11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 13 ottobre 2014

2263

Fu quello che, poeticamente, potrei ora descrivere come l’intervento del fato, ma che, sostanzialmente, altro non avrebbe avuto a dover essere ricondotto a un mio sciocco momento di distrazione, a restituire a me, e anche alle mie due compagne, la consapevolezza di quanto, nuovamente, non avrei più potuto definirmi realmente solo, così come mai avrei potuto permettermi di vantarmi di essere sin dal giorno in cui, mio malgrado, ero stato individuato dal marito della mia amata qual ricettacolo ideale per il proprio fuggente spirito, ancor aggrappato al piano d’esistenza mortale benché il suo stesso corpo, ipoteticamente immortale, fosse stato sconfitto per intervento, per opera, del medesimo dio minore al quale avrebbe avuto a doversi dichiarare grato per la propria esistenza in vita, nell’esserne semidivina progenie. Uno sciocco momento di distrazione le conseguenze del quale, nel rendere giustizia allo stesso Desmair, avrebbero potuto persino aversi a considerare fatali se solo, appunto, non fossi stato allora graziato dalla pur mal digerita, e mal digeribile, presenza del medesimo all’interno del mio corpo.
Ovviamente, di quanto a seguire, non mi venne data occasione di essere testimone in prima persona, se non nel proprio preambolo, ragione per la quale, ancora una volta, questo mio resoconto si prenderà la libertà di riportare non tanto eventi da me concretamente vissuti, quanto e piuttosto ricostruire la dinamica degli stessi sulla base di quelle che, a posteriori, sono state le vicissitudini a me stesso riferite. Giacché io, nel mentre della nostra fuga, benché ancor sostenuto, oltremisura, dai mai sgradevoli effetti dell’adrenalina, mi ritrovai, imperdonabilmente, a inciampare, forse in conseguenza di un controllo ancor non completo sul mio corpo, forse a seguito dell’incredibile concitazione del momento o, ancora, forse per effetto di una reazione inconscia e istintiva a un qualche segnale di pericolo a me circostante: impossibile, ora, per me definire con precisione entro quale fra queste, e molte altre, eventualità, avrebbe avuto a doversi considerare la causa del pur ingiustificabile crollo che mi coinvolse, che mi vide protagonista, e che, peggio che mai, mi ritrovò intento a picchiare la nuca al suolo, con foga fortunatamente insufficiente ad aprirmi il cranio come un melone troppo maturo e pur, ciò non di meno, adeguata a privarmi, temporaneamente, dei sensi. Condizione alla quale, per collettiva fortuna, si premurò di rimediare rapidamente il mio ospite, prendendo egli stesso controllo del mio corpo altrimenti rimasto, in quel particolare frangente, privo di una coscienza utile a guidarlo.

« Be’Sihl! » gridò Midda, anche in quel momento, anche in quella particolare situazione che avrebbe potuto comprendere i suoi ultimi istanti di vita, a causa del male ancor incurato all’interno del suo corpo dono della sua carceriera, preoccupandosi maggiormente per me ancor prima che per se stessa, e subito precipitandosi al mio fianco per offrirmi il proprio aiuto ed, eventualmente, la propria protezione « Stai bene…?! »

Nel contempo di ciò, un sibilante suono provenne dalle labbra di Lys’sh, proponendosi, invero, quale l’effettivo suono della sua voce, e la concreta espressione della sua lingua natia, non filtrata e non tradotta attraverso congegni in quel momento ormai inutilizzabili, e, in ciò, obiettivamente incomprensibili nel proprio significante, e nel proprio significato, tanto alle orecchie della mia amata, e sua prima compagna di ventura, quanto alle mie… o, per lo meno alle mie orecchie pur, allora, non più sotto il mio effettivo controllo.
Malgrado tale concreto inconveniente, e l’apparente impossibilità a comunicare, il messaggio che Lys’sh aveva voluto offrirci risultò quanto meno esplicito, in quello che avrebbe avuto a dover essere inteso qual un allarme volto a preservarci dall’aggressione di un nuovo gruppo di guardie che, proprio su di noi, stavano per piombare in quel momento, equipaggiati per uno scontro all’arma bianca, con pugnali e daghe.

« Thyres! » imprecò la mia amata, preparandosi al nuovo scontro.

