11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 31 dicembre 2018

2776


« Sì. Certo. » rispose egli, non scuotendosi dalla propria apatia neppure nel confronto con quella domanda, rispondendo anche a essa in maniera pressoché automatica, senza concedersi di soffermare il proprio pensiero sui due pargoli, per così come altrimenti sarebbe stato troppo doloroso da sopportare, memoria della felicità che sino a pochi mesi prima lo stava contraddistinguendo con la propria amata, e con la famiglia che ella aveva radunato attorno a loro, purtroppo strappatagli dalle mani in pochi, subitanei istanti, al ritorno di Desmair nelle loro esistenze, nella loro quotidianità.

E, cosa peggiore a cui pensare, e, in effetti, alla quale sforzarsi di non rivolgere il proprio pensiero, altro non avrebbe avuto a doversi considerare una propria corresponsabilità nella questione, e una propria corresponsabilità primaria a confronto con la quale, in effetti, persino le pur obiettive colpe della stessa Midda Bontor nella propria complicità nel merito della liberazione di Desmair, avrebbero avuto a doversi giudicare ben misera cosa innanzi al suo personale giudizio, e al giudizio proprio del suo senso di colpa. Perché, prima ancora che Midda avesse a compiere quell’errore, e quell’errore che, dopotutto, ella stava allor pagando sulla propria pelle, egli stesso non aveva mancato di commettere un altro errore forse ancor peggiore, forse ancor più grave e tale, invero, da garantire a tutti gli eventi successivi di occorrere per così come erano occorsi, e in assenza del quale, probabilmente, nulla sarebbe mai accaduto.
Prima di allora, infatti, prima di quell’ultimo, tragico tradimento, Be’Sihl si era sempre riservato un certo, pur effimero, margine di fiducia nei riguardi del semidio l’anima del quale, senza reale possibilità di voto o di veto, si era ritrovato a essere ospite molti anni prima. Una condizione, la sua, invero, conseguente a un’altra dimostrazione di fiducia riservatasi a suo riguardo ulteriore tempo addietro, quando, in un momento di necessità, e nella necessità di compiere tutto il possibile, e anche l’impossibile, per ritrovare l’amata quando creduta perduta, egli aveva ingenuamente deciso di stringere un patto proprio con colui che, non a caso, avrebbe avuto a doversi considerare responsabile per quanto allora accaduto: una scelta disperata, certamente, che non avrebbe potuto giustificare in alcun modo la stolidità di quanto con la sua espressa complicità era poi così accaduto, ma alla luce della quale, mai e poi mai, proprio malgrado, avrebbe avuto possibilità di esprimere qualsivoglia condanna verso la stessa Figlia di Marr’Mahew per quanto da lei, solo pochi mesi prima, compiuto, e compiuto a sua insaputa, in quel patto da lei sicuramente stretto con il proprio semidivino e mai amato sposo, in sola conseguenza al quale egli aveva ritrovato la libertà ed ella, al contrario, aveva inaspettatamente perduto la propria. E per quanto, allora, Be’Sihl non avrebbe potuto vantare alcuna informazione certa a tal riguardo, nel merito di quanto effettivamente occorso fra Midda e Desmair, nel conoscere l’una, e nel conoscere l’altro, e nel conoscere la dinamica degli eventi per così come accaduti, l’unico rimprovero che mai avrebbe potuto muovere a tutto ciò sarebbe stato quello di non essersi riservato esitazioni, dubbi, domande per tempo, permettendo, altresì, agli eventi di svilupparsi in quella maniera, in quei termini a dir poco infelici.
Non a discapito di Midda, e, sotto certi aspetti, neppure a discapito di Desmair, egli avrebbe avuto a muovere le proprie accuse, le proprie ricerche di una qualche colpa, quanto e piuttosto al proprio stesso indirizzo, laddove se non fosse stato egli, quasi dieci anni addietro, a stringere quell’osceno patto con lo sposo della propria amata, non sarebbero mai state poste le basi per nulla di quanto poi avvenuto. E, in questo, probabilmente, addirittura, lo stesso Desmair avrebbe cessato di vivere molto tempo addietro, quando il suo corpo immortale venne ucciso dal suo stesso genitore, il dio minore Kah.

« Come vanno le cose sulla Kasta Hamina…?! » insistette Lys’sh, tentando, come ogni sera, di cercare occasione di dialogo con lui, in un tentativo, purtroppo, apparentemente privo di possibilità di successo, laddove egli, altresì, non avrebbe offerto evidenza di volersi offrire collaborativo in ciò.
« Al solito. » minimizzò per tutta risposta lo shar’tiagho, in una risposta fondamentalmente automatica, priva di una qualche effettiva elaborazione da parte della sua mente.

La giovane ofidiana, a confronto con tutto ciò, altro non poté fare che scuotere il capo e lasciarsi sdraiare nella propria metà del letto, con un soffocato sospiro. Due mesi prima, nel tentare di scuoterlo da quello stato, ella si era sospinta persino a schiaffeggiarlo, ed egli, dopo averle rivolto un fugace sguardo interrogativo, era tornato a volgere la propria attenzione al nulla cosmico innanzi al propri occhi, quasi nulla fosse accaduto. Un mese prima, spinta dalla medesima volontà, non più sopportando di non trovare da lui altra reazione emotiva se non la violenza verso qualunque loro potenziale avversario, ella si era addirittura riservata una mossa decisamente più audace, voltandosi verso di lui in un letto non dissimile da quello e andando a cercare occasione di un bacio sulle sue morbide e formose labbra umane, in un gesto di pura e semplice provocazione del quale non avrebbe mancato di chiedere scusa, a tempo debito, alla propria sorellona, e lì animato soltanto dalla speranza di suscitare in lui una qualche risposta emotiva, fosse anche e soltanto di rifiuto nei suoi confronti, nel rispetto dell’amore provato per Midda: neppure ciò era stato utile a permettergli di riprendersi, laddove egli, semplicemente, aveva scosso il capo escludendo qualunque possibilità di risposta a quel bacio, ed era tornato a chiudersi nella propria mente, nei propri pensieri, come nulla fosse accaduto. E non fosse stato, quello, soltanto un disperato tentativo di provocazione, probabilmente Lys’sh avrebbe avuto anche di che sentirsi offesa nel proprio orgoglio, nel ritrovarsi similmente ignorata da lui… ma, per l’appunto, nessun interesse personale, nessun coinvolgimento emotivo, avrebbe avuto a doversi ricercare in lei se non quello volto a tentare di preservare, in ogni modo, e con ogni mezzo, la coscienza dell’uomo della propria amica, di quella sorella che, allora, giaceva incosciente nell’infermeria della Kasta Hamina, in uno stato di coma innaturale e ingiustificabile, se non qual conseguenza delle malvagie azioni di quel semidio immortale.
Frustrata, tuttavia, da quella situazione, ella non avrebbe potuto concedersi semplicemente di porsi a dormire. Ragione per la quale, ancora una volta, ella tentò una qualunque azione nei suoi confronti. Ma laddove né un approccio violento, né uno sensuale, aveva avuto effetto alcuno, ella decise allora di giocarsi la carta più importante all’interno del proprio mazzo, una carta che, francamente, avrebbe evitato di porre in giuoco, laddove troppo doloroso avrebbe avuto a dover essere considerato per tutti quanto, potenzialmente, da ciò sarebbe derivato, non soltanto per lui, ma anche per se stessa.
E, così, rialzandosi e voltandosi verso di lui, ella si mosse con leggerezza a sedersi, letteralmente, sulla parte superiore del suo addome, lì addirittura incrociando le gambe, a dimostrazione di quanto non si sarebbe mossa semplicemente da tale punto. E, ovviamente non riscuotendo il benché minimo interesse da parte sua per tale gesto, ella ebbe allora ad appoggiare le mani sulle sue spalle, ripiegandosi flessuosamente appena in avanti, per poterlo osservare dritto negli occhi prima di prendere voce e dire poche, e ben misurate, parole…

« Tu non sei più l’uomo che Midda ama. »

Parole dure, parole dolorose, parole più violente e crudeli rispetto a qualunque possibile insulto. E pur, proprio malgrado, parole allor riconoscibili qual contraddistinte da un profondo senso di realtà, da un’intrinseca verità che neppure la mente offuscata di Be’Sihl avrebbe potuto rifiutare di ascoltare.
Perché, per quanta sofferenza tale pensiero non avrebbe potuto ovviare a suscitare in lui, e per quanto certamente Midda non avrebbe potuto né confermarle né smentirle, impossibile sarebbe stato, per amor di onestà, giudicarle erronee, considerarle prive di veridicità… non laddove, in fede, egli stesso ormai avrebbe fatto fatica a riconoscersi, avrebbe fatto fatica a riconoscere se stesso per così come sempre era stato, per così come sempre aveva vissuto la propria vita, e per così come, invero, Midda aveva avuto possibilità di innamorarsi di lui.

domenica 30 dicembre 2018

2775


Scartata, o per meglio dire eliminata, la falsa pista offerta da parte di Mes’sh-Tah, Be’Sihl e Lys’sh si ritrovarono, purtroppo, al punto di partenza, arricchiti, semplicemente, dall’estemporanea proprietà di un sicuramente utile mezzo di locomozione, in grazia al quale assicurarsi una più comoda possibilità di movimento entro i confini della superficie di quel pianeta. Costretti, pertanto, a riprendere l’approccio iniziale, i due iniziarono a vagare di locale in locale cercando di piazzare il proprio caccia stellare e, di volta in volta, ritrovando soltanto occasione di insoddisfazione: per quanto quel quartiere avesse a doversi considerare indubbiamente malfrequentato, con abbondanza di teppisti da quattro soldi, di attaccabrighe nonché di qualche predatore sessuale, nessuno sembrava essere in grado di venire loro incontro nell’indicare la via giusta per mettere in commercio qualcosa come quello che stavano così dichiarando di avere sulla coscienza.
Alla sera del primo giorno, stanchi e ancora privi di fondamentali indicazioni sulla direzione da intraprendere, i due ebbero così a fare ritorno ai quartieri più tranquilli della città, per lì cercare occasione di ospitalità in un qualche albergo. E, così, nell’impegnarsi a cercare di compiere un qualche sunto della giornata, quanto poterono censire qual risultato di quelle ultime ore furono sette locali visitati, compreso il primo, quattro ulteriori risse, in aggiunta a quella iniziale con la coppia di stolidi nerboruti, due tentativi di rapina nonché due ulteriori approcci di interesse sessuale, per ovviare a qualunque genere di discriminazione l’uno ancora indirizzato all’attenzione della conturbante ofidiana e l’altro, non senza una certa ragione di ilarità da parte della medesima Lys’sh, verso il suo compagno d’arme, ritrovatosi pesantemente apostrofato da un omaccione desideroso di compagnia nel proprio letto. Insomma: tante occasioni per promuovere la propria presenza in città e, tuttavia, ben poche possibilità di raggiungere il proprio obiettivo, ossia trovare un’occasione di contatto con Lo Sfregiato.
A minimizzare le spese, nel considerare quanto, invero, i loro fondi fossero ben lontani dal potersi considerare illimitati, e nel ricordarsi quanto, già, sino a quel momento, quell’avventura stesse loro costando parecchio, fosse anche e soltanto nelle spese per ricaricare le batterie all’idrargirio del loro caccia, Be’Sihl e Lys’sh valutarono, anche in quel mondo, così come del resto avevano già compiuto sino a quel momento, di condividere la camera da letto, nel quieto intendimento di quanto, fra loro, non avesse a doversi intendere esistente alcun genere di complicità estranea a quella derivante dalla loro stessa amicizia, e, ancor più, dal forte legame che entrambi provavano per Midda Bontor, per la salvezza della quale, del resto, stavano compiendo tutto quello. Non che agli occhi di Be’Sihl, l’ofidiana non avesse caratteristiche di indubbio fascino; così come agli occhi di Lys’sh, lo shar’tiagho non potesse vantare a sua volta una certa avvenenza: al di là delle differenze di specie, in altro contesto, in una differente situazione, l’idea di condividere lo stesso letto avrebbe probabilmente suscitato pensieri e reazioni emotive e, soprattutto, fisiche, non indifferenti, in misura tale per cui entrambi avrebbero avuto sicure ragioni di imbarazzo a tale prospettiva. Ma nel ritrovarsi allora l’uno all’altra legati dall’amore per Midda, e da quell’amore sororale per Lys’sh, e da quell’amore passionale per Be’Sihl, nessuno dei due avrebbe potuto vivere il benché minimo imbarazzo reciproco anche nel ritrovarsi, come già era accaduto in più di un’occasione, con le ignude forme dell’altro o dell’altra, in ciò nessun pudore avendo ragione di provare, ben consapevoli del proprio rapporto, della propria amicizia e della propria complicità come compagni d’arme.

