a proprio stesso torto, nella pericolosa, e intima, volontà di punirsi per ciò che non si sentiva in grado di modificare.
Ella avrebbe potuto spiegarle che non bisognava perdere tempo a pensare di poter cambiare, o di non poterlo fare. Per cambiare non avrebbe dovuto aspettare né domani, né un qualche imprecisato giorno futuro: avrebbe dovuto cambiare in quello stesso momento, decidendolo… perché cambiare non avrebbe mai dovuto essere giudicato qual il risultato di un tentativo, ma di un’azione.
Ma, come già aveva avuto modo di dirle poco prima, in quella stessa mattina, ella non si era mai considerata brava nella teoria come nella pratica. E, dovendole dimostrare come cambiare avrebbe avuto a doversi considerare un concetto estremamente pratico, l’unico modo ragionevole per farlo sarebbe stato, per l’appunto, attraverso la pratica.

Per tale ragione, ella, a titolo di avvertimento, lasciò roteare, attorno ai propri fianchi, il manganello ancora impugnato nella sinistra, così come avrebbe avuto piacere a fare con la propria spada se, sciaguratamente, non l’avesse perduta già da diversi universi prima di quello, e si preparò a tornare a colpirla, annunciandole semplicemente: « Coscia destra. »

Prima ancora che Maddie, tuttavia, potesse effettivamente elaborare quell’avvertimento e potesse anche solo ipotizzare di assumere una qualche postura di guardia, che non conosceva, e che, per lo più, avrebbe potuto semplicemente potuto provare a imitare prendendo spunto dal ricordo di qualche scena vista in televisione o al cinema, impietoso il manganello la raggiunse, dimostrandosi, questa volta, persino più aggressivo rispetto ai due colpi precedenti. Una violenza ancora estremamente moderata, straordinariamente contenuta rispetto a quella che avrebbe potuto essere, e, ciò non di meno, lievemente cresciuta, forse nel desiderio, in tal modo, di fornirle maggiori motivazioni utili a tentare di proteggersi o, quantomeno, di schivarla.
In questa occasione, comunque, la giovane strinse i denti, sentendo quasi dolerle gli zigomi nello sforzo di trattenere eventuali nuove imprecazioni e, tuttavia, riuscendo almeno in ciò. Perché ella desiderava davvero dimostrare di aver compreso il discorso rivoltole e, soprattutto, di non voler sprecare l’occasione che quella sua versione alternativa le stava concedendo per provare, a sua volta, a divenire un’altra se stessa: non un’altra Midda Bontor, lo aveva inteso, ma, quantomeno, un’altra Madailéin Mont-d'Orb.

« Riproviamo… » riuscì a richiedere dopo essersi ripresa dal dolore per il terzo colpo ricevuto, resistendo al desiderio di accartocciarsi al suolo, negandosi la possibilità di gemere o di piangere e, anzi, invocando una nuova occasione per porsi alla prova.
E la sua mentore non se lo fece ripetere, non volendole negare tale possibilità, nell’annunciare pertanto « Gluteo sinistro. » prima di proiettarsi nuovamente in avanti, muovendosi non al pieno delle proprie potenzialità e, pur, ancora una volta, sufficientemente veloce da essere soltanto, e a stento, intravista dalla sua allieva, la quale, su malgrado, nulla poté per ovviare a una nuova, spiacevole frustrata sul proprio fondoschiena che, puntuale, la raggiunse con precisa maestria.

