11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 6 ottobre 2008

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S
econdo teorie proposte da molti studiosi, grandi e solitarie menti che avevano fatto della comprensione del genere umano il proprio scopo di vita, nel lungo e tortuoso cammino della storia dell’umanità esisteva un’epoca lontana, dispersa nei millenni trascorsi, che era stata completamente dimenticata dagli abitanti di ogni terra, cancellata in ogni sua traccia, in ogni suo retaggio.
Nessuno avrebbe saputo indicare con esattezza se una simile e radicale eliminazione si fosse proposta in conseguenza del naturale passaggio delle stagioni, degli anni, dei secoli, o se, al contrario, fosse derivata dal desiderio di non voler vivere nuovamente quanto già affrontato in tali ere, laddove varie e non tutte positive, in effetti, si concedevano le supposizioni intorno a tale periodo. Due, in particolare, erano i filoni di pensiero predominanti nel descrivere quell’epoca dimenticata, contrapponendosi come sempre in posizioni antitetiche, proponendo teorie positive ed ipotesi negative, elevando verso l’alto dei cieli il genere umano o precipitandolo nel più basso oltretomba immaginabile. Vi era chi sosteneva, ad esempio, che in tale era, la razza umana avesse raggiunto il proprio apice, fondando imperi di dimensioni inimmaginabili guidati da sovrani illuminati, sotto il cui comando, sotto la cui guida intere civiltà si erano erette meravigliose ed incantate, prive di ogni sorta di male, fondate su valori di rispetto, di pace, di solidarietà: nazioni che non potevano neppure conoscere il significato di parole quali “fame”, “povertà” o “guerra”, perché mai i membri di quelle popolazioni avevano avuto occasione di dover affrontare simili problemi, questioni altresì tanto presenti nella vita quotidiana dei loro discendenti. Vi era, al contrario, chi affermava con assoluta decisione che in tale periodo volutamente dimenticato, la razza umana si fosse spinta ai livelli più infimi delle proprie possibilità, vivendo in un imbarbarimento privo di ogni possibilità d’eguali, al confronto del quale anche l’epoca moderna sarebbe apparsa un idillio divino: un era oscura, pertanto, un periodo sanguinoso, dove la carne umana era diventata principale fonte di nutrimento, dove le guerre avevano assunto un significato assoluto e terrificante, tale da condurre ogni popolo allo sterminio quasi totale, all’annientamento reciproco quasi completo, evitando l’estinzione dell’intera razza solo in virtù di pochi fortunati sopravvissuti che, ovviamente, si erano ben guardati dal voler tramandare i racconti di una tale epoca, nel timore che essa potesse ripetersi, nella paura che nuovamente l’umanità potesse essere vittima dell’aspetto più oscuro del proprio animo.
Per quanto divisi sullo stile di vita condotto in tale contesto storico dimenticato dal mondo intero, quasi tutti gli studiosi favorevoli alla teoria dell’esistenza di un simile periodo erano concordi nel considerare come all’epoca non vi fosse traccia dei tre continenti attuali, riuniti in una sola, unica grande area emersa dal cui frazionamento molti secoli più tardi sarebbero nate le attuali Hyn, Myrgan e Qahr. Tale ipotesi, assolutamente contestata da tutti coloro che si proponevano in contrasto a simili linee di pensiero, trovava in effetti una possibile conferma nella particolare conformazione della terraferma nelle poche ed imprecise mappe esistenti: secondo tali cartografie, in effetti, i confini dei tre continenti si proponevano estremamente simili a linee di frattura che, partendo da uno stesso punto, il Mare Comune attorno al quale si affacciavano i regni centrali, si espandevano in tre direzioni, separando con lunghi e stretti mari le varie coste, come se ciò che un tempo poteva essere stato un blocco unico di terra fosse stato spezzato dal colpo di un enorme martello. Inutile sottolineare come, in ogni regno, in ogni mitologia, vi fossero diverse spiegazioni divine in merito a tale particolare conformazione: a Kofreya, ad esempio, era narrato come tutto ciò fosse stato conseguenza di un impeto d’ira del dio Gorl, signore delle fiamme, in conseguenza delle offese a lui levate dagli antichi imperi; a Tranith, altresì, tutto era attributo al dio Tarth, signore delle acque, quale suo tentativo di imporre nuovamente la pace fra le terre separando definitivamente i popoli.
