11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 28 febbraio 2019

2835


A Maddie piaceva la sua vita, nella sua semplicità e, a volte, nella sua monotonia.
Maddie non desiderava cercare emozionanti sfide, al pari di Midda: vi era stato un tempo, certamente, nel quale ella era stata Midda, e aveva vissuto unicamente per l’ebbrezza propria di una nuova impresa, e di una nuova impresa oltre ogni proprio precedente limite, per dimostrare a chiunque, uomo o dio, quanto niente e nessuno avrebbe potuto definire il di lei destino al di fuori di lei stessa. Ma da quando Maddie si era risvegliata dal coma, e da quei trenta e più anni in cui la realtà le era stata negata in favore di un sogno, un sogno complesso, un sogno articolato, un sogno straordinario, e pur sempre un sogno, ella aveva abbracciato la realtà, e della realtà aveva abbracciato quelle piccole e semplici sfide quotidiane che, in fondo, avrebbero potuto contraddistinguere la vita di chiunque.
In questo, per Maddie, già quell’ultima settimana, e quell’ultima settimana in cui si era concessa fugaci occasioni di incontro con l’ancor non meglio conosciuto Basel, avrebbe avuto a doversi riconoscere quanto di più prossimo alla ricerca di un’emozionante sfida, in violazione a quello che, altresì, sarebbe stato il consueto ritmo della sua vita, e di una vita che, in fondo, non avrebbe comunque dovuto essere riconosciuta di per sé esattamente banale, fosse anche e soltanto nel dover fare i conti con quei tre decenni di costretta immobilità, le conseguenze dei quali, ancora e sovente, tornavano a presentarsi a lei, con tutta la propria prepotenza. Per questa ragione, per esempio, ella non aveva ancora potuto realmente abbandonare il proprio percorso di fisioterapia, insieme al buon Lorenzo, così come, sotto un profilo del tutto diverso, non avrebbe dovuto neppure allontanarsi troppo dal sostegno della cara Jacqueline, come già, in quell’ultima settimana, si era pur riservata occasione di compiere, nel desiderio di rincorrere l’idea di quel sogno chiamato Be’Sihl.
Ciò non di meno, a confronto con l’immagine propria della loro amata zia, con quel braccio artificiale e con quella cicatrice, oltre che, ovviamente, con quei tratti comunque comuni a quelli anche propri della loro genitrice, come i rossi capelli color del fuoco o gli azzurri occhi color del ghiaccio, per Santiago e Lourdes difficile sarebbe stato non immaginare un qualche parallelismo fra Maddie e Midda, certamente anche aiutati, in tal senso, dall’assonanza dei loro stessi nomi. E, in questo, troppo sovente essi avrebbero occupato il loro tempo, oltre a domandarle nuovi racconti, nuovi inedite narrazioni delle avventure di quella straordinaria guerriera, anche a tentare di cercare di metterla alla prova, in maniera innocente, attraverso lunghe serie di domande, o il confronto con ipotetici scenari, atti a tentare di trovare conferma di quanto, dietro all’aspetto indubbiamente gracile della loro amata zietta avesse a celarsi una qualche sorta di super-eroica identica segreta.
Così anche in quel sabato pomeriggio, nel mentre in cui avrebbero avuto a doversi riconoscere distratti dalle meraviglie di quell’enorme museo dedicato al magico mondo del cinema, i due pargoli non mancarono di tentare, ancora una volta, di comprovare la reale identità della loro zietta, con l’ennesima, e mai ultima, di una già lunga serie di simili domande…

« Mettiamo il caso che questa mostruosa statua si animi… » esordì Santiago, indicando l’idolo di un dio pagano protagonista di un film di più di un secolo prima « … e che inizi a sputare fuoco e a sbalzare persone a destra e a manca, e che ci catturi… » descrisse, dimostrando un ammirevole livello di immaginazione, nell’attribuire tante capacità a quell’antico materiale di scena, per quanto certamente ormai contraddistinto da una sua importanza storica « … tu cosa faresti, zia Maddie?! »
« Guardate che lì davanti c’è una sala dedicata ai cartoni animati… » indicò per tutta replica la donna, aggrottando la fronte e sorridendo divertita a quel tentativo di provocazione, al quale non desiderava avere possibilità di cedere « … andiamo a vederla! »
« E dai… rispondi! » insistette Lourdes, afferrandola per la mancina, ad attirare la sua attenzione e a tentare, in ciò, di costringerla a offrire loro una replica adeguata.
« Io scommetto che non ci lasceresti nelle mani del mostro… » tentò di immaginare il fratello, incrociando le braccia al petto e promuovendo la sua interpretazione degli eventi.
« Ovvio che non ci lascerebbe nelle mani del mostro! » confermò la sorella, sgranando gli occhi per la scandalosa ipotesi alternativa « Non è vero zia…?! Non ci lasceresti mai nelle mani del mostro! »

E per quanto Maddie tentò di ignorare la questione, non desiderando permettere ai nipoti di associarla erroneamente con Midda, né tantomeno desiderando permettere alla propria stessa immaginazione di associarla erroneamente con la protagonista di quei ricordi di una vita intera mai vissuta, Santiago non parve volerle concedere simile possibilità di facile evasione da quella loro fantasiosa simulazione, insistendo ulteriormente…

« Ne sono sicuro. » confermò il pargolo « Nel momento in cui la statua iniziasse ad animarsi, emettendo un assordante grido di furore in opposizione a tutti coloro intenti a farsi autoscatti in sua compagnia, zia Maddie tenterebbe di allontanarci dal pericolo, cercando riparo da qualche parte. » descrisse, riconoscendole quantomeno un minimo di verace senso di protezione a loro favore, laddove certamente mai ella avrebbe potuto abbandonarli innanzi a un tale pericolo « Ma nel momento in cui, con un gesto deciso del proprio enorme braccio, il mostro la scaraventasse lontano, per poi afferrarci fra le proprie mani, sollevandoci da terra per stritolarci a morte con la propria monumentale forza, sarebbe allora che zia Maddie cesserebbe ogni indugio! » incalzò, lasciandosi trascinare dalla propria stessa narrazione nel scogliere l’incrocio di braccia nel quale si era chiuso pochi istanti prima, solo per assumere una postura ipoteticamente guerriera, a dimostrazione di come anche la loro immaginaria zia-supereroina avrebbe avuto a comportarsi.
« Sì! » colse al balzo l’occasione Lourdes, intervenendo nella narrazione e lasciando la mano della zia solo per affiancarsi al fratello, allo scopo di riprendere la scena per così come da lui incominciata, proseguendo oltre « A quel punto, zia Maddie si toglierebbe la giacca, inutile ostacolo per la propria libertà di movimento, e balzerebbe in avanti, desiderando affrontare il mostro in maniera diretta. E quando questi, inspirando profondamente aria nei propri grandi polmoni ed eruttando, poi, devastanti fiamme dalla propria bocca per fermarla, per distruggerla, tentasse di fermarla, ella reagirebbe con un’agile evasione, non temendo le fiamme nella consapevolezza di quanto l’unica cosa di cui aver paura, in un tale momento, è la paura stessa! » decretò, mimando il gesto di una capriola a terra, allo scopo di evitare la minaccia a lei così imposta.
« E poi… » riprese voce il primo, per riappropriarsi della storia per così come da lui allor inizialmente proposta « … dopo aver evitato la fiamma, ella leverebbe il proprio pugno d’acciaio contro il mostro e scaglierebbe un violentissimo colpo che… »
« … che probabilmente manderebbe in pezzi la mia protesi. » scoppiò a ridere Maddie, sinceramente divertita da tutta la fantasia dei propri nipoti, e una fantasia atta ad assicurare loro di poterle sicuramente succederle in maniera degna come autori di “Midda’s Chronicles”, nel momento in cui, un giorno, ella si fosse ritrovata a corto di nuove idee da proporre ai propri lettori « Perché, con buona pace dello splendido lavoro del dottor Versini, vi assicuro che questa mano non è d’acciaio… né sarebbe in grado di opporsi ad alcun genere di mostro. » sancì ella, levando la propria destra innanzi ai volti dei due nipoti, a ricordare loro quanto, a differenza di Midda, ella non fosse armata da chissà quale meravigliosa e potente risorsa bellica, quanto e piuttosto da un pur ammirevole surrogato della propria perduta estremità, e un surrogato che, pur riconoscendole certamente molte possibilità, non avrebbe potuto essere impiegato in combattimento, neppure ella lo avesse voluto « Ragione per la quale è una vera fortuna che i mostri dei miei racconti non esistano nella realtà… motivo per il quale, mi dispiace informarvi di ciò, non avete assolutamente nulla da temere né da questa vecchia statua, né da nient’altro qui attorno! » volle rassicurarli, in una dichiarazione che, tuttavia, ne era consapevole, li avrebbe per lo più contrariati giacché, dal loro punto di vista, nulla di più straordinario avrebbe potuto esservi se non scoprire di avere una supereroina per zia.

mercoledì 27 febbraio 2019

2834


« Probabilmente potrei rischiare di apparire imprudente nel dire quanto sto per dire… ma… » riprese voce egli, sorridendo verso di lei « … se domani mi trovassi ancora a passare da queste parti, intorno alle tre meno un quarto, potrei magari sperare di avere una nuova occasione per incontrarti?! »

Che la risposta più corretta, per molteplici e ragionevolissime motivazioni, da offrire a una simile domanda, a un tale interrogativo, sarebbe stata “No, mi dispiace.”, Maddie ne era perfettamente consapevole.
Forse, in quella richiesta, in quell’ipotesi, Basel non intendeva effettivamente sottintendere a chissà qual genere di romantico proposito, desiderando, semplicemente, trascorrere ancora del tempo insieme all’autrice, per chiacchierare con lei, per confrontarsi con lei sulle proprie storie, sulle sfumature più sottili dei propri racconti. Ciò non di meno, a prescindere da quale potesse essere l’interesse di Basel, ella non avrebbe potuto ignorare quanto, da parte propria, quell’ultima ora trascorsa in sua compagnia non avesse fatto altro che accrescere, in lei, il desiderio di ottenere altro tempo insieme a lui, altre occasioni di relazione con quell’uomo e con quell’uomo che, anche laddove non avesse a doversi fraintendere per il Be’Sihl da lei amato, certamente non avrebbe potuto ovviare a suscitare, nel suo cuore, quell’innegabile turbine di emozioni. E quel turbine di emozioni nell’ascolto del quale ben poco, o nulla, di positivo sarebbe mai potuto derivare per lei, giunta a quel particolare momento della propria esistenza.
Ciò non di meno, che la risposta più corretta sarebbe stata “No, mi dispiace.”, al cuore di Maddie non riuscì proprio ad andare giù. E con buona pace di qualunque razionale consapevolezza, la risposta della donna non mancò di essere entusiasticamente positiva, in termini che, fosse anche e soltanto per rispetto verso Desmond, non avrebbe dovuto concedersi occasione di riservarsi… non per le ragioni che, innegabilmente, la stavano allor ispirando.

Fu così che, accanto ai vari impegni della donna, il giorno dopo, il successivo e quello seguente ancora, iniziò ad affiancarsi anche quell’innocente appuntamento con Basel, su quella particolare panchina di quel particolare parco, ogni giorno alle tre meno un quarto, l’orario a cui ella si era rivolta a lui in quella prima giornata, arrivando anche a saltare ben due incontri con Jacqueline, praticamente contemporanei, argomentando a propria difesa scuse abbastanza patetiche, soltanto per concedersi quelle occasioni.
E più il tempo passava, più ella non avrebbe potuto ovviare a desiderare altro se non giungere al domani solo per avere una nuova occasione di fugace incontro con quell’uomo, e quell’uomo con il quale, per carità, altro non ebbe a fare se non chiacchierare in merito ai propri libri, ai propri racconti, e, ciò non di meno, quell’uomo che, nel confronto con il suo cuore, avrebbe avuto a dover sicuramente preoccupare il buon Desmond, se soltanto egli avesse avuto consapevolezza di quanto stesse accadendo. Perché se mai, in quei giorni, nel corso di quegli incontri, un solo e semplice contatto fisico ebbe a intercorrere fra i due, a eccezione di quell’unica stretta di mano con la quale si erano inizialmente ripresentati e salutati, il cuore di Maddie avrebbe avuto allora a doversi riconoscere più coinvolto di quanto non avrebbe potuto altrimenti essere anche nel caso di appassionati abbracci o focosi baci, qual pur mai ella neppure ebbe a osare ipotizzare, più per imbarazzo che per una qualche, concreta mancanza di desiderio.
Il quarto giorno, quando pur Maddie avrebbe desiderato riconfermare quel loro appuntamento, quel loro momento di incontro, null’altro bramando a compendio della propria giornata, ella si ritrovò proprio malgrado a fare i conti con la consapevolezza della contemporaneità di quell’eventuale appuntamento con altri eventi, e con altri eventi che, il giorno seguente, a differenza degli incontri con Jacqueline, non avrebbe potuto tanto quietamente rimandare. In particolare, ella dovette allora ritrovarsi a confronto con il sopraggiungere del fine settimana, e del fine settimana nel quale non avrebbe potuto certamente ignorare il buon Desmond solo per avere la possibilità di trascorrere del tempo con un altro uomo, e, soprattutto, con il sabato pomeriggio abitualmente dedicato ai propri nipoti, in compagnia dei quali era solita riservarsi la possibilità di qualche piccola “avventura” per le vie o, meglio ancora, per i musei della città.
Così, sebbene ella non avrebbe desiderato altro che poter riconfermare quell’appuntamento anche per il giorno seguente, nel momento in cui Basel non ebbe a domandarle nulla, forse dando già per implicita simile occorrenza, forse e piuttosto ipotizzando quanto, nel fine settimana, ella avrebbe avuto necessariamente altre questioni a cui dedicare la propria attenzione, Maddie, per tutta risposta, non ebbe a proporre nulla, vedendo il loro commiato, occorrere in termini più generici rispetto al solito e, ciò non di meno, ipoteticamente rivolti a un nuovo momento di incontro, a una nuova occasione di appuntamento fra loro la settimana seguente. Certo: con un po’ più di coraggio, e di onestà con se stessa, Maddie avrebbe anche potuto approfittare dell’occasione o per concludere, definitivamente, quegli incontri, o, al contrario, per definire in maniera esplicita quanto, il lunedì seguente, ella sarebbe stata nuovamente lì ad attenderlo, a sperare di incontrarlo nuovamente, così come accaduto nel corso di quei giorni. Ma la parola “coraggio”, tanto consueta nel vocabolario di Midda, non avrebbe avuto a doversi fraintendere altrettanto presente in quello di Maddie, e, soprattutto nel corso di quell’ultima settimana, anche l’idea di “onestà con se stessa” avrebbe dovuto riconoscersi con buona pace accantonata, a garantirle quelle possibilità di incontri che pur il suo cuore reclamava a gran voce e nel confronto con i quali, tuttavia, la sua mente rifiutava di elaborare un qualunque genere di significato.

