11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 12 agosto 2014

2259


« Qui Lys’sh… » annunciò l’ofidiana, ricorrendo a una tecnologia nel merito dell’esistenza della quale ancora avrei avuto molto da apprendere e a riguardo del funzionamento della quale, pur, in quel momento non avrebbe avuto senso, da parte mia, porre questioni, nel non necessitare di aggiungere ulteriore entropia a una situazione, di per sé, già quantomeno complicata « Sono con Midda. Abbiamo recuperato Be’Sihl ma non l’antidoto. Qualcuno ci ha preceduti e Calahab è morta. »
« Avete ancora un quarto d’ora. » dichiarò Lange, ancora non udibile, e non udito, alla mia attenzione, così come già al proprio primo comunicato « Dopo di che, dovrete ripiegare. Antidoto o meno. »
« Ma capitano… » tentò di protestare Lys’sh, tutt’altro che gradendo tale prospettiva « Senza l’antidoto, Midda è condannata. »
Anticipando, tuttavia, l’eventuale intervento del loro interlocutore, fu la mia stessa amata a prendere voce, entrando nel merito della questione ed esponendo il proprio personale punto di vista che, meglio di qualunque altro, avrebbe allora imposto termine a ogni eventuale diatriba filosofica e pratica sull’argomento: « Più ci tratteniamo qui, e più rischiamo di essere tutti condannati… un quarto d’ora e ripiegheremo. Grazie per questo tempo, capitano. »

Per quanto, allora, mi fosse stata negata possibilità di comprendere, nel dettaglio, quanto fosse accaduto, i frammenti di discorso che erano riusciti a giungere alla mia attenzione erano stati più che sufficienti a rendermi comunque edotto nel merito dell’urgenza che ci stava venendo lì richiesta e, con essa, di quanto minimo avrebbe avuto a dover essere riconosciuto il tempo ancora garantitoci.
In tutto ciò, quindi, non aggiunsi una sola parola al silenzio che già mi ero imposto, riconoscendo, conseguentemente e qual mia unica priorità, quella di riuscire a rintracciare quel dannato antidoto, qualunque cosa esso fosse. Purtroppo, nell’obbligata ignoranza propria del mio approccio alla problematica, quanto avrei potuto lì compiere non sarebbe stato nulla di diverso, nulla di più appropriato, rispetto a ciò che già la mia amata si era riservata pregressa possibilità di azione, arrivando addirittura a sventrare l’intero appartamento, ogni stanza privata un tempo appartenuta a colei che le aveva imposto quell’ignota maledizione, in cerca di qualunque cosa potesse vagamente assomigliare a una cura per il proprio male. Non, quindi, quella che si avrebbe potuto descrivere qual la migliore idea a cui avrei potuto appellarmi, verso la quale i miei sforzi avrebbero potuto convergere, e, ciò non di meno, neppure obiettivamente la soluzione più inconsistente, meno comprensibile e condivisibile, laddove, appunto, già prima di me, complice sicuramente l’emotività del momento, anche la stessa Midda non si era sospinta a nulla di più significativo, di più incisivo, in tal senso, ovviamente e proprio malgrado, alcun reale risultato neppure riportando, salvo lasciarsi raggiungere da Lys’sh e dal sottoscritto nel mezzo di quell’incredibile confusione e devastazione.
E se, dal mio fronte, pur non mancando stolido, e non per questo meno che appassionato, impegno, non avrebbe avuto a potersi attendere alcun trionfo; anche la giovane ofidiana peccò, proprio malgrado, di futilità, impiegando, almeno nell’immediato, i propri sforzi all’unico scopo di spingere la sua compagna e amica a modificare la posizione pubblicamente assunta, rinunciando al sacrificio che aveva dato riprova di essere disposta a compiere in nome della salvezza comune…

