11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 9 giugno 2017

RM 159


« D’accordo… mi sono sbagliata. »

Chi avesse conosciuto superficialmente Midda Bontor, avrebbe potuto credere che, da parte sua, una simile asserzione avesse a doversi considerare fondamentalmente aliena a qualunque concezione di quotidianità, laddove, nel suo carattere forte, autonomo, indipendente, determinato, difficile sarebbe stato per lei poter ammettere l’eventualità di un errore. Ciò non di meno, ella non avrebbe avuto a dover essere confusa come la controparte femminile di Arthur Fonzarelli: al contrario. Nella perfetta consapevolezza della propria fallibilità umana, ella non avrebbe mai desiderato negare i propri errori, al fine, fondamentale, di poter imparare dagli stessi e, quantomeno tentare, di non ripeterli in futuro, per quanto sovente avrebbe avuto a doversi considerare estremamente difficile riportare un reale successo in tal senso.
In ciò, chi avesse altresì conosciuto realmente l’investigatrice privata, non avrebbe potuto mai sorprendersi di una tale asserzione. Soprattutto nel momento in cui, a dispetto di tutti i pregiudizi precedentemente accumulati attorno all’ancor sconosciuta figura di Ja’Nihr Noam’Il, ella ebbe a ritrovarsi a confronto con una donna, e un avvocato, che in nulla, e per nulla, avrebbe potuto coincidere con l’immagine mentale in lei creatasi, a dimostrazione di quanto, sempre e comunque, ogni sorta di preconcetto avrebbe avuto a doversi considerare fallibile, non come mera possibilità, quanto e piuttosto come principale, predestinata conclusione, il fine ultimo a cui, volenti o nolenti, tutti coloro prevenuti a riguardo di qualunque cosa, presto o tardi, sarebbero necessariamente andati a scontrarsi.
Trentacinque anni, suo pari, afroamericana, ms. Noam’Il avrebbe avuto, sotto un profilo squisitamente estetico, a doversi riconoscere una donna di indubbia bellezza, contraddistinta da un corpo alto e slanciato, un fisico atletico e adeguatamente scolpito, e una viso affascinante circondato da lunghi capelli ordinatamente raccolti in una serie di piccolissime treccine, a loro volta legate insieme dietro la nuca, in una lunga ed esotica coda: una descrizione, quella così attribuibile, che, obiettivamente, l’avrebbe resa un’impareggiabile modella, con sufficiente potenzialità da potersi considerare forse destinata a rientrare fra le schiere di grandi nomi ormai sempre più appartenenti alla Storia che all’attualità, come Claudia Schiffer e Naomi Campbell, della quale avrebbe sicuramente potuto essere la naturale erede, se solo non avesse, chiaramente, preferito dedicarsi a qualcosa di diverso, come divenire avvocato. E se, in ciò, il mondo sicuramente aveva perduto la possibilità di deliziarsi della sua bellezza e innata eleganza, parimenti aveva guadagnato una professionista di indubbio valore, di straordinario merito, animata, proprio negli stessi termini che Midda aveva sarcasticamente escluso, considerandoli tanto fattibili al pari di un episodio del capolavoro d’animazione “Fantasia”, dalla volontà di contribuire in maniera positiva alla società e non, meno gradevolmente, a saccheggiarla.
L’avvocatessa Noam’Il, infatti, avrebbe dovuto essere considerata tale non in quanto inserita all’interno di un qualche costoso studio con una sfilza di altisonanti cognomi a comune denominazione, quanto e piuttosto qual socia giovane della sezione legale della “Neverending Story Inc.”, una società senza scopo di lucro avente qual proprio principale obiettivo quello di poter aiutare persone di ogni estrazione sociale, e soprattutto coloro privi di qualunque possibilità economica, allo scopo di poter vedere egualmente riconosciuti i propri diritti sotto ogni profilo: profilo che, nella fattispecie propria del soggetto in questione, avrebbe riguardato l’offerta di consulenza e assistenza legale a coloro i quali, altrimenti, sarebbero sicuramente stati travolti dal sistema, non potendo permettersi un avvocato migliore di quello d’ufficio. Offrendo, quindi, torto in senso assoluto alla stolida valutazione priva di qualunque fondamento della quale l’investigatrice privata si era resa protagonista, Ja’Nihr Noam’Il avrebbe avuto a dover essere realmente riconosciuta qual uno di quei pur ammirevoli esempi di integrità umana volto a difendere soltanto innocenti, alla Perry Mason, e, magari, a difendere i poveracci altresì privi di qualunque speranza, magari e addirittura a titolo gratuito. Perché anche laddove, invero, ella avrebbe potuto a sua volta godere del supporto della “Neverending Story Inc.” per i propri fabbisogni, il suo avrebbe avuto a doversi considerare fondamentalmente del vero e proprio volontariato: volontariato altamente qualificato e contraddistinto da indubbia professionalità, ma ciò non di meno comunque volontariato.

