11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 31 ottobre 2020

3446

 

Dei sette feriti gravi che furono affidati alle cure di Korl e Lora, nessuno ebbe a morire nel corso delle ore successive all’intervento, né della notte seguente.
Difficile sarebbe stato disciminare se ciò avvenne per merito della bravura dei due improvvisati medici, o se ciò sarebbe comunque occorso a prescindere da quanto da loro compiuto. Probabilmente la verità avrebbe avuto a doversi riconoscere come sovente posta nel mezzo, e allor consistente in una felice e positiva cooperazione fra la forte tempra di quelle persone e, al contempo, la tutt’altro che malevola azione compiuta dai due thermoresi.
A prescindere, tuttavia, da una qualunque questione di merito, quanto ebbe a risultare palese fu il fatto che sette disgraziati che avrebbero potuto andare ad aggiungersi, spiacevolmente, al già alto elenco di vittime, non soltanto non erano morti, ma ebbero a riprendersi in condizioni più che mirabili. Condizioni che ebbero, ineluttabilmente a forzare la mano anche ai cuori più severi, costringendo anche i detrattori più ostinati della coppia a rivedere le proprie posizioni, fosse anche e soltanto per riconoscere loro quel giusto merito, e quel giusto merito
E così, a una settimana di distanza da quella notte insanguinata, quando anche l’ultimo fra i ricoverati ebbe a poter essere lasciato libero di fare ritorno alla propria abitazione e all’affetto della propria famiglia, quasi ineluttabile ebbe a essere un incontro fra l’alcalde Balgi e Korl Jenn’gs e Lora Gron’d. E un incontro dal sapore indubbiamente ufficiale.

« A nome di tutti, in Korrynia, desidero ringraziarvi e, soprattutto, scusarmi con voi. » esordì l’uomo, senza inutili perdite di tempo, nel rigirare vanamente attorno al nocciolo della questione, qual ennesima riprova di uno spirito estremamente pratico, che alcuno spazio avrebbe lasciato a vane banalità politiche.
« Non ve ne è bisogno, Balgi. » scosse tuttavia il capo Lora, minimizzando la necessità di quell’atto.
« Invece sì. » confermò per tutta replica l’uomo, escludendo fermamente ogni ulteriore obiezione a tal riguardo « Quando vi siete offerti per aiutarci, ho immediatamente stigmatizzato la possibilità che voi poteste fare qualcosa di utile a tal riguardo. E quando anche, alla fine, ho deciso di concedervi la possibilità di agire, vi siete comunque ritrovati al centro dei giudizi più negativi dell’intero paese... e non lo meritavate. »
« Forse sì... » sospirò quasi fra sé e sé Korl, ancora incapace a perdonarsi per l’ignavia che tanto lui e Lora avevano volontariamente deciso di abbracciare nel corso della notte dell’attacco... un’ignavia che pur non avrebbe avuto a poter essere così facilmente cancellata da quanto poi avvenuto.
« Korl e io non abbiamo fatto nulla che chiunque, al nostro posto, non avrebbe fatto. » insistette nel contempo di ciò la feriniana, ancora rifiutando qualunque particolare etichetta volta a indicarli come una specie di eroi « E, in tutta franchezza, abbiamo probabilmente avuto più fortuna che abilità, nel non perdere nessuno fra coloro i quali ci avevate affidato. »
« Che sia stata fortuna, o sia stata abilità... noi abbiamo sbagliato a giudicarvi malamente, emettendo facili giudizi in sola conseguenza a una tanto ingiustificata mancanza di fiducia nei vostri metodi. » ribadì tuttavia l’alcalde, desideroso di non avere a cedere di un sol, metaforico, passo a tal riguardo « Il fatto che voi abbiate agito in modi estranei al nostro normale modo di concepire il mondo non avrebbe dovuto lasciarci sentire autorizzati a condannare le vostre scelte. » dichiarò, parlando sì a nome di tutta la cittadinanza e, ciò non di meno, forse impiegando quel plurale anche a titolo strettamente personale, per una qualche, estemporanea, mancanza di fiducia che anch’egli poteva aver provato nel mentre delle lunghe operazioni, e di quelle operazioni che pur, fedele all’impegno preso, non aveva mai avuto a interrompere o a permettere ad altri di avere possibilità di interrompere « Abbiamo però compreso il nostro errore... e, ora, desidereremmo tutti che voi poteste prendere in considerazione l’idea di sostituire la compianta Sieka, quali nostri nuovi cerusici. »
« Non credo che Lora e io potremmo essere adatti a questo ruolo... » escluse tuttavia Korl, scuotendo il capo, pur obiettivamente lusingato da simile offerta « Come già stava giustamente sottolineando la mia amica, la nostra è stata solo fortuna. E il fatto che possiamo essere stati in grado di ricucire qualche ferita non ci rende, necessariamente, dei cerusici. Anzi. »
« Francamente, dopo quanto avete fatto, non potremmo immaginare nessun altro migliore di voi in un tale ruolo. » sospirò Balgi, decisamente insoddisfatto da quel rifiuto « Però non posso fare altro che prendere atto della vostra decisione. » chiarì subito dopo, dimostrando di non avere interesse alcuno nel tentare di obbligarli, fosse anche e soltanto a livello morale « Posso tuttavia chiedervi una grazia...? » domandò poi, congiungendo le mani innanzi a sé, in gesto di preghiera.
« Ma certo! » annuì Lora.
« Almeno fino a quando non giungerà un nuovo cerusico in città, potreste prendere in esame l’idea di collaborare insieme a Onial per coprire le esigenze di Korrynia in tal senso...? » richiese loro, in una proposta che pur sembrava desiderare incastrarli in tal ruolo, seppur a tempo formalmente determinato.

A fronte di quella proposta, Korl e Lora non si sarebbero potuti rifiutare senza, in ciò, avere a tracciare nuove, spiacevoli distanze fra sé e il resto della cittadina. Ragione per la quale, pur non avendo a desiderare impegnarsi in tal ruolo, essi non ebbero possibilità di sottrarsi a confronto con tale richiesta.

« E sia. » annuì Lora, parlando a nome di entrambi.

Fu proprio in quel momento, tuttavia, che alla mente di Korl balenò un’idea.
Un’idea forse folle. Un’idea probabilmente irrealizzabile. E pur un’idea. E un’idea che, come di lì a qualche tempo dopo sarebbe stato evidente, avrebbe avuto a cambiare irrimediabilmente gli equilibri propri dello stile di vita non soltanto di quella cittadina, ma di quell’intero mondo.

« Lo faremo... » prese anch’egli voce, quasi come a offrire ulteriore conferma a quanto già dichiarato da Lora, salvo poi aggiungere « ... ma soltanto se vorrete offrirci fiducia anche per altre iniziative... »
« Che genere di... iniziative? » domandò allora Balgi, più curioso che preoccupato, in un clima di ormai quieta fiducia nei loro riguardi, nel tentare di comprendere di cosa egli potesse star allora parlando.

In verità, in quel momento, Korl Jenn’gs non aveva ancora ben in mente ove la propria idea avrebbe potuto mandarlo a parare e, in questo, non avrebbe avuto neppure possibilità di offrire una risposta di sorta a quell’interrogativo.
Tuttavia, egli sapeva di volersi riservare sin da subito carta bianca utile ad agire. E ad agire in maniera che probabilmente sarebbe risultata assurda a chiunque, ma che, sfruttando quel momento di gloria, avrebbe potuto comunque avere a condurlo metaforicamente da qualche parte.
Ciò che egli non avrebbe mai potuto immaginare, in tutto ciò, sarebbe stato quanto quell’idea non soltanto lo avrebbe condotto metaforicamente da qualche parte, ma, ben presto, avrebbe preteso da parte sua di condurlo fisicamente da qualche altra parte.

« In effetti non sono certo di poterti ora offrire una qualche risposta a tal riguardo... » escluse quietamente Korl, aggrottando appena la fronte con aria quasi imbarazzata « ... ma mi piacerebbe poter provare a migliorare la vita di tutti con qualche novità. »
« Beh... se si tratta di migliorare la vita di tutti, francamente non vedo ragione per la quale non dovrei essere d’accordo! » sorrise quindi l’alcalde, prima di offrire esplicitamente il proprio consenso alla cosa « Per quanto mi riguarda, siete liberi di sperimentare tutto ciò che desiderate. »

venerdì 30 ottobre 2020

3445

 

In tal maniera, improvvisamente, l’intera Korrynia si mosse, quasi all’unisono, per tradurre in realtà quanto richiesto da Korl e Lora. E, quando tutto fu preparato, fu compito di Korl Jenn’gs e Lora Gron’d dimostrare di non aver parlato a vanvera.

« Non ho ancora capito perché io non possa restare vicino a mio figlio... » sussurrò Shata verso Balgi, con tono necessariamente critico, nell’osservare quella strana coppia intenta a muoversi attorno al corpo del proprio primogenito morente « ... e perché si sono coperti il volto? Se gli dei chiameranno a sé il mio povero Pama, non soltanto non avrà vicino a sé sua madre, ma, ancor peggio, sarà circondato da quella coppia così bardata, quasi null’altro fossero se non dei banditi! »
« Hanno detto che è una questione di igiene. » spiegò Balgi, pregando in cuor suo di non aver sbagliato a fidarsi di quei due, e a concedere loro quell’assoluta libertà di azione « Che non è tanto la ferita, ora, l’importante... ma evitare che si abbia a infettare. »
« Non è la ferita l’importante...?! » intervenne Toma, fratello minore di Pama, e secondogenito di Shata « E’ un miracolo che sia ancora in vita malgrado quella pugnalata. E dicono che non è la ferita l’importante...?! »

Per Balgi, tutto quello, era stato un atto di fede nel senso più assoluto del termine. Avere a offrire tanto margine di manovra a quella coppia di stranieri, e dimostratisi, almeno sino a quel momento, neppur tanto abili nei compiti più banali, non avrebbe potuto che apparire folle ai suoi compaesani, e ai suoi compaesani già provati dalle perdite di quella notte e, ancor peggio, dalle perdite che, in quelle nuove ore, avrebbero potuto occorrere.
Eppure Balgi si era sempre considerato bravo nel giudicare le persone. E nel momento in cui Korl e Lora si erano proposti a lui con tanta ferma insistenza, egli si era sentito certo che quella avesse a doversi intendere la scelta giusta. E la scelta giusta per il bene dei propri concittadini.
Tuttavia, essere costretti a osservare a debita distanza, attraverso una finestra chiusa, quei due armeggiare sopra i corpi dei loro feriti, fra pentoloni di acqua bollente e lunghe strisce di stoffa... beh... non sembrava voler suggerire particolare competenza nel mestiere. Anzi.

« Hanno chiesto ago e filo di seta. Desiderano ricucirlo, comunque... » tentò di evidenziare, per non lasciar apparire la coppia del tutto indifferente all’evidenza più palese... e l’evidenza di quella profonda ferita nel fianco destro del giovane.
« Quei due non sono neppure in grado di raccogliere carote e spalare letame senza fare danni. » storse le labbra Shata, andandosi inconsapevolmente ad aggiungere alla Lista di Korl e Lora, se pur, allora, in uno sfogo quasi giustificabile, nella complessità del momento « Dannazione... nessuno ha ancora trovato Onial...?! » domandò poi, appellandosi alla prostituta della città, e a quella prostituta che, per giusti meriti, avrebbe avuto a vedersi riconosciuta maggiore fiducia rispetto a quella bizzarra e mostruosa accoppiata allora all’opera sul suo primogenito morente « Che gli dei mi siano testimoni: se quei due uccideranno mio figlio, ti considererò personalmente responsabile, Balgi! »

Il vetro della finestra presente a dividere l’interno di quell’improvvisata sala operatoria dal resto del mondo, non avrebbe avuto a dover essere frainteso sufficiente a ovviare che le parole di quel sempre più acceso confronto avessero a raggiungere Korl e Lora, lì dentro impegnati a dare il massimo per la salvezza dei disgraziati condotti alla loro attenzione. E per tentare di non lasciarsi distrarre dalle stesse, e da quel clima di generale sfiducia, avevano lì iniziato a chiacchierare nella propria lingua comune, quella lingua franca parlata praticamente in ogni pianeta della lontana galassia dalla quale provenivano.