« Non puoi parlare seriamente, Midda! » protestò, esplodendo in tal incredula asserzione dopo un lungo istante di silenzio, utile, forse, a maturare consapevolezza nel merito di quanto comunque effettiva, reale e concreta, avrebbe avuto a dover essere giudicata la prospettiva di quel ritiro, di quel rientro alla base privi di una reale vittoria, qual, del resto, mai avrebbe potuto essere considerata qualunque soluzione atta a prevedere la morte della mercenaria « Dopo tutto quello che abbiamo fatto per arrivare fino a qui, non puoi davvero pensare di arrenderti… non, soprattutto, a un’avversaria già morta! » soggiunse, cercando, e non mancai di coglierne l’abilità, di far leva sulle emozioni, sull’orgoglio guerriero della propria controparte, nell’indicare a margire di quelle parole il corpo martoriato di colei che, almeno inizialmente, fino a quando non era subentrata la mia testimonianza a cambiare la posizione dei vari pezzi sulla scacchiera, era stata da loro considerata la nemesi da affrontare e sconfiggere « E non pensi ad Anmel?! Hai lasciato il tuo pianeta per darle la caccia e ora… »
« … e ora, per favore, dammi un attimo di tregua. » richiese la Figlia di Marr’Mahew, scuotendo il capo e levando ambo le mani a contenere l’irruente entusiasmo della propria interlocutrice, foga certamente conseguente a un palese sentimento di affetto e, ciò nonostante, pur egualmente foga, non diversa, nei propri possibili conseguimenti, a quanto avrei potuto ottenere, contemporaneamente, io, o a quantoo avrebbe potuto vantare di aver ottenuto, precedentemente, ella stessa « Non credere che io sia quel genere di persona costantemente volta alla volontaria immolazione per il bene comune… né, tantomeno, che la quotidiana esistenza mi sia venuta a noia. Anzi. » puntualizzò subito dopo, a escludere simili eventualità che pur, avrei potuto testimoniare, effettivamente poco si sarebbero potute addurre a lei e allo stile di vita che, da sempre, aveva vantato qual proprio.
« Il mio unico desiderio, se mi si perdona la schiettezza, altro non prevedrebbe che il definitivo, e imperituro, trapasso di Anmel e del suo degno erede Desmair e, subito dopo, la possibilità di chiudermi per non meno di una settimana in una camera da letto in compagnia del qui presente Be’Sihl, null’altro che indossando, o lasciandogli indossare, che la propria nuda pelle. » proseguì, ad argomentare, in maniera un po’ più approfondita, la propria personale posizione, in termini che, devo essere onesto, non mi dispiacquero per nulla e, per un istante, si posero seriamente in grado di distrarmi da ogni altra preoccupazione propria di quel particolare frangente « Ciò non di meno, ho imparato molto tempo fa come il distacco emotivo abbia a doversi considerare, sovente, la chiave risolutrice di qualunque problema. Distacco emotivo in grazia al quale non posso offrire torto alcuno al pragmatismo del capitano e al suo desiderio di veder sacrificato il proprio intero equipaggio in quello che, alla fine, potrebbe comunque rivelarsi uno sforzo inutile. »
« E, quindi, vuoi comunque accettare l’idea di arrenderti?! » riprese Lys’sh, riproponendo fondamentalmente parole già adoperate, a dimostrazione di quanto, invero, quanto ascoltato fino a quel momento non avesse avuto occasione di essere riconosciuta qual nulla di più di una banale chiacchiera, rumore di fondo in nulla utile al comune scopo finale.
« No. » rifiutò la mercenaria, scuotendo il capo a meglio evidenziare il proprio diniego « E, quindi, voglio sfruttare il tempo che ci resta per riflettere su come poter risolvere l’enigma rappresentato da questo dannato antidoto, senza lasciarmi ulteriormente conquistare da vane ansie… per questo ti chiedo di riconoscermi un momento di tregua, e di concedermi la possibilità di usare la testa, ancor prima che lo stomaco nell’affrontare questa sfida. » sorrise, a dimostrare come, al di là delle parole utilizzate e del tono impostosi qual gelido non meno rispetto ai suoi occhi, in quell’intervento non avrebbe avuto a doversi intendere né volontà di rimprovero, né tantomeno astio nei confronti della propria interlocutrice, quanto e piuttosto l’impegno concreto di una condannata a morte a tentare di sfruttare gli ultimi istanti concessile per preservare la propria esistenza in vita al di là di ogni sentenza in senso contrario.

