11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 11 giugno 2017

RM 161


Dopo che l’avvocato ebbe ordinato la propria colazione, e che l’investigatrice privata, altresì, ebbe cortesemente rifiutato l’offerta di un caffè, le due donne andarono a sedersi a un tavolo della caffetteria, quasi fossero due vecchie amiche lì ritrovatesi per quattro chiacchiere insieme. Tuttavia, Ja’Nihr non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual lì presente solo per un’amabile conversazione e, in ciò, ligia al proprio dovere, ebbe subito a riportare l’attenzione alla propria ospite, e a farlo nella maniera più serena possibile, nell’evidente volontà di porre quanto più possibile a suo agio la stessa, affinché si sentisse libera di esprimersi senza remore, senza soggezione di sorta nei suoi confronti…

« Allora… Maddie. » sorrise tranquilla, poggiandosi delicatamente al tavolinetto con massima eleganza, nel lasciar gravare, e in maniera addirittura superficiale, i propri avambracci sul bordo del medesimo, alla graziosa ricerca di un fermo punto d’appoggio pur senza, in ciò, spingersi alla posizione certamente meno distinta assunta dalla propria interlocutrice, altresì pesantemente affondata sul lato opposto del medesimo a braccia conserte, addirittura in contatto con lo stesso solo ed esclusivamente con i propri gomiti, spinti in avanti, nel mentre in cui il resto del proprio corpo ricadeva nel vuoto fra il proprio addome e il bordo arrotondato di tale supporto « Sono qui per ascoltarti. Dimmi tutto ciò che vuoi… senza farti problema alcuno. Non sono qui per giudicarti o condannarti, ma solo per aiutarti entro i limiti delle mie possibilità. »
« Grazie… » annuì l’altra, salvo, poi, ritrovarsi terribilmente impreparata al confronto con tutto quello, giacché, a dispetto di ogni suo preconcetto, la piega, l’evoluzione che tutto ciò stava prendendo, che tutto ciò aveva preso, l’aveva improvvisamente posta nella condizione di non saper, effettivamente, in che maniera potersi rivolgere a quella donna, pur essendosi sospinta sino a lì solo per quello.

Nel presumere, infatti, di ritrovarsi a confronto con una sorta di arpia marchiata Prada, una spiegata vampira desiderosa di soldi, e di quanti più soldi possibili, senza interessarsi, in ciò, dell’origine degli stessi, tale da rendere sua massima ambizione quella di divenire l’avvocatessa di qualche mafioso di alto profilo; anche la presenza del suo nome all’interno di un fascicolo federale avrebbe potuto riservarsi facile interpretazione, riservando, in ciò, all’investigatrice, l’unica difficoltà di comprendere, effettivamente, di quale criminale in particolare ella potesse allor star proteggendo gli interessi. Senza contare quanto, allora, sarebbe stato molto più semplice mentirle, e mentirle senza remore morali di sorta, giacché ella avrebbe rappresentato ai suoi occhi, e ai suoi occhi di ex-poliziotta ed ex-detective, tutto il male possibile. Nel proporsi ella, altresì, quanto di più vicino, al suo giudizio, a una santa, non soltanto gli interessi del Bureau nei suoi riguardi sarebbero divenuti improvvisamente di difficile intendimento; ma, ancor più, moralmente complesso sarebbe stato per lei insistere con la messinscena allor appena iniziata, sentendo gravare eccessivamente, sul proprio animo, il peso di una tal ingiusta farsa a suo potenziale discapito. Tuttavia, ella si era impegnata, con i federali, non soltanto a livello professionale, ma anche a livello legale, vincolata a loro da accordi di riservatezza che, se infranti, avrebbero potuto riservarle non poche rogne, nella possibile accusa di intralcio alla giustizia, nella migliore delle ipotesi, o, peggio, di qualche altra, meno gradevole, accusa, che contro di lei sarebbe allor stata portata avanti addirittura da un procuratore federale, generalmente soggetti dotati di molto meno senso dell’umorismo rispetto ai più affabili procuratori distrettuali; ragione per la quale avrebbe dovuto fare estrema attenzione a non permetterle, in alcun modo, di intuire, quantomeno nel dettaglio, la verità dietro alle ragioni per le quali ella si era sino a lei sospinta.
Paradossale, quindi, avrebbe avuto a dover essere considerata tutta quella situazione, tale per cui, ella avrebbe ampiamente preferito l’eventualità nella quale, la sua interlocutrice, in quel momento, avesse a doversi giudicare qual una cagna malefica, piuttosto che la potenziale nuova migliore amica che lì, nel profondo del suo stomaco, stava avvertendo di avere di fronte…