« Cosa non darei, in questo momento, per avere un po’ di iodopovidone a disposizione... » commentò Korl, chino sulla ferita a tentare di ripulirla al meglio con un’improvvisata garza e un po’ di acqua pulita e sapone... la cosa più prossima a un disinfettante che fossero riusciti a improvvisare in quel frangente « ... questa ferita è pessima. »
« E le altre non sono messe meglio... » evidenziò Lora, scuotendo appena il capo « Dobbiamo stringere i tempi... o non riusciremo a salvarne neppure uno. »
« Non possiamo permetterci superficialità. » escluse tuttavia l’altro, storcendo appena le labbra al di sotto dell’improvvisata mascherina dietro la quale aveva coperto naso e bocca « Ricordati che in mondi come questi, chi non muore per le ferite, generalmente è ucciso dalla setticemia. » puntualizzò, con un profondo sospiro « E l’ultima cosa di cui potremmo avere bisogno è salvare qualcuno oggi soltanto per vederlo morire fra un paio di giorni fra atroci sofferenze... »

I minuti trascorsero. E si accumularono. Sino a divenire un’ora e forse più... difficile dirlo in assenza di un qualunque orologio o altro sistema di misurazione del tempo.
E se alla fine il lavoro su Pama ebbe a concludersi, dopo di lui ancora altri pretesero tempo e attenzione dalla coppia di improvvisati medici, lì intenti a cercare di sfruttare al meglio la propria preparazione di primo soccorso per salvare la vita a quei disgraziati, nell’inquieta consapevolezza di quanto quel primo soccorso, in effetti, sarebbe stato anche l’unico soccorso che avrebbero mai potuto ricevere. E solo quando anche l’ultimo dei feriti ebbe a essere ripulito, ricucito e bendato accuratamente, Korl e Lora si riservarono l’occasione di riprendere, metaforicamente, fiato, psicologicamente stanchi molto più di quanto non avrebbero potuto immaginare di poter essere nelle proprie attuali condizioni.
Fu allora, al termine di tanto critico operare, che si riservarono l’opportunità di lasciare la grande stanza all’interno della quale, su diversi tavoli, erano agiati tutti i feriti. E, in ciò, di uscire a confrontarsi nuovamente con Balgi e con il resto della popolazione superstite di Korrynia...

« Abbiamo fatto il possibile. » dichiarò Lora, iniziando a slegarle la lunga sciarpa con la quale, come Korl, non aveva avvolto soltanto naso e bocca, ma anche tutto il resto della testa, a ovviare a poter perdere un capello, o un pelo, nel suo caso, all’interno delle ferite « Ora dobbiamo soltanto lasciarli riposare... e sperare per il meglio. »

Che nessuno lì fuori avesse, in quel preciso momento, desiderio sfrenato di stringere loro la mano o di complimentarsi per il lavoro compiuto appariva evidente. Così come appariva evidente che né Lora, né Korl si sarebbero potuti attendere qualcosa del genere, pur sperando, quantomeno, nell’ovviare a palesi dimostrazioni di astio nei propri confronti. E questo, quantomeno, venne loro offerto, in una fredda, e pur ragguardevole, accoglienza alla loro comparsa sull’uscio di quella casa, adibita estemporaneamente a uso medico.

« Sarebbe il caso che non fossero spostati da dove sono... almeno fino a domani mattina. » sottolineò Korl, in aggiunta a quanto già dichiarato da Lora « E che avessero ad agitarsi il meno possibile. Ci prenderemo cura noi di loro e daremo a tutti l’occasione di parlare con loro, quando saranno coscienti. Ma per il momento, vi chiediamo ancora di avere fiducia in noi... »

Che quella richiesta potesse essere intesa da parte loro qual un tirare eccessivamente la corda, a livello metaforico, appariva evidente. Ma entrambi erano più che consapevoli di quanto in quel momento, le vite di quegli uomini e di quelle donne fossero appese a un proverbiale filo, e un filo che, troppo facilmente, avrebbe potuto spezzarsi se malamente sollecitato. Cosa che, quindi, desideravano evitare a tutti i costi.

giovedì 29 ottobre 2020

3444

 

« E quindi... se non vogliamo dover convivere per l’eternità con un senso di colpa peggiore di quello che ci può già appartenere ora, dobbiamo fare qualcosa per tentare di salvarne il più possibile. » sancì l’altro, dando voce a quanto, entrambi, stavano già pensando in quel momento.
« Non siamo due medici... » escluse tuttavia Lora, in un dubbio più che legittimo a confronto con quella dichiarazione d’intenti « ... rischiamo di ucciderli comunque. »
« Non dobbiamo effettuare un trapianto di cuore. » negò tuttavia il primo, a sostegno della propria posizione e di quel rifiuto di sostanziale indolenza a confronto con la necessità di agire, e di agire per il bene comune per così come già, spiacevolmente, non avevano compiuto sino ad allora « Dobbiamo prestare del primo soccorso e per quello siamo stati entrambi più che formati dalla Loor’Nos-Kahn. » puntualizzò, annuendo appena « E se davvero la Loor’Nos-Kahn ha a doversi intendere quell’orrore descrittoci da Midda, facciamo in modo di trarre qualcosa di buono da tutto il male che possono aver compiuto e del quale, inconsapevolmente, possiamo esserci resi complici. »

Ad animare il cuore e la mente di Korl Jenn’gs non avrebbe avuto a dover essere frainteso nulla di quella presunzione e di quell’arroganza che pur avrebbero potuto essere propri di chi, provenendo da una realtà più progredita di quella, avrebbe potuto pretendere di avere a imporre la propria visione della vita al di sopra del mondo. Egli non desiderava né giudicare, né tantomeno condannare i mezzi in possesso dei loro compaesani, né, ancora, avrebbe potuto avere a piacere a sminuire la loro conoscenza nel campo medico, tale da spingerli a ricorrere a determinate scelte allorché ad altre: la sola cosa che gli interessava, in quel frangente, sarebbe stata quella di salvare quante più vite possibili, se non per una qualche, possibile, ammenda per la propria voluta ignavia delle ultime ore, quantomeno allo scopo di ovviare ad aggravare il senso di colpa che già avvertiva gravare sul proprio cuore, per così come, del resto, aveva francamente dichiarato.
E, in tal direzione, ebbe quindi a muovere anche i propri passi, avanzando convinto verso l’alcalde...

« Possiamo aiutare. » dichiarò quindi, in direzione di Balgi.
E per quanto alcun intento interrogativo avrebbe avuto a poter essere frainteso animare il tono del giovane, l’uomo da lui interpellato ebbe inizialmente a rifiutare la questione, limitandosi a scuotere il capo con aria rassegnata: « Non ora, figliuoli. Non ora. »

Difficile sarebbe stato poter comprendere se, alla base di quel rifiuto, avesse a doversi considerare un semplice giudizio generale nel merito della tragica gravità della situazione, o, piuttosto, un egualmente semplice ed egualmente generale giudizio nel merito della loro improbabile possibilità di concedere aiuto in quel momento di specifico. Certamente, ad animare quelle parole, non parve esservi alcuna velata critica nel merito della loro recente assenza, e di quell’assenza che, al contrario del senso di colpa gravante sui loro cuori, forse non era neppur stata realmente colta da alcuno dei loro compaesani, o, anche laddove effettivamente colta, non era stata altresì e comunque associata ad alcuna colpa.
Quanto, tuttavia, per Korl avrebbe avuto a dover valere, in quel frangente, sarebbe stata la più ferma volontà di avere ad agire, e ad agire a dispetto di qualunque rifiuto, e di qualunque rifiuto motivato da qualunque possibile ragione. Ragione per cui, allora, egli non mancò di insistere...

« Perdonami, Balgi. Ma la mia non è una domanda. » sottolineò Korl, scuotendo appena il capo « Noi possiamo aiutare. »
« Siete improvvisamente divenuti dei cerusici, ora...?! » replicò l’alcalde, non celando una certa irritazione per quell’insistenza, un fastidio nel confronto con quanto non avrebbe avuto a poter essere inteso in altro modo se non qual il capriccio di un bambino.
« Non siamo dei cerusici. Né conosciamo i segreti della loro professione. » puntualizzò l’altro, ancora fermo nel proprio intento « Ciò non di meno, sappiamo alcune cose. Cose che potrebbero aiutare a salvare delle vite, se soltanto ci permetterete di agire... e di agire senza contestazioni. »

Balgi non era un filosofo, non era un pensatore e, in effetti, non era neppure uno studioso: certo, aveva ricevuto quel minimo di istruzione utile a saper leggere e scrivere, nonché a far di conto, e questo lo rendeva, in termini sufficientemente inequivocabili, qual una delle persone più colte di tutta Korrynia; ma, al di là di ciò, egli era e restava una persona squisitamente pratica. Pratica quanto necessario, allora, per compiere efficacemente il proprio mestiere, fosse questo di alcalde o di macellaio. E pratica quanto necessario, altrettanto, per cogliere evidenza di quanto, sino a quel momento, né Korl né Lora si fossero dimostrati esattamente due talenti straordinari in quanto era stato loro proposto di fare... con buona pace del fatto che, in effetti, non era stato loro proposto di fare niente di speciale.
In tutto questo, quindi, Balgi non avrebbe potuto ovviare a riservarsi legittimi dubbi nel merito di quanto allora Korl Jenn’gs stava insistentemente pretendendo di avere occasione di compiere, nel mettersi a giuocare con delle vite umane, e delle vite che, già, si stavano inesorabilmente spegnendo.
Tuttavia...

« D’accordo. » annuì dopo un lieve sospiro « Dimmi cosa vi serve. »

... Balgi non aveva lì molte alternative. E se vi fosse stata anche una sola, disperata possibilità che quei due potessero fare qualcosa per impedire anche un’unica morte in più dell’inevitabile... beh... non avrebbe avuto certamente a sollevare veti di sorta.

« Ci serve un ambiente pulito e dei tavoli sui quali operare. » dichiarò quindi Lora, subentrando nella scena e nel discorso, e prendendo parola in risposta a quella richiesta « Ci serve dell’acqua bollente... tanta acqua bollente. E almeno una lampada a olio. Degli aghi, i più sottili che avete, e del filo... meglio se filo di seta. E ci servono delle stoffe quanto più possibili pulite... »
« E ci serve del sapone. » soggiunse Korl, confermando implicitamente tutto quanto elencato da Lora.
« Acqua... sapone...?! » esitò Balgi, cercando di trovare un senso a quelle richieste e, per alcune, avendo anche a intuire a cosa potessero servire, mentre per altre non riuscendo a riservarsi la benché minima possibilità di comprensione.
« Sarebbe troppo lungo e complicato, ora come ora, avere a disquisire nel merito dell’esistenza di germi, batteri e virus. » scosse il capo la feriniana, escludendo la possibilità di offrire qualunque spiegazione di sorta, almeno nell’immediato « Temo proprio che dovrai fidarti. »
« Ogni istante che passa è un istante perso... » soggiunse e insistette l’altro, scuotendo il capo nell’evidenziare la futilità di quella discussione nel confronto con la possibilità di una nuova vita destinata a spegnersi.

Balgi aveva accettato di agire. E di agire senza contestazioni.
E così fu, subito prendendo in mano la situazione e ordinando e coordinando quanto necessario per rispondere alle richieste dei due interlocutori. E se non in pochi avrebbero probabilmente avuto a voler esprimere dubbi e perplessità nel merito di quanto l’alcalde sembrava intenzionato a fare, nel cedere veramente il controllo della situazione a quei due; nessuno fra loro avrebbe mai avuto desiderio di entrare in diretta polemica con l’alcalde stesso: non allora, né mai.

mercoledì 28 ottobre 2020

3443

 

Purtroppo, se pur entro il limitare della loro abitazione quella situazione aveva trovato occasione di rapida conclusione, e di rapida conclusione senza colpo ferire, se non quello inutilmente sferrato a discapito di Korl, in altre case non avrebbe avuto a dover essere frainteso essere tale. E, in quel momento, Korl e Lora ebbero a rendersene spiacevolmente conto, nell’essere raggiunti da alte grida di dolore e morte.

« Dannazione... era una serata così tranquilla. » commentò Lora, storcendo appena le labbra verso il basso, in un’espressione di disappunto.

Per quasi un minuto la coppia di ex-thermoresi rimase in quieto ascolto di quanto stesse accadendo attorno a loro, prima che le urla avessero a scemare e soltanto singhiozzi di sommesso dolore avessero a risuonare nella notte.

« Dici che dovremmo andare a vedere...? » si domandò Korl, incerto a tal riguardo, nell’osservare la ferita riportata all’addome in attesa del momento in cui si sarebbe rimarginata.
« Per far cosa...? » esitò ella, aggrottando la fronte « A parte che, probabilmente, sono già andati via... ma, poi, qualsiasi cosa facessimo, rischieremmo di essere scoperti per quello che siamo. » soggiunse, facendo anch’ella riferimento esplicito alla sua ferita, con tanto di cenno della testa in tal direzione.
« E quindi...? » insistette egli, incerto fra aver inteso correttamente quanto ella desiderasse sostenere.
« E quindi... » esitò ancora ella, non desiderando pronunciare quella frase e, ciò non di meno, non vedendo molte alternative « ... credo proprio che dovremmo disinteressarcene e andare a far finta di dormire, come non stesse accadendo nulla. »
« Non possiamo lasciarli morire...! » protestò blandamente egli, quasi più per una questione di ipocrita remora che per un vero ostacolo morale a confronto con quel pensiero.
« Non possiamo neppure combattere. » scosse tuttavia il capo Lora, forse con un certo disappunto a confronto con tale limite « Le condizioni dettate da Midda e dai signori di Lysiath per la nostra libertà parlano chiaro. » definì, non priva di spiacevole ragione a tal riguardo.