Fra le varie leggende, le storie che si tramandavano similmente a favole per bambini, prevalentemente frutto dell’immaginazione di un numero incalcolabile di narratori che di ognuna di esse sapevano offrire dozzine e dozzine di versioni alternative, le più note nel territorio meridionale di Qahr erano senza indubbiamente quelle relative alla regina Anmel. Definita Portatrice di Luce, dai sostenitori di un passato glorioso per l’umanità, o Oscura Mietitrice, dai detrattori di simile teoria in favore di ipotesi meno gradevoli, essa aveva forse proposto il proprio dominio, nel bene o nel male, in maniera incontrastata per oltre millesettecento anni, prima di rimettere il proprio impero nelle mani di eredi meno capaci. I poteri di simile figura non erano ovviamente delineati in modo chiaro, non erano comunemente riconosciuti, apparendo in ogni storia discordanti fra loro come antitetiche erano le teorie a suo riguardo: ciò che sembrava essere accertato, proponendosi pressoché in ogni mito, era la presenza di un mistico diadema accanto alla di lei immagine, una leggendaria corona nella quale, al momento della conclusione del suo cammino mortale, sarebbe rimasta impressa una frazione delle di lei immense capacità, del di lei animo. Vi era pertanto chi sosteneva che colui o colei che avesse recuperato una simile reliquia avrebbe potuto avere accesso a tali poteri, ergendosi ad un livello tale per cui alcun essere mortale avrebbe mai potuto competere, alcun regno avrebbe mai potuto resistere, proponendo in tal modo il primo passo verso una nuova epoca di grandi imperi o, forse, l’imposizione di un unico predominio sull’intero mondo conosciuto. Ovviamente la sola idea di tanto potere si proponeva così esagerata da non suscitare particolare interesse nelle varie dinastie regnanti nella divisione attuale della forza politica, considerata a tutti gli effetti valida solo come fiaba da raccontare ai propri figli prima del riposo notturno e nulla di più.
Una donna, però, una nobile della città di Kirsnya, provincia occidentale del regno di Kofreya, aveva deciso di offrire interesse a tali miti, a simili favole, impegnando il proprio tempo, il proprio potere e le proprie ricchezze nel recupero di quella corona: il suo nome era lady Lavero, ultima erede di una delle più importanti famiglie della propria terra, ed attorno a sé ella aveva radunato quattro mercenari indipendenti, nomi più o meno noti nell’ambiente, allo scopo di formare una squadra d’élite da impiegare nel recupero della reliquia desiderata. Il suo scopo, per quanto era stato concesso di conoscere ai quattro cavalieri, non si proponeva spinto da ambizione, dalla ricerca di potere o di predominio, quanto più banalmente dalla semplice volontà di possesso su tale prezioso oggetto, il cui valore economico si sarebbe sicuramente proposto ineguagliabile: sicuramente ad uno sguardo esterno all’ambiente dei mecenati, tale ridotta brama non sarebbe stata compresa, non sarebbe stata accettata come reale, ma era innegabile come, nella maggior parte dei casi, il desiderio che spingeva i nobili di ogni terra al recupero di oggetti improbabili raramente corrispondeva ad una volontà di predominio o di controllo, anche laddove il potere derivante da simili reliquie, come in quel caso, sarebbe stato forse incomparabile nel confronto con qualsiasi altra forza esistente. Per tale ragione i quattro mercenari, spronati dalla promessa di compensi adeguati alle loro richieste ed ai loro sforzi, non avevano avuto esitazioni nel lanciarsi alla ricerca di quel prezioso retaggio di un passato dimenticato, seguendo l’unica traccia loro offerta da un antico medaglione, risalente ad epoche successive a quelle della regina Anmel, e probabilmente alla creazione dei tre continenti, all’interno del quale sarebbero dovute essere riportate le indicazioni per raggiungere il luogo ove era stato celato per millenni il tesoro perduto.
La solitaria Carsa, che dell’inganno e della simulazione aveva fatto un’arte ed un’arma, i due fratelli di ventura Howe e Be’Wahr, tanto diversi fra loro quanto uniti in imprese troppo spesso oltre i limiti entro i quali si sarebbero dovuti porre, e la leggendaria Midda, una fra le mercenarie più note e meglio ricompensate di quella zona del continente, erano stati i quattro cavalieri scelti per essere al servizio di lady Lavero in tale ricerca. Dopo aver recuperato con successo il medaglione ed averne compreso il metodo d’impiego, essi si erano spinti fino alla provincia di Lysiath ed alla sua maestosa ed abbandonata Biblioteca, all’interno della quale avrebbero potuto ritrovare la chiave di lettura delle informazioni concesse loro dal primo successo riportato. Purtroppo, però, un ostacolo imprevisto ed imprevedibile aveva negato al gruppo la possibilità di ottenere nuova vittoria con il recupero del libro ricercato: esso era infatti andato perduto in un terrificante rogo che aveva coinvolto l’intero complesso, incendio da loro stessi generato per cercare salvezza da una morte altresì certa. Una scelta pertanto amara quella a cui erano stati costretti dagli eventi, che non solo aveva portato al fallimento la loro missione ma che, peggio, aveva visto bruciare una delle più grandi biblioteche del mondo, con il proprio insostituibile tesoro culturale definitivamente perduto in tale catastrofica soluzione.
Una sconfitta assoluta, pertanto, per i quattro cavalieri, che nonostante il proprio impegno, nonostante la propria fama, erano miseramente stati sconfitti su ogni fronte, per quanto sopravvissuti a tutto.

1 commento:

Tanabrus ha detto...

Un ottimo riassunto :)