11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 23 luglio 2017

RM 203


Intorno alle tre del pomeriggio, gli uomini al servizio di Be’Sihl avevano fatto comparire alcuni mazzi di carte e, meno di mezz’ora più tardi, anche Midda aveva deciso di unirsi a loro, sperando, al contempo, di non perdere troppi soldi e, ciò non di meno, di ingannare la lunga attesa per le sette, l’orario di apertura del “Kriarya”. Alle quattro del pomeriggio, l’investigatrice privata avrebbe potuto considerarsi in negativo di almeno cento dollari: una cifra che, al di là del generoso anticipo offertole da parte dei federali, avrebbe avuto a doversi considerare, da parte sua, la soglia oltre la quale evitare di spingere i propri passi.
Malgrado ciò, fosse anche solo per il piacere personale di intrattenersi in sua compagnia, un altro seduto al suo tavolo volle suggerire un cambio di gioco, passando dal Texas hold’em a un altro genere di gioco di carte, imparato dai suoi nonni emigrati dall’Italia nell’immediato secondo dopoguerra: il Machiavelli. Fedele al proprio nome, mutuato dal celebre scrittore, politico e filosofo rinascimentale, tale gioco ebbe a presentarsi al contempo estremamente semplice da apprendere nei propri principi fondamentali quanto complicato da giocare, per la straordinaria varietà di combinazioni che, a ogni mossa, avrebbero potuto essere derivate, in misura tale per cui, anche colui che, sino all’ultimo, sarebbe potuto in apparenza risultare ipotetico perdente, sarebbe poi riuscito a ribaltare completamente la propria situazione, chiudendo in una sola mano la partita. Un gioco, pertanto, che non avrebbe certamente sottratto nulla alla tensione propria del poker e che, ciò non di meno, avrebbe richiesto probabilmente ancor più abilità strategica rispetto al precedente: abilità strategica che, dopo un paio di partite giocate in maniera estremamente tranquilla, e utili a tutti per prendere confidenza con il nuovo gioco, ebbe a favorire ineluttabilmente l’investigatrice privata, in misura tale che, alla fine, vinse addirittura per tre volte di seguito prima che, una buona parte dei presenti al tavolo, decidessero di lasciar perdere, nel limitarsi a godere della mera estetica propria della presenza di quell’affascinante figura fra loro senza, in ciò, rischiare di essere particolarmente canzonati dal destino.
Perduti in tal modo alcuni compagni di gioco, Midda aveva avuto tuttavia occasione di accoglierne altri, precedentemente impegnati in altra partita ma che, in parte incuriositi dal nuovo gioco proposto, in parte attratti dall’idea di poterla sfidare, e in parte desiderosi di riscattare l’onore dei loro compagni sconfitti, avevano voluto cambiar tavolo, tentando la sorte in maniera diversa dalla propria consueta via. Ciò non di meno, in quel giuoco ella era parsa trovare piacevole occasione per porre alla prova il proprio intelletto, quella propria abitudine, già ampiamente collaudata con i Post-it nel proprio ufficio anche soltanto la notte precedente, di mischiare le carte in tavola nella volontà di far tornare ogni conto, ragione per la quale anche tutti gli altri, nuovi sfidanti, non poterono riservarsi maggiore fortuna rispetto ai loro predecessori.
A margine di tutto ciò, di quella lunga serie di sfide nelle quali il pomeriggio ebbe a trascorrere in maniera sufficientemente rapida, soltanto il padrone di casa, lo stesso Be’Sihl, aveva offerto evidenza di voler mantenere un certo distacco, ovviando a lasciarsi coinvolgere dall’agonismo pur lì imperante, nel restare, più discretamente, a non meno di una dozzina di piedi di distanza da loro, seguendo da lontano l’evoluzione dei giochi e, con essi, tutte le più o meno vivaci reazioni dei protagonisti di quanto lì ebbe a occorrere. E a poco, in tal senso, ebbero a valere persino dei tentativi di provocazione rivoltegli da parte della stessa donna dagli occhi color ghiaccio, la quale, evidentemente, avrebbe avuto piacere a tentare di umiliarlo innanzi ai suoi uomini e che pur, in tal senso, non ebbe alcuna occasione di impegnarsi, nel disinteresse da lui allor dimostrato  a concederle simile opportunità.
Quando finalmente le sette di sera si erano approssimate, l’ennesima partita in corso aveva avuto a dover essere prematuramente interrotta, per permettere al personale di servizio di riordinare la sala e predisporla all’apertura. Solo a quel punto, quindi, avendo avuto sufficiente possibilità utile a stemperare ogni precedente tensione, l’investigatrice privata aveva potuto accettare di riprendere posto accanto al proprio complice, nella necessità, in tal maniera, di riprendere la messinscena precedente e, con essa, il proprio ruolo di presunta compagna e amante del proprietario del “Kriarya”.