A malincuore Korl si arrese a quelle ragioni.
Non che egli avesse particolare brama di combattere contro chicchessia, o di rischiare di uccidere chicchessia, in effetti non avendo ancor mai ucciso alcuno in vita propria, pur avendo già avuto modo di sperimentare, personalmente, tanto la morte, tanto molte altre eventuali lesioni mortali, o che mortali sarebbero state se soltanto avesse ancor avuto possibilità di morire. Non che egli si sentisse particolarmente eroico, ben lontano da quei miti d’infanzia i quali, votati a un bene superiore, sarebbero stati pronti a qualunque sacrificio per la difesa di tali principi. Ciò non di meno, egli non avrebbe potuto ovviare a pensare a quanto sbagliato avesse a doversi intendere quel modo di procedere, e quell’atteggiamento così indifferente, così disinteressato al fato della comunità all’interno della quale, pur, avrebbero avuto a doversi impegnare a integrarsi. Purtroppo, per così come anche Lora aveva ben espresso, ormai era troppo tardi per poter pensare di intervenire. E con buona pace per ogni desiderio di integrazione, l’unica cosa sensata che avrebbero potuto riservarsi l’opportunità di compiere sarebbe stata, per l’appunto, quella di andarsene a dormire. O, quantomeno, di far finta di dormire. Nel mentre in cui avrebbero avuto ad attendere, pazienti, il mattino successivo e, con esso, la possibilità di prendere coscienza dell’orrore di quanto accaduto.

E ciò che fu loro offerto allo sguardo, al mattino seguente, in altro modo non si sarebbe potuto descrivere se non come un’ecatombe.

Delle quarantadue famiglie presenti in Korrynia, quella notte, ben trenta ebbero a dover accusare almeno un lutto. E una trentunesima, purtroppo, ebbe a essere completamente sterminata, con la violenta e prematura morte dei cinque elementi che la componevano. Oltre a Korl e Lora, quindi, soltanto undici famiglie erano state in grado di reagire con sufficiente prontezza di riflessi in misura utile a mettere in fuga i nemici senza riportare alcun lutto. Benché sette di loro non avevano mancato di riportare dei feriti gravi. Il fatto che, purtroppo, la trentunesima famiglia completamente estinta dal panorama locale avesse a doversi riconoscere qual quella propria di Sieka, la cerusica, non stava semplificando la situazione. E dei sette feriti gravi, alle prime luci dell’alba, già cinque riversavano in uno stato di incoscienza.
Nella tragedia propria di quel momento, nessuno ebbe, ovviamente, a interessarsi particolarmente al fatto che, in quelle ultime ore, Korl e Lora fossero completamente usciti di scena, pur, alle prime luci di quella nuova alba, facendo la propria ricomparsa in perfetta salute. Probabilmente a tempo debito non sarebbero potute essere evitati dubbi di sorta su cosa fosse accaduto in quella notte, e sul perché di loro non vi fosse stata traccia alcuna, né in positivo, né in negativo: ma, almeno per il momento, tale non avrebbe avuto a dover essere intesa una priorità. Non nella necessità, piuttosto, di avere a tentare di contenere i danni, oltre che di piangere i propri morti.
E se, in questo, nessuno avrebbe avuto quindi ad attendersi nulla da Korl e Lora, giudicati, non a sproposito, pressoché quali due imbranati; coloro i quali ebbero ad avere a pretendere qualcosa da se stessi furono proprio loro due, nel ritrovarsi costretti a confrontarsi con una terribile verità...

« Abbiamo sbagliato. » sussurrò Lora, a denti stretti, in direzione dell’amico e complice.

Avevano sbagliato.
In nessun altro modo avrebbero potuto definire quanto accaduto. In alcun modo avrebbero potuto valutare l’esito della propria scelta. E della scelta da loro compiuta nell’alienarsi dalla realtà di Korrynia in quella che avrebbe avuto a dover essere riconosciuta, senza inutili eccessi, qual la sua notte più oscura.
Forse non avrebbero potuto cambiare l’esito finale, forse non avrebbero potuto ovviare ad alcuna di quelle morti, ma se soltanto essi ci avessero tentato non avrebbero avuto, in quel momento, a doversi confrontare con la propria coscienza, e quella coscienza che, in quel particolare frangente, non avrebbe potuto ovviare a farli sentire colpevoli quasi quanto gli ignoti aggressori di quella notte, quasi tutto quanto avesse a dover ricadere solo sulle loro spalle, per una loro esplicita colpa.
E se alcuna effettiva colpa avrebbe potuto essere loro imputata a confronto con l’idea dell’aggressione; ben diverso discorso avrebbe avuto a doversi intendere nell’ignorare la possibilità di soccorrere i sopravvissuti ben prima di quanto, ancor, non stavano lì valutando di avere a fare.

« Questa gente non ha alcuna adeguata preparazione in campo medico... » suggerì Korl, per tutta risposta, ritrovandosi senza entusiasmo a doversi offrire necessariamente critico del cosiddetto progresso scientifico di quel mondo, e di un mondo nel quale, probabilmente, il salasso avrebbe avuto a dover essere ancora considerato un rimedio per moltissimi, inspiegabili mali e mali che, invece, dal suo punto di vista, suo così come di Lora, avrebbero avuto a dover essere intesi persino banali « ... chi non è morto, certamente a breve morirà in conseguenza alle infezioni riportate. »
« E quindi...? » domandò la feriniana, temendo la risposta e l’unica risposta che in tutto ciò avrebbe potuto avere ad apparire sensata, e sensata nel confronto con quella situazione che, purtroppo, aveva chiaramente obliato a ogni parvenza di senso.

martedì 27 ottobre 2020

3442

 

Korl e Lora avevano già finito di cenare, quella sera.
Non che mangiare avesse a doversi riconoscere necessario al loro corpo per sussistere e, anzi, a ben vedere, sotto certi aspetti, avrebbe avuto anche a doversi intendere qual uno spiacevole incomodo, non soltanto nel doversi confrontare con sapori a loro estranei, ma anche e ancor più nella necessità poi di seguire l’intero ciclo, dalla digestione sino alla defecazione. Ciò non di meno, vivendo in un piccolo paese dove tutti si conoscevano, pericoloso sarebbe stato per entrambi sussistere senza acquistare o consumare cibo e bevande, soprattutto nel voler mantenere una parvenza di normalità. E così, arrangiandosi a confronto con ogni difficoltà del caso di una realtà per loro tanto primitiva, si erano costretti a sforzarsi di vivere una quotidianità vera, scandita da tempi e necessità comuni, come la necessità di nutrirsi, di riposare e, perché no, anche di andar di corpo. Ovviamente il sonno avrebbe avuto a dover essere intesa un’esperienza loro ormai negata e, più che sdraiarsi su un letto a guardare il soffitto o a contare le stelle del cielo, non avrebbero potuto riservarsi occasione di compiere: ciò non di meno, anche quello stava venendo da loro abitualmente compiuto, e stava venendo da loro abitualmente compiuto nella volontà, per l’appunto, di mantenere credibile quella messinscena innanzi a un eventuale giudizio esterno.
Korl e Lora avevano già finito di cenare quella sera e, dopo aver lavato i piatti, stavano rassettando l’ambiente comune al piano terra della loro piccola abitazione. Quella sera, nel dettaglio, era stato il turno di Korl di cucinare, mentre a Lora era toccato lavare: procedevano, infatti, a settimane alterne con ogni faccenda domestica, in maniera tale che il loro rapporto avesse a conservarsi su un piano di sostanziale equilibrio, senza che alcuno, fra i due, avesse a doversi fraintendere secondo all’altro.
Purtroppo, tale sistema di turnazione non aveva tenuto conto di una falla. E della falla propria tipica di un tale sistema di divisione dei compiti: chi cucina sporca nella quieta e innocente consapevolezza di quanto, a lavare, sarà poi l’altro o l’altra... e, fra scegliere di usare una stoviglia piuttosto che due, avrebbe purtroppo creato maggiore o minore incomodo per l’altro a tempo debito.

« Mi spieghi perché usare un pentolino soltanto per far soffriggere la pancetta...?! » sospirò Lora, riponendo il pentolino in questione al suo posto nella mensola, e non negandosi l’occasione di lamentarsi, in tal senso, con l’amico, non animata da una qualche vena polemica, quanto e piuttosto dalla mera volontà di ricercare un qualche tema di confronto fra loro, a riempire in minima parte l’inizio di una nuova, e generalmente, noiosa notte di non sonno « Avresti potuto buttarla direttamente nella padella grande... »
« Certo. Avrei potuto farlo. » aggrottò la fronte Korl, con aria critica nel merito di quell’affermazione « E avrei potuto anche evitare di cucinare, limitandomi a mischiare insieme tutti gli ingredienti in un bel pastone, come quello dei porci... » soggiunse, a meglio esprimere la propria perplessità nel merito di quell’osservazione nei propri riguardi « No. Anzi! Ancora meglio... perché parlare di pancetta e ingredienti vari?! In fondo potremmo prendere direttamente un maiale e azzannarlo alla gola, mangiandolo così com’è, meglio ancora se un po’ recalcitrante all’idea. »

Per quanto Lora non avrebbe mai voluto ammetterlo, Korl era obiettivamente più bravo di lei a cucinare, riservandosi una maggiore cura del dettaglio e una più accurata ricercatezza nei gusti. E nel considerare quanto, in fondo, per loro mangiare avesse a doversi intendere un’attività superflua, avere a concentrarsi sul gusto non avrebbe avuto a doversi fraintendere una scelta del tutto sbagliata. Anzi.
Ovviamente, però, a una maggiore bravura, cura del dettaglio e ricercatezza nei gusti, non avrebbe mancato di corrispondere un proporzionale impiego di stoviglie. E un proporzionale impiego di stoviglie che, necessariamente, sarebbe poi ricaduto su Lora avere a rigovernare.

« Uff... » sbuffò l’altra, non apprezzando l’intransigenza dell’interlocutore « Perché devi sempre essere così inquadrato? Non è tutto bianco e nero, sai?! »
« E’ proprio per non farti percepire soltanto il bianco e nero nei sapori che devo impegnarmi a cucinare al meglio delle mie possibilità... » puntualizzò l’altro, scuotendo appena il capo a minimizzare la questione.
« Io... »

Cosa Lora potesse desiderare dire, tuttavia, Korl non ebbe mai a saperlo. Anche perché, nella leggerezza di quella conversazione, obiettivamente ella ebbe a dimenticarselo in un istante.
E nell’istante allor occorrente a una coppia di estranei di superare la soglia della loro abitazione, per fare irruzione innanzi a loro armati di daghe e pugnali.

« ... ma che diam... » iniziò a dire Korl, scattando istintivamente in piedi innanzi a quell’immagine, solo per avere, in ciò, a ricevere in pieno addome la lama di una di quelle daghe, affondata allora, senza pietà alcuna, fino all’impugnatura.
« Zitto tu! » gli intimò il proprio supposto assassino...

... o qual tale sarebbe allor stato se soltanto Korl avesse potuto morire.
Fortunatamente per Korl, e sfortunatamente per il suo aggressore, tale esperienza era da lui già stata affrontata a tempo debito. E ormai quella lama piantata attraverso le sue viscere non avrebbe avuto a provocargli né dolore, né disagio fisico alcuno, ma soltanto un comprensibile fastidio psicologico, all’idea di qualcuno che, senza motivo di sorta, potesse aver supposto di avere possibilità di arrogarsi il diritto di ucciderlo.

« ... ine sta succedendo?! » concluse allora la propria frase, aggrottando la fronte e non sforzandosi di dimostrare il benché minimo interesse per l’aggressione subita, quasi, allora, ad aggredirlo fosse stato un ologramma allorché una persona vera.
« ... ma cosa...?! » esitò allora l’altro, sgranando gli occhi, nel mentre il suo compagno, slanciatosi contro Lora, ebbe a frenare di scatto nel constatare che cosa fosse in quel momento innanzi a lui.
« Di dispiace per voi... ma siete entrati nella casa sbagliata. » si strinse nelle spalle Korl, nel mentre in cui, retrocedendo, il proprio avversario mollava la presa sulla daga, lasciandogliela conficcata nell’addome.
« Sono dei mostri! » gridò il secondo aggressore, quello fermatosi innanza a Lora.
« Ma non sapete proprio dire altro...?! » sbuffò ella, ignorandolo del tutto e avendo a proseguire il proprio operato di rassetto « Noioso. »

Con rinnovato fastidio psicologico, ancor prima che fisico, Korl ebbe a chiudere la propria destra attorno alla daga e a iniziare a tirarla fuori dal proprio ventre, come se nulla fosse. E nulla avrebbe avuto ad apparir essere se soltanto, una volta estratta, la lama non avesse avuto a lasciare uno sgradevole squarcio là dove prima era conficcata, nelle sue carni e nella casacca da lui indossata.
Uno squarcio dal quale, comunque non ebbe, ovviamente, a fuoriuscire una sola stilla di sangue, là dove da troppo tempo il cuore aveva smesso di pomparlo...