« Zia! Zia! » l’accolsero i due pargoli, nel momento in cui la videro uscire dalla metropolitana, nella fermata vicino all’ingresso alla loro abitazione in centro città.
« Bambini! » sorrise ella, improvvisamente proiettata, a confronto con i loro amati visetti in un mondo completamente diverso, e in un mondo nel quale, improvvisamente, anche Basel, così come Desmond, o chiunque altro, avrebbero perduto necessariamente di significato, lasciando esistere soltanto lei e quei due pargoli adorati « Pronti per un altro pomeriggio insieme alla vostra zietta preferita…?! » domandò, correndo verso di loro con braccia aperte, per accoglierli a sé.

In tal modo ebbe inizio il sabato di Maddie. E in tal modo ogni pensiero che l’aveva dominata negli ultimi cinque giorni, così come in quella stessa mattinata, ebbe a scomparire, qual lieve rugiada ai primi caldi raggi di una nuova alba.
Forse qualcuno avrebbe potuto criticarla di eccessiva incoerenza, nei propri pensieri, nei propri sentimenti e nelle proprie azioni, ma, a differenza di qualunque possibile personaggio delle proprie storie, pur non scevri da incoerenze e difetti, Maddie non avrebbe dovuto essere equivocata in altro modo se non qual una persona comune, e una persona comune che, come sovente accade, ritrovandosi divisa fra diverse vite, e una vita come zia di due adorati nipoti, e una vita come compagna di un meraviglioso, e forse immeritato, uomo, e una vita come donna confusa nel merito delle proprie emozioni per l’arrivo, nella sua quotidianità, di colui che, in termini letterali, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual l’uomo dei suoi sogni, non avrebbe potuto ovviare a tentare di separare psicologicamente simili diversi aspetti della propria quotidianità, in termini tali che l’uno non avesse a disturbare l’altro… o peggio, a distruggerlo. In ciò, quindi, a confronto con Santiago e Lourdes, Maddie non sarebbe più stata la compagna di Desmond, né l’interessata nuova amica di Basel, ma, semplicemente e soltanto, la zia di quei due bambini, e quei due bambini che non avrebbe potuto ovviare ad amare quasi fossero i propri: non, quantomeno, laddove una parte del suo cuore non avrebbe potuto ovviare a riconoscerli, ancora ed effettivamente, qual i propri, mai dimentico di quando a quei volti ella avrebbe avuto a dover essere considerata solita associare i nomi di Tagae e Liagu.

« Sì! Sì! Andiamo! » esplosero entrambi di gioia, già pronti a mettersi in cammino accanto a lei, nel mentre in cui, alle loro spalle, Rín tentava vanamente di rivolgere un saluto alla gemella, coperta, tuttavia, dalle grida entusiastiche dei due pargoli.

martedì 26 febbraio 2019

2833


« Io credo che la fenice non potesse intervenire in alterazione al normale flusso temporale della vita di Midda, per così come ella aveva scelto di agire. » ipotizzò la donna, riflettendo con attenzione su quella tematica, nel cercare di razionalizzare il frutto della propria stessa fantasia, per quanto incontrollata « Dal momento in cui ella aveva compiuto le proprie scelte, sancendo, nel bene o nel male, il proprio percorso di vita, impedirle di affrontare l’intera evoluzione del medesimo sino alla fine sarebbe stato violare la sua stessa libertà, imponendole arbitrariamente un percorso diverso. »
« E perché riportarla indietro, allora…? » insistette Basel, aggrottando appena la fronte « Sia chiaro… capirei benissimo anche laddove avesse a doversi considerare una semplice scelta di comodo, utile a non terminare in maniera anticipata la saga. Ma se davvero la fenice desiderava rispettare la libertà di scelta della donna, perché prelevarla a un passo dalla propria morte solo per riportarla indietro nel tempo, per lo più cancellandole la memoria di quanto accaduto…?! » domandò, senza intento critico a discapito dell’autrice, ma nella sola volontà di avere occasione di confronto con lei, sulle sue idee, sulle sue opere, e su quanto, forse, rimasto eccessivamente implicito all’interno della storia.
« Forse perché, in realtà, la presenza di Midda al di fuori del proprio mondo e del proprio tempo per oltre trent’anni, avrebbe avuto a doversi già riconoscere qual un’alterazione rispetto al giusto flusso temporale della sua vita… » suggerì la donna, provando a controbattere a quell’interrogativo tutt’altro che banale e che, anzi, avrebbe potuto quietamente dimostrare, da parte dell’uomo, una sincera attenzione all’opera e ai dettagli più sottili della stessa.
« Mmm… non sono convinto. » scosse il capo l’uomo, spingendo poi appena le labbra verso sinistra, con fare pensieroso « Cioè… per come la vedo io, da parte della fenice, al di là di tutto, resta comunque una certa ingerenza nella vita di Midda. E un’ingerenza anche sufficientemente marcata, anche se troppo celata dietro un’apparenza troppo buonista per avere a poterlo ammettere. » dichiarò, dimostrandosi relativamente critico verso la figura di quell’ancor non meglio contraddistinta entità cosmica « Se, per come appare, la fenice trascende il concetto stesso di tempo e spazio, offrendosi pienamente consapevole di tutto quello che è stato, quello che è e quello che sarà, addirittura in tutte le proprie infinite e distinte combinazioni alternative, volendo ovviare ad alterare il giusto flusso temporale della Figlia di Marr’Mahew, sarebbe stato per lei sufficiente porla in guardia dalle conseguenze negative del recupero della corona perduta della regina Anmel Mal Toise. E impedirle, in ciò, di liberarla… senza alcuna necessità, conseguentemente, di dover intervenire a sanare gli effetti di tale intervento. »
« Insomma… un po’ come a dire che, in verità, la fenice abbia una propria agenda segreta… » cercò di riassumere Maddie, non negandosi occasione di ponderare nel merito di tale chiave di lettura, e una chiave di lettura a confronto con la quale, in effetti, non si era mai fermata a riflettere quando ancora “era” Midda, nell’aver sempre giudicato in maniera positiva la fenice, e il proprio ruolo in quella che credeva essere la propria vita « Posizione senza ombra di dubbio interessante. » confermò, intimamente ferita all’idea di aver anche e soltanto a prendere in esame simile ipotesi e, ciò non di meno, non potendo ovviare a riconoscere un senso alla stessa « E, a tuo avviso, perché mai la fenice avrebbe voluto permettere a Midda di liberare proprio la regina Anmel dalla propria millenaria prigione…? »
« Ah… su questo non mi oso esprimere. » sorrise egli, levando nuovamente le mani in segno di resa nel confronto con lei « L’autrice sei tu e non desidero essere certamente io a definire lo sviluppo della storia. » puntualizzò, ben distinguendo il proprio ruolo di lettore, per quanto appassionato, dal ruolo di esclusiva competenza della propria interlocutrice, in quanto autrice « Ciò non di meno, rinchiusa nella propria prigione, la questione di Anmel non avrebbe potuto in alcun modo risolversi, né nel bene, né nel male, lasciando il tutto semplicemente in una indolente, e forse persino ignava, sospensione: una sospensione che, con l’arrivo di Midda, si è vista necessariamente alterata… rimettendo tutte le carte in giuoco per una nuova partita dal difficile esito. »

Maddie era sinceramente ammirata da Basel. Ammirata e, forse, anche imbarazzata, ma decisamente più ammirata che imbarazzata: sì… decisamente più ammirata che imbarazzata.
Per quanto, infatti, tutto quello di cui stavano allor parlando avesse a doversi riconoscere soltanto qual il parto della propria fantasia malata, quell’uomo, quel suo lettore, ne stava allora disquisendo insieme a lei quasi avesse a parlare di questioni reali, concrete, e concrete in eguale misura rispetto alla panchina sulla quale avrebbero avuto a doversi lì riconoscere seduti o, piuttosto, rispetto al terreno sotto ai loro piedi, all’erba attorno a loro, alle inferriate a delimitazione di quel parco o alle strade e agli edifici oltre di esse: in quel momento, in quel frangente, Basel stava affrontando quell’analisi, quel dialogo, con assoluta serietà, parlando di Midda, della fenice e della regina Mal Toise quasi avessero a doversi considerare persone, o creature, reali, e quasi egli avesse avuto occasione di essere presente a testimoniare quegli eventi, in termini tali per cui, quindi, nulla di tutto quello avrebbe potuto essere frainteso come qualcosa di immaginario, quanto e piuttosto qual un’esperienza fra loro condivisa, della quale avere possibilità di disquisire amabilmente così come di un qualunque possibile fatto di cronaca. E tutto ciò non avrebbe potuto che imbarazzarla, nel proprio ruolo di autrice, ma anche di compiacerla, suscitando in lei una ragione di sincera ammirazione per quell’uomo in grado di farla sentire tanto a suo agio parlandole di qualcosa di irreale quasi fosse l’unica e sola realtà con la quale avere a confrontarsi.
In ciò, quindi, ella era certa che avrebbe potuto trascorrere ore intere a chiacchierare con lui su quel mondo, su quegli accadimenti, analizzandoli, studiandone i retroscena, e cercando, magari con il suo aiuto, di cogliere evidenze sino a quel momento mai prese in considerazione, neppure quanto ancora tutto quello avrebbe avuto a dover essere riconosciuto, innanzi al suo giudizio, qual il proprio mondo, e gli accadimenti della propria storia personale. Ma per quanto, in quella giornata, più di un ora non mancò ella di spendere in sua compagnia, continuando a filosofeggiare in tal direzione, quell’incontro, quel loro atipico appuntamento, non avrebbe potuto concedersi la possibilità di proseguire per sempre… non, quantomeno, laddove, non programmato, avrebbe allora avuto altrimenti ad assorbire per entrambi l’intera giornata, distogliendoli, pur piacevolmente, dai propri rispettivi impegni, dalle proprie altre incombenze.
Fu così che, alla fine, fu un certo senso di responsabilità, da parte della medesima Maddie, a ricondurla all’idea di dover fare ritorno a casa, non potendosi concedere altro tempo in sua compagnia né potendo pretendere da parte di quell’uomo, per quanto squisitamente gentile nei suoi confronti, ulteriore tempo in propria compagnia.

« E’ stato un vero piacere rincontrarti, Basel… e poter avere occasione di scambiare quattro chiacchiere con te. » ebbe quindi ad alzarsi, introducendo, in tal modo, il momento ormai sopraggiunto del proprio commiato « Purtroppo credo di aver già abusato a sufficienza del tuo tempo e, in questo, probabilmente è meglio che io abbia a tornare alle mie questioni, lasciandoti proseguire con i tuoi impegni. »
« Il piacere è stato tutto mio, Maddie. » ricambiò egli, alzandosi a sua volta, per poterle rendere giusto omaggio in quel saluto « E’ stata una fortunata occasione quella riservataci… una fortunata occasione che mi ha concesso di scoprire quale persona meravigliosa abbia a celarsi dietro tanti racconti a loro volta semplicemente straordinari. » le sorrise, accennando un lieve gesto di inchino innanzi a lei.

