11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 30 aprile 2018

2532


Che la Figlia di Marr’Mahew non si sarebbe riservata il benché minimo senso del pudore nel confronto con la nudità del proprio corpo, in linea generale, non avrebbe avuto a dover essere considerata una qualche sorpresa per chiunque, con lei, avesse mai avuto occasione di avere a rapportarsi per più di qualche giorno: da sempre in assoluta pace con le proprie forme, con la propria femminilità, ella non si era mai riservata alcuna particolare inibizione all’idea di porsi completamente nuda di fronte anche a perfetti estranei, così come a semplici conoscenti o ad amici fidati, in termini tali per cui, nel proprio passato, molteplici erano state le battaglie nelle quali si era ritrovata a combattere rivestita soltanto del proprio sudore e del sangue dei propri nemici, senza, in questo, trovare ragione di frenare i propri colpi o moderare il proprio impeto. E proprio a confronto con ciò, con tale consapevolezza, non a caso, Seem aveva avuto allor ragione di agire per come aveva agito, arrischiandosi ad allontanarsi fugacemente dal gruppo per recuperare, per la propria signora, quegli abiti: una premura verso di lei, certamente, e, ciò non di meno, anche verso chiunque altro lì presente, in quel comunemente civile senso del rispetto che, altresì, avrebbe reso complicato per chiunque rapportarsi con lei e con quelle sue nudità che, al di là della non più fanciullesca età, avrebbe comunque e inoppugnabilmente turbato lo sguardo di chiunque, nella forma semplicemente mirabile di quel corpo praticamente perfetto, e trasudante, in ogni propria curva, in ogni proprio dettaglio, un senso di sensualità disperatamente inappellabile.
Paradossale, a confronto con un simile pregresso, con una tale comunemente accettata verità, fu quanto, in quel momento, in quel particolare frangente, le uniche che ebbero a reagire con sorpresa e imbarazzo, per non dire, addirittura, scandalo, furono proprio coloro le quali maggiore confidenza avrebbero avuto a poter vantare con quello stesso corpo nudo, o, quantomeno, con una sua versione alternativa. Perché se per Be’Sihl, Be’Wahr, Seem e, persino, Desmair, la possibilità di scandalo per tutto ciò avrebbe avuto a dover essere ormai considerata qual una questione addirittura storia; e se per Lys’sh, ma anche per i piccoli Tagae e Liagu, nulla di sconvolgente, nulla di sorprendente avrebbe avuto a dover essere associato a questo, avendo avuto già occasione di passato confronto con lei e con la serenità da lei così dimostrata, neppur avendo la possibilità di maturare, in tal senso, una qualsivoglia malizia a tal riguardo; per Maddie e, ancor più, per Rín, tutto ciò, non poté che risultare meno ovvio, meno scontato, benché, a tutti gli effetti, quanto si videro porre generosamente innanzi allo sguardo nulla di particolarmente diverso, nulla di concretamente nuovo, avrebbe avuto a dover essere considerato rispetto all’immagine che i loro stessi corpi avrebbero potuto loro restituire in grazia di un semplice specchio.

« Oh, cielo… » commentò Rín, sgranando gli occhi per lo stupore, per la sorpresa, nel ritrovarsi, dalla propria costretta posizione seduta, in buona sostanza, a pochi pollici di distanza dall’ancor prosperoso e sodo seno di quella donna, senza il benché minimo preavviso.
« Ehm… » esitò Maddie, in ciò, in effetti, non tanto imbarazzata per se stessa, nell’essersi ormai abituata all’idea delle proprie versioni alternative, e in ciò avendo una certa, quieta confidenza anche con l’idea dell’eventuale nudità di una di esse al pari della propria, quanto e piuttosto per tutti gli altri lì attorno, tutti coloro che, in ciò, avrebbero avuto a confrontarsi con lei… con loro, pargoli inclusi.
« Che c’è…?! » domandò Midda, per tutta risposta, guardando quella coppia di sue versioni più giovani, qual, in buona sostanza, anche la stessa Rín non avrebbe potuto ovviare a essere considerata, a fronte della singolarità genetica propria della loro condizione di gemelle « Non ditemi che nel vostro mondo siete tanto pudici da sconvolgervi per una coppia di seni nudi… » domandò, nel contempo in cui si impegnò a infilarsi i pantaloni, anteponendoli alla casacca e, in tal senso, forse casualmente, o forse no, costringendo le proprie versioni alternative a restare ancora a confronto con il suo corpo nudo per qualche, ulteriore istante.
« No… no… » escluse Maddie, scuotendo il capo e levando le mani a sottrarsi a quell’accusa « Anzi… a volte un po’ di pudore in più, soprattutto su certi cartelloni pubblicitari, avrebbe a doversi considerare gradito, dalle nostre parti. » commentò, non potendo evitare a correre con il pensiero a quanto, nel suo universo, anche per vendere del silicone non si sarebbe ovviato a mostrare un corpo femminile nudo, senza una qualsivoglia reale ragione.
« No… » rispose, quasi in contemporanea, Rín, con un tirato sorriso colpevole, laddove, in effetti, per un istante, non aveva mancato di imbarazzarsi realmente a confronto con tutto ciò e, soprattutto, con la più completa impredicibilità di quanto lì stava accadendo « Il mio commento non voleva essere espressione di pudicizia… » mentì spudoratamente, non volendo sfigurare nel confronto con la totale indifferenza, altresì, dimostrata da tutti gli altri, bambini inclusi « … stavo solo ammirando il tuo fisico tonico e sodo! Cioè… complimenti! »
« Tecnicamente, fra qualche anno questo sarà anche il vostro fisico… » ridacchiò l’Ucciditrice di Dei, in risposta a quel secondo commento, per poi sollevare la propria destra in lucente metallo cromato « … con l’eccezione della necessità di questa protesi, voglio sperare per voi! »

Estemporaneo imbarazzo a parte, la decisione presa dalla donna guerriero, e subito imitata anche dal suo compagno, da Be’Sihl, il quale, sino a quel momento, era apparso semplicemente in mutande, non ebbe a dimostrarsi sì fine a se stessa o immotivata, e neppure priva di particolare tempismo… al contrario.
Così come gli eventi ebbero a dimostrare di lì a breve, concedendole appena il tempo utile per indossare la maglia, o, per meglio dire, il tempo utile a iniziare a infilare la maglia e a trascinarla, di poco, sotto all’altezza dei prosperosi seni; una violenta vibrazione sotto ai loro piedi ebbe a porre tutti loro in guardia nel merito della conclusione di quell’estemporanea possibilità di quieta pausa loro concessa dal termine dello scontro nella locanda sino a quel momento, suggerendo l’appropinquarsi dell’inizio di nuovi guai, quali soltanto e necessariamente avrebbero potuto attenderli in un luogo come quello.

« … ci siamo! » avvisò Be’Wahr, che, più di chiunque altro, in quel frangente, in quel particolare contesto, stava timorosamente attendendo quell’evoluzione, stava aspettando il momento in cui, alla quiete che li aveva inizialmente accolti, sarebbe stata sostituita la confusione di un nuovo scontro, di una nuova battaglia, e una battaglia che, presumibilmente, in questa occasione non sarebbe stata in contrasto a qualche alticcio tagliagole, quanto e piuttosto contro i peggiori mostri che quel il terreno avvelenato di quel luogo avrebbe potuto vomitare in loro avversione.
« Peccato non aver avuto anche l’occasione di ritornare sulla Kasta Hamina, per poter prendere la mia spada… » sospirò Midda, finendo di abbassare la propria casacca almeno sino all’altezza dei fianchi, rinunciando a perdere ulteriore tempo per meglio sistemarla nella quieta consapevolezza di quanto, comunque, di lì a breve qualunque parvenza di ordine sarebbe ineluttabilmente andata perduta « Bambini… andate da zia Rín e restatele vicino, per cortesia... » invitò poi, rivolgendosi a Tagae e Liagu, i quali, insieme alla versione alternativa della propria gemella, avrebbero allora avuto a dover essere protetti da parte di tutti loro « Seem e Be’Wahr, fronte anteriore destro; Maddie e Lys’sh, fronte anteriore sinistro; Be’Sihl, con me sul fronte posteriore: facciamo quadrato attorno a loro. » ordinò a tutti gli altri, semplicemente confermando quelle che, in quel momento, avrebbero avuto a dover essere già riconosciute quali le posizioni da loro occupate.
« Tu almeno hai il tuo braccio robotico. E hai avuto anche occasione di rivestirti… » puntualizzò Lys’sh, senza fare critico nei riguardi dell’amica, ma, semplicemente, a constatare in maniera sorniona quanto, alla fine di tutto, l’unica che avrebbe continuato a combattere in intimo sarebbe stata soltanto lei, oltre che, ovviamente, disarmata, come in quel momento avrebbero avuto a dover essere riconosciuti tutti tranne i tre provenienti da Kriarya: Maddie, Be’Wahr e Seem.

domenica 29 aprile 2018

2531


« … quindi, se ho ben compreso, noi non siamo realmente qui in questo momento? » tentò di trovare occasione di conforto il biondo mercenario, benché una parte più attenta, più vigile della sua mente gli stesse suggerendo l’esatto contrario, in una folle contraddizione di termini che pur, sola, avrebbe potuto essere considerata alla base di quella realtà sempre meno lineare « Stiamo solo sognando… o no?! » insistette, sperando in una risposta affermativa, per quanto, la sfiducia nel profondo della propria mente, non avrebbe potuto ovviare a suggerire qualcosa di negativo e di negativo in termini tali che, trattandosi allora della piramide nera, non avrebbe potuto ovviare a degenerare rapidamente in qualcosa di a dir poco spiacevolmente catastrofico.
« Temo di no… » scosse il capo Seem, non potendo ovviare a condividere la preoccupazione dell’uomo, laddove, a quel luogo, avrebbero avuto a dover essere associati soltanto funeste possibilità di futuro per tutti loro « … mia signora?! » domandò, cercando speranzosamente un’eventuale diniego da parte del suo ex-cavaliere, la fiducia nel giudizio della quale avrebbe avuto allor a doversi considerare semplicemente assoluto, in linea generale ma, soprattutto e ancor più, in situazioni come quella, in contesti nei quali, certamente, ella avrebbe avuto a dover essere obiettivamente considerata l’unica, reale autorità con la quale poter avere una qualche possibilità di confronto.
« … Rín…? » rigirò ella, tuttavia, direttamente la questione alla giovane versione alternativa della propria perduta sorella, nel ben riconoscere quanto, in quel particolare frangente, quella donna avesse avuto maggiore capacità di analisi rispetto a lei, per quanto, pur, in quella particolare direzione fosse stata metaforicamente sospinta dalla sua analisi.
« Se questo è veramente il tempo del sogno, o qualcosa di paragonabile a esso, temo che ogni timore abbia a non essere fine a se stesso… » commentò la ragazza, apparendo, allora, tuttavia distratta da un altro pensiero, da un’altra idea, e un’idea che non poté ovviare a sospingere il proprio sguardo in direzione delle sue gambe, di quelle gambe che, proprio malgrado, aveva perduto la possibilità di muovere ormai da cinque lustri « … anche alla luce di quanto ha detto… il demone… » si accorse di non ricordarsi il suo nome, o forse di non averlo ancora sentito pronunciare sino a quel momento « … in questo momento non stiamo semplicemente sognando. Cioè: è probabile che, inizialmente, per tutti noi tutto ciò fosse soltanto un sogno, ma, poi, qualcosa è accaduto, e non chiedetemi cosa, e ci siamo ritrovati catapultati all’interno del tempo del sogno. E ora, per quanto i nostri corpi fisicamente possano essere là dove lì abbiamo lasciati, probabilmente ognuno nel proprio letto, le nostre coscienze si sono ritrovate in questa diversa realtà e in questa realtà nella quale tutto ciò che viviamo, tutto ciò che sperimentiamo, può avere effetto anche sulla nostra realtà. Sulle nostre realtà. »
« Siamo in quel luogo fuori da ogni luogo, in quel tempo fuori da ogni tempo, nel quale Creazione e Distruzione operano al fine di mantenere l’Equilibrio, nel plasmare tutto ciò che è mai esistito, e mai esisterà, e nel disfarlo. » confermò Desmair, riprendendo voce e dimostrandosi, ora, più collaborativo di quanto chiunque altro avrebbe potuto attendersi da parte sua « Questo luogo, pertanto, non è semplicemente l’immagine del luogo nel quale vi siete spinti la prima volta ad affrontare primo-fra-tre: questo luogo ne è il prototipo, la matrice, l’anima stessa… » spiegò, in direzione, in particolare, della propria sposa e del suo biondo alleato, nel rievocare l’immagine del terribile vicario di Anmel « … tanto pericoloso, e tanto letale, quanto il suo corrispettivo. »

Difficile sarebbe stato, per chiunque, riuscire a banalizzare tali parole di avvertimento allor pronunciate da parte di un orrido e colossale semidio demoniaco. Impossibile sarebbe stato farlo, ancor più, per coloro che già avrebbero potuto vantare un qualunque genere di pregresso rapporto con lui, nel conoscerlo, nell’essere confidente con la sua mentalità, la sua morale e i suoi valori, fra i quali, di certo, mai avrebbe avuto a poter essere annoverata la capacità di provare un qualsivoglia sentimento di premura per chicchessia al di fuori di se stesso… anzi. In ciò, quindi, la cauta prudenza che sembrava star allora spingendolo a quel confronto verbale con loro, a quella condivisione di informazioni che, pur, sino a quel momento non aveva dimostrato la benché minima intenzione a concedere ad alcuno, non avrebbe potuto ovviare a esaltare maggiormente il valore di quella presa di posizione, di quell’implicito invito a un approccio quantomeno prudente, laddove, altresì, necessariamente nefaste sarebbero state le conseguenze di tutto ciò.
Ma… davvero avrebbero mai potuto essere nefaste le conseguenze di un sogno…?!