« Ehi... mi avete rovinato la casacca! » protestò verso i due aggressori, i quali, pallidi in volto come avessero visto degli spettri, ebbero a scappare fuori dalla loro abitazione, gridando terrorizzati.
« ... che gente scortese. » osservò Lora, scuotendo appena il capo a confronto con la supposta conclusione di quel confronto.

lunedì 26 ottobre 2020

3441

 

« Non avrai certamente fatto peggio di me. » sospirò egli, per tutta replica, non desiderando tuttavia avere a parlare dei propri errori e, in effetti, non desiderando neppure avere a ricordarli, se non per evitare di avere nuovamente a commetterli in futuro.

Purtroppo per Korl, e per Lora, la loro curva di apprendimento ebbe a scoprirsi più complessa del previsto. Ragione per la quale agli errori del primo giorno, ineluttabilmente, ebbero ad accumularsene altri nei giorni seguenti, rendendo quella loro prima settimana decisamente più ardua del previsto.
Fortunatamente, per quanto improbabile ebbe ad apparire, almeno inizialmente, una qualunque loro possibilità di adattamento; superato lo scoglio psicologico della prima settimana di lavoro, finalmente iniziarono a dimostrarsi autonomi. Autonomi, certo, nelle proprie semplici e sempre banali attività di supporto, e ciò non di meno autonomi. E autonomi in termini tali per cui, finalmente, poterono iniziare ad avvertirsi meno incapaci di quanto non avevano temuto di essere in un primo momento nonché, finalmente produttivi.
Da tutto ciò, una virtuosa parabola di crescita, psicologica ebbe a contraddistinguere la loro integrazione all’interno del ristretto tessuto sociale di Korrynia. Giacché iniziando a essere, e ad avvertirsi, utili alla società, entrambi poterono finalmente iniziare a riservarsi un proprio, umile e piccolo posto all’interno della medesima, nella misura utile a permettere ai loro compaesani di concedersi la possibilità di conoscerli meglio, di entrare maggiormente e più proficuamente a confronto con loro rispetto a quanto non potesse essere stato proprio di quel primo, fugace giro di presentazioni nel quale l’alcalde era stato per loro guida e accompagnatore.
Fu così che un primo mese ebbe a trascorrere in maniera sufficientemente tranquilla. E fu così che, superate le inibizioni psicologiche dei primi giorni, Korl e Lora poterono constatare, non senza una certa soddisfazione, quanto, in fondo, anche quegli uomini e quelle donne fossero del tutto normali, con propri pregi e, ovviamente, con propri difetti, né più né meno per così come si sarebbero potuti attendere nel proprio mondo natale.

« Indovina chi si aggiunge alla Lista...?! » esclamò una sera Lora, rientrando a casa e trovando, come ormai quasi di consueto, Korl intento a tentare di rimuovere ogni residuo di sterco dalle proprie unghie, in un’impresa che pur, ogni giorno, sembrava farsi sempre più disperata « Jaiver e Rellim! » si rispose da sola, non concedendogli neppure la possibilità di tentare di indovinare, tanto il desiderio di avere a condividere con lui l’informazione.

La lista delle persone poco entusiaste del loro arrivo in città, o, più semplicemente, la Lista, era un elenco iniziato da qualche giorno proprio da Korl, nel momento in cui aveva avuto conferma di quanto non tutti i loro compaesani, in effetti, fossero poi così felici di avere due stranieri come vicini, e, oltretutto, due stranieri tanto bizzarri quanto loro, con particolare e ovvio riguardo in direzione di Lora.
Sino a quel giorno, sette avrebbero avuto a dover essere intese le persone annoverate all’interno della Lista, alle quali, con quell’ultima scoperta della feriniana, si sarebbero aggiunti anche l’allevatrice e il maniscalco. Non che essere inseriti all’interno della Lista avrebbe avuto un qualche significato particolare, ovviamente: la questione, in effetti, avrebbe avuto a dover essere intesa più veniale che altro, e atta a permettere loro di maturare un migliore, e più sincero, intendimento sui propri compaesani, privandoli di quell’irreale patina di perfezione che pur, inizialmente, sembrava averli contraddistinti.

« Jaiver un po’ me lo aspettavo... » commentò per tutta risposta Korl, aggrottando la fronte senza particolare stupore a quell’aggiornamento della Lista « ... Rellim, invece... »
« Beh... non so se ti ricordi, ma il primo giorno, più che un sorriso, ci ha rivolto una sorta di ghigno. » rimembrò l’altra, ridacchiando appena nello sfilarsi gli stivali « In effetti, rammento di essermi domandata se non gli fosse venuto un piccolo colpo apoplettico per aver reagito in quella maniera. »
« Cattiva che sei... » scosse il capo egli, per tutta replica « A me, francamente, era sembrata una cara ragazza e nulla più. »
« Ah beh... scusa. » replicò ella, inarcando il sopracciglio destro con aria critica verso di lui « Non stavo considerando come, probabilmente, tu non sia mai riuscito a vederla in faccia, considerando il suo... equipaggiamento! » lo provocò, maliziosamente « Immagino che, allo stesso modo, tu non ti sia mai resa conto neppure della cicatrice che taglia a metà il volto della nostra assassina. » soggiunse ammiccando e tracciando, con l’indice della propria destra, una linea longitudinale al proprio occhio sinistro « In fondo anche Midda, da quel punto di vista, è decisamente ben... equipaggiata. »
« Ah-ah-ah... » simulò malamente una risata l’altro, scuotendo appena il capo « E’ inutile che fai la gelosa: lo sai che ho occhi solo per te! » rispose quindi, ovviamente scherzoso verso di lei.

Il rapporto fra Korl e Lora, in quel primo mese di convivenza, si era ovviamente rafforzato. Ma entrambi, in maniera quietamente tacita, avevano deciso di ovviare a complicare maggiormente le cose coinvolgendo sentimenti di sorta a margine di ciò: la loro convivenza, quindi, avrebbe avuto a dover essere intesa semplicemente qual quella di una coppia di amici, quasi di fratelli, ma nulla di più.
Motivo per il quale, quindi, quell’ultima battuta di Korl altro non avrebbe avuto a dover essere intesa se non, per l’appunto, qual una battuta...

« Tsk... » scosse il capo la feriniana, con aria grottescamente mesta, addolorata per quella frase di lui, e per quella frase riconosciuta palesemente qual canzonatoria « Parole, parole, parole. » ripeté per tre volte, con intendimento critico a suo discapito « Sempre così, voialtri... vi divertite a giuocare con i sentimenti di noi fragili fanciulle indifese e... »
« Indifesa tu non lo sei mai stata neppure quando eri viva. » scoppiò a ridere l’altro, per tutta replica « Ora come ora, da parte tua, questa mi pare un’affermazione quantomeno azzardata...! »
« Villano! » protestò ella, prima di mostrargli la lingua, con aria giocosa e quasi infantile.

Korl Jenn’gs e Lora Gron’d erano morti a Thermora, nel quarto pianeta del sistema binario di Fodrair. Ma per entrambi la morte non era stata una condizione imperitura e, in conseguenza a ragioni e dinamiche mai meglio chiarite, erano tornati in vita, o, per lo meno, in quella bizzarra e inquietante condizione di non morte. Una non morte che, se soltanto non fossero stati attenti, avrebbe potuto equivalere anche a una non vita, ma che, nella semplicità di quella nuova quotidianità, entrambi si stavano sforzando di tradurre, in effetti, in vita e in una vita degna di essere vissuta.
Condizione necessaria e pur non sufficiente per poter essere certi di vivere serenamente quella loro nuova vita, quella loro seconda occasione, sarebbe stata ovviamente il mantenimento del loro segreto, e di quel segreto sconosciuto a chiunque in città e che, ovviamente, mai avrebbero avuto a voler condividere con altri. Perché troppo semplice, troppo ovvio, sarebbe poi stato per chiunque avere mutare ogni proprio eventuale giudizio a loro riguardo, e a mutarlo in negativo, nella misura utile a condannare quei due mostri, quei due non morti che, entro i limiti della piccola e serena Korrynia, avevano in tal maniera condotto una negromantica piaga, qual quella da loro stessi incarnata.

E fu proprio nell’essere ben consapevoli di dover mantenere il più assoluto riserbo sulla loro natura che, purtroppo, di lì a qualche tempo dopo, in un’altra sera non dissimile da quella, essi ebbero a prendere un’infausta decisione. E una decisione le conseguenze della quale avrebbero avuto a tormentarli per molto tempo a venire...

domenica 25 ottobre 2020

3440


Così ebbe inizio quel nuovo capitolo della vita, o, per essere precisi, della non morte, di Korl Jenn’gs e di Lora Gron’d. E un nuovo capitolo che, al di là dell’apparente, e quasi sconvolgente, semplicità del proprio esordio, e del proprio esordio in quel di Korrynia, ebbe a pretendere da loro maggiore impegno di quanto non avrebbero mai potuto ipotizzare poter essere proprio. E poter essere proprio a confronto con il loro attuale stato d’essere. E poter essere proprio in un mondo tanto primitivo.
Se, infatti, per due ritornati, creature immortali, immarcescibili, estranee a qualunque possibilità di stanchezza, indifferenti a ogni stimolo di sete, di fame o di sonno, quel mondo avrebbe potuto rappresentare un’occasione di perpetua vacanza, non avendo più a doveri affannare, come nelle proprie precedenti esistenze, alla ricerca di che vivere; ben presto entrambi ebbero a rendersi conto di non poter neppure ovviare a qualunque genere di attività e, soprattutto, di attività sociale, in quella che, altrimenti, avrebbe affiancato alla propria morte fisica anche la propria morte mentale. Dopotutto, di giorni di immota attesa ne avevano trascorsi parecchi sino a quel momento, tanto quando, al seguito di Nissa Bontor, avevano dovuto attendere pazientemente l’ordine d’attacco contro Lysiath, così come quando, dopo la tregua, avevano dovuto attendere altrettanto pazientemente una qualsivoglia risoluzione nel merito della loro situazione. E, francamente, in tutto ciò, entrambi avevano avuto ben occasione di esplorare la noia derivante dall’ozio, e da quell’ozio che, nella loro vita passata, avrebbe avuto a poter essere considerato persino affascinante, quasi auspicabile, e che, al contrario, nella loro non morte attuale, avrebbe avuto a dover essere inteso qual il peggiore di tutti i nemici: perché se pur, nella frenesia della propria mortale esistenza, chiunque non avrebbe potuto mancare di ambire all’apparente lusso di sprecare qualche pur prezioso istante nella quiete di un inoperoso riposo; per coloro i quali altresì divenuti ormai estranei all’idea di una mortale esistenza, la prospettiva dell’assenza di un qualsivoglia scopo alla base del proprio essere avrebbe avuto a dover essere riconosciuto nulla di meno di un orrore smisurato, nell’annichilimento che ciò avrebbe rappresentato per la loro stessa individualità, per il loro spirito… o qualsiasi altra cosa a esso corrispondente avesse ormai ad animarli.
Spinti, quindi, dalla volontà di offrire un qualche significato alle proprie esistenze, e di offrirlo in quell’integrazione da loro auspicata nell’accettare di spingersi sino a Korrynia, Korl e Lora, sin dal mattino seguente al proprio arrivo in città, ebbero a porsi alla ricerca di un’occasione utile per poter contribuire in positivo a quella piccola società, animati da un’innocente arroganza di pensiero volta a credere di poter, sicuramente, essere in grado di compiere qualunque cosa sarebbe stata loro richiesta in un mondo tanto primitivo. Una superbia priva di colpa, la loro, della quale dovettero tuttavia maturare consapevolezza di lì a breve… nel momento stesso in cui ebbero a scoprire quanto incapaci, altresì, essi avrebbero avuto a doversi intendere a confronto anche con le attività più banali.
Provenendo da un mondo tecnologicamente avanzato, Korl e Lora scoprirono presto di non avere la benché minima consapevolezza nel merito di quanto la vita quotidiana, in quel di Korrynia, e di quel pianeta più in generale, avesse a poter significare. Non sapevano coltivare la terra; non avevano la benché minima idea di cosa potesse significare allevare il bestiame; non avrebbero mai saputo da che parte poter iniziare per forgiare zoccoli e, tantomeno, applicali; ignoravano le più basilari nozioni in termini di falegnameria o di carpenteria; senza parlare, tantomeno, di macellazione di bestiame o quant’altro. Insomma: erano due adulti, e in quel mondo maturi a sufficienza per poter essere potenzialmente già padre e madre di famiglia, che pur avrebbero avuto a doversi riconoscere più inabili al lavoro rispetto a due bambini. E non per modo di dire, quanto e piuttosto per mera evidenza dei fatti, laddove, come ben presto scoprirono, l’infanzia in quelle terre avrebbe avuto a dover essere riconosciuta decisamente meno spensierata di quanto non avrebbero mai potuto fraintendere. Non che, per carità, ai bambini fosse imposta qualche disumana condizione di lavoro, nel riconoscerne comunque la giovane età e il diritto al giuoco: ciò non di meno, superati i dieci anni, e sovente anche prima, tutti avrebbero avuto a dover essere riconosciuti già impegnati in qualche attività socialmente utile, in un impegno propedeutico alla propria occupazione futura, in quel percorso di apprendistato che, a tempo debito, avrebbe loro permesso di affiancare, prima, e sostituire, poi, gli adulti nelle proprie attività.
Insomma: Korl e Lora, dall’alto della loro supposta maturità, avrebbero avuto a rischiare di gravare inutilmente su quella società se soltanto non si fossero rivestiti di umiltà e non avessero accettato di partire da meno che da zero. Ma così fecero. E dopo aver offerto spiacevole riprova della propria incapacità a qualunque professione nel vero senso del termine, ebbero a essere affiancati, l’uno a Jons, lo stalliere, e l’altra a Bekka, la contadina, per lo svolgimento di compiti così elementari che, obiettivamente, sarebbe stato impossibile fallire…

… e che pur fallirono!
Motivo per il quale, al termine del primo giorno, innumerevoli ebbero a dover essere le scuse di entrambi per i pasticci compiuti.

