11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 28 giugno 2022

4006

 

Come ripromessosi, all’alba del nuovo giorno i cinque si rimisero all’opera, prendendo al vaglio le ultime due zone rimaste. Ultime ma non ultime, in verità, là dove, se anche ivi non fosse emerso nulla di interessante, avrebbero sicuramente allargato il campo di ricerca anche ad altre stanze prima, erroneamente, escluse. In verità, comunque, non vi fu bisogno di procedere in tal senso, là dove nella terza delle quattro inizialmente selezionate, e la prima che ebbero a esaminare in quella nuova giornata, ebbe a essere ritrovato quanto da loro desiderato: l’ingresso al sotterraneo.
In effetti, e con buona pace di eventuali difficoltà di individuazione, il riconoscimento di tale ingresso non ebbe a riservare loro particolare ragione di crisi. Lo stesso ineluttabile scorrere del tempo che aveva raso al suolo il templio, infatti, aveva parimenti compromesso l’integrità dell’accesso al sotterraneo, vedendo in parte franare il pavimento in corrispondenza della botola lì un tempo probabilmente mistificata, e offrendo loro, così e in quel frangente, una chiara evidenza di quanto il loro obiettivo fosse in tal maniera stato raggiunto. Individuata, infatti, la presenza di quel foro, e di quel foro ovviamente a sua volta poi ricoperto dalla polvere e dalla terra lì riversatasi nel corso dei secoli, ai cinque non rimase altro che ripulire l’intera area per poter, finalmente, aprirsi la via al sotterraneo.

« E fin qui tutto bene... » osservò Be’Wahr, con una certa soddisfazione nel momento in cui, non senza un certo impegno fisico da parte sua, di Howe e di M’Eu, la restante, e pesante, sezione del pavimento preposta a occludere quel passaggio fu rimossa, garantendo loro l’ingresso al Baratro di Luce.
« Nooo... accidenti! » protestò Howe, sgranando gli occhi a quella parole da parte del proprio amico fraterno « Che cosa ti passa per la testa, per Lohr! » imprecò, con aria di rimproverò verso di lui « Mai dire “tutto bene”... lo sai! » contestò, lasciando emergere un’attenzione chiaramente scaramantica nei riguardi di quanto così proclamato.

Per quanto, accanto a Midda Bontor, abituati a combattere contro uomini, mostri e dei, e per quanto ormai soliti tradurre l’impossibile in possibile; Howe e Be’Wahr, ma anche H’Anel e M’Eu, e di riflesso ineluttabilmente persino Maddie, avrebbero avuto a doversi intendere dominati da un po’ di superstiziosi timori nel loro incedere quotidiano e, soprattutto, nel loro incedere a confronto con situazioni qual quella lì attuale, dove il pericolo avrebbe potuto annidarsi dietro ogni singola pietra.
Benché, infatti, più che consapevoli di star andando a cercare i guai, in termini tali per cui l’occorrenza di un evento negativo non avrebbe potuto essere in alcuna maniera posta in diretta correlazione a una frase mal pronunciata o a un qualche gesto propiziatorio mancato; paradossalmente essi non avrebbero potuto ovviare a tentare di esorcizzare quanto più possibile l’occorrenza del peggio proprio attraverso premure del tutto vane, e premure del tutto vane che pur, fosse anche e soltanto a livello psicologico, avrebbero potuto permettere loro di illudersi di poter ovviare al peggio.
Ragione per la quale, quindi, anticipare il positivo esito della missione, o di una parte di essa, attraverso una semplice constatazione come quella allor condivisa dal biondo mercenario, non avrebbe potuto ovviare a essere letta in chiave negativa...

« Diamine... » storse le labbra Be’Wahr, nel rendersi conto dell’errore compiuto e nell’osservare con espressione contrita i propri compagni d’arme, per chiedere loro scusa per quanto appena inavvertitamente compiuto.
« Beh... almeno se qui sotto avremo a trovare un qualche mostro divoratore di anime, sapremo a chi dare la colpa. » minimizzò con fare scherzoso e divertito H’Anel, ammiccando verso gli altri.
« Ovvio che troveremo un qualche mostro divoratore di anime... » sospirò M’Eu, levando gli occhi al cielo, con aria volutamente mesta, a confronto con una simile idea « ... e ovvio che sarà sicuramente tutta colpa di Be’Wahr! » soggiunse poi, sforzandosi non poco di ovviare a scoppiare a ridere.
« Domanda sciocca... ma che a questo punto è meglio anticipare... » intervenne Maddie, nell’ascoltare quello scambio di battute fra i propri fratelli d’arme « ... come si combatte contro un mostro divoratore di anime?! » questionò, in parte volendosi unire a quel momento di giuoco collettivo, e in parte, comunque, sinceramente interessata a quel dettaglio, là dove, all’occorrenza, ella non avrebbe saputo francamente come avere ad agire contro una tale creatura, e una creatura della quale, in effetti, ignorava quietamente l’esistenza.
« Dipende... da che mostro è. » rispose il figlio di Ebano, a supporto della donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio « Francamente a oggi non abbiamo mai affrontato nulla di simile, che io sappia. » soggiunse, stringendosi appena fra le spalle.
« E, francamente, preferirei continuare in questa direzione. » precisò Howe, a escludere quell’eventualità, là dove, ancora con fare scaramantico, desiderava evitare che, a furia di parlarne, potessero finire con l’evocarne davvero la presenza « Comunque, ora, bando alle ciance e prepariamoci a scendere... » soggiunse, indicando la scalinata che si stava così presentando innanzi a loro « Be’Wahr... tu per primo. » decretò, eleggendo il fratello ad apripista, e a potenziale vittima sacrificale di qualunque pericolo si sarebbe parato loro innanzi.
« Perché io...?! » protestò il biondo, indispettito da ciò.
« Così impari a stare zitto! » argomentò lo shar’tiagho, scuotendo appena il capo, e indicando i gradini, per invitarlo a incamminarsi.
« Vado io... » intervenne tuttavia Maddie, offrendosi personalmente per quell’ingrato compito « Sono fisicamente la più piccola e la più leggera fra noi cinque e, in questo, posso muovermi più agilmente di voi. E dal momento che ignoriamo le condizioni del percorso, è meglio muoverci con cautela e non schierare immediatamente il nostro “pezzo forte”. » commentò, eleggendo in tal senso il proprio amato a “pezzo forte” del loro piccolo gruppo.

domenica 26 giugno 2022

4005

 

« E poi Midda ha qualche anno in più rispetto a te... » osservò Be’Wahr, in un’annotazione tanto corretta quanto del tutto priva di correlazione con il discorso corrente, là dove, certamente, la questione non avrebbe avuto a dover essere intesa in alcuna correlazione con la loro età.

Maddie apprezzò sinceramente, tuttavia, non soltanto quelle ultime parole, quant’anche tutte le precedenti, esplicite dell’impegno comune dei suoi amici a non permetterle di colpevolizzarsi in maniera del tutto gratuita così come, in fondo, si stava dimostrando particolarmente brava a fare. Sebbene ella fosse letteralmente piombata nelle loro vite in maniera del tutto improvvisa e inattesa circa cinque anni prima, essi si erano comunque impegnati ad accoglierla, a sostenerla, ad aiutarla, e, soprattutto, a darle una reale possibilità di integrazione nella loro realtà quotidiana, nelle loro vite e, chiaramente, anche nei loro cuori.
Quella non era stata la prima realtà da lei visitata dopo aver abbandonato la propria dimensione natale, eppure quella era stata la prima realtà nella quale ella non si era ritrovata immediatamente a confronto con una propria corrispettiva, quanto e piuttosto con i suoi amici, i suoi compagni d’arme. E questo, necessariamente, aveva cambiato la dinamica della cosa. Se, infatti, in altri mondi, il proprio punto focale era sempre stato quello di proteggere la propria altra se stessa e di aiutarla, ove fosse stato necessario, a sbloccare il proprio potenziale, esattamente così come era stato fatto anche per lei; in quel nuovo contesto, in quel nuovo scenario, ella aveva dovuto interfacciarsi con altre persone, e con altre persone già legate a Midda da vincoli di stima, di rispetto, di amicizia, di fratellanza: persone che, quindi, una volta compreso con chi avessero a che fare, non avevano avuto esitazione alcuna a riversare su di lei tutto ciò, nel contempo in cui a lei, parimenti, non stava venendo concessa alcuna opportunità per potare a termine il proprio lavoro, la propria missione, con buona pace del mandato ricevuto dalla fenice qual eredità del cammino di vita già reso proprio dalla sua defunta maestra d’arme.
Così Maddie era entrata a far parte della vita di Howe e di Be’Wahr, prima, e di H’Anel e di M’Eu, poco dopo. E così Maddie aveva avuto la possibilità di accogliere nella propria vita quelle persone, quelle persone meravigliose, che, forse, e per prime, ella avrebbe potuto definire qual propri amici, e quel genere di amici veri per i quali non avere alcuna esitazione a porre in giuoco la propria vita, se necessario. In tal senso, anche il suo coinvolgimento sentimentale con Be’Wahr, per così come poi aveva avuto occasione di svilupparsi, avrebbe avuto a doversi considerare quasi qual una conseguenza di tutto ciò: non una conseguenza diretta, ovviamente, non una conseguenza obbligata, assolutamente, e pur una conseguenza dell’amicizia prima fra loro venutasi a creare, e di quell’assoluta complicità fraterna che li aveva uniti, permettendole di superare ogni proprio freno inibitore in tal senso. E, del resto, tutto ciò fra loro due aveva avuto inizio dall’assunto esplicito di quanto quell’amore non avrebbe avuto a doversi fraintendere eterno, là dove, presto o tardi, ella avrebbe avuto a dover ripartire, a dover lasciare quel piano di realtà per andare oltre, per proseguire verso altri mondi, verso altre Maddie o Midda da salvare: ma anche tale pensiero non si era imposto qual freno a negare loro di vivere comunque quel momento nel presente, complice, del resto, non soltanto la loro amicizia, quant’anche la consapevolezza tutt’altro che banale di quanto, comunque, ogni momento per loro avrebbe potuto essere l’ultimo... con buona pace di ogni prospettiva futura, positiva o negativa che essa fosse.
Insomma: Maddie lì aveva trovato una nuova famiglia, una famiglia sicuramente diversa da quella che si era lasciata alle spalle, ma non per questo una famiglia per lei fraintendibile qual meno importante. Anzi. E in quella famiglia, così come quello stesso frangente stava dimostrando, ella avrebbe avuto sempre a trovare il sostegno necessario per far fronte a qualunque difficoltà, fisica, psicologica o emotiva.

« A costo di sembrare un’adolescente con gli occhietti a cuoricino, posso dirvi una cosa...?! » domandò, in un’espressione che gli altri non ebbero a comprendere, là dove facente riferimento a un contesto culturale per loro assolutamente sconosciuto, ragione per la quale molte espressioni interrogative ebbero a esserle offerte qual replica « Vi voglio bene. » scandì poi, sorridendo non senza un certo imbarazzo nello scandire quelle poche, semplici, e pur genuine parole, e quelle parole che, tuttavia, in quel momento avvertiva realmente il bisogno di condividere « Io vi voglio bene davvero, amici miei. »

Sebbene il sentimento d’affetto così da lei dichiarato non avesse certamente a dover essere inteso qual una sorpresa da nessuno, ove assolutamente condiviso e reciprocamente restituito; nella loro quotidianità, e in quella quotidianità troppo sovente contraddistinta da sangue eruttante, viscere sparse e ossa spappolate, che fosse in un campo di battaglia così come in contrasto a un qualche mostro mitologico, non avrebbe avuto a doversi considerare consueta una simile asserzione. E non, perché, per l’appunto, non avesse a corrispondere a un sentimento sincero, quanto e piuttosto perché, allorché essere espresso a parole, esso si poneva sancito nei fatti, nei gesti concreti, e in quei gesti che, obiettivamente, e con buona pace delle migliori parole, non avrebbero mai potuto mentire.
Ma per quanto, per l’appunto, sentir pronunciare quelle parole non avesse a potersi giudicare consueto fra loro, il vedersele in tal maniera donate da parte della loro amica non poté che essere apprezzato da tutti quanti, vedendo or timidi sorrisi aprirsi su tutti i loro volti, quasi con un certo, positivo imbarazzo.

