11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 15 luglio 2017

RM 195


Sebbene le parole di Lange non avrebbero potuto definirsi propriamente un complimento nei suoi confronti, Midda decise di non crearsi problemi di sorta in tal senso, limitandosi a cogliere quello che le stava venendo offerto con maggiore umiltà e riconoscenza possibile, tanto nei confronti del proprio ex-capitano, quanto e maggiormente in quelli del fato. Se anche, alla fine, la sua mossa sarebbe stata ricordata qual il puro e semplice azzardo che avrebbe avuto a dover essere riconosciuta essere, allorché il frutto di una qualche profonda elucubrazione introspettiva… beh… ne sarebbe stata comunque felice, nel momento in cui, comunque, al signor Anloch sarebbe stata concessa l’opportunità di riabbracciare la propria figliola.
Ringraziandolo di cuore, quindi, per la disponibilità garantitale, l’investigatrice privata stava per chiudere la comunicazione quando, in maniera del tutto inattesa, il proprio ex-capitano ebbe a ritornare a sorpresa sull’argomento Desmair, probabilmente stuzzicato, a tal riguardo, dall’infelice uscita che, ella, si era pocanzi lasciata scappare…

« Pivella…? » ne richiamò l’attenzione, dopo che ella lo ebbe ringraziato e prima che potesse interrompere concludere la telefonata.
« Sì…? » replicò la donna, con quieta disponibilità ad ascoltarlo, non immaginando dove sarebbe andato a parare e, a prescindere, consapevole di dovergli comunque rispetto, se non per tutto quanto egli pur aveva fatto per lei in passato, quantomeno per quanto, ancora, si stava impegnando a fare, sin troppo collaborativo con lei per non farla sentire, obiettivamente, in imbarazzante debito nei suoi riguardi.
« Tre anni fa non ho fatto le giuste domande quando avrei dovuto… e, francamente, ho perso il conto delle volte che mi sono ritrovato a domandarmi quanta responsabilità, in ciò, abbia avuto io per quello che è successo fra Desmair e te, dal momento in cui, forse, se non avessi voluto minimizzare il valore dei pur evidenti segnali che stavi lanciandomi, forse, e dico forse, le cose si sarebbero concluse in maniera diversa. Per tutti. » introdusse, in un’assunzione di responsabilità che non poté ovviare a porre ancor più in imbarazzo l’investigatrice privata, la quale mai, e per alcuna ragione, avrebbe potuto colpevolizzare in qualsivoglia maniera il suo interlocutore, o chiunque altro, nel distretto e al di fuori di esso, per quanto accaduto fra lei e il suo ex-marito, non, quantomeno, laddove era stata sufficientemente brava a cacciarsi da sola nei guai « Ora, capiscimi, vorrei evitare di ripetere lo stesso errore. »
« Capitano… non hai commesso alcun errore: ho fatto tutto io, da sola, convinta di poter essere un dannato John McClane declinato al femminile, e di poter sbaragliare l’intero vertice del crimine organizzato di New York City tutto da sola. » ammise ella, non animata dal desiderio di accusarsi ingiustamente di qualcosa, quanto e piuttosto dalla volontà di ovviare a permettere a chicchessia, e soprattutto a Lange Rolamo, di accusarsi ingiustamente per conto suo, facendosi carico di quella sua quanto più totale mancanza di cervello, in tale occasione « Se proprio desideri prenderti la colpa di qualcosa, dovresti farlo all’idea di avermi concesso l’opportunità di dimettermi, invece di portarmi davanti a una cavolo di commissione disciplinare per la mia stupidità, facendomi licenziare con disonore e, magari, sbattere in galera per tutto quello che avevo combinato. »
« Come stavo dicendo, quanto è accaduto tre anni fa, ormai non può essere cambiato. » riprese egli, sembrando quasi volerla ignorare, non prendendo minimamente in considerazione quel tentativo di replica da parte sua « Quello che posso tuttavia evitare è che tu finisca con il commettere, nuovamente, gli stessi errori di tre anni fa. Come, per esempio, convincerti di poter affrontare da sola quell’uomo. »
« Tre anni fa, Desmair era il capo del crimine organizzato di questa città… per quanto possa sembrare ridicolo pronunciare una simile frase. » dichiarò l’investigatrice privata, per tutta risposta « Era potente, organizzato, armato. Oggi, a prescindere dal fatto che possa aver fatto ritorno in città, di certo non ha a poter essere considerato al pari di quello di un tempo… e, per quello che vale, anche io non sono più la stessa donna di tre anni fa. » asserì, sperando che, a differenza di Desmair, nei propri riguardi quella sentenza potesse essere recepita in senso migliorativo.