E se pur, in quel momento, Maddie non avrebbe desiderato altro che riservarsi una nuova occasione di incontro con lui, magari lasciandogli il proprio numero di cellulare o il proprio indirizzo di posta elettronica, il timore di poter apparire eccessivamente spudorata nei riguardi di quell’uomo, che per giorni aveva quasi pedinato, la spinse a tacere, soffocando tale bramosia dietro a un sorrisetto imbarazzato.
Un desiderio inespresso, quello proprio della donna, che pur non mancò di trovare occasione di soddisfazione nelle parole che egli decise allora di rivolgerle, arrischiando quanto, a sua volta, avrebbe avuto a potersi ritenere qual un comportamento quantomeno sfacciato, e pur, ciò non di meno, avrebbe avuto lì a doversi riconoscere semplicemente quanto da lei sperato…

lunedì 25 febbraio 2019

2832


Ritrovarsi a confronto con l’imbarazzo del proprio interlocutore riuscì a restituire alla donna una certa dose di coraggio e di autocontrollo, nel suggerire, da parte di quell’uomo una certa, evidente soggezione verso di lei, e una soggezione innanzi alla quale poter egoisticamente acquisire una posizione di maggiore forza emotiva in quel loro confronto, in quel loro dialogo, non avendosi più a considerare così svantaggiata per come aveva temuto, e creduto, di aver a essere.
Così, sorridendo a sua volta con aria divertita, ella ebbe per la prima volta a volgere attenzione verso il libro da lui tenuto in mano, piegando appena il capo per poterne meglio scrutare il titolo.

« “La saga di Elric di Melniboné”… » scandì, a bassa voce, scrutando il dorso del volume e le bianche lettere su sfondo scuro lì stampate sulla copertina « … sei proprio un estimatore del genere, a quanto vedo! » osservò, ben conoscendo quella saga, e, ovviamente, amandola, al pari di molte altre che, al proprio risveglio, aveva avuto occasione di scoprire, anche su consiglio di Jacqueline, in quella che, a modo suo, avrebbe avuto a dover essere inteso qual un percorso riabilitativo nell’aiutarla sempre più a distinguere la fantasia, e i prodotti della fantasia di bravissimi autori, dalla realtà.
« In verità l’ho appena iniziato. » ammise egli, sollevando il libro per meglio mostrarlo alla propria interlocutrice e, in ciò, palesando una vecchia edizione con pagine ingiallite dal tempo « L’ho comprato poco fa a una bancarella… ma devo dire che sembra decisamente interessante. »
« Ci credo… è un classico! » sorrise ella, accennando alla panchina per invitarlo a tornare a sedersi e per sedersi a sua volta accanto a lui « Poi… per carità: i puristi del genere faticano a considerarla sword & sorcery, nell’originalità del personaggio creato da Moorcock. Ma se consideri che, già negli anni ’70, Thomas e Winsdor-Smith vollero inserire il personaggio in due episodi della serie a fumetti di “Conan il Barbaro”, ti fa capire quanto il discorso, a tutti gli effetti, sia fine a se stesso. » argomentò, condividendo quell’adorazione, da lei dimenticata e poi riscoperta, che fin da bambina l’aveva contraddistinta nei confronti del personaggio di Howard e che, in buona parte, doveva essere stata anche causa scatenante della scelta dell’ambientazione del proprio lungo viaggio mentale nel corso dei suoi anni di coma.
E Basel, ascoltandola con attenzione, non poté fare a meno di sorridere, e di sorridere con quei suoi bianchi e candidi denti perfetti e con quei suoi meravigliosi occhi castano-arancioni, scuotendo appena il capo prima di commentare: « E ora farò finta di aver compreso almeno una parte del discorso… giusto per non perdere l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con te. » dichiarò divertito, non desiderando apparire ironico verso di lei, quanto e piuttosto verso se stesso, nel dimostrare, al contrario, soltanto compiacimento ad avere la possibilità di essere lì, in quel momento, in sua compagnia.
« Oh… » arrossì appena Maddie, per tutta risposta, nel rendersi conto di quanto, così facendo, non avrebbe potuto ovviare a offrire la stereotipata immagine dell’autrice un po’ disadattata, immersa sino al collo in un mondo di romanzi, racconti e fumetti.
« No, no. Ti prego… non avere da imbarazzarti. » escluse egli, levando le mani innanzi a sé a richiederle di arrestarsi, metaforicamente, in quel proprio cammino emotivo « Sono io a essere in fallo, non tu. E, te lo prometto, rimedierò al più presto, recuperando tutto ciò di cui mi hai appena parlato. »
« Auguri… » sorrise ella, divertita all’idea « Riuscire a trovare quell’albo a fumetti non è affatto semplice… te lo posso assicurare per esperienza diretta! » commentò, aggrottando la fronte e sospirando al ricordo delle difficoltà che aveva dovuto affrontare, l’anno prima, a recuperare tutti quei pezzi della propria infanzia dimenticata, per cercare di ricostruire, almeno in minima parte, i ricordi perduti.

Per un lungo istante, chiusa la fugace parentesi così aperta attorno all’ultimo erede dell’Impero Fulgido, Maddie ebbe a scoprirsi in quieto silenzio, intenta a osservare l’altro, forse nell’incertezza su come proseguire il discorso o, forse e semplicemente, nella difficoltà a razionalizzare quanto allora stesse accadendo e, in tutto ciò, l’essere lì seduta, nel mondo reale, a una distanza estremamente prossima al proprio amato Be’Sihl.
Tuttavia, l’interesse ebbe a dimostrarsi chiaramente reciproco, giacché, nel mentre in cui lo sguardo dell’una non si stava negando possibilità di percorrere, centimetro per centimetro, millimetro per millimetro, ogni minima porzione del suo volto, a confrontarne l’assoluta coerenza con i propri ricordi, con le proprie memorie, in ogni minima imperfezione, in ogni più piccola, e praticamente invisibile, cicatrice o ruga; anche l’altro non mancò di offrirle discretamente tutta la propria attenzione, contemplando il volto della donna con serenità, osservandola, in verità, senza apparente curiosità o ricerca di dettaglio, quanto e piuttosto con familiarità, per così come avrebbe potuto osservarla suo padre, sua sorella o il suo amato Desmond. Persino la di lei cicatrice, quel lungo sfregio presente sul suo volto in corrispondenza al suo occhio mancino, non parve suscitare particolare interesse in lui, quasi avesse allora a doversi riconoscere qual la cosa più ovvia, più normale al mondo, per così come, in verità, ai più era solita creare un certo imbarazzo, nell’incapacità a smettere di osservarla e, ciò non di meno, nella consapevolezza di quanto probabilmente maleducato avrebbe avuto a doversi giudicare un simile comportamento, un tale interesse nei confronti di quella ferita.
Della reciprocità dell’interesse fra i due, tuttavia, Maddie non ebbe a rendersi conto, non laddove, quando alla fine ebbe a comprendere di star osservando, in silenzio, il proprio interlocutore, studiandone con fare probabilmente innamorato il volto, l’imbarazzo fu tale da impedirle di notare qualunque altro particolare, costringendola, anzi, a voltarsi rapidamente in altra direzione e a pregare al fine di non avvampare come un peperone, per la vergogna allora provata…

« Comunque… » esitò, tentando di riprendere voce e di recuperare un qualche dialogo con lui, a dissimulare quanto accaduto e il proprio stato emotivo « … stavi commentando qualcosa nel merito della fenice, o sbaglio?! » domandò, riagganciandosi al discorso precedente, e a quell’accenno con il quale egli aveva provato ad attirare la sua attenzione, nel verificarne, al contempo, l’identità.
« Ah… sì. » annuì egli, forse già dimentico della questione e, tuttavia, così invitato a esprimersi, obbligato a recuperarla « Premesso che non desidero polemizzare su quanto l’impiego della fenice, alla fine di “Trent’anni dopo”, potrebbe essere, o non potrebbe essere, un facile deus ex machina per risolvere la questione, confidando nel fatto che, comunque, con il tempo tutto avrà a essere chiarito; non risulta tuttavia immediata la comprensione delle tempistiche con le quali decide di intervenire nello scontro… » argomentò l’uomo, analizzando con cura il finale della quarta storia da lei pubblicata all’interno del secondo volume, appena edito « Cioè… perché ha dovuto attendere proprio all’ultimo istante per prendere il controllo della situazione e riportare Midda al suo giusto flusso temporale? Non avrebbe potuto semplicemente impedirle quei trent’anni di esilio, salvandola un istante dopo il suo sacrificio per recuperare la corona perduta della regina Anmel Mal Toise?! »
« Questa è una gran bella domanda… » confermò Maddie, in un interrogativo che, in verità, si era posta a sua volta, anche in riferimento a un altro simile evento, del quale non aveva tuttavia ancora avuto occasione di riportare esperienza per iscritto « Devo essere sincera, non ho proprio una risposta pronta: diciamo che mi sono fatta anch’io un’idea… ma che poi questa idea sia reale o meno, resta tutto da capire. » ammise, forse esprimendosi con un po’ troppa sincerità innanzi al proprio lettore, palesando una certa inconsapevolezza che pur non avrebbe avuto a dover contraddistinguere l’autrice di un’opera… anzi.
« … sentiamo! » la invitò, tuttavia, Basel, non soffermandosi su quanto improprio sarebbe stato, da parte sua, non avere idee chiare a tal riguardo e, anzi, doversi ritrovare a esprimere congetture di sorta, quasi quell’evoluzione della storia non avesse a dipendere da lei e da lei che, altresì, avrebbe avuto a dover essere giudicata, nel proprio ruolo di scrittrice, l’unica vera signora e padrona di quella storia e di ogni propria evoluzione, positiva o negativa che essa fosse, nell’ovvio e necessario implicito che quella storia avesse a doversi riconoscere qual, effettivamente, una storia normale.

domenica 24 febbraio 2019

2831


Purtroppo per Maddie, tuttavia, al di là della bellezza ineguagliabile di quel sorriso, negli occhi castano-arancioni di lui, in quegli occhi da lei incommensurabilmente amati nella propria meravigliosa unicità, ella non ebbe a poter cogliere evidenza di alcuna particolare consapevolezza nel merito di quanto stesse accadendo, e, più specificatamente, di chi ella fosse: lo sguardo di Basel, in quel momento, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual lo sguardo di un uomo incapace a riconoscere la propria interlocutrice, in lei nulla ravvisando se non il volto di una perfetta estranea…

« … grazie. » esitò quindi ella, accennando un lieve sorriso di ringraziamento e chinando appena il capo, prima di voltarsi per allontanarsi da lui e lasciarlo libero dalla propria inopportuna presenza.

Cosa le era preso…? Perché aveva voluto compiere qualcosa di tanto sciocco…? E, soprattutto, come aveva potuto realmente pensare che egli avesse a poter essere confuso con Be’Sihl…?!
Maddie si sentiva una stupida. Si sentiva una stupida ad aver potuto realmente pensare di fraintendere quell’uomo, quel perfetto estraneo, con il frutto di una propria fantasia, e di aver speso, dietro a simile miraggio, così tanto tempo, così tanta attenzione, sottraendola, probabilmente, a questioni di maggiore importanza, fosse anche e soltanto prestare maggiore attenzione, maggiore interesse a colui che, al contrario rispetto a quell’estraneo, non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual un semplice miraggio, quanto e piuttosto una dolce e concreta realtà, e una realtà di nome Desmond. Malgrado i propri quarant’anni suonati, e in effetti anche qualcosa in più, ella si era voluta lì comportare come una sciocca adolescente e, benché a propria difesa avrebbe potuto addurre di non aver avuto occasione di vivere realmente la propria adolescenza, il Creato tutto aveva voluto offrirle, in quel momento, una chiara riprova di quanto non avrebbe dovuto tentare di recuperare tardivamente il proprio non vissuto.
A buon dire, ella avrebbe dovuto lì considerarsi addirittura fortunata, e fortunata nella misura in cui, quella sorta di “tradimento” imposto ai danni dell’amato Des, avrebbe avuto a restare soltanto entro i confini della propria fantasia, entro i limiti di infinite e irreali possibilità inespresse. Se soltanto, infatti, ella avesse agito in maniera più spregiudicata, lasciandosi confondere dalle proprie fantasie in termini tali da compiere qualunque genere di azione volta a compromettere il proprio attuale rapporto, non soltanto ella non avrebbe ritrovato l’inesistente Be’Sihl, ma, peggio ancora, avrebbe anche perduto il proprio amato Desmond, vedendo, in ciò, ogni propria corrente felicità, ogni propria attuale gioia, infrangersi terribilmente contro un muro eretto soltanto dalla propria pazzia, qual, quietamente, avrebbe avuto a dover accettare di descrivere, purtroppo, la propria condizione mentale.
Sciocca…. sciocca… sciocca…

« Comunque, se mi posso permettere, la questione dell’intervento della fenice in “Trent’anni dopo” appare quantomeno confusa… » avvertì, alle sue spalle, la voce di Basel riprendere parola verso di lei, con tono quietamente provocatorio.
« … »

Maddie ebbe ad arrestarsi di colpo.
Stava parlando con lei…? Oppure era la sua pazzia ad averle fatto immaginare di aver udito simili parole…? Ma se stava parlando con lei, allora ciò avrebbe dovuto significare che egli l’aveva riconosciuta…? Possibile che ella avesse frainteso a tal punto il significato del suo sguardo…?!
Per un istante ella restò incerta sulla direzione entro la quale procedere, entro la quale muovere, metaforicamente e fisicamente, i propri passi, divisa fra l’idea di proseguire oltre senza voltarsi indietro, ossia quanto, allora, il suo raziocinio le avrebbe necessariamente suggerito qual la cosa più giusta e sensata da compiere al fine di non alimentare ulteriormente la propria già troppo marcata follia, e l’opposta idea di girarsi, di osservarlo e di cercare conferma a quanto le sue orecchie credevano di aver udito, ossia quanto, al contrario, era il suo cuore a domandarle, e a domandarle a gran voce. E sebbene la cosa più giusta e sensata da compiere sarebbe stato proseguire oltre, Maddie ebbe a cedere, per un istante, alle vecchie abitudini di Midda, la quale, in verità, non avrebbe avuto a dover essere considerata famosa per la propria innata capacità a scegliere in favore delle soluzioni più giuste e sensate.