« Bontà divina… » sospirò Lora, rientrando a casa e lì trovando Korl, intento a cercare di recuperare il proprio naturale odore, lavandosi con abbondante acqua e sapone per allontanare da sé gli effluvi dello sterco spalato per tutta la giornata « … stavo per lamentarmi per la mia giornata, ma le conseguenze olfattive della tua appaiono decisamente esplicite dell’andamento della stessa! »

E Korl, dal canto suo, non poté mancare di confermare quanto, in effetti, non soltanto l’odore, ma anche la sostanza della giornata avesse avuto a poter essere descritta adeguatamente dal medesimo oggetto delle proprie attenzioni nelle ultime ore.

« Forse sto per fare una domanda degna della più stupida delle oche… ma… » premesse ella, roteando lo sguardo verso l’alto, prima di ritornare a osservare il proprio amico e confidente « … a Thermora questo genere di lavori non esistono, vero…? Cioè… c’è qualche tecnologica che permette di ottenere lo stesso risultato in modi diversi, no…?! Perché credevo di aver svolto ogni qual genere di umile impiego nella mia vita, e non pensavo che mi sarei mai potuta ritrovare piegata tutto il giorno a estrarre carote da terra. » ammise, aggrottando la fronte « Non che sia fisicamente stanca, ovviamente. Noi non ci possiamo stancare… ma… » esitò, lasciando la frase volutamente in sospeso.
« Ci stavo pensando anche io… » commentò per tutta risposta Korl, nel mentre in cui stava osservando le proprie unghie e valutando l’idea di amputarsi le dita e aspettare che avessero a ricrescere, come alternativa all’idea di rischiare di conservare quelle tracce si sporco lì infilate per il resto della propria immortale esistenza « … ma… temo proprio che questi lavori esistano anche da noi. E, semplicemente, siamo stati noi sempre troppo ignoranti e superficiali per considerarne l’esistenza. »

Quell’idea non avrebbe ovviamente potuto entusiasmare Lora, per quanto, in effetti, anch’ella non aveva potuto ovviare a prendere in esame quell’ipotesi, presupponendo quella risposta ancor prima di avere a formulare la domanda.

« Se ti dico che cosa ho combinato oggi, probabilmente avrai a canzonarmi per il resto della mia vita… » sospirò quindi ella, scuotendo appena il capo con aria psicologicamente provata, là dove, per quanto il loro corpo non avrebbe potuto avere a risentire della stanchezza di una giornata di lavoro, la loro mente avrebbe avuto a dover essere ancor riconosciuta qual quella di sempre, e, in ciò, rispondente allora a quegli stimoli esattamente come avrebbe potuto rispondere in passato.

sabato 24 ottobre 2020

3439


« O
ttimo a sapersi! » si limitò ad annuire, soprassedendo sulla questione « Anche se non credo che ci capiterà di avere bisogno di aiuto medico… » soggiunse, volutamente sibillino, a tentare di comprendere quanto, effettivamente, l’altro avesse coscienza di qual genere di creature essi fossero e, soprattutto, quali prerogative li avesse a contraddistinguere.

Ma Balgi non sapeva nulla di più di quanto non avesse già dichiarato, né avrebbe potuto immaginare avesse a esistere qualcosa di più di quello, nel considerare quanto, già di principio, avesse a doveri intendere semplicemente estranea a qualunque senso di ordinarietà la presenza, fra loro, di una figura come quella di Lora Gron’d, quella donna dalle sembianze feline e, ciò non di meno, dai modi assolutamente cortesi e dalla voce carezzevole, a confronto con la quale, quindi, superato un primo, necessario momento di disorientamento psicologico, non sarebbe stato affatto sgradevole relazionarsi… anzi.
Così, egli non poté che intendere quelle parole motivate da qualche giovanile esuberanza, e un’esuberanza che ebbe loro a ben giustificare e perdonare…

« Si può soltanto sperare di non avere mai necessità di aiuto, ovviamente. » sorrise pertanto, nel rielaborare in tal maniera il senso di quell’affermazione « Ciò non di meno è comunque utile sapere a chi potersi rivolgere, laddove ne occorresse la necessità. » soggiunse, a conclusione dell’argomento.

Il fatto che l’alcalde non avesse la benché minima idea della loro effettiva condizione, probabilmente, avrebbe avuto allor a dover essere intesa ragione sufficiente a motivare la serenità in grazia alla quel egli si stava lì interfacciando con loro. Se già, infatti, il confrontarsi con una feriniana avrebbe avuto necessariamente a porre alla prova la sua tolleranza, improbabile sarebbe stato per lui, e per chiunque altro, riuscire a mostrarsi tanto tollerante con loro se soltanto avesse allor saputo qual genere di creature essi fossero: una reazione che, del resto, e in maniera assolutamente giustificabile e perdonabile, sarebbe stata anche loro se soltanto si fossero lì ritrovati a vivere quella scena a ruoli invertiti.
Per tale ragione, ovviamente, Korl Jenn’gs si guardò bene dall’esplicitare la realtà dei fatti al proprio interlocutore, preferendo non avere a comportarsi in maniera gratuitamente stolida e assolutamente inopportuna. Dopotutto, quale senso avrebbe potuto avere dichiararsi per quello che era? Non avrebbe certamente favorito Balgi o alcun altro in quel di Korrynia, né, tantomeno, avrebbe avuto occasione di aiutare lui stesso o Lora nella propria ricerca di integrazione e di una qualche possibilità di vita normale.
Certo: da parte sua sarebbe sicuramente stato intellettualmente onesto avere a denunciarsi qual non morto. Qual creatura immortale indifferente persino all’idea di poter essere fatto a pezzi ed essere sparso per qualche miglio quadrato di spazio, là dove ciò non soltanto non l’avrebbe ucciso, ma, neppure, gli avrebbe negato consapevolezza di sé o del mondo circostante, per così come aveva avuto già quieta occasione di riprova nel corso della battaglia per Lysiath. Insomma: qual un mostro.
Ma una volta che si fosse dichiarato qual tale… cosa sarebbe potuto accadere?
Balgi e tutti gli altri loro, possibili, futuri compaesani, quelle persone coì cordiali e cortesi dalle quali erano appena stati tanto amabilmente accolti, li avrebbero respinti, avrebbero avuto paura di loro, li avrebbero definiti mostri, per quanto, in fondo, essi erano, e li avrebbero scacciati. E poi…?
Cosa avrebbero fatto…? In che termini avrebbero avuto ad agire…?!
Avrebbero dovuto tornare a Lysiath, facendo ammenda per il proprio errore? O avrebbero dovuto iniziare a peregrinare senza meta in un mondo per loro sconosciuto, e un mondo nel quale non avrebbero potuto chiaramente riservarsi alcuna opportunità di integrazione?
Tacere sul dettaglio non trascurabile della propria attuale condizione, di certo, non sarebbe stato l’approccio più corretto sulla base del quale avere a porre le fondamenta della loro nuova vita, e della loro nuova vita in quel mondo alieno. Ma ove non avessero taciuto, nulla di buono sarebbe comunque derivato. Non per loro, non per altri.

« Comunque sia, eccoci arrivati! » annunciò alfine Balgi, presentando quella che, se si fossero giocati bene le proprie carte, sarebbe potuta essere considerata qual loro la loro nuova dimora.

Difficilmente Korl o Lora avrebbero potuto immaginarsi una sistemazione così semplice e modesta. E, tuttavia, difficilmente Korl o Lora avrebbero potuto immaginarsi una sistemazione così completa, per le loro esigenze e per le esigenze che avrebbero potuto essere proprie di chiunque.
Abbandonato il folle stile architettonico predominante in Lysiath, in quel di Korrynia la loro nuova dimora avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una casupola su pianta quadrata eretta su due livelli: un piano terra, costituito da un’area probabilmente ipotizzata qual soggiorno e cucina, e un piano superiore, accessibile da una scaletta di legno, e volta a condurre a due altri spazi, due camere probabilmente, per così come, obiettivamente, sarebbe servito loro, a concedere a entrambi quel minimo di possibilità di riservatezza. Che poi, a margine di tale discorso, sin dal momento del loro ritorno in vita non avessero mai avuto necessità, o possibilità, di dormire… beh… quello sarebbe stato un altro discorso. E un discorso in quieta correlazione con quelle cose delle quali sarebbe stato meglio non avere a discutere con altri.

« Non è molto… » ammise l’alcalde, aggrottando appena la fronte « Ma fino a qualche anno fa qui ci viveva la vedova Grimat con i suoi due figlioletti. E non aveva mai creato loro problemi… » soggiunse, quasi a giustificarsi.
« E ora dove sono andati…?! » domandò Lora, incuriosita dall’idea di quella madre e dei propri pargoli, intenti a vivere fra quelle modeste mura ai margini del villaggio « Potrei sbagliarmi, ma non rammento di aver sentito questo nome fra coloro che ci hai presentato fino a ora… »
« Purtroppo sono venuti a mancare lo scorso inverno. » sospirò Balgi, storcendo appena le labbra verso il basso « Abbiamo avuto un’epidemia di tifo in città e… beh… non credo di dover spiegare oltre come siano andate a finire le cose. » scosse il capo « In poco meno di un mese abbiamo dovuto cremare due dozzine di disgraziati, fra i quali la vedova Grimat e i suoi due figlioletti… »

Nel considerare le dimensioni ridotte del villaggio, e le proporzioni ancor più modeste della popolazione locale, Korl Jenn’gs e Lora Gron’d non poterono ovviare a strabuzzare gli occhi a confronto con quella notizia, e con quell’incredibile indice di mortalità. In maniera approssimativa doveva aver corrisposto almeno al dieci, se non al venti per cento della popolazione: una strage per qualcosa come quella, e per qualcosa che si sarebbe potuto quietamente prevenire in grazia a un semplice vaccino o, se proprio ineluttabile, si sarebbe potuta arginare e curare con una semplice cura antibiotica.
Purtroppo appariva abbastanza evidente quanto, in quel mondo, non vi dovesse essere particolare spazio per il concetto di antibiotico, né, tantomeno, per quello di vaccino. E gli effetti avrebbero avuto a doversi purtroppo rilevare anche in tragici eventi come quello.

« Ci dispiace… » commentò quindi Lora, dispiaciuta non soltanto per quegli avvenimenti, ma, anche e in parte, per la propria curiosità, e la propria curiosità che, evidentemente, doveva aver rievocato spiacevoli ricordi nella mente dell’alcalde e di quell’uomo i cui occhi, ora, avrebbero avut a doversi intendere decisamente meno brillanti e allegri rispetto a quanto non fossero apparsi sino a quel momento.
« Sincere condoglianze per le vostre perdite. » soggiunse Korl, a non avere a tacere proprio in quel momento, proprio a confronto con quel lutto, per quanto, allora, il loro dispiacere sarebbe ovviamente arrivato in ritardo.

venerdì 23 ottobre 2020

3438

 

« ... » esitò l’altro, incerto sul significato da attribuire a quella domanda, e a una domanda non meno assurda di quanto non avrebbe potuto essere domandargli cosa fosse il cielo o la terra « Un dio. » si ripeté, stringendosi appena fra le spalle « Non sapete cosa sia un dio...?! »

Cosa avesse a sottintendere quella parola, certamente, tanto Lora quanto Korl lo sapevano e lo comprendevano bene. Quanto, tuttavia, non avrebbero avuto a dover essere considerati in grado di comprendere sarebbe stato sulla base di quale logica un dio avrebbe potuto essere ucciso, ed essere ucciso, fra l’altro, da una donna mortale e da una donna che, per quanto straordinaria ella avrebbe mai potuto essere riconosciuta essere, null’altro avrebbe avuto a dover essere intesa se non qual una donna.
Non desiderando, tuttavia, avere a discutere con il proprio interlocutore, e con quel sì straordinariamente cortese ospite, Lora si limitò a stringersi appena fra le spalle, minimizzando il senso della cosa e, nell’intimità dei propri pensieri, avendo a evidenziare quanto, in fondo, non avesse allora alcuna ragione per potersi colpevolizzare per la propria sconfitta posta a confronto con una donna straordinaria quanto Midda Bontor era considerata essere. Perché se ella era acclamata come figlia della dea della guerra, e se le era addirittura attribuita l’uccisione di un dio... quale speranza avrebbe mai potuto riservarsi una comune feriniana innanzi a lei...?!