Una freddezza, quella che finalmente ella sembrava essersi riuscita a imporre, che, in effetti, risultò allora meno inappropriata, meno innaturale, di quanto non avrebbe avuto a dover essere considerata la sua precedente, iraconda reazione. Giacché, infatti, ella non avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual nuova a quel genere di situazioni, a ritrovarsi sul proverbiale filo della lama, e su esso correre con tutte le proprie energie per preservarsi in salute, per conquistare il diritto a un nuovo giorno; poiché, ancora, ella non avrebbe avuto a doversi considerare nuova a quel genere di apparenti stalli dai quali soltanto la propria sconfitta avrebbe potuto essere spiacevolmente indicata qual sola soluzione rimasta; sol indifferenza, sol quieto controllo sulle proprie emozioni, sui propri sentimenti, avrebbe avuto a dover essere indicata qual risposta utile e, per lei, naturale innanzi a quell’ennesima sfida, che, al di la dei metodi e delle tecnologie coinvolte, nulla di nuovo, nulla di originale, avrebbe avuto a poter aggiungere nel confronto con il suo cuore rispetto a qualunque altra letale minaccia prima affrontata e vinta.

mercoledì 6 agosto 2014

2258


« Costei non è colei che mi tratteneva prigioniero. Ne sono certo… » ribadii, storcendo le labbra verso il basso, a esprimere personale disappunto per tutto ciò, per quanto, comunque, che ella fosse stata, o meno, la nostra antagonista, ormai ben poco valore avrebbe potuto vantare, dato che, in ogni caso, la nostra reale nemesi non avrebbe più avuto a doversi considerare collegata a tale corpo morto « Più che a questa disgraziata, invero, Anmel potrebbe vantare una certa somiglianza con te! »
« … con me?! » ripeté Midda, ancor più sorpresa di quanto non fosse stata un istante prima « Di nuovo?! »

Perché se fin da ben prima che la regina potesse essere incautamente liberata, e restituita al mondo e all’universo intero con tutta la propria straordinaria minaccia, della quale soltanto tardivamente era stata maturata consapevolezza, Midda aveva già avuto problemi a confrontarsi con un’antagonista a lei del tutto identica, qual solo Nissa Bontor avrebbe potuto vantar occasione di essere; e se la stessa regina immortale aveva, alfine, incontrato proprio in tale gemella la propria perfetta ospite, lasciando gravare in contrasto alla mercenaria una minaccia non soltanto raddoppiata, ma addirittura esponenzialmente decuplicata nel proprio valore, nella comunione di due avversarie tanto letali e tanto mortalmente animate in suo contrasto; la prospettiva di ritrovare qual propria controparte una donna a sé simile, o identica, non avrebbe rappresentato per lei alcun fattore di originalità, alcun risvolto inedito. Al contrario.
Fortunatamente, comunque, in quell’occasione, Midda non avrebbe avuto a doversi effettivamente confrontare con la propria immagine riflessa così come già era avvenuto in passato, con la propria gemella. Sebbene, infatti, la donna a me presentatasi, senza possibilità alcuna di dubbio o fraintendimento, quale Anmel Mal Toise, avrebbe potuto vantare alcuni punti in comune alla mia amata, soprattutto a fronte del suo nuovo taglio di capelli, molte altre differenze non avrebbero potuto evitare di distinguerle in un eventuale confronto. Per iniziare, là dove la Figlia di Marr’Mahew non potrebbe vantare un’altezza superiore ai sei piedi, in effetti di poco superando i cinque; la nostra nuova antagonista aveva svettato al di sopra del mio corpo legato da quasi sei piedi e mezzo. In tal estensione, poi, là dove la mia amata non ha mai saputo rinunciare a forme generosamente e squisitamente femminili, poste a inaspettato contorno di un fisico comunque straordinariamente tonico, reso tale da una vita in costante allenamento; il nuovo corpo di Anmel Mal Toise si era presentato contraddistinto da proporzioni non meno longilinee rispetto a quelle proprie della defunta Milah Rica Calahab o della stessa Lys’sh, sfoggiando una coppia di seni di dimensioni estremamente più contenute nel confronto con l’esuberanza propria della mia amata e glutei ciò non di meno alti e sodi. A margine di ciò, se l’epidermide della mia amata, come poc’anzi ricordato, si è, da sempre, contraddistinta per una tonalità candida, quasi madreperlacea, che non potrebbe essere giudicata evanescente in sola grazia alle innumerevoli efelidi sapientemente dislocate lungo il suo intero corpo; quella della donna che mi aveva trattenuto prigioniero sino a quel giorno avrebbe avuto a doversi riconoscere caratterizzata da un colore indubbiamente più vivace, e indubbiamente ben poco umano, nel concedersi a tratti bronzea e a tratti prossimo a un rosso ruggine, così come altrettanto rossi erano, per l’appunto, i corti… cortissimi capelli sovrastanti il suo capo. E se, al centro del proprio capo, gli occhi azzurro ghiaccio di Midda difficilmente potrebbero mai essere fraintesi con quelli di altri individui, possedendo una sfumatura più unica che rara, almeno entro i limiti della consapevolezza del mondo, e dell’universo, che sino a quel momento avrei potuto vantare; verdi smeraldini avrebbero avuto a doversi descrivere quelli di Anmel, resi ancor più unici, esclusivi, oltretutto, dalla presenza nella propria mediana di una pupilla verticale non poi diversa da quelle proprie di Lys’sh. Non di natura umana, pertanto e indubbiamente, si sarà già ampiamente compreso, avrebbe avuto a doversi considerare il nuovo corpo di Anmel Mal Toise, bensì chimera, come alcun dubbio avrebbe potuto ulteriormente riservarmi la presenza di una complessa maculazione abilmente posizionata lungo la linea esterna del suo volto, e più in basso sul suo collo, sulle sue spalle e sulla sua schiena… almeno fin dove il mio sguardo era stato in grado di spingersi, benché, probabilmente, non avrebbe mancato di proseguire ancor più in basso, verso i glutei e, forse, le gambe; in un effetto d’insieme che non avrebbe potuto ovviare a richiamare alla mia mente l’immagine propria di un ghepardo o di qualche altro simile grande predatore felino, benché in termini indubbiamente meno marcati rispetto a quanto un’ofidiana come Lys’sh non avrebbe potuto evitare di rimandare a un serpente, o più in generale a un rettile, o a quanto un canissiano come Falamar non avrebbe mancato di evocare l’idea di un licantropo.
In termini più concisi di questi, nei quali mi sono or dilungato con la speranza di poter offrire a tutti un’immagine sufficientemente chiara di colei in contrasto alla quale avremmo avuto a dover impiegare i nostri sforzi, e di quanto, indubbiamente, ella non avrebbe potuto essere colei che, cadavere, giaceva riversa su quel letto, abbandonata come una bambola di pezza ormai priva d’ogni fascino agli occhi della propria un tempo anche affezionata padrona; ebbi allora occasione di rapido confronto con Midda e Lys’sh. Una descrizione, la mia, al termine della quale subito si riservò occasione di intervento proprio quest’ultima, spinta in tal senso, in simile direzione, dalla volontà di meglio circoscrivere quanto riportato, a offrire un nome più pertinente a colei che, in maniera probabilmente ingenua, per me sarebbe stato sufficiente limitarsi a chiamare Anmel Mal Toise…