« Giusto per escludere qualunque possibilità di fraintendimento… » premesse Maddie, incupendosi nel confronto con i possibili sottintesi di quell’ultima rivelazione « … quando dite che tutto ciò che sperimentiamo può avere effetto anche sulla nostra realtà, ciò significa che la morte di Viton, pocanzi, che ricordiamo essere occorsa in maniera del tutto gratuita e priva di qualunque motivazione, non è accaduta soltanto all’interno di questo sogno condiviso…? »
« Non so a chi tu ti stia riferendo, sorellina… ma, purtroppo, temo proprio di no. » scosse il capo Rín, non avendo avuto occasione di assistere a quegli eventi e, ciò non di meno, non potendo neppur ovviare a confermare quella tragica interpretazione di quanto occorso, laddove fosse accaduto realmente per così come dall’altra in tal maniera accennato « Ciò che verrà legato qui nel tempo del sogno, resterà legato anche nella nostra realtà; ciò che verrà sciolto qui nel tempo del sogno, resterà sciolto anche nella nostra realtà. »
« E’ corretto. » ribadì, semplicemente, Desmair, non apparendo ovviamente turbato dall’idea dell’omicidio compiuto, dopotutto unico realmente consapevole di quanto stesse accadendo sin da subito e, in ciò, più che conscio, già da prima, delle conseguenze delle proprie azioni, anche ove queste avrebbero avuto a dover essere intese qual un omicidio del tutto insensato e ingiustificato.

E per quanto, in quel momento, Maddie avrebbe voluto ben ribadire la propria contrarietà all’indifferenza che il crudele sposo della propria versione autoctona non si stava sforzando in alcun modo di celare, dimostrandosi del tutto indifferente a qualunque genere di umana morale, la consapevolezza della pericolosità di quella situazione, e della pericolosità della medesima non tanto e soltanto per sé o per i propri più o meno estemporanei compagni d’arme lì così radunati, quanto e ancor più per la propria gemella, non poté spingerla a soprassedere sulla sorte di Viton, con buona pace per il medesimo: a tal riguardo, nell’eventualità che tutti loro fossero sopravvissuti a quanto stava lì accadendo, avrebbe avuto possibilità di riflessione al momento del suo risveglio l’indomani, quando, insieme con Be’Wahr e Seem si sarebbero probabilmente ritrovati a dover affrontare le conseguenze della rissa occorsa nel tempo del sogno, e del ricordo della medesima, fra coloro i quali in tal maniera avevano più o meno volontariamente preso parte alla medesima… cadavere incluso.

« Ma perché siamo finiti proprio qui…? E perché proprio ora…?! » insistette Be’Wahr, ancor concentrato più sulla loro attuale collocazione spaziale che su qualunque altro aspetto della questione, evidentemente disapprovando quanto in tal maniera accaduto « Midda… sei stata tu, per caso, a pensare a questo dannato luogo?! » cercò conferme a tal riguardo, benché, una parte di lui non avrebbe potuto ovviare a temere l’eventualità di quel presumibile diniego da parte della medesima.
E Midda, che non aveva assolutamente preso in considerazione l’idea di volgere una qualsivoglia nostalgica memoria a quella piramide nera e a quanto a essa collegato, nel mentre di una rapida e concisa risposta a quell’interrogativo, non mancò di iniziare ad agire allo scopo di prepararsi a quanto lì avrebbe potuto presto occorrere, strappandosi di dosso quanto poco rimasto della propria bella vestaglia per poter rendere giusto omaggio alla premura dimostrata nei suoi confronti dal proprio ex-scudiero: « No. Non io. »

sabato 28 aprile 2018

2530


« … il tempo del sogno? » propose Rín, sinceramente sorpresa di star riuscendo a trovare in quel discorso, in quel ragionamento, maggiore senso rispetto a quanto mai si sarebbe potuta attendere di riuscire a ipotizzare di fare.

Prima che qualunque conferma o smentita potesse essere però loro offerta, il panorama loro circostante ebbe tuttavia a mutare nuovamente, a riplasmarsi con le stesse dinamiche di quanto compiuto sino a quel momento, quasi fosse desiderio di quel mondo quello di distrarli, quello di deviarne l’attenzione… benché, alla luce delle ultime riflessioni compiute, l’unica verità celata dietro a quel cambio di contesto avrebbe avuto a dover essere ricollegata a un nuovo pensiero dominante, a una nuova emozione forte in qualcuno di loro, utile a catapultarli tutti altrove, in un nuovo contesto.
E se, per ultimo, a riservarsi il controllo psicologico di quella situazione, riconducendo tutti “Alla Signora della Vita”, doveva essere chiaramente stato Seem, per così come anche da lui quietamente ammesso, quel nuovo cambio di contesto, proprio malgrado, avrebbe avuto a doversi obbligatoriamente ricondurre o al biondo Be’Wahr, o alla stessa Midda Bontor, così come entrambi non poterono ovviare a constatare immediatamente, nel proiettare, repentinamente, tutto il loro gruppo, tutto il loro contingente, a confronto con uno scenario estremamente particolare, uno scenario incredibilmente pericoloso, uno scenario con il quale, fra i presenti, soltanto loro due avevano avuto passata occasione di avere a che fare e che, in questo, avrebbe incredibilmente ristretto la responsabilità di quel nuovo passaggio proprio a loro. Una responsabilità, tuttavia, ben lontana dall’aversi a poter considerare un merito innanzitutto per coloro stessi che, in tal senso, avevano inconsapevolmente scatenato quel trasferimento, giacché, fra tutti i luoghi dell’universo, fra tutti i posti che mai la loro psiche avrebbe potuto scegliere di evocare in quel momento attorno a loro, quello avrebbe avuto a dover essere considerato inoppugnabilmente il peggiore. Con buona pace per la scelta altresì conservatrice propria dell’ex-scudiero e atta a tradurli, quantomeno, entro confini per lo più giudicabili qual sicuri… o, quantomeno, certamente più sicuri rispetto a tutto quello.
Attorno a loro, innanzi ai loro occhi, ebbe a dispiegarsi improvvisamente il luogo più insalubre, per non dire letale, dell’intero mondo di origine della Figlia di Marr’Mahew, un angolo così inospitale, addirittura velenoso nella propria terra e nella propria aria, da essere quietamente ripudiato da qualunque regno lì prossimo, al punto tale da essere noto con l’evocativo nome di Terra di Nessuno. Un territorio principalmente vulcanico, del tutto inadatto a qualunque forma di vita, all’interno del quale, ciò non di meno, più di una volta, nel proprio passato, la donna guerriero non aveva potuto ovviare a spingere indomitamente i propri passi, non arrivando certamente a maturare una qualche, assoluta confidenza con la vastità del medesimo, e pur, indubbiamente, riservandosi comunque una certa familiarità. Familiarità che, in diverse avventure, non aveva mancato di essere condivisa anche con Be’Wahr e suo fratello Howe, suoi sodali, suoi complici in molteplici imprese dell’ultimo decennio della propria esistenza.
E se pur l’intera Terra di Nessuno non avrebbe avuto a dover essere equivocata qual un luogo piacevole, una quieta località nella quale soggiornare placidamente cercando occasione di riposo e di ristoro, un luogo in particolare, entro tali confini, entro simile vasto perimetro, avrebbe avuto a dover essere considerato ancor peggiore rispetto a tutto il resto, nel proiettare violentemente ogni pur vaga speranza di sopravvivenza improvvisamente verso la più totale e sconfortante disperazione, per così come proprio il biondo Be’Wahr avrebbe potuto testimoniare. Un luogo in particolare che, inutile a dirsi, in quel momento venne riproposto innanzi ai loro sguardi, al di sopra delle loro incredibilmente minuscole figure, quali, soltanto, avrebbero lì avuto a dover essere legittimamente giudicate in una incolmabile sproporzione.

« … fra tutti i posti del Creato… » sussurrò il mercenario, scuotendo appena il capo con disapprovazione nel comprendere immediatamente molto bene ove fossero finiti e, in ciò, nel non poter essere in alcun modo entusiasta per l’occasione in tal maniera loro concessa.

Quanto Seem, in quel momento, ebbe occasione di contemplare per la prima volta nella sua vita, fu la nera piramide protagonista di un’importante vicenda del passato della sua signora, una vicenda alla quale, sfortunatamente, a lui non era stata all’epoca concessa occasione di prendere parte e che pur, con il senno di poi, non avrebbe potuto razionalmente ovviare a essere contento di non aver vissuto in prima persona, giacché, francamente, il racconto dei fatti occorsi avrebbe avuto già a doversi ritenere sufficiente. E benché, all’epoca, abbondanza di dettagli gli fosse stata offerta nel merito di tale terribile edificazione eretta in un’era fortunatamente poi dimenticata; essere posto per la prima volta nella propria esistenza a confronto con tutto ciò non poté ovviare a stupirlo, nella straordinaria maestosità di quelle smisurate forme, o, quantomeno, che tali non avrebbero potuto ovviare a risultare al suo sguardo, alla sua attenzione. Su una base di oltre settecento piedi per lato, e con un’altezza presumibilmente maggiore ai quattrocento piedi, la grande piramide nera si stava stagliando sopra di loro non poi così dissimile da una montagna o, meglio ancora, un vulcano, uno fra i tanti lì attorno distinguibili, riservandosi l’occasione utile a considerarsi il più grande edificio del loro intero mondo, superiore persino alle grandi piramidi di Shar’Tiagh, sulla cima del quale, invero, un secondo, e più modesto, complesso architettonico avrebbe avuto a dover essere individuato nelle forme di un tempio, e di un tempio eretto su base quadrata, circondato da colonne e coperto, nella propria estremità superiore, da una cupola circolare: tempio, quello così individuabile in lontananza sopra le loro teste, edificato a sua volta con la medesima pietra nera che aveva contraddistinto la scelta di materiali della piramide, contribuendo, indubbiamente, a una sensazione lugubre, funesta, infausta, a fronte del quale facile sarebbe stato preferire poter essere ovunque ma, non di certo, lì vicino, ancor prima di conoscere i dettagli degli avvenimenti lì occorsi in passato.
Benché Lys’sh e i piccoli Tagae e Liagu, ponendosi abituati alle proporzioni maggiori di ben più imponenti edifici, di smisurate torri d’acciaio e di vetro, erette in altri luoghi, in altri mondi lontani da quello, non avrebbero avuto motivazione utile a sorprendersi, a stupirsi per quella piramide; ma anche Be’Sihl, a sua volta ormai assuefatto ai loro ben diversi canoni, nei due anni di soggiorno al di fuori dei confini del proprio mondo, dei limiti del proprio pianeta natale; quanto tutti loro ebbero occasione di contemplare non senza una certa curiosità, e una certa inquieta curiosità, non fu tanto l’idea di una tanto maestosa edificazione, quanto e piuttosto la nera pietra con la quale essa era stata eretta, incastonandosi perfettamente all’interno di un contesto non meno funereo, non meno macabro, qual quello proprio della Terra di Nessuno: funereo e macabro, allora, non soltanto per le scure tonalità del vulcanico paesaggio attorno a loro, ma per le altrettanto grigie luci del cielo sopra la loro testa, cielo, in verità, non realmente visibile, in quanto totalmente offuscato, onnubilato, nella propria esistenza, da una coltre di nubi, e di nubi innaturali, formate, per lo più, dagli insani vapori lì sprigionanti dalla terra sotto ai loro piedi, nonché dalle bocche di ogni vulcano lì attorno presente, a dimostrare una vivace attività sismica lì potenzialmente presente e che, in ciò, potenzialmente avrebbe potuto tutti loro spazzare in un fugace istante, con una forza tanto devastante, quanto imprevedibile. E se Tagae non poté mancare di cercare conferma nel merito dell’effettiva identità di quell’edificio, sufficientemente sicuro che fosse una piramide ma non completamente certo di ciò fino a quando il proprio padre adottivo non lo ebbe a confermare; Liagu si propose lì più pensierosa che spaventata, nel cercare di comprendere se, fra i tanti racconti uditi dalla loro genitrice adottiva, ve ne fosse almeno uno utile a meglio localizzare il punto ove tutti loro erano appena finiti.
E se anche Maddie e Rín non avrebbero dovuto avere obiettivamente ragioni utili a sorprendersi, anche nel loro mondo essendo stato raggiunto un certo livello di progresso non ancora utile a permettere loro di viaggiare attraverso lo spazio siderale e, ciò non di meno, sicuramente in grado di edificare anche costruzioni maggiori; alcuna fra le due gemelle aveva avuto trascorsa occasione di concedersi una vacanza in Egitto, motivo per il quale né l’una, né l’altra potevano aver avuto passata possibilità di ammirare la mirabile vastità della Grande Piramide di Giza, con le proporzioni della quale anche quella piramide avrebbe avuto a potersi eventualmente confrontare. E laddove, per la prima delle due giovani donne, tutto ciò non avrebbe potuto ovviare a rappresentare una nuova sfida, una nuova avventura; per l’altra, tutto ciò non avrebbe potuto ovviare a incarnare un terribile incubo motorio, nel presentarle, attorno, soltanto insormontabili barriere architettoniche che mai, con la propria sedia a rotelle, avrebbe potuto permettersi di affrontare.

