11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 6 giugno 2017

RM 156


« Beh… non mi pare tu sia a casa, in questo momento. » puntualizzò Midda, con aria sorniona, non desiderando prendersi giuoco della propria interlocutrice ma, parimenti, neppur desiderando essere canzonata dalla stessa, così come, in quell’ultima asserzione, sembrava voler fare.
« Non so da dove tu venga, rossa, ma ti assicuro che, in genere, posso essere considerata di tutto… ma non una brava ragazza. » ridacchiò la prima, stringendosi fra le spalle priva d’ipocrisia, nel ben conoscere la propria professione e nel non illudersi di poter essere nulla di più di quanto non fosse « La tua mamma non ti ha mai spiegato cosa sia una prostituta? » incalzò, probabilmente curiosa di scoprire ove quell’assurdo discorso avrebbe potuto andare a parare.
« Se ti aspetti che io mi possa scandalizzare per la tua professione… caschi male. » negò, tuttavia, l’investigatrice privata, non desiderando certamente dimostrarsi così perbenista, qual del resto non era né mai era stata in passato, dal trovare motivo di turbamento nel confronto con la realtà delle cose, con quegli aspetti della società umana di fronte ai quali, da sempre, la maggior parte delle persone avrebbero potuto essere riconosciute qual abituate a passar oltre, semplicemente ignorando l’evidenza dei fatti per… cosa, poi?... credere di vivere in un mondo da fiaba? Incredibilmente ironico, ovviamente, sarebbe stato tale pensiero, giacché, addirittura, le fiabe avevano finito con l’essere edulcorate, per apparire, comunque, prive di qualunque possibile ragione di scandalo nel confronto con la moderna moralità.
« Sei una tipa tosta, quindi…? » ipotizzò, non senza una nota indubbiamente divertita nella propria voce, nel non poter francamente offrire credito di sorta a quelle affermazioni.
« Sì, anche quello. » annuì tranquillamente l’altra, sorridendo nuovamente nei suoi confronti « Ma, soprattutto, una buona parte delle mie vicine svolgono il tuo stesso mestiere. E, sinceramente, non ho mai avuto di che lamentarmi con alcuna di loro… »
« Sarà come dici tu… » le concesse, seppur dimostrandosi comunque critica a quell’affermazione, nell’aver inquadrato, almeno dal proprio punto di vista, quella donna né più ne meno qual una semplice borghese desiderosa di dimostrarsi una donna del ghetto, benché, palesemente, troppo graziosa per potersi riconoscere realmente qual tale.

Un giudizio, quello così rimasto inespresso, e pur intimamente formulato, quello nei riguardi dell’investigatrice privata, che pur avrebbe sicuramente divertito, e divertito non poco, la famiglia della stessa, sua madre, suo padre, e la sua gemella, giacché, allora, volto esattamente nella direzione opposta a qualunque altro pronunciamento espresso da sempre nei suoi confronti, pur in netto contrasto con ogni speranza, con ogni aspettativa che, al contrario, i suoi cari avrebbero potuto esprimere su di lei.
Tuttavia, anche concetti come quelli lì suggeriti, in verità, scivolavano addosso alla donna non così diversamente da pioggia sulla superficie tesa di un ombrello, giacché, in quello che ella aveva sempre fatto, per come ella aveva sempre vissuto la propria vita, non avrebbe avuto a doversi ricercare un qualche interesse a omologarsi, ad allinearsi a uno stile, a una linea di pensiero, o, anche e soltanto, a una moda. Certo… in gioventù aveva vissuto il suo periodo glam rock, prima, metallaro, poi, e britpop, alfine, alla scoperta di vari autori, vari generi musicali, e, soprattutto, di una propria identità, come tutte le adolescenti: ma, superati quegli anni, pur non dimentica dell’eleganza degli Eurythmics, o dei terrificanti perizoma di pelle nera dei Manowar, che, forse, avrebbe effettivamente preferito riuscire a scordare; ella aveva sempre vissuto la sua vita in ubbidienza solo a se stessa, nella ricerca di una coerenza solo con le proprie stesse idee, in maniera tale, in ciò, da trascendere qualunque definizione di classe, democratica o repubblicana, borghese o del ghetto, brava o cattiva, al solo scopo di poter essere la sola a descriversi, e a descriversi nei fatti, ancor più che nelle parole.