« Sei sicuro che non avesse… non so… orecchie a punta? O un naso simile a quello di un gatto?! » questionò, subito incalzando per offrire trasparenza nel merito del perché di una tale richiesta « Da come l’hai descritta, potrebbe essere una feriniana. Ma non ho mai avuto occasione di incontrare neppure una mezzosangue che fosse così poco contraddistinta da caratteri felini rispetto a tratti umani… »
« Niente orecchie a punta e niente nasi felini. Era una donna umana… in tutto e per tutto… » puntualizzai, rendendomi conto di quanto, comunque, la prolungata permanenza all’interno di una comunità canissiana mi avesse inconsciamente portato a ridefinire il mio concetto di “umano”, estendendolo anche a creature che, prima del mio viaggio al di fuori dei confini del mio mondo, difficilmente non avrei evitato di considerare quali mostruose « … o quasi. » soggiunsi, sforzandomi di riportare ogni cosa entro le proprie giuste misure.
« D’accordo. » intervenne Midda, levando ambo le mani a richiedere a sé la nostra attenzione e, nel contempo, a interrompere qualunque possibile ulteriore evoluzione di quel discorso « Feriniana o qualunque altra cosa sia diventata Anmel, ciò non cambia molto nel merito della nostra situazione attuale… »
« … se non, per lo meno, lasciarci il dubbio sull’effettivo coinvolgimento, a questo punto, della fu signorina Calahab con la tua antagonista. » osservò, non a torto, Lys’sh, pur concordando subito dopo sul considerare chiusa, almeno per il momento, la questione, rimandando a un migliore momento qualunque genere di analisi in tal senso « Ora la nostra priorità resta ancora trovare qualche antidoto a qualunque cosa tu abbia in corpo e, possibilmente, uscire di qui prima di ritrovarci a essere accerchiati. »

Fu allora che, non all’attenzione del mio udito ma, quantomeno, a quella delle mie due interlocutrici, ebbe a risuonare una voce che parve volersi esprimere, con spiacevole puntualità, proprio in senso contrario rispetto a quell’ultima dichiarazione, nel definire quanto, nostro malgrado, il tempo offertoci avrebbe avuto a doversi considerare ormai scaduto…

« Lys’sh… Midda… rapporto! » richiese il capitano della Kasta Hamina, nel rivolgersi in tal maniera direttamente a coloro note qual più esposte nella propria avanzata all’interno dell’edificio, per tutelare la salvezza delle quali tanto egli, quanto Duva e Mars si stavano, allora, impegnando in un’azione di dissimulazione e copertura « Non per mettervi fretta, ma qui le cose non si stanno mettendo bene. »

Un rapido sguardo d’intesa intercorse, in conseguenza a quel messaggio, fra coloro in tal modo evocate, a permettere, senza neppure ricorrere a un esplicito dialogo verbale, di concordare su come rispondere a quella richiesta e a chi, fra loro, avrebbe avuto a dover prendere voce nel dialogo con Lange Rolamo.