venerdì 27 aprile 2018

2529


Nel mentre in cui Desmair si ritrovò intento a osservare con curiosità quell’ultima arrivata, nel confronto con le spiegazioni da lei fornite attorno a quel bizzarro tempo del sogno; e nel mentre in cui la stessa Rín si ritrovò intenta a controllare fugacemente quel mostruoso colosso, più preoccupata che altro per le possibili reazioni violente che questo avrebbe potuto dimostrare nei suoi confronti nel momento in cui avesse detto qualcosa dal suo personale punto di vista poco apprezzabile; Midda non mancò di riservarsi occasione utile a cogliere simile scambio di sguardi e, soprattutto, di sorprendersi per l’interesse dimostrato da parte del proprio mai amato sposo verso quella donna, un interesse che, a proprie spese, aveva sin da subito scoperto non aver da essere mai equivocato qual gratuito da parte sua. E laddove improbabile avrebbe avuto a doversi considerare che una qualche versione alternativa di Nissa avesse a doversi riconoscere qual una negromante, o comunque una strega, il genere di categorie in passato riconosciute qual interessanti per il soggetto in questione; tanto interesse da parte del medesimo verso di lei non avrebbe potuto ovviare a sottintendere quanto, nelle parole da lei pronunciate, avesse a doversi intendere un fondo di verità… o che, per lo meno, tale apparisse alla sua attenzione, motivandone quello stupito interesse.
Così, quando Rín tentò di minimizzare il valore del proprio intervento, la Campionessa di Kriarya intervenne nuovamente a voler fermamente escludere tale possibilità e a tentare di coinvolgere, in tal senso, proprio Desmair, con la speranza, in tal maniera, di poter ottenere da parte sua una qualche conferma o smentita a tal riguardo…

« Sinceramente non credo che tu sia distante dalla verità dei fatti! » dichiarò, con tono convinto, annuendo vigorosamente prima di voltarsi verso il proprio sposo e offrire a lui la parola dicendo semplicemente « Tu cosa ne pensi, mio caro…? Mi sembri decisamente troppo coinvolto in questa spiegazione per poter escludere una simile possibilità. »

E se già, tanto ella, quanto chiunque altro avesse un minimo di confidenza con il semidio, non avrebbe potuto ovviare ad attendersi, a fronte di ciò, una reazione quantomeno sarcastica, a escludere qualunque possibilità di collaborativa interazione fra loro; il colosso dalla pelle simile a cuoio rosso ebbe a cogliere tutti loro in contropiede nel concedere, altresì, una risposta decisamente più articolata e concreta rispetto a quanto mai chiunque avrebbe potuto attendersi da parte sua.

« Non posso negarlo. » dichiarò, scuotendo appena il pesante capo ornato da corna, e concedendo un lieve sorriso di serena accettazione dell’evidenza dei fatti, a esplicitare anche in tal maniera quanto, da parte sua, non vi sarebbero stati allora particolari tentativi di elusione di quel discorso « Non ho ben chiaro da qual genere di mondo questa coppia possa venire, né, in effetti, mi interessa particolarmente saperlo: ciò non di meno, non posso che riconoscere quanto le parole di questa donna menomata si siano spinte a descrivere un’interpretazione estremamente prossima alla realtà, molto più di quanto mai mi sarei potuto attendere da parte di chiunque… »
« … donna menomata? » protestò Be’Wahr, non apprezzando quel termine volutamente dispregiativo rivolto alla gemella della propria compagna, in un sincero istinto di protezione a favore della medesima, allor percepita qual di famiglia « Dannato figlio d’un cane… come ti permetti?! »
« Lascialo perdere… » sussurrò per tutta risposta la stessa Rín, non desiderando certamente suscitare una qualunque rissa fra i presenti per qualcosa che, fra l’altro, non avrebbe avuto a doversi considerare assolutamente una novità per lei.

Proprio malgrado, e al pari di qualunque altro disabile del proprio Paese, se non, probabilmente, del proprio intero mondo, ella aveva avuto molteplici occasioni utili a sentirsi sminuire in qualunque modo, con l’impiego di qualunque termine, nel corso della propria vita, in quella troppo comunemente diffusa insensibilità da parte non soltanto delle persone comuni e, propria grazia, sane, quanto e ancor peggio da parte di ogni istituzione, di ogni qual genere di pubblica entità. Istituzioni, entità, innanzi allo sguardo delle quali la sua condizione avrebbe avuto a dover quantomeno essere presa in considerazione, e a confronto con il quale, ciò non di meno, ella era solita apparire semplicemente qual un problema, una sorta di inutile costo sociale la cui eliminazione avrebbe soltanto favorito tutti gli altri, senza costringere alcuno a parlare di assistenza sanitaria o, peggio ancora, di eliminazione di barriere architettoniche.
Che un demoniaco semidio immortale, allora, non si stesse riservando particolare scrupolo nel definire la sua condizione, francamente, avrebbe avuto a dover essere considerata quasi una sciocchezza… anzi, una vera e propria sciocchezza nel confronto, appunto, con l’idea stessa di un demoniaco semidio immortale posto innanzi a lei a definirla in tal maniera.

« Quindi Rín ha ragione? » insistette Midda, cercando di trascurare quella breve digressione, non tanto per mancanza di rispetto verso di lei, quanto e piuttosto nel voler rispettare l’invito da lei mosso a minimizzare il valore delle parole quasi inconsapevolmente pronunciate da Desmair a proprio discapito « Siamo in questo fantomatico tempo del sogno?! »
« Invero non ho l’ho mai sentito definire in questo modo… ma credo che il concetto possa essere giudicato qual espresso in maniera sufficientemente precisa da tali significanti. » confermò il semidio, aggrottando appena la mostruosa fronte « Analogamente a quanto da lei descritto, prima che tutto fosse, era soltanto il Nulla. E, nel Nulla, in maniera inattesa, ebbe a sorgere la Creazione. La Creazione che tutto ebbe a definire, fra cielo e terra, fra oceani e magma incandescente, fra piante e animali, fra uomini e dei. » esplicitò, in quella che, allora, avrebbe avuto a doversi intendere forse una sua versione personale della cosmogonia, e che pur, nella sua particolare condizione, non avrebbe avuto a potersi così superficialmente banalizzare, qual una mera teoria fra tante altre « Tuttavia, insieme alla Creazione, non poté tardare a presentarsi la Distruzione, affinché l’Equilibrio fosse conservato. E, malgrado ogni intento volto a definire l’universo, ineluttabile ebbe da sempre essere una certa, naturale propensione del tutto a ritornare alle origini… e a quel Nulla primordiale da cui tutto era derivato. » spiegò, in termini che, in effetti, non ebbero a suonare del tutto inediti all’attenzione della Figlia di Marr’Mahew.

Laddove, infatti, in sostituzione a Creazione fosse stato posto un riferimento alla Portatrice di Luce, e in sostituzione a Distruzione fosse stato posto un rimando all’Oscura Mietitrice, quei due principi fondamentali dell’universo avrebbero avuto a dover essere riconosciuti, da parte sua, qual più prossimi rispetto a quanto mai avrebbe potuto riservarsi occasione di credere, di ammettere, nell’offrire il proprio più o meno esplicito rimando tanto dalla fenice, quanto e soprattutto alla regina Anmel Mal Toise, la sua principale alleata, e la sua prima antagonista, nella propria vita, da almeno una decina di anni a quella parte.

« A dispetto di quanto però si sia soliti credere alla luce di qualunque cosmogonia, la Creazione e la Distruzione non hanno a doversi ritenere due principi collocati in una precisa epoca più o meno remota, e pur, sicuramente, passata: Creazione e Distruzione, nella loro incessante danza, continuano a operare quotidianamente al di fuori di qualunque nostra consueta possibilità di percezione… » continuò a spiegare Desmair, non essendo ancora giunto alla conclusione di quella propria breve digressione esplicativa « Ma proviamo a immaginare di trascendere, per un istante, i limiti della nostra consueta possibilità di percezione… e, in ciò, a spingerci oltre le barriere dello spazio e del tempo, in una realtà al di fuori di ogni realtà, in un tempo al di fuori di ogni tempo, nel quale ogni cosa esiste e ha già cessato di esistere al contempo, come in un sogno. Ma un sogno, in questo caso, capace di riplasmare la realtà a noi circostante… la realtà nella quale, alla fine, torneremo a vivere le nostre vite: come potreste definire tutto ciò…? »

giovedì 26 aprile 2018

2528


« Cielo… siamo finiti nel tempo del sogno! » suggerì Rín, sgranando gli occhi e sancendo simile asserzione, in effetti, con voce non poi così diversa da quella della donna guerriero, nella sostanziale equivalenza genetica esistente fra loro.

Ma se, dal proprio punto di vista, ella avrebbe potuto attendersi di incontrare, in tale annuncio, quantomeno sguardi affermativi da parte dei propri interlocutori, delle proprie controparti, se non, addirittura, vere e proprie esclamazioni di imbarazzata sorpresa nel non aver colto prima tale particolare, simile dettaglio; non uno fra tutti coloro lì a lei innanzi ebbe a dimostrare la benché minima intesa nei confronti di quell’affermazione, non la sua gemella Maddie, non la promotrice di quel discorso Midda, non tutti gli altri. Persino Desmair, per la prima volta dall’inizio di quel dialogo, nonché dal momento stesso della comparsa in scena di quella giovane donna, ebbe a dimostrare un sostanziale interesse nei suoi riguardi, soltanto allo scopo di palesare la propria incertezza nel merito del significato proprio di quella frase, di quell’affermazione, a sua volta impossibilitato a comprenderne il significato.
E colei che, per proprio carattere, non avrebbe avuto a dover essere considerata propriamente una persona particolarmente bramosa di porsi al centro di una qualsivoglia scena, desiderosa di attrarre a sé ogni attenzione, anzi, se possibile, cercando abitualmente di mantenere un profilo di quieta discrezione, di riservata umiltà; nel vedersi, in conseguenza alle proprie parole, improvvisamente osservata da tutti, incluso persino quella sorta di colossale demone, non poté ovviare a provare un certo disagio, che ebbe a tradursi in una spiacevole morsa alla bocca dello stomaco, all’altezza del diaframma, quasi lì fosse stata fisicamente colpita da qualcuno. Dopotutto, pur sicuramente dotata di indubbia abilità con la letteratura, oltre che con molteplici lingue, e, parimenti, di una ammirevole capacità espressiva, soprattutto nell’uso della parola scritta, e pur non avendole a mancare, certamente, molteplici soggetti di indubbio interesse sui quali poter scrivere, e sui quali, nell’intimità della propria camera, non avrebbe mai mancato di scrivere; Rín aveva sempre ovviato al rischio di attrarre a sé troppo interesse, troppa attenzione, limitando tutto il suo talento, tutta la sua creatività, a mere attività di traduzione per molteplici case editrici, senza mai neppur per un istante prendere in esame l’ipotesi di provare a divenire essa stessa un’autrice… o, per la precisione, a essere riconosciuta dal pubblico qual tale: riprova quantomeno inappellabile di quanto, probabilmente, l’idea di essersi ritrovata così al centro dell’attenzione, e di esserlo in conseguenza di qualcosa da lei stessa dichiarato, ebbe a dover essere vissuto qual un vero e proprio incubo emotivo, tale per cui, ben volentieri, avrebbe preferito ritrovarsi nuovamente trasportata, in maniera improvvisa e inaspettata, in qualche altro mondo, eventualmente esposta, in tal maniera, a pericoli e rischi, e, ciò non di meno, al sicuro da quell’eccesso di attenzione a proprio riguardo.