« Solita sveglia alle cinque e trenta…? » domandò Lys’sh, nel mentre in cui, dopo aver indossato una veste da camera, si era seduta al bordo del letto, prendendo in mano il proprio orologio allo scopo di regolarne l’allarme per il mattino successivo.
« Non ti preoccupare di impostare la sveglia. Probabilmente mi sarò già destato prima. » minimizzò Be’Sihl, il quale, da quanto quella storia aveva avuto inizio sei mesi prima, non era praticamente più riuscito a dormire per più di due-tre ore a notte, risvegliandosi poi in conseguenza di quell’eccesso di ansia che, abitualmente, si sforzava di reprimere ma che, tuttavia, durante il sonno non si poneva in grado di contenere.
« Diciamo che per scaramanzia la imposterò ugualmente… » sorrise la giovane ofidiana, volgendosi a lui, già sdraiato sul lato destro del letto, per accarezzargli delicatamente il dorso della mano con la propria, a dimostrargli, silenziosamente, tutta la propria vicinanza emotiva oltre che, banalmente, fisica « … nella speranza che, almeno questa notte, tu possa riposare un po’ di più. »

Senza alcun genere di malevolenza verso di lei, Be’Sihl quasi non ebbe a rendersi conto del delicato contatto che ella ebbe premura di volergli rivolgere: per quanto lì fisicamente presente, e per quanto allora in grado di offrire risposte intelligibili a eventuali domande dirette, egli non avrebbe avuto a doversi considerare tuttavia lì mentalmente presente, perso, proprio malgrado, nei propri pensieri verso l’amata e verso le sue condizioni.

« Hai sentito Tagae e Liagu, stasera…? » tentò nuovamente di cercare un’occasione di dialogo l’altra, ben consapevole non soltanto della risposta a quell’interrogativo assolutamente retorico, ma anche, e ancor più, nel merito delle sue condizioni psicologiche, ragione per la quale, per l’appunto, ella non avrebbe voluto lasciarlo lì da solo con i propri pensieri, con i propri dubbi per così come, tuttavia, puntualmente non avrebbe mancato di occorrere, in quella sua completa apatia emotiva dalla quale avrebbe trovato occasione di evasione soltanto nell’azione, e nell’azione speranzosamente intesa a riscattare l’anima della propria compagna così amaramente perduta.

In quegli ultimi tre mesi, sin da quando avevano lasciato la Kasta Hamina, non vi era stata mattina o sera che Be’Sihl non avesse lasciato un videomessaggio per i propri figli, ricevendo, a suo volta, da essi, un equivalente contenuto utile a mantenere, seppur in maniera obbligatoriamente indiretta, una parvenza di contatto, un’illusione di costante, reciproca presenza nelle vite gli uni degli altri.
In conseguenza, infatti, alla loro pendente situazione legale nel confronto dell’omni-governo di Loicare, con un ingiusto mandato di cattura a discapito di tutti loro emesso in sola conseguenza al fallimento nel consegnare loro Reel Bannihil; assolutamente controindicato sarebbe stato tentare di stabilire un canale di comunicazione diretto con la Kasta Hamina, in termini che, allora, non soltanto avrebbero spiacevolmente rivelato le reciproche posizioni, conducendo ineluttabilmente all’arresto di tutti gli uomini e le donne al servizio del capitano Rolamo, ma anche, e ancor peggio, per lo meno dal punto di vista dello shar’tiagho, avrebbero allora impedito qualunque azione in contrasto a Desmair e, soprattutto, per la salvezza della stessa Figlia di Marr’Mahew, la quale, di conseguenza, si sarebbe ritrovata intrappolata all’interno della propria mente per il resto della propria esistenza mortale. A ovviare, pertanto, a tale rischio, Duva e Lys’sh avevano arrangiato quel meccanismo di contatto indiretto, il quale, attraverso videomessaggi criptati precaricati in una serie di apposite caselle telematiche attraverso una serie di opportune precauzioni, avrebbero comunque permesso loro di mantenere un reciproco contatto e, soprattutto, avrebbero garantito a quel padre di non perdere il contatto con i propri figliuoli, i quali avrebbero già avuto a doversi riconoscere sufficientemente colmi di problemi, con il coma nel quale era caduta loro madre, per avere anche a dover fare i conti con la sua assenza.
E malgrado la mente di Be’Sihl non fosse così ben disposta a concedersi possibilità di distrazione rispetto alla propria missione, e a quella missione a confronto con la quale non si sarebbe riservato opportunità di requie sino a quando non fosse stata compiuta, mai egli avrebbe ignorato l’importanza di quell’appuntamento, e quell’appuntamento che solo avrebbe garantito a quei due pargoli in qualche contatto con l’unica famiglia che avrebbero potuto vantare di conoscere in conseguenza alle non semplici dinamiche proprie della loro sì breve, e pur già assolutamente complicata, esistenza.

sabato 29 dicembre 2018

2774


« E’ così! » confermò egli, con comprensibile agitazione a confronto con il dito di lei troppo fremente in prossimità del grilletto « E’ così, lo giuro! »
« Perché lo hai fatto, razza di stupido…?! » domandò l’altra, apparendo francamente contrariata da quello sviluppo degli eventi, e da quello sviluppo che la stava allora costringendo a prendere in mano la situazione in quella maniera, e ad agire in termini tanto severi « Non ti sei fermato un attimo a pensare che, in questo modo, mi avresti costretto a ucciderti? Ti è venuta così a noia la vita…?! »
« Io… non volevo farvi del male… » tentò di difendersi egli, scuotendo appena il capo « Devi credermi! »
« Disse colui che ha appena narcotizzato il mio amico con un dannatissimo drone. » reagì Lys’sh, aggrottando la fronte e non avendo riprove per poter offrire credito a quella particolare versione « E’ stato Desmair a dirti di farlo…? Lui sa che siamo qui…?! »
« Desmair…? » ripeté l’ofidiano, scuotendo il capo con aria disorientata « Non conosco alcun Desmair… chi dovrebbe essere?! »

Mes’sh-Tah apparve sincero: il suo cuore pulsava in maniera assolutamente regolare, nel considerare, ovviamente, l’enfasi già propria della concitazione del momento nella quale, tuttavia, avrebbe potuto essere spiacevolmente alterata quella stima, quella valutazione da parte della sua interlocutrice. Ma laddove egli non stesse mentendo, laddove egli non stesse lì cercando di nascondere la verità dei fatti e, in effetti, dietro al suo agire sconsiderato non avesse a doversi considerare la lunga ombra di Desmair, quale accidenti di motivazione avrebbe mai potuto spingerlo a compiere qualcosa di tanto stupido?!
Lys’sh non si sarebbe potuta dichiarare riconoscere in grado di indovinarlo e, in questo, avrebbe avuto necessità di insistere verso di lui per ottenere da lui un qualche genere di risposta, non potendo certamente lasciar dimenticare in maniera tanto banale quanto occorso… anzi.

« Se vuoi persuadermi del fatto che tu non abbia nulla a che vedere con Desmair, dovrai essere un po’ più convincente rispetto a quanto tu non stia riuscendo ad apparire in questo momento, mio caro. » dichiarò la donna, scuotendo appena il capo « Quindi, per carità divina, potresti cortesemente spiegarmi la ragione per la quale hai messo in piedi tutto questo…?! A che diavolo ti sarebbe mai potuto servire tenere in casa un dannato drone con aghi narcotizzanti…?! »
« Io… » esitò egli, temendo, francamente, le conseguenze della verità più di quanto non avrebbe potuto aver a temere quelle derivanti da un eventuale e omertoso silenzio.
« Parla… o come è vero che mi chiamo Har-Lys’sha, ti giuro che ti legherò dentro la tua vasca da bagno e aspetterò che il mio amico abbia a svegliarsi, per lasciarti sfilettare da lui come un dannato quarto di bove. » incalzò ella, storcendo le labbra verso il basso con aria sempre più indispettita nel confronto con la mancanza di volontà di collaborazione da parte sua « E ti posso assicurare, purtroppo per verifica diretta, che ha molta esperienza a tal riguardo… »
« Io… » tentennò l’ofidiano, con la bocca arida come un deserto lunare.
« Parla! » gridò Lys’sh, esplodendo un nuovo colpo e guidandolo a passare incredibilmente vicino al suo volto, così vicino che, sulla sua guancia, alcune scaglie ebbero a bruciacchiarsi in conseguenza alla prossimità con il laser.
« Io… »

Quando Be’Sihl ebbe a riprendersi, fu per lui necessario qualche istante prima di poter maturare consapevolezza con l’evidenza di trovarsi a bordo dello stesso veicolo antigravitazionale con il quale ricordava di essere stato condotto sino a casa di Mes’sh-Tah. Alla guida, tuttavia, in questa occasione, egli poté notare la familiare figura di Lys’sh, verso la quale tentò di prendere voce, salvo, in ciò, compiere un piccolissimo movimento con il capo e, in conseguenza a esso, avvertire un terrificante senso di vertigine, da nausea, come neanche con la peggior ubriacatura avrebbe potuto ricordare di aver mai provato. E a confronto con quella vertigine, egli fu costretto allora a chiudere gli occhi e a tapparsi le orecchie, laddove l’intero mondo a lui circostante sembrò improvvisamente troppo luminoso e troppo rumoroso per non risultare dolorosamente accecante e assordante, in termini a confronto con i quali difficile sarebbe stato ovviare a gridare, e a gridare a gran voce.
Fu necessario, per lo shar’tiagho, tutto il proprio autocontrollo, e una certa dose di pazienza, per trattenersi dal reagire violentemente a tutto ciò, e, ancora, per conservare la calma, per affrontare la situazione con razionalità, concedendosi il tempo di riprendere, faticosamente, il dominio dei propri sensi, in termini tali da non voler, necessariamente, gridare o vomitare nel confronto con il mondo a lui circostante. E quando, alfine, si sentì sufficientemente confidente con ciò, egli si concesse una nuova occasione di interazione con la realtà e, in particolare, con Lys’sh, la quale, apparendo evidentemente padrona di sé, avrebbe avuto a potersi considerare la persona ideale per ragguagliarlo nel merito di quanto fosse accaduto, giacché evidente avrebbe avuto a doversi considerare una propria estemporanea mancanza.

« Che succede…? Dove siamo…?! » sussurrò in un filo di voce, più che sufficiente per poter essere udito dalla compagna e utile a impedire alla sua testa di tornare a pulsare e a pulsare in termini probabilmente per lui nuovamente insopportabili.
« Ehi… ti sei ripreso! » osservò ella, mantenendo rispettosamente un volume equivalente a quello adoperato dal compagno, il quale, dopotutto, avrebbe avuto a doversi considerare per lei obiettivamente ottimale in un qualsivoglia dialogo, proprio malgrado costretta per la maggior parte della propria esistenza a ritrovarsi quasi assordata da quei toni giudicati obiettivamente normali e, ciò non di meno, per lei sostanzialmente eccessivi, per i quali, ovviamente,, non avrebbe tuttavia offerto colpa ad alcuno.
« Diciamo che ci sto ancora lavorando sopra…. » puntualizzò lo shar’tiagho, non potendo affermare, in fede, di essersi ripreso… anzi « Ma cosa mi è accaduto…? »
« Mes’sh-Tah. » rispose Lys’sh, proponendosi quasi funerea nello scandire quel nome « Ti ha narcotizzato a tradimento con un microscopico dardo, in grazia a un altrettanto minuscolo drone. » riassunse, scuotendo appena il capo « E la cosa peggiore è che, in verità, non avrebbe neppure saputo esserci utile: tutto ciò che ci ha detto, lo ha detto al solo e uno scopo di attirarci in casa sua… »
« Lurida serpe… » lo insultò d’istinto Be’Sihl, salvo rendersi conto un istante dopo della propria pessima scelta di vocaboli, in termini che non avrebbero potuto ovviare a risultare che offensivi anche nei riguardi della propria interlocutrice, motivo per il quale, allora, tentò subito di offrire ammenda a tal riguardo « … ti chiedo scusa. Non desiderava essere un commento riferito alla sua specie di appartenenza. » puntualizzò, scuotendo il capo.
« Non scusarti… anche fra noi ofidiani ci sono brave persone e veri e propri rifiuti fecali esattamente come in qualunque altra specie. » sorrise per tutta risposta la giovane donna rettile, stringendosi appena fra le spalle « L’importante è comunque offrire il giusto distinguo fra coloro che lo sono… e coloro che non lo sono. »
« Ma… se hai detto che non poteva aiutarci, che diamine desiderava da noi…? E che fine ha fatto?! » provò l’altro a riprendere il discorso principale, laddove avrebbe avuto a doversi ancora riconoscere decisamente disorientato nel merito degli ultimi eventi occorsi.
« Era solo un dannato maniaco sessuale… » sospirò Lys’sh, stringendo poi il corrispettivo quanto avrebbe avuto a poter essere considerato per lei quali labbra e storcendole, in ciò, verso il basso, a dimostrare tutta la propria disapprovazione per ciò « … solo che, in questa occasione, ha commesso l’errore di volgere le proprie attenzioni alla donna sbagliata. » concluse, non riservandosi possibilità di ulteriori puntualizzazioni nel merito della sua sorte e, tuttavia, in ciò, ritrovandosi sufficientemente confidente di quanto non ne sarebbero state allor necessarie.