lunedì 4 agosto 2014

2257


Che io non fossi un idiota, fortunatamente, dal punto di vista della mia amata avrebbe avuto a doversi considerare fuori da ogni possibilità di discussione. Se così non fosse stato, del resto, ella non mi avrebbe certamente degnato né del proprio interesse, né tantomeno del proprio amore: Midda non si sarebbe mai considerata una donna perfetta e scevra di qualunque difetto, né, parimenti, avrebbe potuto pretendere che il proprio compagno fosse altresì impeccabile ed estraneo a qualunque possibilità di critica… ma da qui ad accettare, al proprio fianco, un idiota, completo o parziale che esso avesse a dover essere considerato, molto avrebbe avuto a passarcene. Per sua, e ovviamente anche mia benedizione, laddove, al di là di tutta la gioia per me derivante dalla nostra relazione, non avrei mai potuto sopportare la prospettiva di poter essere giudicato un idiota al suo sguardo.
Che io non potessi porre domande idiote, sfortunatamente, da qualunque punto di vista avrebbe avuto a doversi considerare ben lontano dal potersi ritenere fuori discussione. Lungi dal considerarmi perfetto, ove la perfezione non avrebbe probabilmente avuto a doversi considerare neppure caratteristica divina, nella mia umana fallibilità avrei potuto riservarmi, come chiunque, occasione per esprimere commenti fuori luogo, domande inappropriate o, anche, risposte del tutto sconclusionate. Nulla togliendo, tuttavia, né alla mia umanità, né alla mia fallibilità, la donna guerriero unica signora e padrona della mia anima e del mio cuore, oltre che della mia mente e del mio corpo, volle concedersi, e concedermi, comunque, un evidente beneficio del dubbio, a fronte di quella mia questione, di quella mia domanda, evidentemente non volta a ottenere, ancora una volta, conferma nel merito del nome che pur mi ero appena dimostrato più che in grado di scandire quasi alla perfezione, quanto ed evidentemente… qualcos’altro.
Per tale ragione, al di là della criticità intrinseca in quel momento, al di là di ogni possibile scoramento precedente, e di ogni eventuale preoccupazione nel merito della potenziale minaccia rappresentata dalle medesime guardie che, da un istante all’altro, avrebbero potuto lì piombare su di noi, Midda, seguita da Lys’sh, si riservò la possibilità di ripercorrere i miei passi e avanzare, a propria volta, all’interno della camera da letto un tempo appartenuta a Milah Rica Calahab, per meglio comprendere le ragioni del dubbio da me appena espresso innanzi al cadavere della medesima, riverso sul proprio letto nelle esatte condizioni in cui, pocanzi, era stata rinvenuta dalla prima.
E se pur nulla, in quell’appropinquarsi, ebbe a occorrere, lasciando inalterato lo scenario che era stato già presentato innanzi al suo sguardo e che, successivamente, era stato riproposto eguale innanzi al mio, un particolare di non secondaria importanza avrebbe avuto a dover essere preso in considerazione da parte della mia amata e, accanto a lei, di Lys’sh, al fine di rileggere le vicende che l’avevano vista protagonista in quelle ultime settimane sotto una nuova, e inaspettata, luce.

« Milah Rica Calahab… la legittima proprietaria di questo edificio, nonché ultima ospite della regina Anmel Mal Toise. » definì ella, mantenendo il proprio sguardo color ghiaccio più rivolto verso di me che verso la propria ormai defunta avversaria, nel presupposto di come, da parte della medesima, non avrebbe più potuto insorgere occasione di minaccia o di danno « Tu stesso, attraverso Desmair, me l’hai indicato… »
« In merito al fatto che questa donna sia Milah Rica Calahab, non è mia intenzione, o mio interesse, sollevare dubbio alcuno… » dichiarai per tutta replica, scuotendo appena il capo a meglio evidenziare la mia mancanza di intenzione in tal direzione « Ciò non di meno, costei non è stata ospite per Anmel Mal Toise. Giacché con Anmel ho avuto, mio malgrado, diverse occasioni di confronto nell’ultimo periodo… mentre è la prima volta che ho l’occasione di vedere questo volto, da quando sono qui. »
« … ne sei sicuro…?! » incalzò Midda, nell’istante stesso in cui le sue pupille ebbero a esplodere all’interno delle iridi, conquistandole istantaneamente e oscurando qualunque pur minima, gelida, sfumatura di azzurro, in un effetto che avrebbe avuto a potersi considerare a dir poco inquietante.
« Oh… sì. Assolutamente sicuro. » annuii, per quanto, obiettivamente, quella conferma non avesse a dovermi riservare maggior soddisfazione di quanta non ne avrebbe potuta offrire alla mia interlocutrice.

