11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 23 maggio 2017

RM 142 [già RM 009]


Purtroppo, se vi era una lezione che l’investigatrice privata aveva imparato nel corso degli anni, tale avrebbe avuto a non dover mai fare affidamento sulla buona sorte perché, a dispetto di quanto molti avrebbero potuto credere nel conoscere la sua storia, nel corso della sua vita, tutto ciò che aveva avuto occasione di conquistare, nel bene e nel male, non avrebbe avuto a poter essere ricondotto a un mero discorso di fatalità, di fortuna, quanto, e piuttosto, di applicazione, impegno e costanza, da vedersi, anzi e addirittura, dedicati in completo contrasto alla sventura che, al contrario, sembrava volerle restare da sempre al fianco, caratterizzandone ogni istante della propria vita, da quelli più banali a quelli più critici. Così, laddove ella avrebbe potuto sperare in un po’ di benevolenza da parte del destino, nella risoluzione di quello stallo prima dell’arrivo del treno o, quantomeno, nello stesso istante dell’arrivo del medesimo, concedendole di mantenere la situazione di vantaggio che, solo merito della propria abilità, ella era riuscita a riservarsi qual propria; ciò su cui non avrebbe esitato a scommettere sarebbe avvenuto, e avvenne, fu propriamente lo scenario a lei più antagonista, nell’arrivo del convoglio metropolitano e, di conseguenza, nella necessità di scegliere fra un discreto disimpegno dai propri inseguitori, rinunciando in tal modo a conoscerne le intenzioni, e un più aperto confronto con essi, rischiando di compromettere la propria posizioni in termini ancora del tutto da esplorare.

« Dannazione… » imprecò a denti stretti, non tollerando l’idea di essere posta, in tal maniera, con le spalle al muro, non potendo evitare di desiderare, almeno una volta ogni tanto, senza esagerare, un minimo di misericordia in proprio favore, fosse anche a considerarsi a titolo di compensazione per quello sgradevole accanimento continuo.

Pochi secondi, pertanto, furono quelli a lei concessi nel momento in cui ebbe a dover scegliere se frammischiarsi nella folla e fuggire a bordo del treno, oppure restare lì dove si trovava e affrontare a viso aperto il Grosso e lo Smilzo. E, per quanto, una vocina dentro di lei stesse allora non semplicemente sussurrando, ma addirittura gridando un palese invito a levarsi di torno quanto prima, rinunciando a un confronto che, nel migliore dei casi, le avrebbe comportato un’accusa di aggressione mentre, nel peggiore, l’avrebbe potuta veder uscire da lì sotto all’interno di un sacco di plastica nera da obitorio; prestando attenzione alla propria esperienza, ella non volle concedere a quei due ulteriore possibilità di perseguitarla, o, peggio ancora, di poterla prendere di sorpresa in un successivo momento, consapevole, dopotutto, di quanto allora avrebbe potuto considerare la propria qual una posizione di sostanziale vantaggio, nell’avere la libertà di decidere come agire anziché ritrovarsi semplice spettatrice o, peggio, vittima di scelte altrui.
Presa, alfine, la propria decisione, ella strinse appena il braccio sinistro contro il torace, in un gesto per lei divenuto ormai automatico, inconscio, e pur non fine a se stesso, quanto e piuttosto utile a concederle una rapida verifica nel merito della presenza dell’unica arma con la quale si concedesse di girare dal giorno della riconsegna del proprio distintivo da detective e dell’arma di ordinanza. E incontrata, in tal maniera, la solida presenza dell’unico alleato nei confronti del quale avrebbe potuto fare affidamento in quel momento, e nel caso in cui la vicenda fosse degenerata; ella non poté fare altro, per occupare gli ultimi fuggevoli istanti di tempo ancora garantitile, che concedersi qualche profondo respiro, utile a svuotare la mente e a calmare il corpo un attimo prima del segnale di partenza, non diversamente da come si era abituata a fare, a metà fra le buone abitudini e la scaramanzia, prima dell’inizio di ogni competizione a cui avesse preso parte quand’ancora gareggiava, negli anni della sua carriera scolastica e atletica.
Il segnale di partenza, forse meno palese rispetto a quelli del suo passato, e, ciò non di meno, del tutto privo di possibilità di ambiguità, risuonò, allora, incredibilmente chiaro nella sua mente nel momento in cui, iniziate a defluire le persone verso il treno, gli sguardi dei sue due inseguitori si spostarono, inizialmente in maniera interrogativa, nella sua direzione, estemporaneamente incapaci a riconoscerla, allora, non tanto per la presenza del cappellino o degli occhiali, quanto e piuttosto per la sorpresa di trovarla lì, immobile, rivolta proprio verso di loro. Un quieto interrogativo, quello dei due, che si trasformò in una non più tacita esclamazione nel momento in cui ella, a escludere qualunque possibilità di fraintendimento, si levò gli occhiali da sole e li ripose all’interno della tasca da cui li aveva estratti, per poter, in tal maniera, indirizzare inequivocabilmente l’azzurro ghiaccio delle proprie iridi all’attenzione della coppia.