« … e io neanche immaginavo esistessero società del genere… » commentò l’investigatrice privata, senza celare il proprio stupore, la propria sorpresa, nel conversare amabilmente con un ragazzo preposto all’accoglienza degli ospiti all’ingresso della sede newyorkese di tale straordinario esempio di filantropia, innanzi al quale neppure una persona estremamente più cinica di quanto lei, a tratti, non si sarebbe forse potuta dimostrar d’essere, sarebbe rimasta imperturbata.
« Mi permetta di lasciarle questo libretto illustrativo nel merito del nostro operato. » suggerì il ragazzo, sollevando da un angolo del proprio bancone un fascicoletto di una ventina di pagine, sulla copertina del quale capeggiava il nome della società, seguito da una lunga serie di piccolissime foto, non più grandi di un quarto di pollice, quasi indistinguibili nei propri singoli soggetti e volte a formare, altresì, nella propria integrità, nella propria pienezza, l’immagine di due persone, la prima delle quali stava tendendo le proprie mani alla seconda, per aiutarla a rialzarsi da terra « Qui troverà qualche accenno alla nostra storia, e l’elenco completo di tutte le nostre attività in diversi settori, con i riferimenti utili per poter prendere contatto con chiunque. »
« Grazie… » replicò la donna, chinando appena il capo in segno d riconoscenza per quella lettura indubbiamente promozionale, ma potenzialmente interessante, nella quale sarebbe stata ben lieta di immergersi durante il successivo viaggio in metropolitana, ragione per cui, con discrezione, arrotolò il libretto e lo inserì nella tasca destra del suo giubbotto, lì riponendolo per un momento più opportuno « E, non per sembrare insistente, ma fra quanto hai detto dovrebbe arrivare ms. Noam’Il…? »
« Credo non più di venti… venticinque minuti. » confermò il suo interlocutore, con tono quasi di scuse per l’attesa che le stava venendo così richiesta « Questa mattina, sul presto, ha avuto alcuni impegni riguardanti uno dei tanti casi che sta seguendo, e, in questo, ha avvisato sarebbe giunta più tardi qui in sede. »
« Nessun problema. » volle rassicurarlo Midda, a escludere l’eventualità di una qualche ragione di malcontento, da parte sua, per quell’attesa « Materiale da leggere me lo hai fornito… e lì vedo delle seggiole che danno idea di essere particolarmente comode. » sorrise, indicando la sala d’attesa poco distante, all’interno della quale altre persone erano già accomodate, non necessariamente per la sua stessa ragione e, pur, per incontrare qualcuno all’interno di quegli uffici « Quando arriva, io sono lì. D’accordo…? »
« La ringrazio di cuore. » annuì il giovane, sorridendole.
« E per cosa…? » minimizzò ella, stringendosi fra le spalle e dirigendosi, con serenità, alla sala d’attesa.

Ove qualcuno, in nome di una qualche profonda diffidenza, avrebbe potuto ancora serbarsi dubbi nel merito dell’effettiva missione di quella società, entrando in sala d’attesa ogni possibile malizia, ogni eventuale fraintendimento, sarebbero ineluttabilmente andati a infrangersi, e a infrangersi rumorosamente, contro l’inappellabile evidenza della realtà, e della realtà dei fatti, che lì, innanzi al suo sguardo, avrebbe posto non una serie di ricchi e boriosi lestofanti abbisognanti dell’aiuto di un avvocato per eludere la legge, per trovare una scappatoia utile a permettere loro di restare all’interno della legalità anche per azioni che di legale nulla avrebbero potuto vantare, quanto e piuttosto una variegata sequenza di disgraziati, con rispetto parlando, la cui miseria non avrebbe mai negato loro il diritto all’assistenza legale, ma, certamente, avrebbe reso la medesima tutt’altro che efficace rispetto e chi, altresì, in grado di permettersi un avvocato. E, in tal senso, ognuno di loro, all’interno di quella stanza, stava confidando nell’idea di poter incontrare qualcuno adeguatamente capace, e ciò non di meno generoso, in misura utile a risolvere le loro difficoltà, in ciò richiedendo null’altro che un mero “Grazie”.

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