Anche se sì orrendamente straziata da una morte tutt’altro che impietosa nei suoi riguardi, Milah Rica Calahab, per come ebbe a offrirsi al mio sguardo, non sembrava aver rinunciato alla beltade che, indubbiamente, doveva averla contraddistinta in vita. Forse contraddistinta da uno o due anni di troppo per poter essere considerata una fanciulla, e, ciò non di meno, ancora molto distante dal poter essere definita donna, ella doveva poteva vantare su una folta chioma di lunghi, lunghissimi capelli neri, lisci, che, abitualmente, dovevano presentarsi attorno alle sue delicate spalle come un mantello corvino e che, in quel particolare contesto, in disordine ricoprivano parzialmente il suo corpo in maniera non dissimile da un funereo velo. Occhi verdi, ormai privi di qualunque bagliore di vita, dovevano essere apparsi, in vita, simili a meravigliose gemme, gemme la cui già ampia dimensione sembrava, da lei, voler essere posta ancor maggiormente in risalto da un trucco nero attorno agli stessi, non dissimile, in effetti, da quello abitualmente utilizzato dalle donne della mia terra natale, Shar’Tiagh. E la sua pelle, lì pur resa ancor più surreale nel proprio letale pallore dalla più completa perdita di sangue, non doveva aver comunque mai offerto sfoggio, in vita, di tonalità particolarmente vivaci, su un corpo tanto snello ed esile, da apparire quasi etereo, innaturale, pur non negandosi forme e proporzioni che difficilmente sarebbero passate inosservate al giudizio dei più.
Tale avrebbe avuto a doversi descrivere Milah Rica Calahab, per come ebbe a essere introdotta, per la prima e l’ultima volta, alla mia attenzione in quel caotico giorno. E nulla, in lei, avrebbe potuto avere a che fare con la regina Anmel Mal Toise con la quale avevo avuto pregressa occasione di confronto.
Per quanto le circostanze del nostro incontro non mi avessero visto in grado di vantare, propriamente, particolare controllo sul mio corpo o, più in generale, sul contesto a me circostante, non soltanto improbabile, ma addirittura impossibile sarebbe stato poter confondere il corpo senza vita di colei che, lì, si proponeva riversa su quello che era stato il proprio letto, con l’immagine di colei che, altresì decisamente più vivace, si era presentata al mio cospetto entro i confini propri della cella entro la quale ancora sarei stato prigioniero, se soltanto la giovane ofidiana non si fosse premurata di restituirmi la libertà. Anzi. Dovendo proprio riservarmi un qualche errore di giudizio, nel riconoscere l’una e l’altra, sarebbe probabilmente per me risultato più semplice fraintendere Anmel con la mia stessa, adorata donna guerriero, allorché con quel cadavere. E ciò, non per mera retorica…
Sebbene, nelle circostanze di quel particolare momento, e nella gioia della riunificazione con lei, non mi fossi ancora concesso occasione di commento nel merito del nuovo stile da lei sfoggiato, difficilmente avrei potuto ovviare a notare come, la donna che si era gettata fra le mie braccia e sulle mie labbra, a confermarmi tutto il proprio amore per me, fosse indubbiamente diversa, nel proprio aspetto, rispetto a colei dalla quale ero stato separato diversi mesi prima. E non tanto per il braccio destro di lei, inaspettatamente tornato al proprio posto in grazia a una nuova, e lucente, protesi metallica.
Là dove, infatti, avevo lasciato Midda con un volto contornato da una folta chioma disordinata di capelli corvini, tali, lo sapevo ormai da tempo, per sua scelta che per decisione divina, nella volontà di ovviare al rischio di poter nuovamente essere confusa, come già era accaduto in un lontano passato, con la propria gemella, ormai trapassata; in quel contesto l’avevo ritrovata contraddistinta da capelli tornati alla propria tonalità naturale, a quel rosso fuoco decisamente più coerente con la chiara tonalità della sua pelle e con le efelidi presenti a ornamento della medesima, e pur ridotti a una dimensione che mai, prima di allora, l’aveva caratterizzata, corti meno di un pollice nella parte in cui avrebbero potuto vantare maggiore estensione.
… un dettaglio, quello rappresentato dal nuovo taglio di capelli dell’unica donna a cui mai avessi votato la mia esistenza, e a cui l’avrei nuovamente ripromessa sino al termine dell’eternità e anche oltre, che, paradossalmente, la accostava in maniera a dir poco inquietante alla nuova immagine propria della regina Anmel Mal Toise, così come non mi risparmiai occasione di evidenziare, nel riprendere voce.