sabato 21 gennaio 2017

RM 020


« Perdonami se non mi sono annunciata con ampio preavviso, comunicandoti la tipologia di offesa alla quale ti avrei potuta sottoporre e, in ciò, lasciandoti il tempo di maturare adeguata consapevolezza in merito a quella che avrebbe potuto essere la migliore strategia difensiva da porre in essere a fronte di tutto ciò. » si inchinò appena la mercenaria, con gesti apparentemente destinati a esprimere rammarico, ma con parole e tono, altresì, rivolto a dar sfogo a palese sarcasmo per l’ingenuità intrinseca nella protesta a lei destinata da parte di chi, evidentemente, ancora non aveva ben compreso la situazione nella quale la propria vita, che lei potesse volerlo o meno, era repentinamente precipitata.
« Se credi di apparire simpatica, in questo modo, mi spiace informarti che non ci stai riuscendo… » contestò, ancora inviperita, benché una parte di lei, in quel momento, stesse iniziando a comprendere quanto infantile potesse lì star risultando, intenta a piagnucolare argomentazioni obiettivamente prive di senso, gridando il proprio rammarico, in verità, non tanto verso la donna guerriero, quanto e piuttosto a discapito di tutte quelle persone alle quali, senza mai alzare la guardia, aveva permesso di ferirla, e di ferirla brutalmente nel corso degli anni, approfittandosi di lei senza in termini che non avrebbe potuto evitare di considerare scorretti, ma che, ciò non di meno, avrebbe dovuto dimostrare malizia sufficiente da prevedere e arginare.
« Facciamo a modo tuo… » acconsentì Midda, sorridendole con assoluta serenità, per nulla turbata da quanto a lei rivolto, meritato o meno che avesse a doversi giudicare « Il prossimo colpo ti giungerà sul gluteo destro. » avvertì, con la stessa quiete con la quale avrebbe potuto intrattenersi a parlare delle condizioni meteorologiche attorno a loro.
« Il prossimo colpo…?! » ripeté la giovane, sgranando appena gli occhi in un’evidente reazione di sorpresa e di paura « Aspetta un momento! » tentò di frenarla, a parole.

Ma, in quel momento, per la sua protettrice e mentore, le parole evidentemente avevano perduto ogni fascino, ragione per la quale, con un movimento dal proprio punto di vista persino lento, mentre agli occhi di Maddie straordinariamente veloce, ella balzò in avanti, ovviò a un effimero e istintivo tentativo raffazzonato di difesa da parte della controparte, la scartò senza difficoltà alcuna e si ritrovò, di colpo, alle sue spalle, a sferzare una nuova frustrata con il proprio manganello, questa volta nella preannunciata direzione della sua natica destra. Un’aggressione nella quale la donna non pose, ancora, più energia rispetto alla precedente e che, per la scelta stessa dell’obiettivo, mirando nuovamente a un’area entro la quale non avrebbe mai potuto rischiare di causare gravi danni, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta priva di qualunque reale intento di danno a discapito del propria nuova allieva, quanto, e semplicemente, di vivida esemplificazione dei concetti che desiderava trasmetterle.