« … mi scusi…?! » domandò quindi, voltandosi verso Basel, a cercare conferma a quanto aveva udito o, forse e piuttosto, alla propria follia, in un chiarimento che, una volta per tutte, le avrebbe quindi potuto confermare, anche nel caso peggiore, l’esistenza di un chiaro problema di natura allucinatoria, per il quale aver al più a cercare immediata occasione di assistenza presso la cara Jacqueline.
Questa volta, tuttavia, ad accoglierla non fu uno sguardo quietamente indifferente, quanto e piuttosto un’espressione di soddisfatta e gioiosa sorpresa, e sorpresa nel confronto con uno sviluppo che, probabilmente, neppure egli avrebbe potuto considerare possibile e che pur, al contrario, le era stato lì appena offerto: « Allora è davvero lei! » esclamò egli, subito sollevandosi in piedi per tendere la mano verso la donna, e la mano mancina, non qual segno di scortesia quanto e piuttosto qual segno di rispetto, nell’evidenza della mutilazione che ella aveva subito « Devo essere onesto, ma ero così assorto nella lettura che non ho subito ricollegato… è un vero piacere rincontrarla, signora Mont-d'Orb. »

Quasi senza neppure rendersi conto di quanto stesse accadendo, per un attimo smarrita nel turbine delle proprie emozioni, Maddie si vide tendere la propria mancina verso il proprio interlocutore, e sorridergli, per tutta risposta, con aria probabilmente più smarrita, più trasognante, di quanto non avrebbe avuto a doversi permettere con un perfetto estraneo. In quel momento, tuttavia, ogni raziocinio, e ogni senso del pudore, avrebbero avuto a doversi riconoscere estemporaneamente obliati dalla sua mente, nel confronto con la gioia di quel momento, e di quel momento che, di per sé, non avrebbe dovuto significare nulla, e che pur, nel profondo del suo cuore, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una meravigliosa apoteosi, un culmine eccelso il raggiungimento del quale ella non avrebbe mai potuto illudersi neppure di sperare.
Così, più confusa rispetto a quanto non avrebbe avuto piacere a definirsi, Maddie ebbe a ricambiare quella stretta di mano e a rispondere all’uomo senza neppur soffermarsi a riflettere, effettivamente, su quanto stesse allor dicendo…

« Il piacere è mio, Basel… » replicò, chiamandolo incautamente per nome, nel non ponderare in merito a quanto, in quel momento, una sì rapida identificazione di un uomo conosciuto, per pochi minuti, durante un evento pubblico, avrebbe avuto a potersi considerare quantomeno insolito « … e, per cortesia, lasciamo perdere tanti formalismi: chiamami pure Maddie e dammi del tu. » soggiunse, sorridendogli felice, e felice di aver potuto dimenticare, istantaneamente, tutte le ansie, tutti i timori, che soltanto un istante prima l’avevano dominata, e che l’avevano dominata a confronto con quell’estemporanea assenza di riscontro nello sguardo di lui a confronto con la più stupida domanda che avrebbe mai potuto rivolgergli.
E se anche Basel ebbe a considerare insolito l’essere stato lì tanto immediatamente identificato, tuttavia, ciò non ebbe a farlo dimostrarlo, limitandosi a continuare a stringerle la mano con evidente contentezza per quello che, dal suo punto di vista, avrebbe avuto a doversi considerare un fortuito incontro, e un fortuito incontro con una delle proprie autrici preferite: « E’ un onore. » dichiarò per tutta risposta, a confronto con l’invito di lei « E, anzi… ti chiedo ancora perdono per non averti riconosciuta subito, Maddie. » ribadì, liberando la mano di lei solo per portare, ora, la mancina a grattarsi il retro della nuca, con fare evidentemente imbarazzato « E con questo non voglio sottintendere che sei una donna di cui ci si potrebbe dimenticare facilmente… sia chiaro! » soggiunse, ridacchiando quasi nervosamente.

sabato 23 febbraio 2019

2830


Sembrava impossibile… ma a partire da quel primo incontro, durante la presentazione del secondo volume di “Midda’s Chronicles”, le occasioni in cui lo sguardo di Maddie ebbe occasione di posarsi su Basel el-Aqqad, qual aveva avuto a presentarsi, continuarono a crescere in maniera quasi imbarazzante, in termini nel confronto con i quali non molte possibilità di spiegazione avrebbero potuto essere prese in considerazione, partendo dall’idea di una inspiegabile ossessione del fato, sino alla prospettiva di un vero e proprio persecutore. E se pur la prima avrebbe avuto a doversi considerare troppo irreale per poter essere giudicata veritiera, lasciando maggior spazio di manovra alla seconda possibilità, il fatto che, in verità, in ogni occasione, fosse sempre stata Maddie a rendersi conto di Basel nel mentre in cui egli, attorno a lei, vicino a lei, non era mai apparso consapevole della sua presenza, avrebbe potuto in effetti stemperare anche quell’ipotesi, lasciandola semplicemente a confronto con quanto, allora, avrebbe avuto a doversi necessariamente giustificare qual una semplice casualità.

“In fondo è un po’ come quando hai scelto il modello di un’auto nuova e, improvvisamente, continui a ritrovartela attorno…” tentò di giustificarsi con se stessa, a banalizzare l’occorrenza dell’accaduto senza, in ciò, voler prendere in considerazione l’ovvia differenza fra un’automobile, esistente in dozzine, centinaia di esemplari, e una persona, altresì unica al mondo: una spiegazione decisamente labile, e che, tuttavia, si propose qual la sola in grado di dare un senso a quell’incredibile frequenza di incontri, in termini tali per cui, fra l’inquietudine e il desiderio, ella iniziò a temere di avere nuovamente a incrociare il proprio cammino con lui e, al contempo, a non desiderare null’altro che avere occasione per parlarci, rattristandosi di ogni giorno in cui, a dispetto di tutto, non si poneva in grado di ravvisarne la presenza attorno a sé.

Non che, in effetti, ella mai tentò di approcciarsi a Basel: individuandolo una volta in fila alle casse di un supermercato nel mentre in cui ella stava avvicinandosi a esse con il proprio carrello, una volta all’interno di un negozio nel mentre in cui ella stava passando lì davanti per puro caso, una volta in uscita da un vagone della metropolitana nel mentre in cui ella stava entrando nel medesimo attraverso una diversa porta, una volta sul marciapiede dall’altra parte di una strada rispetto a dove ella stava camminando, e così via dicendo, imbarazzante sarebbe stato per lei rincorrerlo, rischiando, anziché vittima di un supposto persecutore, di apparire a sua volta persecutrice, soprattutto laddove mai in una sola, singola occasione egli aveva offerto evidenza di essersi reso conto di lei.
E, del resto, come avrebbe mai potuto farlo? Probabilmente, al di là di quella fugace occasione d’incontro durante la presentazione del libro, egli non aveva avuto neppure mai precedente occasione di immaginare quale avesse a poter essere il volto dell’autrice di quei racconti, necessariamente più interessato alla sua prosa che al suo aspetto, al colore dei suoi capelli o dei suoi occhi, o al suono della sua voce: in ciò, quindi, innanzi allo sguardo di Basel, anche laddove questi avesse avuto occasione di coglierla innanzi a sé, ella sarebbe probabilmente risultata pressoché anonima, un’estranea fra molte altre, così come, in fondo, avrebbe avuto a doversi considerare giusto che fosse, che avvenisse. Dopotutto non era lei a essere, per lui, un’ossessione, quanto, e piuttosto, l’esatto opposto.
Per quanto, in ciò, ripromessasi di affrontare il discorso anche con Jacqueline, Maddie ovviò a farlo. Non che la sua amica, nonché terapeuta, avesse mai offerto riprova di volerla giudicare in nulla, nell’essersi altresì sempre offerta qual una presenza sincera accanto a lei, e un aiuto concreto, per lei, per riuscire a scendere a patti con la realtà del mondo a lei circostante, discernendolo dalle fantasie dei decenni di coma. Ma per quanto riguardava Be’Sihl, ella non si sentiva in grado di avere ad affrontare il discorso con nessuno, non con la propria amata gemella, e neppure con lei: Be’Sihl, in fondo, avrebbe avuto a doversi riconoscere una sua questione in sospeso… e, più di ogni altra, avrebbe allor meritato di essere affrontata soltanto da parte sua, dimostrando, almeno una volta, di avere un minimo del coraggio proprio di Midda Bontor, della leggendaria Figlia di Marr’Mahew.
Fu così che, con il passare dei giorni, e delle settimane, e la continua, costante presenza di Basel attorno a lei, Maddie ebbe a iniziare a maturare la decisione di tentare un’occasione di approccio con lui, decisa a concedersi opportunità di conoscerlo meglio e, in ciò, di scoprire quanto egli non avrebbe avuto a doversi fraintendere, in nulla e per nulla, riconoscibile qual Be’Sihl, al di là del fatto che il suo cervello malato avesse deciso di creare una fastidiosa associazione fra quello sconosciuto e l’uomo che per tanti anni aveva dominato i suoi sogni, le sue fantasie. E, che ella lo volesse o meno, iniziò, in buona sostanza, a divenire, per lui, una vera e propria potenziale molestatrice, nell’iniziare a uscire di casa con il solo intento, con la sola speranza di averlo a incrociare e di avere a incrociarlo, allora, in un qualche momento idoneo a favorire l’inizio di un dialogo fra loro.
Purtroppo per lei, grottesco a dirsi, la propria fortunata occasione romantica tipica di un qualunque vecchio film di Meg Ryan era già stata impiegata il giorno in cui aveva avuto la possibilità di incrociare il proprio cammino con Desmond, venendo da lui quasi investita. E, in ciò, per quanto ella non ebbe a mancare di sforzarsi per trovare il momento adatto ad approcciarsi al proprio obiettivo, al soggetto del proprio interesse, il fato sembrò opporsi in ogni modo al loro incontro, ponendolo, in ogni occasione, troppo lontano da lei, troppo distante per poterle garantire tale possibilità, a meno di non volersi mettere a imitare la scena finale di “Mr. Crocodile Dundee”, gridando da un lato all’altro di una vasta folla, situazione che, per un ipotetico incontro casuale, sarebbe stata a dir poco imbarazzante.
In ciò il tempo continuò a scorrere inesorabile. E più il tempo continuava a scorrere, più in lei cresceva inesorabile la frustrazione per quella situazione, in termini tali per cui, quando alla fine il fato ebbe a offrirle il proprio momento, qualunque imbarazzo venne immediatamente dimenticato, obliato nel confronto con la necessità, ormai viscerale, di risolvere quella situazione e di risolverla al più presto…

« Mi scusi… saprebbe dirmi l’ora? »

Se al mondo fosse mai stata redatta una lista delle frasi più imbarazzanti e più abusate con le quali attaccare metaforicamente bottone, certamente quella che le labbra della donna ebbero a scandire in quell’occasione avrebbe avuto a doversi considerare di diritto qual svettante sulla cima di tale lista. Ma nel momento in cui, un bel giorno, ella riuscì a individuare Basel placidamente seduto su una panchina, con le gambe incrociate a leggere un libro, null’altro riuscì a venirle in mente… e, a costo di andare a prenderlo a schiaffi, ella non avrebbe certamente rinunciato a tale occasione, e a una tale occasione potenzialmente irripetibile. Così, per quanto tale domanda avrebbe avuto a doversi giudicare sostanzialmente assurda in un mondo in cui nessuno avrebbe certamente rinunciato a uscire di casa senza un telefono cellulare in tasca, nel confronto con il quale immediata sarebbe stata la risposta a quell’interrogativo e, probabilmente, anche a molti altri; Maddie non ebbe a trovare nulla di meglio da dire, sorridendo imbarazzata come una ragazzina nel confronto con il proprio interlocutore, al di là di quanto, obiettivamente, nessuno fra loro avrebbe avuto a dover essere frainteso essere qual in età adolescenziale o, comunque, giovanile.
E Basel, inizialmente senza neppure levare lo sguardo verso la propria interlocutrice, non mancò di estrarre, per l’appunto, immediatamente il proprio telefono cellulare dalla tasca del proprio giubbotto, a verificare l’informazione richiestagli prima di poterla comunicare…

« Sono le tre meno un quarto… » suggerì, levando solo a quel punto lo sguardo verso di lei, per offrirle un sorriso pacato e solare, nel confronto con il quale il cuore della donna ebbe forse a perdere un battito, nelle emozioni che, allora, quel sorriso non poté ovviare a suscitarle.

venerdì 22 febbraio 2019

2829


Al di là di sporadici eventi straordinari, qual avrebbe avuto a poter essere riconosciuta la presentazione di quell’importante e impegnativa giornata, la vita quotidiana di Maddie non avrebbe avuto a poter essere considerata particolarmente diversa da quella di qualunque altra persona.
Con il proprio tempo canonicamente diviso in settimane, il calendario personale della donna dagli occhi color ghiaccio avrebbe avuto a doversi considerare popolato da attività più che consuete, vedendo il suo tempo ripartito in maniera più o meno paritaria fra la cura della propria casa, della propria famiglia e, ovviamente, di se stessa e del proprio lavoro.