« Scusami...  » sorrise quindi ella, scuotendo appena il capo « ... è che la cosa è così straordinaria che, per un attimo, ho pensato di aver frainteso. »
« Se non avete altre domande... seguitemi! » li invitò, voltandosi e facendo cenno con la mano, nell’invitarli a seguirlo « Vi faccio fare un giro in città... e vi mostro dove alloggerete per questi primi giorni. E fino a quando, per lo meno, non desidererete qualcosa di meglio! »

Date le ristrette dimensioni di Korrynia il giro in città ebbe a essere decisamente più breve di quanto quella pur orgogliosa presentazione non avrebbe potuto suggerire. E fu utile, se non a permettere loro di conoscere tutti gli abitanti del villaggio, i nomi dei quali non avrebbero mai potuto imparare tanto velocemente, a permettere a tutti gli abitanti del villaggio di conoscerli, potendoli fin da subito vedere in volto e squadrare al fine di non avere di che sorprendersi nel vederli, nei giorni successivi, in giro in giro.

Fu così che Korl e Lora ebbero a trascorrere il primo giorno di quel nuovo capitolo della loro vita, presentandosi a destra e a manca e misurando in lungo e in largo i confini di quel paesello, e di quel paesello che, nelle proprie ridotte dimensioni, sarebbe sembrato più prossimo all’attrazione di un parco tematico che non a un luogo vero.
E comunque, dimensioni a parte, quanto sia Lora sia Korl ebbero a poter verificare sin da subito fu come quel paesello avesse a doversi intendere sì rustico, e pur completo nella varietà della propria popolazione, presentando un ruolo per ogni persona e una persona per ogni ruolo. Dal taverniere Korahli alla cerusica Sieka, dal cacciatore Holma all’allevatrice Rellim, non dimenticando la panificatrice Shata e il maniscalco Jaiver: tutti sembravano possedere un ruolo ben definito all’interno degli equilibri del paese, fossero questi sociali o economici. Addirittura, a non farsi mancare nulla, ebbero persino a incontrare la prostituta della città, la non più così giovanile, e pur indubbiamente affascinante, Onial, la quale, pur non potendo ovviamente vantare grandi giri d’affari all’interno della ristretta popolazione locale, avrebbe potuto vantare qualche affezionato cliente passare a farle regolarmente visita provenendo dai borghi vicini, a godere della compagnia di una donna che, evidentemente, doveva sapere come farsi apprezzare.

« Credo proprio che stasera potrebbe aspettarsi una tua visita, mio caro... » sussurrò Lora all’indirizzo di Korl, dopo quel tanto folcloristico e particolare incontro, trattenendosi a stento dal ridere.

Non che in Thermora non esistesse la prostituzione. Ma, certamente, in Thermora mai alcuno si sarebbe concesso l’opportunità di presentarsi quietamente attribuendosi una tale professione, né, tantomeno, raccomandandosi di avere presto possibilità di conoscerli meglio.
In Thermora, così come in ogni altro luogo rispettabile in un qualunque mondo rispettabile che avrebbero mai potuto avere occasione di immaginare, infatti, la prostituzione avrebbe avuto a dover essere inteso come un affare sporco, spiacevole, sgradevole, al quale non riservarsi alcuna volontà d’essere associati. Lì, al contrario, pareva quasi che le normali regole della decenza e del pudore fossero state completamente dimenticate, permettendo loro di essere introdotti al cospetto di Onial subito dopo aver incontrato, manco farlo apposta, Rayli, sacerdote del dio Gorl, nonché responsabile dell’unico, piccolo luogo di culto esistente lì in città, per lui meglio identificabile qual casa.

« Secondo me, comunque, era più incuriosita da te che da me. » replicò per tutta risposta Korl, sogghignando sommessamente « Va a finire che, se giochi bene le tue carte, potresti integrarti meglio di quanto avresti mai potuto immaginare... »

Forse accortosi della loro particolarmente ciarliera ilarità a seguito dell’incontro con la prostituta, mentre proseguivano con il loro giro, Balgi non poté ovviare a prendere voce a tal riguardo, mosso dal desiderio di avere a meglio esplicitare alcuni aspetti della questione.

« Non conosco il luogo dal quale provenite... né, tantomeno, i vostri usi e costumi. » premesse l’alcalde, scuotendo appena il capo « Ma non ho potuto fare a meno di notare quanto la figura di Onial pare avervi... colpiti. » puntualizzò, evidentemente impegnandosi a ricercare delle parole utili a meglio descrivere la questione senza in ciò risultare troppo diretto « Spero che la cosa non abbia a essere per voi ragione di turbamento. »

E se, in effetti, essere presentati a una prostituta, e alla prostituta del paese, dall’alcalde in persona, non avrebbe potuto mancare di colpirli, suscitando quelle loro facili e forse infantili ironie, ritrovarsi a confronto con quella nuova dimostrazione di premura da parte dello stesso alcalde non poté che porli in imbarazzo molto più di quanto, probabilmente, non avrebbe potuto essere ritrovarsi a confronto con Onial; soprattutto nel comprendere quanto, al di là di tutta la loro sicuramente arrogante superiorità psicologica, stavano lì più o meno involontariamente agendo animati da cieco provincialismo, quasi fossero essi a provenire da un paesino sperduto in mezzo al nulla, nel più dimenticato pianeta della galassia.

« Assolutamente no. » escluse fermamente Korl, per poi aggiungere « Perdonaci... »
« E di cosa...?! » minimizzò l’altro, giungendo innanzi a un modesto edificio posto ai limiti occidentali del paesello « E comunque sappiate che Onial è veramente una donna in gamba. Che, per inciso, ha fatto nascere metà della popolazione di questo paese, prima che Sieka decidesse di trasferirsi qui da noi e iniziasse a occuparsi lei delle questioni mediche. »
“Una prostituta tuttofare...” ironizzò mentalmente Korl, salvo, subito dopo, avere a vergognarsi di quella propria spiacevole superbia, e di quella superbia che lo stava facendo quasi sentire a un livello superiore rispetto a quelle persone, e a quelle persone che pur, almeno sino ad allora, non avevano dimostrato la benché minima mancanza di rispetto a loro riguardo, benché fossero stranieri in terra straniera, lì inviati, per volere superiore, a turbare la pace di quella piccola cittadina, qual necessariamente sarebbe occorso in conseguenza del loro arrivo.

giovedì 22 ottobre 2020

3437

 

Insomma: se involontariamente inopportuna, forse, era stata l’audacia propria di quel suo tendere la mano, e quel suo tendere la mano motivata allor da usi e costumi diversi da quelli locali; altresì volontariamente propositiva era, piuttosto, stata la risposta di Balgi, e quella risposta atta ad accoglierla con maggiore fiducia di quanto ella non avrebbe potuto attendersi...

« Benvenuta Lora. E benvenuto Korl. » si ripeté, ora apostrofandoli per nome « E’ un piacere fare la vostra conoscenza. »
« Il piacere è tutto nostro. » rispose sincera la feriniana, più che lieta di quell’accoglienza, e di quell’accoglienza così carica di entusiasmo « Alcalde Balgi. » soggiunse, a dimostrare di aver ben inteso il nome e il ruolo del medesimo, quasi dimentica di quanto, in effetti, lo conoscessero ancor prima di averlo sentito scandito da lui.
« Non posso che confermare. » si limitò ad aggiungere Korl, prendendo allora per la prima volta voce nella questione, e dimostrandosi quasi in imbarazzo per una tanto calorosa accoglienza.

Thermora non avrebbe avuto a doversi fraintendere una città brutale. Anzi. Al di là della terribile violenza delle loro morti, né in Thermora, né nel loro intero pianeta d’origine la violenza avrebbe avuto a riservarsi particolari spazi, anch’essa, in buona sostanza, soppiantata dal progresso tecnologico e da quel progresso tecnologico che aveva imposto a tutti, o quasi, uno stato di grazia, e uno stato di grazia nel quale nulla di quanto loro potenzialmente necessario avrebbe avuto a poter loro mancare.
Ciò non di meno, in quel di Thermora, obiettivamente, Korl non si era mai ritrovato a confronto con tanta apparente benevolenza così come stava accadendo sin da quando lui e Lora avevano deciso di accettare le condizioni offerte da Midda Bontor. E tutto questo, obiettivamente, non avrebbe potuto mancare di inquietarlo profondamente, nell’avere ad attendersi, allorché tanta benignità, un atteggiamento necessariamente più critico nei loro riguardi. E nei riguardi di chi, in fondo, era giunto straniero in terra straniera e, senza esitazione alcuna, si era schierato al fianco di un’esaltata come Nissa Bontor e aveva minacciato di morte sostanzialmente l’intera popolazione vivente di quel mondo.
Perché diamine quelle persone continuavano a trattarli con così tanta serenità? Perché, allorché criticarli per il loro operato, e scrutarli con diffidenza e sospetto, temendo per le proprie vite e per il proprio futuro, sembravano tutti così desiderosi di dimostrarsi accoglienti e ospitali con loro?!
Korl non poteva credere che davvero, in quel dannato pianeta, quel genere di comportamento fosse normale. Non lo aveva potuto accettare con l’intervistatore. Né, ora, avrebbe potuto accettarlo con Balgi. E così come già con l’intervistatore egli non si era negato possibilità di esprimere i propri dubbi, anche con Balgi egli non volle tacere... a costo di apparire ingrato e irrispettoso. Perché anche una reazione di sdegno, nei suoi confronti, sarebbe allor stata forse meglio rispetto a tutto quello e a quella situazione che, obiettivamente, non avrebbe potuto offrirgli alcuna serenità, al di là di quanto, comunque e paradossalmente, chiunque si stesse chiaramente impegnando a tal fine.

« A costo di apparire sfacciato... posso rivolgerle subito una domanda? » riprese quindi parola verso l’alcalde, non senza un certo imbarazzo anche giustificato, allora, dallo sguardo interrogativo della propria amica, non precedentemente informata nel merito di quanto egli avrebbe potuto avere lì desiderio di dire.
« A chi...? » domandò quindi Balgi, disorientato, voltandosi a scrutare alle proprie spalle per vedere se non fosse comparsi qualcuno altro... anzi, qualcun'altra a cui, all’occorrenza, il loro nuovo concittadino potesse desiderare avere a destinare quell’interrogativo.
« A lei... cioè... a te. » si corresse immediatamente Korl, ricordando quanto l’utilizzo della terza persona singolare come forma di cortesia non avesse a doversi intendere consueto da quelle parti « Posso rivolgerti una domanda...? »
« Oh! » esitò l’altro, aggrottando appena la fronte con aria quasi divertita per comprendere come quel “lei” avesse a dover essere inteso proprio lui « Certamente, figliuolo. Chiedimi quello che vuoi. »

Addirittura “figliuolo”. No: quello avrebbe avuto a doversi riconoscere obiettivamente troppo.

« Che cosa ti hanno raccontato a nostro riguardo...? Cosa sai del perché siamo qui...?! » domandò, quasi sperando che l’altro avesse a indispettirsi per quell’interrogativo, dimostrando in tal maniera un minimo di reale umanità.

Una speranza, la sua, destinata purtroppo o per fortuna a restare priva di soddisfazioni, giacché, ancora una volta, Balgi ebbe lì a offrirsi assolutamente accomodante nei loro confronti, con un’umiltà priva d’eguali e un’umiltà che, difficilmente, avrebbe potuto avere a potersi fraintendere artefatta.