« Porc… » inveì a denti stretti Madailéin, sentendo salire in maniera spontanea delle lacrime agli occhi per quanto stava avvenendo, più per la frustrazione psicologica di tutto ciò che, concretamente, qual reazione al dolore infertole.
« Non ti ho garantito tempo sufficiente per proteggerti…? » la volle stuzzicare l’altra, ancora una volta non facendo proprio il benché minimo sforzo per tentare di mistificare il sarcasmo dietro a quelle parole « Eppure credevo che, avendoti persino indicato l’indirizzo esatto del mio attacco, ti avrei concesso maggiori possibilità di difesa. »
« Ho capito cosa stai cercando di fare, dannazione. L’ho capito. » gemette la prima, sforzandosi a razionalizzare, in termini assolutamente appropriati, lo scopo di quel pestaggio, e in questo cercando di ingoiare una certa varietà di insulti che, pur, avrebbe voluto destinare all’interlocutrice « Vuoi dimostrarmi che anche l’essere umano può riscoprire il proprio istinto animale… ed essere capace di lottare per la propria sopravvivenza. »
« No. Io non voglio dimostrarti nulla… » scosse il capo la figlia della guerra, arricciando appena le labbra con disapprovazione nei riguardi di quella particolare formulazione lessicale « Io sono cresciuta in un mondo dove le parole sono un superfluo orpello con il quale decorare la cornice di violenze fisiche oltre ogni tua più complessa capacità di immaginazione; un mondo nel quale un interlocutore valuta sempre con attenzione quando e quanto insultare la propria controparte giacché è perfettamente consapevole di come, tali parole, potrebbero essere le ultime che pronuncerà, prima di ritrovarsi con la gola sgozzata; un mondo che tu definiresti selvaggio e barbaro, incivile e primitivo, e pur, obiettivamente, più sincero, più onesto, più puro di quello nel quale tu vivi. »
In silenzio, ora, Maddie ascoltò quel monologo, scandito con parole prive di ogni qualsivoglia genere di animosità, per un momento dimentica persino del dolore fisico inflittole nel ritrovare la propria curiosità più che interessata a qualunque informazione di sé, e delle proprie origini, l’altra avrebbe finalmente iniziato a concederle di scoprire.
« Nel tuo mondo, in questa realtà dove tutti si considerato estremamente evoluti e civilizzati, avete in apparenza rinunciato alla violenza fisica, a tutte quelle reazioni che vi farebbero sentire più vicini a epoche passate che, ora, classificate come dominate dall’oscurità e dall’ignoranza, ma abbagliati dal vostro patetico illuminismo non vi rendete conto di quanto, semplicemente, abbiate esplorato nuove frontiere, nuovi metodi, per giungere al medesimo obiettivo: distruggere qualunque ostacolo sul vostro cammino, uccidere per non essere uccisi. » continuò nella propria esposizione, in quella forse retorica analisi sociale, ma nella quale, obiettivamente, ella credeva, giacché aveva avuto passate esperienze per porsi a confronto con la supposta civiltà e, puntualmente, questa l’aveva profondamente delusa per la straordinaria ipocrisia della quale, ineluttabilmente, l’aveva scoperta ammantata, a celare tutti i propri difetti, tutti i propri limiti, tutte le proprie mancanze, tutte le proprie colpe « Avete sostituito la spada con l’ingiuria, la scure con l’ignominia, il dardo con le parole. E, allorché volgere i vostri attacchi ai corpi, che possono essere feriti, possono sanguinare, ma, anche, essere difesi, protetti e, quando danneggiati, guarire e ritornare più forti di prima; avete iniziato a cercare di distruggere la psiche dei vostri rivali, dei vostri antagonisti, in maniera così sottile, così raffinata, da risultare sempre e squisitamente legale, lecita, persino morale, ma in termini così devastanti da risultare persino più letali del peggiore dei veleni. »
La giovane, per un fugace istante, avrebbe voluto interromperla in quell’esposizione, avrebbe voluto esprimersi in difesa di quell’arringa a condanna del proprio mondo… ma nel sentirla parlare, nell’ascoltare quanto ella le stava dicendo, non riuscì, obiettivamente, a ritrovarsi in disaccordo.
« Io sono selvaggia, barbara, incivile e primitiva? » domandò Midda Bontor, sollevando la propria destra, in lucente metallo, brillante sotto il sole di quel nuovo giorno, ad appoggiarsi al centro del proprio petto, a enfatizzare quel riferimento a se stessa « Sì. Lo sono. Lo sono nel momento in cui questo significa garantirmi la possibilità di spaccare il naso a qualche ineducato maiale che, complice una pinta di troppo, decida di rivolgersi come neppure a una prostituta oserebbe fare o, peggio, laddove voglia allungare le sue luride mani su di me, spezzargli il polso, allorché tacere “per quieto vivere”, sopportare “per dimostrarmi migliore di lui”. » continuò a spiegare, ancora con assoluta serenità nel proprio tono, e non per mera dissimulazione ma perché, realmente tale, ella avrebbe avuto a dover essere riconosciuta in quel momento, in quell’esposizione « Per non parlare, poi, di chi, spinto da pura e semplice invidia, permette al proprio rancore immotivato di ricorrere alla maldicenza per appagare la propria volontà di riscatto senza venir meno a quell’innata codardia che gli renderebbe impossibile un confronto diretto con me. »

Un quadro, quello che la mercenaria aveva voluto spontaneamente tratteggiare in termini straordinariamente accurati, con parole mai banali o scontate, che, per quanto avrebbe potuto, e potesse allora, inorridire la parte più civile della coscienza della sua compagna, andando a scontrarsi vigorosamente con ogni educazione, ogni morale a lei trasmessa fin da bambina, al tempo stesso, con un certo impegno di onestà intellettuale nei propri stessi confronti, l’altra avrebbe dovuto riconoscersi di poter accogliere con sorprendente entusiasmo, nonché un indubbio senso di appagamento, ponendosi in grado, in tutto ciò, di concedere risposta a quel disagio interiore, a quel malessere intimo, per convivere con il quale aveva iniziato a frequentare una terapista.