Tutti i giorni, per Maddie, la sveglia suonava, o per meglio dire vibrava al suo polso sinistro, alle 6.40 in punto, e non perché ella avesse personalmente da dover rispettare un qualche particolare impegno lavorativo, quanto e piuttosto per garantirsi occasione di poter dedicare qualche romantica premura al risveglio del proprio amato Desmond, trascorrendo con lui il tempo che sarebbe stato loro concesso prima della sua partenza. E quasi ogni mattina, fra loro, avrebbe avuto così a doversi riconoscere sussistere una sorta di competizione, e una competizione volta a verificare chi sarebbe riuscito a sorprendere la controparte nel ridestarsi con margine sufficiente da iniziare a preparare la colazione, e a prepararla non tanto per se stesso, quanto e ancor più per l’altro. In verità, dovendo stendere un calendario dei risultati a medio termine, Maddie avrebbe avuto a potersi riconoscere in lieve vantaggio rispetto a Des, giacché egli, malgrado tutta la propria buona volontà, soprattutto in quell’ultimo periodo particolarmente ricco d’impegni professionali, talvolta non si poneva psicologicamente in grado di riaprire gli occhi, in termini tali per cui ella avrebbe potuto vantare, pertanto, una posizione di superiorità all’interno della loro ristretta classifica: nel lungo termine, comunque e tuttavia, la donna avrebbe dovuto ammettere quanto in verità avrebbe avuto a dover esser riconosciuto qual proprio il suo amato compagno ad averla viziata maggiormente, dando vita, a propria insaputa, a quella piccola disfida fra loro in conseguenza al desiderio, da parte di Maddie, di una condizione di parità, di equilibrio fra loro, all’interno del loro rapporto. Dopo la doccia, la colazione e la vestizione, quindi, da lunedì a venerdì, ma talvolta anche il sabato e sporadicamente la domenica, Desmond era solito uscire di casa entro le 8, al fine di poter essere comodamente in ufficio entro le 8.30. Ragione per la quale, quindi, da lunedì a venerdì, ma talvolta anche il sabato e sporadicamente la domenica, Maddie avrebbe potuto considerarsi l’unica inquilina di quel grande appartamento per le successive nove, dieci e, talvolta, persino undici o dodici ore, con un certo margine di manovra per lei utile a gestire, con una certa autonomia, la propria esistenza.
Quali impegni fissi, a occupare quel suo tempo in solitaria, avrebbero avuto a dover essere ricordati quelli del lunedì e del giovedì, alle ore 10, in compagnia della sua amica e strizzacervelli Jacqueline Marchetti; quelli del martedì e del venerdì, alle ore 15, in compagnia di Munahid Versini e Lorenzo Tavaglione, rispettivamente il medico specialista per la sua protesi e il suo fisioterapista; e quelli, in verità soltanto ogni due settimane, del mercoledì alle 17, in compagnia del suo agente e del suo editore, per la valutazione del proseguo dell’opera. Incastrati nel mezzo di ciò, poi, non sarebbe mancato tutto il tempo necessario per lo svolgimento delle questioni domestiche, quelle incombenze casalinghe quali principalmente riordino e pulizia, nonché il lavare e lo stirare, ma anche, e ovviamente, la cucina, nell’arte della quale stava continuamente cercando di migliorarsi, in una serie di ulteriori impegni fissi, insomma, ai quali non rinunciare, comunque, ad alternare il tempo altresì dedicato alla scrittura, con la trascrizione riordinata dei propri racconti, e la revisione, a posteriori, degli stessi, allo scopo di correggere eventuali errori, raffinare lo stile e quant’altro. E così, al di là di ogni facile critica al suo ruolo di casalinga e di scrittrice, ruoli per i quali in molti avrebbero potuto asserire in maniera estremamente ignorante quanto ella non avesse poi nulla di reale da fare per occupare la propria giornata, evidente sarebbe stato constatare quanto, delle canoniche ventiquattro ore, in effetti, ben poche avrebbero avuto a potersi per lei considerare effettivamente libere, e libere anche e soltanto per permetterle di andare a trovare i propri nipoti, farsi una passeggiata o, anche e soltanto, leggere un libro o guardare una serie televisiva, attività pertanto per lo più negoziate all’interno del tempo in condivisione a Desmond.

In tutto ciò per quanto consueta avrebbe avuto a poter apparire la sua esistenza quotidiana, in una situazione, dopotutto, ampliamente condivisa con un’infinità di altre persone al mondo, Maddie non avrebbe potuto considerare nulla, nella sua vita, meno che meraviglioso, godendo di ogni singolo istante a lei in essa concesso con tutte le proprie energie, con tutte le proprie forze. E in nulla, quindi, ella avrebbe avuto a doversi considerare invidiosa o, peggio ancora, nostalgica dei ricordi della quotidianità di Midda Bontor, prendendo ogni istante maggiore distanza psicologica da lei, nel riconoscere tanto l’assurdità propria di quelle fantasie, quanto l’incommensurabile valore del proprio attuale presente e, con esso, di quanto folle sarebbe stato ipotizzare di rinunciarvi…
… e rinunciarvi per cosa, poi?! Per una vita trascorsa nell’inconsapevolezza costante del proprio futuro, priva anche e soltanto della speranza di poter giungere viva a sera o al mattino successivo, incapace a dormire profondamente, fosse anche e soltanto per pochi minuti, nella costante necessità di mantenersi vigile e all’erta, pronta ad affrontare qualunque antagonista, qualunque avversario, qualunque minaccia avrebbe mai potuto sopraggiungere. Per una vita trascorsa in costante insoddisfazione, nella continua ricerca di nuove occasioni per dimostrare a se stessa e agli dei tutti il proprio valore, mai fermandosi, mai traendo un profondo respiro e godendosi, semplicemente, l’abbraccio del proprio uomo o la presenza dei propri figli al suo fianco e, anzi, seguendo percorsi atti a porre costantemente in dubbio, oltre alla propria, anche la loro stessa sopravvivenza, il loro stesso futuro, in un circolo vizioso apparentemente privo d’ogni possibilità di evasione, di interruzione.
No. Maddie non avrebbe potuto invidiare la vita quotidiana della Figlia di Marr’Mahew. Avrebbe potuto invidiarne la forza. Avrebbe potuto invidiarne il coraggio. Avrebbe potuto invidiarne la bellezza, desiderando obiettivamente anch’ella la possibilità di un corpo più tonico, più sensualmente curvilineo, qual quello proprio della sua gemella e qual quello che, obiettivamente, avrebbe avuto a doversi considerare una caratteristica fondamentale del personaggio Midda, con la procacità di seni, di fianchi, di glutei per lei rimasta purtroppo inespressa, in conseguenza a quei trenta e più anni di forzata immobilità. Quello ella avrebbe potuto invidiare di Midda, ogni qual volta si fosse ritrovata a confronto con uno specchio e l’immagine offerta al suo sguardo, con quelle forme così asciutte, così esili, così sciupate, non avrebbe potuto ovviare a risultare sbagliata nel confronto con i propri ricordi, e con i ricordi di un ben diverso aspetto, e di un aspetto per il quale provare un qualunque senso di pudore sarebbe stato paragonabile a una blasfemia contro gli dei, in un corpo sì votato alla guerra e pur, da ogni obiettivo punto di vista, chiaramente nato per l’amore. Ma al di là di una questione simile, al di là della vanità che avrebbe potuto sospingerla a rimpiangere le fiabe che la sua stessa mente le aveva narrato per tanto tempo, ella non avrebbe mai potuto invidiare altro di Midda, della sua vita, del suo mondo.
Così, per lo meno, ella aveva creduto sino ad allora, e ancor credeva, in maniera convinta e razionale, e così ella avrebbe continuato sicuramente a credere anche per gli anni a venire, vivendo la sua vita quotidiana giorno dopo giorno, nella serena quiete dell’affetto della propria famiglia, nell’ardente abbraccio dell’amore del proprio Desmond, se soltanto l’unica incommensurabile mancanza di quel mondo di fantasia, di quel costrutto della propria immaginazione, non avesse fatto capolino nella propria attuale realtà, e nell’unica, vera realtà, sopraggiungendo a lei, purtroppo, con qualche stagione di ritardo. Perché se la sua vita vera, reale, concreta aveva previsto qual protagonista, nella sua quotidianità, la meravigliosa, e immeritata, figura di Desmond; semplicemente crudele, da parte del destino, sarebbe stato avere a presentarle con quell’inaccettabile dilazione l’unico uomo che, se solo fosse stato lì presente sin dall’inizio con lei, non le avrebbe mai concesso la benché minima ragione di rimpianto, di remora, di nostalgia per quel mondo irreale… e averlo a presentare, e ripresentare, con ostinata insistenza più volte innanzi al suo sempre più frustrato sguardo.

giovedì 21 febbraio 2019

2828


Ineluttabili, praticamente obbligate, ebbero a essere allora le proteste da parte di Santiago e Lourdes: fosse stato per loro, infatti, la zietta non avrebbe avuto a dover mai smettere di raccontare le mirabolanti avventure di Midda Bontor, sempre desiderosi di ascoltare nuovi racconti, sempre bramosi di sognare nuove gesta di quella straordinaria avventuriera, ascoltare le vicende della quale, fosse essa bambina, fanciulla, giovane o donna matura, sarebbe comunque stata un’esperienza meravigliosa, soprattutto dalle labbra della loro amata zia Maddie, la quale si poneva in grado di narrare tutto ciò quasi lo avesse potuto contemplare dal vivo, o, addirittura, lo avesse vissuto in prima persona.
Sebbene, infatti, Rín, suo marito Matteo, nonno Jules e, ovviamente, Desmond, fossero tutti perfettamente consapevoli del segreto esistente dietro la prolifica fantasia dell’autrice di “Midda’s Chronicles”, tutti gli altri, a partire dai due stessi bambini, ignoravano quanto Maddie aveva avuto l’illusione di aver vissuto nel corso dei propri trenta e più anni di coma, in termini tali per cui, appunto, quelle meravigliose cronache null’altro avrebbero potuto apparire se non qual il frutto di una complessa immaginazione, e un’immaginazione tanto ricca da essere in grado di dar vita a un intero universo, popolato da sempre nuovi e sempre incredibili personaggi e, sopra a tutti loro, ovviamente, la più incredibile fra tutti… la protagonista: Midda Bontor!
Al di là, tuttavia, dell’insistenza dei due pargoli, Midda non si lasciò corrompere dai loro adorabili faccini, anche e soprattutto per non avere a contrapporsi, involontariamente, all’autorità materna della propria sorella, la quale, data l’ora ormai divenuta tarda, richiese ai bambini di prepararsi per andare a dormire, lavandosi mani, volto, denti e indossando i loro pigiami senza troppi, ulteriori capricci: e, così, a Santiago e Lourdes non restò altra possibilità se non quella di salutare la zia, il nonno, e lo “zio”, come stavano iniziando a considerare Desmond, ormai, di buon diritto, entrato anche nelle loro esistenze in tal ruolo. Una resa, la loro, che pur non si dimostrò priva di termini, laddove, al fine di accettare che quella avesse a dover essere la fine della serata, i due non mancarono di pretendere, da parte di Maddie, una promessa volta a proseguire quel racconto, e a spiegare loro in quali circostanze Kolgra e Losi ebbero nuovamente occasione di entrare a far parte delle vite di Midda e Salge.

« Ti adorano… » sospirò Rín, con un sorriso ineluttabilmente carico di dolcezza e gioia a confronto con la serenità propria di quel meraviglioso contesto familiare.
« Adorano le mie storie. » puntualizzò Maddie, per tutta risposta, stiracchiandosi appena nell’iniziare ad avvertire una certa stanchezza al termine di quella lunga, ed emotivamente impegnativa, giornata.
« Le tue storie sono parte di te. » osservò la prima, scuotendo appena il capo « E lo saranno sempre. » commentò amorevolmente verso la sorella.

Un’osservazione, quella propria della padrona di casa, che non avrebbe voluto farsi carico di alcuna negatività, e che, al contrario, avrebbe desiderato evidenziare l’importanza che tutto quello, che quelle “Midda’s Chronicles”, avrebbero avuto a poter vantare nella sua esistenza quotidiana, offrendole occasione di condividere, con il mondo intero, qualcosa di bello, frutto della sua immaginazione, del suo coraggio, del suo cuore.
Al di là, tuttavia, dell’intento positivo delle parole di Rín, la mente di Maddie, in quelle ultime ore estemporaneamente dimentica dell’incontro di quella mattina, non poté ovviare a correre verso l’immagine propria di Basel, e di quell’uomo che, con la propria apparizione, aveva ricondotto alla realtà, e alla realtà vera, un altro, importante, tassello del complesso mondo di fantasia entro i confini del quale ella aveva inconsapevolmente vissuto il proprio lungo, lunghissimo coma. E, in tal senso, il volto sfregiato di Maddie non avrebbe potuto ovviare allora a rabbuiarsi, nel profondo senso di dubbio, di disagio, che quell’amata apparizione non avrebbe potuto ovviare a proiettare nel suo cuore, suscitando in lei emozioni, sentimenti, che non avrebbe dovuto permettersi di provare nei confronti di un perfetto estraneo, e che pur non avrebbe potuto ovviare ad accompagnarla innanzi all’immagine propria di Be’Sihl… del suo amato Be’Sihl.
Una reazione, quella che ebbe a contraddistinguerla, che non poté passare inosservata all’attenzione della sua gemella, la quale, non potendone immaginare le ragioni, allungò una mano verso di lei, per cercare un’occasione di delicato contatto fisico a dimostrare, in ciò, la propria presenza accanto al suo fianco…

« Ehy… tutto bene?! » le domandò con sincera premura, quasi materna verso la propria gemella, e quella gemella che, per troppi anni, aveva visto bloccata su un letto di ospedale, incosciente di sé e del mondo a sé circostante.
« S-sì… » esitò Maddie, aprendosi in un lieve sorriso verso la sorella, nell’appoggiare la propria mancina sulla mano di lei e, in ciò, nel ricambiare quel gesto, quella ricerca di contatto « Probabilmente sono solo un po’ stanca. »
« E’ stata una giornata impegnativa, amor mio. » intervenne, in maniera inattesa, la voce di Desmond, sopraggiungendo insieme al suo proprietario innanzi all’attenzione delle due sorelle con tempismo ineccepibile, utile a concedergli di offrire la parola giusta al momento giusto e, in ciò, di comprovare ancora una volta tutto il proprio amore, e tutta la propria sollecitudine in favore della compagna « Forse sarebbe opportuno prendere congedo. »

Alle spalle di Des, anche Matteo fece la propria apparizione, a dimostrazione di quanto, probabilmente, la patita doveva essere terminata giusto in quel momento, concedendo al primo una fortunata, ancor più che abile, possibilità di intervento in quel discorso, in quella questione. Ma che tutto ciò stesse avvenendo per fortuna o per abilità, poco avrebbe avuto a dover valere, soprattutto nel confronto con l’amorevolezza della premura da questi dimostrata verso la propria dolce metà.
E, forte di tale pensiero, di simile corretta analisi, Rín non poté che riservarsi ragione per sorridere, e per sorridere con trasparente soddisfazione nel confronto con la felicità che, per la sorella, stava allor rappresentando quell’uomo, in un rapporto, fra loro, sicuramente non meno straordinario di quanto ella non avrebbe potuto definire il proprio con suo marito, con quell’uomo incredibile che la sorte le aveva voluto porre al fianco, malgrado tutti i propri limiti di cui ella non avrebbe potuto ovviare a essere assolutamente consapevole e che, pur, al di lui sguardo, non erano mai stati interpretati qual un problema.

« Portala a casa, Des… » benedisse pertanto quel proposito, interrompendo il contatto con la sorella solo per portare entrambe le mani alle ruote della propria sedia e, in ciò, farsi strada, con pochi tocchi delicati, verso il proprio sposo, egoisticamente desiderosa di stringersi a lui « … allora? Chi ha vinto…?! » domandò quindi verso Matteo, levando la propria destra alla ricerca della sua, che le venne prontamente offerta in un contatto carico di quello stesso sentimento sincero che aveva contraddistinto il loro rapporto sin dal giorno del loro primo incontro.
« Non è importante. E’ comunque stata una bella partita. » minimizzò questi, offrendo riprova di quanto, proprio malgrado, la sua squadra dovesse aver perso ancora una volta, e prevedibilmente, il derby, chinandosi poi a cercare le labbra della moglie per un fugace bacio.

E Rín, ricambiando quel bacio, non poté ovviare di sorridere con dolce compassione per la sfortuna sportiva del marito, e quella sfortuna che da troppi anni non gli concedeva una vittoria in quell’importante sfida domestica. Una sfida che, tuttavia, in Desmond doveva aver trovato un avversario quantomeno elegante, giacché, al di là di tutto, non una parola quest’ultimo si era voluto riservare nel merito dell’ennesimo trionfo della propria squadra del cuore.

“Sì…” pensò in cuor suo la donna “Maddie e io siamo state proprio fortunate.”

mercoledì 20 febbraio 2019

2827


«  ̶  Lasciala in pace!  ̶  gridò la furia rossa, balzando addosso al proprio creduto mecenate, e ormai chiaramente riconosciuto qual antagonista, con uno scatto quasi felino, nell’arrampicarsi rapidamente lungo la schiena di lui e nel raggiungerne il capo, per potersi appendere al suo collo e lì iniziare a esercitare tutta la propria pur irrisoria forza, nel tentare di costringerlo, se non alla resa, quantomeno a lasciare la propria nuova amica, nonché colei così eletta al ruolo di propria protetta. »

« Purtroppo per la piccola Midda, dall’alto del suo metro e venti per trenta chili di peso, ben poco avrebbe potuto riservarsi occasione di imporre a discapito dell’avversario, risultando, in quel confronto, probabilmente in posizione di ancor minoritaria rispetto a quella precedentemente occupata nel confronto con i due mastini. E così, sostanzialmente ignorata dalla controparte, ella si ritrovò a essere nuovamente catapultata via, per effetto di un brusco movimento rotatorio a confronto con il quale, ancora una volta, ebbe a volare e volare per diversi metri prima di ritrovare sempre dolorosamente contatto con il suolo. »
« Ma neppure questo nuovo volo ebbe a frenare la bambina, la quale, acciaccata ma tutt’altro che sconfitta, ebbe a rialzarsi immediatamente da terra soltanto per ritornare ad aggrapparsi alla gola dell’uomo, questa volta reagendo in maniera a dir poco animalesca e, nello scoprirsi chiaramente impossibilitata ad avere successo solo in grazia alle proprie forze, decidendo di provare addirittura a morsicare il proprio antagonista, affondando violentemente i propri denti alla base del suo collo, sul fronte posteriore, per così come, sicuramente, avrebbe potuto essere comprensibile da parte di una qualunque fiera ma, certamente, mai avrebbe potuto essere ipotizzabile da parte di un soldo di cacio suo pari. Un gesto assolutamente imprevedibile, il suo, che non ebbe tuttavia a essere vano, giacché, in questa occasione, il suo nemico non poté ignorarla, gemendo violentemente in proprio dolore insieme a un’imprecazione e, allora, subito liberando la giovane lady dalla presa al collo soltanto allo scopo di poter, in ciò, allungare quella brutale mano verso la bambina, allo scopo di sistemarla una volta per tutte, laddove, in maniera sufficientemente palese, ella stava dimostrando di non volersi arrendere all’evidenza del fato. »
« Prima, tuttavia, che quella mano potesse giungere a Midda, una seconda bestiolina ebbe a reagire in contrasto a quell’individuo, intervenendo, come non avrebbe potuto ovviare a fare, a tutela, a difesa della propria amica, per quanto tutto ciò avrebbe significato, necessariamente, esporsi a sua volta a qualche doloroso rischio: Salge, ripresosi, ebbe infatti a gettarsi a sua volta in contrasto all’uomo e, soprattutto, in contrasto all’avanzata di quella mano, balzando a sua volta ad aggrapparsi al corpo di lui, a quel nerboruto avambraccio, per lì, a imitazione del positivo esempio della compagna di ventura, affondare violentemente i propri denti, cercando a sua volta il sapore del sangue di quell’antagonista. »
« E se nuove imprecazioni non mancarono di riempire l’aria, sovrastando le soffocate grida d’aiuto di lady Losi, ancora in difficoltà a respirare in conseguenza alla morsa precedentemente imposta alla sua gola, tutto ciò non poté fare altro che rinfrancare la coppia di mozzi della Fei'Mish, confermando quanto, allora, quel loro attacco avrebbe potuto vantare un qualche successo, per quanto forse effimero, per quanto probabilmente non cruciale. Un’insistenza, la loro, una reazione tanto audace quanto ostinata, che, in quel frangente, se pur non ebbe a definire la sconfitta di quell’uomo, pur non mancò di offrire il proprio contributo, rallentandolo e distraendolo, nel proprio operato, nel proprio attacco, per il tempo sufficiente a concedere a un quinto attore di intervenire, e di intervenire a porre la parola fine su quel combattimento, su quella battaglia, tratteggiandola in grazia all’intervento di una pesante mazza di legno che, con violenza, ebbe a impattare sul volto dell’uomo, privandolo istantaneamente d’ogni possibilità di consapevolezza nel merito di sé o del mondo a lui circostante. »
« Fu così che non soltanto il falso Kolgra, ma anche Midda, Salge e, persino, lady Losi, ebbero a piombare pertanto rovinosamente a terra, questi ultimi trascinati, in tal senso, dal peso morto del primo, nel mentre in cui la sagoma del nuovo arrivato ebbe a restare l’unica in piedi, a dominare la scena e, in tal senso, a dimostrarsi pronto a menare un secondo colpo, laddove il primo non si fosse dimostrato sufficiente a terminare ogni tafferuglio. E pur confusa per l’accaduto, e per il nuovo doloroso impatto con il suolo, la piccola Midda, sollevando lo sguardo e ritrovandosi, in tal senso, a confronto con un uomo armato di una mazza di legno, non ebbe comunque a riservarsi neppure una fugace possibilità di esitazione prima di reagire, e di reagire nel giudicare, necessariamente, quell’ignoto individuo qual un nuovo, potenziale, antagonista, in quella che, probabilmente, avrebbe avuto a doversi considerare una mancanza di buon senso da parte sua, nell’ignorare il vecchio adagio nel merito del ruolo del nemico del proprio nemico, e, ciò non di meno, in quella che, necessariamente, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una prima avvisaglia di positiva paranoia da parte sua, una mancanza di fiducia nel prossimo allor obbligata e immediata conseguenza del tradimento appena subito. »
« A frenare, tuttavia, la propria piccola amica, fu la voce di lady Losi, la quale, non senza una certa sorpresa, e tanta concreta gioia, ebbe allora a rivolgersi verso il nuovo giunto riconoscendolo nella propria effettiva, e spiazzante, identità… »

«  ̶  Kolgra!  ̶  »

« Per quanto, infatti, la bambina dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio si fosse lasciata ingannare da un bugiardo animato da pessime intenzioni, la vicenda di lady Losi e del suo amato Kolgra non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual priva del proprio fondamento, in termini tali per cui, appunto, la stessa giovane aristocratica si era spiacevolmente ritrovata vittima di quella trappola, di quell’agguato a proprio discapito. Quanto, tuttavia, né Midda, né tantomeno Losi, avrebbero potuto immaginare, sarebbe stata la verità dei fatti e di quei fatti che avrebbero allor posto il vero Kolgra qual in vigile e clandestina sorveglianza della dimora dell’amata, nell’attesa di un qualche momento idoneo a intervenire, e a intervenire a difesa del proprio amore. »
« In ciò, il vero Kolgra aveva potuto quindi assistere alle azioni di Midda e Salge, e al successo da quei due bambini nel condurre fuori dalla protezione di quelle alte mura la sua amata. Dopo averli seguiti e, tuttavia, prima di essere in grado di prendere voce verso di lei, egli si era così ritrovato distante testimone di quell’aggressione e, nel tempo sufficiente per intervenire, e per intervenire in difesa della propria amata, aveva veduto quei due marmocchi comunque intenti a proteggerla, a costo della propria stessa incolumità. »
« Alla fine non tutto il male era venuto per nuocere e, alla fine, paradossalmente, Midda e Salge ebbero realmente ad aiutare quella giovane coppia di innamorati a ritrovarsi… malgrado qualche errore di ingenuità lungo tal complicato cammino. Un merito, il loro, che non volle essere minimizzato malgrado tutti gli errori compiuti a margine di quell’impresa, per così come lo stesso Kolgra non mancò di esprimere… »

«  ̶  Non possiedo ricchezze di sorta, e in questo non ho modo per ripagarvi per il vostro coraggioso impegno a difesa dell’amore della mia vita…  ̶  argomentò egli quando, a conclusione di quella vicenda, lui e la sua dolce Losi ebbero a prendere commiato dalla coppia di pargoli, pronti, allora, effettivamente a imbarcarsi e a fuggire per sempre da quella città e da tutti i limiti che, in essa, il loro amore si sarebbe visti imposti  ̶  … ciò non di meno, il debito di gratitudine che oggi ho contratto verso voi due non sarà scordato. E, ve lo giuro, un giorno troverò il modo per restituirvi il favore.  ̶  »