« Non molto. E poco che, in effetti, io abbia realmente compreso. Ma non vi sarebbe stata ragione per me di avere a sollevare dubbi innanzi alla necessità di accogliere due esuli come voi... » scosse il capo, minimizzando l’importanza di avere, o di avere diritto a maggiori dettagli in tal senso « So che giungete da una terra lontana. E so che avete combattuto contro la Figlia di Marr’Mahew, prima di cambiare fazione e schierarvi dalla sua parte. E so che è stata ella ad aver deciso di inviarvi qui... »
« La Figlia di Marr’Mahew...? » esitò Lora, non comprendendo cosa egli stesse dicendo, pur non potendo fare a meno di intuire, dal contesto di quelle parole, quanto egli stesse allor riferendosi a Midda Bontor, la loro assassina.
« Marr’Mahew è la dea della guerra venerata dagli abitanti di un arcipelago al largo delle coste di Kirsnya.  » sorrise Balgi, non rifiutando la possibilità di offrire una spiegazione in tal senso « Molti anni or sono, Midda Bontor finì sulle coste di una delle isole di quell’arcipelago e lì ebbe a combattere contro i pirati per difendere gli abitanti di quella terra da un altrimenti sicuro massacro: fu allora, quindi, che ella ebbe a conquistare il titolo di Figlia di Marr’Mahew, figlia della dea della guerra, per la straordinaria audacia con la quale ebbe a spazzare via per sempre quella minaccia. »
“Per sempre...” ripeté nella propria mente Korl, inarcando appena un sopracciglio al pensiero di quanto, probabilmente, anche quei pirati fossero risorti insieme a loro, con buona pace per quanto, ciò, avrebbe potuto quindi significare per i disgraziati ancor residenti in quell’arcipelago, soprattutto ove, come facile sarebbe stato supporre, tali pirati non avessero avuto certamente a doversi censire fra coloro i quali avevano lì deciso di arrendersi quietamente alla loro celebre antagonista “... come no?!”
« E malgrado il fatto che tu sappia che abbiamo combattuto contro Midda Bontor, ciò non rappresenta per te alcuna ragione di preoccupazione...?! » esitò riprendendo voce verso l’alcalde, nel cercare di comprendere il senso di tutto quello, e di qualcosa che pur non sembrava desiderare riservarsi alcun senso di sorta.
« ... non direi. » ridacchiò l’altro « L’Ucciditrice di Dei è una leggenda vivente la cui fama la precede ovunque ella vada. Ma non sempre, ovunque ella vada, si ritrova necessariamente benvoluta: vi basti pensare che, fino a qualche anno fa, la stessa famiglia reale di Kofreya l’aveva decretata rea di morte. »
« Immagino che l’Ucciditrice di Dei sia sempre lei... » puntualizzò a scanso di equivoci Lora, iniziando a domandarsi in quanti modi diversi quella “leggenda vivente” fosse conosciuta in quel mondo.
« Oh sì! » confermò Balgi « Titolo assolutamente meritato, nel considerare come sia stata in grado di uccidere niente poco di meno di un dio: il dio Kah. »
« E con dio intendi dire...?! » insistette ella, cercando di meglio circoscrivere il significato di quella parola, e di una parola che, obiettivamente, non avrebbe dovuto avere lo stesso significato che era solita attribuirle ella, laddove, in tal caso, difficilmente qualcuno avrebbe mai potuto avere a fregiarsi di un tal tiolo.

mercoledì 21 ottobre 2020

3436

 

Per molto tempo Lora Gron’d non ebbe a comprendere in grazia di quale assurda coincidenza le fu concesso di restare insieme a Korl anche a seguito dell’obbligata diaspora del loro gruppo.
O, per meglio dire, per molto tempo ella non volle razionalizzare l’evidenza dell’ovvio. E di quell’ovvio qual solo avrebbe avuto a dover essere inteso un manifesto interesse da parte del medesimo e una sua esplicita richiesta, in qualche maniera accolta, di poter restare affiancato a lei malgrado tutto. Del resto, ipotizzare il contrario, sarebbe equivalso a un atto di indubbio egocentrismo da parte sua, trasparente di una superbia che non le apparteneva: del resto, per quale ragione mai Korl Jenn’gs avrebbe avuto ad agire in tal direzione? Anche prima delle proprie morti, in fondo, sì, erano stati amici. Ma mai nulla di più, a dispetto delle voci che egli aveva messo in giro e che ella aveva contribuito a sostenere.
Comunque fossero andate le cose, fra tutte le persone del gruppo di Thermora che aderirono all’iniziativa di integrazione promossa da Midda Bontor, soltanto Korl e Lora ebbero a essere associati nella propria destinazione finale. E, questo, obiettivamente, non ebbe a essere inteso, nella maniera più assoluta, qual un male per lei... anzi.
Se proprio ella avrebbe avuto a dover trascorrere il resto della propria vita in un mondo a predominanza umana, e in un mondo che, potenzialmente, avrebbe potuto desiderare ucciderla, pur, fortunatamente, non avendo mezzi per compierlo a confronto con il proprio stato attuale; Lora Gron’d non avrebbe potuto desiderare un compagno di viaggio migliore di Korl: una persona onesta, leale e capace di ispirare fiducia, con la quale avere occasione di confrontarsi, con la quale poter quietamente interagire, e, soprattutto, all’occorrenza, con la quale potersi sfogare, nel momento in cui le cose avessero preso una brutta piega.
Fu così che, quindi, Lora Gron’d e Korl Jenn’gs si ritrovarono a dover lasciare la prima città da loro incontrata in quella loro nuova vita, Lysiath, per avere ad avventurarsi, stranieri in terra straniera, in quel nuovo mondo alla volta della piccola Koorynia.

Koorynia avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual una cittadina, o, per meglio dire, un villaggio, sito all’interno della provincia di Kirsnya, a nord di Lysiath, in prossimità con il confine orientale.
Definire Korrynia piccola, dal punto di vista di Korl e Lora, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual una sorta di obbligo morale, a non voler apparire totalmente falsi a confronto con il proprio stesso intelletto. Se già, infatti, Lysiath, ipoteticamente grande capitale, avrebbe avuto a dover essere intesa pressoché pari a un semplice quartiere nel confronto con i propri consueti canoni di misura demografica, Korrynia, con tutto il dovuto rispetto, non avrebbe avuto a superare in dimensioni gli edifici all’interno dei quali, un tempo, Korl e Lora erano abituati a vivere. E non che, in effetti, quelli di Korl e Lora avessero a doversi fraintendere quali i complessi abitativi più imponenti di tutta Thermora.
Su Thermora, a voler offrire qualche dato più puntuale, Korl viveva insieme ad altre tre persone in un appartamento di quattro camere all’interno di un edificio ospitante altre ottantanove unità abitative. Lora, invece, viveva insieme ad altre cinque persone in un appartamento di tre camere all’interno di un edificio ospitante altre centoventi unità abitative. E tutta Korrynia, in ciò, avrebbe avuto a poter contare quarantadue famiglie.
Definire Korrynia piccola, quindi, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual una sorta di obbligo morale. E, in un tanto minuscolo contesto, il loro arrivo in città non poté passare inosservato. Anzi. In buona sostanza, ebbe a dover essere inteso qual uno degli eventi più importanti dell’anno, tanto nel bene, quanto nel male.

« Benvenuti a Korrynia. » li ebbe ad accogliere un uomo forse sulla quarantina, età che, avevano presto inteso, avrebbe avuto già a doversi intendere più che ammirevole in quel mondo, e in un mondo nel quale superare i cinquanta sarebbe equivalso a conquistarsi, necessariamente, il titolo di venerabile... o qualcosa di quantomeno equivalente « Il mio nome è Balgi e ricopro l’incarico di alcalde. »

Alcalde: una parola atta a descrivere un rappresentante del governo centrale e, al contempo, il corrispettivo di un sindaco e di un giudice, che, in quel di Kofreya, e nei territori confinanti, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual atta a indicare la più alta autorità locale in quei territori troppo piccoli per poter interessate un qualunque lord, in termini tali da garantire, paradossalmente, una certa autonomia, una certa indipendenza, proprio da parte di chi, per palesi ragioni, non avrebbe poi avuto potenzialmente interesse a volersi considerare autonomo da chicchessia.

« Vi prego, tuttavia, di non lasciarvi spaventare dal mio ruolo... » si raccomandò immediatamente, sorridendo e scuotendo il capo ornato da una folta e disordinata capigliatura riccia, ingrigita dagli anni, e da quei quarant’anni che pur, nella prospettiva di quel mondo, non avrebbero potuto ovviare ad apparire necessariamente molti di più « Qui a Korrynia la vita scorre così tranquilla che quello di alcalde è un incarico praticamente simbolico. » precisò, minimizzando in tal maniera la propria importanza « E, in effetti, avrete più possibilità di appellarvi a me come macellaio che non come alcalde! » ammiccò quasi divertito, bonario nella propria espressione e nei propri modi.

Nel merito del nome e della carica di Balgi, in effetti, Korl e Lora erano stati informati prima della loro partenza, qual persona di riferimento alla quale rivolgersi non appena fossero giunti a destinazione. E se, inizialmente, l’idea di avere a doversi confrontare direttamente con colui che, in buona sostanza, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual il signorotto locale, non avrebbe potuto avere a entusiasmarli, proiettando sui loro cuori un certo stato di motivata ansia; nel ritrovarsi a confronto con Korrynia e con Balgi, francamente, entrambi non avrebbero potuto mancare di riservarsi un certo sospiro di sollievo, nonché un qualche imbarazzo all’idea del timore inizialmente provato.
Korrynia, infatti, non avrebbe avuto a dover essere fraintesa più grande della metà della sede della Loor’Nos-Kahn presso il quale entrambi erano impiegati in Thermora. E Balgi non avrebbe avuto a dover apparire né aggressivo, né, tantomeno, arrogante, quanto e piuttosto, in un primo, superficiale impatto a pelle, qual una persona fondamentalmente buona e premurosa, per così come, sino a quel momento, già troppe avevano avuto occasione di dimostrare di essere in quel mondo così primitivo.

« Il mio nome è Lora Gron’d. » si affrettò quindi a presentarsi la feriniana, tendendo la propria destra verso l’uomo innanzi a sé in gesto di pace « E il mio amico si chiama Korl Jenn’gs. » si riservò l’occasione di parlare anche per lui, certa di quanto questi non avrebbe avuto a prendersela a male.

Che l’alcalde non fosse solito avere a confrontarsi con una donna gatto, fu evidente a confronto con il gesto di lei, e con quel gesto a confronto con il quale, per un istante, egli ebbe quasi a retrocedere, evidentemente timoroso all’idea di un’aggressione, e di un’aggressione per mezzo dei pur notevoli artigli dei quali le sue dita apparivano ornate alle estremità.
Che l’alcalde, ciò non di meno, dovesse essere stato ben informato della situazione, e della particolare natura dei propri nuovi ospiti, e di una in particolare, fu evidente a confronto con l’impegno che egli comunque ebbe a porre innanzi a tal gesto, nel non retrocedere e, anzi, nello spingersi, non senza un certo coraggio, in avanti, per afferrare con la propria destra l’avambraccio di lei, offrendole, in cambio, il proprio. Un gesto, quello che egli volle tributarle, che Lora Gron’d dovette ricordarsi essere tutt’altro che privo di valore là dove, diversamente rispetto alle proprie passate abitudini, in quel nuovo mondo altri modi avrebbero avuto a dover essere intesi atti al saluto interpersonale, in accordo ai diversi gradi di fiducia che, fra le due parti in causa, avrebbero avuto a poter essere intesi presenti: così, se fra due estranei non vi sarebbe stato nessun contatto fisico, limitando il tutto a un semplice e leggero inchino del capo; e fra due amici, altresì, vi sarebbe stata la duplice offerta di entrambe le mani, a dimostrare la più completa e assoluta fiducia reciproca; fra due persone non estranee e legate da un sufficiente livello di confidenza reciproca sarebbe potuto occorrere quel particolare gesto di saluto, e quel gesto di saluto atto, allora, a poter comunque garantire una mano libera, e una mano allor utile, all’occorrenza, per difendersi dalla controparte.

martedì 20 ottobre 2020

3435

 

« Capisco... » si limitò ad annuire Korl, ovviando a qualunque ulteriore possibile argomentazione a tal riguardo, anche laddove avrebbe ben volentieri voluto obiettare quanto egli sapesse scrivere, leggere e far di calcolo... e probabilmente lo sapesse fare a livelli che mai alcuno, su quel pianeta, avrebbe potuto immaginare.
« Direi che con questo abbiamo finito. » sospirò quindi il suo interlocutore, sorridendogli stancamente « Ho raccolto tutte le informazioni necessarie e, sulla base anche di quanto emergerà da tutti gli altri, vedremo di trovare una collocazione a ciascuno di voi. » lo volle rassicurare, sempre con maggiore gentilezza di quanto lo stesso Korl non se ne sarebbe offerta a parti inverse.

Improbabile sarebbe stato allor cercare di comprendere il perché di tutto ciò. E, probabilmente, anche inutile sotto ogni fine pratico, giacché, in fondo, nulla sarebbe per lui cambiato nell’avere risposta a una simile curiosità piuttosto che nel non averla.
Ciò non di meno, a confronto con un numero già sin troppo smisurato di interrogativi destinati a restare irrisolti, Korl Jenn’gs decise lì di riprendere voce, e di riprendere voce anche ed eventualmente a proprio esplicito discapito, per così come si sarebbe potuto scoprire a posteriori formulare una tale obiezione proprio in quel momento e proprio a confronto con quel particolare interlocutore. E nel riprendere voce, egli si espresse, ancora una volta, in assoluta franchezza, non sapendo in quale altra maniera, altrimenti, poter affrontare la questione.

« ... perché?! » domandò, verso quell’anonimo messo inviato lì per intervistarli, per raccogliere da loro quelle informazioni di natura quasi e semplicemente anagrafica, probabilmente anche in conseguenza alla difficoltà a poter elaborare quanto avrebbe potuto raccontargli con un maggior livello di dettaglio « Perché sei tanto gentile con me...? Io... io sono uno di quei mostri che hanno attaccato la tua città. Che hanno ucciso molti di voi. E che, probabilmente, avrebbero sterminato tutti quanti se soltanto... »

Soltanto... cosa? Difficile a dirsi. E difficile a spiegarsi, laddove, in effetti, anch’egli non avrebbe ancor potuto vantare la benché minima consapevolezza a tal riguardo, rientrando, anche ciò, all’interno di quella lunga e variegata lista di questioni irrisolte.

« ... se soltanto? » ripeté curioso l’altro, invitandolo a terminare la frase.
« Francamente non lo so neppure io... » scosse tuttavia il capo Korl, rendendosi conto di quanto folle tutto ciò non avrebbe potuto mancare di apparire dall’esterno, nel ben considerare che, già dall’interno, non avrebbe avuto a doversi intendere particolarmente più sensato « Comunque... perché sei tanto gentile con me? Sei forse pagato per comportarti in questa maniera...? O temi forse che, approcciandomi in altro modo, potrei magari rivoltarmi contro di te e ucciderti...?! »

Il suo interlocutore non si negò l’occasione di una risatina a margine di tutto ciò, stringendosi poi fra le spalle a minimizzare il valore della cosa.