venerdì 20 gennaio 2017

RM 019


« Suppongo che la tua terapista non abbia trascorso la maggior parte della propria vita sotto costante minaccia, costretta a uccidere per non essere uccisa, a colpire prima di poter essere colpita, e a imparare a farlo senza neppur pensarci, perché il tempo stesso di formulare tale pensiero avrebbe potuto rappresentare l’effimero confine esistente fra la vita e la morte… » obiettò Midda Bontor, piegando appena la testa di lato, con evidente approccio critico alla posizione così presentatale « Non sarò un’esperta in emozioni, ma, ti assicuro, sono sufficientemente confidente con la guerra dal sapere che, nel cuore di una battaglia, circondata da una massa indistinta di uomini e donne intenti ad ammazzarsi reciprocamente, con la bocca colma del ferruginoso sapore del sangue, e con il naso permeato dal nauseabondo odore di morte, e di fresca morte violenta, non esiste alcuna possibilità per pensare, per elaborare, per ponderare nel merito delle proprie emozioni… al contrario: il tutto è solito susseguirsi con concitazione tale che persino le emozioni stesse risultano d’ostacolo e, alla fine, sopravvive soltanto chi riesce ad agire in maniera quanto più possibile consciamente inconsapevole. »
« … consciamente inconsapevole…?! » ripeté la giovane, di nuovo sulla soglia dell’altra stanza, con la punta dello spazzolino infilato sotto una guancia e un rivolo di schiusa di dentifricio scivolato fino al mento « Ti piacciono gli ossimori…? » domandò, a palesare quanto, quell’ultimo concetto, l’avesse colta parzialmente impreparata.
« Mi sono sempre considerata più a mio agio con la pratica rispetto alla teoria. » scosse il capo la donna guerriero, a premessa dell’effettiva risposta da destinarle « Finisci di fare quello che stai facendo, andiamo a fare colazione… e poi ti darò una dimostrazione pratica di quanto sto dicendo. »

Incuriosita, da quel discorso, in misura maggiore di quanto non avrebbe probabilmente creduto di poter essere, laddove già troppe avrebbero avuto a doversi considerare le domande rimaste in sospeso alle quali, ancora, non era stata offerta evidenza neppur della possibilità di una risposta; Maddie accettò le condizioni definite dalla propria interlocutrice, finendo di lavarsi e, dopo aver pagato la camera e lasciato l’albergo, uscendo a far colazione praticamente dall’altra parte della strada, presso una piccola caffetteria di quartiere. Tuttavia, giunta di fronte all’abbondanza dell’offerta lì presentatale di paste fresche, ella ebbe allora a ricordarsi di non porre nulla in bocca sostanzialmente dal giorno precedente a pranzo, motivo per il quale non volle negarsi ben due cornetti alla crema e un bombolone ammantato di zucchero, a contorno di un ottimo cappuccino, prima di potersi considerare effettivamente appagata.
Dal canto proprio, a tenerle compagnia, la donna guerriero ebbe allora a consumare un tramezzino e una spremuta d’arancio, dimostrando un’apparente predilezione per un concetto salato di colazione, a differenza della propria compagna, protetta e allieva.

« E ora…? » la interrogò la giovane, quando, saldato il conto, lasciarono la caffetteria per tornare in strada « Dove andiamo…? »
« Troviamoci un luogo tranquillo e appartato, per cortesia… » la invitò la Figlia di Marr’Mahew, facendo atto di guardarsi attorno, benché, nel circondario, fossero presenti solo edifici di diverse forme e dimensioni « Magari fuori città…. » soggiunse pertanto.

Lasciato, quindi, il contesto urbano nel quale avevano trovato rifugio per la notte, Madailéin condusse l’auto per un’altra decina di miglia fino a giungere a un’area verde apparentemente tranquilla. Nel verificare consenso da parte della propria mentore, ella parcheggiò pertanto a bordo strada e si avventurò, seguendo la donna, per quasi cinquecento metri lontano dall’auto prima che questa decidesse di fermarsi, nel bel mezzo di un vasto prato.

« E ora…? » si ripeté, osservando la controparte in piedi davanti a lei, in quieta attesa di qualunque azione ella potesse aver in mente di compiere, tale da richiederle di spingersi sino a quel piccolo angolo di nulla.