venerdì 28 dicembre 2018

2773


Lys’sh aveva avvertito l’attivazione del drone. Non sapeva cosa, di preciso, stesse producendo quel suono, ma aveva avvertito distintamente il pur umanamente inudibile ronzio prodotto da esso e, a confronto con il medesimo, stava anche per avvisare Be’Sihl, invitandolo a porsi in guardia: purtroppo per lui, tuttavia, ella non era stata abbastanza pronta nella propria reazione, ed egli era così caduto a terra, come morto… non che, probabilmente, un qualche genere di avvertimento avrebbe potuto allora comportare uno sviluppo e una soluzione differente.
La scelta compiuta dal drone, o, più probabilmente, da chi allora lo stava comandando, e lì destinata a porre fuori combattimento Be’Sihl prima della compagna, ebbe tuttavia a favorire proprio la medesima, traducendosi, allora, in un errore strategico non indifferente. Sebbene infatti ella non avrebbe potuto vantare alcuna speranza di individuare visivamente quel minuscolo attentatore, in conseguenza a un senso della vista obiettivamente meno sensibile rispetto a quello umano; la giovane ofidiana avrebbe comunque potuto concedere totale fiducia al suo udito, e, in grazia di ciò, avrebbe potuto riservarsi una concreta speranza di opposizione a quella minaccia così come, d’altro canto, il suo compagno d’arme non avrebbe mai potuto confidare di aver occasione di permettersi. Così, quando con il proprio finissimo udito ella avvertì il drone esplodere un secondo colpo, in quello che nulla sarebbe stato percepito da orecchio umano e, probabilmente, neppure da un qualunque microfono per rilevazioni ambientali, ella poté reagire di conseguenza, intuendo la traiettoria che il medesimo avrebbe percorso per giungere sino a lei e muovendosi al fine di evadere da essa, in un gesto sicuramente compiuto alla cieca, priva di reale confidenza con la minaccia a lei riservata e, ciò non di meno, riservandosi una pur minimale possibilità di successo in tale confronto, innanzi a simile agguato. Una pur minimale possibilità di successo, la sua, che così come ella non avrebbe potuto ovviare a essere quietamente consapevole, in certi frangenti, in talune situazioni, avrebbe avuto comunque a doversi considerare quanto pur necessario a discriminare il trionfo dalla sconfitta, la morte dalla vita, per così come anche la stessa Figlia di Marr’Mahew avrebbe potuto certamente testimoniare se soltanto avesse avuto allora occasione di esprimersi a tal riguardo. E Lys’sh, ben consapevole di quanto, quella pur flebile possibilità avrebbe rappresentato per lei tutto ciò a cui avrebbe potuto ambire, non si riservò la benché minima esitazione a coglierla, e a sfruttarla al pieno delle proprie capacità, delle proprie risorse, ponendosi in gioco con tutte le proprie energie, con tutta la propria velocità, con tutta la propria agilità, per cercare di evadere alle continue offensive di quel drone e, soprattutto, per guadagnare la via verso la porta oltre la quale si era andato a isolare il loro anfitrione, sicuro responsabile di quanto, allora, stava accadendo.
Purtroppo per lei, quel dannato affare sembrava agire e reagire non diversamente da un essere vivente, muovendosi con incredibile rapidità e contrastando ogni suo tentativo con nuovi attacchi, sempre perfettamente mirati, sempre più prossimi a raggiungerla. In questo, pertanto, ella avrebbe dovuto giocarsi il tutto per tutto, in un azzardo persino maggiore rispetto a quanto, sino a quel momento, non avesse reso proprio. E in un azzardo, allora, volto a colpire al volo quell’antagonista pur priva di qualsivoglia confidenza visiva con lui.
Estraendo, nel mentre dell’ennesima capriola, un coltello a serramanico prima riposto in un’apposita custodia al suo fianco, ella ne aprì la lama e, nel momento esatto in cui il suono dell’ennesima detonazione a suo discapito, la donna serpente agì, e agì proiettando quella lama in una traiettoria semplicemente perfetta. Una traiettoria che, pur valutata unicamente in grazia a riferimento acustico concessole, ebbe occasione non soltanto di giungere a destinazione ma anche, allora, di intercettare l’ago che, in caso contrario, l’avrebbe allora sicuramente colpita, laddove, proprio malgrado, costrettasi ella a esporsi in tal imprudente maniera al solo, fondamentale scopo di riportare quella vittoria. E se, chiunque, osservando la scena, non avrebbe potuto allor notare praticamente nulla, se non quel coltello conficcarsi profondamente nell’anta di un mobiletto, il fine udito della giovane le concesse quieta conferma del proprio successo, nel percepire, non senza indubbia soddisfazione, il suono del proprio successo, del proprio trionfo, nell’infrangersi dei minuscoli ingranaggi metallici di quell’invisibile antagonista contro la lama da lei così scagliata in termini non dissimili da un vero e proprio proiettile.
Negandosi, tuttavia e allora, occasione di festosa esultanza per la propria straordinaria vittoria, finalmente libera dall’insidia lì rappresentata da quel temibile, ma non ultimo avversario, Lys’sh non esitò ulteriormente a muoversi, e a muoversi con rapidità verso la porta chiusa a separazione fra il soggiorno nel quale essi erano stati lasciati in attesa e la stanza ove aveva cercato rifugio il loro decisamente poco cortese ospite. E a non riservarsi possibilità di esitazione in tale confronto, in quel moto ella estrasse anche la propria arma e aprì tre.. quattro volte il fuoco, tanto contro la serratura di quella soglia, quanto contro i cardini della medesima, affidando all’efficacia del laser il compito di abbattere, in tal modo, quella barriera per permetterle, senza alcuna esitazione, di violare quello spazio e di raggiungere, ivi, il mandante dell’aggressione subita. Un impeto, il suo, una violenza del tutto inattesa, quella che ella ebbe allora a dimostrare, che si offrì chiaramente estranea alle aspettative dell’uomo lì celatosi, il quale, nel momento in cui la giovane ebbe a entrare nella sua stanza da letto con l’arma in pugno, dopo aver abbattuto senza fatica quella porta semplicemente andando a impattarci contro, ebbe a farsi cogliere in fallo, con ancora sguardo attonito rivolto a un piccolo schermo, sul quale, evidentemente, sino a un istante prima aveva orchestrato e  seguito la vicenda in corso a pochi piedi di distanza da lui.
Ancor prima di prendere parola, di concedersi occasione di diplomazia nei riguardi di colui in tal modo apertamente dimostratosi loro antagonista, quanto ella si premurò di fare fu di aprire ancora una volta il fuoco, dirigendo la propria arma, e il fascio laser che dalla sua estremità ebbe lì a scaturire, verso le di lui mani e il dispositivo elettronico che lì stava reggendo. Un colpo, ancora una volta perfettamente mirato, il suo, che non soltanto ebbe a distruggere quello schermo ma, anche, ebbe a trapassare nell’esatto centro entrambi i palmi, aprendo su di essi un perfetto foro circolare delle dimensioni di mezzo pollice, in una duplice ferita priva di ogni spargimento di sangue, così come solo il laser avrebbe saputo assicurare, nell’offrirsi dedito, in maniera istantanea, a cauterizzare vaso, piccolo grande che essi fosse.
E se subitanea fu quell’evoluzione in misura tale da non aver quasi concesso opportunità a quell’uomo di comprendere quanto fosse effettivamente accaduto e, soprattutto, come tutto ciò fosse potuto accadere; decisamente concreto fu, comunque, il dolore per lui conseguente a quel singolo colpo esploso a suo discapito, un dolore in conseguenza al quale non soltanto si prodigò in un alto grido ma, ancor più, si ritrovò  a piombare in ginocchio al suolo, osservando con occhi sgranati le conseguenze nefaste di quanto occorso.

« Ti invito a dirmi che il mio amico è stato soltanto narcotizzato, e a essere sufficientemente convincente in tutto ciò… » dichiarò Lys’sh, riservandosi alfine opportunità di parola e ora indirizzando la propria arma verso il suo capo « … o ti posso assicurare che con il prossimo colpo sarà mia premura quella di areare un po’ la tua scatola cranica, onde ovviare al rischio di nuove, nocive idee da parte tua. »

Che Be’Sihl fosse ancora in vita, in effetti, ella lo avrebbe potuto asserire con tranquillità anche da sola, in quello stesso momento, nel percepirne perfettamente il battito cardiaco, debole, certo, e pur presente. Ma che tale condizione avesse a doversi riconoscere qual duratura, almeno nel confronto con i prossimi minuti, non avrebbe potuto esserne certa, nell’ignorare qual genere di sostanza fosse stata a lui iniettata in conseguenza all’intervento di quei piccoli aghi.
E anche nell’eventualità in cui, un attimo prima, Mes’sh-Tah avrebbe potuto minimizzare il valore proprio di quella minaccia, non riconoscendole particolare possibilità di attuazione, nel non ritenere quella dolce fanciulla in grado di offrir seguito a una simile promessa; a seguito di quell’ultimo sparo, e di quell’ultimo sparo rivolto, senza esitazione o avviso alcuno, a trasformare le sue mani in due ciambelle, egli non avrebbe più potuto riservarsi dubbio alcuno su quanto ella non si sarebbe concessa occasione di dubbio alcuno ad aprirgli un terzo foro al centro della fronte, ragione per la quale, allora, avrebbe fatto bene a non contrariarla più del necessario.

giovedì 27 dicembre 2018

2772


Dopo aver bevuto insieme qualche bicchiere per festeggiare quel nuovo, e felice, incontro, Lys’sh e Be’Sihl lasciarono il locale seguendo Mes’sh-Tah per poter essere da questi speranzosamente accompagnati sino all’ultimo tizio nella catena di conoscenze dell’ofidiano. Saliti, quindi, sul suo veicolo antigravitazionale, e partiti insieme per un breve tragitto, i tre ebbero a giungere alla loro prima destinazione in meno di una decina di minuti, ritrovandosi, tuttavia, non a confronto con un qualche tizio, quanto e piuttosto con un appartamento vuoto: non un appartamento lussuoso, non qualcosa di particolarmente ricercato, quanto e piuttosto un alloggio definibile qual dignitoso, e dignitoso nella misura utile a concedere a un ofidiano privo di famiglia i propri giusti spazi.

« Dove ci hai condotti, Mes’sh-Tah…? » domandò lumi la giovane donna, osservando l’ambiente circostante con apparente curiosità ma, anche, una certa contrarietà, nel non ravvisare l’evidenza di quanto avrebbe avuto a sperare di poter trovare attorno a sé.
« Spero che non vi dispiaccia… ma ho pensato che avrebbe potuto farvi piacere avere un posto tranquillo dove ingannare il tempo, nel tempo necessario a permettermi di fare qualche chiamata, per poter organizzare il vostro incontro… » argomentò egli, con apparente semplicità, stringendosi fra le spalle.
« … questa è casa tua…?! » cercò quindi più evidente volontà di conferma Lys’sh, sinceramente colta in contropiede da quella scelta.
« Esattamente. » confermò l’altro, accennando un sorriso « Prego… accomodatevi pure. E se vi può essere utile, il bagno è la terza porta a destra. »

Se nel proprio approccio quell’ofidiano era apparso quantomeno audace, nella scelta di condurli a casa propria egli avrebbe avuto a dover allora apparire o terribilmente ingenuo, oppure incredibilmente pericoloso. Accettare entro i confini del proprio appartamento due perfetti sconosciuti, appena incontrati in un locale, non avrebbe avuto a doversi ritenere, propriamente, una scelta prudente per chicchessia, fosse anche egli il più importante capo criminale di tutto il pianeta, così come, chiaramente, non avrebbe avuto a dover essere frainteso essere. Possibile, quindi, che quell’uomo potesse essere veramente tanto ingenuo, tanto stolidamente superficiale nel proprio approccio, da essersi permesso di correre un simile rischio, per così come allora rappresentato dal rivelare un’informazione tanto privata a due persone a lui del tutto estranee? Pur prendendo in considerazione l’eventuale perdita di inibizione conseguente all’eventuale sbandata per Lys’sh, tutto quello avrebbe avuto a doversi giudicare francamente eccessivo per poter essere considerato privo di qualche pericolo, scevro dello spiacevole sentore proprio di una trappola. Ragione per la quale, obiettivamente, l’ultima cosa che avrebbe potuto animare il buon senso della coppia sarebbe stato quello di accomodarsi entro i confini di quell’appartamento, attendendo con ancora più ingenua serenità l’evolversi degli eventi.
Ma sebbene per Be’Sihl tutto quello avrebbe avuto a doversi considerare già utile giustificazione a un approccio più risoluto alla questione, in termini nei quali l’informazione nel merito della collocazione del bagno sarebbe potuta essere utile a concedersi occasione di ripetere l’approccio già adottato con Korin Holderein; a confronto con il giudizio di Lys’sh spingersi così subitaneamente a un tale livello di violenza sarebbe stato quantomeno deprecabile, soprattutto laddove, in fondo, del tutto ignari nel merito di chi avesse a doversi riconoscere effettivamente essere quell’uomo. Così, con un’occhiata priva di possibilità di fraintendimenti, la giovane ofidiana ebbe a lasciar scemare qualunque negativo intento proprio del suo compagno d’arme, comunicandogli un fermo ordine a mantenere la loro copertura e ad attendere l’evolversi degli eventi. Un’occhiata che, per quanto esplicita nella propria volontà, lo shar’tiagho avrebbe potuto anche permettersi di ignorare, afferrando il proprio anfitrione per la gola e sbattendolo con violenza a terra sino a fargli perdere i sensi, fingendo poi una quieta incomprensione verso l’amica; ma che pur, allora, non si sentì di voler ignorare, non tanto per chissà quale profonda ragione morale, quanto e piuttosto per mero rispetto verso di lei.
Dopo aver trascorso, infatti, la maggior parte della propria vita entro le mura dodecagonali di Kriarya, Be’Sihl avrebbe potuto vantare di ben conoscere una certa categoria di persone, e quella categoria che, in altri contesti, in altre città, avrebbe avuto a dover essere definita semplicemente qual pendaglio da forca, ragione per la quale, per quanto allora Mes’sh-Tah potesse star apparendo ingenuo e inoffensivo, per vivere in quel particolare contesto, per frequentare quella particolare zona della città e, soprattutto, i suoi abitanti, certamente non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual tale. Non, quantomeno, nella stessa misura in cui egli stesso avrebbe avuto a dover essere frainteso qual un semplice locandiere lontano dalla propria locanda. Ritenere inoffensivo quell’ofidiano soltanto perché, per il momento, non avevano avuto ancora evidenza della sua effettiva pericolosità avrebbe avuto a dover essere inteso, da parte di Be’Sihl, un fondamentale errore e un errore il prezzo del quale, a tempo debito, avrebbero probabilmente avuto a dover pagare: ma per rispetto verso Lys’sh, e verso il suo comando, egli avrebbe rispettato i confini dei propri ranghi, e, pur senza abbassare la guardia, avrebbe allora atteso il momento utile ad agire.