« … scusatemi… » sussurrò in un alito di voce « … non parlo più, parola! » tentò di difendersi, mimando il gesto di chiudersi la bocca con una cerniera, gesto che, in effetti, risultò incompreso nella propria mimica, ma non nella propria sostanza, da Be’Wahr e Seem, non avendo questi mai avuto occasione di confrontarsi con una simile tecnologia.
« No, Rín… al contrario! » escluse Midda quella possibilità, intervenendo con dolce fermezza nella questione e sorridendo alla propria timida interlocutrice, nella quale ancora faticava a riuscire a concepire una versione alternativa della propria perduta gemella tante le apparenti differenze fra loro, e verso la quale, ciò non di meno, non avrebbe potuto ovviare a provare una certa sensazione di simpatia, se non, addirittura, di istintivo affetto, forse e proprio in conseguenza al pensiero di quanto quella donna avesse a incarnare colei che anche la sua Nissa avrebbe potuto essere se soltanto le loro esistenze fossero state diverse, se si fossero impegnate su cammini differenti da quelli altresì abbracciati « Se qualcosa, in tutto questo, riesce a risultarti familiare, riesce ad apparire non così folle alla tua mente, nel richiamare una qualche analogia a qualcos’altro, non zittirti. Anzi… condividilo con noi, per cortesia. »
« Dopotutto, come hai già potuto constatare, nessuno di noi, in effetti, ne sa qualcosa… a parte lui. » puntualizzò Be’Sihl, indicando con il pollice della propria destra una posizione in particolare alle proprie spalle, non potendo ovviare di riferirsi, in ciò, ovviamente a Desmair « Ma lui non conta… » soggiunse, non tanto nel voler minimizzare la presenza del semidio, quanto e piuttosto nel voler enfatizzare la sua più completa mancanza di volontà di collaborazione con loro, per così come ampliamente e ripetutamente evidenziato, in quello che, in maniera forse non così velata, avrebbe voluto risultare quasi simile a un rimprovero per la medesima creatura che, negli ultimi anni, aveva trovato ospitalità all’interno del suo corpo e della sua mente e che, in questo, avrebbe potuto anche dimostrarsi più collaborativo nei loro riguardi… o, quantomeno, nei suoi.

Proprio malgrado, tanta insistenza non poté ovviare a incrementare il disagio interiore di Rín che, posta a confronto con simile incalzare, ebbe a sentirsi ancor più esposta rispetto a prima.
Ciò non di meno, nel ben comprendere, nel ben razionalizzare quanto, allora, male non avrebbe potuto fare anche nell’eventualità in cui la sua intuizione fosse stata completamente priva di senso, la donna decise di farsi coraggio e, in ciò, di riprendere voce, non potendo fare a meno di correre con lo sguardo, di tanto in tanto, proprio in direzione di quel demonio improvvisamente interessato a lei…

« Nel mondo dal quale veniamo Maddie e io, c’era… c’è ancora un’antica popolazione, che purtroppo i nostri avi colonialisti hanno quasi sospinto all’estinzione per puro e semplice divertimento, nella cosmogonia della quale è presente un concetto definito come “il tempo del sogno”. » iniziò a raccontare pertanto, cercando di ricorrere ai termini più semplici che fosse in grado di trovare per esprimere quei concetti, a voler ovviare a fraintendimenti di sorta.
« … cosmogonia…? » sussurrò Tagae, aggrappandosi alla vestaglia della madre per richiederle lumi nel merito di quella particolare parola, da lui non conosciuta, mai sentita in precedenza.
« Sono i miti relativi alla creazione dell’universo e di tutte le cose, piccolo mio… » spiegò la Figlia di Marr’Mahew per tutta risposta, con tono moderato nel non voler interrompere quanto allora finalmente Rín aveva deciso di iniziare a condividere con tutti loro.
« Questo popolo crede che, all’origine di tutte le cose, il mondo esistesse, ma fosse fondamentalmente una landa neutra, priva di qualunque dettaglio, priva di qualunque particolare geografico, come montagne, fiumi, laghi o mari, e, ancora, priva anche di tutto il resto, piante, animali e, ovviamente, dell’uomo. » proseguì la donna, illudendosi di cogliere una certa espressione di sorpresa nello sguardo del demonio, benché, obiettivamente, sarebbe stato difficile esserne certi, tanto il volto dello stesso appariva alieno al suo sguardo « Lì, straordinari esseri metafisici, creature primordiali, dei, se vogliamo, semplicemente camminando, correndo, ballando o, anche soltanto, addormentandosi in tale mondo così indistinto, crearono, in maniera più o meno involontaria tutto ciò che esiste… »
« Ho capito di cosa stai parlando! » commentò Maddie, riuscendo finalmente a focalizzare cosa stesse suggerendo la propria gemella « Il tempo del sogno degli aborigeni australiani… »
« Loro. » confermò Rín, poi riprendendo immediatamente il discorso, che, altrimenti, avrebbe potuto risultare totalmente sconnesso dal tema che stavano affrontando pocanzi « Ciò non di meno, a differenza di molte altre cosmogonie, il tempo del sogno non appartiene a una remota epoca passata: è una dimensione a se stante, che ancora esiste e alla quale, gli appartenenti a questo popolo hanno la possibilità di accedere attraverso i propri sogni. Sogni nei quali è concesso loro, così, il contatto con il sovrannaturale, e una più profonda comprensione della realtà. » concluse, ritrovandosi, a propria volta, meno convinta dalle proprie stesse parole rispetto a quanto non si sarebbe potuta considerare un attimo prima, in misura tale per cui non poté ovviare a soggiungere rapidamente una precisazione « … ma, probabilmente, non c’entra assolutamente nulla con noi. »

mercoledì 25 aprile 2018

2527


« … e alla locanda abbiamo fatto ritorno! » esclamò la Figlia di Marr’Mahew, con palese soddisfazione nell’aver ottenuto, in tal maniera, la risposta ricercata « Così come con Maddie abbiamo fatto ritorno alla Kasta Hamina alla comparsa di Liagu, quando io ho pensato alla nave, a Tagae e a Be’Sihl. O così come quando siamo finiti nella fortezza fra i ghiacci nel momento in cui è entrato in scena Desmair… e, allo stesso modo, ogni nostro altro spostamento, ogni nostro nuovo cambio di scena: sempre collegato alla presenza di un elemento catalizzatore, a un pensiero, a un’idea, a un ricordo, volto a condurci, ogni volta, in un luogo diverso, in un mondo diverso, addirittura in un tempo diverso o, persino, in una realtà diversa! »
« Non capisco… e, per cortesia, non fate battute scontate a tal riguardo. » riprese voce il biondo Be’Wahr, scuotendo appena il capo a dimostrare il proprio disorientamento in quel particolare momento, nel tentare di seguire il ragionamento così suggerito da parte della donna « Come potrebbe, un’idea, un pensiero, per quanto forte, per quanto potente, condurci istantaneamente da un luogo a un altro, da un tempo a un altro, o, addirittura, da una dimensione a un’altra?! »
« E’ quello che mi stavo domandando anche io… fino a quando, la tua battuta non mi ha chiarito le idee a tal riguardo, suggerendo l’eventualità che tutto questo non abbia a dover essere effettivamente considerato ciò che appare. » sancì la donna, annuendo vivacemente in risposta a quell’ultimo interrogativo, nella volontà di condividere il proprio pensiero con tutti loro, affinché a tutti fosse concessa l’opportunità di giungere allo stesso risultato al quale ella era arrivata.
« Vorresti dire che, in verità, non siamo noi veramente a muoverci… e che, al contrario, è il mondo attorno a noi a mutare, assumendo ogni volta delle sembianze prossime a realtà per noi familiari, secondo quella che, nell’eventualità del momento, ha a doversi considerare l’idea più forte, l’idea dominante fra noi?! » tentò di elaborare il concetto Lys’sh, impegnandosi a concedere assoluta fiducia, totale buona fede a qualunque idea della compagna, della sorella maggiore qual, in buona sostanza, era da lei considerata, trascendendo in tal maniera qualunque ricerca di razionalità, almeno secondo sistemi di riferimento tradizionali, secondo canoni consueti, per così come, allora, non avrebbe potuto evidentemente ovviare a impegnarsi a compiere nella necessità di offrire un significato a quanto stava accadendo.
« Quasi… » puntualizzò Midda, indicandola a enfatizzare quanto ella potesse essere giunta vicino alla sua stessa conclusione, pur ancora trascurando un altro dettaglio, un altro particolare tale per cui, tutto ciò, avrebbe avuto a dover essere meglio definito, meglio inquadrato in un contesto ancor più preciso, nel quale tutti i tasselli di quella confusa vicenda avrebbero potuto ottenere una giusta occasione di collocazione, compreso anche quanto prima fatto notare da parte di Liagu, per così come ebbe allora a ricordare a beneficio comune « … non dimenticare, però, il fattore linguistico: come è possibile che tu e io ci stiamo comprendendo senza l’uso del traduttore automatico?! »

E se un momento di silenzio ebbe a dominare tutti i presenti, nel tentativo da parte dei più di giungere a quella particolare verità, a quella conclusione alla quale l’Ucciditrice di Dei era chiaramente già giunta, chi ebbe ad arrivare a dare un senso a tutta la vicenda, esplicitando a beneficio di tutti l’unica, particolare possibilità di interpretazione che avrebbe offerto un senso alla vicenda, non fu Lys’sh, non fu Be’Wahr, e non furono neppure Seem, o Be’Sihl, o, ancora, Maddie o Rín, le quali, anzi, stavano impegnandosi a tentar di offrire un senso a tutto ciò e, in particolare, alle elucubrazioni di quella donna che non desideravano smentire e che, ciò non di meno, in quel frangente non sarebbero neppur state in grado di comprendere: in maniera innocente, non meno rispetto a quanto non fosse stata l’osservazione originale di Liagu, o l’ultima battuta di Be’Wahr, chi ebbe lì a concedere a tutti la giusta chiave di lettura sugli eventi fu Tagae, con un commento tanto banale quanto disarmante, nel riuscire, allora, a concedere a tutti di riordinare ogni frammento di quel complesso mosaico così metaforicamente disposto innanzi a loro…

« … è un po’ come quando sogniamo, mamma? » cercò conferma della genitrice adottiva, forse, in tal senso, spinto anche dalla volontà di dimostrarsi non da meno rispetto alla propria sorella, in quello che, ai suoi occhi, al di là della follia generale, altro non avrebbe avuto a dover apparire se non un’innocente competizione educativa come molte altre fra loro, un problema matematico non così dissimile da quelli che, quotidianamente, ella offriva loro, allo scopo di formarli, di concedere loro un’istruzione di base, in grazia alla quale, poi, riservarsi di potersi impegnare in qualsiasi altro genere di studi, secondo le proprie prerogative, secondo le proprie capacità « Quando faccio un sogno, riesco a comprendere tutti attorno a me, anche quando non dovrei esserne capace. E il mondo attorno a me può mutare da un istate all’altro senza quasi che io me ne abbia a rendere conto… »
« E bravo il mio bambino! » non mancò di complimentarsi ella, annuendo e sorridendo felice nel confronto del cucciolo, non a titolo di gratuito riconoscimento, quanto e piuttosto di meritato credito per quanto, in tal maniera, aveva fatto emergere.

Un’osservazione tanto banale quanto disarmante, quella che il pargolo ebbe appunto a rendere propria, e che pur, con semplicità, con innocenza, fu in grado di spingere tutti a osservare la realtà dei fatti sotto una luce nuova. Una luce che, sebbene nell’immediato non mancò di apparire improbabile, istante dopo istante, a ogni nuovo battito dei loro cuori, iniziò a delinearsi sempre più concreta, sempre più accreditabile, sino a giungere, alla fine, a risultare addirittura spaventosa nell’imbarazzo che, in tutti loro, non avrebbe potuto ovviare il pensiero che tutto ciò avesse a doversi considerare nulla di più, nulla di diverso da un semplice sogno.

« No… » commentò Be’Wahr, scuotendo il capo e non volendo credere a nulla di quanto, pur, già, avrebbe avuto a doversi riconoscere impegnato a credere.
« Un sogno…? » esitò Lys’sh, incerta fra accettare quella verità o meno, e, in tal senso, volgendo subito l’attenzione alla propria amica, alla propria complice, per trovare, in lei, una conferma o un diniego, sui quali potersi sforzare di tarare nuovamente il proprio senso della realtà, e un senso della realtà difficile da considerare realmente tale, laddove ella avesse confermato simile interpretazione.
« Mi sfugge qualcosa.... » commentò Be’Sihl, non potendo allora evitare di esprimersi a tal riguardo, con tono assolutamente serio, tale da evidenziare quanto, dal suo personale punto di vista, quella taratura fosse già occorsa e, ciò non di meno, non tutti i pezzi erano stati in grado di trovare il proprio giusto collocamento nell’insieme « Se fosse soltanto un sogno, la mera consapevolezza di ciò non ci porterebbe necessariamente al risveglio? »
« E comunque… di chi dovrebbe essere questo sogno? » incalzò Maddie, raccogliendo il testimone dello shar’tiagho e non negandosi la possibilità di continuare a correre idealmente in quella medesima direzione, secondo quanto da lui così introdotto « Il mio? Il tuo…? O quello di chi…?! » domandò, osservandosi attorno a cercare conferma nello sguardo di tutti « Cioè… anche ammettendo che sia soltanto una mia fantasia, io non ho mai conosciuto né Desmair, né Lys’sh… e, francamente, prima di tutto ciò, non avrei neppure immaginato potesse esistere qualcuno come loro! » dichiarò, per poi portare l’attenzione, in particolare, alla volta dell’ofidiana per soggiungere « … senza offesa, s’intende. Per quel poco che ho avuto occasione di conoscerti, sono certa potremmo essere migliori amiche per sempre! »
« Nessuna offesa. » minimizzò la diretta interessata, non potendo ovviare a trattenere un sorriso per tutto ciò, e per il pensiero di un’altra Midda con la quale stringere amicizia, ipotesi che, probabilmente, avrebbe deliziato Duva Nebiria e, parimenti, avrebbe condotto all’isteria il buon capitano Lange Rolamo, se soltanto fossero stati lì presenti.