« E, in effetti, di lì a qualche anno quell’impegno, quella promessa, quel giuramento trovò occasione di essere adempiuto, vedendo Kolgra e Losi rientrare nelle vite dei due pargoli, ormai adolescenti, in un momento a dir poco fondamentale per gli stessi… » sorrise Maddie verso i due nipotini, ancora intenti a seguire le sue parole con assoluta attenzione e religioso silenzio « … ma questa è un’altra storia! »

martedì 19 febbraio 2019

2826


« Che cosa era accaduto? Quali parti della storia si ponevano ancora ignote all’attenzione di Salge? »
« La piccola Midda, sbarcando in porto quella mattina, si era voluta avventurare da sola attraverso le vie della città al solo scopo di porsi alla prova e, soprattutto, di poter avere occasione, emula degli eroi e delle eroine delle ballate ascoltate sin dalla più tenera età, di adempiere a qualche straordinaria impresa, a qualcosa che potesse far entrare il suo nome della leggenda. O che, comunque, potesse essere un buon inizio, in tal senso. »
« Per questa ragione, avventuriera in cerca d’avventura, quel soldo di cacio aveva iniziato a perlustrare ogni locanda, ogni taverna, nella quale sperare, in maniera non particolarmente consapevole, di avere occasione di incrociare, con il proprio sguardo, una qualche lavagna con affisse le definizioni di potenziali missioni per così come, ovviamente, mai ella avrebbe potuto comunque trovare, nulla del genere esistendo al di là della propria infantile fantasia. Quanto, comunque, quella tenace furia rossa aveva avuto occasione di incontrare era stato un uomo, e un uomo che, presentatosi come Kolgra, le aveva narrato della propria triste storia d’amore, e di un amore irrealizzabile, giacché egli, semplice marinaio, non avrebbe mai avuto occasione di essere accettato dalla famiglia della sua amata, erede di un’antica dinastia dell’aristocrazia tranitha e, come tale, obbligata a seguire le vie della tradizione, e di accordi politici, allorché quelle del proprio cuore. Inutile ribadire quanto, a confronto con tali premesse, Midda non aveva offerto alcuna esitazione ad accettare l’incarico, vedendosi disegnata quella che, per lei, era poi stata accolta come la mappa di un tesoro, e di un tesoro incarnato, nella fattispecie, nella stessa splendida lady Losi. »
« Ora, bambini, fate attenzione. Perché la storia potrebbe concludersi in questo modo, con un banale lieto fine e il più classico “e tutti vissero felici e contenti”. Ma, ormai lo sapete, nel mondo di Midda Bontor raramente un’avventura giunge facilmente al proprio epilogo… e, sino a quel momento, tutto era andato sin troppo bene, al punto tale che, se soltanto la nostra eroina avesse avuto qualche anno in più, e si fosse dimostrata accompagnata da quella che, più avanti, i suoi detrattori avrebbero iniziato a definire “paranoia”, ma che, dal suo punto di vista, avrebbe avuto a doversi riconoscere semplicemente qual “spirito di sopravvivenza”, probabilmente ella non avrebbe accettato che, effettivamente, tutto potesse risolversi tanto facilmente. Ma all’epoca, Midda era ancora una bambina… e una bambina con più cuore che mente a guidare i suoi passi, in termini tali per cui ancora molti errori avrebbe avuto a dover commettere prima di poter divenire, effettivamente, la leggenda vivente che, un giorno, sarebbe stata. »
« Così, dopo che il recupero della leggiadra lady Losi era avvenuto con straordinaria e incredibile semplicità, vedendo quella giovane e innamorata aristocratica seguirli, e seguirli nel solo intento di raggiungere il proprio amato, anche laddove questo avrebbe significato abbandonare la casa in cui ella era nata e cresciuta, abbandonare la sua famiglia e, soprattutto, abbandonare il suo nobile retaggio; a Midda e all’ancor inconsapevole Salge non era rimasto altro da fare che accompagnare la medesima lady al luogo fissato per l’incontro con Kolgra e, lì, al loro supposto lieto fine. »
« Un lieto fine che, tuttavia, ebbe a dimostrarsi ben lontano dal potersi realizzare, soprattutto nel momento in cui, dalle labbra della giovane Losi, emerse un inquietante interrogativo nel momento in cui Midda, con soddisfazione, ebbe a indicare con la manina il suo committente, in loro attesa al termine di uno stretto vicolo, nell’ombra della sera… »

«  ̶  Dove mi hai portata, piccola? E dove è il mio dolce Kolgra…?!  ̶  »

« Fu questione di un attimo prima che la mente ancor infantile di Midda avesse occasione di elaborare il reale significato di quell’interrogativo. Giacché, laddove lady Losi non stava riuscendo a riconoscere, di fronte a loro, a pochi passi da loro, il volto del suo amato, o di colui che qual tale si era presentato, ben poche spiegazioni avrebbero avuto a potersi articolare a esplicitare il senso di tutto ciò. Ed escludendo un’estemporanea perdita di memoria da parte della giovane aristocratica, soltanto una pessima reinterpretazione degli eventi avrebbe potuto esserle riservata, in termini utili, allora, a costringerla a digrignare i denti per la rabbia. »

«  ̶  Scappa!  ̶  sussurrò alla volta di lady Losi. »
«  ̶  … come?!  ̶  esitò la giovane donna. »
«  ̶  Scappa!  ̶  ripeté con tono più deciso, e allora anche udibile dalla loro controparte. »

« L’uomo che Midda aveva creduto essere Kolgra, commettendo chiaramente un errore e un errore sol conseguenza della propria ingenuità, non ebbe a esitare a confronto con quell’invito, e con l’evidenza di quanto, il suo improvvisato piano, che pur aveva così condotto a insperati risultati, avrebbe potuto rischiare di rovinare tutto proprio all’ultimo. In ciò, nel momento in cui egli ebbe a comprendere l’evidente ripensamento della propria piccola mercenaria, avanzò rapidamente in avanti, a coprire velocemente la distanza ancor esistente fra loro e, con fare rapace, ad agguantare la propria preda, la giovane Losi, chiudendo una grossa e nerboruta mano attorno al di lei sottile braccio destro, a non concederle alcuna possibilità di fuga. »

«  ̶  Quasi non ci credo!  ̶  esclamò egli, nel mentre in cui, con un possente calcio, ebbe a liberarsi, allora, tanto della bambina, quanto del suo compagno, purtroppo in tutto ciò sempre più confuso testimone degli eventi allorché partecipe  ̶  Ci sei riuscita davvero, piccola peste…  ̶  »
«  ̶  Chi sei…?!  ̶  tentò di gridare Losi, ritrovandosi, tuttavia, quasi istantaneamente soffocata dalla sua destra, la quale, nel mentre in cui la mancina la stava ancor dolorosamente trattenendo per il braccio, si mosse ad afferrarla poco cortesemente per il collo, lì imponendole una morsa simile all’acciaio e tale da prometterle un destino poco gradevole nel momento in cui avesse ipotizzato una qualunque reazione in sua opposizione. »
«  ̶  Non è importante chi io sia… ma chi tu sei. E, soprattutto, quanto il tuo caro paparino potrà essere disposto a sborsare per riaverti!  ̶  sorrise malevolo il falso Kolgra, con sguardo carico di avidità al solo pensiero del terribile ricatto l’occasione del quale, con l’inconsapevole complicità di quella bambina, gli era stata concessa sul proverbiale piatto d’argento. »

« Midda era stata ingenua. Terribilmente ingenua. »
« Proprio malgrado vittima di tutte le meravigliose ballate ascoltate sin dalla più tenera età, ella si era convinta di conoscere il mondo, le sue logiche, le sue dinamiche, e, soprattutto, i suoi pericoli. E, così, per quanto animata dalle migliori intenzioni, in quel momento si era ritrovata a essere complice di qualcosa di orribile, e qualcosa di orribile che, oltre a richiedere giusta rivalsa a suo discapito, stava ancor peggio lì gravando a discapito di vittime realmente innocenti, qual primo fra tutti il suo amico Salge, disteso a terra non lontano da lei per effetto del violento calcio subito, e, poi, anche e soprattutto la povera lady, quella fanciulla dimostratasi, forse, non meno ingenua rispetto a lei, nell’accettare di seguirla e di seguirla ciecamente in sol ubbidienza a un sogno d’amore. »
« Midda era stata ingenua. Terribilmente ingenua. E il prezzo della sua ingenuità, in quel momento, stava per essere dolorosamente pagato da altri, in termini tali per cui ella non avrebbe mai potuto perdonarsi. »
« E per questo, pur piegata letteralmente in due dal dolore del colpo ricevuto, e di un colpo che l’aveva raggiunta dritta al petto, scaraventandola all’indietro per oltre due metri e lasciandola bruscamente ripiombare a terra, nella polvere di quel vicolo, la piccola Midda, la futura Figlia di Marr’Mahew, non si concesse possibilità di arrendersi a quell’avverso fato… così come mai, anche negli anni a venire, si sarebbe riservata alcuna, passiva, occasione. »

lunedì 18 febbraio 2019

2825


« Necessariamente disorientata, la giovane e splendida donna apparsa innanzi a quella scena ebbe a restare per qualche istante in confuso silenzio anche nel confronto con le parole della bambina, nel mentre in cui le due bestie, i due feroci mastini, non le rivolsero alcun interesse, ancor intenti a prestare soltanto attenzione ai due intrusi e, verso di loro, a tentare di destinare tutto il proprio antagonismo. »
« Solo dopo qualche ulteriore momento di incredula contemplazione di quella situazione a metà fra il paradossale e il grottesco, con quella bambina dai rossi capelli mantenuta a testa in giù, a penzoloni, al di sopra di quelle fameliche fauci, la donna decise allora di prendere voce, e di prendere voce in non esplicito antagonismo ai due bambini… non per il momento, quantomeno. »

«  ̶  Lam... Cori… venite qui.  ̶  ordinò in direzione della coppia di cani, i quali, ubbidienti, ebbero immediatamente a cessare ogni ostilità nei confronti di coloro prima individuati come intrusi, per potersi allor ritirare e prendere posizione ai piedi della loro padrona, o, comunque, di colei riconosciuta in un ruolo assimilabile a essa  ̶  Sì. Sono io.  ̶  confermò poi, all’indirizzo della bambina  ̶  E voi, per la grazia di Tarth, chi sareste?!  ̶  non mancò di domandare, non a torto. »

« Ma Midda, allorché rispondere a quell’interrogativo, approfittò dell’occasione per imporsi un deciso colpo di reni e, in conseguenza a ciò, per tentare di ritrovare una posizione eretta, arrampicandosi lungo il corpo del proprio amico prima di aiutarlo, a sua volta, a riconquistare il ramo… »
« … o, quantomeno, tale avrebbe avuto a dover essere allor riconosciuto il suo intento, giacché, agendo in maniera tanto improvvisa quanto inattesa, soprattutto da parte di Salge, non ebbe a ritrovare in lui quella fermezza, quella salda presa che, per portare a termine tale piano, sarebbe stata quantomeno indispensabile, ritrovandosi, quindi e altresì, priva del proprio ancoraggio e, in tal senso, purtroppo, obbligatoriamente schiava della forza di gravità, in conseguenza alla quale non mancò quindi di essere precipitata violentemente al suolo, con un capitombolo allor rumoroso quanto doloroso! »

«  ̶  Ahia!  ̶  esclamò la piccola, a ineluttabile lamentela per quanto appena occorso, tenendosi la testolina fra le mani  ̶  Mi verrà un bernoccolo enorme… accidenti a te, Salge!  ̶  protestò a discapito del proprio amico, reo di aver mollato la presa e di averla, in tal maniera, lasciata precipitare tanto violentemente. »
«  ̶  Ah… e ora sarebbe colpa mia?!  ̶  protestò il pargolo, riservandosi occasione di uno slancio ben calibrato al fine di compiere un’elegante capriola e, in grazia a essa, di giungere a terra accanto a lei  ̶  Ti avevo detto di smetterla di sbracciarti… ma tu mi hai bellamente ignorato!  ̶  »

« Costretta a celare un sorriso divertito dietro la sottile punta delle dita della mano destra, la loro presunta interlocutrice, identificata come lady Losi, attese in silenzio l’evolversi naturale di quella discussione, lasciando quei due liberi di confrontarsi nel mentre in cui, accanto a lei, davanti a lei, i due mastini sembravano aver perso ogni possibile interesse a discapito della coppia di pargoli, quasi, in effetti, neppure avessero a dover essere considerati presenti. »
« E se Midda dovette ancora riservarsi qualche istante a verificare di essere ancora tutta d’un pezzo, bernoccolo a parte, a termine di ciò, con aria leggermente imbronciata per il volo subito, del quale non avrebbe smesso facilmente di attribuire la responsabilità all’amico, riprese a parlare, offrendo una doverosa risposta alla propria controparte… »