« Prenditi tutto il tempo che ti serve… » le raccomandò, nuovamente e indiscutibilmente affabile l’avvocatessa, sorseggiando il proprio cappuccino, nel garantirle tutto il tempo necessario per decidersi a parlare, posta qual si era ritrovata di fronte a un lungo silenzio, e un lungo silenzio derivante dall’incertezza della sua nuova cliente sul cosa potersi permetterle di dirle « E ricordati che, in quanto tuo legale, esiste fra noi quella straordinaria regola del segreto professionale… tutto quello che mi dirai, oggi o in futuro, è destinato a restare fra noi, senza se e senza ma. »

Probabilmente, la scelta migliore che Midda avrebbe potuto riservarsi, in quell’istante, sarebbe stata quella di simulare una qualunque indecisione, un qualunque ripensamento dell’ultimo minuto, al fine di ritirarsi e di concedersi, in tal modo, tempo utile a riformulare la propria strategia sulla base delle nuove informazioni in suo possesso, rivalutare quanto poteva star accadendo, e accadendo, in particolare, fra quell’avvocatessa, Grossa Grana Federale e Smilza Grana Federale, in maniera utile a capire in quale nuova maniera sarebbe stato più opportuno approcciare a lei, giacché cercare di inventarsi, lì sul momento, qualcosa di credibile, una storia sostenibile agli occhi di un avvocato, sarebbe avrebbe avuto a doversi ritenere un’impresa non così banale quanto sarebbe stato sicuramente più gradevole apparisse.
Ma, nella propria vita, rare erano state le occasioni in cui l’investigatrice privata aveva effettivamente seguito il pur palese raziocinio presente dietro l’idea della scelta migliore da riservarsi: se così fosse stato, probabilmente, non avrebbe lasciato gli studi universitari per iscriversi all’accademia di polizia; non si sarebbe sposata con Desmair; non avrebbe lasciato il lavoro da detective, con il proprio stipendio certo e gli straordinari pagati, per intraprendere l’incerta carriera attuale; e, probabilmente, non avrebbe accettato una busta piena di contanti da due agenti federali per seguire un caso nel merito del quale non le era stata concessa alcuna informazione… non prima, e neppure, obiettivamente, dopo. Così, nel ripercorrere, uno a uno, i principali disastri della propria vita passata e, probabilmente, gli ultimi della propria vita presente; alla si convinse di non poter peggiorare ulteriormente la propria condizione, non avendo occasione di compiere errori peggiori rispetto a quelli che già, sino a quel momento, aveva compiuto.
Una conclusione pericolosa, quella a cui giungere in tal maniera, laddove, anche soltanto a livello di superstizione, ella non avrebbe avuto a dover commettere l’errore di considerare la propria attuale situazione priva di possibilità di peggioramento. Una conclusione pericolosa, quella a cui giunse comunque in tal maniera, che avrebbe potuto essere giustificata dall’evidenza di quanto, forse stolidamente, forse ingenuamente, o forse perché, in fondo, amante del pericolo e, in ciò, alla continua ricerca di nuove occasioni per gettarsi in esso, ella non avrebbe potuto ovviare a sottrarsi al richiamo dell’avventura… anche quando questo avanzava fianco a fianco con la potenziale minaccia di una condanna detentiva da scontarsi in un carcere federale.

« D’accordo… » annuì alfine, dopo un lungo momento di silenzio, necessario a concederle occasione di prendere quell’insana decisione, di maturare quell’assurda idea volta a giocare, con quell’ancora, perfetta sconosciuta, a carte scoperte, fidandosi tanto di lei, quanto dell’organizzazione alla quale ella apparteneva, seppur per ragioni diverse « … mi sembri una ragazza in gamba, Ja’N. E per questo non mi va di mentirti ulteriormente. » ammise, sincera nelle proprie intenzioni « In effetti, il mio nome non è Madailéin Mont-d'Orb… ma Midda Bontor. E sono un’investigatrice privata. »

E laddove, pur, ella si sarebbe potuta allor attendere qualche reazione di stizza, di disappunto da parte della sua interlocutrice, nell’evidenza del tentativo da lei promosso in favore di quella menzogna, di quel sotterfugio per arrivare a quell’incontro sotto falso nome; ancora una volta l’avvocatessa ebbe a dimostrarsi una donna indubbiamente speciale, nel reagire, altresì, nell’unica maniera che ella non avrebbe potuto aspettarsi…

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