« Allora… se siete comodi, io vado un attimo ad arrangiare quanto necessario. » sorrise Mes’sh-Tah, indicando la porta di un’altra stanza, probabilmente uno studiolo o, forse, la camera da letto, a palesare la propria prossima meta, a scanso di qualunque equivoco nel merito della propria destinazione.

E per quanto, allora, né Lys’sh, né tantomeno Be’Sihl avrebbero avuto a doversi considerare propriamente comodi, e del tutto privi di ogni volontà ad accomodarsi, l’ofidiana accennò un sorriso e un assenso in direzione del loro ospite, a confermare quanto loro due, a quel punto, si sarebbero quietamente limitati ad attendere il suo ritorno. Un’attesa, la loro, che avrebbe necessariamente dovuto mantenersi silenziosa, giacché, anche ove fossero state presenti più pareti e porte chiuse a dividerli da lui, il suo udito ofidiano gli avrebbe permesso di ascoltare quietamente qualunque conversazione fra loro, per quanto moderata nel proprio volume, per quanto contenuta nei propri toni.
Così, rimasti soli, a Lys’sh e Be’Sihl altro non poté essere concesso che osservarsi attorno, a meglio analizzare l’ambiente circostante e a meglio comprendere qual genere di persona avesse a doversi considerare il loro attuale ospite.
Fu proprio nel mentre di quella breve attesa che, purtroppo per loro, gli eventi ebbero a precipitare. Ed ebbero a precipitare in termini nei quali, allora, difficile sarebbe stato anche per la loro paranoia avere occasione di prevedere: non che Be’Sihl non sarebbe stato quietamente disposto a scommetterci la testa… ma, ciò non di meno, prevedendo un’evoluzione francamente estranea a quanto, sino a quel momento, non avrebbe potuto mai avere possibilità di presumere, pur associando preventivamente, e negativamente, tutto il male possibile a quell’individuo.
Purtroppo, per quanto allora avrebbero potuto mantenere alta la guardia, per quanto avrebbero potuto riservarsi occasione di dubbio nel merito dell’onestà del loro interlocutore, improbabile sarebbe stato per entrambi poter attendere di essere lì improvvisamente aggrediti da un minuscolo drone, e un minuscolo drone armato da sottilissimi aghi intrisi di qualche narcotico, o peggio veleno, al confronto con il quale, allora, Be’Sihl, il primo a essere colpito, non ebbe a poter reggere se non per tre secondi. Giusto il tempo di iniziare a supporre di imprecare in contrasto al loro ospite e alla propria stupidità nel non averlo immediatamente afferrato per il collo per così come pur, allora, sarebbe certamente stato felice di compiere…

… ma prima di poter anche soltanto terminare quel pensiero, quell’intenzione, egli cadde a terra, totalmente privato d’ogni consapevolezza nel merito del mondo a sé circostante.

mercoledì 26 dicembre 2018

2771


Diversamente da Lys’sh, Be’Sihl non poté ovviare a trovare quantomeno fortunata la coincidenza lì loro offerta dalla presenza di un ofidiano e di un ofidiano tanto interessato da Lys’sh quanto informato nel merito di ciò che a loro avrebbe potuto essere utile sapere. Certamente, egli avrebbe avuto a dover essere anche riconosciuto qual perfettamente consapevole di quanto, la presenza di quell’uomo rettile non avrebbe potuto in alcun modo facilitare l’occasione di una comunicazione verbale fra loro, ma l’evidenza di quanto, allora, egli avrebbe avuto a doversi considerare fondamentalmente irretito dal fascino della sua giovane compagna d’arme, avrebbe avuto indubbiamente a doversi riconoscere qual soltanto a loro esclusivo vantaggio e a loro esclusivo vantaggio in termini tali da permettere di poter quietamente sostenere quell’impossibilità di comunicazione: dopotutto come non aver a intendere se non quale una straordinaria benevolenza divina l’evidenza di quell’inatteso colpo di fortuna, tale da offrire loro, al primo colpo, l’aggancio giusto, o qualcuno potenzialmente tale, per il proseguimento della loro ricerca.
Unica remora, unico dubbio ad animare il cuore dello shar’tiagho, avrebbe avuto allora a doversi riconoscere, invero e paradossalmente, proprio nell’interessamento di quell’uomo per Lys’sh: interessamento che, se obiettivamente non avrebbe potuto ovviare di essere loro d’aiuto, al contempo non avrebbe potuto neppure che rischiare di risultare eccessivamente pericoloso proprio per la stessa giovane ofidiana, la quale, in tutto ciò, avrebbe dovuto esporsi eccessivamente in prima persona, alimentando, così come già stava iniziando a fare, le aspettative personali di quell’interlocutore, aspettative personali che, quando alfine tradite, avrebbero potuto anche suscitare qualche reazione violenza, nella contrarietà che lo avrebbe allora contraddistinto. Ma, a quel punto, indubbio avrebbe avuto a doversi considerare quanto la stessa Lys’sh non avrebbe perduto occasione per farsi valere, giacché a dir poco offensivo sarebbe stato riservarsi occasione utile a considerarla una fanciulla inerme e indifesa nel confronto con il mondo… anzi. Cresciuta, proprio malgrado, nell’orrore di una terrificante carneficina, di un vero a proprio genocidio a discapito della propria intera famiglia e di tutto il mondo nel quale pacificamente avevano da sempre vissuto, Lys’sh aveva speso gran parte della propria vita nel dare la caccia all’uomo responsabile di tutto quello, per potersi vendicare, per poter concedere giustizia ai propri genitori, e a tutti i fratelli e le sorelle che, in quel lontano giorno, aveva perduto. E, in ciò, non sarebbe stato un avversario come quello a poterla porre in potenziale difficoltà, né allora, né mai: al contrario, se proprio qualcuno avrebbe avuto a dover lì temere per la propria incolumità, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto proprio colui che, in quel momento, stava lì tentando di approcciarsi a lei, laddove nel migliore dei casi ne sarebbe uscito metaforicamente con il cuore spezzato, mentre nel peggiore, al contrario, tale condizione non avrebbe avuto a doversi considerare banalmente metaforica.
Con una certa quiete, pertanto, Be’Sihl accolse l’ingresso in scena di Mes’sh-Tah, rispettando il proprio ruolo e, in questo, contenendo tutta la propria possibilità di interazione a pochi sguardi e qualche leggero movimento delle labbra, sorridendo in senso affermativo, o storcendone le estremità verso il basso in termini negativi. E, così, con una certa serenità restò a contemplare quel povero malcapitato addentrarsi sempre più nelle spire di quella rete, e di una rete fatta di sguardi sornioni e sorrisi ammiccanti, e che pur, in ciò, non avrebbe avuto a doversi considerare meno letale rispetto a qualunque altro genere di trappola.
Quanto sciocchi, da questo punto di vista, avrebbero avuto a doversi considerare tutti gli uomini, egli incluso. In quel del regno di Shar’Tiagh avrebbe avuto a dover essere riconosciuta come una verità da sempre, in una sostanziale, effettiva e concreta parità di dignità fra uomini e donne, e una parità di dignità che, in buona sostanza, avrebbe avuto a dover essere intesa più quale una benevolenza da parte delle donne stesse che una qualche possibile concessione da parte degli uomini: ma, al di là di ciò, semplicemente e pericolosamente vero avrebbe avuto a dover essere inteso quanto, un uomo, nel confronto con una donna, altro non avrebbe avuto a dover essere inteso se non una semplice marionetta, e una marionetta i fili della quale ella si sarebbe potuta divertire a muovere a proprio piacimento, spingendolo a compiere grandi gesta così come, al contrario, lasciandolo compiere gesti tanto stolidi dei quali aversi a vergognare, se soltanto vi fosse stata da parte del malcapitato una qualche, effettiva, consapevolezza a tal riguardo. E, per l’appunto, neppure egli avrebbe avuto a doversi considerare immune a tutto ciò, non quantomeno nel confronto con la propria amata Midda Bontor, e con i suoi occhi color ghiaccio innanzi ai quali mai era stato in grado di opporsi, mai era stato in grado di sancire un semplice “no”. E a poco, a e nulla, sarebbero valsi tutti gli errori compiuti dalla parte della stessa Figlia di Marr’Mahew, tutte le proprie scelte a dir poco avventate, per non definirle semplicemente stupide, ultima fra le quali quella in conseguenza della quale, allora, si erano lì ritrovati in quella stessa situazione, giacché certo egli avrebbe avuto a doversi considerare della verità di quanto la donna guerriero non avrebbe avuto a doversi considerare estranea alla liberazione di Desmair e, con essa, a tutto ciò che ne era conseguito: egli avrebbe continuato ad amarla, e per quanta rabbia, per quanta volontà di opposizione ne avrebbe animato il cuore, impossibile sarebbe stato per lui restare fermo nelle proprie idee, nei propri propositi, non appena gli fosse stata concessa nuovamente occasione di confronto con gli occhi color ghiaccio di lei. Perché in quegli stessi occhi color ghiaccio in cui molti, troppi uomini e donne, mostri e dei, avevano incontrato il proprio destino, insegnando a tutti gli altri a temerli, a interpretarli qual un sicuro presagio di morte, egli altro non avrebbe potuto intendere se non puro amore, e un amore a confronto con il quale, allora, sciogliersi completamente, non risultando, proprio malgrado, più intelligente rispetto a quanto, allora, non stesse venendo concessa l’opportunità allo stesso Mes’sh-Tah.

« Un tizio che conosce un tizio che conosce un tizio… sembra essere un giro sufficientemente complicato per non rischiare di perdersi. » commentò Lys’sh, piegando appena il capo di lato e, sicuramente, non ritrovandosi allora a giocare con una cioccia di capelli soltanto nella mera assenza degli stessi, per così come, altrimenti, avrebbe potuto completare in maniera a dir poco perfetta il quadro offerto « Sarebbe troppo poterti chiedere la cortesia di volerci essere guida in questo percorso…?! » suggerì ella, in quello che, sicuramente, avrebbe avuto a doversi intendere sin dall’inizio l’intento proprio dell’interlocutore e che, tuttavia, con la più classica malizia femminile, ella volle riservarsi opportunità di tradurre in una propria bisognosa richiesta d’aiuto, in termini nei quali, in tal maniera, l’altro non avrebbe potuto ovviare a rafforzare tutta la propria sicumera, ritenendo, a sproposito, di essersi potuto in ciò riservare reciproca opportunità di guidare, a propria volta, l’interlocutrice verso tale richiesta, e tale richiesta utile allora a garantirgli maggiore opportunità per trascorrere del tempo assieme e per porre, in tal maniera, in miglior luce tutte le proprie capacità, le proprie conoscenze.
« Sarà un vero piacere, Lys’sh! » asserì egli, con una reazione così entusiasta da aver a poter essere quietamente commiserato da parte di Be’Sihl, in quella propria sciocca convinzione di poter essere riconosciuto, in quel momento, qual padrone del giuoco, nel mentre in cui, altresì, avrebbe avuto a dover essere inteso proprio il giuoco padrone di lui… e un giuoco giocato, allora, secondo regole delle quali neppure avrebbe avuto a essere informato.
« Bene… allora, per ringraziarti di questa tua cortesia, concedici l’occasione di averti come nostro ospite in questo momento… e poi, secondo i tuoi tempi e i tuoi modi, ci accompagnerai da questi tuoi amici, a permetterci di liberarci la coscienza dal peso eccessivo di un caccia stellare. » propose ella, a dimostrare tutta la propria gratitudine verso di lui nel tornare a sfiorargli il ginocchio con la propria mano e nel sorridergli, in un sorriso nel quale, certamente, egli avrebbe avuto a intendere chissà quali straordinarie verità, nel mentre in cui, altresì, l’unica verità a dover essere intesa sarebbe stata quella riferita alla propria più totale assenza di senso di realtà, e di quel senso di realtà che, in tutto quello, sarebbe stato utile a permettergli di comprendere in qual pericolosa direzione stava entusiasticamente accettando di incamminarsi.
« Non potrei domandare di meglio! Credimi! » confermò l’ofidiano, con tutta la più inconsapevole ingenuità della quale avrebbe mai potuto essere contraddistinto.