Ancor prima che ella potesse muovere di un solo soffio la propria lama, a intervenire, però, fui io. O, meglio, fu Desmair.
Desmair, il quale, non concedendo più al nostro corpo di giacere a terra, ci spinse con forza, con energia, e con l’assurda eleganza di un unico gesto, di una sola flessione muscolare, a recuperare una posizione eretta innanzi al nemico e, nel contempo di ciò, a proiettare la lama con la quale, un istante prima, mi stavo accompagnando, verso i nostri antagonisti, con impeto espresso, indubbiamente, dal mio corpo e, ciò non di meno, manifestando una violenza della quale non mi sarei mai riuscito a rendere interprete, neppure in grazia a un’adrenalinica overdose. Perché la spada con la quale mi ero armato, allora, volò fra noi e i nostri antagonisti con la precisione e la traiettoria di un dardo scoccato da una balestra e, letteralmente, trapassò, da parte a parte, il petto di ben due guardie, finendo, addirittura, con il ferirne una terza alle loro spalle, così come, sicuramente, neppure una lancia si sarebbe mai potuta concedere occasione di compiere.
E se un nuovo sibilo, ora di chiara sorpresa, commentò l’accaduto sul fronte della nostra ofidiana compagna, parole ben più comprensibili manifestarono la reazione di Midda all’accaduto…

« Ma… come…?! » esitò ella, per un fugace istante, salvo poi lasciar scomparire le proprie nere pupille all’interno delle glaciali iridi, a conferma di quanto, in quel momento, avesse perfettamente compreso l’identità di colui che le stava innanzi e, malgrado l’intervento in comune soccorso, non ne fosse minimamente lieta « … Desmair! »
« Mia signora… bentrovata. » sorrisi… sorrise egli, con il mio volto, accennando un lieve inchino prima di balzare in avanti e catapultarci nella mischia, a finire la terza guardia già ferita e ad affrontare quelle che, dietro a quel primo contingente, stavano per arrivare « Credi che io possa rischiare di apparire eccessivamente sdolcinato evidenziando quanto tu mi sia mancata in questi ultimi mesi…?! »

Quasi a volerle rendere omaggio, in un gesto che, pur, non avrebbe dovuto essere in alcun modo considerato naturale per lui, per la sua indole, per il suo carattere o, comunque, per i loro trascorsi quantomeno burrascosi e fondati su una reciproca e consapevole inimicizia, l’allor detentore del mio corpo ci scagliò senza riservarsi il benché minimo freno inibitore contro il pericolo e, nel contempo di ciò, si riservò persino quell’occasione di scherzo, di giuoco con lei, in quello che, altresì, avrebbe avuto a doversi considerare un modo d’agire proprio della mia stessa compagna, nonché sua mai desiderata sposa.
E, di ciò, di tale gesto, di simile atto, Midda non mancò ovviamente di cogliere l’evidenza, pur non offrendo alcuna trasparenza di ipotetica soddisfazione per quanto, in cotale maniera, tributatole. Perché, al di là dell’omaggio sì rivoltole, quanto più di ogni altra cosa ella non poté ovviare a notare fu l’innegabile, sgradevole e temuto ritorno in azione di Desmair. E di Desmair come prepotente possessore del corpo entro il quale, solo un istante prima, ero stato io ad agire. A confrontarmi con lei. A stringermi a lei.

« Non sono in vena di scherzi, Desmair! » obiettò ella, rialzandosi da terra, là dove mi aveva raggiunto quando ero caduto, per avanzare verso di noi, rivolgendosi al marito quasi come se null’altro, in quel frangente, esistesse allora attorno a noi… incluse anche le guardie che, rapidamente, lo stesso Desmair stava falciando apparentemente senza impegno alcuno, senza fatica alcuna, dimostrando un’imprevedibile maestria nell’uso di un’arma là dove, prima di allora, non ne aveva mai offerto riprova né a me, né tantomeno alla propria sposa « Restituiscimi subito Be’Sihl… ora! »
« Non credo che questo sia possibile. » replicò egli, stringendosi appena fra le spalle « E non prendere il mio qual un capriccio volto a recarti torto, sia chiaro. » puntualizzò subito dopo « Si da tuttavia il caso che, in questo corpo, ci siamo entrambi… e dal momento in cui la coscienza del tuo amato, in questo momento, non è propriamente operativa, sarebbe per me quantomeno sgradevole ritrovarmi costretto a morire. Nuovamente a morire. »

Nessun commento: