11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 13 giugno 2017

RM 163


« Questo lo posso comprendere… » annuì l’avvocatessa, accennando un lieve movimento del capo in senso affermativo a quell’esigenza che, ipocrita, da parte sua, sarebbe stato non considerare reale « Tuttavia, voglio poterti considerare sufficientemente confidente, con la questione, da trovare il modo di far collimare l’esigenza di parlarmi con quella di mantenere il silenzio… o, in alternativa, questa situazione finirà necessariamente in uno sgradevole stallo. » ironizzò, non tanto a discapito della propria interlocutrice, quanto e piuttosto del momento per così come lì creatosi, in una conversazione che, sotto molti aspetti, a posteriori avrebbe potuto essere considerata persino surreale.
« Assolutamente! » confermò l’investigatrice, ridacchiando per tutta risposta « Sarebbe dimostrazione di eccessiva considerazione da parte mia, nei tuoi riguardi, pretendere che tu possa intendere quanto io abbia a doverti chiedere senza che io abbia neppure a dover parlare. » puntualizzò, per poi sforzarsi di assumere un tono più serio e composto, non desiderando abusare eccessivamente della disponibilità che le era stata sino a quel momento concessa dalla propria squisita interlocutrice, la quale aveva offerto riprova di saper affrontare in maniera pacata e controllata anche situazioni impreviste « Comunque, scusami davvero per aver cercato di ricorrere, in maniera alfine dimostratasi indubbiamente maldestra, a un simile sotterfugio per incontrarti… »
« Nessun problema. Davvero. » minimizzò Ja’N, con un quieto sorriso.
« … tuttavia, il tuo nome è emerso nel corso di una piccola indagine che sto seguendo. E, dal momento che tu potresti essere in possesso di qualche informazione utile a tal riguardo, ho preferito venire direttamente alla fonte, e sentire la tua versione dei fatti, allorché accontentarmi di qualche informazione a tratti purtroppo criptica. » spiegò, riuscendo ad apparire sufficientemente seria e sincera nell’esprimersi, allora, in riferimento a quel disastro di censura sugli incartamenti a lei consegnati, tale da renderli non semplicemente criptici, ma, più concretamente, del tutto incomprensibili a ogni intelletto umano « Ovviamente, non mi aspetto che tu abbia a violare il segreto d’ufficio nei confronti di qualche altro tuo cliente per me… » sottolineò, immediatamente, a scanso di equivoci.
« Anche perché, senza offesa, non lo farei. » asserì l’altra.
« So che la domanda ti potrà sembrare un po’ strana… » premesse la prima, giungendo ormai al nocciolo della questione e, obiettivamente, all’unico nocciolo che avrebbe potuto vantare in suo possesso, in quello che, comunque, avrebbe potuto rivelarsi essere un pericoloso azzardo, ma che, obiettivamente, non avrebbe potuto allor evitare… non nel voler, in qualche modo, sperare di giungere a capo di quel mistero, nel tentare di comprendere, quantomeno, ciò su cui avrebbe dovuto indagare per conto del Bureau « … ma ti è mai capitato di incontrare, o anche solo di sentir parlare, di un fornaio di Brooklyn di nome Hayton Kipons…? »

Insolitamente lungo, e indubbiamente enigmatico, fu allora il silenzio nel quale Ja’Nihr ebbe ad avvolgersi, eccessivo nella propria durata per poter essere frainteso qual un momento di riflessione utile a valutare una qualche confidenza o meno con quel nome, quanto e piuttosto tale da poter lasciar intendere, da parte sua, un’effettiva conoscenza con quel nome e, in ciò, la necessità di valutare in quali termini poter rispondere a quella domanda, all’interrogativo così propostole. Un silenzio che, con tranquillità, Midda ebbe lì a rispettare, laddove, nell’ottimo rapporto sino a quel momento instauratosi fra loro, l’ultimo suo possibile desiderio avrebbe potuto essere inteso quello volto a incrinare quelle splendide premesse… premesse che, in maniera forse un po’ troppo adolescenziale, ella si ritrovò a sperare avrebbero potuto un giorno portare a una meravigliosa amicizia fra loro.
E se l’una non insistette, l’altra parve apprezzare la delicatezza così dimostratale, forse ragione per la quale, dopo accurata analisi della situazione, l’avvocatessa decise di provare a riprendere voce, e di farlo per rispondere al quesito per così come rivoltole, senza nulla togliere… e, ciò non di meno, senza null’altro aggiungere se non, appunto, quanto minimo indispensabile a dar corpo a una giusta replica.

« Sì. » annuì, accennando un lieve sorriso e, ciò non di meno, ora assumendo un’espressione più attenta, più concentrata, giunte quali erano al pur inevitabile confronto.
« Sì…? » ripeté l’investigatrice, cercando di ottenere, in verità, un minimo di argomentazione in più, pur senza riportare particolare successo a tal riguardo, dal momento in cui l’altra, molto semplicemente, ebbe a ripetersi per così come già formulato, già scandito.
« Sì. » confermò, nel più classico comportamento da avvocato, volto a non rifiutare di esprimersi e, parimenti, a non aggiungere nulla di potenzialmente compromettente, in assenza di un qualche esplicito interesse a tal riguardo.
« Capisco. » accetto, quindi, Midda, nell’intendere quanto, allora, la disponibilità della propria controparte avrebbe avuto a dover essere considerata qual pur vincolata alla sua capacità di formulare le giuste domande e, soprattutto, di apparire realmente confidente con ciò di cui stava allor parlando, benché, obiettivamente, tutto tranne che tale avrebbe avuto a dover essere giudicata.

Personalmente, in quanto ex-poliziotta ed ex-detective, quei giuochi di dialettica e di retorica avrebbero avuto a dover essere considerati esattamente quanto utile, alla donna, per avvertire legittima irritazione crescere nel profondo del proprio cuore, in nulla smorzata, quanto e addirittura alimentata, da quella sorta di muro di gomma che pur, purtroppo, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto non soltanto qual sovente abusato ma, anche, spiacevolmente legale. E se solo, allora, ella fosse stata ancora una piedipiatti, molto probabile sarebbe stata la scelta, da parte sua, dell’interpretazione del cinematograficamente e televisivamente celebre giuoco “del poliziotto buono e del poliziotto cattivo”, rinunciando, in verità, al primo aspetto in favore di ferma concentrazione sul secondo. Ma, allora, oltre a non essere più una poliziotta, una detective, ella avrebbe avuto a dover essere considerata qual animata anche dal desiderio di non volgere in negativo il dialogo con Ja’Nihr, motivo per il quale, con tanta pazienza, e tanto equilibrio interiore, ella ebbe a ovviare a qualunque perdita di controllo anche innanzi a un contesto tanto spiacevolmente sfavorevole, per riservarsi, al contrario, occasione di riflettere, e di riflettere a mente quanto più possibile lucida.
Così, ragionando rapidamente sulla situazione, ella cercò di disporre su un immaginario tavolo tutte le possibilità per le quali l’altra avrebbe potuto conoscere il panettiere e, soprattutto, tutte le possibilità più sensate per le quali ciò avrebbe potuto essere. E senza particolare impegno, quanto ebbe modo di valutare fu che, probabilmente, fra i due avrebbe avuto a dover esistere un qualche rapporto professionale: piccolo artigiano del Bushwick, lui, membro di uno studio legale pro bono, lei, nulla di più facile, nulla di più ovvio o banale, avrebbe potuto essere immaginato che l’esistenza di una qualche causa, magari per ipoteche pendenti, magari per debiti insoluti, avente qual protagonista il primo, supportato dalla seconda, e schierati entrambi contro qualche grande banca, multinazionale o chissà chi altri… ma, in tal senso, in che termini avrebbe potuto avere a che fare il Bureau? Difficile sarebbe stato credere in un qualche interesse federale in una situazione del genere… a meno che, eventualmente, sul fronte contrapposto ai due avesse a dover essere considerato qualche indagato, qualche colosso sotto inchiesta, ragione per la quale, effettivamente, degli interessi trasversali avrebbero potuto essere presenti. Ma, ancora… in che termini avrebbe potuto avere a che fare il dipartimento di polizia della città di New York con tutto quello, dal momento che Grossa Grana Federale e Smilza Grana Federale avevano dichiarato abbastanza esplicitamente l’esistenza di una sovrapposizione di competenze con esso?
Più ci continuava a pensare, meno ella era in grado di raggiungere un qualche effettivo risultato. Ragione per la quale, alla fine, decise di arrischiarsi nuovamente, in un’ipotesi che, al tempo stesso, avrebbe potuto risultare estremamente fondata e, non di meno, del tutto priva di ogni motivazione.

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