martedì 25 dicembre 2018

2770


Ovviamente Lys’sh non avrebbe potuto essere più che contrariata dall’ingresso in scena di un altro ofidiano, e, così per come egli non avrebbe potuto ovviare a presentarsi, di un ofidiano purosangue. Se, infatti, egli si fosse allor dimostrato non un semplice passante desideroso di riservarsi una qualche occasione utile ad attaccare bottone con lei, quanto, e piuttosto, una persona effettivamente informata dei fatti, concretamente coinvolta nella questione, e, soprattutto, nel giro de Lo Sfregiato, ciò avrebbe rappresentato, per Be’Sihl e per lei, uno spiacevole ostacolo, e l’ostacolo lì rappresentato da un udito estremamente fine e un’innata capacità a muoversi contraddistinto da un silenzio tale al punto da poter, potenzialmente, giungere a sorprendere persino lei, la quale pur, abitualmente, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta in grado di sorprendere persone dell’addestramento proprio della Figlia di Marr’Mahew In altre parole, quell’ofidiano, laddove avesse avuto a dover essere coinvolto con loro, avrebbe certamente rappresentato una ragione di costante monitoraggio, una potenzialmente onnipresente spia, a confronto con la quale, pertanto, Be’Sihl e lei non avrebbero più potuto riservarsi opportunità di scambiare la benché minima parola in relazione alla realtà dei fatti, limitandosi, altresì, unicamente a vivere in quell’artefatta finzione fino a quando, quantomeno, essa avrebbe avuto necessità di sussistere, ossia fino al compimento della loro missione. E per quanto, allora, l’eventualità di un tale limite, una simile costrizione, avrebbe avuto a doversi considerare fondamentalmente prevedibile a confronto con una tale impresa; il ritrovarsi impossibilitata a parlare sinceramente a Be’Sihl, in quel contesto nel quale già complicato sarebbe stato avere con lui un qualche genere di dialogo, non avrebbe certamente potuto aiutare… anzi.

« Mes’sh-Tah… potete chiamarmi così, se desiderate. » ebbe a presentarsi, sorridendo e accennando quasi una sorta di inchino nell’accompagnare le sillabe del proprio nome « E lasciamo pure perdere i formalismi: in fondo siamo fra amici, no?! »
« Har-Lys’sha. O Lys’sh, se preferisci… » introdusse se stessa, con un lieve movimento del capo, per poi indicare il compagno d’arme con un movimento elegante della mano « … e lui è Be’Sihl Ahvn-Qa. »
« Uomo fortunato… » suggerì Mes’sh-Tah, porgendo la mano verso lo shar’tiagho, in segno di ricercato rispetto verso di lui.

E se quell’equivoco avrebbe potuto essere quietamente credibile, soprattutto in conseguenza al comportamento adottato da Be’Sihl in reazione alle provocazioni dei due nerboruti, Lys’sh non ebbe a concedere a esso alcuno spazio, non laddove il suo interlocutore avrebbe avuto a dover essere considerato un’ofidiano purosangue e, in questo, contraddistinto da un senso dell’olfatto e del gusto tale da non riservarsi certamente il benché minimo dubbio nel ben sapere quanto ella non avesse, proprio malgrado, a doversi considerare sessualmente coinvolta con alcuno e, soprattutto, da ben riconoscere quanto, al contrario, l’odore del quale la pelle del suo supposto amante avrebbe avuto a doversi considerare intrisa non avrebbe avuto a dover essere il suo.
Per questo, e rinunciando sicuramente a un’occasione utile per giustificare al meglio la loro accoppiata, ella ebbe a escludere immediatamente qualunque intimo rapporto fra lei e Be’Sihl, ovviando, in ciò, anche a quei possibili imbarazzi che avrebbero potuto essere allor propri nel momento in cui, al di là della finzione propria della loro missione, avessero entrambi avuto a rammentare quanto la di lei amica e sorella, nonché la di lui amata e amante, Midda, in quel momento, in quel frangente, avesse a doversi riconoscere intrappolata all’interno della propria stessa mente, in chissà quale orrenda allucinazione per lei creata dal potere di Desmair…

« Un uomo fortunato, sì… per il fatto che, malgrado tutti i suoi assurdi colpi di testa io continui a sopportarlo al mio fianco. » replicò quindi ella, in una frase che avrebbe potuto ancora risultare ambigua e che, tuttavia, di lì a un istante ebbe a meglio definire « Inizio a capire perché la sua donna lo abbia lasciato per il proprio ex… e, se continua di questo passo, continuerà a condurre la sua caccia da solo, perché, francamente, io inizio a essere un po’ stanca del suo comportamento e per quanto si possa essere amici, non desidero tollerare ulteriormente certe scenate. »

Una frase enfaticamente scocciata, la sua, che si premurò di mischiare quanto più possibile realtà e finzione, con maggiori dosi della prima e minori interventi della seconda, al fine di non apparire prossima a una bugia, in termini nei quali, altresì, un ofidiano purosangue qual il loro interlocutore avrebbe potuto maturare facilmente consapevolezza, cogliendone facilmente i segnali biologici attraverso i propri sensi troppo acuti per poter essere spudoratamente ingannati. Meglio, quindi, argomentare in termini quanto più possibili prossimi alla realtà, allorché proporre qualcosa di troppo distante da essa, in maniera tale che, con un po’ di benevolenza divina verso di loro, quell’interlocutore non avesse a doversi considerare interessato ad approfondire ulteriormente, a sospettare una qualche realtà alternativa, per così come, altresì, tutto il castello di carte da loro eretto avrebbe potuto essere troppo facilmente disfatto.
Fortunatamente, e per comprendere ciò non sarebbero stati necessari sovrasviluppati sensi ofidiani, Mes’sh-Tah avrebbe avuto a doversi riconoscere evidentemente più che soddisfatto alla conferma verbale di quanto, fra loro, non avesse a dover essere inteso esistente alcun particolare rapporto, alcuna relazione intima, in termini tali per cui, allora, ben poco di tutto il resto avrebbe avuto ancora a riservarsi qualche particolare valore, qualche effettiva importanza: ofidiano o no, egli era comunque un uomo, e come uomo, in quel frangente, avrebbe avuto a dover essere più interessato a lei in quanto donna che a qualunque altra possibile declinazione del discorso. Da comprendere, tuttavia, avrebbe avuto a essere quanto, parimenti, anch’egli avrebbe avuto a dover essere riconosciuto interessante per loro e quanto, piuttosto, null’altro avesse a dover essere inteso se non una semplice perdita di tempo.

« Ma dimmi… Mes’sh-Tah. » riprese quindi immediatamente voce, a reindirizzare il discorso verso un ben diverso genere di argomentazione « Mi pare aver inteso che tu abbia a poterci essere d’aiuto per la questione di coscienza alla quale pocanzi accennavo con quel garzone. » lo invitò a giungere al sodo, nel mentre in cui, con un movimento del piede, ebbe a spingere all’indietro una sedia ancora libera al loro desco, per poterlo, in ciò, invitare ad accomodarsi e invitarlo accanto a sé, là dove avrebbero quindi potuto proseguire più comodamente in quella discussione « La tua voleva essere soltanto una frase a effetto, per provarci un po’ con me, oppure puoi veramente aiutarci…? »
« Non mi oserei mai! » escluse l’altro, scuotendo il capo « Nel senso… non mi oserei mai ricorrere a una qualche frase a effetto soltanto per provarci con te, Lys’sh. Per quanto, devo essere sincero, oserei ricorrere a qualunque genere di tattica pur di poterci provare con te… » asserì, in una frase totalmente priva di significato, e intrinsecamente contraddittoria, a confronto con la quale, tuttavia, ella non ebbe a soffermarsi più di molto, nel mantenere concentrato il proprio interesse unicamente sulla questione alla base di tutto ciò, e sulla ricerca di un contatto con Lo Sfregiato e, da lui, con Desmair « E comunque sì… credo proprio di potervi aiutare! » concluse, accomodandosi là dove da lei offertogli.
« In che modo, mio caro…?! » sorrise ella, allungandosi appena verso di lui per andare a fiorargli il ginocchio destro con la propria mancina, nella ricerca di un complice contatto con lui, un gesto che avrebbe potuto significare tutto e nulla, e che, in quel frangente, per quanto per lei non significasse nulla, sperava francamente che per l’altro avrebbe potuto significare tutto, motivandolo maggiormente a fornire loro l’aiuto necessario.
« Diciamo che conosco un tizio che conosce un tizio che conosce un tizio a cui potrebbe fare molto piacere un caccia stellare… » replicò l’altro, abboccando completamente all’esca tesagli e smarrendosi con assoluto piacere nello sguardo di lei.

lunedì 24 dicembre 2018

2769


Quando i due stranieri avevano fatto la loro apparizione all’interno del locale, Mes’sh-Tah non aveva potuto ovviare a essere incuriosito da essi per molteplici ragioni, fra le quali, indubbiamente, l’evidenza dei fatti di quanto non avesse a doversi considerare sì consueto veder comparire volti nuovi da quelle parti, ma anche, e ancor più, una certa, naturale, e personalissima, ragione di interesse per una giovane ofidiana, suo pari. In verità, Mes’sh-Kah aveva immediatamente compreso quanto ella non avesse a doversi considerare propriamente una purosangue, ma, a tal riguardo, non si sarebbe riservato poi particolare ragione di discriminazione, non, soprattutto, a confronto con l’evidente beltà della quale ella avrebbe avuto a doversi considerare caratterizzata.
Quella giovane mezzosangue, infatti, non avrebbe potuto apparire meno che magnifica, pur lì presentandosi in abiti quantomeno privi di qualunque sofisticata ricercatezza, e tali, in ciò, da porre paradossalmente in maggiore risalto la sua genuina eleganza, senza, in ciò, forzarla ad risultare diversa da quanto avrebbe avuto a dover essere giudicata essere.
Con una squisita carnagione verde, in tonalità variabili da sfumature più scure sino a gradazioni smeraldine, la sua pelle si mostrava soavemente adornata da sottilissime, e quasi vellutate, scaglie, di dimensioni diverse a seconda della posizione occupata sul suo corpo, apparendo praticamente indistinguibili a occhio nudo all’altezza del volto, delle mani e del suo addome, e, altresì, più rilevanti, in un ordine di misura variabile fra i centesimi e i decimi di pollice, sul collo, sulle avanbraccia e, sicuramente, anche in altri punti purtroppo non ammirabili del suo corpo. Il suo volto, contraddistinto dal fiero rispetto del miglior canone ofidiano, avrebbe avuto a doversi rimirare così perfetto nella delicata sinuosità delle sue forme, nell’assenza di quegli orridi nasi propri della maggior parte delle altre specie o, peggio ancora, delle orecchie, lì, altresì, squisitamente sostituiti da quasi indistinguibili aperture che in alcun modo avrebbero avuto a turbare, quindi, la meravigliosa eleganza propria di cotale beltade. Così come, ancora, nella più pura natura ofidiana, avrebbe avuto a doversi riconoscere assente qualunque genere di chioma, o altra peluria, a disturbare l’altresì perfetta conformazione del suo piccolo ed elegante cranio o di altra parte del suo volto o del suo corpo. Ammalianti anche i suoi grandi occhi, di una sfumatura quasi dorata nel giallo dei propri bulbi, in fiero contrasto con il corvino altresì proprio delle sue pupille verticali, riflesse nelle quali, francamente, Mes’sh-Tah non avrebbe potuto ovviare a sperare di poter rimirare la propria immagine riflessa.
A quasi fastidioso involucro di tanta meraviglia, di un corpo sinuoso, elegante, costituito da forme slanciate, al contempo quasi delicate e pur straordinariamente atletiche, con ampie e fiere spalle, con seni piccoli e sodi, con una vita sottile, sottilissima, e fianchi altresì nuovamente larghi, a offrire spazio alle sue cosce e alle sue lunghe e tornite gambe, lì connesse al resto del corpo in grazia di una coppia di glutei semplicemente sublimi nella propria presenza; avrebbero avuto allora a doversi individuare i suoi abiti, e quegli abiti, appunto, privi di particolare ricercatezza e, pur, sostanzialmente perfetti per lei e per quelle sue forme. Lasciando, infatti, scoperta amplia parte del suo addome, di quel delizioso addome lievemente convesso, e scevra di quell’imperfezione propria di altre razze, volgarmente nota come ombelico, un nero e corto corpettino, privo d’ogni scollatura, appariva lì preposto a celarne, con pudore, le forme più femminili, quei dolcissimi seni appena accennati, accompagnato, all’altezza delle sue spalle, da un giubbetto di rossa pelle, in meraviglioso contrasto con quel verde smeraldo della propria pelle, di poco più lungo rispetto all’indumento sottostante e lì, sicuramente, utile a celare al di sotto della propria presenza, della propria lucida superficie, un qualche imbracatura, una qualche fondina ascellare, nella quale avrebbe avuto a doversi riconoscere celata l’arma da lei di lì a breve estratta. A completare, poi, il quadro d’insieme così delineato, non avrebbero avuto a dover mancare dei larghi e morbidi pantaloni di stoffa marroncino chiaro, chiarissimo, con grandi e comode tasche all’altezza delle sue cosce, e, ancora, più in basso, delle scarpe scamosciate di qualche sfumatura più scure rispetto ai pantaloni, a sicuramente morbida accoglienza per i suoi piedi.
Impossibile, dinnanzi a tutto ciò, sarebbe stato per Mes’sh-Tah ignorare quella straniera. E sicuramente comprensibile, in tutto ciò, avrebbe avuto a doversi anche riconoscere, quantomeno da parte sua, il buon gusto proprio di quei due stolidi esseri umani che con troppo poco rispetto avevano approcciato tanto divina visione, salvo essere poi, in ciò, puniti dall’intervento del suo compagno, lì forse sospinto da un qualche sentimento di gelosia che, ineluttabilmente, non avrebbe potuto ovviare a suscitare invidia anche da parte dello stesso ofidiano, se non addirittura rabbia nel confronto con il senso di spreco che, allora, avrebbe rappresentato innanzi al suo giudizio l’esistenza di un qualsivoglia genere di relazione fra loro, sottraendo simile incanto alle proprie possibilità d’ambizione.
Cosa, in tale ipotesi, simile ofidiana bellezza avrebbe potuto trovare, poi, in quell’uomo, avrebbe avuto a dover essere giudicato di difficile valutazione, nell’offrirsi di un essere così oscenamente simile a una scimmia, almeno ai suoi occhi, il cui unico pregio, a margine di tutto ciò, avrebbe avuto a doversi considerare un certo qual buon gusto nell’ovviare a presentare troppi capelli al di sopra del suo capo, lì rasati tanto corti da risultare, in verità, più simili a una sfumatura di colore, ancor prima che a un qualche genere di capigliatura, di chioma. Al di là di ciò, tuttavia, quell’osceno naso, quelle orecchie ai lati del suo volto, quelle labbra oscenamente carnose, non avrebbero potuto che disgustare il senso estetico di Mes’sh-Tah, trovando giustappunto una qualche tolleranza da parte sua nella sfumatura della sua pelle, in quella tonalità piacevolmente scura e, in effetti, quasi simile a quella della propria, per quanto, altresì, non contraddistinta da un manto di vellutate scaglie suo pari. E se, a confronto con tutto ciò, inutile sarebbe stato per lui soffermarsi sui suoi abiti, i quali non avrebbero potuto suscitare in lui il benché minimo interesse, l’attenzione dell’ofidiano non avrebbe potuto ovviare a scendere incuriosita verso i suoi piedi, e quei piedi lì presentatisi nudi, privi di qualsivoglia genere di calzare, in una scelta quantomeno stravagante.
Umanità a parte, difetto del quale non avrebbe potuto essergliene fatta alcuna colpa, Mes’sh-Tah non avrebbe, e non aveva, potuto comunque ovviare a trovare quantomeno interessante la sua audacia nel confronto con i due nerboruti, così come la sua particolare tecnica di combattimento, apparentemente mutuata dal pugilato, ancor prima che da un qualche particolare addestramento marziale, con effetti tuttavia così efficaci da meritare sicuramente un indubbio plauso, per quanto, ancor più meritevole d’attenzione avrebbe avuto, poi, a doversi riconoscere la fermezza con la quale l’altra l’aveva ricondotto all’ordine, riportandolo accanto a sé non dissimile da un cagnolino fedele o, forse, da una qualche bizzarra guardia del corpo. E se, in tutto ciò, il suo interesse per quella coppia non avrebbe potuto che continuare a crescere, quasi effetto di una qualche benevolenza divina egli ebbe a dover allor considerare la grazia propria dell’interrogativo che, con il suo fine udito, non ebbe difficoltà di sentir proposto da parte della mezzosangue al garzone, e di un interrogativo nel merito del quale, in effetti, egli avrebbe saputo offrir risposta.
Fu così che, dal posto da lui precedentemente occupato, egli ebbe a levarsi e a muoversi con quieta discrezione verso il tavolo nel quale si erano accomodati i due, lasciandosi introdurre da un lieve e quasi inudibile suono ofidiano, in un quantomeno rispettoso approccio nei confronti della propria desiderata interlocutrice. E quand’ella ebbe a rispondergli, ricambiandogli la cortesia, egli non ebbe più alcuna esitazione a giungere sino a loro e, in ciò, a introdursi apertamente alla loro attenzione…

« Vogliate scusarmi… » sorrise, rivolto in direzione della coppia e, ovviamente e in particolare, in quella della giovane donna « … non era mia intenzione impicciarmi di affari a me estranei, ma non ho potuto fare a meno di cogliere la domanda che, pocanzi, è stata formulata all’attenzione di quel ragazzo e, per la quale, non avete ottenuto alcuna ragione di soddisfazione. »
« … e immagino sarà lei a volercela concedere… » suggerì la giovane ofidiana, sorridendo con sorniona malizia verso il nuovo giunto e squadrandolo, con discreta attenzione, da capo a piedi, per meglio poter giudicare con chi, in quel frangente, potessero starsi ritrovando ad avere a che fare.

domenica 23 dicembre 2018

2768


« Andatevene, finché siete ancora in tempo… » suggerì allora Lys’sh, in un consiglio a metà fra la finzione scenica e la realtà effettiva, laddove, obiettivamente temibile avrebbe avuto allora a doversi riconoscere il proprio compagno in quel particolare momento storico della propria esistenza, in termini tali per cui, anche laddove egli avrebbe avuto a doversi considerare mosso a pronunciare quelle parole per semplice intento intimidatorio, troppo semplice avrebbe avuto a doversi riconoscere l’eventualità nella quale, altresì, l’idea in tal maniera promossa avrebbe avuto a poter essere tradotta in realtà.

E se, indubbiamente impressionati in maniera negativa da quell’uomo, i due nerboruti si dimostrarono comunque incerti sul ritirarsi, sul procedere nella direzione così loro indicata dall’ofidiana, per il loro bene fu la stessa a incalzare ulteriormente nel proprio invito, ponendo allor metaforicamente sul tavolo delle solide argomentazioni, e argomentazioni solide quantomeno al pari di una pistola laser, che ebbe allora a estrarre dal proprio fianco, da sotto la propria giacca, levandola dritta verso il capo di colui che, sino a quel momento, aveva già ricevuto maggiore danno, a promettergli implicitamente, in tal maniera, di non avere a riservarsi esitazione alcuna nell’incedere a porre fine a ogni sua mortale sofferenza, laddove egli l’avesse costretta ad agire, nel perseverare, allora, con la propria incertezza, con la propria indolenza.

« … allora?! » incalzò ella, aggrottando la fronte e muovendo appena la punta dell’arma a invitare a sbrigarsi prima che fosse ella stessa ad aprire il fuoco e, in ciò, a porre fine a quella diatriba « Sappiate che sono profondamente contraria ai conti alla rovescia, quindi o voi sparite, o sarò io a sparare. »
« Siete due dannati psicopatici! » protestò il secondo nerboruto, nel mentre in cui, tuttavia, il suo compagno, già uscito sufficientemente malconcio da quell’incontro, non ebbe allora a riservarsi la benché minima esitazione, decidendo di darsela a gambe finché ancora tale occasione gli fosse stata concessa, con tanta reattività al punto che, allora, l’altro ebbe lì a ritrovarsi a parlare pressoché da solo, senza neppure rendersene effettivamente conto.
« Fossi in te, eviterei di insultare una donna. Soprattutto nel momento in cui questa ti punta un’arma alla testa… » suggerì allora Lys’sh, scuotendo appena il capo e spostando la mira verso di lui, giacché il primo, quantomeno, aveva dimostrato sufficiente presenza di spirito da non arrischiarsi a lasciarci la pelle senza neppure una reale ragione giustificatrice a tal fine « E, sempre fossi in te, magari preferirei seguire il mio amico in fuga, anziché restare ferma a morire senza una ragione utile a farlo. » soggiunse, a evidenziare quanto egli fosse lì rimasto solo.

Divenuto solo in quel momento consapevole della propria condizione, il nerboruto rimasto ebbe lì a tentare di trovare un’ultima frase a effetto da condividere, salvo, alfine, abbracciare la saggia scelta di ritirarsi, e di ritirarsi altrettanto rapidamente da quella situazione ormai volta in proprio totale sfavore.
Allontanatosi, quindi, con passo svelto verso l’uscita del locale, lì si soffermò un solo, ulteriore, istante per provare a riservarsi un’ultima parola, e un’ultima parola di minaccia, a discapito di quella coppia…

« Non finisce qui! » propose, in una frase assolutamente priva di qualunque significato, giacché, obiettivamente, né gli uni, né gli altri, avrebbero potuto vantare una qualche reciproca conoscenza, tale da poter presumere di potersi riservare una qualche nuova occasione d’incontro, lasciando così risuonare quelle parole quasi ridicole nella propria supposta volontà di intimidazione.

E a comprovare quanto, allora, personalmente, avrebbe avuto a ignorare completamente qualunque intendimento di pericolo celato da quelle parole, Be’Sihl non mancò, in quel frangente, di avere a recuperare lo stesso boccale utilizzato da uno di loro, lì sul bancone dove era rimasto appoggiato, per voltarsi e, con estrema precisione, avere a scagliarlo dritto contro il volto dell’interlocutore, con un sordo e violento impatto che, allora, ebbe probabilmente a infrangere anche il suo setto nasale ma, soprattutto, ebbe a privarlo repentinamente d’ogni coscienza, lasciandolo crollare a terra privo di senso, come corpo morto cade.

« Be’S! » protestò Lys’sh, sinceramente infastidita dal ritrovarsi ad avere a che fare con tutto ciò, e con quella sua apparentemente crescente incapacità a trattenere i propri gesti, la propria violenza.
Ma lo shar’tiagho, del tutto indifferente al rimprovero implicitamente mossogli, si limitò a stringersi fra le spalle e a rivolgersi, poi, verso il ragazzo che, in attonito silenzio, aveva seguito da dietro il bancone la scena per così come evolutasi, per dichiarare con serena tranquillità: « Se il boccale si fosse danneggiato, lo pagherò io… non ti preoccupare. »
« Andiamo a sederci da qualche parte, zuccone. » gli ordinò l’ofidiana, scuotendo il capo « Hai già dato abbastanza spettacolo per oggi… » soggiunse, in una frase che avrebbe allor avuto a dover essere riconosciuta qual ancora una volta equamente commisurata fra finzione scenica e realtà effettiva, laddove, obiettivamente, non avrebbe potuto desiderare un approccio più quieto alla questione… anche perché meno quieto rispetto a quello difficile sarebbe stato a immaginarsi senza l’impiego di un qualche esplosivo.

Tornando nel proprio ruolo, Be’Sihl si limitò a sorridere verso Lys’sh con aria sornionamente soddisfatta, prima, tuttavia, di ubbidire al suo invito e, in ciò, di muoversi al suo seguito verso un tavolo, sotto lo sguardo incuriosito di ormai quasi tutti gli astanti, i quali difficilmente non avrebbero potuto lasciarsi coinvolgere dall’evolversi degli eventi.
Accomodatisi, così, entrambi a un tavolo, i due vennero raggiunti dallo stesso ragazzo di prima, il quale, in ottemperanza alle parole dello shar’tiagho, era andato a verificare lo stato del boccale e, lì, l’aveva quindi condotto seco a dimostrare quanto, purtroppo, l’impugnatura dello stesso fosse andata infranta nella caduta a terra, in un danno quindi irreparabile a pagamento del quale, allora, avrebbe avuto a dover intervenire proprio il responsabile dell’estemporanea traduzione di quel boccale in un proiettile. Così, di parola, Be’Sihl ebbe a dover rifondere i danni, nel mentre in cui approfittò anche per ordinare una pinta di birra scura. Lys’sh, al contrario, colse l’occasione lì concessa dalla presenza di quel garzone per rivolgere la parola al giovane e avere così a sperare di raccogliere qualche informazione utile per il loro scopo ultimo.

« Dal momento che mi sembri un ragazzo sveglio… » premesse, osservandolo con aria assolutamente interessata, per avere occasione di cogliere qualunque possibile reazione, anche non eccessivamente palese, da parte sua « … se io avessi un caccia stellare a pesarmi sulla coscienza, e me ne volessi liberare in cambio di un bel gruzzolo di crediti, sai dirmi a chi potrei rivolgermi qui in zona?! »
« Perdonami, signora… » rispose l’altro, scuotendo appena il capo « … ma proprio dal momento che sembro un ragazzo sveglio, so bene che in certe cose è meglio evitare di impicciarsi. » commentò, allontanandosi poi dal tavolo per preoccuparsi dell’ordinazione ricevuta e di null’altro al di fuori di essa, nel voler tenere fede all’intento così dichiarato e, in ciò, nel non volersi lasciar coinvolgere da quella coppia più del necessario, non, quantomeno, nel desiderare conservarsi in salute.