Del sangue e, più in generale, dello schifo che la sera prima aveva impregnato gli abiti della mercenaria, restava giusto un vago ricordo.
Il giubbotto di pelle verde scuro, con cappuccio di felpa applicato, che lei indossava, era stato ricondotto praticamente al proprio stato originale, se non, in effetti, proprio in corrispondenza del cappuccio che, suo malgrado, aveva conservato una leggera macchia irregolare lungo la propria parte superiore e destra, più esposta agli effetti del colpo di grazia da lei inferto. Al di sotto del giubbotto, invece, la maglia grigio scura era rimasta sostanzialmente intonsa, protetta dal primo, se non per un alone più scuro attorno alla parte superiore dello scollo. Al contrario, impressa in maniera più netta, la memoria dello scontro avrebbe avuto a doversi riconoscere nei jeans della donna, originariamente di colore blu, e allora divenuti quasi pezzati, in un effetto che, se solo non avesse avuto a doversi ricondurre evidentemente a un imprevisto, avrebbe potuto anche presupporre un qualche intento artistico, in misura non differente da alcune controverse trovate di pura e semplice moda. Ai suoi piedi, infine, un velo pietoso avrebbe avuto a dover essere steso a tutela della memoria delle scarpe di tela, ipoteticamente di color grigio, con suola gommata, teoricamente bianca, e ormai divenute di una qualche, indefinita, tonalità tendente al marrone scuro.
Dal punto di vista di Maddie, comunque, nulla di tutto quello avrebbe potuto rappresentare un motivo di rimprovero per la donna, dal momento in cui, anzi, per quanto a lei concernente, l’aveva veduta, prima di crollare addormentata, ancora ricoperta di sangue e altri liquidi corporei, per poi, al mattina, ritrovarla sostanzialmente ristorata, in ogni valida declinazione della parola, dall’accezione di restaurata fino a quella di rigenerata. In misura ben diversa, in effetti, di quanto non avrebbe potuto dire per se stessa, andata a dormire vestita, con addosso gli abiti del giorno prima, e gli abiti indossati al lavoro, e risvegliatasi, ineluttabilmente, così stropicciata da sembrare decisamente più sconvolta di quanto, altresì, non avrebbe potuto affermare di essere, avendo comunque avuto occasione di riposare, e di riposare in maniera fondamentalmente adeguata, per tutta la notte passata.
Interiormente distratta da quel personale confronto con la sua versione matura, in un paragone quasi infantile soprattutto nel rivolgersi, come stava compiendo, a un aspetto di ordine squisitamente estetico, la giovane ebbe, suo malgrado, difficoltà a cogliere l’evoluzione che l’altra volle offrire al loro rapporto, in particolare nel momento in cui, con un movimento sferzante, questa ebbe non soltanto a far ricomparire il manganello telescopico nella propria mancina, ma, ancor più, a frustare, con esso, la sua coscia sinistra. Un gesto, in verità, estremamente controllato, e straordinariamente moderato, tale da minimizzare gli effetti altresì disastrosi che, in conseguenza di quell’attacco inatteso, avrebbero potuto coinvolgere la giovane, e pur sufficienti, suo malgrado, a farle provare una spiacevole fitta di dolore là dove era stata raggiunta, in misura tale da vederla accartocciarsi, subito dopo, in maniera istintiva, a protezione del punto leso.

« Ma miseria ladra! » protestò, gridando verso di lei « Ti ha dato di volta il cervello?! » esclamò, a denti stretti, cercando di trattenere insulti di ordine superiore rispetto all’imprecazione sfuggitale.
« In che modo pensi di poter sconfiggere Anmel, e tutti gli altri avversari che potrai incontrare nella tua vita, se non riesci neppure a schivare un colpo così lento? » le domandò, con tono divenuto improvvisamente serio, privato di quella cornice di affettuosa comprensione rivoltale sino a quel momento « Se solo avessi voluto, a quest’ora avresti potuto essere morta… te ne rendi conto?! »
« E tu ti rendi conto che mi hai colto alla sprovvista, pazza che non sei altra? » replicò la prima, ferita, in quel momento, più nel proprio orgoglio che, effettivamente, nel corpo, accusando una non nuova, e pur sempre spiacevole, sensazione di fiducia tradita anche e persino nei confronti di una propria altra se stessa.