« Ecco... questo non ricordo di averlo mai sentito dire da Midda. » osservò Howe, riprendendo voce dopo un istante di silenzio « Sicura di essere veramente una sua versione alternativa...?! » soggiunse, non potendo fare a meno di ironizzare, non sapendo francamente come reagire, là dove, con buona pace di quanto appena dichiarato, neppure lui avrebbe avuto a doversi considerare particolarmente abituato a simili esternazioni, neppure nei riguardi del proprio amico fraterno di una vita intera, Be’Wahr.
« Se non ve l’ha mai detto, probabilmente è perché non ve lo siete mai meritato... » ridacchiò H’Anel, non mancando di stuzzicare giocosamente l’amico, scuotendo il capo e avendo a interpretare la questione in termini un po’ diversi dai suoi.

venerdì 24 giugno 2022

4004

 

« Credo di aver già conosciuto più di una dozzina di altre me stessa fino a questo momento... ma, devo ammetterlo, la “vostra” Midda Bontor è sicuramente una delle più originali versioni di me che abbia avuto occasione di incontrare. Oltre che, probabilmente, quella più prossima alla mia maestra d’arme. » rifletté Maddie, a margine di quell’ultimo commento, e di quell’ultimo commento nel merito del quale non abbisognava di approfondimenti per accertarne la veridicità « Non a caso non mi è mai stato necessario fermarmi tanto a lungo in una dimensione come in questa... » sottolineò in aggiunta, con un malcelato tono di insoddisfazione critica.
« Se soltanto mio fratello fosse un po’ più intelligente delle pietre di questo antico templio, probabilmente avrebbe di che considerarsi offeso per queste tue parole, sai...?! » ironizzò Howe, non negandosi, finalmente, la possibilità di un attacco del tutto gratuito e ingiustificato al proprio biondo compare, benché, in tutto ciò, l’uscita peggiore avrebbe avuto a intendersi quella della di lui stessa donna.
« ... come?! » esitò Be’Wahr, non sicuro di aver compreso il senso di quell’affermazione, con tutta quella quieta ingenuità che sovente lo contraddistingueva.
« Lascia perdere... » suggerì la stessa Maddie, rivolgendosi al proprio amato « Il tuo caro fratellone non perde occasione di canzonarti. » puntualizzò, per poi indirizzarsi alla volta del medesimo shar’tiagho, inarcando un sopracciglio nella sua direzione « Sai perfettamente che non intendevo assolutamente dire che non mi trovo bene qui. Anzi... se mai un giorno dovessi andarmene, sarei veramente in crisi. » ribadì, non escludendo, tuttavia, in quelle parole l’eventualità che ciò potesse aver ad avvenire « Ciò non di meno non posso ovviare a considerare tutto questo qual un mio fallimento personale. »
« Tutto questo... cosa?! » domandò H’Anel, incuriosita e, ciò non di meno, impossibilitata a comprendere la nuova ragione di cruccio dell’amica, certa che comunque non avrebbe avuto a scoprirsi così terrificante come probabilmente la sua emotività voleva farlo allora apparire.
« Beh... tutto! » generalizzò la donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio « Se fossi già riuscita a chiudere la questione con la “mia” Anmel Mal Toise, innanzitutto, non avremmo avuto neppure a che fare con il tempo del sogno... e tutti i vari disordini annessi e connessi non sarebbero mai accaduti. Mia sorella non si sarebbe ritrovata coinvolta in tutto questo. Una copia di Carsa Anloch non sarebbe mai stata generata e malevolmente posseduta. I ritornati non sarebbero mai stati generati, con tutta la guerra conseguente e lo sconvolgimento degli equilibri di questo mondo. E, ancora, in questo momento Be’Sihl non sarebbe stato rapito... » elencò, scandendo tutti quegli accadimenti che, in un modo o nell’altro, avrebbero avuto a dipendere in maniera diretta dal coinvolgimento dell’Anmel Mal Toise per inseguire la quale era giunta in quella dimensione, e a difendere la propria corrispettiva autoctona dalle letali mire della quale avrebbe avuto a doversi impegnare.

E il ragionamento da lei così condotto, a modo suo, non avrebbe avuto a doversi considerare errato.
Il primo a trascinarli nel tempo del sogno, infatti, era stato il secondo-fra-tre, vicario di Anmel Mal Toise, facente riferimento alla “sua” Anmel, e non a quella locale, la quale, forse con minore originalità, o forse per diversi piani, non si era mai sospinta a fare ricorso a una simile risorsa.
Senza il coinvolgimento del tempo del sogno, Rín, la sua gemella, non avrebbe mai avuto a essere trascinata in quel delirio e in quel delirio che già, in più di un’occasione, l’aveva quasi uccisa. Certo: probabilmente, ove interrogata a tal riguardo, la stessa sarebbe stata ben lieta di confermare quanto, da parte sua, non avrebbe avuto a offrire alcuna recriminazione attorno a quanto accaduto, là dove, anzi, era stato proprio in grazia al suo viaggio nel tempo del sogno che le era stata concessa occasione di riacquistare l’uso delle gambe per così come perduto all’età di dieci anni, senza contare, poi, gli straordinari poteri che aveva avuto la volontà, la capacità e la forza di acquisire successivamente, proprio per poter fare ritorno al tempo del sogno e, attraverso di esso, iniziare a vagare a sua volta nel multiverso, per così come a nessun altro era mai stata concessa opportunità di fare.
Inoltre, senza il coinvolgimento del tempo del sogno, una copia di Carsa Anloch, antica compagna d’armi di Midda, Howe e Be’Wahr, non sarebbe mai stata materializzata a partire dai loro ricordi, e non si sarebbe ritrovata vittima delle cospirazioni delle due Anmel, finendo, addirittura, per essere malevolmente influenzata dalla “sua” Anmel e sospinta a combattere contro la propria antica amica.
E, ancora, senza il coinvolgimento del tempo del sogno, e, ancora una volta, del secondo-fra-tre facente riferimento alla “sua” Anmel, Midda non si sarebbe vista manipolata, quand’ancora in possesso dei poteri della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice, per dare vita ai ritornati, a quelle decine di migliaia di peculiari e inediti non morti la cui apparizione improvvisa in quello stesso mondo aveva necessariamente sconvolto ogni equilibrio, soprattutto nell’introdurre entro i confini dello stesso nuove conoscenze e nuove tecniche prima inimmaginate, fra le conseguenze delle quali non avrebbe avuto a dover essere ignorato l’attacco dinamitardo che aveva riscritto il profilo stesso di Kriarya, sia dal punto di vista architettonico, sia dal punto di vista politico, nell’eliminazione contemporanea e improvvisa di tutti i precedenti lord della città.
A margine di tutto ciò, poi, quell’ultimo rapimento di Be’Sihl, a opera di Anmel Mal Toise, e, necessariamente, della “sua” Anmel Mal Toise, l’unica rimasta attualmente in circolazione, non avrebbe potuto ovviare a renderla indirettamente responsabile per... “tutto”, giacché se soltanto ella fosse stata in grado di tenere fede al proprio mandato e di sconfiggere Anmel, e di sconfiggerla cinque anni prima, nulla di tutto quello avrebbe avuto a occorrere.

« Stai tranquilla... » scosse tuttavia il capo Howe, minimizzando il ruolo da lei così autodenunciato nella questione « Fossi anche tu non giunta qui, né la tua Anmel Mal Toise avesse avuto mai a fare la sua comparsa in questa dimensione, certamente Midda sarebbe riuscita a trovare comunque occasione di inguaiare se stessa, Be’Sihl e tutti noi. » ridacchiò, stringendosi fra le spalle « Cioè... d’accordo tutto quello che hai detto: ragionevole e corretto. Ma, in questa tua autolesionista manifestazione di colpevolezza, ti sei leggermente dimenticata di quanto da molto prima della tua comparsa in questa dimensione Midda avesse avuto occasione di mettersi già nei guai con le sue stesse mani... »
« Già. » confermò M’Eu, annuendo alle parole dello shar’tiagho « E non ti scordare anche del fatto che, come tu stessa hai appena dichiarato, Midda, la “nostra” Midda, è quella più vicina alla tua maestra d’armi. Ossia a colei che ha sconvolto tutta la tua visione della realtà e ti ha trascinata in questo pasticcio infinito. » puntualizzò, sorridendo « In tutto questo, quindi, potremmo persino dire che è stata la tua esistenza a essere sconvolta per l’insuccesso di Midda, o, quantomeno, di una Midda... e non il contrario! »

giovedì 23 giugno 2022

4003

 

« Il sole è ormai all’orizzonte... » osservò M’Eu, quando l’analisi di due dei quattro ambienti individuati venne completata, portando alla loro esclusione, e l’inizio del lavoro sugli altri due avrebbe avuto ad attenderli « Non credo che per oggi riusciremo a combinare qualcosa, purtroppo. » scosse il capo, senza alcuna insoddisfazione nella voce a confronto con l’apparente insuccesso della giornata, là dove, in fondo, quelle erano un po’ le regole del giuoco e, dopotutto, quella non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual la sua prima partita, ragione per la quale non avrebbe potuto in alcuna misura attendersi di chiudere la questione al primo colpo, a meno di non avere dalla propria la benevolenza di qualche dio o dea... eventualità che raramente sembrava contraddistinguere il loro operato.
« Sono d’accordo. » approvò H’Anel, concordando con l’opinione così espressa dal proprio fratello minore, nel rialzarsi in posizione eretta e distendere la schiena con un lungo movimento atto a stirare la muscolatura rimasta troppo a lungo contratta « Prepariamoci per la notte. Ceniamo, dormiamo... e domani, alle prime luci dell’alba, potremo riprendere con le ricerche. » sancì subito dopo, in quella che non avrebbe avuto a doversi considerare una domanda, quanto e piuttosto una mera affermazione, la dichiarazione di quanto avrebbero allora avuto a dover compiere, senza perdere tempo in inutili discussioni.

E, in effetti, così avvenne.
E il quintetto, ben consapevole dell’assoluta ragionevolezza di quel piano, ebbe allora ad allestire in breve il proprio piccolo campo per la notte, là dove, in fondo, il cibo lo avevano e il fuoco non avrebbe avuto loro a servire in quel frangente: per quanto, infatti, lì si ponessero sufficientemente isolati dalla civiltà, sarebbe stato meglio ovviare ad attrarre troppo l’attenzione sulla propria presenza fra quelle rovine, e, soprattutto, nei pressi del Baratro di Luce; ragione per cui, con buona pace per qualunque stereotipata fantasia di genere, non si ritrovarono accampati attorno al fuoco ad abbrustolire della selvaggina, ma semplicemente adagiati sulle proprie coperte a consumare un frugale pasto a base di pesce essiccato, gallette di pane e, ancora, frutta fresca... un variegato menu che si erano concessi anche in grazia al recente passaggio per la città portuale di Y’Garsh.

« Posso dire che preferisco la carne secca a questo pesce...? » osservò a un certo punto Maddie, sorreggendo fra la punta dell’indice e del pollice della destra un pezzetto di pesce essiccato, per osservarlo con aria indagatoria e ovviando a celare una certa opinione critica a tal riguardo « Cioè... non è che io voglia lamentarmi, e neppure ostinarmi sempre a mangiare le stesse identiche cose... ma... forse sarebbe più buono arrangiato in qualche maniera che mangiato direttamente così. » contestò, poco convinta dall’idea di averlo a consumare al pari di uno stuzzichino, per così come, in fondo, stavano allora compiendo in quella che, se solo fosse stata accompagnata da qualche bevanda alcolica, avrebbe potuto tranquillamente riconoscersi qual una sorta di apericena fra loro.
« Non hai torto... » osservò Howe, per tutta replica, non negando ragionevolezza alle parole da lei così scandite « ... e, obiettivamente, non potrei sopportare l’idea di mangiare pesce essiccato tutti i giorni da qui all’eternità. » puntualizzò in aggiunta, pur ovviando a specificare quanto, in effetti, egli non avrebbe potuto sopportare l’idea di mangiare pesce tutti i giorni... e basta, tanto se essiccato, quanto se fresco, non avendo simile pietanza a riscontrare particolare entusiasmo da parte sua, troppo legato al continente per apprezzare i doni del mare « Tuttavia, e non lo dico per fare il bastian contrario, ogni tanto una variazione sul tema la trovo piacevole. » sottolineò comunque a conclusione, riequilibrando i piatti di quella metaforica bilancia e stringendosi appena fra le spalle, a minimizzare quello stesso voto contrario all’assortimento della loro cena in quegli ultimi giorni.
« Sì sì. Sono d’accordo. Assolutamente ragionevole. » confermò la donna, non desiderando in alcuna maniera rischiare di apparire irragionevolmente, e stolidamente, critica verso quel loro pasto, e quel loro pasto che, comunque, non avrebbe avuto a sopperire a una semplice questione di abitudini o di capricci, quanto e piuttosto a un’esigenza concreta, e l’esigenza di nutrirsi, per così come nel proprio mondo natale non le era mai, e fortunatamente, stata propria, nel vivere in quella minoritaria parte del mondo contraddistinta da imperdonabili abusi e sprechi alimentari « Però sono convinta che accompagnando questo pesce con un po’ di riso... o con un sughettino... beh... i nostri palati non avrebbero certamente a trovare ragione per cui lamentarsi. »
« Questi sono quei momenti in cui mi rendo conto senza alcuna ombra di dubbio di quanto tu sia ben diversa da Midda... » ridacchiò quindi lo shar’tiagho, ammiccando poi verso gli altri loro compagni, i quali certamente avrebbero avuto a cogliere immediatamente il senso della sua osservazione « Voglio dire: non fosse per Be’Sihl, sono certo che Midda arriverebbe a mangiare anche i sassi in nome della pura e semplice praticità e con buona pace di ogni idea di gusto... »
« Non che non abbia anche lei le sue preferenze, sia chiaro... » puntualizzò Be’Wahr, intervenendo nel discorso e, comunque, non disapprovando le parole dell’amico fraterno e, anzi, ridacchiando a margine delle medesime « Quando vuole sa viziarsi come tutti. Ma, generalmente, diciamo che viziarsi non è esattamente in cima ai suoi pensieri... »
« ... nutrirsi in generale non è in cima ai suoi pensieri. » aggrottò la fronte Howe, incalzando maggiormente a margine di quelle parole.

In effetti, se soltanto Be’Sihl Ahvn-Qa fosse stato lì con loro, in quel momento, avrebbe potuto quietamente testimoniare quanto l’attenzione riposta da parte di Midda nel nutrirsi avrebbe avuto a poter essere considerata pressoché pari a quella da lei riservata nel vestirsi. E considerando che ella era solita girare vestita di stracci insanguinati e impolverati, la cui stessa integrità avrebbe avuto a doversi considerare conseguenza di un qualche precario giuoco di equilibri; facile sarebbe stato comprendere quanto, sicuramente, l’aspetto alimentare non avesse a potersi fraintendere fra le sue prime preoccupazioni. Non che ella non avesse a nutrirsi: semplicemente, dal suo punto di vista, tale incomodo avrebbe avuto a doversi riconoscere più che altro, e per l’appunto, un’esigenza biologica, qualcosa di necessario per potersi permettere di proseguire nel proprio cammino, qualunque esso avesse a doversi intendere di volta in volta. E così, ella non avrebbe impegnato particolare sforzo di fantasia nell’arrangiarsi di che nutrirsi, limitandosi, piuttosto, a cibarsi della prima e più semplice soluzione a portata di mano... fosse questa anche, e disgustosamente, della carne di scultone.

lunedì 20 giugno 2022

4002


Con buona pace di tutta l’arringa da lei così proposta, Maddie, al termine della stessa, non poté che confrontarsi con un quadruplo encefalogramma piatto a confronto con le sue parole, da parte dei propri compagni che, figli del loro mondo, della loro cultura, e di quella loro peculiare visione della realtà, difficilmente avrebbero potuto avere a poter apprezzare la questione filosofica in tal modo sfiorata, tornando addirittura al cartesiano “Cogito, ergo sum”.
Dal loro punto di vista, e con buona pace delle numerose eccezioni già loro proposte da figure come Korl Jenn’gs e Lora Gron’d, un non morto avrebbe avuto a dover essere considerato soltanto un non morto. Già, in fondo, a tutti loro avrebbe dovuto essere riconosciuta un’indubbia elasticità mentale nel riuscire a confrontarsi in maniera sufficientemente tranquilla con figure non umane, come Lys’sh o come tutte le desmairiane, arrivando addirittura a concedersi la possibilità di legarsi sentimentalmente a loro, come nel caso, nella fattispecie, di Howe con l’ofidiana, e di M’Eu con la figlia della centotredicesima moglie di Desmair, Siggia. Ma, tanto l’una, quanto l’altra, per quanto esponenti di una specie quasi completamente aliena dalla loro, condividendo tuttavia invero entrambe una parte di retaggio umano, avrebbero comunque avuto a doversi intendere qual esseri viventi, con un cuore a battere nel loro petto, con la necessità di bere, di mangiare e di dormire, per così come, altresì, nessun ritornato avrebbe parimenti potuto vantar di provare. Che poi, all’atto pratico, anche le desmairiane, complice il proprio sangue divino, avessero la stessa aspettativa di vita immortale propria dei ritornati, quello avrebbe avuto a doversi intendere comunque un altro discorso: anche perché le desmairiane, a differenza dei ritornati, non avrebbero avuto a ignorare la possibilità del dolore e della morte… anzi. Esattamente come qualunque essere umano, ogni figlia del figlio del dio Kah e della regina Anmel Mal Toise, ove ferita, avrebbe sofferto, avrebbe sanguinato e, all’occorrenza, sarebbe anche morta; nel mentre in cui, diversamente, un ritornato non avrebbe avuto a soffrire, non avrebbe avuto a sanguinare e, di certo, non avrebbe avuto a morire, essendo, per l’appunto, già tale: alle desmairiane, semplicemente e in più rispetto a un comune mortale, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta la prerogativa propria di poter tornare indietro dalla morte, di poter risorgere, non una, ma infinite occasioni, in quella che, sotto un certo punto di vista, forse e addirittura, avrebbe avuto a dover essere intesa più simile a una condanna che non a un vantaggio.
Comunque, e al di là di mortalità o immortalità, umani e non umani, finché fossero stati accomunati dalla fatica e dal dolore della vita, avrebbero potuto essere riconosciuti, da Howe, da Be’Wahr, da H’Anel e da M’Eu, qual loro pari. Ma là dove, al contrario, la vita non avrebbe avuto più ad appartenere loro, come nel caso dei ritornati, ignorando ogni idea di dolore e di fatica, allora essi non avrebbero potuto essere considerati loro pari, quanto e piuttosto soltanto dei mostri. Dei mostri certamente particolari, dei mostri con i quali accettare di convivere e condividere spazi e attività, ma, comunque dei mostri. Con buona pace dell’apertura mentale loro dimostrata da parte della stessa Midda Namile Bontor o, in quel frangente, di Madailéin Mont-d'Orb, così intenta a difendere in termini più che positivi la scelta compiuta dalla propria corrispettiva autoctona di quella dimensione.

« Lasciamo stare… e mettiamoci a cercare quel maledetto accesso sotterraneo! » tagliò quindi corto la donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio, non senza una certa amarezza per l’incapacità così dimostrata dai propri amici di aprire i propri orizzonti, pur senza esprimere in loro contrasto alcuna critica o condanna, là dove, dopotutto, per il mondo e per il contesto culturale del quale erano figli e figlie, avrebbero appunto avuto a doversi riconoscere comunque molto più illuminati di quanto avrebbero avuto anche a essere giustificati poter risultare.

Lasciando perdere le chiacchiere, ormai non più necessarie, i cinque iniziarono a setacciare di fino quell’area tutt’altro che contenuta nelle proprie dimensioni e banale nella propria conformazione, con un approccio assolutamente organizzato e professionale in termini di efficacia ed efficienza, ma anche di razionalità. Dopotutto quella non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual la loro prima caccia al tesoro, né la prima caccia al tesoro a cui partecipavano in quanto gruppo, ragione per la quale, allora, non avrebbero avuto esigenza alcuna di confronto preventivo su come avere ad approcciare il problema.
Suddividendo, così e idealmente, quella zona in una griglia, iniziarono a percorrere, partendo da angoli diversi, quell’intera area, avendo a verificare, un piede alla volta, il terreno sotto i loro piedi, ricercando l’evidenza di qualunque cosa potesse loro suggerire di aver raggiunto il proprio obiettivo e, ove necessario, bonificando l’area dalle piante o dalle sterpaglie e, ancora, sondando il terreno a diversi livelli di profondità, per andare a ritrovare, al di sotto della superficie, contatto con quello che avrebbe avuto a dover essere inteso il pavimento originale.
Una prima ispezione, la loro, che si sviluppò in tempi relativamente rapidi e che ebbe a servire a mappare l’intera zona, facendo riemergere i profili di quelli che dovevano essere i vari ambienti interni al tempio, nel distinguere i vari muri divisori. Una volta ottenuta, così, un’immagine relativamente accurata del profilo di quel perduto delubro, essi poterono porre alla prova la propria esperienza, la propria conoscenza pregressa di altri luoghi assimilabili, per procedere a una prima scrematura, e una prima scrematura utile a tentare di ridurre il lavoro seguente escludendo quelle stanze che, a livello architettonico, non avrebbero avuto a poter essere giudicate idonee per ospitare quell’ingresso segreto ai livelli sotterranei.
Dei sedici ambienti individuati, quindi, soltanto in quattro ebbero a essere identificati qual di loro potenziale interesse. Quattro ambienti sui quali si misero, così, immediatamente al lavoro per un ricontrollo più raffinato e puntuale rispetto a quello precedente, andando a rimuovere, a partire dall’area centrale di ognuno di essi, la polvere e la terra lì accumulata dai secoli, fino a raggiungere, effettivamente, il pavimento originale e, lì, avere occasione di andare a ricercare evidenza concreta di un qualche accesso nascosto. Un accesso che, certamente, non sarebbe stato elementare da individuare all’epoca ma che, nel tempo presente, e in quelle condizioni a contorno, avrebbe richiesto da parte loro tutta la propria più viva attenzione.

domenica 19 giugno 2022

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Non vi erano informazioni precise in loro possesso nel merito né della storia, né del presente, del templio che avrebbero dovuto ricercare. In effetti, non avevano neppure idea dell’identità del dio o della dea al quale esso avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual un tempo votato. Ciò non di meno, e da un certo punto di vista, tale dettaglio non avrebbe avuto a dover essere frainteso di un qualche interesse da parte loro, là dove, in fondo, tutto ciò che avrebbe potuto loro interessare sarebbe stato l’accesso, in esso custodito, al Baratro di Luce.
Non avendo idea di cosa attendersi, i cinque avventurieri non poterono definirsi particolarmente sorpresi quando, arrivando a destinazione, ebbero a riservarsi serie difficoltà persino nel riconoscere di essere lì sopraggiunti. In effetti, se ruderi essi avrebbero avuto a dover cercare, ruderi essi ebbero a trovare. Ma ruderi tanto in rovina da apparire ormai quasi indistinguibili dal terreno sottostante, inglobati del tutto non soltanto dalla polvere e dalla terra, ma anche dalla vegetazione. Tale, del resto, avrebbe avuto a doversi riconoscere la sorte di qualunque vestigia umana, ben evidenziando la caducità e l’effimera essenza della natura mortale: per quanto l’uomo si sarebbe potuto arrogare il diritto di plasmare il mondo a proprio piacimento, edificando monumenti anche di straordinarie dimensioni e illudendosi, in tal maniera, di avere ad affermare il suo controllo sul Creato, il tempo e la natura avrebbero presto o tardi avuto a reclamare indietro ogni spazio rubato, riconducendolo al nulla che esso, in fondo, era.
E nulla, così, fu quanto si offrì alla loro attenzione, richiedendo un certo impegno a non avere a perdere completamente di vista l’esistenza stessa di quell’obiettivo in quel particolare sito, avendo inconsapevolmente a superarlo per così come, allora, avrebbe potuto anche avvenire se soltanto le indicazioni di Sha’Maech fossero state meno puntuali.

« Certo che è un po’ una delusione… » osservò allora Be’Wahr, aggrottando appena la fronte nel momento in cui si ritrovarono a perlustrare quell’area, avendo a ricercare, fra le sterpaglie e i rovi, ove potesse essere l’accesso sotterraneo al Baratro di Luce « Cioè… d’accordo che non può attenderci sempre un tempio come quello della palude di Grykoo, ma… »
« Eh sì… qui siamo più nel modello città della pace che palude di Grykoo. » puntualizzò Howe, per tutta replica verso il fratello « Anche se ti assicuro che neppure la città della pace ha da fraintendersi particolarmente noiosa, soprattutto da quando quegli esaltati della Progenie della Fenice ne hanno preso il controllo. »
« Beh.. non che prima fosse comunque noiosa… » rammentò il biondo, scuotendo il capo a escludere simile possibilità « Le sue belle orde di non morti, comunque, le ha sempre celate al proprio interno. »
« Ti mancano davvero un po’ di zombie a ravvivare la faccenda…?! » sorrise M’Eu, divertito dall’apparente insoddisfazione dimostrata dall’amico.
« Magari qualcosina riusciremo a trovarla prima della fine di questa storia: del resto stiamo ostinandoci a frequentare luoghi di sepoltura e assimilabili… » commentò sorniona H’Anel, stringendosi appena fra le spalle, a minimizzare la possibilità, per tutti loro, di avere allora ad annoiarsi « Chi lo sa che, alla fine, non dovremo comunque litigarci lo specchio con la stessa Degimirl! »
« Come se poi i non morti non ci mancassero, anche a casa… » sospirò Howe, rotando per un momento gli occhi al cielo « Dall’avvento dei ritornati, non sai più cosa attenderti in giro. Anzi… sono sufficientemente sicuro di aver rivisto affacciarsi dalle finestre della casa di Tahisea un paio di ragazze che non avrebbero avuto a dover essere più considerate in circolazione da qualche anno. »
« Senti… ma Lys’sh è d’accordo sul fatto che tu abbia ancora a frequentare il più grande postribolo di tutta Kriarya…?! » domandò maliziosamente H’Anel, a confronto con quella peculiare osservazione « Non che ti renda propriamente onore la cosa, comunque. »
« Spiritosa… » replicò lo shar’tiagho, socchiudendo appena gli occhi a dimostrarsi tutt’altro che divertito da quella battuta « Ho solo detto che ho visto affacciarsi un paio di ragazze. Non che sono andato a verificare personalmente. Anche perché, con tutto il dovuto rispetto, francamente non ho mai avuto alcun genere di fantasia necrofila nel corso della mia vita. »
« In verità, credo che la questione sia decisamente molto più complicata di quanto non potremmo avere piacere ad analizzare… » intervenne per la prima volta Maddie, prendendo voce in quella dissertazione che stava spaziando in argomenti sempre più distanti dal loro diretto tema di interesse, forse come eco di tutte le chiacchiere che, pur, avevano avuto a dover riempire il loro viaggio sino a quel momento « Cioè: se è pur vero che i ritornati sono tecnicamente dei non morti, essi sono comunque dei non morti del tutto consapevoli di sé, capaci di ragionare e di provare emozioni… insomma, non proprio dei sacchi di carne putrescente animati dal sol desiderio di uccidere chiunque gli abbia a passare vicino. » suggerì, in un flusso di coscienza condotto ad alta voce « Io credo che la scelta compiuta da parte di Midda nel concedere loro un’occasione di integrazione all’interno della società abbia a doversi riconoscere animata da una straordinaria lungimiranza… nonché da un raro senso critico capace di riservare loro la dignità di persone, a prescindere dalla loro natura. Un senso critico da lei, probabilmente, maturato anche in grazia all’esperienza vissuta nei suoi cinque anni siderali, in compagnia anche e soprattutto di Lys’sh, in termini tali da superare quelli che, un tempo, avrebbero avuto sicuramente a essere degli innati pregiudizi vero tutto ciò che di diverso l’avrebbe potuta circondare, e tali da permetterle di ridefinire, per l’appunto, la propria stessa idea di persona, non in relazione alla propria natura, quanto e piuttosto alla propria capacità di autodeterminazione. » argomentò, esprimendosi a ruota libera e perdendo del tutto i propri interlocutori, i quali, semplicemente, si ritrovarono a osservarla con aria stranita, quasi ella improvvisamente avesse smesso di parlare un linguaggio da loro comprensibile riprendendo a parlare la propria lingua madre « O sbaglio…?! » concluse, nel cercare in qualche modo di recuperare un qualche riscontro da parte degli altri, in un’impresa probabilmente più disperata del recupero dello specchio di Degimirl.

sabato 18 giugno 2022

Speciale Quattromila

NOTA INTRODUTTIVA: Il seguente episodio, autoconclusivo, ha da considerarsi quale un evento speciale estraneo alla consueta continuità narrativa della serie e concepito nella sola volontà di festeggiare il raggiungimento di un traguardo importante come quello rappresentato dal quattromillesimo episodio, oggi pubblicato.  

Quando la donna guerriero si ritrovò a volare letteralmente in aria, a essere catapultata verso il cielo come se nulla fosse, il suo amor proprio non poté mancare di avere ovviamente a risentirne.
Come avrebbe mai potuto essere altrimenti...?

Tutto aveva avuto inizio dalla fine, e dalla fine di una sua avventura come tante. Non un’avventura particolarmente degna di nota. Non un’avventura su cui qualche cantore avrebbe potuto avere di che riportare memoria. E, tuttavia, un’avventura che le aveva fruttato un certo gruzzolo. E solo gli dei avrebbero potuto sapere quanto, in quel periodo, il denaro avesse a farle comodo.
Sulla via del ritorno, ella si era venuta tuttavia a scontrare con un paio di brutti ceffi, due sventurati malintenzionati che, evidentemente, non la conoscevano di fama, e che, avendo a confrontarsi con l’immagine di una donna sola avevano evidentemente presunto di poter avere facilmente la meglio su di lei.
Illusi!
E così, benché essi prima di allora, chiaramente, non la conoscevano di fama, dopo quell’incontro non avrebbero avuto a dimenticare facilmente i suoi disordinati capelli color del fuoco, né i suoi occhi color del ghiaccio, un contrastante abbinamento che non avrebbe potuto mancare di risuonare qual un monito, un chiaro segnale di pericolo, volto a spingerli cercare altrove soddisfazione alle proprie brame di facile arricchimento.
Ella li aveva fatti volare letteralmente in aria, li aveva catapultati verso il cielo come se nulla fosse, e quei due disgraziati, con occhi sgranati e bocche spalancate per lo stupore e la paura, non avevamo potuto fare a meno di darsela a gambe... ovviamente dopo essere riatterrati, dolorosamente, al suolo.
A margine di quello scontro, tuttavia, due occhietti curiosi avevano avuto ad assistere a quanto lì avvenuto. Due occhietti curiosi ai quali avrebbero avuto a corrispondere anche due manine leste nell’afferrare il borsello dell’oro caduto a terra alla stessa donna guerriero nel corso della fugace colluttazione con i propri aggressori. E due manine leste nell’afferrare il borsello dell’oro le quali erano lì accompagnate da due zampette altrettanto veloci, nel correre via conducendo seco quello stesso borsello, non necessariamente per un qualche intento furfantesco, ma anche e soltanto per semplice curiosità, o per volontà di giuoco.
Ma la donna guerriero, protettasi dall’assalto dei due brutti ceffi, non avrebbe allor potuto permettere a una scimmietta da circo che indossava dei pantaloni blu e una giacca gialla, accompagnata, sopra la testa, da una paglietta bianca, di avere successo nel derubarla del proprio oro.

« Ehi, ferma tu! » intimò pertanto.

Ma la scimmietta non offrì allora alcuna evidenza di essere interessata a concederle ascolto. E così, più sorpresa che altro, la donna si ritrovò costretta a rincorrere quel piccolo primate, nella volontà di non avere a vanificare del tutto quell’avventura già priva d’ogni particolare ragione d’interesse, non potendo che ridere di se stessa per aver concesso a quell’animaletto di sottrarle il proprio tesoretto in maniera così banale.
Correndo attraverso il bosco, quindi, la donna guerriero raggiunse la periferia di una cittadina, emergendo dagli alberi giusto in tempo per veder la scimmietta superare il cancello di una villetta, circondata da un amplio giardino.
La donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio non desiderava arrecare disturbo ad alcuno, soprattutto al proprietario di quella casa, chiunque egli fosse. Ma, al tempo stesso, non desiderava neppure riconoscerla vinta alla scimmietta. E così, offrendo buon viso a cattivo giuoco, ella ebbe a scavalcare agilmente lo steccato posto a circondare la casa, per avanzare con discrezione all’interno di quel giardino non particolarmente curato... o, in effetti, decisamente disordinato, lasciato in tutto e per tutto libero di esprimersi secondo i propri capricci.
Avvicinandosi alla villa, all’interno della quale ormai era scomparsa la scimmietta, ella ebbe a concedersi un istante di stupore nel ritrovarsi a osservare un cavallo. E se nulla di strano avrebbe avuto a doversi intendere nell’esistenza di un cavallo, di certo non il primo né l’ultimo che ella avrebbe avuto a vedere in vita sua, decisamente insolito avrebbe dovuto essere altresì giudicata la presenza del cavallo nella veranda di quella casa, quasi, allorché una veranda, essa avesse a intendersi qual una stalla. Ma quella non era una stalla, era una veranda. E malgrado fosse una veranda, quello era comunque un cavallo: un cavallo quietamente sistemato all’interno di una veranda.

« Questa è bella... » commentò fra sé e sé, domandandosi quali altre bizzarrie avrebbero mai potuta attenderla all’interno di quell’edificio, nell’annoverare già la presenza di una scimmietta con una paglietta bianca in testa e un cavallo residente nella veranda.

Disordine. Ecco cosa ebbe ad attenderla all’interno della villa. Un disordine decisamente disarmante anche per lei, che, di certo, non avrebbe potuto vantar particolare pignoleria in tal senso. E un disordine tale da poter rendere persino impensabile avere a ritrovare la scimmietta.
Se non fosse che, in effetti, la scimmietta non era nascosta in alcun punto in particolare, ma, anzi, sedendo al centro del tavolo della cucina, era intenta ad armeggiare con il nodo presente a tenere chiuso il suo borsello, evidentemente animata da un’infantile curiosità per il contenuto dello stesso.

« Scusami... ma quello sarebbe mio! » sancì, avvicinandosi verso il tavolo e la scimmietta, con l’intento di riappropriarsi del maltolto.

Ma la scimmietta, forse colta di sorpresa dalla discrezione con la quale ella aveva saputo muoversi sino a quel momento, ebbe a lanciare un grido d’allarme a confronto con quella presenza imprevista e, potenzialmente, minacciosa.
E fu allora che ella si ritrovò a volare letteralmente in aria, a essere catapultata verso il cielo come se nulla fosse. E non per l’intervento di un gigante, o di qualche nerboruto bruto, quanto e piuttosto di una bambina, e di una bambina apparsa quasi dal nulla.
Con un nasino a patata al centro di un viso spruzzato da lentiggini, e con una montagna di rossi capelli color carota stretti un due trecce sparate l’una a destra e l’altra a sinistra del suo capo, quella bimba magrolina, vestita con un bizzarro abito blu rattoppato di rosso, una lunga calza marrone e l’altra nera, nonché due enormi scarpe ai piedi, avrebbe avuto certamente a rappresentare il naturale completamento di quel bizzarro contesto. Ma tutt’altro che naturale, in tal senso, avrebbe avuto a dover essere considerata la facilità con la quale era stata capace non soltanto di sorprendere la donna guerriero ma, addirittura, di sollevarla di peso e catapultarla in aria, al solo scopo di proteggere la propria scimmietta.
Sì. Perché l’unica ragione alla base di quell’apparente aggressione altro non avrebbe avuto a dover essere intesa se non quella volontà di difesa, e di difesa per il piccolo primate spaventato, per così come ebbe subito a chiarire, prendendo voce verso la sconosciuta introdottasi in casa propria...

« Perdonami. Ma non è affatto carino far la gradassa con una piccola scimmietta indifesa! » si giustificò pertanto.

La donna guerriero, ritrovatasi precipitata oltre la veranda e giù per i gradini, così sdraiata sul vialetto d’ingresso dalla villa, non prestò caso al dolore dell’impatto al suolo, nel preferire rialzarsi rapidamente al solo scopo di poter meglio osservare la propria interlocutrice, e accertarsi di quanto veduto, benché apparentemente assurdo.
Ma per quanto assurdo potesse apparire, quella bambina si proponeva qual nulla di più di una bizzarra bambina con un bizzarro modo di vestirsi. Una bizzarra bambina con un bizzarro modo di vestirsi e forza sufficiente a catapultarla via, come se nulla fosse...

« Invero non desideravo fare la gradassa. » osservò quindi la donna guerriero, levando le mani a dimostrare l’assenza di qualunque volontà offensiva a discapito tanto della bimba, quanto della sua scimmietta « Volevo soltanto recuperare il mio borsello, che la tua scimmietta mi ha inavvertitamente sottratto. »
La bimba la osservò per un istante, prima di aprirsi in un amplio sorriso divertito, e avere a riprendere voce verso di lei: « Ehi. Ma tu mi assomigli! » sancì, nel riconoscere una certa somiglianza fra loro, non soltanto in termini di lentiggini e di capelli, malgrado due sfumature differenti di rosso fra loro, ma anche in termini di eccentricità del vestiario, giacché, con buona pace di ogni precedente nota, anche l’abbigliamento della donna guerriero non avrebbe potuto essere propriamente considerato consueto, quanto e piuttosto un’accozzaglia di capi sdruciti e tenuti insieme più dallo sporco che dalla trama del proprio tessuto « Non è che conosci mio papà...? E’ il capitano Efraim Calzelunghe, Sua Maestà sovrano dell’isola Cip-cip! »
« Oh diamine... » esitò l’altra, colta in contropiede a quella domanda « Francamente non credo. O, quantomeno, non rammento. » negò subito dopo, scuotendo appena il capo.
« Beh. Se non lo conosci, allora non dovremmo essere parenti. Ma se un giorno lo conoscerai, magari potremmo anche diventare parenti! » dichiarò la bimba, seguendo una logica tutta sua « Non che io abbia molti parenti, sai? Non mi dispiacerebbe averne uno in più. Magari potresti essere mia nipote! »
« Non sarebbe più sensato se fossi tua zia...?! » ridacchiò la donna, facendo sinceramente fatica a star dietro a quel discorso.
« No... non mi interessa una zia. » escluse tuttavia l’altra, stringendosi fra le spalle « Anche perché potresti essere una zia antipatica che vuole solo che io mi lavi dietro le orecchie. » puntualizzò, in un’arringa ineccepibile, se soltanto avesse avuto una qualche logica « Io invece non ti chiederei mai di farlo. Ragion per la quale è meglio che sia io la zia. Non trovi? »

E fu così che, senza neppur aver capito come, la donna guerriero si ritrovò con la promessa di una zia in più. Una zia di dieci anni appena... ma con forza sufficiente per farla volare letteralmente in aria, catapultata verso il cielo come se nulla fosse!

NOTE DI COPYRIGHT: Pippi Calzelunghe, scritto da Astrid Lindgren, è copyright © di The Astrid Lindgren Company, e rappresenta uno dei libri che più hanno caratterizzato l'infanzia dell'autore di Midda's Chronicles, entusiasmandolo e, inevitabilmente, anche ispirandolo in quest'opera sin dal primo giorno di pubblicazione.
Tutti i diritti su
Pippi Calzelunghe hanno da intendersi di proprietà esclusiva della The Astrid Lindgren Company.
L'utilizzo dei personaggi di Pippi Calzelunghe e del signor Nilsson nel corso di questo episodio speciale non desidera violare in alcun modo la proprietà di chi avente diritto, ma soltanto rendere omaggio a un libro meraviglioso, pietra miliare della storia della letteratura mondiale. Questo episodio speciale non sarà mai utilizzato a scopo di lucro, né la sua pubblicazione è affiliata o dipendente da eventuali editori.
Tutti i diritti su Midda e sull'universo a lei collegato restano ovviamente di proprietà esclusiva del rispettivo autore.



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Ogni cultura aveva i propri luoghi divini per eccellenza. Essi avrebbero potuto essere sulla cima di una montagna, o nel cuore di una foresta, o su una lontana isola sperduta oltre i confini del mare, od ovunque altro. Ad accomunare tutti quei luoghi, comunque, sarebbe allor stata la certezza di quanto tali luoghi non avessero a poter essere facilmente accessibili. O, comunque, non avessero a prevedere in alcun modo una qualche possibilità di ritorno per coloro che in essi avevano ad avventurarsi.
Così era anche per Y’Shalf. E, per Y’Shalf, il luogo divino per eccellenza avrebbe avuto allor a dover essere riconosciuto qual il Baratro di Luce.

Collocato circa al centro del territorio del regno, appena spostato verso oriente allorché occidente, il Baratro di Luce altro non avrebbe avuto a dover essere riconosciuto, più prosaicamente ma non per questo meno incredibilmente, qual una smisurata fenditura atta a spaccare letteralmente in due l’intero regno, con un’ampiezza variabile fra un miglio e un quasi due, e un’estensione di più di venti leghe, separata dal mare, a meridione del Paese, soltanto da un piccolo itsmo di terra, unica reale opportunità di attraversamento a sud, là dove, altrimenti, si avrebbe avuto necessariamente a ricercare la conclusione settentrionale della fenditura, nell’assenza di qualunque possibilità di ponte a congiungere quelle due estremità. Non che, nel corso della Storia, o forse del Mito, non fosse stato cercato un qualche genere di ricongiungimento fra quelle due metà: semplicemente ogni tentativo di edificare un ponte si era visto prematuramente interrotto da un qualche evento catastrofico, che avesse a essere un terremoto o, addirittura, una vera e propria esplosione di fuoco, direttamente dal cuore del mondo. Non a caso, era proprio il Mito a testimoniare quanto il Baratro di Luce altro non fosse che una ferita aperta nel cuore stesso del pianeta, e una ferita conseguente alla violenza imposta dal dio Gau’Rol, signore del fuoco, in contrasto alla propria prima antagonista, Teh’Maeth, la dea dei pascoli, nel tentativo dello stesso di avere ad affermare la propria superiorità sulla seconda.
Uno sfregio, insomma, e uno sfregio divino non poi così lontano da quello che Nissa, parecchi decenni prima, aveva imposto sul volto della propria gemella Midda, all’epoca da lei riconosciuta qual un’antagonista, e uno sfregio che lì era rimasto a imperitura memoria dell’accaduto… un po’ come, parimenti, il Baratro di Luce era rimasto a ricordo di quella brutale aggressione fra dei. Il perché, poi, con una tale storia alle spalle esso avesse a essere nominato qual “di Luce”, anziché “di Fuoco” avrebbe avuto a dover essere presto detto: perché il fuoco, pur lì non mancante, non di poneva visibile, perduto sul fondo di uno spacco apparentemente senza fondo; mentre, di notte, decisamente visibile era la luce che, proprio da quell’imperscrutabile fondo, aveva a sollevarsi verso il cielo, a tratti persino pulsante, quasi, effettivamente, lì avrebbe avuto a dover essere inteso presente il cuore stesso del loro mondo.
Cosa accomunava, allora, il Baratro di Luce e lo specchio di Degimirl?
Secondo quanto ricostruito da Sha’Maech, l’ultimo, tragico atto della vita della regina Id-Shemiril aveva avuto a veder qual teatro proprio il Baratro di Luce, contesto perfetto sia per l’eventuale scontro finale fra la sovrana e il proprio erede, sia per celebrare le esequie di una sì importante sovrana, ove altresì nessun effettivo conflitto fosse realmente occorso fra le parti.
Benché il Baratro di Luce non avesse a essere propriamente un luogo sorvegliato, infatti, la sacralità a esso legata non avrebbe avuto a concedere ad alcuno di riarrangiare quella peculiare conformazione geografica a qualche uso banale o quotidiano, per così come facile avrebbe potuto essere ipotizzato da parte di sguardi estranei qual quelli di Maddie e del suo gruppetto. Non un’altra valle del Gorleheim, quindi, in un’altresì facile analogia a quella spelonca adibita a inceneritore nelle vicinanze di Kriarya, nel quale avere a liberarsi di tutto ciò che non avrebbe avuto a poter trovare un altro semplice luogo di smaltimento, quanto e piuttosto un sito protetto dagli dei, nel quale blasfemo sarebbe stato avere a tradurre in una sorta di discarica o, anche e soltanto, di enorme fossa comune, o, ancor meno, un ibrido fra le due, per così come, appunto, in quel di Kriarya era la valle del Gorleheim. Tuttavia, e paradossalmente, forse involontaria ispirazione per l’origine della stessa valle del Gorleheim, o, quantomeno, per la sua dedicazione al dio Gorl, declinazione kofreyota dell’y’shalfico Gau’Rol. Lontano da usi e abusi da parte del popolo, quindi, il Baratro di Luce era comunque sede di numerosi riti, tanto da parte dei numerosi fedeli del dio Gau’Rol, quanto da parte, altresì, di coloro che professavano il proprio amore in direzione della dea Teh’Maeth; riti nel corso dei quali, a titolo di offerta votiva, erano riversarti all’interno del Baratro, non i rifiuti, quanto e piuttosto i tesori di quel regno. O, all’occorrenza, i propri più importanti sovrani.
Ecco quindi il collegamento con la regina Id-Shemiril, colei che successivamente era stata ricordata come Degimirl in una versione semplificata e banalizzata della propria storia. Ed ecco, ancora, il possibile luogo ove, per tanti secoli, era rimasto custodito il suo specchio, probabilmente tumulato insieme a lei nel fondo di quell’abisso.

« D’accordo… per essere arrivati, siamo arrivati. » sancì Howe, osservando lo spettacolo offerto dal Baratro di Luce, a metà fra l’apprezzamento e il dissenso « E, non so voi, ma io non me lo ero immaginato effettivamente… così grande! » ammise subito dopo, levando la mano a indicare quello squarcio smisurato, e uno squarcio misurato del quale a stento era in grado di poter contemplare l’altra sponda… figurarsi, quindi, l’intera estensione.
« Anche ammesso di giungere sani e salvi fino al fondo di questo abisso, per riuscire a trovare lo specchio di Degimirl qui sotto, probabilmente ci avrebbe a servire un altro specchio di Degimirl. » puntualizzò H’Anel, non potendo fare a meno di condividere lo scoramento espresso da Howe « Altrimenti potremmo trascorrere anni interi a perlustrarlo tutto quanto… »
« E’ una fortuna, allora, che qualcuno qui sia stato attento mentre il vecchio parlava. » replicò tuttavia M’Eu, a contraddire l’opinione dell’amico e della propria sorella maggiore, i quali, forse in conseguenza ai lunghi giorni di viaggio, sembravano essersi estemporaneamente scordati di un dettaglio importante nel merito di quanto loro presentato da Sha’Maech.
« Siamo in due… » confermò divertita Maddie, nel mentre in cui, a confronto con la loro meta finale, ebbe finalmente a potersi togliere di dosso l’impedimento impostole dal burqa « Ma non dimentichiamoci che era molto tardi ed eravamo tutti molto stanchi quando Sha’Maech ha parlato… quindi… »

H’Anel, ancora coperta dal burqa, e Howe ebbero allora a scambiarsi uno sguardo interrogativo, colti sinceramente in contropiede da quel dettaglio che non sembravano proprio in grado di rammentare, con buona pace di ogni personale senso d’orgoglio.
E, nel cogliere lo smarrimento del proprio fratello d’armi e di vita, Be’Wahr non poté che scoppiare a ridere sinceramente divertito, con un certo senso di rivalsa là dove, generalmente, quello additato come distratto, se non direttamente stupido, era proprio lui.

« Che ti ridi tu…? » protestò tuttavia lo shar’tiagho, indispettito dal fatto che il biondo stesse ridendo in quella maniera del loro momento di smarrimento « Dai… dicci tu quello che dobbiamo fare, visto che sei tanto bravo! » lo sfidò, certo del fatto che anch’egli non avrebbe avuto a rammentare nulla a tal riguardo.

Ma, non senza un sincero moto di soddisfazione da parte di Maddie in favore del proprio amato e amante, Be’Wahr non si lasciò cogliere impreparato e, allorché soddisfare la malignità del proprio fratello, egli ebbe lì a rispondere in maniera più che corretta a quella provocazione, offrendo esattamente l’informazione in tal provocazione invocata…

« Dobbiamo attraversare il passaggio meridionale e, dopo di che, dobbiamo risalire verso nord per circa tredici miglia. » scandì quindi Be’Wahr, volgendo il proprio sguardo, a tratti, verso Maddie, quasi a dirle, silenziosamente “Guarda come sono bravo! Non ti devi vergognare di me!”, benché, al di là di facili insicurezze, la donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio non si sarebbe mai vergognata di lui, anche nel caso in cui non fosse stato capace di rispondere, o di rispondere correttamente, così come, tuttavia, stava lì facendo « A quell’altezza dovremmo trovare le rovine abbandonate di un antico templio, che, secondo Sha’Maech, anticamente doveva fungere da accesso per un livello inferiore del Baratro di Luce. Lo stesso accesso che ritiene sia stato utilizzato per la cerimonia funebre di Id-Shemiril, a non profanare in suo corpo gettandolo semplicemente nella fossa come pur è avvenuto in tempi successivi ad altri sovrani! »
« … » esitò Howe ammutolendosi, nel voler trovare qualcosa a cui aggrapparsi per canzonare il proprio fratello e, in ciò, recuperare il loro consueto equilibrio, e, ciò non di meno, non avendo obiettivamente a potersi appellare a nulla, là dove, in quell’occasione, Be’Wahr si era presentato in maniera a dir poco ineccepibile « Accidenti a te e a Sha’Maech! » imprecò alla fine, con aria sconfitta « Certo che anche lui si è messo a spiegare i dettagli dopo averci raccontato della rava e della fava per ore…! »

A quel punto non fu soltanto Be’Wahr a scoppiare a ridere, ma tutto il gruppo, inclusa la stessa H’Anel, ora a sua volta liberatasi del burqa, la quale, pur a sua volta dimentica di quel tutt’altro che trascurabile dettaglio, non poté che reagire con sincero divertimento a tutto ciò, e allo sfogo frustrato di Howe, una volta tanto messo alle strette dal proprio compare allorché l’incontrario.

« Ah ah… bravi tutti. Ridete voi altri! » protestò Howe, tutt’altro che offeso per quell’ilarità collettiva e, ciò non di meno, desideroso di mantenere un certo, sostenuto contegno, a non dimostrare di star accusando quel colpo, e, parimenti, di alimentare comunque quella risata, e una risata collettiva che, comunque, male non avrebbe loro fatto prima dell’inizio della seconda parte del loro viaggio…

… una seconda parte che, loro malgrado, ora avrebbe iniziato a riservare loro pericoli e minacce letali, ponendo in serio dubbio la possibilità di tornare nuovamente a ridere e scherzare tutti insieme come in quel momento.

giovedì 16 giugno 2022

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« Non ti preoccupare per quello... » minimizzò H’Anel, stringendosi appena fra le spalle « E anche possibile che prima della fine di questa avventura avremo a recuperare tranquillamente dieci volte tanto. Non dimenticarti quanto, generalmente, nei luoghi dove sono custodite antiche reliquie stregate, sono anche conservati tesori di varia natura. » sottolineò, a non offrire particolare peso alla questione.

Benché fondamentalmente tutti loro fossero mercenari oltre che avventurieri, la questione economica, già da diverso tempo, sembrava essere scivolata per lo più in secondo piano innanzi al giudizio della maggior parte di loro. Forse come riflesso di un cambio di direzione in tal senso anche da parte della medesima Midda Bontor, loro ispiratrice, quella che un tempo sarebbe stata considerata, obiettivamente, una spiacevole perdita, lì stava venendo ora banalizzata nel proprio valore, nelle proprie ragioni, quasi nulla avesse a trattarsi di una sciocchezza priva d’ogni valore.
Al di là di tale cambio di passo, tuttavia, quanto lì suggerito dalla figlia di Ebano non avrebbe avuto necessariamente a doversi fraintendere qual una sciocchezza. Non laddove, in fondo, la ricerca di tesori perduti avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual una delle soluzioni suggerite dalla stessa Midda Bontor, signora di Kriarya, per riuscire a risollevare il bilancio economico della città del peccato, senza in questo avere a esigere tassazioni di sorta o altre soluzioni assimilabili che, francamente, ella avrebbe detestato e che, in verità e comunque, non avrebbero poi avuto a concederle particolare occasione di respiro, là dove ben minimo sarebbe stato il contributo dei suoi concittadini, ove la questione fosse stata loro imposta non diversamente da quanto, in passato, non si era risparmiata occasione di compiere la famiglia reale di Kofreya. Dopotutto chi meglio di lei, predatrice di tombe per eccellenza, avrebbe potuto offrire rassicurazioni nel merito dei tesori ancor perduti nel loro mondo, vestigia perdute dell’era del mito, e di quell’era di grandi re, semidei ed eroi, nonché di incommensurabili ricchezze?!
Certo: le indicazioni loro fornite da Sha’Maech nel merito della possibile, attuale ubicazione dello specchio di Degimirl, non avevano necessariamente a sottintendere la promessa di un qualche tesoro di sorta, ragione per la quale, comunque, alla base delle parole di H’Anel avrebbe potuto anche e soltanto essere intesa la volontà di tranquillizzare la propria interlocutrice, concedendole di che avere a combattere quel crescente senso di colpa. Ma, in linea di principio, quelle medesime indicazioni non avrebbero neppure avuto a escludere la possibilità di un tesoro, ragione per la quale, in fondo, un po’ di speranza avrebbe potuto essere quietamente coltivata in tal senso, fosse anche e soltanto a non rendere completamente vano quel loro viaggio ove, alla fine, dello specchio non fosse stata trovata traccia alcuna.

« Davvero sei fiduciosa che sul fondo di un baratro idealmente senza fondo possa essere celato un grande tesoro...? E, soprattutto, possa esservi per noi l’occasione di recuperarlo e di riportarlo fino a Kriarya...?! » sorrise ora apparentemente divertita la donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio, aggrottando appena la fronte « Cioè... ti ricordi verso dove ci stiamo dirigendo...?! »
« Disse la donna che viaggiava attraverso le dimensioni, con una sorella gemella in grado muoversi fra le realtà e il tempo del sogno come se fosse la cosa più semplice del mondo! » la provocò allora l’amica, ridacchiando appena verso di lei « Cioè... capisci l’assurdità della tua domanda...?! » soggiunse, scimmiottando il tono del suo ultimo interrogativo.
« Ti ricordi che bello era quando ancora mi portavi rispetto perché ti ricordavo Midda...? » replicò quindi la prima, inarcando un sopracciglio al di sotto del burqa, in un gesto che purtroppo non sarebbe risultato visibile attraverso la scura stoffa da lei indossata « Oh sì... era proprio bello! »
« Quando ancora non capivi la nostra lingua intendi...? » sorrise sorniona l’altra, con un’altra espressione che avrebbe finito per essere del tutto smarrita a causa del loro attuale travestimento.
« Oh... prova tu a continuare a rimbalzare da una dimensione all’altra senza neppure un accidenti di traduttore automatico a disposizione! » protestò Maddie, in riferimento alla tecnologia che era stata loro d’aiuto quando si erano spinti nello spazio profondo, a dare sostegno a Midda Bontor nella propria battaglia finale contro Anmel Mal Toise « E considera che io non sono mai stata particolarmente brava nell’apprendere le lingue, a differenza di mia sorella. Cara grazia, quindi, che sia riuscita a impararla... e a impararla basandomi soltanto sull’ascolto e l’intuizione. »

Quel confronto apparentemente polemico e litigioso fra le due, in verità, non avrebbe avuto a dover essere inteso qual tale. E, soprattutto, non avrebbe avuto a sottintendere alcuna avversione fra loro. Al contrario: tutto nasceva dalla volontà di H’Anel di scuotere Maddie trascinandola verso altri argomenti, in maniera tale che ella avesse a distrarsi dai propri pensieri, e da quei pensieri che, dopotutto, non avrebbero giovato a nulla, con buona pace di qualunque possibile senso di colpa.
E così, provocazione dopo provocazione, Maddie ebbe effettivamente a obliare i propri pensieri iniziali, ritrovando una certa, estemporaneamente perduta, leggerezza d’animo, ingrediente comunque fondamentale a permettere loro di affrontare una situazione altrimenti troppo negativa e potenzialmente letale da sopportare, soprattutto ove già dominati da pensieri negativi.
Perché, per così come giustamente ricordato dalla stessa donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio, la loro meta finale, la destinazione di quel lungo, e a tratti noioso, viaggio, altro non avrebbe avuto a doversi intendere se non il cuore stesso del mondo secondo le credenze y’shalfiche...
... un luogo addentrarsi nel quale non sarebbe stato per nulla facile, ma uscire dal quale, peggio ancora, sarebbe stato impossibile.

martedì 14 giugno 2022

3998

 

Ovviamente nessuno ebbe a colpevolizzare Maddie per l’accaduto: tutti loro erano una squadra, una squadra affiatata, una squadra che aveva affrontato insieme già molte più sfide di quanto la maggior parte delle persone non avrebbero mai potuto immaginare di sostenere in tutta la propria intera esistenza, e, in questo, erano ben consapevoli di quanto raramente i propositi riservatisi avrebbero potuto raggiungere una felice conclusione. Anzi.
Non che l’idea del fallimento avesse a dover essere, per alcuno fra loro, una ragione di freno: pur consapevoli, infatti, di quanto il successo non avesse necessariamente a doversi fraintendere come retorico; parimenti essi erano ben consapevoli anche di quanto il fallimento avesse a essere parte integrante, necessaria e, persino, irrinunciabile del proprio percorso di crescita, e di un percorso di crescita che avrebbe potuto essere realmente tale solto avendo a scontrarsi con i propri limiti e a trovare nuovi, e prima impensati, modi per superarli. Insomma: se un qualche genere di “segreto” avesse avuto a doversi intendere dietro il loro successo, tale segreto avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual, per l’appunto, la quieta accettazione del fallimento, e del fallimento non come mancato successo, ma soltanto un’acquisita consapevolezza di un percorso sbagliato verso il successo.
E, del resto, anche la stessa Midda Namile Bontor, la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya e di Lysiath, la cui lista di successi straordinari avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual leggendaria, non avrebbe avuto a dover essere giudicata priva di errori e fallimenti, in una lista che, sicuramente, avrebbe avuto a superare quella dei suoi successi, avendo ogni successo a coincidere, quantomeno, con un fallimento, se non più. Midda, infatti, non era solita trionfare in grazia a qualche divina superiorità, quanto e piuttosto alla propria ostinazione, e a quell’ostinazione tale da non permetterle di arrendersi neppure a confronto con dolorosi fallimenti, continuando a insistere, continuando a riprovare, fino a quando, alla fine, non avrebbe avuto effettivamente a scrivere la Storia e il Mito con le proprie vittorie.
Nessuno, quindi, ebbe a colpevolizzare Maddie. Né, tantomeno, nessuno ebbe neppure per sbaglio a ipotizzare di colpevolizzare Maddie. Ciò non di meno, e con buona pace per quella inalterata e assoluta solidarietà, Maddie avrebbe avuto già a riconoscersi sufficientemente brava a colpevolizzarsi da sola, in fondo, e malgrado tutto, rimasta sempre e comunque la stessa timida e insicura ragazza di un tempo, e di quel tempo antecedente all’incontro con la prima Midda Bontor, la sua originale maestra d’armi e di vita e colei della quale, dopotutto, avere ereditato la missione.
Maddie si conosceva. Si conosceva bene. Non a caso era stata a lungo anche in terapia proprio allo scopo di riuscire a meglio conoscersi. E in tale terapia, ella aveva avuto a comprendere perfettamente quanto, alla base di tutti i propri problemi, altro non avesse a doversi intendere se non l’incidente. L’incidente da cui tutto aveva avuto inizio. L’incidente che, se soltanto ella fosse stata un supereroe, sarebbe stato parte integrante della propria storia delle origini, al pari dell’omicidio dei genitori di Bruce Wayne o della morte dello zio Ben: l’incidente in cui sua madre aveva perduto la vita, e sua sorella aveva perduto irrimediabilmente l’uso delle gambe. E benché ella non avesse dirette o indirette responsabilità in quell’incidente, e sebbene l’”irrimediabilmente” di Nóirín avesse avuto occasione di essere riscritto in grazia al tempo del sogno, vedendola riacquisire completamente la propria perduta mobilità e, anzi e persino, diventare una figura forte ed emancipata molto più di quanto ella stessa non avesse a potersi riconoscere; in Madailéin era spiacevolmente subentrato il senso di colpa proprio del sopravvissuto, e di chi, a confronto con la morte della madre e con l’inabilità della propria gemella, si era ritrovata a non poter in alcun modo spiegare come o perché ella stessa avesse avuto a sopravvivere senza neppure riportare un graffio. Un senso di colpa che, quindi, aveva dominato nella sua vita sin dall’età di dieci anni, e l’aveva contraddistinta nella propria adolescenza e nella propria giovinezza, soffocando la “Midda” che avrebbe potuto essere in lei e alimentando, piuttosto, quella figura modesta e insicura sotto ogni aspetto, benché, obiettivamente, ella non avrebbe dovuto avere di che sminuirsi sotto alcun aspetto.
Così, per quanto Howe e Be’Wahr, nonché H’Anel e M’Eu, non avessero certamente a essere come i suoi compagni di scuola, o come i suoi colleghi di lavoro, malevoli antagonisti della sua passata esistenza, coloro con i quali ella non era mai riuscita a farsi valere e che, anzi, subodorando la sua insicurezza, la sua paura, si erano sempre approfittati di lei con quella sicumera propria dei peggiori vigliacchi; l’animo di Maddie, troppo abituato a chiudersi a riccio innanzi a talune situazioni, non poté che suggerirle tale reazione anche innanzi al fallimentare sviluppo della propria estemporanea idea in favore della ricerca di una spada per Midda Bontor, un gesto ispirato dalle migliori volontà e, tuttavia, concretizzatosi in un disastroso fallimento nonché, potenzialmente, fallimentare disastro.
E non che Maddie non fosse allor perfettamente consapevole di quanto tutto ciò fosse assurdo, se non addirittura sbagliato: tutto ciò era comunque e spiacevolmente più forte di lei, così profondamente legato al suo subconscio e al suo inconscio da necessitare di tutta la sua forza di volontà per non averla a veder regredire alla se stessa di un tempo... e a una se stessa che, tutto sommato, odiava.

« Smettila di rimuginarci sopra... » sospirò H’Anel, cogliendo nel silenzio di lei l’evidenza concreta di quel disagio psicologico, con buona pace della presenza dei burqa a soffocare la loro esteriorità e, in ciò, l’evidenza visiva delle sue emozioni « Non è successo nulla di male. E, dopotutto, l’idea era anche buona. »
« Era così buona che non ci hai creduto neppure per un istante... » ricordò Maddie, non desiderando facile compassione da parte dell’amica, nel ben ricordare quanto ella fosse stata sin da subito critica a tal riguardo... e, probabilmente, a ragion veduta, nel confronto con il risultato ottenuto « Avremmo dovuto ascoltare te... anziché seguire le mie stupide iniziative. »
« Ehi... basta. » la redarguì l’altra, con un sorriso dolce, purtroppo e per l’appunto negato dalla presenza del burqa a coprire tutto il suo corpo « Se avessimo effettivamente trovato una spada, cosa avresti detto, scusa...? Che era la mia ritrosia a essere stupida...?! » le domandò, scuotendo il capo « Non si tratta di stupidità o di non stupidità: si tratta di avere fortuna o meno... e a questo giro, purtroppo, sei stata sfortunata. Anche se poi, comunque, tutto si è concluso nel migliore dei modi... »
« ... e con un quinto d’oncia d’oro sprecato inutilmente. » bofonchiò la rossa, per nulla convinta da quelle parole e da quella peculiare visione degli accadimenti occorsi.

lunedì 13 giugno 2022

3997

 

La prontezza psicologica del figlio di Ebano ebbe a doversi riconoscere qual indubbiamente encomiabile. Avendo colto, come tutti i suoi compagni d’arme, quanto il loro comportamento non fosse stato riconosciuto qual consono rispetto ai canoni locali, e a quei canoni indubbiamente diversi rispetto a quanto per loro consueto e naturale in quel di Kriarya, città del peccato; egli era stato infatti in grado di riallineare rapidamente il proprio modo di pensare, adeguandolo alla situazione e comprendendo in quale maniera avesse a doversi intendere più corretto affrontare quella situazione, e quella situazione che, per quanto potenzialmente a loro discapito, in conseguenza delle azioni da loro poste in essere, non avrebbe avuto a doversi neppur necessariamente considerare a loro completo contrasto, nella consapevolezza di quanto, allora, avessero comunque subito un tentativo di raggiro da parte di quel mercante. E per quanto una legge avrebbe potuto anche non essere giusta, difficilmente avrebbe potuto essere così ingiusta da avere a tutelare in tutto e per tutto quel genere di malevolenza truffaldina.
Così, posto innanzi alla minaccia del confronto con un giudice, anche Yuh’Saf Al-Rehmi’ij si ritrovò costretto a rivedere la fermezza granitica della propria posizione, scoprendosi tutt’altro che entusiasta della prospettiva così loro promessagli. E una prospettiva a confronto con la quale, probabilmente, seppur non sconfitto, parimenti non avrebbe avuto a uscirne da vincitore... anzi.

« D’accordo... d’accordo. » replicò quindi il mercante, levando le mani a dimostrare una certa resa innanzi alla supposta prepotenza di quelle argomentazioni « Forse ci siamo lasciati un po’ tutti sopraffare dall’emotività, e abbiamo finito per considerare la questione molto più grave di quanto non abbia a essere. » tentò quindi di minimizzare, con tono ora decisamente meno aggressivo rispetto a quello dimostrato un istante prima « Sono certo che potremmo trovare un compromesso senza necessità di avere a coinvolgere un giudice... »

E se, per un lungo istante, M’Eu rimase volutamente e intelligentemente in silenzio, lasciando cuocere a fuoco lento il proprio interlocutore nel suo stesso brodo, a dimostrare quanto, da parte propria, non avesse a dover essere frainteso alcun particolare desiderio di arrangiare rapidamente la situazione, per così come, pur, avrebbe altresì a dover essere considerato; quando alla fine si concesse opportunità di riprendere voce, egli ebbe allora a concedersi un quieto sorriso sul viso, utile a tranquillizzare il proprio interlocutore e a porre, così, la parola fine sulla questione in atto...

« Mi fa piacere essere riusciti a chiarire questo spiacevole... malinteso. » dichiarò, mantenendo saldamente il controllo della situazione e sancendo, in tal maniera, i termini della questione « Purtroppo c’è stato un certo... fraintendimento fra noi ed, evidentemente, la nostra peculiare ricerca per un certo genere di articolo ha alimentato erroneamente la convinzione, da parte tua, che stessimo altresì richiedendo qualcosa di indubbio pregio, ma non corrispondente alle nostre aspettative. E questo, purtroppo, è stato erroneamente inteso, da parte nostra, come un tentativo di raggiro nei nostri confronti... con tutto quello che ne è seguito. »
« ... esattamente! » confermò il mercante, traendo un sospiro di sollievo a confronto con quella ritrovata serenità, e quell’assolutamente infondata interpretazione degli eventi, utile compromesso fra le parti in termini tali da non avere a scontentare alcuno di loro « E’ andata proprio così! »
« A questo punto, credo che possiamo convenire quanto un risarcimento per il danno da te subito sia d’uopo. » riconobbe il figlio di Ebano, non negandogli del tutto quella possibilità di soddisfazione « Così come credo che possiamo convenire, parimenti, quanto questo risarcimento possa essere definito nella misura di un quinto d’oncia d’oro... somma più che adeguata a compensare la tua perdita. »

A confronto con un’offerta ancor inferiore rispetto a quella pocanzi suggeritagli, il mercante ebbe a dimostrare un momento di chiara esitazione, e un’esitazione a confronto con la quale, per un istante, sembrò sul punto di voler riaprire la polemica nei loro confronti, e di invocare nuovamente l’intervento della giustizia.
Tuttavia, al di là di quanto istintivamente non avrebbe potuto mancare di provare desiderio di compiere, l’obbligata razionalità del momento ebbe a pretendere, da lui, un certo autocontrollo, e un autocontrollo utile a concordare su quanto, comunque, quella somma avesse a doversi riconoscere sicuramente superiore all’effettivo valore della falsa spada da lui così loro offerta, in termini a confronto con i quali, quantomeno, non avrebbe avuto del tutto a perderci, sebbene, parimenti, non avrebbe neppure avuto di che guadagnarci.
E se pur quel pareggio non avrebbe potuto entusiasmarlo, la prospettiva di una ben diversa, e meno equilibrata, risoluzione ebbe a sospingerlo a mettere a tacere i propri malumori, offrendo un sorriso tirato in risposta a quelle parole, nel mentre in cui il suo capo si ritrovò intento ad annuire.

« Conveniamo. » approvò pertanto, con un nuovo sospiro, e un sospiro or non carico di sollievo quanto e piuttosto di insoddisfazione, a confronto con una situazione, proprio malgrado, purtroppo obbligata.

Con buona pace, quindi, dell’allarme precedente, e della richiesta di intervento da parte delle guardie, il contenzioso ebbe lì a risolversi in maniera tutto sommato pacifica, ritrovando il gruppo di avventurieri proprio malgrado un po’ più povero rispetto a quanto non sarebbe stato se non avesse avuto l’idea di impegnarsi in quella ricerca e, ciò non di meno, ancora e del tutto protetti nelle proprie fittizie identità, per così come difficilmente avrebbe potuto avvenire se soltanto si fossero allor lasciati coinvolgere in una nuova battaglia, e una battaglia contro un’intera città.

domenica 12 giugno 2022

3996

 

« Ehi, voi...! » apostrofò allora una voce al loro indirizzo « Che state facendo...?! »
« Stanno aggredendo Yuh’Saf Al-Rehmi’ij! » decretò qualcun altro, a titolo di allarme generico.
« Lasciatelo in pace! » comandò una terza voce, ancora rivolgendosi direttamente verso di loro.

E ove, a quelle prime tre, molte altre ebbero ad aggiungersi, vedendoli letteralmente circondati, assediati non soltanto psicologicamente ma, anche e più propriamente, fisicamente, Maddie e i suoi compagni d’arme non poterono ritrovarsi decisamente disorientati, non avendo certamente ad attendersi di poter attrarre in tal maniera l’attenzione, e, soprattutto, un’attenzione tanto negativa a loro stesso discapito.

“Per Thyres...” imprecò in cuor suo Maddie, voltandosi per controllare la situazione, alla ricerca di una qualche possibilità di quieto disimpegno, salvo ravvisarsi purtroppo circondati da ogni punto di vista “... temo di aver avuto una splendida idea del cavolo!” si criticò, storcendo le labbra verso il basso al di sotto del burqa, nel riconoscersi, proprio malgrado, responsabile di quanto lì stava accadendo, avendo ella proposto, in primo luogo, quella del tutto superflua, e purtroppo inutile, deviazione.

E se, ancora, Maddie, e H’Anel insieme a lei, si stavano lì obbligando al silenzio, a non svelare, ancora e troppo precipitosamente tutte le proprie carte, ben diversa questione avrebbe avuto a doversi considerare per M’Eu, Howe e Be’Wahr, i quali non avrebbero potuto giudicarsi in alcuna maniera costretti a tacere innanzi a tutte quelle critiche a loro discapito.

« Quest’uomo ha cercato di ingannarci! » protestò quindi Be’Wahr, indicando il mercante ancora attonito a confronto con la distruzione della propria mercanzia.
« Già... » confermò Howe, una volta tanto avendo a concordare pubblicamente con il proprio amico fraterno « Stavamo cercando una spada e ha tentato di rifilarci a caro prezzo del ciarpame privo d’ogni valore! »
« Che voi, però, avete distrutto! » reagì Yuh’Saf, trovando coraggio nel sostegno della folla a lui circostante, e nella folla completamente schierata a suo favore « E ora dovrete pagarmela! »
« Ma non scherzare nemmeno... » strabuzzò gli occhi lo shar’tiagho, storcendo le labbra con aria di disgusto a quella richiesta « Pagare... cosa?! »

Ma, benché ogni raziocinio sembrava dare ragione alla posizione di Howe, tale raziocinio non sembrava essere allor condiviso con il resto del pubblico lì presente, per il quale, al contrario, assurdo avrebbe avuto a doversi proprio intendere l’operato lì posto in essere dai due mercenari e, soprattutto, la loro ferma reticenza all’idea di compensare adeguatamente il mercante, per il danno da questi così subito.

« Guardie! » iniziò a invocare qualcuno, domandando che, per sistemare la questione, avesse allor a intervenire l’ordine costituito « Guardie! »
« Mi avete arrecato un danno... e ora dovete ripagarmi! » insistette il mercante, fermo nella propria richiesta verso Howe, Be’Wahr e, soprattutto, il loro supposto padrone, M’Eu « Questa è la legge! »

L’ultima cosa che tutti loro, in quel momento, avrebbero potuto avere a desiderare, sarebbe stato attrarre così tanta attenzione a proprio riguardo. Purtroppo, ormai, l’idea di riuscire a mantenere un basso profilo stava decisamente sfumando, vedendo, piuttosto, il corrispettivo di un grosso cartello luminoso e lampeggiante essere posto sopra le loro teste, come manco sarebbe potuto accadere se fossero entrati nel tempio della città e avessero defecato dinnanzi alla statua di un qualche dio. E qualunque cosa potessero lì decidere di compiere, avrebbero allor dovuto deciderla in fretta, là dove, proprio malgrado, il tempo a loro disposizione si stava rapidamente esaurendo, stando alle voci di sottofondo che stavano preannunciando l’imminente sopraggiungere delle guardie.
Peccato che, anche volendo dimostrarsi concilianti con le assurde richieste del mercante, essi non avrebbero potuto in alcun modo compensarlo per la somma da lui richiesta, là dove, obiettivamente, essi non possedevano una simile quantità di oro. Ragione per la quale, ove quella spada si fosse anche dimostrata corrispondente alle loro aspettative, difficilmente avrebbero potuto pensare di potarsela a casa senza una lunga... lunghissima trattativa. Una trattativa che, generalmente, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual qualcosa di sbagliato e che, probabilmente, avrebbe potuto anche loro permettere di trovare il giusto compromesso con il mercante. Ma una trattativa che, tuttavia, in quel frangente avrebbe dovuto riconoscersi spiacevolmente esclusa a priori, là dove, ormai, la questione non avrebbe avuto a doversi considerare nei termini di un acquisto, quanto e piuttosto di un risarcimento... con buona pace del fatto che la proprietà da risarcire non avrebbe mai potuto valere la cifra da lui richiesta.

« Sono disposto a compensare il tuo disturbo con un quarto d’oncia d’oro. » tentò comunque di pattuire M’Eu, desiderando avere a chiudere lì la questione e, in tal senso, offrendo decisamente più di quanto mai quell’arma avrebbe potuto avere a valere.
« Quell’arma mi avrebbe potuto fruttare quaranta volte tanto! » protestò il mercante, rifiutando ogni possibilità di compromesso e puntando al prezzo originale, e a quel prezzo del tutto privo di ogni fondamento « Non puoi insultarmi in questa maniera e pretendere che a me vada bene così! »
« In verità sei tu a insultare il mio intelletto, se davvero pensi che avrei mai potuto pagarti dieci once d’oro qualcosa del genere. » sottolineò M’Eu, cercando di far buon viso a cattivo giuoco e, in tal senso, di rigirare la questione a discapito del proprio stesso interlocutore « Ammetti che hai cercato di truffarci, spacciandoci per acciaio azzurro qualcosa che ben sapevi non esserlo! Non a caso ci hai invitato anche a fare attenzione a non rovinare un oggetto tanto delicato! »
« La legge è dalla mia parte! » insistette Yuh’Saf, con tono ancora una volta declinato verso un insopportabile piagnucolio.
« Non sapevo che la legge del nostro amato sultano avesse a proteggere i truffatori! » si ostinò l’altro, storcendo le labbra verso il basso, in una smorfia di disappunto per l’assurdo ardire del proprio interlocutore « Vorrà dire che affronteremo il discorso dinnanzi a un giudice... e vedremo a chi darà ragione! » minacciò, non avendo certamente a desiderare di ritrovarsi a confronto con un giudice e, ciò non di meno, cercando di giocarsi il tutto per tutto con quella minaccia, e con quella minaccia che, sperava, avrebbe avuto a smuovere la coscienza dell’uomo e a spingerlo a ragionare.

sabato 11 giugno 2022

3995

 

« Guarda un po’, fratello... » apostrofò Howe in direzione di Be’Wahr, mostrando la spada tenuta appoggiata sulle mani, in una posizione non dissimile da quella adottata dal mercante, e il quale, in effetti, stava allor scimmiottando « E’ molto bella, non è vero...?! » domandò, con tono falsamente entusiasta, in termini che chiunque lo avesse conosciuto avrebbe immediatamente compreso aver a doversi intendere come una forzatura « Mica come quei coltellacci che ti ostini a portarti dietro... »
« Eh sì. » annuì Be’Wahr, in risposta a Howe, estraendo poi uno dei coltellacci in questione e ponendolo in orizzontale accanto alla spada, quasi a volerli mettere a confronto « Nulla a che vedere, in effetti. » concordò, stringendosi appena fra le spalle a minimizzare la propria triste sconfitta « E poi, capiamoci, stiamo parlando di acciaio azzurro... nulla di comparabile con il ferraccio dei miei. » dichiarò, scuotendo appena il capo.
« Oh... già! » confermò nuovamente lo shar’tiagho, ora impugnando la spada con entrambe le mani, una all’impugnatura, l’altra all’altezza della parte forte della lama, in corrispondenza al dragone lì inciso « Lo sai che se tu tentassi di colpire questa lama con la tua, il tuo coltello sarebbe da buttare via...?! » lo provocò, ancora elogiando le caratteristiche incomparabili di quell’arma o, per lo meno, le caratteristiche che avrebbero avuto a essere incomparabili se soltanto quell’arma fosse stata quanto desiderava allor apparire.
« Nah... non ci credo! » escluse tuttavia il biondo, storcendo ora le labbra in una smorfia poco convinta « Mi stai prendendo per i fondelli... »
« No no! Dico sul serio! » insistette l’altro, annuendo con convinzione e aprendo le gambe per assumere una posa più stabile, nel continuare a mantenere la spada in orizzontale innanzi a sé « Provare per credere! »

Fu allora che il mercante iniziò a intuire ove i due desiderassero andare a parare. E, ovviamente, non ebbe a esserne in alcun modo soddisfatto, sgranando al contrario gli occhi con espressione palesemente preoccupata per la prospettiva così suggerita.
Prima ancora, però, che egli potesse anche e solo pensare di intervenire a bloccare i due, Be’Wahr aveva già levato in alto il proprio coltellaccio, preparandosi a menare il colpo...

« D’accordo! » rispose verso il proprio fratello d’arme e di vita, con un sorriso divertito « Sono disposto a rischiare! » confermò con entusiasmo.

E se Maddie dovette trattenere le risate al di sotto del burqa, il mercante non riuscì a trattenere allora la propria disapprovazione, gridando un forte « No! » e cercando, allora, di frapporsi fra i due, per evitare quanto essi avevano in mente.
M’Eu, tuttavia, fu allor più lesto del proprio corpulento interlocutore, schierandosi fra lui e i due compagni con un sorriso tranquillo e quasi innocente, esattamente nel momento in cui il coltellaccio aveva a piombare sulla lama della spada, lasciando risuonare nella confusione del mercato il clangore di quell’impatto, e di quell’impatto nel quale Be’Wahr non doveva essersi minimamente risparmiato, imponendo tutta la forza che i propri ben definiti e gonfi muscoli avrebbero potuto concedergli.

« Visto?! » commentò Howe, senza neppure osservare la spada, a dimostrare cieca fiducia nella forza di quella lama « Nessun danno...! »
« Ehm... in verità lì c’è un danno, però. » replicò Be’Wahr, aggrottando appena la fronte e andando a indicare, con la punta del proprio coltellaccio, la lama della spada bastarda, lì dove colpita.

E il danno, in effetti, c’era. E avrebbe avuto a dover essere riconosciuto in termini a dir poco imbarazzanti, nel confronto con l’evidenza di un metallo in buona parte addirittura deformato, prima ancora di essere scheggiato, in misura tale da non poter neppure essere considerato non tanto degno della propria supposta fama, quanto e piuttosto di qualunque impiego in termini pratici.
A tutti gli effetti, e con buona pace delle pretese del mercante, quella spada era nulla di più di un accessorio, per così come sospettato sin dall’inizio da parte di Maddie. E un accessorio che, posto alla prova, aveva dimostrato tutta la propria inefficacia.

« ... ma che cosa avete fatto?! » piagnucolò il mercante, osservando la spada praticamente distrutta.
« Cosa abbiamo fatto...? » esitò Howe, volgendosi verso l’uomo senza comprendere « Cosa hai fatto tu, che ci hai tentato di vendere a un prezzo esorbitante una spada inadatta persino a essere intesa qual un giocattolo! » protestò, gettando l’arma ai piedi dell’uomo con aria quasi disgustata « Altro che la spada di Midda Bontor...! »

Abituati alla vita in quel di Kriarya, città del peccato, Howe, Be’Wahr e tutti gli altri avevano forse dimenticato come comportarsi in un contesto più “civilizzato”, ove tale termine avrebbe avuto a doversi considerare in maniera del tutto negativa.
In quel di Kriarya, ove un mercante avesse cercato di ingannare i propri clienti in modo tanto spudorato, questi avrebbe avuto a rischiare la propria stessa vita, là dove, senza alcuna esitazione, quell’arma, per quanto inutilizzabile, gli starebbe stata infilata in pancia fino alla guardia. Tuttavia lì non erano in quel di Kriarya. E per quanto la spada non ebbe a essergli conficcata in pancia, la loro azione, e la loro reazione, non avrebbe avuto potuto comunque essere riconosciuta qual accettabile dalle leggi locali.
Anche a confronto con un palese tentativo di truffa, infatti, i tre non avrebbero mai dovuto permettersi quella pantomima così posta in essere al solo scopo di vendicarsi sull’uomo, dimostrandogli quanto non avesse a doversi fraintendere intento a interloquire con un gruppo di sprovveduti. Nell’aver altresì agito in quella maniera, e nell’aver distrutto quella merce, per quanto truffaldina, essi erano passati necessariamente dalla parte del torto. E di un torto che, allora, ebbe immediatamente ad attrarre a loro discapito l’attenzione di tutti i presenti...
... ma proprio tutti!

mercoledì 8 giugno 2022

3994

 

A dispetto della vita da lei abbracciata, e della vita degna della protagonista di un romanzo fantastico, Maddie non avrebbe avuto a potersi dichiarare una grande seguace del genere, né una frequentatrice di eventi a tema, come fiere o quant’altro.
In effetti, fra lei e Rín, la vera fanatica in tal senso avrebbe avuto a dover essere riconosciuta proprio quest’ultima, in termini tali da essere arrivata, in passato, addirittura a indossare diversi costumi, per interpretare personaggi tratti da fumetti, libri e serie televisive. In effetti, uno dei personaggi da lei più sovente interpretati, avrebbe avuto a riconoscersi quello di Barbara Gordon ai tempi di Oracolo, sfruttando, non senza una certa autoironia, la propria condizione di disabilità fisica per meglio rendere il personaggio, anch’esso, come ella all’epoca, bloccato su una sedia a rotelle. E per quanto non avrebbe potuto ovviare a imbarazzarsi nel rammentarlo, la stessa Maddie, in una di simili occasioni, si era ritrovata a essere a propria volta trascinata, seppur contro la propria volontà, in tale vortice di follia, ritrovandosi vestita da Dinah Lance, con tanto di parruccone biondo a coprire il proprio rosso naturale: non che il costume del personaggio in questione avesse effettivamente qualcosa di particolarmente imbarazzante, essendo ella riuscita a contrattare di ovviare all’ipotesi “calze a rete” che non avrebbe mai accettato di indossare nel bel mezzo di una fiera dedicata ai fumetti e ai videogiochi... ma, comunque, e all’epoca, ella avrebbe avuto a poter vantare una soglia di pudore decisamente superiore a quella attuale. Non che, ora, Maddie avesse a poter entrare in competizione con la propria versione autoctona locale, ben nota per essere sovente andata a combattere vere e proprie battaglie senza neppure l’ombra di un brandello di stoffa a coprirne anche e soltanto le parti intime: ciò non di meno, complice i numerosi viaggi sulle ali della fenice al termine di ognuno dei quali, proprio malgrado, si ritrovava a essere privata di tutti i propri abiti, anch’ella aveva dovuto riuscire a maturare un po’ di sano disinteresse per lo sguardo altrui su di sé, e, di conseguenza, per il proprio abbigliamento o per il proprio aspetto fisico.
Per quanto, quindi, ella non fosse esattamente l’esperta della famiglia, quel po’ di conoscenza che aveva acquisito anche e soltanto in maniera indiretta attraverso la propria gemella, non avrebbe potuto negarle l’occasione di maturare un certo livello di sospetto a confronto con l’idea di una spada emula di quella un tempo appartenuta alla Figlia di Marr’Mahew e, soprattutto, un certo livello di sospetto nel merito dell’effettiva qualità, della genuinità di tale prodotto. Anche ignorando il fatto che, allora, il mercante stesse cercando di spacciare quella spada come l’originale, quando chiaramente, o chiaramente almeno per loro, originale non avrebbe potuto essere, in termini tali da sollevare evidenti dubbi sulla sua onestà intellettuale; facile sarebbe stato comprendere quanto quella copia avrebbe avuto a potersi intendere già di potenziale interesse, per un acquirente, anche e soltanto in conseguenza al fatto di essere spacciata in quanto spada dell’Ucciditrice di Dei, allo stesso modo in cui, nel proprio mondo natale, in quel genere di fiere per appassionati, in molti non avrebbero esitato a spendere qualche centinaio di euro dietro a delle riproduzioni più o meno accurate di spade apparse in film, videogiochi o quant’altro. Ma così come quelle riproduzioni, per quanto all’occorrenza esteticamente perfette, altro non avrebbero avuto a doversi intendere se non un oggetto per collezionisti, o, tuttalpiù, una decorazione utile a completare un qualche costume a tema; probabilmente in egual misura avrebbe avuto a doversi intendere la spada allora loro proposta, e una spada il cui valore difficilmente avrebbe potuto ritrovarsi nella qualità della sua forgiatura.
Improbabile, quindi, avrebbe avuto a doversi considerare che quell’acciaio fosse effettivamente azzurro in quanto frutto delle segrete tecniche dei fabbri figli del mare, e non, piuttosto, dell’aggiunta di qualche minerale al solo scopo di ottenere quell’effetto, senza, tuttavia, badare alla sostanza delle cose.
E se pur ella, proprio malgrado, non avrebbe potuto allor prendere voce in capitolo per esprimere i propri dubbi a tal riguardo, fortunatamente tanto M’Eu, quanto Howe e Be’Wahr, non avrebbero avuto a doversi fraintendere sì ingenui da permettere a quell’imbonitore di avere la meglio su di loro, convincendoli a un acquisto tanto sprovveduto...

« Posso darle un’occhiata...?! » intervenne allora Howe, prendendo voce non verso il mercante, quanto e piuttosto verso M’Eu, fedele a sua volta al proprio ruolo di mercenario al servizio dello stesso e, in questo, rispettoso innanzitutto della sua volontà.
« Ma certo. » annuì M’Eu, avendo ben compreso ove volesse andare a parare l’amico e trattenendo a stento, in tal senso, una risatina divertita « Sempre che il nostro buon mercante non abbia a sollevare obiezioni a tal riguardo. »
« Prego, miei signori... » sorrise il mercante, offrendo con ambo le mani la spada all’attenzione dei propri clienti, certo di aver avuto a conquistare la loro attenzione « ... ma fate attenzione. E’ un pezzo pregiato! »

Fu allora che, per la prima volta dall’inizio di quel giro al mercato, Maddie ebbe a essere sinceramente contenta di essere celata al di sotto della pesante stoffa di un burqa, protetta in ciò da sguardi indiscreti, e da sguardi che avrebbero allor potuto ben cogliere il sorriso divertito della stessa a confronto con quelle ultime parole, e con quelle ultime parole terribilmente trasparenti dell’assoluta inconsistenza di quell’ipotetico affare. Perché se quella spada fosse stata effettivamente forgiata secondo la tecnica ipoteticamente utilizzata per plasmarla, il mercante non avrebbe avuto a dover invitare nessuno a fare attenzione nel maneggiarla, quasi si stesse allor parlando di una fragile porcellana, là dove, anche nel cadere a terra e nell’essere, all’occorrenza, travolta dalla carica di una mezza dozzina di cavalli e di un annesso e pesante carro al loro seguito, quella lama avrebbe avuto ancora ed egualmente a proporsi miracolosamente intatta... ragione per la quale, effettivamente, avrebbe potuto valere ogni singola oncia d’oro da lui domandata e, probabilmente, ancora di più. Ma ove, al contrario, quell’arma avrebbe avuto a dover essere lì trattata con tutti i riguardi del caso, inevitabile sarebbe stato comprendere quanto, allora, nessun affare avesse a potersi fraintendere in tutto ciò... no, per lo meno, avendo a ricercare un’arma vera e propria e non un semplice giocattolo da collezioni.