Ma benché quel tentativo verso il ragazzo avrebbe avuto a doversi considerare scemato nel nulla, la domanda di Lys’sh non ebbe tuttavia a restare senza una qualche risposta giacché altre orecchie, altre attenzioni, ebbero a recepire quell’interrogativo e, a fronte dello stesso, a reagire, e a reagire con maggiore desiderio di interazione rispetto a quanto, in quel frangente, non dimostrato dal primo, potenziale interlocutore dell’ofidiana.

sabato 22 dicembre 2018

2767


« Io ti ammazzo! » proclamò, in parole che non avrebbero avuto a doversi fraintendere qual semplice fola, quanto e piuttosto qual un vero e proprio manifesto programmatico, una concreta intenzione da tradurre in realtà nel minor tempo possibile.

Al fine di porre in essere tale intento, il nerboruto sanguinante non ebbe a cercare un qualche approccio particolarmente elegante nei confronti di Be’Sihl, puntando, altresì, sulla concretezza, e sulla concretezza propria di due grosse e forti mani che, allora, ebbero ad afferrarlo alla gola, cogliendolo di sorpresa alle spalle, per lì iniziare a stringere, e iniziare a stringere con foga, nella sola, semplice e primordiale volontà di soffocarlo, di estirpare la vita dal suo corpo con tutta la violenza della quale sarebbe stato capace.
Una violenza che, sorprendendo lo shar’tiagho, lo vide ritrovarsi in una spiacevole situazione, in una morsa potenzialmente letale, nella quale, allora, avrebbe potuto facilmente soccombere se soltanto si fosse riservato una qualche particolare occasione di scrupolo in quel confronto, in quella che, pur essendo iniziata quale una disputa verbale, era allora rapidamente scaduta in una rissa e, forse, in qualcosa di molto peggio. E se pur, in un altro contesto, in un’altra situazione, ineluttabile da parte sua sarebbe stato riservarsi opportunità di scrupolo a confronto con l’idea di permettere a tutto quello di involvere in un qualche genere di affare molto più sporco, molto più violento, molto più sanguinario, e di permetterlo non tanto per un qualche proprio effettivo coinvolgimento, quanto e piuttosto per una qualche propria mancanza; la situazione per lui lì corrente, il contesto per lui rappresentato da quella caccia a Desmair per la salvezza della sua amata donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, non avrebbe potuto ovviare a vederlo quantomeno disinteressato alla sorte di quella coppia di inutili interferenze, ragione per la quale non ebbe a riservarsi esitazione alcuna prima di reagire, e di reagire in maniera pur priva di possibilità di pietà per essi o per chiunque altro si fosse posto innanzi ai suoi passi.
Così, nel ravvisare dolorosamente la presenza di quella terribile stretta attorno al proprio collo, e nel rimproverarsi per non essersi concesso opportunità di prestare dovuta attenzione a quell’avversario, ingenuamente considerandolo già escluso da ogni confronto, l’ex-locandiere non ebbe a perdere la freddezza d’esecuzione dimostrata sino a quel momento, e, con quieta lucidità, ebbe a condurre le proprie mani al di sotto del proprio giaccone, all’altezza della cintola, verso il retro della propria schiena, là dove, quietamente riposte nei propri foderi, avrebbero avuto a doversi riconoscere due corte ma affilate lame, due lame ricurve che, impugnate saldamente fra le mani, ebbe a estrarre e a condurre, senza la benché minima esitazione, a conficcarsi con mirabile sincronismo, e temibile violenza, negli avambracci dell’aggressore, aprendone le carni senza fatica alcuna, senza incontrare il benché minimo ostacolo, o la più banale occasione di freno, nel vedere quelle lame così profondamente nelle sue carni in misura tale per cui troppo facile sarebbe stato un qualche paragone fra quelle e un panetto di morbido burro a confronto con un coltello incandescente.
E se, allora, quel duplice affondo venne portato a termine con la più assoluta indifferenza da parte dello shar’tiagho, vedendolo compiere quel gesto, per lo più, con un’evidente espressione di noia a confronto con quanto allora richiestogli, ancor prima che con una possibile contrarietà innanzi alla brutalità di quanto lì ritrovatosi costretto a rendersi partecipe e promotore; decisamente meno composta ebbe a essere la reazione del proprio predatore, lì nuovamente ricondotto allo stato di preda, nel ritrovarsi entrambe le braccia dolorosamente trapassate da quelle lame, e da quelle lame per tentare di sfuggire alle quali, allora, ebbe a liberare il collo prima trattenuto in ostaggio, tentando di ritrarsi, di evadere a una situazione a confronto con la quale, chiaramente, non avrebbe avuto a doversi considerare né psicologicamente, né tantomeno fisicamente preparato. Perché per quanta rabbia, per quanta alterigia, per quanto sprezzo avrebbe potuto contraddistinguerlo, nulla di tutto ciò sarebbe valso il dolore conseguente a quelle due impietose pugnalate, in aggiunta al naso già frantumato…

« Ahhh...! » gridò il primo nerboruto, nel mentre in cui nuovi fiotti di sangue esplodevano dalle sue carni, e dalle sue carni dalle quali Be’Sihl si affrettò a estrarre le proprie lame, in un gesto allor motivato non tanto dalla volontà di rivolgergli un qualche favore, quanto e piuttosto per non ritrovarsi allora immediatamente disarmato, laddove, per quanto avrebbe potuto saperne, ancora molte avrebbero avuto a doversi considerare le occasioni, anche immediate, nelle quali gli sarebbe stato richiesto di impiegare quelle lame.
« Maledetto pazzo furioso! » esclamò il secondo, contemplando con orrore le nuove ferite inferte al proprio compagno di bevute, e inferte in maniera del tutto gratuita, immotivate a confronto con la situazione per così come si era sviluppata sino a quel momento, almeno dal proprio personale punto di vista.

E se lo “smilzo”, or promosso a “pazzo furioso”, non si sarebbe allor riservato problema alcuno nel proseguire in quella tutt’altro che amichevole discussione, lasciando roteare quelle lame attorno agli indici, l’impugnatura delle quali avrebbe avuto a doversi considerare legata in grazia a un anello, a dimostrazione di quanto sarebbe stato più che lieto di potersi divertire a sfilettare ancora e ulteriormente le membra del primo volontario che si fosse fatto avanti; a frenare quel crescendo prima che potesse condurre a qualche di peggio rispetto a un naso rotto e a due tagli sulle braccia, si riservò occasione di intervento la stessa ofidiana involontaria motivazione alla base di tanta violenza, in un intervento ancora una volta motivato non tanto da una qualche volontà di salvaguardia di coloro i quali avrebbero avuto lì a doversi obiettivamente riconoscere quali le vittime della situazione, quanto e piuttosto nel desiderio di tentare di preservare quanto sempre meno rimasto dell’animo di Be’Sihl, per così come, per lo meno, da lei un tempo conosciuto e, francamente, apprezzato.

« Basta così, Be’S! » intervenne quindi Lys’sh, con voce imperiosa verso il compagno, in un tono che, se allora avrebbe avuto a doversi giudicare giustificato dalla messinscena preventivamente concordata, mai come in quel momento avrebbe avuto ragione di essere riconosciuto qual sincero e quietamente motivato, e motivato da un indiscutibile disappunto per l’ennesima mattanza della quale stava apparendo desideroso di rendersi protagonista « L’unica colpa di questi due disgraziati è di essersi lasciati guidare nelle proprie constatazioni da un organo diverso dal cervello, e posto decisamente più in basso rispetto a esso… »

Fedele al piano concordato, e tutt’altro che desideroso di avere a contrariare in maniera eccessiva l’unica amica sulla quale, in quel frangente, avrebbe potuto riservarsi opportunità di contare, Be’Sihl accettò quell’invito, e quell’invito perentorio, limitandosi ad annuire lievemente con il capo e, soprattutto, a lasciar svanire, nuovamente, dietro la propria schiena quelle due armi, riponendole là dove le aveva estratte.
E se Lys’sh non poté negarsi una certa soddisfazione nel vederlo quantomeno ancor sufficientemente padrone di sé da poter essere ancora recuperato, per diversa motivazione non avrebbero avuto a rifiutare di essere altrettanto soddisfatti anche i due nerboruti malcapitati, i quali, decisamente ridotti nella propria importanza, non avrebbero potuto ovviare a desiderare una qualche occasione per ritirarsi da quel conflitto, e da un conflitto all’interno del quale, ormai evidente, avrebbe avuto a doversi considerare quanto inadeguata avrebbe avuto a dover essere giudicata la loro posizione o, ancor più, la loro intrinseco cattiveria.

« … se tu mi permettessi di rimuovere l’organo erroneamente sostituitosi al cervello, sono sufficientemente sicuro che non commetterebbero più il medesimo errore in futuro. » propose, animato in tal senso dal solo desiderio di restare all’interno della parte che, con tanta risolutezza, si era palesemente occupato di rendere propria, e di rendere propria al prezzo del sangue lasciato sgorgare dai corpi di coloro i quali, malcapitati, fossero finiti fra le sue mani.

venerdì 21 dicembre 2018

2766


Agli occhi di Lys’sh, il loro esordio non fu dei migliori. Al contrario, innanzi al giudizio di Be’Sihl, non avrebbe potuto essere migliore rispetto a quanto non ebbe a essere. E questo poté chiaramente delineare la differenza di vedute, di prospettive, e di aspettative esistente fra loro, rendendo in tal maniera quantomeno trasparente il loro differente approccio alla questione.
Entrati nel primo locale che ebbero a incrociare una volta raggiunta una delle aree meno raccomandabili della città, infatti, laddove l’ofidiana avrebbe preferito mantenere un profilo quanto più possibile modesto, sì iniziando a spargere la voce del loro interesse a vendere il caccia, ma senza, al contempo, risultare eccessivamente appariscenti nel proprio incedere, il fato ebbe a porre il proprio metaforico zampino nella questione, e a porlo nelle fattezze, per la precisione, di una coppia di nerboruti idioti i quali, di fronte all’esotico fascino della giovane, non ebbero a risparmiarsi un commento indubbiamente poco appropriato. Un commento che, dal punto di vista di Lys’sh, avrebbe potuto essere serenamente ignorato, e che, tuttavia, tale non venne altresì da parte di Be’Sihl, il quale, pur attenendosi all’idea di doversi muovere in subordinazione alla propria compagna d’arme, decise di interpretare tale indicazione, simile istruzione, a modo suo, proponendosi, in maniera assolutamente imprevedibile, qual una sorta di geloso marito, un protettivo fratello maggiore o, più semplicemente, un’attenta e premurosa guardia del corpo, e, in ciò, appropinquandosi alla coppia di nerboruti idioti con piglio serio e sguardo privo di qualunque evidenza volta a fraintendere che egli potesse desiderare scherzare, o che egli potesse desiderare tollerare qualunque genere di scherzo…

« … forse potrei aver frainteso l’invito rivolto alla mia amica… » scandì, osservando con sguardo serio e accigliato quei due, apparentemente del tutto indifferente all’evidenza di quanto essi fossero indubbiamente contraddistinti da una massa fisica superiore alla sua, non soltanto nella propria somma, ma anche nella propria individualità, con un’altezza di almeno una spanna maggiore rispetto alla sua e un quantitativo schiacciante di libbre di tesi e vibranti muscoli in più rispetto a quanto mai avrebbe potuto vantare di aver posseduto nella propria intera esistenza.

Incerti su come avere ad accogliere l’impercettibile minaccia da lui così rappresentata per loro, obiettivamente assimilabile, in tutto quello, al lieve ma fastidioso ronzio di una mosca, i due, lì comodamente accomodati su due sgabelli e scompostamente appoggiati di schiena al bancone, forse coadiuvati in tanta enfasi da una pinta di birra di troppo, o forse, semplicemente, dalla propria stolidità, non si riservarono occasione di ignorare il loro interlocutore, né, tantomeno, di tacere innanzi a lui, preferendo, al contrario, offrire libero sfogo alle proprie stupide voci nel ripetere, in maniera assolutamente puntuale quanto già pocanzi scandito, in un’amichevole conversazione fra loro.

« Ehy… calmati, smilzo. » ironizzò il primo dei due, desiderando evidenziare nell’impiego di quel termine comunque improprio nei riguardi di Be’Sihl il quale non avrebbe potuto essere definito particolarmente magro, la differenza di corporatura esistente fra loro e, in particolare, il fatto che egli avesse a doversi riconoscere in evidente inferiorità fisica in confronto a loro.
« Stavamo solo commentando fra di noi quanto potrebbe essere piacevole ritrovarsi avviluppati fra le spire di una conturbante ofidiana come la tua amica… » ripeté il secondo, ammiccando in direzione del compare, a ricercare, anche in quella riproposizione, tutta la sua complicità come pocanzi « … non c’è nulla di male nell’evidenziare quanto ella abbia a dover essere considerata una bella donna, voglio sperare: non siamo certamente razzisti, noialtri. »
« Eh no… » escluse di nuovo il primo, sorridendo sornione « Anzi… devo ammettere che sarei proprio curioso di vedere in quale misura ella potrebbe essere in grado di avvolgere il mio… » tentò di proseguire, nel voler riproporre esattamente il medesimo concetto pocanzi già completamente definito, senza, tuttavia, in questa occasione, ritrovarsi in grado di portare a termine la propria frase in conseguenza a una reazione, e a una reazione decisamente impetuosa, da parte dello “smilzo”.