E se tutti, a quel punto, non avrebbero potuto ovviare ad attendersi una spiegazione, un qualunque ulteriore chiarimento utile a tal riguardo, da parte di colei che aveva lanciato simile provocazione verso tutti loro, da parte della Figlia di Marr’Mahew; la sua necessità di intervento venne nuovamente vanificata da un’altra voce che ebbe a impegnarsi in sua vece…

martedì 24 aprile 2018

2526


Come sovente già accaduto in passato, anche in quell’occasione le parole ingenuamente pronunciate da Be’Wahr si dimostrarono essere molto più profonde di quanto mai egli avrebbe potuto menar vanto e di quanto, chiunque altro attorno a lui, avrebbe potuto attendersi da parte sua. Nell’ironizzare, infatti, su quanto quel mondo, nel quale essi si stavano lì ponendo, non avesse a dover essere necessariamente il proprio, egli pose l’accento su un dettaglio che, unito a quanto già evidenziato dall’infantile genuinità dell’osservazione di Liagu nel merito delle scritte dei cartelli nel centro commerciale da loro prima visitato, ebbe a offrire molto attorno a cui pensare alla Figlia di Marr’Mahew, all’Ucciditrice di Dei, il silenzio della quale, allora, altro non avrebbe avuto a dover essere inteso se non qual espressione dell’impegno da lei posto nel cercare di restituire una logica alla più totale assurdità degli eventi da loro vissuti sino a quel particolare momento.
Se una verità, infatti, ella aveva mai avuto occasione di apprendere nel corso della propria complicata e avventurosa esistenza, tale avrebbe avuto a dover essere considerata quella in grazia alla quale, ogni evento, ogni assurdità, per quanto apparentemente folle, per quanto impropriamente inspiegabile, avrebbe dovuto avere una propria logica, un proprio raziocinio, forse estemporaneamente estraneo a ogni possibilità di comprensione e, ciò non di meno, esistente. Un raziocinio una volta scoperto, una volta colto il quale, anche la stregoneria più arcana, o la tecnologia più progredita, sarebbero state apprezzabili qual intrinsecamente regolate, nei propri sviluppi, nei propri progressi, da esso, in termini utili, pertanto, a definire un percorso logico, un ambito d’azione che, per quanto amplio, non avrebbe avuto a doversi considerare illimitato, e che avrebbe permesso, in un modo o nell’altro, di scendere a patti con tutto ciò e, all’occorrenza, di dominarlo, di sovrastarlo.
Così, anche in quella follia incominciata con un’innocente passeggiata notturna verso i bagni della Kasta Hamina, Midda non avrebbe potuto ovviare a voler cercare tale raziocinio, simile logica, per maturare confidenza con la quale, obbligato sarebbe stato, per lei, ripercorrere, un passo alla volta, tutti gli eventi occorsi, e cercare, dietro agli stessi, quel percorso logico che pur, sino a quel momento, le era sfuggito. Un percorso logico per meglio comprendere il quale, in quel momento, tanto l’osservazione di Liagu, quanto quella di Be’Wahr, non avrebbero avuto a dover essere banalizzate. Al contrario…

« Be’Wahr… » ebbe alfine a commentare la stessa donna guerriero minimo comune denominatore fra tutti i presenti « … quando domani mattina rivedrai tuo fratello Howe, ricordati di dirgli quanto tu sia dannatamente geniale, benché neppure tu stesso te ne abbia ad accorgere nella maggior parte delle occasioni! » esclamò, aprendosi in un amplio sorriso e, in ciò, lasciando trasparire il proprio intimo successo nella ricerca di quel raziocinio, di quanto, attorno a loro, stesse accadendo « Ricordati di dirglielo da parte mia, mi raccomando! » insistette ella, avanzando poi vero il biondo per non negargli l’occasione di un affettuoso abbraccio, quasi a titolo di ricompensa per quella sua intrinseca genialità.

Un abbraccio, quello che ella non mancò di dedicargli, che non fu assolutamente disprezzato da parte di Be’Wahr, e che non poté ovviare, ciò non di meno, a far sorgere una certa curiosità nel merito delle ragioni dietro al medesimo, ragioni che, in quel momento, avrebbero avuto a doversi considerare palesi soltanto all’interno della mente della donna guerriero e di nessun altro…
… o quasi.

« Credo che abbia appena compreso qualcosa di importante… » sussurrò Rín in direzione della propria gemella e di Lys’sh, le due persone a lei più vicine in quel momento « … o, per lo meno, è così che tu reagiresti se avessi compreso qualcosa di importante. » puntualizzò poi, in riferimento a Maddie, nel non banalizzare l’importanza del collegamento esistente fra le due donne, non limitato a una mera somiglianza fisica, che altresì sarebbe potuta valere anche per lei stessa, ma, ancor più, per una sorta di comunione di spiriti, o qualsiasi altro parallelismo avrebbe potuto essere allora considerato esistente fra due diverse versioni della medesima persona.

Facendo ritorno dalla propria fugace missione personale, Seem ritornò in scena esattamente dal punto ove pocanzi era scomparso, conducendo seco, fra le braccia, due fagotti di stoffa, abiti accuratamente ripiegati che, senza troppo sforzo di comprendonio avrebbero avuto a doversi considerare qual appartenenti, in dettaglio, alla Figlia di Marr’Mahew e al suo compagno, vesti sicuramente differenti da quelle che avrebbero potuto indossare a bordo della Kasta Hamina e che, altresì, non avrebbero mancato di ricondurli, psicologicamente, ad almeno due anni prima, a quando ancora il viaggio attraverso lo spazio siderale sulle ali della fenice non li aveva portati via dal loro mondo. Per tale ragione, quindi, il giovane ex-scudiero della donna, nonché ex-garzone dell’uomo, si era allontanato con tanta urgenza e concentrazione da loro: non perso dietro a propri egoismi personali, non desideroso di abbandonare il gruppo, quanto e piuttosto premurosamente preoccupato di voler concedere, tanto alla propria signora, quanto al locandiere, degli abiti degni di tale nome, approfittando della pur probabilmente effimera loro presenza in quel particolare luogo, con tali risorse così a portata di mano.

« … mia signora? » apostrofò egli, dirigendosi innanzitutto verso di lei, a consegnarle degli abiti, invero, non differenti da quelli indossati, in quel preciso istante, anche da Maddie, se non per il colore, lì tendente a una scura sfumatura di blu.
« Scommetto che sei stato proprio tu! » esclamò, per tutta risposta, la donna, liberando Be’Wahr dal proprio abbraccio e levando il proprio indice mancino in direzione dell’ex-scudiero « Oh, sì. Non può essere altrimenti… »
« … sono stato io a fare cosa…?! » esitò Seem, non comprendendo il senso di quella specie di accusa, né comprendendo, in effetti, se quella avesse a doversi considerare effettivamente qual un qualunque genere di accusa, restando con il braccio destro teso verso di lei, nella semplice volontà di consegnarle gli abiti a lei condotti « Ho sbagliato qualcosa, mia signora…? »
« A cosa stavi pensando poco fa? » domandò ella, nel proseguire nel proprio percorso mentale, pur non negandogli un sorriso di ringraziamento nell’accogliere i vestiti a lei così condotti, non volendo certamente dimostrarsi irriconoscente innanzi a tanto impegno volto a proprio esclusivo vantaggio, e apprezzando, sinceramente, l’idea di poter indossare qualcosa di più idoneo al combattimento rispetto a una vestaglia già a pezzi, qual, purtroppo, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta la propria.
« Speravo di fare in tempo a tornare con vestiti per te e Be’Sihl prima di qualche nuovo… salto. O comunque  si abbia a dover definire quanto sta accadendo. » rispose il giovane, aggrottando la fronte nel continuare a non cogliere il senso di quell’interrogativo e del discorso collegato.
« Prima ancora. Quando eravamo nel mondo di Maddie e Rín! » incalzò ella, non avendo ancora ricevuto la risposta che desiderava, e che, francamente, sperava di ricevere per poter effettivamente dare un senso a quanto lì stava accadendo.

Seem si ritrovò costretto ad accigliarsi nel porsi innanzi a quell’interrogativo estremamente preciso e, ciò non di meno, rivolto a una questione tanto banale a fronte della quale, allora, non avrebbe saputo come comportarsi. Tuttavia, la fiducia del giovane nella sua signora, malgrado i due anni di distacco, non avrebbe avuto a dover essere considerata qual minimamente scemata, ragione per cui, che egli comprendesse o meno il senso di tutto ciò, non ebbe a esitare a rispondere.

« Stavo pensando alla locanda. E a quanto mi sarebbe piaciuto fare ritorno al mio mondo, allorché rischiare di restare intrappolato in quell’assurdo posto dove eravamo finiti… quel… supermercato?! » replicò, incerto nell’aver adoperato il termine corretto per indicare la loro precedente collocazione spaziale.

lunedì 23 aprile 2018

2525


« Fai pure… » le concesse Maddie, non trovando ragione alcuna per negare alla sorella tale opportunità, non a fronte di quella follia e della sua sempre più incostante evoluzione, un’evoluzione che non sembrava desiderare volgere verso alcuna reale destinazione « … in effetti, lo farei volentieri pure io, se soltanto potesse servire a qualcosa. »
« Grazie… » annuì la giovane, chiudendo per un istante gli occhi, inspirando profondamente l’aria nei propri polmoni e, dopo aver offerto un nuovo sguardo al mondo attorno a sé, forse ad assicurarsi che, nel frattempo, non fosse nuovamente mutato, levando un alto grido a offrire libero sfogo a tutte le naturali emozioni conseguenti a quanto appena accaduto, non limitandosi, psicologicamente, soltanto all’improvvisa mutazione del mondo a sé circostante, ma includendo, in tal senso, anche la presenza di un enorme demone dalle smisurate corna e di una donna rettile, la presenza dei quali, per quanto affrontata in precedenza con sufficiente autocontrollo, non avrebbe potuto ovviare a coglierla  di sorpresa e a stuzzicare soltanto un profondo senso di paura nel suo cuore.

E se Maddie fu costretta ad allontanarsi di un passo dalla propria parente, nel desiderio di non ritrovarsi estemporaneamente assordata da quell’urlo, tutti gli altri, incluso lo stesso Desmair, non poterono che accennare un lieve sobbalzo a fronte del medesimo, sinceramente colti di sorpresa da tutto ciò, soprattutto laddove, obiettivamente, quella richiesta da parte sua avrebbe avuto a poter essere fraintesa più qual una scherzosa nota a margine rispetto a quanto accaduto, ancor prima che, effettivamente, l’espressione della volontà di impegnarsi in quel grido, in quell’urlo, in tal maniera, pertanto, da nessuno allor atteso o previsto, malgrado tutto.

« … scusatemi. » ansimò Rín, in lieve imbarazzo al termine di tutto ciò, ritrovandosi obiettivamente senza fiato per quanto appena accaduto, per l’urlo che si era così riservata opportunità di levare al cielo « Per voi tutto questo sarà magari normale… ma, nel considerare tutte le barriere architettoniche esistenti nella nostra città, per me ha già a doversi considerare un’avventura riuscire ad arrivare autonomamente al supermercato a fare un po’ di spesa. »
« Non ti preoccupare: per amor di cronaca, neppure per noi nulla di tutto ciò è propriamente normale. Anzi… » sorrise accomodante Lys’sh, colei che, più di tutti, in quel momento, in quel frangente, doveva aver accusato il colpo proprio di quel grido, nel considerare il suo sensibile udito, tale da permetterle di percepire un semplice sussurro qual una parlata a tono sostenuto, e quello sfogo non dissimile dal boato di una terrificante esplosione « Se possibile, però, ti inviterei a evitare cortesemente nuove grida simili… il mio orecchio è molto più delicato rispetto al vostro e, in questo, ti assicuro che non è assolutamente piacevole quanto sentirti gridare in tal maniera. » spiegò, cercando di dimostrarsi quanto più possibile cordiale, nel non voler rischiare di spaventare ulteriormente quella ragazza « Ti ringrazio… »
« … oh… » esitò la giovane, arrossendo e coprendosi immediatamente la bocca con le mani, in un gesto fondamentalmente inutile e che pur, in quel frangente, desiderava dimostrare tutto il proprio più sincero senso di colpa innanzi all’accaduto, non potendo, ciò non di meno, immaginare quanto così appena scoperto « … mi dispiace… » sussurrò, sinceramente pentita di averle potuto arrecare danno, in conseguenza a quella sua cortesia, a quella sua cordialità, non riuscendo a cogliere in lei null’altro che una ragazza suo pari, al di là del suo aspetto così estraneo a qualunque parvenza di umanità.
« Come ho già detto, non ti preoccupare. » annuì l’ofidiana, muovendo qualche passo sino a lei, costretta in tal senso a scavalcare diversi corpi distesi a terra, per offrirle la propria destra, in un quieto gesto di amicizia, volto a considerare chiusa la questione, oltre che, ovviamente, a presentarsi « Il mio nome è Har-Lys’sha… ma puoi chiamarmi Lys’sh. » dichiarò, chinandosi appena nella volontà di non sovrastarla, in conseguenza della costretta postura seduta dell’altra « E’ un piacere fare la tua conoscenza… Rín. »
« … il piacere è mio. » sorrise la giovane, ricambiando il gesto concessole.
« E, per la cronaca, è un piacere fare la conoscenza di tutti voi: in conseguenza a quanto è accaduto in maniera tanto incalzante, non mi era stata ancora concessa l’opportunità di introdurmi formalmente. » apostrofò verso l’intero gruppo, nell’evidenziare, effettivamente, quanto fosse in precedenza mancata una simile occasione, benché poi, al fianco di Midda, nessuno avesse esitato a schierarsi per difenderla durante gli eventi occorsi in quella stessa locanda « Di voi due, in particolare, ho sentito raccontare così tante storie da sentirvi ormai qual parte della mia vita, anche se non vi ho mai incontrato prima! » puntualizzò in direzione del biondo Be’Wahr e del timido Seem, strizzando l’occhio destro con fare complice.