«  ̶  Non è tanto importante chi noi siamo, ma chi ci ha inviati qui…  ̶  puntualizzò, suscitando non soltanto la curiosità della giovane, ma anche quella del proprio stesso complice, il quale, sino a quel momento, avrebbe avuto a doversi considerare all’oscuro di tutto e, in ciò, anche dell’esistenza di un loro inimmaginato mecenate, sino a quel momento taciuta da parte dell’amica  ̶  Kolgra non intende rinunciare tanto facilmente alla tua mano… e, in questo, desidera che tu possa scappare insieme a lui: è già tutto pronto… devi solo decidere in quale direzione immaginare il tuo futuro!  ̶  »
«  ̶  … Kolgra…  ̶  sussurrò fra sé e sé la giovane, sgranando gli occhi e dimostrando, in ciò, di ben conoscere quel nome, per quanto, chiaramente, sorpresa di avere ancora possibilità di ascoltarlo pronunciato. »
«  ̶  …. Kolgra?!...  ̶  ripeté quasi in contemporanea Salge, aggrottando la fronte con aria necessariamente interrogativa, e, in verità, anche un po’ indispettita, nel ritrovarsi costretto a domandarsi quante cose la sua amica potesse aver trascurato di spiegargli prima di trascinarlo in quella dannata avventura. »
«  ̶  … poi ti spiego…  ̶  sospirò con evidente sforzo di pazienza la bambina in direzione dell’amico, non potendosi invero riservare alcuna ragione a tal riguardo e, ciò non di meno, considerando il credito accumulato in seguito a quella rovinosa caduta più che sufficiente a colmare il debito eventualmente proprio per quel probabilmente irrispettoso silenzio. »
«  ̶  Credevo mi avesse lasciata. Mio padre mi ha detto che…  ̶  esitò lady Losi, scuotendo il capo ancora incredula a confrontarsi con quel nome. »
«  ̶  Tuo padre ti ha mentito.  ̶  definì con convinzione la furia dai rossi capelli  ̶  Ha mandato le vostre guardie a dare una sonora ripassata a Kolgra e a intimargli di non farsi più vedere da queste parti, a meno di non voler passare il resto della propria vita in una segreta.  ̶  »
«  ̶  Non lo ha mai considerato alla mia altezza…  ̶  confermò ella, chinando il capo con aria contrita  ̶  E io sono stata tanto sciocca da credergli: ho avuto più fiducia in mio padre che in Kolgra.  ̶  »
«  ̶  … e a proposito di fiducia, si può sapere che diamine sta succedendo…?!  ̶  sussurrò Salge, cercando sottovoce una qualche didascalia a margine di quella scena, e di quella scena la dinamica della quale, invero, stava iniziando ad apparire sufficientemente chiara, ma il loro ruolo nella quale, altresì, avrebbe avuto a doversi riconoscere ancora sufficientemente ambiguo  ̶  Chi è questo Kolgra…? E come fai a conoscerlo?!  ̶  »
« La piccola Midda, tuttavia, ignorò ancora il proprio amico, non ritenendo quello il momento più opportuno per un qualunque genere di confronto a tal riguardo, e si rivolse, nuovamente, all’indirizzo della loro controparte, nella necessità di ottenere da lei una presa di posizione:  ̶  Allora, lady?!  ̶  insistette, sorridendole con fare quanto più possibile accomodante  ̶  Vieni via con noi, oppure devo tornare dal tuo bel Kolgra a riferirgli che non sei interessata a lui…?!  ̶  »

« Apparentemente interminabile ebbe a essere l’esitazione della giovane donna, la quale, ovviamente, non avrebbe potuto reagire in maniera eccessivamente decisa nel confronto con due bambini sconosciuti e, accanto a essi, con l’idea di un controverso amore. E anche laddove all’attenzione della piccola Midda, ovviamente, tutto quello avrebbe avuto a doversi riconoscere qual qualcosa di estremamente retorico, nel non ravvisare occasione di dubbio da parte della nobildonna, necessariamente ben diverso avrebbe avuto a doversi considerare il tutto sull’opposto fronte, dall’altro punto di vista, palesando, innanzi allo sguardo di lady Losi, una situazione quantomeno non banale. »
« Ma, parafrasando quanto disse una volta un grande matematico, il cuore della giovane e conturbante lady ebbe allora a suggerire alla ragione delle ragioni da essa prima sconosciute… e, in ciò, a spingerla a compiere un gesto ineccepibilmente avventato, qual solo avrebbe potuto essere accettare l’invito di quei due pargoli mai visti prima e, in ciò, potenzialmente animati da qualunque possibile avverso intento a sui discapito. »

«  ̶  Andiamo!  ̶   »

domenica 17 febbraio 2019

2824


« Più per incoscienza che per effettivo coraggio, anche laddove incontestabile avrebbe avuto a doversi riconoscere la temerarietà propria di una bambina posta a confronto con due bestie simili, la piccola Midda non reagì con paura innanzi ai due mastini, non si pietrificò nel terrore posta davanti alle loro fauci mortali. Al contrario, ella riuscì a mantenere pieno controllo sui propri pensieri, e sulle proprie azioni, al punto tale da prepararsi, mentalmente e fisicamente, alla loro carica: carica che la vide, pertanto, scattare a sua volta verso gli stessi, in quello che avrebbe avuto a potersi fraintendere qual un tentativo di suicidio se soltanto ella, allora, non avesse compiuto un mirabile balzo e, in tal balzo, e nella conseguente capriola, non si fosse portata, con meravigliosa dimostrazione di coordinazione e controllo, al di sopra delle loro teste, delle loro spalle, solo per poter, lì, appoggiare le proprie manine e, con forza, spingersi oltre, alle loro spalle, per ricadere dietro di essi e, in ciò, ovviare alla prima carica con eleganza degna della migliore tauromachia. Ma anche laddove il primo attacco era stato in tal maniera mirabilmente vanificato, fugace fu il senso di vittoria concessole, nel vederla, nuovamente, posta sotto la carica di quelle bestie, e di quelle bestie decise, in quel momento più che mai, a dilaniarne le membra con le proprie zanne, nel momento in cui fossero riusciti a raggiungerla. »

«  ̶  Midda!  ̶  la richiamò Salge, non tanto nello stolido intento di imporle distrazione, e distrazione che avrebbe avuto allor a essere semplicemente fatale, quanto e piuttosto nella volontà di confermarle la propria presenza, e la propria presenza, allora, già in posizione utile per aiutarla. »

« Un aiuto, quello così offertole, al quale ella non si sottrasse e che, pertanto, la vide, come già pocanzi, ripetere la medesima sequenza precedente anche alla nuova carica dei due mastini, salvo, in tal occasione, sfruttare la spinta riservatasi al di sopra delle loro spalle non allo scopo di proiettarsi dietro di essi, quanto, e piuttosto, al di sopra di essi, in un balzo decisamente più rischioso, in una maggiore possibilità di fallimento, e che pur, nel momento in cui avesse avuto successo, le avrebbe permesso di considerare rapidamente conclusa quella disfida, evadendo da essa e da ogni possibilità di feroce aggressione da parte dei due mastini. »
« Perché, lì sopra le loro teste, con le gambe impegnate ad abbracciare il ramo più in basso dell’albero dal quale ella stessa era pocanzi troppo imprudentemente scesa, avrebbe avuto a doversi riconoscere proprio il piccolo Salge, le braccia e le mani del quale, quindi, si stavano proiettando più in basso possibile, tendendosi complici verso la propria compagna, verso la propria amica, nel rappresentare per lei, quindi, un’importante, un’irrinunciabile, occasione di salvezza: un’occasione, quella da lui presentatale, che Midda non volle rifiutare né certamente sprecare, proiettandosi, nel proprio balzo, nel proprio breve volo, proprio in direzione dell’amico, e a lui, alla sua presa, affidandosi con assoluta fiducia, nella quieta consapevolezza di quanto, in quella situazione, il proprio destino, la propria sorte, sarebbe dipesa esclusivamente da lui… e non in senso figurato. »
« Per un lungo, lunghissimo istante scolpito nell’eternità, la piccola furia dai rossi capelli color del fuoco e dagli azzurri occhi color del ghiaccio, si ritrovò così sospesa letteralmente nel vuoto, in quell’incertezza, nel merito del proprio domani, propria di una monetina lanciata in aria a discriminare “testa o croce”: ma a differenza di una monetina lanciata in aria, la sorte della quale non avrebbe avuto a doversi riconoscere in nulla influenzata se non dall’aleatorietà propria di un tal gesto, quanto allor occorse, il destino di Midda, non avrebbe avuto a doversi considerare così indiscriminatamente affidata al capriccio della sorte, quanto, e piuttosto, a quella che, fra i due bambini, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual un’intesa, un’armonia, una coordinazione, maturata in più di un anno di vita vissuta quotidianamente uno accanto all’altra a bordo della Fei'Mish. Una complicità, la loro, che vide, in termini pur mai precedentemente ipotizzati, le manine di Salge chiudersi alla perfezione attorno alla caviglia destra di Midda, afferrandola al volo con un’apprezzabile dimostrazione di abilità semplicemente degna di un artista circense. »
« E, nel ritrovarsi letteralmente appesa, a testa in giù al di sopra di due bestie feroci e lì chiaramente bramose della sua carte e del suo sangue, in una situazione tale per cui chiunque avrebbe potuto attendersi nulla di diverso di un’esplosione di pianto, e di pianto quantomeno liberatorio, se non isterico, da parte di una bambina ancor neppur fanciulla; quanto la piccola Midda Namile Bontor, colei che un giorno sarebbe stata conosciuta come la Figlia di Marr’Mahew, ebbe a concedersi, altro non fu che un’esplosione di risa, e di cristalline risate cariche di un palpabile e inconfondibile sentimento di gioia  »

«  ̶  Lo sapevo… è impazzita.  ̶  sospirò il bambino, in una situazione nella quale, francamente, non avrebbe trovato nulla di cui ridere, non a confronto, quantomeno, con la precarietà della propria posizione, e di una posizione che non si sarebbe potuto permettere di mantenere a lungo, dolorosamente teso fra il ramo e la propria compagna. »
«  ̶  E’ bellissimo!  ̶  si giustificò, per tutta replica, la piccola, aprendo le braccia con entusiasmo ad abbracciare il mondo attorno a sé e quel mondo, allora, osservato a testa in giù, e con due animali rabbiosi intenti a cercare di raggiungerla, e a cercare di raggiungerla attraverso straordinari balzi che, presto o tardi, sarebbero stati in grado di offrire loro appagamento, se soltanto ella non si fosse sbrigata a cambiare aria, arrampicandosi nuovamente al sicuro su quel ramo. »
«  ̶  Smettila di sbracciarti! E cerca di risalire sul ramo… non so per quanto riuscirò a trattenerti in questa posizione!  ̶  la incalzò egli, semplicemente incredulo per quanto allor stava accadendo, e per l’insensata follia della quale la sua compagna si stava dimostrando vittima. »

« Tale era Midda sin da bambina: incapace a considerare spaventoso quanto avrebbe terrorizzato chiunque altro, incapace a frenarsi innanzi al pericolo a confronto con il quale si sarebbe pietrificato chiunque altro, e, soprattutto, entusiasta della vita, e di quella vita della quale non avrebbe potuto ovviare a godere pienamente se non sotto l’effetto dell’adrenalina, e di quell’adrenalina del sapore della quale non avrebbe mai desiderato essere meno che ebbra, esattamente come in quel momento. »
« A distrarre sia la bambina dal proprio piacere, sia il suo compagno dalla propria preoccupazione, intervenne, tuttavia, una nuova protagonista, la voce della quale ebbe a sorprendere tanto i due pargoli, quanto i due mastini, attirando l’attenzione di tutti loro verso di sé con una domanda indubbiamente semplice e del tutto legittima… »

«  ̶  Che cosa sta succedendo qui?  ̶  questionò la nuova arrivata, osservando la scena con aria a dir poco perplessa, così come chiunque non avrebbe potuto ovviare a proporsi innanzi a un tale quadro d’insieme. »

« Innanzi agli sguardi dei pargoli, e dei mastini, ebbe così a introdursi una giovane donna, contraddistinta da una bellezza eterea qual quella di una dea, esile nelle proprie forme in termini paragonabili a quelli propri di una silfide, e leggiadra nei propri movimenti non diversamente da una nereide. Lunghi e neri i suoi lisci capelli neri, simili a un manto, scendevano quasi a sfiorare il suolo sotto i suoi piedi e candida la sua pelle contribuiva a rendere quell’immagine ancora più delicata, quasi essa fosse stata modellata nella porcellana più fine. Grandi i suoi occhi castano-rossicci contemplavano, allora, la scena, non senza un certo misto di stupore e sorpresa, nel mentre in cui le sue sottili labbra rosee, delicatamente tratteggiate sul suo volto, si ponevano lì lievemente dischiuse, a meglio sottolineare la sua confusione nel confronto con tutto ciò. »

« Innanzi a tale spettacolo, che ebbe a turbare non poco l’ancor bambino Salge, la piccola Midda, tuttavia, reagì altresì con divertita quiete, piegando appena la testa di lato per cercare di concedersi una migliore occasione di confronto visivo con lei, prima di riprendere voce dicendo:  ̶  Lady Losi, suppongo.  ̶  »