Be’Sihl, infatti, non volle permettergli esplicitare nuovamente quell’ingiurioso concetto e, a tal fine, decise di intervenire a bloccarlo, e a bloccarlo con straordinaria risolutezza, incredibile violenza, nel ritrarsi appena all’indietro e nello spingersi, poi, in avanti, e nello spingersi in avanti con tutto l’impeto per lui allora possibile, per condurre la propria fronte a impattare sonoramente contro il naso dell’interlocutore. E se il colpo, allora, fu tale da risuonare all’interno dell’intero locale, gli effetti del medesimo non mancarono necessariamente di attrarre l’attenzione di chiunque lì attorno, giacché, il primo fra i due nerboruti, ebbe in tal modo a ritrovarsi, inaspettatamente e dolorosamente, con il setto nasale a pezzi, nel mentre in cui un copioso flusso di sangue non si sarebbe negato opportunità di esplodere, allora, dal suo naso infranto, a meglio descrivere gli effetti di tal gesto, e di tal gesto unicamente motivato dalla volontà di porlo a tacere.

« Lurido figlio di… » sgranò gli occhi il secondo nerboruto, non desiderando concedere a quell’estraneo un’altra possibilità di iniziativa e, in ciò, subito intervenendo, subito reagendo, nel muovere il pesante boccale di vetro dal quale stava lì bevendo, arma improvvisata e pur potenzialmente efficace, verso la testa dello shar’tiagho, desideroso di aprire in due quel cranio a verificare qual genere di sentimenti potessero lì star muovendolo a compiere un’azione tanto stolida, qual quella atta a vederlo schierarsi contro due della loro stazza, della loro corporatura.

Ma Be’Sihl non restò in quieta attesa di quel colpo e, con un semplice gioco di gambe, ebbe allora a ritrarsi, e a ritrarsi in termini utili a rendere vana la parabola tracciata dal movimento di quel braccio, per poi tornare ad allungarsi in avanti e condurre una coppia di rapidi pugni diretti ai fianchi del proprio secondo antagonista, pugni che, pur non potendo certamente vantare la risoluta energia abitualmente propria della sua amata Midda Bontor, né, tantomeno, potendo competere con l’innaturale solidità del suo braccio destro, perduto molti anni addietro e, da allora, sempre sostituito con surrogati metallici, ebbero comunque a riservarsi il proprio merito, nel vedersi perfettamente mirati, e attentamente condotti, verso i punti più scoperti del suo addome, ovviando attentamente alla muscolatura, là dove minor pena avrebbe potuto imporgli, e puntando, altresì, a raggiungerlo là dove avrebbe potuto far sentire la propria presenza, e farla sentire nella maniera più dolorosa possibile.
Ovviamente due pugni non avrebbero potuto chiudere tanto semplicemente la partita così iniziata, non nel confronto con un avversario di quella stazza, e non, certamente, dopo aver definito come prima mossa un attacco tanto plateale qual quello condotto a discapito del suo amico. E, di questo, lo shar’tiagho avrebbe avuto a doversi considerare perfettamente consapevole, e consapevole nella misura utile a ritrarsi indietro prima che, in un movimento praticamente opposto al precedente, la controparte potesse raggiungerlo con il proprio braccio, e quel braccio così rigonfio di muscoli da risultare di difficile assimilazione a qualunque umana anatomia: così, ancora una volta, quella possibile offensiva a suo discapito ebbe a terminare nel nulla, a essere condotta verso lo spazio vuoto che egli ebbe a lasciare dietro di sé in conseguenza alla propria tempestiva reazione, spazio vuoto che, tuttavia, non mancò di essere nuovamente riempito dal suo corpo, e ancor più dai suoi pugni, un istante dopo, in una nuova coppia di energici montanti diretti sempre a discapito di quell’addome, lì, ora, più scoperto, più libero rispetto a un istante prima e, in questo, più facile da raggiungere e da colpire, in grazia a quella tecnica sicuramente semplice, a tratti persino banale, e pur, indubbiamente, efficace nel proprio intento.
Quanto, tuttavia, sfuggì all’attenzione di Be’Sihl, allora concentrato sul secondo nerboruto, fu come il primo non avesse a doversi superficialmente considerare già escluso dall’azione in sola conseguenza al grave danno pur a lui inferto, quanto, e piuttosto, avesse a doversi giudicare a dir poco inferocito dal dolore provato, dal sapore del sangue sulle proprie labbra e nella propria bocca, e, in questo, avesse a doversi ritenere desideroso di restituire tutto il dolore riservatogli con i dovuti interessi…

giovedì 20 dicembre 2018

2765


« Se puoi offrirmi altre alternative valide, sono tutte ben accette. » dichiarò Be’Sihl, innanzi all’obiezione che Lys’sh non riuscì a ovviare a muovergli, senza condividere, ovviamente, con lui, le proprie perplessità nel merito del suo temuto incedere entro i confini del lato più oscuro della propria anima e, ciò non di meno, sollevando razionali dubbi sull’efficacia di un piano da lui non ancora comunicato e pur, effettivamente, già intuito in maniera assolutamente corretta.

Purtroppo Lys’sh non avrebbe potuto vantare particolari suggerimenti alternativi effettivamente validi.
Una possibilità sarebbe stata quella, eventualmente, di cercare di sorprendere Lo Sfregiato tendendogli un qualche agguato, una qualche imboscata o, eventualmente, facendo irruzione entro i confini della sua stessa dimora, ovunque ella fosse, in un’azione che difficilmente avrebbe potuto essere da lui in qualche modo prevista: ma l’assenza di effettive informazioni nel merito, e la certamente non banale possibilità di reperirle, non avrebbe potuto ovviare a rendere simile approccio quantomeno discutibile, se non, addirittura, un vero e proprio sparo alla cieca, che solo per estrema benevolenza divina avrebbe potuto portare a qualche risultato utile e che, nella maggior parte degli altri casi, avrebbe condotto necessariamente a un disastro assoluto e, nella fattispecie di quella particolare missione, a dir poco letale. Trascurando, quindi, simile opportunità, nella quale pur ella avrebbe potuto riservarsi un qualche vantaggio di sorta, in grazia alla propria natura ofidiana e, con essa, alla propria straordinaria capacità di incedere nella più assoluta discrezione, tale da poterle permettere di giungere alle spalle di quasi qualunque avversario senza che questi potesse minimamente averne a maturare coscienza, alla giovane donna non sarebbero state concesse molte altre idee da proporre… non, quantomeno, nella volontà di proporre qualcosa di effettivamente valido.
In assenza di opzioni valide, quindi, tutto ciò che avrebbe potuto esserle ancora concesso sarebbe quindi stato supportare, con tutte le proprie energie, con tutta la propria buona volontà, e con tutta la propria attenzione, il compagno d’arme, al fine di cercare di minimizzare quanto più possibile le evoluzioni più negative di quel loro piano e, ovviamente, di riportare a casa la pelle…

« E sia… » annuì Lys’sh, in un consenso volto a offrire il proprio miglior viso a cattivo gioco e, ciò non di meno, decisa a riservarsi opportunità di giuocare un ruolo chiave in quella loro impresa, non per un qualche desiderio di protagonismo, quanto e piuttosto nella speranza di garantire, in tal maniera, la riduzione ai minimi termini di qualunque possibilità di imprevisto « … però, mi dispiace, non potrai riservarti la parte del protagonista, a questo giro. » dichiarò pertanto, escludendo che, al di là della propria sicuramente motivata passione in tutto quell’affare, Be’Sihl potesse effettivamente rendere proprio il ruolo principale, nel confronto con una tale ipotesi di approccio « Senza offesa, Be’S… ma per quanto negli ultimi tre anni tu e Midda vi siate integrati tantissimo, imparando la lingua e la maggior parte degli usi e costumi, il vostro accento è ancora a dir poco terrificante e, soprattutto, ancora molte sono le sfumature di questa realtà che non conoscete, fosse anche e soltanto a livello tecnologico. »
« Ho inteso. » non si oppose egli, ben consapevole dei propri limiti e, in ciò, tutt’altro che desideroso di rischiare di compromettere l’esito della missione per una qualche ingenuità di sorta derivante dalla propria origine e dalla propria quieta estraneità nel confronto con la complessità di quella visione più amplia di realtà da lui e dalla sua amata scoperta in grazia al volo compiuto sulle ali della fenice « Il rischio che, in qualche momento, possa tradire le mie origini e, in ciò, insospettire il nostro bersaglio, o qualcuno attorno a lui, è troppo alto. » concordò, quietamente collaborativo con l’ofidiana, anche nel confronto con tale obiezione, e con tale obiezione dopotutto assolutamente giustificata « Quindi… sarai tu a reggere le redini della situazione, nel mentre in cui io mi limiterò a sostenere la tua posizione e a seguire la tua guida. »

Invero, abituato a confrontarsi con una donna qual Midda Bontor, per Be’Sihl quella situazione non avrebbe rappresentato, in effetti, una particolare novità rispetto al proprio consueto incedere, se nonché, diversamente rispetto a quanto non sarebbe stato per lui eventualmente consueto, il suo interesse non sarebbe stato allora quello, eventualmente, di moderare la propria compagna, quanto e piuttosto quello di incalzare in misura maggiore rispetto a lei, nell’eventualità in cui Lys’sh, nel dimostrarsi eccessivamente prudente, avesse tentato di rallentare, metaforicamente o fisicamente, a minimizzare i possibili danni altrimenti direttamente o indirettamente conseguenti al proprio operato.
Fu nella coerente consapevolezza di una tale definizione dei ruoli che Lys’sh e Be’Sihl, al termine di un viaggio praticamente privo di soste, raggiunsero il sistema Novarts e il suo terzo pianeta, atterrando allo spazioporto locale e lì, immediatamente, ponendo in essere quanto pianificato.
Un piano sufficientemente semplice il loro, e volutamente tale a minimizzare ogni possibilità di sgradevole fallimento per un qualche stolido errore di attuazione, che non avrebbe, quindi, preso in sciocca considerazione l’idea di imbastire qualche personalità fittizia a mistificare le proprie effettive identità. Paradossalmente, in ciò, d’aiuto avrebbe avuto a dover essere considerata la loro attuale condizione di ricercati e fuggitivi innanzi agli occhi di uno dei più importanti accusatori dell’omni-governo di Loicare, Pitra Zafral, evadendo insieme all’intera Kasta Hamina alle attenzioni del quale, essi avevano guadagnato, di buon diritto, un mandato di cattura interplanetario… e un mandato di cattura che, in quella situazione specifica, non avrebbe potuto che risultare loro d’aiuto, e d’aiuto nel confronto con l’idea di apparire quali pericolosi criminali, e criminali degni di poter attrarre l’attenzione de Lo Sfregiato: assurdo, quindi, sarebbe stato rinunciare alle proprie reali identità, e, con esse, alla già perfetta fedina penale loro fornita dall’omni-governo di Loicare, per pretendere di esser qualcun altro, in un giuoco delle parti che, forse, avrebbe avuto a risultare sensato in una qualche opera di finzione e che pur, nella realtà quotidiana, sarebbe risultato quantomeno di difficile improvvisazione per entrambi loro.
Un piano sufficientemente semplice il loro, e volutamente tale a minimizzare ogni possibilità di sgradevole fallimento per un qualche stolido errore di attuazione, che avrebbe quindi previsto di attirare l’attenzione di un importante commerciante d’armi con qualcosa di suo sicuro interesse, e qualcosa come, nella fattispecie, un caccia stellare di ultima generazione, qual quello loro gentilmente prestato dal capitano Atto Rifed. Per quanto, infatti, potenzialmente rischioso sarebbe stato per loro mettere in giuoco il loro unico mezzo di trasporto, in assenza del quale non avrebbero avuto effettive possibilità di movimento, fosse anche e solo per lasciare quel pianeta, stolido sarebbe stato ipotizzare di poter interessare qualcuno come Lo Sfregiato, per così come loro presentato dalle parole di Korin, senza in questo proporre alla sua attenzione qualcosa di degno, qualcosa di effettivamente interessante, e qualcosa che, quindi, avrebbe potuto suscitare, in lui, un qualche interesse professionale, e un qualche interesse professionale non soltanto per l’oggetto in sé, ma anche per coloro i quali, in tal frangente, glielo avrebbero condotto.
Ovviamente, il loro piano, non avrebbe potuto prevedere una mera inserzione pubblica per la vendita di una tale proprietà e, in questo, ancora una volta, avrebbe potuto giocare in loro favore non tanto l’alterazione della realtà in funzione di qualche fantasiosa menzogna quanto, e piuttosto, una sufficientemente fedele interpretazione della verità dei fatti, e un’interpretazione tale a non tentare di celare quanto, in effetti, quella navicella avesse un sì importante proprietario qual il capitano della Maele Libeth, nave pirata. In ciò, quindi, il primo passo da compiere per Lys’sh e Be’Sihl sarebbe stato quello volto a raggiungere gli ambienti meno raccomandabili della più importante città del pianeta, e, lì, iniziare a spargere la voce, con discrezione, del loro interesse a trattare proprio con Zibi Torpa per la vendita di tale caccia… lasciando poi a lui, o, più probabilmente, ai suoi uomini per lui, di trovarli e di contattarli, per definire, meglio, i termini di quell’eventuale cessione.

« … e che tutti i tuoi dei shar’tiaghi ce la mandino buona… » suggerì Lys’sh, non potendo invocare, comunque, un aiuto dall’alto per il successo di quanto così ideato.