Riconoscendo l’opportunità di quel momento di apparente tranquillità, il medesimo che stava in tal maniera permettendo a Lys’sh di presentarsi, al di là della mai affidabile presenza di Desmair fra loro, e di un’intera locanda di gente svenuta, più un cadavere; Be’Sihl, il quale stava iniziando a provare un certo affaticamento a reggere in braccio Tagae e Liagu, approfittò dell’occasione per fare qualche passo in direzione di uno spiazzo abbastanza sgombro di corpi per poter appoggiare a terra i due bambini, raccomandando sottovoce loro di non allontanarsi da lui, non potendo riservarsi idea alcuna su quanto, di lì a un istante dopo avrebbe potuto ancora accadere. I pargoli, dal canto loro, si strinsero immediatamente, uno alla destra, l’altro alla sinistra, del padre adottivo, non dimostrando il benché minimo interesse a prendere le distanze… non, quantomeno, con quel brutto demonio lì vicino a loro a guardarli e a ridacchiare divertito, benché, chiaramente, nulla di divertente avrebbe potuto essere ravvisato in tutto ciò.
Ad allontanarsi, invece, fu proprio Seem, il quale, forse non avendo neppure udito quanto Lys’sh aveva allor dichiarato a suo riguardo, scomparve per qualche istante oltre il bancone, in direzione di quelle che, un tempo, avrebbero avuto a dover essere riconosciute essere le stanze personali di Be’Sihl, prima, e di Be’Sihl e di Midda, poi, in tal senso mosso da un non meglio compreso desiderio da parte del resto del gruppo, e, non per questo, minimamente frenato nel proprio incedere, per quanto, allora, avrebbe potuto riservargli qualche sgradevole sorpresa, qualche nuova, inattesa evoluzione degli eventi a fronte della quale, nel proprio isolamento, avrebbe potuto ritrovarsi solo e, in ciò, in sgradevole svantaggio. Ovviamente, trovandosi in quel momento, involontariamente, al centro dell’attenzione comune, in conseguenza delle parole a lui dedicate, tutti colsero quel gesto, quel suo indifferente e incauto allontanarsi dal gruppo, ragione per la quale la stessa Figlia di Marr’Mahew, disorientata dall’apparente disinteresse da proprio ex-scudiero in tal maniera dimostrato, ebbe a volgere uno sguardo interrogativo in direzione di Be’Wahr, a cercare, da parte sua, una qualche spiegazione nel merito del perché di quel bizzarro comportamento. Ma Be’Wahr non poté fare altro che stringersi nelle spalle, non sapendo in che termini poter rispondere a simile, silenzioso interrogativo, e, per questo, limitandosi a minimizzare la questione…

« Boh… » fu tutta la replica che si dimostrò in grado di rivolgere alla propria vecchia amica, per poi muovere a sua volta qualche passo in direzione di Rín, e di Lys’sh, accanto a lei « Piacere mio… Lys’sh! » sorrise verso l’ofidiana « Se non ho frainteso, tu sei l’attuale compagna di ventura di Midda, in questo suo nuovo viaggio fra le stelle. »
« Una dei compagni di ventura. » confermò e precisò la giovane, con un sorriso entusiasta « Anche se, per l’appunto, non fa altro che parlare di te, di tuo fratello Howe, e di tutte le sfide che insieme avete affrontato in questo mondo! » commentò, quasi divertita « Perché questo è il vostro mondo… non è vero?! » cercò poi conferma a quanto, obiettivamente, sino a quel momento era stato intuibile fra le righe, e pur non comunicatole apertamente.
« Esattamente… o, per lo meno, ci assomiglia parecchio! » ironizzò il biondo, per poi fermarsi innanzi a Rín e tendere anch’egli la mano alla gemella di Maddie « E anche piacere di fare la tua conoscenza, mia cara… nel tuo caso, è stata Maddie a non farmi mancare cronaca di tutte le vicende che vi riguardano, facendoti entrare nella mia vita anche senza aver mai avuto occasione di conoscerti. »

domenica 22 aprile 2018

2524


Nel merito dell’evidenza di quanto quella storia fosse lunga e decisamente poco trasparente nelle proprie dinamiche, alcuno avrebbe avuto ragione di che esprimere il benché minimo dubbio, la più semplice obiezione. Così come anche nel merito dell’evidenza di quanto, istante dopo istante, quella situazione si stesse facendo decisamente più complessa e assurda.
Ciò non di meno, come talvolta accade, a evidenziare quell’ovvietà pur apparentemente impercettibile a tutti, fu la voce di un bambino. Anzi, nella fattispecie specifica di una bambina, e di Liagu, in particolare, che, levando la propria manina, e il proprio indice destro, in direzione di uno dei tanti cartelli sopra le loro teste, scritte in caratteri del tutto intraducibili, incomprensibili per chiunque se non per Maddie e Rín, autoctone di quella particolare realtà, ebbe a esprimere apertamente il proprio dubbio a tal riguardo…

« Mamma… » ebbe a tentare di richiamare l’attenzione di Midda la piccola, osservando con diffidenza quella criptica segnalazione « … cosa c’è scritto lì sopra? Non si capisce niente. »

… dubbio a confronto con l’evidenza palese del quale, allora, nelle menti di molti non poté che sorgere, in maniera persino inquietante, una domanda assolutamente legittima.
Una domanda che, allora, venne espressa, prima fra tutte, da parte di Lys’sh, la quale non poté ovviare in tal senso a cogliere quanto pur da molto, da troppo, palese all’attenzione comune, e quanto, ciò non di meno, da tutti loro era stato semplicemente ignorato, nell’essere distratti da troppi altri pensieri, da troppi altri eventi per poter prendere in considerazione una tanto sciocca banalità…

« Ehy… un momento. » anticipò qualunque altra frase, qualunque altro intervento, la giovane ofidiana, levando ambo le mani a richiedere occasione di parola « Come accidenti possiamo essere in grado di comprenderci l’un l’altro?! »

… già. Come accidenti potevano essere in grado di comprendersi l’un l’altro?!
Un’ottima domanda, quella formulata in tal maniera da parte di Lys’sh, su suggerimento della piccola Liagu e del suo interrogativo rivolto alle insegne sopra le loro teste, che non poté ovviare a propagarsi nelle menti di tutti e, in particolare, in quelle di Midda e Be’Sihl, i quali, più confidenti di chiunque altro con i problemi di comunicazione che avevano avuto ragione di affrontare al loro primo arrivo in un nuovo pianeta, non avrebbero, in quel momento, in quella situazione, potuto ulteriormente trascurare l’argomento, lasciato emergere in termini tanto palesi da parte della bambina, prima, e dell’ofidiana, poi.
Se infatti, Midda e Be’Sihl, al pari di Be’Wahr, Seem e Desmair, non avrebbero avuto ragione di fraintendimento reciproco, nel rapportarsi nella lingua comunemente parlata in quel dell’estremità sud-occidentale del continente di Qahr, diviso fra i regni di Kofreya, Tranith, Y’Shalf e Gorthia, fra loro accomunati da una lingua fondamentalmente assimilabile, se non per qualche, lieve, differenza più estetica che pratica; Lys’sh, al pari di Tagae e Liagu, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti qual intenti a parlare quell’ancor sconosciuta lingua franca con la quale la Figlia di Marr’Mahew presto o tardi avrebbe avuto occasione di maturare confidenza, e per ovviare all’apprendimento della quale, nei precedenti due anni trascorsi fra le stelle, aveva ben accolto quel piccolo miracolo della tecnologia proprio del traduttore automatico, gioiellino estremamente utile che pur, in quel momento, in quel particolare frangente, non avrebbe avuto a doversi considerare in suo possesso; e, ancora, Maddie e Rín avrebbero avuto a doversi riconoscere qual intente a utilizzare la propria lingua natale, la medesima nella quale, allora, avrebbero avuto a doversi considerare scritti i cartelli sopra le loro teste, completando, in tal maniera, una quadro all’interno del quale non soltanto improbabile, ma addirittura assurda, avrebbe avuto a doversi considerare ogni possibilità di dialogo fra loro.
Quindi… come accidenti potevano essere in grado di comprendersi l’un l’altro?!

« Maddie ha imparato il kofreyota nel corso dei suoi primi sei mesi nel nostro mondo… » tentò di giustificare Be’Wahr, proprio malgrado dimostrandosi l’unico a non cogliere la complessità della questione e, in ciò, ancora una volta rinunciando ingenuamente a una splendida occasione per tacere.
« … ma io non sto parlando kofreyota in questo momento. E neppure tu. » obiettò la stessa Maddie, subito palesando l’errata interpretazione degli eventi così da lui compiuta.
« … kofreyota…?! » domando Rín, evidenziando quanto improbabile avrebbe avuto per lei potersi esprimere in tal lingua, neppur immaginandone l’esistenza sino a un attimo prima.
« E’ vero mamma! » esclamò Tagae, prendendo voce nella questione, non volendosi ritrovare a essere l’unico a non esprimersi a tal riguardo, già rimasto, dopotutto, sin troppo a lungo in silenzio « Tu e papà non avete il traduttore automatico! »

Sempre più confuso e disorientato, unico a non volersi esprimere in quel momento, in quella situazione, così come già prima ancora, fu il buon Seem, non potendo ovviare a pensare quanto, obiettivamente, piuttosto che essere lì, chissà dove, avrebbe sicuramente preferito poter fare ritorno a casa propria, alla loro amata locanda, in quell’ambiente, in quel contesto, per lui più familiare. L’ex-scudiero della Figlia di Marr’Mahew, infatti, avrebbe avuto a doversi riconoscere sinceramente diviso su come reagire nel confronto con quanto stava accadendo, giacché, sebbene non avrebbe potuto ovviare a gioire per il ritorno nella propria vita, nella propria quotidianità, del suo cavaliere, della sua signora, di colei che molti anni prima aveva giurato di servire e di servire fino alla fine della propria esistenza, una piccola parte di lui non avrebbe potuto, lì, ovviare a temere quanto stava accadendo e quanto, nel confronto con tutto quello, e con i guai che, abitualmente, erano soliti accompagnare la quella straordinaria figura, avrebbe potuto ancora accadere, e accadere anche a suo discapito.
Giacché, in quegli ultimi due anni, molte cose erano cambiate nella sua vita… e, per quanto ancora non avesse avuto occasione di parlarne con lei, non era più così sicuro, così certo di potersi permettere quella vita da avventuriero per ottenere la quale pur tanto aveva insistito, tanto aveva dovuto faticare, in contrasto a ogni opinione in senso contrario. E più egli taceva, più cresceva in lui un senso di colpa per quel presunto, intimo tradimento che stava riservando alla sua signora, al suo cavaliere. E più cresceva tale senso di colpa, più egli altro non avrebbe potuto fare se non tacere, alimentando, in tal maniera, un terribile circolo vizioso.
Un circolo vizioso, quello nel quale, ancora una volta, ebbe a precipitare la mente di Seem, in tal maniera stuzzicata da emozioni tanto contrastanti, a fronte del quale, ancora un volta, in termini usualmente improvvisi e inattesi, l’ambiente attorno a loro cambiò nuovamente. E cambiò, in particolare, nella misura utile a riportarli in quel di Kriarya, e, in particolare, nel contesto proprio de “Alla Signora della Vita”, là dove, nella folla di gente ancor priva di sensi a terra, un cadavere non avrebbe potuto ovviare che testimoniare tutta la crudeltà dell’individuo responsabile di tale uccisione, di tale inutile assassinio, lì occorso quasi a dispetto di tutto l’impegno altresì posto da tutti gli altri membri di quella eterogenea compagnia a preservare quanto più possibile la salute di chiunque egualmente coinvolto in quella lotta.
Ma se, al passaggio precedente, in nove avrebbero avuto a dover essere conteggiati coloro coinvolti in tale assurda giostra, al momento di quella nuova rimodulazione del mondo attorno a loro, una decima persona si ebbe a ritrovare proprio malgrado trascinata in qualunque follia li stesse guidando. Una decima persona l’identità della quale, allora, non improbabile sarebbe stata a dover essere ipotizzata...