« Non ci siamo ancora presentate… » constatò, decidendo di attraversare la strada e di ovviare a continuare a condurre quella conversazione ad alta voce, per permettersi, l’un l’altra, di udirsi reciprocamente.
« … e non che mi importi particolarmente farlo. » sancì la prostituta, scuotendo il capo « Così come, sinceramente, non mi interessa neppure continuare a chiacchierare con te, a meno che tu non sia desiderosa di pagarmi, per questo. » soggiunse, a escludere qualunque necessità di un’amichevole relazione fra loro, non laddove questo, soprattutto, non le avrebbe condotto nulla in tasca, facendole, al contrario, soltanto perdere tempo « In tal caso, per il giusto prezzo, potremo fare tutto quello che vorrai… »
« Diciamo che potrebbe servirmi qualche informazione. » suggerì l’investigatrice privata, arrestandosi a non più di tre piedi di distanza dalla propria interlocutrice, per non offrirle l’impressione di volerla forzatamente avvicinare, non dopo la pur legittima presa di distanza della medesima, per così come trasparentemente appena accaduto « Pochi minuti… non di più. » volle rassicurarla, a escludere l’eventualità di farle perdere troppo tempo « Quanto potrebbe costarmi tutto ciò…? »
« Se si tratta del signor Kipons… scordatelo, rossa. » scosse il capo la prima, dando riprova di non aver già dimenticato chi ella stesse allor cercando ma negando esplicitamente di volersi esprimere a tal riguardo, di volerle concedere l’aiuto richiesto « Io non so chi tu sia e, sinceramente, neppure mi interessa saperlo. Ma quello è un brav’uomo e, ultimamente, ha già avuto troppi guai per poter essere coinvolto anche in qualunque cosa tu abbia in mente di chiedergli. »
« Presumi che possa portargli nuovo problemi… » aggrottò la fronte la seconda, dubbiosa nel merito della legittimità di una simile posizione, giudicata allora più prossima a un pregiudizio nei suoi riguardi piuttosto che ad altro, giacché, obiettivamente, non avrebbe mai potuto dire di conoscerla in termini sufficienti a giustificare tanta ritrosia.
« Come ti ho detto subito, a una certa ora le brave ragazze farebbero meglio a tornare a casa… » rievocò le proprie stesse parole, sorridendole apertamente « E dal momento che non sembri per nulla interessata a tornare a casa, è possibile desumere che tu non sia, esattamente, una brava ragazza. » ragionò ad alta voce, secondo un percorso non così errato nella propria formulazione, benché, alfine, facente riferimento a una conclusione indubbiamente oppugnabile.
« Credimi… non ho interesse ad agire in contrasto al signor Kipons. » tentò di appellarsi, per un’ultima volta, Midda, avvertendo chiaramente, tuttavia, quanto ormai la questione avrebbe potuto essere spiacevolmente considerata conclusa da parte dell’altra, rimasta addirittura ancor priva di nome.

Con un ultimo sorriso carico di una sorta di triste malinconia ancor prima che di concreto divertimento, la professionista ebbe a scuotere ancora il capo, per escludere la possibilità di successo anche di quell’ultimo tentativo, per poi, altresì, concludere esprimendo, nella maniera più chiara possibile, il senso non soltanto di quel dialogo ma, forse, del suo intero intendimento della vita nella sua più viva complessità, un intendimento che, necessariamente, ella aveva dovuto in tal maniera sviluppare per accettare tutta la propria condizione, laddove, pur probabilmente priva di un qualche aguzzino a spingerla in tal senso, in quella direzione, appariva egualmente chiaro quanto ella non avrebbe mai potuto considerarsi realmente entusiasta a essere quanto, allora, appariva.

« La questione non è che io abbia a crederti o meno… » sospirò « … la questione, molto semplicemente, è che neppur mi importa avere un qualunque motivo per cui crederti o meno. »

E l’investigatrice privata, comprendendo di non avere molto altro da poter aggiungere, levo appena una mano in cenno di saluto, prima di allontanarsi da lì, insoddisfatta per l’insuccesso allor riportato.

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