« Ma che diamine… » commentò il Grosso, forse non proprio in quei termini, per quanto, ormai, Midda fosse diventata sufficientemente abile a leggere il labiale delle persone « Credo che ci abbia visto. »
« Davvero?! » replicò, con evidente sarcasmo, lo Smilzo, fulminando il compare con un’occhiata che, se solo avesse potuto uccidere, avrebbe visto l’altro ridotto a un mucchietto di cenere fumante « E da cosa l’hai dedotto, genio? »

La volontà di agire, e di agire immediatamente, approfittando di quell’effimero momento di smarrimento da parte di un tanto eterogeneamente assortito duo, si palesò con forza nell’investigatrice privata, chiedendole a gran forza di muoversi, attaccando prima di poter essere attaccata, aggredendo prima di poter essere aggredita e ponendo, quanto prima, la parola fine a tutto ciò, protrattosi, per i suoi gusti, anche troppo a lungo. Ella, tuttavia e anche in contrasto a se stessa, a quell’istintiva richiesta del suo io più violento, riuscì comunque a mantenere un certo autocontrollo e, in ciò, a restare immobile, esattamente dove era, nel non sprecare quel lieve vantaggio sui propri avversari, così come soltanto sarebbe avvenuto acconsentendo a precipitarsi, stolidamente, in un attacco privo di qualunque cognizione di causa, quanto, e piuttosto, nell’attendere che fossero loro stessi a palesare le proprie risorse e, in conseguenza di una simile esposizione, a garantirle la possibilità di rispondere in maniera appropriata alla minaccia che ne sarebbe derivata.
Una scelta, quella da lei in tal modo abbracciata, che forse, in un’epoca remota, ai tempi del selvaggio west o prima ancora, avrebbe potuto rivelarsi insalubre, nel veder sprecato, in tal maniera, un momento presumibilmente propizio per risolvere quel duello ancora prima di incominciarlo. Una scelta che, attualizzata ai tempi moderni, la vide altresì genuinamente premiata per la propria pazienza, per la propria freddezza, per il proprio raziocinio, laddove, così come le sarebbe stato chiaro solo un istante più tardi, ella avrebbe rischiato di incorrere non in una semplice accusa per aggressione, ma…

« Ms. Bontor? » domandò il bruno, levando le mani a dimostrare, da parte propria, la più totale assenza di ogni volontà belligerante nei suoi riguardi, a dispetto dell’inseguimento promosso, esattamente a suo discapito, sino a quel momento « Midda Namile Bontor…?! »
« Direi che già sai chi io sia, Smilzo… » commentò la donna, implicitamente confermando, in tal maniera, l’identificazione richiestale « … peccato che io non vi conosca e che, se la memoria non mi inganna, vi siano gli estremi per una denuncia per stalking contro entrambi, per la dedizione con la quale mi avete seguita nelle ultime ore. »
« Però… è brava davvero. » asserì il biondo, osservandola quasi con entusiasmo nel ritrovarsi posto innanzi all’evidenza di quanto, gli sforzi compiuti in quel pedinamento, fossero stati tanto semplicemente banalizzati dalla loro interlocutrice.
« Ti ringrazio, Grosso. » annuì ella, appena, in segno di riconoscenza per quell’apprezzabile complimento lì destinatole « Vorrei poter dire di essere la migliore in quello che faccio… ma, poi, una certa casa editrice potrebbe citarmi in giudizio per violazione dei diritti d’autore. » puntualizzò, sorridendo sorniona « E ora, prima che io chiami i miei ex-colleghi al distretto per sporgere denuncia e farvi arrestare, potreste dirmi perché mi stavate seguendo? Perché, a dispetto delle apparenze, il mio intuito mi suggerisce che voi non siete due dannati maniaci sessuali… »

(episodio precedentemente pubblicato il 3 gennaio 2016 alle ore 19:16)

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