« D’accordo… ora comprendo cosa intendessi dire pocanzi. » non poté che ammettere Rín, all’indirizzo della propria gemella « Ciò non di meno, e per quanto io in questo momento possa desiderare di dimostrarmi forte, sarebbe proprio inaccettabile l’eventualità nella quale io mi abbia a mettere a gridare?! »

sabato 21 aprile 2018

2523


« Un rapporto decisamente diverso rispetto a quello fra Nissa e te, mia cara… » sussurrò, crudele, la voce di Desmair rivolgendosi in direzione della propria sposa, non volendo trascurare la possibilità lì tanto generosamente offertagli di imporle del male, nel rigirare, metaforicamente, il coltello nella piaga e nell’esplicitare a livello verbale quanto, del resto, già ella non stava mancando di compiere nel profondo della propria mente e del proprio cuore, in un ineluttabile, e purtroppo totalmente iniquo, paragone con la propria storia passata, e, in particolare, la drammatica memoria del difficile rapporto fra lei e la perduta gemella.
« Oh, ti prego… taci! » replicò Be’Sihl, prendendo le difese della propria amata e non potendosi alcun problema in un rapporto tanto familiare con quel mostruoso semidio, non potendo certamente provare un qualche, particolare, senso di timore nel confronto con chi, da anni, aveva preso fissa dimora nella propria testa, costringendolo, proprio malgrado, a dover trovare il modo di scendere a patti con lui, in una tanto assurda relazione fra loro.

Che Desmair fosse un individuo semplicemente odioso, avrebbe avuto a doversi considerare mera retorica, incarnando, proprio malgrado, ogni possibile ragione di disprezzo non soltanto innanzi all’attenzione della sua mai amata sposa, ma anche di chiunque altro innanzi a lui avesse avuto occasione di ritrovarsi a essere, non essendosi egli, dopotutto, neppur mai sforzato di piacere o compiacere chicchessia, dall’alto della consapevolezza della propria stessa natura, di quel retaggio non soltanto regale, ma addirittura divino, che mai avrebbe potuto vederlo abbassarsi alla stregua di semplici umani, meri mortali qual quelli che pur, da sempre, lo avevano circondato. Che Desmair, purtroppo, avesse in quel momento terribilmente ragione, avrebbe avuto a doversi egualmente considerare mera retorica, nel limitarsi a sottolineare quell’ovvietà a fronte della quale neppure la stessa Ucciditrice di Dei avrebbe mai potuto opporsi, avrebbe mai potuto, in fede, tentare di promuovere una qualsivoglia diversa interpretazione della verità.
Fra lei e Nissa, la sua gemella, la sua perduta sorella, un rapporto come quello lì dimostrato qual esistente fra Maddie e Rín, avrebbe avuto a dover essere ricercato, probabilmente, non più tardi rispetto al loro decimo anno di età, all’epoca in cui, per sua scelta, in conseguenza a una sua fuga notturna alla volta del mare e della vita da marinaio che pur aveva sempre desiderato, il loro rapporto si era tragicamente corrotto. E se pur eccessiva avrebbe avuto a dover essere considerata la reazione dell’ancor bambina Nissa all’epoca, laddove, a confronto con il dolore dell’abbandono e, successivamente, della perdita della loro genitrice per effetto di una tragica malattia, ella aveva deciso di trasmutare tutto il proprio amore per la propria gemella in semplice e puro odio, votando innanzi agli dei tutti la propria intera esistenza soltanto alla distruzione di quella di Midda e di ogni barlume, per lei, di gioia, di serenità, di speranza; oggettiva avrebbe avuto a doversi considerare la partecipazione di colpa propria anche della stessa futura Figlia di Marr’Mahew, giacché, in tal senso, in tal maniera, da null’altro si era lasciata trascinare se non da puro e semplice egoismo, scegliendo di fuggire attraverso la via del mare allorché, magari, tentare un diverso approccio, cercare, in tal senso, quell’appoggio, quel sostegno che pur, obiettivamente, la sua famiglia non le avrebbe mai negato, un appoggio, un sostegno, in grazia al quale, probabilmente, anche il suo rapporto con Nissa avrebbe avuto occasione di salvarsi, di preservarsi in quell’amore allor testimoniato, innanzi ai loro sguardi, da Maddie e Rín.

« Non che sia felice di ammetterlo… ma per una volta tanto anche lui ha ragione. » sospirò la Campionessa di Kriarya, scuotendo appena il capo e non negando al proprio sposo il valore della propria sentenza.

Superato l’istante iniziale di felice commozione, tuttavia, Nóirín Mont-d'Orb non poté ovviare a spostare la propria attenzione dalla sorella, a lei ancora abbracciata, a coloro i quali, innanzi al proprio sguardo, si stavano presentando allora quali quieti spettatori di quel loro ricongiungimento, non potendo ovviare a distinguere un volto noto, diversi volti estranei e, soprattutto, due volti del tutto privi di qualsivoglia parvenza di umanità, nel confronto con i quali ineluttabile fu, per lei, un lieve sobbalzo, benché, dimostrando straordinario autocontrollo, evitò allora di gridare, per così come pur, in quel frangente, sarebbe stato comprensibile e accettabile avesse a fare.
Ove, tuttavia, nel loro particolare caso, nella loro specifica versione di quella storia, Maddie non aveva commesso il medesimo errore di Midda, non aveva abbandonato la propria famiglia senza offrir loro la benché minima spiegazione, senza affrontarli direttamente, a volto aperto, nell’accettare di condividere le ragioni delle proprie scelte, le motivazioni del proprio viaggio, per quanto assurdo tutto ciò avrebbe potuto rischiare di apparire; Rín non avrebbe avuto a dover essere considerata, allora, inconsapevole del cammino intrapreso dalla propria gemella, o delle motivazioni del medesimo, o, ancora, dell’assurdità delle situazioni a confronto con le quali ella avrebbe potuto ritrovarsi. E, del resto, neppur trascorso un lustro da quando, alla porta di casa loro, si era presentato un orrido mostro con la testa aperta longitudinalmente in due a palesare un’oscena fila di terribili zanne, reclamando il loro sangue e la loro morte; la giovane donna non avrebbe potuto ovviare a ben giustificare l’esistenza, in altri mondi, in altre realtà, di creature come quelle che, in quel momento, si stavano concedendo innanzi al proprio sguardo, nelle fattezze di un colossale demone e di una sensuale donna serpente in abbigliamento intimo sportivo.

« … vedo… che ti sei fatta nuovi amici. » commentò, non senza un certo imbarazzo nella subitaneità di quel confronto inatteso, di quel porsi in tal maniera innanzi a una tanto variegata compagnia senza alcun genere di preavviso utile a comprendere, banalmente, con chi potesse star avendo a che fare in quel momento « E vedo che hai trovato un’altra… te. » soggiunse, non potendo ovviare a riferirsi, in tal senso, a Midda Bontor, fra tutti i presenti colei che, più di tutti, avrebbe potuto riconoscere, per ovvie ragioni « … bella vestaglia. »

Un’osservazione, quell’ultima, che non avrebbe voluto certamente apparire critica a discapito dell’abbigliamento della donna, o dell’assenza di abbigliamento della medesima, e che pur, in quel particolare frangente, ebbe a risultare un po’ più ironica di quanto non avrebbe voluto realmente risultare, nel considerare gli effetti dello scontro appena occorso in quel de “Alla Signora della Vita”.
Laddove, dopotutto, difficilmente la Figlia di Marr’Mahew avrebbe avuto a doversi considerare capace di mantenere integri i propri abiti, finendo quasi sempre per logorarli o rovinarli al punto tale dall’apparire puntualmente vestita di stracci, o, in effetti e piuttosto, svestita di stracci; a confronto con un’elegante vestaglia di seta, sicuramente comoda per rivestirsi rapidamente nella necessità di una passeggiata notturna fino al bagno comune della Kasta Hamina, e pur meno efficace in un qualunque diverso contesto, soprattutto ove atto a prevedere una qualsivoglia lotta, improbabile sarebbe stato per lei riuscire a riservare a tale abbigliamento una pur vaga speranza di futuro. Ragione per la quale, allora, della manica destra della vestaglia soltanto pochi frammenti avrebbero avuto a dover essere ancora riconosciuti qual presenti attorno al suo arto in lucente metallo cromato, nel mentre in cui, sul fronte opposto, stracciata appariva la cucitura fra la manica e la spalla, denudandole gran parte del braccio, sino quasi al gomito: non che, comunque, più in basso la situazione avrebbe avuto a doversi considerare migliore, laddove un pericoloso taglio, che pur era riuscito a ovviare a raggiungere la sua gamba destra, aveva diviso orizzontalmente la morbida seta all’altezza della sua coscia, vedendo, in tal maniera, l’arto inferiore destro praticamente denudato, nel mentre in cui, almeno per il momento, quello mancino ancora stava riuscendo a mantenersi adeguatamente coperto.

« … è una storia lunga. » sorrise Maddie, liberando la gemella dal proprio abbraccio, nel ricordarsi soltanto in quel momento del resto della compagnia e nel voltarsi quasi a volerli presentare alla medesima, benché, ormai, avrebbe avuto a doversi ritenere una premura tardiva « E della quale, in effetti, anche io non ho ancora avuto occasione di comprendere molto. »

venerdì 20 aprile 2018

2522


Erano trascorsi ormai tre anni, o, almeno, così ella aveva calcolato, da quando Maddie aveva accettato di farsi carico della missione della propria mentore, della propria maestra d’arme, della prima Midda Bontor da lei incontrata, lasciando il proprio mondo, la propria realtà, per incominciare un lungo peregrinare attraverso il multiverso. Un vagabondare apparentemente privo di meta, sulle ali della fenice, che l’aveva vista attraversare ben cinque universi alternativi al proprio, incontrando cinque versioni alternative di sé, cinque altre Midda, e impegnandosi per salvarle dalla minaccia per tutte loro rappresentata da Anmel Mal Toise, prima di giungere sino a quell’ultima realtà, una realtà nella quale, in maniera del tutto sorprendente, disorientante rispetto al passato, non le era stata concessa neppure la possibilità di incontrare la propria versione autoctona, avendo la medesima lasciato il proprio mondo, il proprio pianeta, per inseguire la propria nemesi, la propria versione locale di Anmel attraverso le stelle, attraverso lo spazio siderale.
In simile disomogeneità rispetto al passato, rispetto agli altri universi nei quali ella era soggiornata per non più di pochi mesi, mai superando le due stagioni consecutive, in quel mondo, in quella nuova realtà, ella si era ritrovata in tal maniera costretta a soggiornare per più di un intero anno. Un anno che, tuttavia, non le era pesato, non le era stato difficile affrontare, avendo avuto sin dal primo istante, dal proprio arrivo in quelle terre, la fortunata occasione di incontrare tutti gli amici, tutti i compagni, che la Midda locale si era lasciata alle spalle, e, in ciò, di stringere con loro amicizia, di instaurare con loro nuove relazioni: amicizie e relazioni, le sue, non animate da qualche bramosia volta a usurpare, nelle loro vite, il vuoto lasciato dall’assenza della loro amica, della loro compagna, ma, ciò non di meno, sicuramente favorite dall’aver trovato, in loro, vivaci menti già sufficientemente familiari non soltanto con il sovrannaturale, ma, persino, con l’impossibile, da essere in grado, senza troppe reticenze o sospetti, di accettarla, di accoglierla fra loro.
Certo… il proprio prolungato soggiorno, poi, aveva finito con il vederla legare maggiormente con qualcuno di loro rispetto che con altri, così come, in particolare, era accaduto con il biondo Be’Wahr. Ma questo avrebbe avuto a doversi giudicare sotto un diverso metro di valutazione. E sotto un metro che non trascurasse di prendere in considerazione quanto ella mai avesse voluto illudere quell’uomo, suggerendogli, per loro, l’occasione di una lunga e serena vita insieme, e che non ignorasse quanto ella avesse trovato il medesimo più che disposto ad accettare di vivere tutto ciò alla giornata, preferendo avere l’occasione di amarla anche laddove poi l’avrebbe dovuta perdere, piuttosto che, semplicemente, rinunciare a lei. E se anche, forse, simile attrazione, tale interesse, in lui, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual inizialmente alimentato dalla facile associazione visiva esistente fra Midda e Maddie; l’alchimia che, nei mesi seguenti, nelle stagioni trascorse insieme, vivendo e combattendo l’uno al fianco dell’altra, non aveva mancato di instaurarsi fra loro, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta obiettivamente qual qualcosa di inedito per entrambi.
Malgrado Be’Wahr, malgrado l’anno intero trascorso nel mondo natale di Midda, e malgrado i due anni precedenti vissuti vagabondando per il multiverso, Maddie non avrebbe mai potuto, né voluto, scordarsi del proprio passato, della propria realtà, del proprio universo, del proprio mondo, e, soprattutto, di coloro che lì era stata costretta a lasciare, nel decidere di seguire la fenice. Persone a lei care, persone da lei amate, e non soltanto come amici o amanti, ma anche, e ancor più, qual la propria famiglia: suo padre, innanzitutto, ma anche, e forse ancor più, la sua amata gemella, Nóirín.
Per Maddie, Rín aveva da sempre e obiettivamente rappresentato la parte migliore di sé. Contraddistinta da una tempra, da uno spirito privo d’eguali, Rín aveva raggiunto successi, traguardi, che chiunque altro non avrebbe neppure potuto ambire a realizzare, a riprova di quanto l’incidente occorsole, e la perdita di metà del proprio corpo, non avrebbero mai potuto realmente spezzarla, non avrebbero mai potuto realmente piegarla e piegarla a un qualsivoglia genere di fatalismo: una vera e propria supereroina, quindi. E così, a dispetto di tutto, ella non soltanto aveva completato i propri studi superiori, conseguendo la propria bramata maturità classica, ma aveva poi proseguito oltre con così tanti studi linguistici che, se solo ne avesse fatto richiesta, probabilmente persino all’Organizzazione delle Nazioni Unite sarebbero stati soltanto onorati di poterla annoverare fra i propri interpreti: tre anni prima, al momento della partenza di Maddie, Rín, oltre alla propria lingua natale, era in grado di parlare e scrivere correttamente altre tre lingue, quali inglese, francese e tedesco, e si stava impegnando, parimenti, su altri tre fronti, includendo russo, innanzitutto, ma anche cinese mandarino e giapponese, con i quali nessuno, non Maddie soprattutto, avrebbe potuto avere dubbio sarebbe presto riuscita a giostrarsi alla perfezione.
Alla luce di tutto ciò, non soltanto comprensibile, ma anche imprescindibile, avrebbe avuto a doversi considerare la reazione propria di Maddie di fronte all’apparizione della propria gemella, un’apparizione che, al contempo, avrebbe avuto a doversi considerare sia inattesa, sia, quantomeno, apprezzabile e apprezzata, al punto da caricarle gli occhi di lacrime di gioia per quella possibilità loro così offerta, al di là di quanto, probabilmente, nulla di buono avrebbe avuto a doversi considerare alla base di quanto, allora, stava accadendo…