« Sicuramente l’idea di essere ucciso da te, proprio in questo momento, non mi aggraderebbe poi molto... » sorrise, ancor divertito « ... ma non è per questo che sono “tanto gentile”. »
« E allora perché...?! » insistette il primo, sempre più disorientato da tutto ciò.
« Perché mi è stata data l’occasione di occuparmi di voi. E mi è stata data direttamente dalla Campionessa di Lysiath, Midda Bontor. » sancì, non privo di un certo orgoglio nel proclamare tale mandato, probabilmente più fiero allora di quanto non avrebbe potuto esserlo anche ove lo stesso sovrano di Kofreya fosse intervenuto a tal riguardo « E, francamente, non desidero deludere una donna straordinaria come lei. »
« Non capisco cosa c’entri... » sottolineò tuttavia Korl, ancor smarrito.
« C’entra nella misura in cui è stata lei a raccomandarci di avere a rivolgerci a voi non come a terrificanti mostri criminali, quanto e piuttosto a vittime delle circostanze, e delle circostanze che vi hanno condotto sotto il malvagio influsso di quella cagna maledetta di Nissa Bontor. » puntualizzò quindi, ancor sorridendo e, ora, annuendo « Ergo... è esattamente quello che sto facendo da due giorni a questa parte. E, fino a ora, devo ammettere, che nessuno di voi mi ha dato ragione per cui ricredermi di ciò. » puntualizzò, con evidente soddisfazione.

Ammirazione: a motivare quell’uomo, a incentivarne i modi cortesi e misurati verso di lui, e quell’attenzione a volerlo trattare da essere umano e non da mostro, altro non avrebbe avuto a dover essere intesa se non l’ammirazione da questi stesso provata nei riguardi della loro assassina. Ammirazione così palesemente smisurata, a confronto con la quale, quindi, ogni proprio possibile pregiudizio sarebbe stato quietamente superato, per compiere quanto domandatogli per così come domandatogli.
Che razza di donna avrebbe avuto a dover essere intesa Midda Bontor per riuscire a ispirare qualcosa del genere...? E, soprattutto, quanto sano avrebbe avuto a doversi intendere tutto ciò...?!
Del resto, prima dell’improvvisa e ancor inspiegata conclusione della battaglia, anche tutti loro si stavano proponendo contraddistinti da una cieca fiducia verso Nissa Bontor, pronti a seguirla, e ad ascoltarne i comandi, anche attraverso una fossa di fiamme... immagine che, alla luce di quanto occorso nei primi capitoli di quella guerra lampo, non avrebbe avuto a doversi fraintendere puramente metaforica, quanto e piuttosto straordinariamente pratica.
Possibile che il sentimento di ammirazione che stava legando quel giovane alla propria cosiddetta Campionessa non avesse a doversi fraintendere poi troppo diverso da quell’insano, e malefico, sentimento di fiducia e di fedeltà che aveva coinvolto tutti i ritornati in favore della loro ex-comandante...? O, forse e piuttosto, l’assenza di qualunque genere di contestualizzazione utile a meglio comprendere tutto quello lo stava semplicemente rendendo terribilmente paranoico...?!

« Del resto... anche tu sei qui perché hai scelto di esserlo, no...?! » insistette allora il suo interlocutore, distraendolo dai propri pensieri.

E Korl, osservandolo stranito, dovette riconoscere l’evidenza della banalità della cosa. E di quella cosa che, obiettivamente, non avrebbe avuto a doversi fraintendere mossa da chissà quali oscure forze, quanto e piuttosto dalla buona volontà dei presenti: la buona volontà, da parte sua, di voler cercare un’occasione di integrazione in quel mondo per lui tanto estraneo... e la buona volontà, da parte dell’altro, di volergli offrire quell’occasione di integrazione, magari anche in aperto contrasto a posizioni decisamente più critiche a tal riguardo da parte di altri abitanti di Lysiath o di quell’intera nazione.
Insomma: Korl non avrebbe dovuto certamente eleggere quell’individuo a rappresentanza di tutti gli abitanti di quella città, o di quel mondo intero. Ma, ciò non di meno, avrebbe potuto comunque essere a lui grato per l’impegno che, tanto palesemente, stava lì dimostrando a proprio favore.

« Sì. » confermò, or decisamente meno confuso « Altri non sono d’accordo. Ma io ho deciso di avere fiducia nell’occasione offertaci da Midda Bontor. E sono qui per questo. » annuì, con quieta convinzione.

Poi, quasi sul punto di alzarsi in piedi per andarsene, Korl Jenn’gs ebbe a soffermarsi ancora un istante, riprendendo voce verso il proprio interlocutore per un’ultima, fugace ma importante richiesta...

lunedì 19 ottobre 2020

3434

 

« Hai precedenti esperienze lavorative estranee alla professione militare...? » domandò quindi l’altro, proseguendo serenamente nella propria intervista.

Non fosse morto e risorto in un pianeta a lui completamente alieno, e non fosse certo di essere in un mondo dominato dalla paura e dalla superstizione, un mondo popolato da mostri e caratterizzato da arcani poteri magici, e un mondo del tutto estraneo a qualunque senso di tecnologia o progresso civilizzato, Korl avrebbe potuto sentirsi, in quel momento, impegnato a sostenere un colloquio di lavoro con un selezionatore delle risorse umane di una qualunque azienda. Dopotutto, le domande che gli stavano venendo allor rivolte, nella peculiare cornice in cui tale confronto si stava svolgendo, non avrebbero avuto a doversi fraintendere poi così estranee rispetto a quelle a confronto con le quali si era posto il giorno in cui aveva scelto di rispondere all’annuncio di lavoro per quel posto da operativo nella sezione sicurezza della Loor’Nos-Kahn.

“Chissà se alla fine mi faranno una foto, mi prenderanno l’impronta della retina e mi daranno un tesserino identificativo...?!” si ritrovò a pensare, a metà fra l’ironico e il grottesco, per quanto, forse, non si sarebbe poi stupito più di molto ove ciò fosse realmente accaduto.
« Ho fatto il fattorino, per qualche mese. E ho anche lavorato come cameriere in un bar... » rispose con sincerità, per poi soggiungere a propria discolpa « Non è molto, lo so. Ma quando sono... ehm... morto, stavo cercando di mettere insieme un po’ di denaro per pagarmi il proseguo degli studi. »

A ricordargli quanto, allora, non avrebbe avuto a dover porre in quieto paragone la propria realtà passata e quella attuale, tuttavia, si impegnò allora lo sguardo del proprio interlocutore, il quale a confronto con la parola “fattorino” e con la parola “bar” ebbe ad assumere un’espressione a metà fra il confuso e l’infastidito, quasi, allorché quelle parole egli avesse avuto a scandire qualcosa di diverso, di strano, se non, addirittura, di idealmente lesivo.

« Scusami... puoi ripetere...?! » domandò questi, aggrottando appena la fronte.

Come Korl Jenn’gs e tutti gli altri potessero star parlando e comprendendo una lingua diversa dalla loro, francamente, avrebbe avuto a doversi riconoscere ancora parte di quel lungo elenco di dubbi ancor non chiariti nel merito della loro attuale condizione, anche visto e considerato che, fatta eccezione nel confronto con Midda Bontor, con la quale avevano avuto occasione di avere conferma di quanto, effettivamente, anch’ella stesse parlando la lingua comune, con chiunque altro non avevano effettivamente percepito nulla di insolito, offrendosi inizialmente addirittura del tutto inconsapevoli di cosa diamine fosse il kofreyota che, pur, dicevano loro parlare.
In tal senso, quindi, Korl non aveva ancora avuto occasione di porsi particolari dubbi nel merito della traduzione di alcuni termini, e di quei termini che, potenzialmente, non avrebbero potuto trovare un corrispettivo nell’altra lingua e in quella lingua che non sapeva di star parlando. E se già il “fascio di plasma”, stranamente, non aveva avuto a generare dubbi di sorta, pur nell’evidenza di quanto nessuno potesse star comprendendo di cosa si stesse parlando, quel “fattorino” e quel “bar” dovevano altresì essere stati male interpretati. O, forse, anche il “fascio di plasma”, in effetti, non era stato realmente compreso non soltanto nel proprio significato ma anche nel proprio significato, venendo, piuttosto, accettato e riproposto, malamente oltretutto, da Nissa Bontor a tentare di imitare un qualche suono non meglio compreso da lor prodotto. Suono non meglio compreso che, a confronto con l’immagine di qualcosa di non conosciuto, non avrebbe avuto a generare alcun genere di dubbi... ma che, evidentemente, all’interno di un dialogo più semplice, idealmente normale, doveva essere risultato simile a una nota stonata, e a una nota stonata a confronto con la quale l’unica e obbligata reazione era stata quella così allor offertagli.

« Mi sono occupato di consegnare della merce, per qualche mese. E ho lavorato come cameriere in una taverna... » riformulò quindi, cercando di usare termini che potessero risultare più consoni con l’ambientazione locale e che, quindi, qualunque meccanismo stesse regolando la traduzione del loro dialogo, avesse a poter gestire senza particolari ragioni di crisi.
« Ah... d’accordo. » annuì l’altro, ora offrendo evidenza di aver compreso.

Pur non capendo, ancora, cosa potesse essere successo, come ciò potesse essere successo e, soprattutto, perché, Korl Jenn’gs stava allor iniziando ad apprezzare l’evidenza dell’esistenza di una certa logica dietro a tutto ciò. E una logica di funzionamento che egli, comunque, poteva comprendere, concedendogli, in conseguenza di ciò, un certo margine di conforto, a confronto, altrimenti, con eventi dei quali sarebbe stato semplicemente vittima.
Dopotutto se vi era qualcosa che egli non avrebbe mai voluto ritrovarsi a essere per il resto della propria vita, sarebbe certamente e per l’appunto stato essere vittima delle circostanze, subendo passivamente ogni evento senza essere in grado di comprenderlo e, quindi, di reagire adeguatamente a confronto con esso. Un desiderio, in fondo, non lontano da quello che aveva spinto Lora Gron’d ad appoggiare la linea d’azione collaborativa, e quella linea d’azione per lei speranzosamente utile al fine di avere a potersi riservare una qualche speranza di integrazione futura, in un mondo nel quale, altrimenti, sarebbe rimasta per sempre nulla di più di un bizzarro mostro dalle forme ibride fra un felino e una donna.

« Accennavi a degli studi... » soggiunse il suo intervistatore, evidentemente desiderando sapere di più a tal riguardo « Immagino che, al pari di tutti gli altri tuoi pari, anche tu non abbia confidenza con la lettura e la scrittura del kofreyota, malgrado sembri parlarlo in maniera sufficientemente fluente. » osservò, probabilmente riservandosi l’uso di quell’avverbio in conseguenza alla difficoltà di comprensione appena occorsa fra loro, in assenza della quale non avrebbe avuto riserva alcuna a definire la sua confidenza con il kofreyota qual piena.
« Temo di sì. » confermò Korl, provando a gettare un occhio sulle pergamene scritte innanzi a sé e rendendosi conto di non riuscire minimamente a cogliere nulla di quanto lì sopra presente, avendo persino difficoltà a riconoscerla qual una scrittura, quasi fossero scarabocchi e nulla più.
« D’accordo. » annuì l’altro, con un quieto sorriso di rassegnazione, evidentemente avendo già avuto molte occasioni di ritrovarsi a concludere in quel modo altre chiacchierate simili a quella « Non avertene a male, comunque. » soggiunse poi, forse in conseguenza a qualche mutamento di espressione sul volto dell’interlocutore, atto a dimostrare un certo rammarico da parte del thermorese per simile, propria incapacità « Da queste parti siamo ben in pochi a saper leggere, scrivere e far di calcolo... e, ciò nonostante, tutti vivono molto serenamente la propria esistenza. » ammiccò.

Aggiungere anche una situazione di analfabetismo diffuso fra la popolazione avrebbe avuto a rendere ancor più coerente il quadro che, nella propria mente, Korl Jenn’gs non aveva potuto mancare di iniziare a tratteggiare, per meglio delineare i limiti del mondo destinato a divenire il proprio per gli anni a venire... e per molti anni a venire, nel considerare la propria situazione attuale, e quella presunta immortalità di cui avrebbe quindi avuto a godere in quanto, in effetti, già morto.
E se questo, un tempo, non avrebbe potuto che risultargli semplicemente folle, avendo difficoltà a poter credere che esistessero persone incapaci a leggere, scrivere e far di calcolo, nozioni basilari insegnati ai bambini nei primissimi anni della propria vita; allo stato attuale delle cose non avrebbe potuto che essere accolto da parte sua con una quieta rassegnazione. E la rassegnazione propria di chi, comunque, consapevole di non poter certamente avere a rivoluzionare quell’intero mondo a proprio uso e consumo.