« Sicura di non volerti cambiare e indossare qualcosa di più consono per la serata…? » le aveva suggerito Be’Sihl, riaccogliendola al proprio fianco, e riproponendole un argomento già trattato qualche ora prima, nel merito del suo abbigliamento che, ai suoi occhi, pur caratterizzandola in termini indubbiamente squisiti, non avrebbe avuto a potersi considerare concretamente appropriato per l’ambiente e per il ruolo che ella, al suo interno, avrebbe preteso di interpretare in quella sera.
« So che vedermi indossare l’abito di qualcuna delle tue sgualdrine, magari sufficientemente scollato da farmi apparire degna di una produzione pornografica a basso costo, renderebbe ai tuoi occhi praticamente perfetta questa giornata… » aveva risposto la donna, interpretando in tal modo i reali desideri del proprio interlocutore a tal riguardo « Ciò non di meno… grazie, ma no grazie. » aveva quindi escluso, scuotendo il capo « Preferisco conservare il poco di dignità che mi è ancora rimasta… »
« Sei consapevole di come suoni incredibilmente pregiudizievole ciò che hai appena detto…? » aveva tentato di farle notare egli, per tutta risposta « Oltre a insultare il mio gusto in fatto di abbigliamento femminile, hai insultato gratuitamente qualunque donna io abbia mai frequentato, nonché buona parte dei principali stilisti europei, dai quali abitualmente sono solito servirmi per soddisfare il mio senso estetico. » aveva esplicitato, scuotendo appena il capo « Forse un po’ troppo anche per te… non trovi? »
« So cosa stai tentando di fare: vuoi convincermi a sentirmi in colpa e, in conseguenza di ciò, ad accettare le tue perversioni… » lo aveva tuttavia stroncato ella, sollevando la mancina a domandargli implicitamente di tacere « Lascia perdere… è meglio per entrambi. »

E dal momento in cui, obiettivamente, una sola avrebbe avuto a doversi riconoscere la parola di Midda Namile Bontor, tale per cui, presa una decisione, nulla avrebbe saputo smuoverla dalla propria decisione; al momento dell’apertura del “Kriarya”, i primi avventori che quella sera erano giunti all’interno del locale, per rispettare accuratamente la lunga lista di attesa nelle prenotazioni per quel luogo, avevano avuto a trovare accanto al loro ben noto anfitrione, una nuova figura femminile mai apprezzata in passato e che, pur, non avrebbe potuto mancare di sfuggire ad alcuno, fossero essi uomini, animati in ciò da comprensibile interesse, fossero esse donne, contraddistinte, altresì, da un certo livello d’invidia per quella sconosciuta e per il suo aspetto che, al di là dell’orrida cicatrice presente ad attraversarne il viso, avrebbe avuto a dover essere considerato non meno che magnifico.
Il fisico atletico della donna dagli occhi color ghiaccio, infatti, si era imposto all’attenzione comune qual meravigliosamente delineato, nelle proprie forme, da un completo apparentemente concepito solo a tale scopo, quasi fosse stato disegnato in maniera esclusiva per il suo corpo. Ai suoi piedi, dei bassi sandaletti neri quasi privi di tacco, avevano avvolto delicatamente i suoi piedi, risultando, tuttavia, praticamente celati al di sotto di larghi, larghissimi pantaloni, in delicato velluto blu scuro, quasi indistinguibile dal nero. Pantaloni che, nella propria abbondanza, qualcuno, erroneamente, avrebbe potuto presupporre avrebbero completamente mistificato le sue forme, castigandole nella propria voluttuosità, e che, ciò non di meno, erano riusciti ad apparire qual pensati altresì per risaltarne l’essenza più sincera, nel porre innegabile accento sulla forma soavemente piena dei suoi sodi glutei, i quali, in maniera quasi impertinente, plasmavano il morbido tessuto secondo i propri desideri. Al di sopra di tali pantaloni, il suo busto era apparso poi abbracciato da una delicata camicia di pizzo nero, nel motivo floreale della trama del quale la sua pallida carnagione aveva trovato occasione di risalto pur, obiettivamente, completamente coperta lungo le braccia dalle spalle sino ai polsi, e lungo l’addome dalle clavicole fino a una cintola a sua volta di pizzo che, annodata in un ampio fiocco posto in corrispondenza della parte anteriore del suo fianco sinistro, non aveva lasciasti neppur un semplice pollice di vita in possibile evidenza. Camicia di meravigliosa manifattura, la sua, al di sotto della quale un reggiseno a balconcino, egualmente nero e privo di particolari motivi ornamentali, si era riservato l’impegno, non senza una certa difficoltà, a contenere la mole giunonica dei suoi seni, senza, in questo, tuttavia lasciar adito a volgarità alcuna, al di sotto di un décolleté incredibilmente sobrio, con uno strettissimo scollo a punta che, tuttavia, neppure aveva dato impressione di voler osare lambire la curva superiore delle sue forme. E ricercatamente sobria avrebbe avuto a doversi considerare anche l’assenza di gioie a ornarla ulteriormente, laddove, pur in tanta semplicità, alcun monile avrebbe potuto ulteriormente impreziosire quanto la natura già aveva straordinariamente reso generandola.

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