« Rín! » esclamò nuovamente, ora con maggiore convinzione, non potendo e non volendo ovviare a correre incontro alla sorella, per precipitarsi accanto a lei, quasi gettandosi a terra al suo fianco, soltanto allo scopo di poterla abbracciare, di poterla stringere a sé e, in quell’abbraccio, celare la commozione che non poté ovviare a rigarle il volto, nella felicità di poterla rivedere, di poter essere nuovamente accanto a lei, fosse anche e soltanto per un effimero, fugace momento in quella sempre più assurda situazione « Dei… non puoi immaginare quanto tu mi sia mancata! »

E l’altra, non meno sorpresa, non meno sconvolta e, ciò nonostante, neppur meno gioiosa o commossa rispetto a lei, non poté che ricambiare quell’abbraccio, posticipando qualunque domanda, rimandando qualunque richiesta di spiegazioni e qualunque commento a un momento successivo, giacché, in quel preciso istante nulla avrebbe avuto maggiore valore rispetto a quella riunificazione fra loro, a quel tanto inatteso, quanto improvviso ricongiungimento dopo così tanto tempo, mesi, stagioni, addirittura anni, trascorsi senza neppur avere idea se la propria amata sorella fosse ancora viva oppure no.

« … Maddie… » fu tutto ciò che ella riuscì allora a sussurrare, non sforzandosi di trattenere calde lacrime a discendere sul proprio viso, espressione più sincera, più pura, di quell’amore, di quel sentimento fra loro indissolubile e indiscutibile, in termini tali che neppure quella prolungata lontananza, quella loro sofferta separazione, era stata in grado di porre in dubbio, di minare nel proprio valore, nella propria concretezza.

E se pur, tutti gli altri presenti, avrebbero avuto lì a doversi considerare quantomeno disorientati dalla situazione, e dalla chiave di interpretazione della medesima per così come loro offerta dalla stessa Maddie, nello scoprirsi trasportati non soltanto attraverso lo spazio e, forse, persino il tempo, ma anche, e ancor più, attraverso le dimensioni, al punto da riuscire a raggiungere quietamente quel mondo per tutti loro ben oltre qualunque concetto di alieno; nessuno fra loro avrebbe lì potuto ignorare l’emozione propria di quell’abbraccio, e quanto, in esso, palesemente dimostrato.
E, fra tutti gli altri presenti, più di chiunque non avrebbe potuto ovviare a cogliere il profondo significato di tutto ciò colei che, ritrovatasi nella medesima situazione, pur in termini certamente diversi, e in epoche egualmente diverse, non aveva avuto l’opportunità di un tanto gioioso ricongiungimento con la propria gemella, con la propria pur amata sorella, ritrovandosi, proprio malgrado, altresì posta innanzi al preludio di quella che, molto presto, si sarebbe dimostrata la sanguinosa guerra di una vita intera, una faida che, nell’assenza di una tanto quieta riunificazione, altro non aveva potuto produrre se non straordinario dolore, incredibile tristezza, incommensurabile tragedia, non soltanto fra loro, ma in tutto il loro mondo.

giovedì 19 aprile 2018

2521


« Desmair… » scandì lentamente il nome dell’interlocutore, a tentare di mantenere tutto il proprio autocontrollo, tutta la quiete in tal maniera difficilmente conquistata.

Ciò non di meno, prima ancora che ella potesse avere occasione di iniziare a formulare una qualunque altra frase di senso compiuto, la sua mente ebbe a elaborare, attorno a loro, un nuovo cambio di contesto, un nuovo cambio di scena, volta, ora, a condurli in un ambiente per lei del tutto inedito, certamente non appartenente al suo mondo, ma, neppure, a qualunque altro mondo sino a quel momento visitato, seppur non mancando di presentare, in minima parte, alcune analogie con i più tecnologicamente progrediti fra gli stessi. Se, infatti, attorno a loro ebbe a scomparire l’oscena sala da pranzo di Desmair, quel funesto ambiente al quale troppe negative emozioni avrebbero avuto a dover essere ricollegate da parte sua, unica fra tutti i presenti ad avervi messo piede oltre al medesimo semidio; quanto allora ebbe a riplasmarsi innanzi al loro sguardo fu quanto ella avrebbe potuto descrivere, alla luce delle conoscenze da lei acquisite nel corso degli ultimi due anni, qual un centro commerciale, un ampio edificio all’interno del quale le persone avrebbero avuto piacere ad affollarsi nel desiderio, nella volontà, di acquistare ogni qualsivoglia genere di beni, di merci, in misura poi non concettualmente dissimile da uno dei tanti mercati di Kriarya, e pur, maggiormente strutturato, allo scopo di poter accogliere, servire e soddisfare il maggior numero possibile di persone nel medesimo momento. E benché quasi ogni pianeta da lei visitato avrebbe potuto vantare numerosi luoghi assimilabili a quello, di quello in particolare ella non avrebbe potuto vantare alcuna conoscenza pregressa, non riconoscendone le forme, i colori, e, in verità, neppure l’alfabeto...
… non che, in quegli ultimi due anni, ella avrebbe avuto occasione di apprendere tutte le lingue dei pianeti da lei visitati, e neppure, in verità, una delle principali lingue franche, in grazia alle quali, da ogni parte dell’universo, ogni qual genere di società avrebbe potuto dimostrarsi in grado di comprendersi reciprocamente, instaurando dialoghi più o meno costruttivi. Anche se, almeno sotto tale punto di vista, la Figlia di Marr’Mahew aveva iniziato a esprimere la volontà di apprendere qualcosa di più, al fine di non aversi a dover considerare necessariamente legata, nelle proprie possibilità di comunicazione, fosse anche e soltanto verso Tagae e Liagu, al proprio dispositivo di traduzione automatica e alla sua pur straordinaria efficacia ed efficienza.
Qualunque luogo fosse quello a loro circostante, ella avrebbe potuto considerarsi sufficientemente certa non appartenere alla propria vita. Per quanto, in una qualche logica propria dell’assurdità di quegli eventi, ella non avrebbe potuto ovviare a ritenere quell’ambiente, quel luogo, qual effettivamente appartenente all’esistenza di qualcuno fra loro.

« … Lys’sh… conosci questo posto…?! » ipotizzò, rivolgendosi alla propria ofidiana sodale, non potendo escludere che, dall’alto della propria maggiore esperienza, ella avesse effettivamente avuto pregressa occasione di confronto con quel luogo, ovunque oramai fossero stati catapultati.
« No. Per nulla. » escluse immediatamente l’altra, scuotendo appena il capo e non mancando di osservarsi attorno con aria curiosa e preoccupata, cercando di comprendere meglio ove fossero arrivati, purtroppo, a sua volta, non potendo ovviare a ritenersi estranea a tutto quello, finanche all’alfabeto lì adoperato.

A concedere risposta affermativa a tale interrogativo, immediata, fu tuttavia la voce di un altro elemento di quel variegato gruppetto. Un elemento al quale, proprio malgrado, la Campionessa di Kriarya non aveva avuto occasione di pensare in quanto, comunque, ancor troppo estranea nel confronto con la sua mente, innanzi al suo giudizio, soprattutto ove posta in paragone con così tante altre persone da lei non soltanto conosciute, ma, anche e indubbiamente, amate. Un elemento che, in maniera non meno sorpresa, stupita e, addirittura, disorientata rispetto agli altri, lì stava osservandosi attorno, non riuscendo a elaborare la sorpresa per l’accaduto e per quell’ultimo cambio di contesto, in particolare…
… un elemento di nome Maddie.

« Io sì… »

Solo quella semplice asserzione ebbe tempo di essere pronunciata dalla versione più giovane di Midda Namile Bontor prima che ella avesse a bloccarsi, ritrovandosi impossibilitata a esprimere qualunque parola, qualunque ulteriore dettaglio eventualmente chiarificatore nel merito di quanto stesse accadendo o perché.
Solo quella semplice asserzione ebbe tempo di essere pronunciata prima che Maddie si ritrovasse quasi soffocata, privata della possibilità di esprimere qualunque ulteriore verbo tanto in direzione della propria versione più anziana, quanto di chiunque altro, in una pietrificazione emotiva tanto improvvisa quanto apparentemente immotivata, nel considerare come, in fondo, ella non avesse avuto ragione di reagire tanto malamente né di fronte all’apparizione di Desmair, né a quella di Lys’sh, le cui nature non umane avrebbero potuto, eventualmente, spaventarla, o anche e soltanto sorprenderla, nel ben considerare la propria estraneità da simili contesti, da tali realtà.
E, paradossalmente, a bloccarla, a congelarla vittima delle proprie emozioni, con occhi spinti quasi fuori dalle orbite e bocca aperta, a nulla mistificare del proprio stupore, della propria sorpresa, del proprio trauma emotivo a fronte di tutto ciò, non ebbe a essere un mondo nuovo, una realtà a lei estranea, nelle quali poter essere colta in contropiede dalla comparsa inattesa di un colosso dall’aspetto demoniaco o di una giovane donna serpente. A sconvolgerla, allora, altro non ebbe a essere che quello che ella non ebbe esitazione a riconoscere qual il proprio universo, il proprio mondo e, ancor più nel dettaglio, il proprio mondo.
Un’identificazione per lei inoppugnabile, per lei inappellabile, nel confronto non tanto con quel supermercato, qual avrebbe potuto presentarlo ai propri compagni, a coloro i quali, come Be’Wahr e Seem avrebbero avuto a doversi riconoscere del tutto estranei innanzi a un tale concetto; quanto e piuttosto qualcos’altro… qualcun altro.
Qualcuno che, nella fattispecie, stava procedendo tranquillamente nelle proprie compere, nella propria visita a quel luogo di commercio, di mercato, muovendosi con mirabile agilità, e senza impiccio alcuno, in grazia a una sedia a rotelle, limite con il quale, proprio malgrado, aveva dovuto imparare a rapportarsi, a confrontarsi, sin da quando neppur decenne, invero e addirittura conquistando tale occasione, simile possibilità, in grazia alla propria straordinaria forza di volontà, oltre che a un difficile percorso di riabilitazione, che le aveva permesso di recuperare completamente il controllo su almeno metà del proprio corpo, anche laddove nessun medico, nessun chirurgo aveva accettato di correre il rischio di illuderla, di suggerirle un qualunque possibilità di miglioramento rispetto al letto sul quale si era ritrovata immobilizzata a seguito del devastante incidente nel corso del quale, ancor peggio, loro madre era morta…
… loro madre…

« … Rín…?! »

E Nóirín Mont-d'Orb, sorella gemella di Madailéin, così richiamata da una voce tanto familiare, tanto amica, non poté che muovere il proprio sguardo nella direzione dell’eterogeneo gruppetto, dal lato opposto della corsia nella quale aveva appena svoltato, osservando con curiosa attenzione i prezzi dei prodotti in offerta e comparandoli gli uni agli altri, al fine di meglio orientarsi nella propria scelta, nei propri acquisti. E finendo per incontrare, con i propri occhi color ghiaccio, quelli della propria gemella, la sorpresa, lo stupore, non poté che essere equivalente a quello da lei dimostrato, lasciando ricadere improvvisamente a terra quanto stava reggendo in mano, in un cestino appoggiato in grembo.

« … Maddie…?! »