Un lungo momento di silenzio seguì quella dichiarazione.
Un silenzio non difficile da interpretare da parte della donna, giacché facile sarebbe stato immaginare quanto il suo ex-capitano stesse allor imprecando nel proprio intimo di fronte all’evidenza di quanto ella, quindi, avesse effettivamente e serenamente deciso di ripercorrere esattamente gli stessi stupidi passi di tre anni prima, decidendo di affrontare da sola il proprio avversario e, peggio, di farlo nella consapevolezza di quanto l’occasione precedente non si fosse conclusa propriamente nel migliore dei modi. Anzi.
Un silenzio, ancora, nel quale, molto probabilmente, Lange Rolamo stava allor valutando le proprie possibilità, le carte metaforicamente presenti nella sua mano, allo scopo di decidere l’approccio migliore da adottare nei suoi confronti, lavoro indubbiamente reso ancor più complicato dalla consapevolezza di quanto vana fosse stata in passato qualunque eventuale influenza egli avrebbe potuto vantare nei suoi riguardi e, nel confronto con ciò, quanto addirittura ridicolo, ineluttabilmente, avrebbe avuto a dover essere considerato il proprio attuale ventaglio di alternative, almeno nella volontà di imporle un qualche freno.
Un silenzio, infine, attraverso il quale, forse, egli stava preparandosi all’ineluttabile, non diversamente da un surfista in quieta attesa dell’arrivo dell’onda perfetta nella quale porre in essere la propria sfida al mare e a se stesso, poiché, se metaforicamente egli non avrebbe potuto fare nulla per opporsi all’onda rappresentata dalle scelte della propria protetta, allora l’unica soluzione attuabile, l’unica alternativa rimastagli, avrebbe avuto a dover essere intesa quella atta a trovare un modo per cavalcare quella medesima onda, e sperare, in ciò, di essere sufficientemente abile da riuscire a renderla propria allorché a lasciarsi travolgere dalla stessa.
Un lungo momento di silenzio seguì quella dichiarazione.
Un silenzio al termine del quale egli ritrovò voce, e la ritrovò ricorrendo a tutta la propria autorevolezza, giacché di autorità non avrebbe più potuto vantarne alcuna verso di lei, per comunicarle la propria scelta.

« Sono stato chiaro…? » domandò al termine di quella perentoria presa di posizione, che avrebbe avuto a dover essere intesa, allora, non soltanto qual una scelta personale, quanto e piuttosto una decisione assoluta, alla quale, in questa occasione, ella non avrebbe potuto sottrarsi… non, quantomeno, senza in ciò sottrarsi irrevocabilmente anche a qualunque possibilità di futuro rapporto fra loro, professionale e umano, giacché contrariarlo, allora, sarebbe equivalso a definire un’imperitura, insanabile rottura di fronte alla quale alcuna giustificazione, alcuna scusa, avrebbe potuto porre rimedio.

E Midda, che pur avrebbe preferito ovviare a coinvolgerlo nel presente per ragioni ancor più fondate rispetto a quelle che l’avevano spinta a escluderlo nel passato, giacché, così facendo, avrebbe rischiato non soltanto la propria pelle, la propria libertà e il proprio futuro, ma, anche, quelli dell’unica altra figura paterna avrebbe mai potuto vantare nella propria vita accanto a suo padre; proprio nella consapevolezza del legame di rispetto, di fiducia, di ammirazione che non avrebbe potuto negarsi nei suoi riguardi, si ritrovò purtroppo con le spalle al muro d’innanzi a quella richiesta, a quell’ordine, non potendo, in alcun modo, controbatterlo.

« Sì, signore. » annuì, a malincuore.
« Ci siamo intesi, allora? » richiese ancora conferma egli, inequivocabilmente serio nel proprio tono, non volendo concederle alcuna opportunità di replica in senso opposto al proprio.
« Ci siamo intesi. » annuì, ancora, la donna dagli occhi color ghiaccio, con aria e tono di palese sconfitta, per quanto, paradossalmente, nel profondo del proprio animo, in quella parte più egoistica del suo cuore, anche, e in parte, rallegrata da quanto accaduto.

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